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FAKE NEWS,
BRAND REPUTATION
E DANNI ALLE IMPRESE
OVVERO:
"Internet? Ha dato diritto di parola agli
imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito
venivano messi a tacere …” (Umberto Eco)
FAKE NEWS - Definizione
3
Definizione
Notizie false, con particolare riferimento a quelle diffuse
mediante la rete.
FAKE NEWS – Disciplina civilistica
 Danno ingiusto ex art. 2043 c.c.:
La mera falsità della notizia in sé non è all’attenzione del diritto. Il fenomeno
diventa meritevole di adeguata regolamentazione nel momento in cui – aldilà
delle specifiche fattispecie di illeciti con cui può intersecarsi – cagioni ad altri
“un danno ingiusto”, in base al principio generale enucleato nell’art. 2043 c.c.
 Danno all’immagine:
Es.: "L'impresa X sfrutta i bambini"
Si tratta di una fake news che lede l'immagine di un'azienda. L'azienda lesa
potrà quindi rivolgersi al giudice civile per chiedere il risarcimento dei danni
subiti, da valutarsi secondo i generali criteri civilistici (danno emergente e lucro
cessante).
4
FAKE NEWS – Disciplina civilistica
5
 Concorrenza sleale per denigrazione, art. 2598, c. 2 c.c.:
La denigrazione consiste nella diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti
e sull’attività di un concorrente idonei a determinarne il discredito, cioè la
perdita o la diminuzione del della buona reputazione o della fiducia di cui
un’impresa ed i suoi prodotti godono sul mercato. Tale effetto costituisce un
danno concorrenziale, sia dal lato della clientela (perdita di clientela), sia da
quello dei fornitori (ivi compresi i finanziatori), sia infine in ordine
all’organizzazione aziendale. Un simile danno può venir provocato dalla
diffusione di notizie o apprezzamenti anche ove questi producano un effetto
che si esaurisce in breve, anche semplicemente impedendo al concorrente la
conclusione di un singolo affare.
Dottrina e giurisprudenza ammetto la liceità concorrenziale della diffusione di
notizie vere, anche se il loro contenuto può determinare il discredito di un
concorrente. Tuttavia, per ammetterne la liceità, la giurisprudenza pretende che
le affermazioni screditanti vere lo siano pienamente, non siano cioè elaborate
in modo tendenzioso e quindi idoneo a determinare effetti screditanti che
eccedano l’esigenza di informazione del pubblico.
FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)
 Tribunale Bologna, 06/02/2009, in Giur. annotata dir. ind. 2009, 1, 696
Giudizio instaurato dalla società Otis Servizi s.r.l. contro il Consorzio Servizi Ascensori Soc. Coop. a r.l. e la Pubbliwest
s.r.l., poiché queste ultime avevano diffuso affermazioni gravemente lesive dell'immagine e del prestigio commerciale di
Otis Servizi, finalizzate a boicottarne l'attività commerciale ed a sviarne la clientela (ad es. facevano circolare lettere e
volantini contenenti notizie non veritiere, lacunose ed apprezzamenti denigratori in relazione all'attività di impresa svolta
da Otis Servizi).
“Ai fini della realizzazione dell'illecito di concorrenza sleale per denigrazione non è necessaria la falsità delle notizie diffuse,
essendo sufficiente la divulgazione di circostanze o notizie vere, se effettuata in maniera tendenziosa, parziale e scorretta”.
 Tribunale Roma Sez. Proprieta' Industriale e Intellettuale, 29/11/2006, in Sez. Spec. P.I. 2006, 1-2, 330
Massima pronunciata nell'ambito di una controversia tra Vodafone Italia S.p.A. da un lato e Telecom Italia dall’altro. La
Telecom lamentava che la commercializzazione e la promozione, da parte della concorrente Vodafone, con una importante
campagna pubblicitaria, del servizio denominato "Vodafone Servizio Numero Fisso«, costituivano atto di concorrenza sleale
per violazione di normativa pubblicistica dettata in materia di comunicazioni elettroniche e per la decettività dei messaggi
promozionali.
“L'imprenditore, che si duole della condotta di un concorrente, deve dare dimostrazione non tanto della violazione di norme
amministrative quanto anche del compimento di atti di concorrenza potenzialmente lesivi dei propri diritti, mediante il malizioso
e artificioso squilibrio delle condizioni di mercato. Il giudice ordinario può applicare il Codice del consumo per accertare
l'ingannevolezza del messaggio pubblicitario e verificare la sussistenza di una condotta di concorrenza sleale per pubblicità
sleale. Il mendacio concorrenziale ex c.c., art. 2598 può ricorrere nelle ipotesi sia di affermazioni false di fatti specifici sia di
comunicazioni ambigue in cui siano omesse notizie essenziali, sempre ove ciò sia idoneo ad indurre in errore il
consumatore”.
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FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)
 Corte Appello Milano, 16/05/2006 in Foro padano 2006, 3-4, I, 532
La massima in esame è stata pronunciata nell'ambito di una controversia tra Fastweb S.p.A. da un lato e Telecom
Italia dall’altro.
“Costituisce concorrenza sleale, effettuata mediante atti di pubblicità indirizzati ai potenziali acquirenti di un dato prodotto,
l'effettuazione non soltanto di affermazioni false su qualità o pregi del proprio o dell'altrui prodotto, ma anche dalla
divulgazione di circostanze o notizie vere, che venga effettuata in maniera subdola o tendenziosa o comunque con modalità
contrarie alla correttezza professionale, sì da implicare discredito e pregiudizio per l'azienda dell'impresa concorrente. Abuso
ancor più evidente ove realizzato nell'ambito di una strategia complessiva di impedimento della crescita del mercato del
concorrente, ossia di generalizzato boicottaggio”.
 Cassazione Civile sez. I, 31/10/2016, n. 22042, in Rivista di Diritto Industriale 2017, 4-5, II, 563
La massima in esame è stata pronunciata nell'ambito di un giudizio tra la Coop Estense, da un lato, e il Sig. C. e le
società Esselunga e Marsilio Editore, dall’altro. Precisamente, la Coop Estese lamentava di essere stata diffamata e
di avere subito concorrenza sleale per denigrazione, scorrettezza professionale e pubblicità ingannevole, in
relazione al libro, edito da Marsilio, distribuito e pubblicizzato da Esselunga con il quale l'autore C. aveva inteso
sferrare un atto di accusa nei confronti della Lega delle Cooperative, e in relazione alla campagna mediatica che ne
era seguita. In particolare, il libro avrebbe accusato la Coop Estense di appartenere a una fazione politica e
affaristica che le garantiva favori economici e finanziari, grazie alla protezione dei partiti e delle amministrazioni
locali di un determinato orientamento politico, nonché di avere creato un monopolio nella distribuzione
commerciale.
“La legittima difesa, quale reazione difensiva ad un'altrui offesa, non può consistere nella divulgazione di notizie false sui
prodotti e l'attività del concorrente e non esclude, quindi, la responsabilità civile per l'illecito concorrenziale previsto dall'art.
2598, comma 1, n. 2, c.c.”.
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FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)
 Corte Giustizia UE grande sezione, 17/10/2017 n. 194 in Diritto & Giustizia 2017, 18 ottobre
Decisione pronunciata nell'ambito di una controversia tra la società Bolagsupplysningen OÜ e l'associazione di lavoratori Svensk
Handel AB che aveva inserito la predetta società in una black list, accusandola di truffe e frodi, attirando così plurimi commenti
diffamatori e minacce.
“L'articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente
la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato
nel senso che una persona giuridica la quale lamenti che, con la pubblicazione su Internet di dati inesatti che la riguardano e
l'omessa rimozione di commenti sul proprio conto, sono stati violati i suoi diritti della personalità, può proporre un ricorso diretto
alla rettifica di tali dati, alla rimozione di detti commenti e al risarcimento della totalità del danno subito dinanzi ai giudici dello
Stato membro nel quale si trova il centro dei propri interessi. Quando la persona giuridica interessata esercita la maggior parte delle
sue attività in uno Stato membro diverso da quello della sua sede statutaria, tale persona può citare l'autore presunto della violazione
sulla base del luogo in cui il danno si è concretizzato in quest'altro Stato membro. L'articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012
deve essere altresì interpretato nel senso che una persona la quale lamenti che, con la pubblicazione su Internet di dati inesatti che la
riguardano e l'omessa rimozione di commenti sul proprio conto, sono stati violati i suoi diritti della personalità, non può proporre un
ricorso diretto alla rettifica di tali dati e alla rimozione di detti commenti dinanzi ai giudici di ciascuno Stato membro nel cui territorio
siano o siano state accessibili le informazioni pubblicate su Internet”.
La decisione rappresenta una netta cesura rispetto alla consolidata giurisprudenza della CGUE sulla competenza territoriale ex art. 5,
comma 3, del Regolamento 44/2001, in materia di illeciti con effetti diffusi in diversi paesi dell'Unione. In precedenza il principio
consolidato, ed inaugurato con la sentenza Shevill (C-68/93), era che il danneggiato poteva agire nei diversi Stati membri per il danno
che asseriva essersi ivi verificato. Tale principio era stato confermato con riguardo a comunicazioni illecite su Internet anche nella
sentenza e-Date Advertising (C-509/09). Ancorché la presente decisione Svensk Handel richiami ripetutamente quella e-
Date quest'ultima aveva statuito un principio contrario: il danneggiato “ha la facoltà di esperire un'azione di risarcimento, per la
totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso tali
contenuti, o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro d'interessi. In luogo di un'azione di risarcimento per la
totalità del danno cagionato, tale persona può altresì esperire un'azione dinanzi ai giudici di ogni Stato membro sul cui territorio
un'informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. Questi ultimi sono competenti a conoscere del solo danno cagionato
sul territorio dello Stato membro del giudice adito”.
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FAKE NEWS – Disciplina civilistica
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 Pubblicità ingannevole - IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria):
Le fake news sono spesso create per generare interesse verso messaggi
pubblicitari. Può pertanto essere considerata fake news anche una
comunicazione di marketing ingannevole di un prodotto. Ad es., la
pubblicità di un’aranciata genuina che contiene però solo il 12% di succo
d’arancia, la crema spalmabile di nocciole che contiene più zucchero che
nocciole, etc… .
Negli ultimi mesi è stata avanzata l’ipotesi che lo IAP possa costituire
quell’organismo terzo cui l’utente potrebbe rivolgersi nel caso di
informazioni denigratorie e infondate, andando così ad occuparsi
specificatamente del problema della disinformazione e delle false
informazioni. Naturalmente però, perché questo sistema di controllo
possa funzionare, sarebbe necessario che aderissero allo IAP anche gli
“Over the top” (OTT), quali Google, Facebook e gli altri colossi della rete.
FAKE NEWS – Disciplina civilistica
Ingiunzione 10/2018 del Comitato di controllo – CIOCCOLATA BUONISSIMA
Pubblicità della cioccolata Buonissima a marchio L’Angelica di Coswell Spa censurata perché viola l’art. 2 C.A, con
particolare riferimento alla frase “La cioccolata che fa benissimo, è Buonissima”.
La pubblicità mostra in primo piano il vasetto della crema alle nocciole e cacao pubblicizzata e una tavoletta di
nuova “cioccolata funzionale” dicendo che ogni gusto corrisponde a una diversa funzionalità, ad es.:
“Buonumore”, “Linea e Bellezza”, “Memoria e funzioni cognitive”, “Tono ed Energia”. Spiega inoltre che per ogni
gusto il prodotto contiene “microRepair®”, che offrirebbe “protezione per i tuoi denti”.
Secondo lo IAP, la pubblicità è ingannevole perché il prodotto contiene effettivamente quantità di vitamine e
minerali sufficienti a giustificare alcune proprietà salutistiche, ma questo non giustifica la promessa di effetti
benefici sull’organismo in maniera assoluta e categorica, tale da poter indurre i consumatori a sovrastimare le
proprietà.
Il Comitato di controllo ritiene scorretto anche il messaggio in cui si sostiene che la cioccolata “si arricchisce di
benessere” perché “arricchita con estratti nutriceutici naturali”. Il Ministero della salute, infatti, non concede la
possibilità di associare la presenza di estratti naturali (c.d. “botanicals”) a effetti sull’organismo per gli alimenti,
ma solo per gli integratori. Lo IAP considera scorrette anche le espressioni “fa benissimo” e “piacere senza
rimorsi”, perché, associandole alla cioccolata, possono generare un “effetto alibi” nel consumatore,
convincendolo che il prodotto fa bene alla salute anche se goloso. La cosa è ancora più grave se si considera che
nell’inserzione non si fa mai riferimento ai rischi legati al consumo eccessivo di zuccheri e grassi.
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FAKE NEWS – Disciplina civilistica
Pronuncia n. 10/2016 del Giurì - VODAFONE v. TELECOM
Censurata la pubblicità posta in essere da Vodafone S.p.A. consistente nella scritta “Benvenuti
nella città più veloce d’Italia grazie a Vodafone Fibra 300”, dal momento che poteva indurre
anche un passeggero mediamente avveduto a reputare che il merito della velocità vantata sia
solo di Vodafone mentre così non è dal momento che anche Telecom ha iniziato a installare
presso vari centri una fibra di velocità equivalente.
Il Giurì ha quindi affermato il seguente principio di diritto:
“Dal momento che, ai sensi dell'art. 2 Cod. autodisciplina, un messaggio risulta ingannevole non solo quando
contiene un'affermazione falsa ma anche quando il consumatore può essere tratto in errore per mezzo di
ambiguità ed esagerazioni, è irrilevante l'animus dell'autore del messaggio, avendo viceversa rilievo l'effetto che la
comunicazione sortisce sul consumatore tenuto conto della situazione e dello stato d'animo di quest'ultimo,
circostanze che possono incidere sul grado di attenzione e sul tempo dedicati alla decodifica del messaggio”.
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FAKE NEWS – Social media
Fonti negoziali
L’art. 1, n. 4 c.c. annovera tra le fonti del diritto gli usi. Nel caso di specie, la norma si riferisce
agli usi commerciali: le condizioni di servizio che i colossi dei social media pongono ai milioni
di utenti e che unificano, mediante lo strumento negoziale, diritti ed obblighi dell’utente e del
fornitore del servizio.
Facebook
Nella «Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità» di Facebook si regolano i rapporti con gli
utenti. All’art. 3, titolato «sicurezza», n. 6) e n. 9) si vieta all’utente di
«denigrare, intimidire o infastidire gli altri utenti Facebook» e di «non usare Facebook per
scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori».
Inoltre, l’art. 5, n. 1 («protezione dei diritti di terzi») vieta genericamente di «pubblicare o
eseguire azioni su Facebook che non rispettano i diritti di terzi o le leggi vigenti».
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FAKE NEWS – Social media
Twitter
Le regole di Twitter parlano più genericamente di «condotta detestabile», definendola come
«promuovere la violenza contro una persona, attaccarla direttamente o minacciare altre
persone in base a razza, etnia, origine nazionale, orientamento sessuale, sesso, identità
sessuale, religione, età, disabilità o malattia».
Instagram
Tra i Termini di base delle Condizioni d’uso di Instagram, figura, all’art. 2, il divieto di
«pubblicare sui servizi foto o altri contenuti violenti, con nudità totali o parziali, discriminatori,
illegali, illeciti, contenenti messaggi di odio, pornografici o con allusioni sessali esplicite».
All’art. 6, inoltre, si legge: «È vietato diffamare, perseguitare, intimidire, abusare, infastidire,
impersonare o intimidire persone o entità (..)». L’art. 3, poi, sancisce che: «L’utente è
responsabile di ogni attività che avviene all’interno del proprio
account (…)».
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FAKE NEWS – Social media
I sopra citati sono gli unici riferimenti, nel contratto con l’utente, potenzialmente collegabili al
fenomeno fake news. Le disposizioni in esame appaiono costruite sulla falsariga di quelle
legislative, in quanto non accennano minimamente al fenomeno in sé, ma solo ai suoi
potenziali effetti. La responsabilità sociale degli utenti viene così tradotta in responsabilità
contrattuale: l’utente è tenuto a rispettare le regole non solo ex lege, ma anche ex contractu.
Il rimedio negoziale ad una condotta indesiderabile è la cancellazione del contenuto; nei casi
più gravi, o in caso di caso di reiterazione del comportamento, è prevista la sospensione
temporanea o definitiva dell’account. Questa previsione è considerabile come una vera e
propria clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., che acquista efficacia una volta
verificatosi il notevole inadempimento.
Per il problema fake news nell’ambito contrattuale, se da un lato, non esiste una precisa
normativa sulle c.d. bufale, d’altro canto l’uso distorto dei social, seppur non tassativamente
compreso neanche nei termini di servizio, incontra i limiti generici di correttezza e buona fede
ex artt. 1175 e 1375 c.c.
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FAKE NEWS – Social media
Il ruolo del gestore della piattaforma:
Sia Facebook, che Twitter che Instagram si esonerano contrattualmente da tutte le responsabilità che
possono scaturire da un uso inappropriato dei contenuti. A titolo esemplificativo, Facebook all’art. 15 n. 2
del suo regolamento enuncia: ”Anche se forniamo delle regole per la condotta degli utenti, non
controlliamo né guidiamo le azioni degli utenti su Facebook e non siamo responsabili dei contenuti o delle
informazioni che gli utenti trasmettono o condividono su Facebook. Non siamo responsabili delle
informazioni o dei contenuti offensivi, inappropriati, osceni, illegali o in altro modo deplorevoli su
Facebook”. Gli altri gestori hanno clausole dello stesso significato.
Al contempo, però, tutti quanti hanno una disposizione di questo tipo: ”alcune giurisdizioni non
consentono l’esclusione di garanzie implicite o limitazioni sulla durata delle garanzie implicite, pertanto le
esclusioni di cui sopra potrebbero non applicarsi nella loto interessa, ma saranno applicate nella misura
consentita dalla legge applicabile” (Art. 5, Termini di servizio Twitter).
Questa non è altro che l’esplicitazione di una perplessità sull’uso di queste piattaforme in paesi come
il nostro. Prima facie, questa clausola sembrerebbe integrare gli estremi dell’art. 1229: nel suo 1
comma perchè escluderebbe la responsabilità del gestore a priori, nonché del 2 comma, in quanto
alcuni dei fatti in questione sono illeciti. Seppur minimo (limitato a dolo o colpa grave), un obbligo
di sicurezza discenderebbe cosi in base al generico principio generale in materia di diligenza
nell’adempimento dell’art. 1176, II comma c.c.
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FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i
social
La prima tappa il 25 aprile, quando la Commissione europea approverà il piano anti fake news sul quale lavora da
mesi:
 Trasparenza: Bruxelles imporrà ai social un regime di trasparenza assoluta sull’utilizzo dei dati degli utenti.
Facebook e gli altri tramite l’autoregolamentazione dovranno comunicare ai navigatori se i loro dati saranno
usati a fini commerciali o politici. Gli utenti dovranno autorizzare questo utilizzo e se ritireranno il consenso i
loro dati dovranno essere cancellati.
 Comunicazione: i social saranno obbligati a rendere noto se c’è una campagna politica in corso sulle loro
pagine, così come dovranno comunicare chi ne sono gli autori (partiti o aziende che siano) e per conto di chi
agiscono.
 Investimenti: la Commissione europea chiederà alle aziende digitali massicci investimenti per rendere i loro
algoritmi in grado di scovare le fake news, di smascherare i trolls e di rimuovere i video che inneggiano alla
violenza e all’odio.
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FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i
social
 Cancellazione fake per governi: Non contemplata la possibilità per i governi di cancellare i fake, altrimenti si aprirebbe
la porta alla censura di Stato che potrebbe portare ad abusi o censura.
 Autoregolamentazione per i social, anche perché sono i soli a poter lavorare sui loro algoritmi.
 Educazione digitale: Per contrastare i falsi, per proteggersi da truffe o uso illecito dei dati, così come per permettere agli
utenti di riconoscere quando sono di fronte alla propaganda politica, Bruxelles renderà obbligatorio insegnare nelle
scuole di tutto il continente un atteggiamento critico rispetto ai contenuti dei social e della Rete. Una vera e propria
educazione digitale per i più giovani, spesso esposti anche a truffe o adescamenti online. Per raggiungere questo scopo
la Commissione ha già depositato un emendamento alla nuova direttiva sul digitale che sarà votata tra maggio e giugno
dal Parlamento europeo.
 Fact Checking: l’Europa cercherà di aiutare le Ong che fanno fact checking e proverà a tutelare il giornalismo chiedendo
ai social di lavorare di più con i professionisti dell’informazione e facendo pressione su governi e partiti politici affinché
vengano approvate le nuove regole sul diritto d‘autore previste sempre dalla direttiva sul digitale in discussione al
Parlamento europeo: in sostanza verrebbe riconosciuto il diritto delle testate giornalistiche a venir pagate dalle
piattaforme Internet che usano i loro contenuti.
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FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i
social
 Sanzioni: il 25 maggio quando entreranno in vigore le nuove norme sulla protezione dei dati (diverse dal piano anti fake
news, che dovrà passare al vaglio di governi e Parlamento Ue). Grazie a queste regole, le autorità nazionali di protezione
dei dati potranno infliggere multe fino al 4% del fatturato globale dei giganti del Web che non rispetteranno le
prescrizione europee. Nel caso Facebook- Cambridge Analytica, spiegano a Bruxelles, le authority verificheranno se le
pratiche illegali siano ancora in corso e nel caso partiranno subito con le sanzioni miliardarie contro la creatura di
Zuckerberg.
 Protezione dei consumatori: prima pensate per reagire al Dieselgate (ci saranno multe fino al 4% del fatturato anche per
le industrie tradizionali che violeranno le regole e l’obbligo di risarcire i consumatori), ora una parte della direttiva che
riguarda il commercio online imporrà più trasparenza (anche sui dati) alle piattaforme che vendono in Rete.
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FAKE NEWS – Esempi
Passata di pomodori Mutti … con «arsenico»
È girato su WhatsApp un falso comunicato del ministero della Salute in cui veniva segnalato un
presunto richiamo dal mercato di un lotto di passata Mutti a causa della presenza di tracce di
arsenico, in vendita nei supermercati Conad. Questa notizia, assolutamente falsa, è stata smentita
sia dal Ministero della Salute che dalla stessa Mutti S.p.A.
Barilla (non) è americana
Per lungo tempo sui social media è circolata la notizia che il gruppo emiliano sarebbe di proprietà
americana. Un vero e proprio attacco all’identità del marchio. La notizia è stata subito smentita
dall’azienda che ha messo in evidenza, attraverso i canali web, le righe che seguono: «Barilla è
italiana, con quartier generale a Parma, dove è nata nel 1877. La storia dell’azienda è la storia della
famiglia Barilla, alla guida del gruppo da quattro generazioni, oggi con i fratelli Guido, Luca e Paolo.
Nel 1971 i fratelli Pietro e Gianni Barilla, per ragioni familiari e legate al periodo storico-sociale,
decisero di vendere l’azienda alla multinazionale americana Wr Grace. Barilla rimase sotto la
gestione della Grace fino al 1979. Dal momento della vendita e per tutti gli otto anni successivi, il
pensiero fisso di Pietro Barilla era come riprendersi l’azienda. Nel 1979, firmando una case history
speciale nel mondo del business, Pietro Barilla riesce a riacquisire l’azienda, che da allora è sempre
rimasta nelle mani italiane, della famiglia».
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FAKE NEWS – Esempi
La Soresina contro il movimento “no milk”
Per rispondere al movimento «no milk» che, attraverso blog specializzati e post sui social
network, contesta il consumo di latte ritenendolo dannoso per la salute, Latteria Soresina ha
avviato una campagna di comunicazione sui canali web e Tv. Valore dell’investimento: 2,5
milioni.
Kamut è un marchio registrato
Per lungo tempo è circolata la fake news secondo cui il kamut sarebbe una antica varietà di
cereali. In realtà il Kamut non è una varietà di cereali, ma un marchio di proprietà dell'azienda
americana Kamut International Ltd registrato nel 1990 tramite l’Ufficio Marchi e Brevetti
Statunitense, con cui viene venduto il grano della varietà Khorasan (Triticum turgidum
turanicum). La varietà Khorasan è coltivata anche in Italia, ma il frumento prodotto e
venduto con il marchio Kamut è coltivato solo negli Stati Uniti ed in Canada.
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BRAND REPUTATION - Definizione
Definizione –
Una vita per creare una reputazione, un istante per
distruggerla
Con l’espressione “Brand Reputation” si intende la reputazione del
marchio di un’azienda ed il suo relativo apprezzamento da parte dei
consumatori.
Se in passato le aziende modellavano la propria reputazione
facilmente attraverso la pubblicità e le attività di pubbliche relazioni,
oggi è molto più difficile proteggere il proprio brand. Con i social
media, infatti, bastano pochi secondi per danneggiare l’immagine di
un’azienda.
21
BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Uso parodistico di un marchio altrui
Un esempio di attacco alla reputazione di un’azienda, è costituito dell’uso di marchi
altrui in chiave critica o parodistica. Tale fenomeno ha vissuto negli ultimi anni un
notevole sviluppo.
Online si possono rinvenire numerosi esempi di raffigurazioni in chiave parodistica di
noti marchi, volte ad enfatizzare nell’immagine la reputazione che tali marchi
simboleggiano.
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BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Coca-Cola Apple BP
FIFA Mc Donald’s
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BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Dumb Starbucks
Nel 2014 ha aperto a Los Angeles una caffetteria recante l’insegna Dumb Starbucks (cioè
“Stupido Starbucks”). Ci si è quindi chiesti se si trattasse di uno Starbucks vero, di una presa in
giro, di una caffetteria che violasse il marchio noto. In realtà si trattava di una parodia ideata
per uno show televisivo.
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BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Je boycotte Danone
Quando la Danone annunciò l’intenzione di attuare un massiccio piano di licenziamenti, il
giornalista Olivier Malnuit registrò il nome di dominio “jeboycottedanone.com” e aprì un sito
dedicato al tema “GLI ESSERI UMANI NON SONO DEGLI YOGURT, NON HANNO DATA DI
SCADENZA”. Il sito invitava il pubblico ad impegnarsi a boicottare una lunga lista di prodotti
Danone. Per contraddistinguere le pagine, il sito aveva utilizzato il logo della Danone,
inserendo al posto del rosso, una striscia di colore nero:
La Danone aveva quindi citato in giudizio per contraffazione del marchio il giornalista.
Il Tribunale di primo grado di Parigi aveva stabilito il divieto di utilizzare il suddetto marchio
contraffatto. La Corte d’Appello di Parigi, ha invece respinto tutte le istanze della Danone,
ritenendo preminente il valore costituzionale della liberta d’espressione
25
BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Greenpeace v. Esso
Nell’ambito di una campagna di denuncia nei confronti della multinazionale del petrolio,
Greenpeace aveva utilizzato il logo della ESSO opportunamente modificato:
La Corte di Cassazione francese non ha ritenuto illecito l’utilizzo sopra raffigurato del logo
ESSO, in quanto tale utilizzo è privo di finalità economiche (Esso v Greenpeace France, Court
de Cassation, 8 aprile 2008).
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BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
Greenpeace v. Enel
Campagna ambientalista di Greenpeace ai danni di Enel, consistente nella distribuzione di false bollette Enel
riportanti dati sui danni ambientali, sanitari ed economici causati da Enel nella produzione di energia fossile,
nonché nella distribuzione di false copie del quotidiano Metro contenenti una finta pubblicità in cui il logo Enel
veniva storpiato (un albero con una foglia caduta a terra) e accompagnato dalla dicitura “Enel, l’energia che ti
sporca”.
Il Tribunale di Milano in prima istanza ha rigettato le richieste di Enel stabilendo che tutte le onlus e le
associazioni impegnate in campagne di sensibilizzazione non possono essere “silenziate” con il presupposto
dell’uso improprio di un marchio commerciale, soprattutto se hanno ad oggetto interessi collettivi “di rango
costituzionale”, come la salute pubblica (Tribunale di Milano, 6 maggio 2013, ordinanza).
Tale decisione è stata però ribaltata in sede di reclamo: il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’uso non
autorizzato del marchio Enel fosse avvenuto all’interno di un’attività economica. In particolare, i giudici hanno
sottolineato che Greenpeace è strutturata come un’azienda. Di qui il convincimento per cui l’utilizzo del marchio
Enel va letto come forma di sfruttamento della sua notorietà finalizzata a favorire la raccolta di fondi da parte di
Greenpeace. Gli stessi giudici hanno poi sottolineato che l’uso del marchio Enel da parte di Greenpeace è
altamente denigratorio, in particolare perché la produzione di energia fossile non è di appannaggio esclusivo di
Enel. Greenpeace, tuttavia, ha rivolto la campagna unicamente nei confronti di tale operatore, utilizzando il suo
marchio per simboleggiare l’intera categoria dei produttori di energia fossile. Su questi presupposti il Tribunale di
Milano ha ritenuto prevalente in sede di reclamo la natura commerciale ed il carattere denigratorio della
campagna di Greenpeace rispetto alla sua finalità di critica e ne ha conseguentemente inibito la prosecuzione,
disponendo il sequestro del materiale pubblicitario (Tribunale di Milano, 8 luglio 2013, ordinanza).
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BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio
In linea generale, quindi, i titolari dei marchi hanno avuto la
meglio quando è stato riconosciuto il carattere
principalmente commerciale dell’uso parodistico e/o critico
compiuto da terzi.
Quando invece tale uso è stato ritenuto finalizzato ad una
giusta e proporzionata critica o ad una (riuscita) parodia,
anche se latamente commerciale, hanno vinto i c.d. free
riders.
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BRAND REPUTATION – Sanzioni e rimedi
Sanzioni e rimedi
L’azienda che vede attaccata la propria reputazione, anche attraverso un uso
parodistico del proprio marchio, può subire non sono dei danni economici ma anche
dei danni di immagine.
L'azienda lesa potrà quindi rivolgersi al giudice civile per chiedere
 la cessazione della condotta illecita, ed
 il risarcimento dei danni subiti, da valutarsi secondo i generali criteri civilistici
(danno emergente e lucro cessante).
29
BRAND REPUTATION – Global RepTrak 100
Global RepTrak 100
Studio annuale sulla reputazione aziendale condotto dal Reputation Institute
basandosi su 7 diversi parametri:
 prodotti e servizi
 innovazione
 ambiente di lavoro
 governance
 responsabilità sociale e ambientale
 leadership
 performance.
30
BRAND REPUTATION – Global RepTrak 100
Top 10 del Global RepTrak 100 del 2018:
Nella Reptrak 2018 troviamo cinque aziende italiane tra le prime cinquanta, tre delle quali
sono in ambito food: Ferrero al 18°posto, Barilla al 36° e Lavazza al 49°.
31
CONCLUSIONI
32
IP SKILL
33
IP SKILL
Avv. Federico Zanardi Landi
f.zanardilandi@ip-skill.it
Via Magenta 25, Torino

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Fake news e brand reputation - Bologna 18 aprile 2018

  • 1. FAKE NEWS, BRAND REPUTATION E DANNI ALLE IMPRESE
  • 2. OVVERO: "Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere …” (Umberto Eco)
  • 3. FAKE NEWS - Definizione 3 Definizione Notizie false, con particolare riferimento a quelle diffuse mediante la rete.
  • 4. FAKE NEWS – Disciplina civilistica  Danno ingiusto ex art. 2043 c.c.: La mera falsità della notizia in sé non è all’attenzione del diritto. Il fenomeno diventa meritevole di adeguata regolamentazione nel momento in cui – aldilà delle specifiche fattispecie di illeciti con cui può intersecarsi – cagioni ad altri “un danno ingiusto”, in base al principio generale enucleato nell’art. 2043 c.c.  Danno all’immagine: Es.: "L'impresa X sfrutta i bambini" Si tratta di una fake news che lede l'immagine di un'azienda. L'azienda lesa potrà quindi rivolgersi al giudice civile per chiedere il risarcimento dei danni subiti, da valutarsi secondo i generali criteri civilistici (danno emergente e lucro cessante). 4
  • 5. FAKE NEWS – Disciplina civilistica 5  Concorrenza sleale per denigrazione, art. 2598, c. 2 c.c.: La denigrazione consiste nella diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente idonei a determinarne il discredito, cioè la perdita o la diminuzione del della buona reputazione o della fiducia di cui un’impresa ed i suoi prodotti godono sul mercato. Tale effetto costituisce un danno concorrenziale, sia dal lato della clientela (perdita di clientela), sia da quello dei fornitori (ivi compresi i finanziatori), sia infine in ordine all’organizzazione aziendale. Un simile danno può venir provocato dalla diffusione di notizie o apprezzamenti anche ove questi producano un effetto che si esaurisce in breve, anche semplicemente impedendo al concorrente la conclusione di un singolo affare. Dottrina e giurisprudenza ammetto la liceità concorrenziale della diffusione di notizie vere, anche se il loro contenuto può determinare il discredito di un concorrente. Tuttavia, per ammetterne la liceità, la giurisprudenza pretende che le affermazioni screditanti vere lo siano pienamente, non siano cioè elaborate in modo tendenzioso e quindi idoneo a determinare effetti screditanti che eccedano l’esigenza di informazione del pubblico.
  • 6. FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)  Tribunale Bologna, 06/02/2009, in Giur. annotata dir. ind. 2009, 1, 696 Giudizio instaurato dalla società Otis Servizi s.r.l. contro il Consorzio Servizi Ascensori Soc. Coop. a r.l. e la Pubbliwest s.r.l., poiché queste ultime avevano diffuso affermazioni gravemente lesive dell'immagine e del prestigio commerciale di Otis Servizi, finalizzate a boicottarne l'attività commerciale ed a sviarne la clientela (ad es. facevano circolare lettere e volantini contenenti notizie non veritiere, lacunose ed apprezzamenti denigratori in relazione all'attività di impresa svolta da Otis Servizi). “Ai fini della realizzazione dell'illecito di concorrenza sleale per denigrazione non è necessaria la falsità delle notizie diffuse, essendo sufficiente la divulgazione di circostanze o notizie vere, se effettuata in maniera tendenziosa, parziale e scorretta”.  Tribunale Roma Sez. Proprieta' Industriale e Intellettuale, 29/11/2006, in Sez. Spec. P.I. 2006, 1-2, 330 Massima pronunciata nell'ambito di una controversia tra Vodafone Italia S.p.A. da un lato e Telecom Italia dall’altro. La Telecom lamentava che la commercializzazione e la promozione, da parte della concorrente Vodafone, con una importante campagna pubblicitaria, del servizio denominato "Vodafone Servizio Numero Fisso«, costituivano atto di concorrenza sleale per violazione di normativa pubblicistica dettata in materia di comunicazioni elettroniche e per la decettività dei messaggi promozionali. “L'imprenditore, che si duole della condotta di un concorrente, deve dare dimostrazione non tanto della violazione di norme amministrative quanto anche del compimento di atti di concorrenza potenzialmente lesivi dei propri diritti, mediante il malizioso e artificioso squilibrio delle condizioni di mercato. Il giudice ordinario può applicare il Codice del consumo per accertare l'ingannevolezza del messaggio pubblicitario e verificare la sussistenza di una condotta di concorrenza sleale per pubblicità sleale. Il mendacio concorrenziale ex c.c., art. 2598 può ricorrere nelle ipotesi sia di affermazioni false di fatti specifici sia di comunicazioni ambigue in cui siano omesse notizie essenziali, sempre ove ciò sia idoneo ad indurre in errore il consumatore”. 6
  • 7. FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)  Corte Appello Milano, 16/05/2006 in Foro padano 2006, 3-4, I, 532 La massima in esame è stata pronunciata nell'ambito di una controversia tra Fastweb S.p.A. da un lato e Telecom Italia dall’altro. “Costituisce concorrenza sleale, effettuata mediante atti di pubblicità indirizzati ai potenziali acquirenti di un dato prodotto, l'effettuazione non soltanto di affermazioni false su qualità o pregi del proprio o dell'altrui prodotto, ma anche dalla divulgazione di circostanze o notizie vere, che venga effettuata in maniera subdola o tendenziosa o comunque con modalità contrarie alla correttezza professionale, sì da implicare discredito e pregiudizio per l'azienda dell'impresa concorrente. Abuso ancor più evidente ove realizzato nell'ambito di una strategia complessiva di impedimento della crescita del mercato del concorrente, ossia di generalizzato boicottaggio”.  Cassazione Civile sez. I, 31/10/2016, n. 22042, in Rivista di Diritto Industriale 2017, 4-5, II, 563 La massima in esame è stata pronunciata nell'ambito di un giudizio tra la Coop Estense, da un lato, e il Sig. C. e le società Esselunga e Marsilio Editore, dall’altro. Precisamente, la Coop Estese lamentava di essere stata diffamata e di avere subito concorrenza sleale per denigrazione, scorrettezza professionale e pubblicità ingannevole, in relazione al libro, edito da Marsilio, distribuito e pubblicizzato da Esselunga con il quale l'autore C. aveva inteso sferrare un atto di accusa nei confronti della Lega delle Cooperative, e in relazione alla campagna mediatica che ne era seguita. In particolare, il libro avrebbe accusato la Coop Estense di appartenere a una fazione politica e affaristica che le garantiva favori economici e finanziari, grazie alla protezione dei partiti e delle amministrazioni locali di un determinato orientamento politico, nonché di avere creato un monopolio nella distribuzione commerciale. “La legittima difesa, quale reazione difensiva ad un'altrui offesa, non può consistere nella divulgazione di notizie false sui prodotti e l'attività del concorrente e non esclude, quindi, la responsabilità civile per l'illecito concorrenziale previsto dall'art. 2598, comma 1, n. 2, c.c.”. 7
  • 8. FAKE NEWS – Disciplina civilistica (giurisprudenza)  Corte Giustizia UE grande sezione, 17/10/2017 n. 194 in Diritto & Giustizia 2017, 18 ottobre Decisione pronunciata nell'ambito di una controversia tra la società Bolagsupplysningen OÜ e l'associazione di lavoratori Svensk Handel AB che aveva inserito la predetta società in una black list, accusandola di truffe e frodi, attirando così plurimi commenti diffamatori e minacce. “L'articolo 7, punto 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che una persona giuridica la quale lamenti che, con la pubblicazione su Internet di dati inesatti che la riguardano e l'omessa rimozione di commenti sul proprio conto, sono stati violati i suoi diritti della personalità, può proporre un ricorso diretto alla rettifica di tali dati, alla rimozione di detti commenti e al risarcimento della totalità del danno subito dinanzi ai giudici dello Stato membro nel quale si trova il centro dei propri interessi. Quando la persona giuridica interessata esercita la maggior parte delle sue attività in uno Stato membro diverso da quello della sua sede statutaria, tale persona può citare l'autore presunto della violazione sulla base del luogo in cui il danno si è concretizzato in quest'altro Stato membro. L'articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 deve essere altresì interpretato nel senso che una persona la quale lamenti che, con la pubblicazione su Internet di dati inesatti che la riguardano e l'omessa rimozione di commenti sul proprio conto, sono stati violati i suoi diritti della personalità, non può proporre un ricorso diretto alla rettifica di tali dati e alla rimozione di detti commenti dinanzi ai giudici di ciascuno Stato membro nel cui territorio siano o siano state accessibili le informazioni pubblicate su Internet”. La decisione rappresenta una netta cesura rispetto alla consolidata giurisprudenza della CGUE sulla competenza territoriale ex art. 5, comma 3, del Regolamento 44/2001, in materia di illeciti con effetti diffusi in diversi paesi dell'Unione. In precedenza il principio consolidato, ed inaugurato con la sentenza Shevill (C-68/93), era che il danneggiato poteva agire nei diversi Stati membri per il danno che asseriva essersi ivi verificato. Tale principio era stato confermato con riguardo a comunicazioni illecite su Internet anche nella sentenza e-Date Advertising (C-509/09). Ancorché la presente decisione Svensk Handel richiami ripetutamente quella e- Date quest'ultima aveva statuito un principio contrario: il danneggiato “ha la facoltà di esperire un'azione di risarcimento, per la totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso tali contenuti, o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro d'interessi. In luogo di un'azione di risarcimento per la totalità del danno cagionato, tale persona può altresì esperire un'azione dinanzi ai giudici di ogni Stato membro sul cui territorio un'informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. Questi ultimi sono competenti a conoscere del solo danno cagionato sul territorio dello Stato membro del giudice adito”. 8
  • 9. FAKE NEWS – Disciplina civilistica 9  Pubblicità ingannevole - IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria): Le fake news sono spesso create per generare interesse verso messaggi pubblicitari. Può pertanto essere considerata fake news anche una comunicazione di marketing ingannevole di un prodotto. Ad es., la pubblicità di un’aranciata genuina che contiene però solo il 12% di succo d’arancia, la crema spalmabile di nocciole che contiene più zucchero che nocciole, etc… . Negli ultimi mesi è stata avanzata l’ipotesi che lo IAP possa costituire quell’organismo terzo cui l’utente potrebbe rivolgersi nel caso di informazioni denigratorie e infondate, andando così ad occuparsi specificatamente del problema della disinformazione e delle false informazioni. Naturalmente però, perché questo sistema di controllo possa funzionare, sarebbe necessario che aderissero allo IAP anche gli “Over the top” (OTT), quali Google, Facebook e gli altri colossi della rete.
  • 10. FAKE NEWS – Disciplina civilistica Ingiunzione 10/2018 del Comitato di controllo – CIOCCOLATA BUONISSIMA Pubblicità della cioccolata Buonissima a marchio L’Angelica di Coswell Spa censurata perché viola l’art. 2 C.A, con particolare riferimento alla frase “La cioccolata che fa benissimo, è Buonissima”. La pubblicità mostra in primo piano il vasetto della crema alle nocciole e cacao pubblicizzata e una tavoletta di nuova “cioccolata funzionale” dicendo che ogni gusto corrisponde a una diversa funzionalità, ad es.: “Buonumore”, “Linea e Bellezza”, “Memoria e funzioni cognitive”, “Tono ed Energia”. Spiega inoltre che per ogni gusto il prodotto contiene “microRepair®”, che offrirebbe “protezione per i tuoi denti”. Secondo lo IAP, la pubblicità è ingannevole perché il prodotto contiene effettivamente quantità di vitamine e minerali sufficienti a giustificare alcune proprietà salutistiche, ma questo non giustifica la promessa di effetti benefici sull’organismo in maniera assoluta e categorica, tale da poter indurre i consumatori a sovrastimare le proprietà. Il Comitato di controllo ritiene scorretto anche il messaggio in cui si sostiene che la cioccolata “si arricchisce di benessere” perché “arricchita con estratti nutriceutici naturali”. Il Ministero della salute, infatti, non concede la possibilità di associare la presenza di estratti naturali (c.d. “botanicals”) a effetti sull’organismo per gli alimenti, ma solo per gli integratori. Lo IAP considera scorrette anche le espressioni “fa benissimo” e “piacere senza rimorsi”, perché, associandole alla cioccolata, possono generare un “effetto alibi” nel consumatore, convincendolo che il prodotto fa bene alla salute anche se goloso. La cosa è ancora più grave se si considera che nell’inserzione non si fa mai riferimento ai rischi legati al consumo eccessivo di zuccheri e grassi. 10
  • 11. FAKE NEWS – Disciplina civilistica Pronuncia n. 10/2016 del Giurì - VODAFONE v. TELECOM Censurata la pubblicità posta in essere da Vodafone S.p.A. consistente nella scritta “Benvenuti nella città più veloce d’Italia grazie a Vodafone Fibra 300”, dal momento che poteva indurre anche un passeggero mediamente avveduto a reputare che il merito della velocità vantata sia solo di Vodafone mentre così non è dal momento che anche Telecom ha iniziato a installare presso vari centri una fibra di velocità equivalente. Il Giurì ha quindi affermato il seguente principio di diritto: “Dal momento che, ai sensi dell'art. 2 Cod. autodisciplina, un messaggio risulta ingannevole non solo quando contiene un'affermazione falsa ma anche quando il consumatore può essere tratto in errore per mezzo di ambiguità ed esagerazioni, è irrilevante l'animus dell'autore del messaggio, avendo viceversa rilievo l'effetto che la comunicazione sortisce sul consumatore tenuto conto della situazione e dello stato d'animo di quest'ultimo, circostanze che possono incidere sul grado di attenzione e sul tempo dedicati alla decodifica del messaggio”. 11
  • 12. FAKE NEWS – Social media Fonti negoziali L’art. 1, n. 4 c.c. annovera tra le fonti del diritto gli usi. Nel caso di specie, la norma si riferisce agli usi commerciali: le condizioni di servizio che i colossi dei social media pongono ai milioni di utenti e che unificano, mediante lo strumento negoziale, diritti ed obblighi dell’utente e del fornitore del servizio. Facebook Nella «Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità» di Facebook si regolano i rapporti con gli utenti. All’art. 3, titolato «sicurezza», n. 6) e n. 9) si vieta all’utente di «denigrare, intimidire o infastidire gli altri utenti Facebook» e di «non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori». Inoltre, l’art. 5, n. 1 («protezione dei diritti di terzi») vieta genericamente di «pubblicare o eseguire azioni su Facebook che non rispettano i diritti di terzi o le leggi vigenti». 12
  • 13. FAKE NEWS – Social media Twitter Le regole di Twitter parlano più genericamente di «condotta detestabile», definendola come «promuovere la violenza contro una persona, attaccarla direttamente o minacciare altre persone in base a razza, etnia, origine nazionale, orientamento sessuale, sesso, identità sessuale, religione, età, disabilità o malattia». Instagram Tra i Termini di base delle Condizioni d’uso di Instagram, figura, all’art. 2, il divieto di «pubblicare sui servizi foto o altri contenuti violenti, con nudità totali o parziali, discriminatori, illegali, illeciti, contenenti messaggi di odio, pornografici o con allusioni sessali esplicite». All’art. 6, inoltre, si legge: «È vietato diffamare, perseguitare, intimidire, abusare, infastidire, impersonare o intimidire persone o entità (..)». L’art. 3, poi, sancisce che: «L’utente è responsabile di ogni attività che avviene all’interno del proprio account (…)». 13
  • 14. FAKE NEWS – Social media I sopra citati sono gli unici riferimenti, nel contratto con l’utente, potenzialmente collegabili al fenomeno fake news. Le disposizioni in esame appaiono costruite sulla falsariga di quelle legislative, in quanto non accennano minimamente al fenomeno in sé, ma solo ai suoi potenziali effetti. La responsabilità sociale degli utenti viene così tradotta in responsabilità contrattuale: l’utente è tenuto a rispettare le regole non solo ex lege, ma anche ex contractu. Il rimedio negoziale ad una condotta indesiderabile è la cancellazione del contenuto; nei casi più gravi, o in caso di caso di reiterazione del comportamento, è prevista la sospensione temporanea o definitiva dell’account. Questa previsione è considerabile come una vera e propria clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c., che acquista efficacia una volta verificatosi il notevole inadempimento. Per il problema fake news nell’ambito contrattuale, se da un lato, non esiste una precisa normativa sulle c.d. bufale, d’altro canto l’uso distorto dei social, seppur non tassativamente compreso neanche nei termini di servizio, incontra i limiti generici di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. 14
  • 15. FAKE NEWS – Social media Il ruolo del gestore della piattaforma: Sia Facebook, che Twitter che Instagram si esonerano contrattualmente da tutte le responsabilità che possono scaturire da un uso inappropriato dei contenuti. A titolo esemplificativo, Facebook all’art. 15 n. 2 del suo regolamento enuncia: ”Anche se forniamo delle regole per la condotta degli utenti, non controlliamo né guidiamo le azioni degli utenti su Facebook e non siamo responsabili dei contenuti o delle informazioni che gli utenti trasmettono o condividono su Facebook. Non siamo responsabili delle informazioni o dei contenuti offensivi, inappropriati, osceni, illegali o in altro modo deplorevoli su Facebook”. Gli altri gestori hanno clausole dello stesso significato. Al contempo, però, tutti quanti hanno una disposizione di questo tipo: ”alcune giurisdizioni non consentono l’esclusione di garanzie implicite o limitazioni sulla durata delle garanzie implicite, pertanto le esclusioni di cui sopra potrebbero non applicarsi nella loto interessa, ma saranno applicate nella misura consentita dalla legge applicabile” (Art. 5, Termini di servizio Twitter). Questa non è altro che l’esplicitazione di una perplessità sull’uso di queste piattaforme in paesi come il nostro. Prima facie, questa clausola sembrerebbe integrare gli estremi dell’art. 1229: nel suo 1 comma perchè escluderebbe la responsabilità del gestore a priori, nonché del 2 comma, in quanto alcuni dei fatti in questione sono illeciti. Seppur minimo (limitato a dolo o colpa grave), un obbligo di sicurezza discenderebbe cosi in base al generico principio generale in materia di diligenza nell’adempimento dell’art. 1176, II comma c.c. 15
  • 16. FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i social La prima tappa il 25 aprile, quando la Commissione europea approverà il piano anti fake news sul quale lavora da mesi:  Trasparenza: Bruxelles imporrà ai social un regime di trasparenza assoluta sull’utilizzo dei dati degli utenti. Facebook e gli altri tramite l’autoregolamentazione dovranno comunicare ai navigatori se i loro dati saranno usati a fini commerciali o politici. Gli utenti dovranno autorizzare questo utilizzo e se ritireranno il consenso i loro dati dovranno essere cancellati.  Comunicazione: i social saranno obbligati a rendere noto se c’è una campagna politica in corso sulle loro pagine, così come dovranno comunicare chi ne sono gli autori (partiti o aziende che siano) e per conto di chi agiscono.  Investimenti: la Commissione europea chiederà alle aziende digitali massicci investimenti per rendere i loro algoritmi in grado di scovare le fake news, di smascherare i trolls e di rimuovere i video che inneggiano alla violenza e all’odio. 16
  • 17. FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i social  Cancellazione fake per governi: Non contemplata la possibilità per i governi di cancellare i fake, altrimenti si aprirebbe la porta alla censura di Stato che potrebbe portare ad abusi o censura.  Autoregolamentazione per i social, anche perché sono i soli a poter lavorare sui loro algoritmi.  Educazione digitale: Per contrastare i falsi, per proteggersi da truffe o uso illecito dei dati, così come per permettere agli utenti di riconoscere quando sono di fronte alla propaganda politica, Bruxelles renderà obbligatorio insegnare nelle scuole di tutto il continente un atteggiamento critico rispetto ai contenuti dei social e della Rete. Una vera e propria educazione digitale per i più giovani, spesso esposti anche a truffe o adescamenti online. Per raggiungere questo scopo la Commissione ha già depositato un emendamento alla nuova direttiva sul digitale che sarà votata tra maggio e giugno dal Parlamento europeo.  Fact Checking: l’Europa cercherà di aiutare le Ong che fanno fact checking e proverà a tutelare il giornalismo chiedendo ai social di lavorare di più con i professionisti dell’informazione e facendo pressione su governi e partiti politici affinché vengano approvate le nuove regole sul diritto d‘autore previste sempre dalla direttiva sul digitale in discussione al Parlamento europeo: in sostanza verrebbe riconosciuto il diritto delle testate giornalistiche a venir pagate dalle piattaforme Internet che usano i loro contenuti. 17
  • 18. FAKE NEWS – Piano Ue contro le fake news e un ultimatum per i social  Sanzioni: il 25 maggio quando entreranno in vigore le nuove norme sulla protezione dei dati (diverse dal piano anti fake news, che dovrà passare al vaglio di governi e Parlamento Ue). Grazie a queste regole, le autorità nazionali di protezione dei dati potranno infliggere multe fino al 4% del fatturato globale dei giganti del Web che non rispetteranno le prescrizione europee. Nel caso Facebook- Cambridge Analytica, spiegano a Bruxelles, le authority verificheranno se le pratiche illegali siano ancora in corso e nel caso partiranno subito con le sanzioni miliardarie contro la creatura di Zuckerberg.  Protezione dei consumatori: prima pensate per reagire al Dieselgate (ci saranno multe fino al 4% del fatturato anche per le industrie tradizionali che violeranno le regole e l’obbligo di risarcire i consumatori), ora una parte della direttiva che riguarda il commercio online imporrà più trasparenza (anche sui dati) alle piattaforme che vendono in Rete. 18
  • 19. FAKE NEWS – Esempi Passata di pomodori Mutti … con «arsenico» È girato su WhatsApp un falso comunicato del ministero della Salute in cui veniva segnalato un presunto richiamo dal mercato di un lotto di passata Mutti a causa della presenza di tracce di arsenico, in vendita nei supermercati Conad. Questa notizia, assolutamente falsa, è stata smentita sia dal Ministero della Salute che dalla stessa Mutti S.p.A. Barilla (non) è americana Per lungo tempo sui social media è circolata la notizia che il gruppo emiliano sarebbe di proprietà americana. Un vero e proprio attacco all’identità del marchio. La notizia è stata subito smentita dall’azienda che ha messo in evidenza, attraverso i canali web, le righe che seguono: «Barilla è italiana, con quartier generale a Parma, dove è nata nel 1877. La storia dell’azienda è la storia della famiglia Barilla, alla guida del gruppo da quattro generazioni, oggi con i fratelli Guido, Luca e Paolo. Nel 1971 i fratelli Pietro e Gianni Barilla, per ragioni familiari e legate al periodo storico-sociale, decisero di vendere l’azienda alla multinazionale americana Wr Grace. Barilla rimase sotto la gestione della Grace fino al 1979. Dal momento della vendita e per tutti gli otto anni successivi, il pensiero fisso di Pietro Barilla era come riprendersi l’azienda. Nel 1979, firmando una case history speciale nel mondo del business, Pietro Barilla riesce a riacquisire l’azienda, che da allora è sempre rimasta nelle mani italiane, della famiglia». 19
  • 20. FAKE NEWS – Esempi La Soresina contro il movimento “no milk” Per rispondere al movimento «no milk» che, attraverso blog specializzati e post sui social network, contesta il consumo di latte ritenendolo dannoso per la salute, Latteria Soresina ha avviato una campagna di comunicazione sui canali web e Tv. Valore dell’investimento: 2,5 milioni. Kamut è un marchio registrato Per lungo tempo è circolata la fake news secondo cui il kamut sarebbe una antica varietà di cereali. In realtà il Kamut non è una varietà di cereali, ma un marchio di proprietà dell'azienda americana Kamut International Ltd registrato nel 1990 tramite l’Ufficio Marchi e Brevetti Statunitense, con cui viene venduto il grano della varietà Khorasan (Triticum turgidum turanicum). La varietà Khorasan è coltivata anche in Italia, ma il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato solo negli Stati Uniti ed in Canada. 20
  • 21. BRAND REPUTATION - Definizione Definizione – Una vita per creare una reputazione, un istante per distruggerla Con l’espressione “Brand Reputation” si intende la reputazione del marchio di un’azienda ed il suo relativo apprezzamento da parte dei consumatori. Se in passato le aziende modellavano la propria reputazione facilmente attraverso la pubblicità e le attività di pubbliche relazioni, oggi è molto più difficile proteggere il proprio brand. Con i social media, infatti, bastano pochi secondi per danneggiare l’immagine di un’azienda. 21
  • 22. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Uso parodistico di un marchio altrui Un esempio di attacco alla reputazione di un’azienda, è costituito dell’uso di marchi altrui in chiave critica o parodistica. Tale fenomeno ha vissuto negli ultimi anni un notevole sviluppo. Online si possono rinvenire numerosi esempi di raffigurazioni in chiave parodistica di noti marchi, volte ad enfatizzare nell’immagine la reputazione che tali marchi simboleggiano. 22
  • 23. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Coca-Cola Apple BP FIFA Mc Donald’s 23
  • 24. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Dumb Starbucks Nel 2014 ha aperto a Los Angeles una caffetteria recante l’insegna Dumb Starbucks (cioè “Stupido Starbucks”). Ci si è quindi chiesti se si trattasse di uno Starbucks vero, di una presa in giro, di una caffetteria che violasse il marchio noto. In realtà si trattava di una parodia ideata per uno show televisivo. 24
  • 25. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Je boycotte Danone Quando la Danone annunciò l’intenzione di attuare un massiccio piano di licenziamenti, il giornalista Olivier Malnuit registrò il nome di dominio “jeboycottedanone.com” e aprì un sito dedicato al tema “GLI ESSERI UMANI NON SONO DEGLI YOGURT, NON HANNO DATA DI SCADENZA”. Il sito invitava il pubblico ad impegnarsi a boicottare una lunga lista di prodotti Danone. Per contraddistinguere le pagine, il sito aveva utilizzato il logo della Danone, inserendo al posto del rosso, una striscia di colore nero: La Danone aveva quindi citato in giudizio per contraffazione del marchio il giornalista. Il Tribunale di primo grado di Parigi aveva stabilito il divieto di utilizzare il suddetto marchio contraffatto. La Corte d’Appello di Parigi, ha invece respinto tutte le istanze della Danone, ritenendo preminente il valore costituzionale della liberta d’espressione 25
  • 26. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Greenpeace v. Esso Nell’ambito di una campagna di denuncia nei confronti della multinazionale del petrolio, Greenpeace aveva utilizzato il logo della ESSO opportunamente modificato: La Corte di Cassazione francese non ha ritenuto illecito l’utilizzo sopra raffigurato del logo ESSO, in quanto tale utilizzo è privo di finalità economiche (Esso v Greenpeace France, Court de Cassation, 8 aprile 2008). 26
  • 27. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio Greenpeace v. Enel Campagna ambientalista di Greenpeace ai danni di Enel, consistente nella distribuzione di false bollette Enel riportanti dati sui danni ambientali, sanitari ed economici causati da Enel nella produzione di energia fossile, nonché nella distribuzione di false copie del quotidiano Metro contenenti una finta pubblicità in cui il logo Enel veniva storpiato (un albero con una foglia caduta a terra) e accompagnato dalla dicitura “Enel, l’energia che ti sporca”. Il Tribunale di Milano in prima istanza ha rigettato le richieste di Enel stabilendo che tutte le onlus e le associazioni impegnate in campagne di sensibilizzazione non possono essere “silenziate” con il presupposto dell’uso improprio di un marchio commerciale, soprattutto se hanno ad oggetto interessi collettivi “di rango costituzionale”, come la salute pubblica (Tribunale di Milano, 6 maggio 2013, ordinanza). Tale decisione è stata però ribaltata in sede di reclamo: il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’uso non autorizzato del marchio Enel fosse avvenuto all’interno di un’attività economica. In particolare, i giudici hanno sottolineato che Greenpeace è strutturata come un’azienda. Di qui il convincimento per cui l’utilizzo del marchio Enel va letto come forma di sfruttamento della sua notorietà finalizzata a favorire la raccolta di fondi da parte di Greenpeace. Gli stessi giudici hanno poi sottolineato che l’uso del marchio Enel da parte di Greenpeace è altamente denigratorio, in particolare perché la produzione di energia fossile non è di appannaggio esclusivo di Enel. Greenpeace, tuttavia, ha rivolto la campagna unicamente nei confronti di tale operatore, utilizzando il suo marchio per simboleggiare l’intera categoria dei produttori di energia fossile. Su questi presupposti il Tribunale di Milano ha ritenuto prevalente in sede di reclamo la natura commerciale ed il carattere denigratorio della campagna di Greenpeace rispetto alla sua finalità di critica e ne ha conseguentemente inibito la prosecuzione, disponendo il sequestro del materiale pubblicitario (Tribunale di Milano, 8 luglio 2013, ordinanza). 27
  • 28. BRAND REPUTATION – Uso parodistico del marchio In linea generale, quindi, i titolari dei marchi hanno avuto la meglio quando è stato riconosciuto il carattere principalmente commerciale dell’uso parodistico e/o critico compiuto da terzi. Quando invece tale uso è stato ritenuto finalizzato ad una giusta e proporzionata critica o ad una (riuscita) parodia, anche se latamente commerciale, hanno vinto i c.d. free riders. 28
  • 29. BRAND REPUTATION – Sanzioni e rimedi Sanzioni e rimedi L’azienda che vede attaccata la propria reputazione, anche attraverso un uso parodistico del proprio marchio, può subire non sono dei danni economici ma anche dei danni di immagine. L'azienda lesa potrà quindi rivolgersi al giudice civile per chiedere  la cessazione della condotta illecita, ed  il risarcimento dei danni subiti, da valutarsi secondo i generali criteri civilistici (danno emergente e lucro cessante). 29
  • 30. BRAND REPUTATION – Global RepTrak 100 Global RepTrak 100 Studio annuale sulla reputazione aziendale condotto dal Reputation Institute basandosi su 7 diversi parametri:  prodotti e servizi  innovazione  ambiente di lavoro  governance  responsabilità sociale e ambientale  leadership  performance. 30
  • 31. BRAND REPUTATION – Global RepTrak 100 Top 10 del Global RepTrak 100 del 2018: Nella Reptrak 2018 troviamo cinque aziende italiane tra le prime cinquanta, tre delle quali sono in ambito food: Ferrero al 18°posto, Barilla al 36° e Lavazza al 49°. 31
  • 33. IP SKILL 33 IP SKILL Avv. Federico Zanardi Landi f.zanardilandi@ip-skill.it Via Magenta 25, Torino