Messaggio della Consigliera per le Missioni_14 agosto 2021 por
L'Osservatore Romano_2014-188_2108
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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Anno CLIV n. 188 (46.730) Città del Vaticano giovedì 21 agosto 2014
.
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Ai fedeli riuniti nell’aula Paolo VI per l’udienza generale Papa Francesco parla del significato del viaggio in Corea
Tra memoria e speranza
Una Chiesa fondata sulla testimonianza dei martiri e animata da spirito missionario
In Corea il Papa ha «potuto visitare
una Chiesa giovane e dinamica, fon-
data sulla testimonianza dei martiri e
animata da spirito missionario». E
ha toccato con mano la realtà di «un
Paese dove si incontrano antiche cul-
ture asiatiche e la perenne novità del
Vangelo». È stato lo stesso Pontefice
Migliaia di palestinesi in fuga dai quartieri a est di Gaza
Tregua sfumata
tra Israele e Hamas
TEL AVIV, 20. È di nuovo guerra
nella Striscia di Gaza. Le sirene a
Gerusalemme e a Tel Aviv sono
tornate a suonare. La tregua, dun-
que, non ha retto: ieri sera, dopo il
lancio di tre ordigni contro il
Neghev, il premier israeliano,
Benjamin Netanyahu, ha accusato
apertamente Hamas di alimentare
le violenze e ha richiamato la dele-
gazione dai negoziati del Cairo.
Allo stesso tempo Netanyahu ha
dato ordine all’esercito di «attacca-
re bersagli terroristici» nella
Striscia.
Nella notte i raid aerei israeliani
sono andati avanti per ore, colpen-
do — stando a fonti militari — dieci
obiettivi. Dai quartieri a est di Ga-
za migliaia di palestinesi si sono
nuovamente dati alla fuga per
sfuggire ai bombardamenti. Testi-
moni hanno riferito che centinaia
di famiglie, portando sacchi e ma-
terassi, hanno abbandonato preci-
pitosamente la zona di Shajaiya
per andare a cercare riparo nelle
scuole delle Nazioni Unite riadat-
tate a rifugi.
Hamas ha rivendicato il lancio
di razzi, anche verso l’aeroporto in-
ternazionale Ben Gurion di Tel
Aviv. «Ancora una volta Israele ci
ha imposto la guerra» ha dichiara-
to oggi uno dei vertici del movi-
mento palestinese.
I combattimenti proseguono an-
che questa mattina: la moglie e la
figlia di un leader militare di
Hamas sono rimaste uccise in un
raid a Gaza. La morte dei familiari
di un capo delle Brigate Al
Qassam — l’ala militare del movi-
mento islamista — è stata confer-
mata da un deputato di Hamas in
esilio: si tratta della moglie e della
figlia del comandante Mohammed
Deif. E sempre in queste ore, in un
altro raid israeliano a Deir El Ba-
lah, nella parte meridionale della
Striscia, sono rimasti uccisi tre
bambini, una donna incinta e due
uomini, tutti membri della stessa
famiglia. La donna era al nono me-
se ma i medici non sono riusciti a
salvare il bambino.
Le Brigate Al Qassam hanno ri-
vendicato in un comunicato il lan-
cio di 34 razzi, anche contro Tel
Aviv e contro la città meridionale
israeliana di Beersheva. Secondo
l’esercito israeliano, invece, i razzi
lanciati dalla Striscia sono stati
«circa cinquanta» e nessuno avreb-
be causato feriti.
Sul piano politico e diplomatico,
gli Stati Uniti hanno chiesto l’im-
mediata sospensione del lancio di
razzi da Gaza verso il territorio
israeliano e hanno invitato entram-
be le parti a riprendere i colloqui
in vista di un cessate il fuoco dura-
turo. «Siamo molto preoccupati
per gli sviluppi di oggi, condannia-
mo il rinnovato lancio di razzi e,
come abbiamo detto, Israele ha il
diritto di difendersi contro tali at-
tacchi» ha spiegato la portavoce
del dipartimento di Stato america-
no, Marie Harf. Gli Stati Uniti au-
spicano comunque che «le parti
possano raggiungere un accordo su
un cessate il fuoco sostenibile».
Anche Il Cairo è tornato a fare
pressione per una nuova sessione
di negoziati indiretti.
Il simbolo di Londra si rifà il look
Il tempo passa
anche per il Big Ben
Tecnici al lavoro sul Big Ben (Reuters)
NOSTRE
INFORMAZIONI
I miliziani decapitano un reporter statunitense per vendetta contro i raid aerei decisi da Obama
Piano dell’Unhcr per gli sfollati nel nord dell’Iraq
Soldati israeliani al confine con la Striscia di Gaza (Afp)
a descrivere così l’esperienza vissuta
dal 13 al 18 agosto durante il suo
viaggio in terra coreana. Ripercor-
rendone i momenti più importanti
con i fedeli riuniti nell’aula Paolo VI
per l’udienza generale di mercoledì
20, Francesco ha voluto sintetizzare
il significato della sua visita in tre
parole chiave: «memoria, speranza,
testimonianza».
«La Chiesa — ha spiegato — è cu-
stode della memoria e della speran-
za: è una famiglia spirituale in cui
gli adulti trasmettono ai giovani la
fiaccola della fede ricevuta dagli an-
ziani; la memoria dei testimoni del
passato diventa nuova testimonianza
nel presente e speranza di futuro».
Proprio in questa prospettiva vanno
letti i due principali avvenimenti del
viaggio papale: la beatificazione di
124 martiri e l’incontro con i giovani
in occasione della sesta giornata
asiatica della gioventù.
Nel richiamare le origini della co-
munità cristiana in Corea, «fondata
sulla fede, sull’impegno missionario
e sul martirio dei fedeli laici», il Pa-
pa ha ricordato in particolare che
«Cristo non annulla le culture, non
sopprime il cammino dei popoli che
attraverso i secoli e i millenni cerca-
no la verità e praticano l’amore per
Dio e il prossimo. Cristo non aboli-
sce ciò che è buono, ma lo porta
avanti, lo porta a compimento». Ciò
che invece «Cristo combatte — ha
aggiunto — è il maligno, che semina
zizzania tra uomo e uomo, tra popo-
lo e popolo; che genera esclusione a
causa dell’idolatria del denaro; che
semina il veleno del nulla nei cuori
dei giovani».
Durante l’udienza Francesco ha
voluto anche ringraziare i fedeli per
la partecipazione al dolore «per
quello che è accaduto nella mia fa-
miglia». Parlando dei suoi cinque
fratelli e dei sedici nipoti, Francesco
ha ricordato il nipote rimasto grave-
mente ferito in un incidente nel qua-
le hanno perso la vita la moglie e i
due piccoli figli.
PAGINA 8
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Arcidiocesi di Osaka
(Giappone), presentata da Sua
Eccellenza Reverendissima
Monsignor Leo Jun Ikenaga,
S.I., in conformità al canone 401
§ 1 del Codice di Diritto Cano-
nico.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo di Osaka (Giappo-
ne) Sua Eccellenza Reverendis-
sima Monsignor Thomas Aqui-
no Manyo Maeda, finora Ve-
scovo di Hiroshima.
BAGHDAD, 20. In risposta alla dram-
matica situazione nel nord dell’Iraq,
l’Alto commissario delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha
lanciato oggi un vasto programma di
aiuti umanitari con l’obiettivo di da-
re concreta assistenza a circa mezzo
milione di persone costrette ad ab-
bandonare le proprie abitazioni a
causa delle violenze scatenate nelle
ultime settimane dai miliziani dello
Stato islamico.
In un comunicato l’Unhcr infor-
ma che su strada e via mare viene
avviato oggi un ponte aereo di quat-
tro giorni utilizzando un Boeing 747
che volerà da Aqaba, in Giordania, a
Erbil, capitale del Kurdistan irache-
no. Nei prossimi dieci giorni l’opera-
zione verrà seguita da convogli stra-
dali provenienti dalla Turchia e dalla
Giordania, come pure da spedizioni
marittime terrestri che da Dubai pas-
seranno attraverso l’Iran. L’obiettivo
principale, affermano nel comunica-
to i responsabili dell’Unhcr, è quello
di migliorare le condizioni di vita
degli sfollati nella regione, in parti-
colare delle persone senza alloggio.
Infatti le condizioni, si evidenzia
nella nota, rimangono «disperate»
per chi non ha accesso a una siste-
mazione adeguata, per chi fatica a
trovare cibo e acqua per sfamare la
propria famiglia e per chi non può
ricevere le cure mediche di base.
«Fornire un supporto di emergenza
rappresenta una necessità urgente a
cui stiamo cercando di dare rispo-
sta» si dichiara nel comunicato.
Sul piano militare, intanto, si se-
gnala che per il momento è fallito il
tentativo delle forze irachene di ri-
prendere il controllo di Tikrit, cadu-
ta nei giorni scorsi nelle mani dei
miliziani, i quali ieri sono riusciti a
respingere l’attacco sferrato dall’eser-
cito di Baghdad contro la città nata-
le di Saddam Hussein. Nel frattem-
po l’azione destabilizzante dei jiha-
disti si è macchiata di un nuovo or-
rore: è stato decapitato il reporter
statunitense James Foley, quarant’an-
ni, sequestrato il 22 novembre di
due anni fa in Siria. Questa nuova,
efferata violenza è stata ripresa da
una videocamera e poi postata su
YouTube. I miliziani hanno detto
che quanto è stato perpetrato rap-
presenta la vendetta contro i raid ae-
rei statunitensi decisi da Barack
Obama e, nello stesso tempo, hanno
minacciato altri gesti sanguinari.
Non si è fatta attendere la reazione
di Washington. «Siamo inorriditi
dall’uccisione brutale di un giornali-
sta americano innocente» ha detto la
portavoce del Consiglio per la Sicu-
rezza nazionale americana, Caitlin
Hayden.
È giunto oggi in Iraq, per una
breve visita, il presidente del Consi-
glio dei ministri italiano, Matteo
Renzi. È previsto l’incontro, a Ba-
ghdad, con il presidente Fuad Ma-
sum, con il premier uscente, Nouri
Al Maliki, e con quello incaricato,
Haider Al Abadi. Il presidente del
Consiglio dei ministri italiano si tra-
sferirà poi a Erbil, dove incontrerà il
presidente del Kurdistan iracheno,
Masud Barzani.
Fonti di stampa hanno intanto in-
dicato che il ministero dell’Interno
del Kuwait avrebbe mobilitato le
forze di sicurezza per arginare possi-
bili infiltrazioni terroristiche prove-
nienti dall’Iraq. Le autorità kuwaitia-
ne avrebbero richiesto un rafforza-
mento delle misure di sicurezza al
confine con l’Iraq e previsto una se-
rie di blocchi stradali.
Sempre più apprezzata
la regolamentazione naturale
della fertilità
I meriti della Chiesa
(con un demerito)
PAGINA 5Profughi iracheni in un campo a Feeshkhabour (La Presse/Ap)
LONDRA, 20. Con secchi e spugne
alla mano, un gruppo di tecnici è
al lavoro da ieri per pulire il Big
Ben. Sospesi a circa cento metri di
altezza, quattro specialisti lavore-
ranno per cinque giorni alla ma-
nutenzione del simbolo di Londra.
«Il processo è complesso ma ab-
biamo un team di esperti che assi-
curerà che questa parte del nostro
patrimonio nazionale sia salva-
guardata per le future generazio-
ni» ha dichiarato Steve Jaggs, uno
dei responsabili della manutenzio-
ne. Durante l’operazione il mecca-
nismo interno continuerà a funzio-
nare, anche se le lancette rimarran-
no ferme alle 12.
La famiglia Blaise arrivata a piedi dalla Francia
2. L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 21 agosto 2014
L’OSSERVATORE ROMANO
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Combattimenti senza tregua in Ucraina
Lugansk
ultima frontiera
Cresce la tensione dopo l’uccisione di un altro ragazzo nero in un sobborgo della città nel Missouri
Ferguson infuocata
Il procuratore generale Holder inviato per riportare la calma e fare luce sui fatti di sangue
Distrutti cinquecento ettari e inviati tredicimila ordini di evacuazione
Le fiamme devastano
il parco di Yosemite in California
Si accentuano
i contrasti
internazionali
sulle migrazioni
ROMA, 20. Il fenomeno epocale
dei flussi migratori provocati dalla
fame e dalle guerre non trova an-
cora un’efficace e concordata ri-
sposta internazionale e si accen-
tuano, anzi, i contrasti tra i Go-
verni e le istituzioni chiamati a
fronteggiarlo. Se ne sono avute ul-
teriori riprove nelle ultime ore in
zone del mondo agli antipodi. In
Europa si è inasprita la polemica
del Governo di Roma con l’Unio-
ne europea, che ha bloccato il
progetto italiano di integrare
Frontex, l’agenzia europea per il
coordinamento dei controlli delle
frontiere, nell’operazione Mare
nostrum condotta in Mediterraneo
dalle navi italiane.
Nelle stesse ore, dall’altra parte
del mondo sono arrivati segnali di
ammorbidimento delle politiche
di rigido respingimento dei boat-
people decise dal Governo austra-
liano guidato dal conservatore To-
ny Abbott, in carica dallo scorso
settembre. Dopo mesi di dure cri-
tiche da parte di istituzioni inter-
nazionali e organizzazioni umani-
tarie, ora è arrivato un primo se-
gnale in controtendenza: centocin-
quanta minorenni che si trovano
in stato di sostanziale reclusione
nei centri di raccolta degli immi-
grati irregolari avranno un visto
temporaneo in attesa che la loro
posizione sia esaminata.
La presidente Fernández annuncia nuove misure sui bond
Si riapre la partita
del debito argentino
Al via in Brasile
la campagna
elettorale
per la presidenza
BRASILIA, 20. La presidente del
Brasile, Dilma Rousseff, ha
aperto ieri la campagna elettora-
le per le presidenziali del prossi-
mo 5 ottobre, quando solleciterà
dai concittadini un secondo
mandato. Rousseff, subentrata
alla guida del partito dei lavora-
tori al suo predecessore Luiz
Inátio Lula da Silva, ha lanciato
un appello contro quello che ha
definito il pessimismo dell’op-
posizione. «Sono stata scelta —
ha sottolineato — per dare conti-
nuità ai progressi ottenuti nei
Governi di Lula e ora stiamo
preparando il Brasile per un
nuovo ciclo di crescita, creando
le condizioni per un nuovo salto
in avanti».
Diversi osservatori, comun-
que, giudicano da mesi meno
certa una rielezione di Rousseff
che fino alle proteste dello scor-
so anno sembrava scontata.
In particolare, sono in molti a
prevedere un possibile ballottag-
gio con la popolare leader am-
bientalista Marina Silva, diven-
tata protagonista della sfida per
le prossime presidenziali dopo
la morte in un incidente aereo
di Eduardo Campos, il candida-
to del partito socialista (di cen-
tro destra).
Denuncia della Federazione iberoamericana degli ombudsman
Scenari critici nelle carceri dell’America latina
KIEV, 20. Si combatte casa per casa
a Lugansk, una delle due roccaforti
dei ribelli filorussi dove oggi l’eser-
cito ucraino è riuscito a riconqui-
stare un quartiere. L’avanzata mili-
tare avviene sullo sfondo di un cro-
cevia di imminenti incontri politici
che lasciano presagire un intensifi-
carsi degli sforzi diplomatici, a par-
tire dal possibile faccia a faccia tra
il presidente russo e quello ucraino
in programma il 26 a Minsk in un
vertice tra Unione doganale (Rus-
sia-Bielorussia-Kazakhstan), Ue e
Ucraina.
Ma nella guerra nell’est ucraino,
che secondo stime dell’Onu ha già
causato 2.100 vittime e oltre 5.000
feriti, si registra una nuova presun-
ta strage di innocenti: il vicepre-
mier dell’autoproclamata Repubbli-
ca di Donetsk, Andrei Purghin, ha
accusato infatti l’esercito ucraino di
aver bombardato un asilo a
Makievka provocando la morte di
oltre dieci bambini. Non ci sono al
momento conferme indipendenti.
Come del resto non ce ne sono per
le «decine di vittime» nella colon-
na di rifugiati che, secondo Kiev,
sarebbe stata colpita ieri dai ribelli
con colpi di mortaio e lanciamissili
sulla strada Khriaschuvate-Novo-
svitlivka, vicino a Lugansk. Ieri co-
munque il portavoce militare ucrai-
no, Andrei Lisenko, ha riferito del
recupero di quindici cadaveri.
L’Unione europea ha sollecitato
un’inchiesta indipendente.
Le violenze, dunque, non cono-
scono tregua. A Makievka, martel-
lata dall’artiglieria di Kiev, un foto-
grafo della Afp ha visto almeno tre
civili morti. E a Lugansk, dove se-
condo Lisenko sono in corso
«combattimenti di strada», la si-
tuazione è sempre più critica: da 17
giorni la città è senza acqua pota-
bile, energia elettrica, rete telefoni-
ca e approvvigionamenti. E il sin-
daco ha messo in guardia contro la
diffusione di malattie infettive. Il
convoglio di aiuti umanitari inviato
da Mosca resta fermo al confine:
Kiev — questa la giustificazione uf-
ficiale — non garantisce la sicurezza
nel territorio controllato dai mili-
ziani filorussi.
Sul fronte politico da registrare
la visita — annunciata ieri — del
cancelliere tedesco, Angela Merkel,
il prossimo 23 agosto a Kiev, dove
incontrerà il presidente Poroshenko
per la prima volta dall’inizio della
crisi e il premier ucraino Arseni
Iatseniuk: in agenda «l’attuale si-
tuazione ucraina e l’atteggiamento
da tenere nei confronti della Rus-
sia. Inoltre si parlerà delle possibi-
lità concrete di sostenere l’Ucrai-
na» dice una nota. Il 30 agosto
Poroshenko volerà poi a Bruxelles,
su invito del presidente del consi-
glio europeo, Herman Van
Rompuy, e del presidente della
Commissione Ue, José Manuel
Durão Barroso.
Tra le due date, l’evento più at-
teso: il vertice del 26 a Minsk tra i
leader dell’Unione doganale (Pu-
tin, Nazarbaiev, Lukashenko), il
presidente ucraino e tre rappresen-
tanti di Bruxelles (l’Alto rappresen-
tante per la politica estera, Catheri-
ne Ashton, e i commissari all’Ener-
gia e al Commercio). Il summit è
stato organizzato per discutere l’at-
tuazione dell’accordo di associazio-
ne tra Ue e Ucraina, la sicurezza
energetica e la stabilizzazione nella
regione del Donbas, nell’est ucrai-
no. Il Cremlino ha annunciato che
Putin avrà alcuni colloqui bilaterali
ma non ha voluto precisare se ne è
previsto uno con Poroshenko.
BUENOS AIRES, 20. Sembra aprirsi
un nuovo fronte nella vicenda del
debito argentino. La presidente
Cristina Fernández ha annunciato
ieri, in un discorso televisivo, la
presentazione di un disegno di leg-
ge che permetterà ai detentori di
bond argentini che hanno aderito
agli accordi di concambio del 2005
e del 2010 di riportarli sotto la giu-
risdizione di Buenos Aires. In que-
sto modo — spiegano gli esperti —
il Governo Fernández riuscirebbe
ad “aggirare” in un certo senso la
sentenza statunitense che aveva
bloccato il risarcimento dei credito-
ri e aperto nuove trattative con i
fondi speculativi che n0n hanno
accettato il concambio e che Bue-
nos Aires accusa di estorsione.
«Per salvaguardare il pagamento
ai creditori che abbiano aderito alle
ristrutturazioni del debito nel 2005
e nel 2010 una filiale della banca
pubblica Banco Nación è stata de-
signata per sostituire Bank of New
York Mellon come agente fiducia-
rio; senza pregiudicare quello che
decideranno gli obbligazionisti, è
una misura basata sul volontariato»
ha dichiarato Fernández.
In sostanza, ha spiegato Kir-
chner, «se gli obbligazionisti chie-
deranno, individualmente o collet-
tivamente, un cambio di legislazio-
ne e giurisdizione dei loro bond, il
ministro dell’Economia è autorizza-
to ad applicare lo swap per dei
nuovi bond sotto la giurisdizione
locale».
Il Governo Fernández ha più
volte criticato apertamente i fondi
speculativi che non hanno accetta-
to il concambio definendoli «fondi
avvoltoio». Non solo: la Casa Ro-
sada ha attaccato anche l’Ammini-
strazione di Washington, accusan-
dola di gravi ingerenze nei propri
affari interni.
La rabbia di uno dei manifestanti nelle strade di Ferguson (Afp)
La distruzione lasciata dal passaggio delle fiamme a Oakhurst (La Presse/Ap)
BUENOS AIRES, 20. Il sistema peni-
tenziario in diversi Paesi dell’Ameri-
ca latina mostra uno scenario critico,
con un sovraffollamento di detenuti
nelle strutture carcerarie che oscilla
fra il 30 e il 300 per cento, accompa-
gnato da condizioni di vita degra-
danti, per esempio con la saturazio-
ne e la conseguente inefficacia dei
servizi medici. Lo denuncia un rap-
porto della Federazione iberoameri-
cana degli Ombudsman (gli uffici
del difensore civico), speciali procu-
re e commissioni per la tutela dei di-
ritti umani presenti in una ventina di
Paesi della regione. L’eccessivo nu-
mero di persone detenute in esigui
spazi non garantisce l’accesso ai ser-
vizi igienici e all’assistenza sanitaria
«mettendo in grave pericolo la vita
delle persone», denuncia la Federa-
zione. Il rapporto documenta la si-
tuazione in Paesi come la Bolivia,
dove non esiste sufficiente personale
medico, o l’Uruguay, dove non ci
sono infrastrutture adeguate per cu-
rare pazienti cronici. In Colombia,
Nicaragua e Repubblica Dominicana
risulta inadeguata la distribuzione di
alimenti; in Brasile si calcola che il
44 per cento dei detenuti è costretto
a vivere in celle insalubri.
A tutto ciò si aggiungono la man-
canza di coordinamento fra il siste-
ma giudiziario e quello penitenzia-
rio, programmi di riabilitazione in-
sufficienti, i sistemi di custodia ina-
deguati alle necessità.
Preoccupa la Federazione anche il
costante aumento del numero di mi-
norenni, tra i 12 e i 17 anni, detenuti
nelle carceri, dopo condanne princi-
palmente per furto, ma anche per
crimini più gravi, fino alla violenza
sessuale e all’omicidio. I difensori ci-
vici dei Paesi oggetto del rapporto
concordano, in particolare, nel de-
nunciare la coabitazione coatta tra
detenuti minori e adulti che costitui-
sce per i primi una situazione di ri-
schio costante di diventare vittime
dei secondi. Più in generale, manca-
no programmi educativi volti a dare
una possibilità di reinserimento so-
ciale a questi migliaia di ragazzi in
carcere.
WASHINGTON, 20. Si aggrava la situazione al parco
Yosemite, dove l’incendio che ha già distrutto cinque-
cento ettari ha spinto le autorità a inviare 13.000 ordini
di evacuazione. Lo sceriffo della contea di Madera ha
dichiarato nelle ultime ore lo stato d’emergenza. Il par-
co resta aperto — in base a quanto riferiscono fonti del-
la stampa locale — ma la strada che consente l’accesso
al sud è stata chiusa. Al momento circa mille persone
sono state evacuate, mentre altre quattromila hanno ri-
cevuto l’indicazione di tenersi pronte a lasciare le pro-
prie case. Le fiamme si estendono per 1.200 acri e han-
no già distrutto due strutture del parco. Yosemite, una
delle mete turistiche preferite, è già stato teatro di un
violento incendio nel luglio scorso; le fiamme avevano
minacciato aree in cui si trovano sequoie giganti. Si
tratta comunque di uno dei parchi più frequentati degli
Stati Uniti: è visitato ogni anno da oltre 3,5 milioni di
persone provenienti da tutto il mondo.
WASHINGTON, 20. Ancora violenza
nel Missouri. Ieri un altro ragazzo
nero è stato ucciso dalla polizia: un
ventitreenne armato di coltello è sta-
to colpito a morte non lontano da
Ferguson, dove continuano le mani-
festazioni dopo l’uccisione da parte
di un agente del diciottenne afroa-
mericano Michael Brown.
Secondo quanto riferisce la poli-
zia, l’uccisione del ragazzo nero è
avvenuta in una località a circa dieci
chilometri di distanza da Ferguson.
In base alle ricostruzioni della stam-
pa, i poliziotti avrebbero ripetuta-
mente detto al giovane di posare
l’arma, il coltello, ma la vittima agi-
va in maniera «strana» e avrebbe
detto: «Sparatemi, uccidetemi».
Quando il giovane si è trovato a po-
chi metri di distanza dagli agenti,
uno di loro (o due, non è ancora
chiaro) gli ha sparato. Il ragazzo è
morto sul colpo.
Il nuovo fatto di sangue avviene a
dieci giorni dall’uccisione di Michael
Brown, i cui funerali saranno cele-
brati lunedì prossimo, in un momen-
to di alta tensione. Anche ieri, nono-
stante la presenza della Guardia na-
zionale e l’invito del presidente
Barack Obama «a manifestare in
maniera pacifica», il sobborgo di St.
Louis, diventato il simbolo delle ten-
sioni razziali che persistono nella so-
cietà americana, è stato teatro di
nuovi scontri. Sei feriti e 78 arresti è
il bilancio degli incidenti che — ha
detto Ron Johnson, capo della poli-
zia stradale del Missouri — sono sta-
ti provocati «da un piccolo gruppo
di delinquenti che aspettano la sera
per agire». Anche ieri, per ore, la
protesta è stata pacifica, ma la ten-
sione era tangibile con la polizia an-
cora una volta in tenuta antisom-
mossa e la presenza della Guardia
nazionale. La situazione è degenera-
ta quando alcuni manifestanti hanno
lanciato bottiglie, pietre e molotov.
A quel punto gli agenti, supportati
da un elicottero e da mezzi blindati,
hanno ordinato più volte alla folla
di disperdersi, poi è partito il lancio
di lacrimogeni verso i manifestanti.
Una trentina di persone sono state
arrestate, mentre i feriti sono sei,
compresi quattro poliziotti e un fo-
toreporter.
Sabato scorso il governatore del
Missouri, Jay Nixon, aveva dichiara-
to il coprifuoco. L’iniziativa non
aveva tuttavia fermato le manifesta-
zioni. Di conseguenza Nixon aveva
chiesto l’intervento della Guardia
nazionale e dell’Fbi.
Adesso l’obiettivo primario è fare
chiarezza sulla dinamica dei fatti ri-
guardo all’uccisione di Brown. Se-
condo un sondaggio del Pew Center,
l’ottanta per cento degli afroamerica-
ni statunitensi ritiene che la questio-
ne razziale sia centrale nella morte
di Brown, mentre il 47 per cento dei
bianchi interpellati sostiene che i fat-
ti vadano letti in maniera diversa e
che la chiave razziale sia solo una
componente in un mosaico ben più
complesso.
Oggi in città arriva il procuratore
generale Eric Holder. A Ferguson
Holder incontrerà i vertici dell’Fbi
già sul posto per indagare sulla mor-
te di Brown mentre si attendono i ri-
sultati dell’autopsia dei federali.
Holder — dicono fonti di stampa —
è uno specialista di questioni razziali
e gode del pieno sostegno del presi-
dente Obama.
3. L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 21 agosto 2014 pagina 3
Attaccati posti di controllo
Risposta
talebana
all’offensiva
di Kabul
KABUL, 20. Non si fermano le vio-
lenze in Iraq. Ieri un commando
di talebani ha attaccato alcuni po-
sti di controllo presieduti da sol-
dati dell’esercito, nella provincia
di Logar: gli scontri seguiti agli
assalti hanno provocato ventuno
morti. I combattimenti sono stati
particolarmente intensi nel distret-
to di Charkh, dove, riferiscono
fonti locali, si è sparato per più di
tre ore. Le stesse fonti hanno evi-
denziato il fatto che agli assalti
hanno partecipato più di seicento
talebani: una risposta significativa
all’offensiva lanciata in queste ul-
time settimane dalle forze regolari
con il dichiarato obiettivo di libe-
rare vaste zone del territorio dalla
presenza dei miliziani.
E se le violenze non lasciano
l’Iraq, l’incertezza non lascia la
scena politica afghana, e ciò a de-
trimento anche dell’impegno mili-
tare diretto proprio a contenere
l’azione destabilizzante dei taleba-
ni. Di questa realtà ne è ben con-
sapevole il presidente uscente,
Hamid Karzai, il quale ieri ha lan-
ciato un appello ai due candidati
a succedergli affinché diano prova
di unità, mettendo fine, per il be-
ne del Paese, alle loro divergenze
sul processo elettorale che porterà
alla nomina del nuovo capo dello
Stato.
Nei prossimi giorni, stando al
calendario indicato dalla commis-
sione elettorale indipendente, sarà
comunicato il nome del presiden-
te: o l’ex ministro delle Finanze,
Ashraf Ghani, o l’ex ministro de-
gli Esteri, Abdullah Abdullah. Si
teme, rilevano gli osservatori, che
i due candidati possano contestare
il verdetto della commissione che
in questi giorni sta procedendo
con il riconteggio totale dei voti,
più di otto milioni, espressi nel
ballottaggio svoltosi lo scorso 14
giugno. Del resto il riconteggio si
è reso necessario dopo le accuse
di brogli formulate da Abdullah:
da allora il clima si è fatto sempre
più astioso, tanto da far temere
una vera e propria crisi istituzio-
nale, con l’ex ministro degli Esteri
che ha anche minacciato di non
riconoscere il verdetto che sarebbe
stato espresso dalla commissione
elettorale.
Per rimettere in moto il proces-
so dell’elezione presidenziale è
sceso allora in campo il segretario
di Stato americano, John Kerry,
che nell’arco di appena dodici
giorni si è recato due volte a Ka-
bul per tessere una paziente opera
di mediazione. Il capo della di-
plomazia statunitense è riuscito a
far addivenire i due candidati a
più miti consigli: hanno infatti ac-
cettato il riconteggio totale dei vo-
ti e si sono impegnati a riconosce-
re, senza ulteriori contestazioni, il
verdetto finale della commissione
elettorale, atteso per la fine del
mese. Ma alla luce del tortuoso
andirivieni del processo elettorale
(da principio il nuovo capo dello
Stato si sarebbe dovuto nominare
il 22 luglio), non sono infondati i
timori riguardo a nuovi, eventuali
ritardi.
La folla dei manifestanti di fronte al Parlamento pakistano (Afp)
I manifestanti dell’opposizione entrano nella «zona rossa» della capitale pakistana e s’insediano davanti al Parlamento
Sfida al premier Sharif
L’India accusa
il Pakistan
di dare protezione
ai terroristi
NEW DELHI, 20. Non accenna a
diminuire la tensione tra India e
Pakistan. Come riferisce «The In-
dia Times», a rilanciare le accuse
a Islamabad di «offrire rifugio» ai
terroristi all’interno del proprio
territorio è stato l’ambasciatore in-
diano in Afghanistan, Amar Si-
nha. In un’intervista ad Afghan
Tv Channel, il diplomatico, riferi-
sce «The India Times», ha detto
che i terroristi che s’infiltrano in
Afghanistan e in altre zone strate-
giche della regione «non vengono
da Paesi africani, come il Mali o
la Nigeria», ma dal Pakistan, dove
vi sono «campi di addestramen-
to». E tutto ciò, ha detto il diplo-
matico sempre citato dal quotidia-
no, «non è un segreto». Non si è
fatta attendere la reazione di Isla-
mabad che, come riferiscono le
agenzie di stampa internazionali,
ha rispedito al mittente le accuse,
respingendo ogni addebito.
La tensione fra i due Paesi, i cui
rapporti hanno sempre conosciuto
alti e bassi, è tornata a manifestar-
si con una certa evidenza dopo
che le autorità di New Delhi han-
no annunciato la cancellazione di
un previsto incontro, il 25 agosto,
fra i viceministri degli Esteri in-
diano e pakistano. Questa decisio-
ne è stata presa, hanno dichiarato
le autorità di New Delhi in un co-
municato, «a causa della palese
ingerenza pakistana negli affari in-
terni indiani».
Lo Sri Lanka
nega i visti
d’ingresso
agli ispettori Onu
COLOMBO, 20. Lo Sri Lanka non
concederà i visti di ingresso agli
ispettori dell’Onu incaricati di in-
vestigare sui crimini commessi
dall’esercito cingalese e dai guerri-
glieri tamil tra il 2002 e il 2009: lo
ha annunciato, ieri, il presidente
dello Sri Lanka, Mahinda Rajapa-
kse. Nel marzo scorso, ricorda
l’agenzia Ansa, il Consiglio dei
Diritti umani delle Nazioni Unite
ha adottato una risoluzione, soste-
nuta dagli Stati Uniti e dall’Unio-
ne europea, per «intraprendere
un’indagine complessa sulle accu-
se di abusi e violazioni di diritti
umani commessi da entrambe le
parti nello Sri Lanka tra il 2002 e
il 2009». L’Alto commissario delle
Nazioni unite per i Diritti umani,
Navi Pillay, ha nominato l’ex pre-
sidente finlandese e premio Nobel
per la pace, Martti Ahtisaari, a ca-
po dell’inchiesta. Ricorda sempre
l’agenzia Ansa che il conflitto tra i
ribelli tamil e l’esercito è durato
per quasi quarant’anni (dal 1972 al
2009) provocando, secondo le sti-
me elaborate dalle Nazioni Unite,
la morte di più di centomila per-
sone. Nel 2011 l’Onu accusò Co-
lombo di aver causato «decine di
migliaia di morti» nell’offensiva
militare finale contro le Tigri di
Liberazione del Tamil Eelam e di
aver «violato» i diritti umani.
Il conflitto in Sud Sudan ha portato il numero totale dei profughi a oltre seicentomila
Etiopia terra di rifugiati
Un accampamento di rifugiati (Epa)
Rimpatriano
da Kinshasa
i profughi angolani
KINSHASA, 20. È incominciata ieri
l’ultima operazione di rimpatrio
volontario dei rifugiati angolani
riparati nella Repubblica Demo-
cratica del Congo, alcuni già nel
1962, all’inizio della lunga guerra
d’indipendenza contro il Portogal-
lo. Il primo gruppo, composto da
cinquecento persone, è partito
dalla stazione ferroviaria della ca-
pitale congolese Kinshasa. In tut-
to saranno rimpatriati 29.000 an-
golani che si aggiungeranno ai
76.000 già rientrati nel Paese
d’origine in due precedenti opera-
zioni, tra il 2003 e il 2007 e nel
biennio 2011-2012, organizzate dai
due Governi di concerto con l’Al-
to commissariato dell’Onu per i
rifugiati (Unhcr). Questa terza e
conclusiva fase, secondo l’Unhcr,
potrebbe protrarsi fino al 2016.
Nuovi passi distensivi
in Mozambico
Decine di morti per le piogge torrenziali nell’ovest del Giappone
Tragiche frane a Hiroshima
ISLAMABAD, 20. Sta guadagnando
sempre più terreno l’opposizione in
Pakistan, che da giorni chiede le di-
missioni del primo ministro, Nawaz
Sharif. Nella notte migliaia di mani-
festanti sono riusciti a entrare nella
cosiddetta «zona rossa» di Islama-
bad e hanno raggiunto il Parlamen-
to, davanti al quale si sono insediati.
Intanto il leader di uno dei due
principali partiti dell’opposizione,
Pakistan Tehreek-e-Insaf, Imran
Khan, ha formulato un nuovo ulti-
matum invitando il premier a dare
le dimissioni il prima possibile. Al
primo ministro l’opposizione conte-
sta di aver compiuto irregolarità «su
vasta scala» in occasione delle ele-
zioni legislative svoltesi nel maggio
dello scorso anno, che hanno porta-
to all’elezione di Sharif. Questi, dal
canto suo, sta cercando di aprire un
dialogo con l’opposizione e, negan-
do ogni addebito, si è detto pronto,
insieme al suo Governo, ad aprire
un’inchiesta che faccia luce sull’inte-
ra vicenda e che sgomberi il campo
da ogni dubbio.
In questi ultimi giorni Khan ha
più volte lanciato ultimatum al pri-
mo ministro invitandolo a dimetter-
si, ma quello formulato questa notte
è stato il più energico, visto che ha
minacciato di «entrare con la forza»
negli uffici del premier se non do-
vesse accogliere le richieste dell’op-
posizione. Nella «zona rossa» della
capitale si trovano i principali edifici
pubblici pakistani e le principali am-
basciate straniere. Le sedi governati-
ve sono sotto la diretta protezione
dell’esercito il quale, dal canto suo,
ha invitato le parti a negoziare e a
raggiungere un compromesso.
Al momento, come rilevano gli
osservatori, il rischio è duplice. Da
un punto di vista politico, è concre-
to il rischio di una crisi istituzionale,
con una compagine governativa che
potrebbe presto sfaldarsi mentre già
da lunedì parte dell’opposizione ha
annunciato l’intenzione di abbando-
nare il Parlamento. Da un punto di
vista della sicurezza, cresce il timore
che le manifestazioni dell’opposizio-
ne, per ora pacifiche e senza inci-
denti di rilievo, possano a lungo an-
dare determinare situazioni critiche,
degenerando in scontri: il fatto che i
dimostranti, in massa, siano riusciti
a raggiungere l’area superprotetta di
Islamabad per chiedere le dimissioni
del premier, sottolineano gli analisti,
non può che essere letto come un
dato poco confortante sul piano del-
la sicurezza.
E questo scenario si sta svilup-
pando proprio quando l’esercito pa-
kistano sta compiendo significativi
progressi nella lunga lotta contro i
miliziani: progressi registrati in par-
ticolare nel Nord Waziristan dove,
dalla metà del giugno scorso, è scat-
tata un’operazione su vasta scala
con il dichiarato obiettivo di elimi-
nare dalle zone tribali la presenza
talebana.
È proprio in queste zone, infatti,
che i miliziani possono contare su
postazioni dalle quali sono soliti
lanciare attacchi contro obiettivi sia
militari sia civili. Finora l’offensiva
dell’esercito di Islamabad, che si è
avvalso anche del contributo
dell’aviazione, ha permesso di elimi-
nare più di seicento talebani e di di-
struggere numerose loro postazioni.
Ma le autorità militari pakistane,
anche alla luce dei risultati conse-
guiti, tengono a sottolineare l’impor-
tanza di non abbassare la guardia,
nella consapevolezza che sono anco-
ra tante le sacche di resistenza dei
talebani in varie parti del territorio e
che quindi c’è ancora molta strada
da percorrere prima di poter dire di
aver sconfitto definitivamente i mili-
ziani.
TOKYO, 20. Sono 27 i morti finora accer-
tati a Hiroshima, colpita questa notte da
una serie di smottamenti seguiti alle
piogge torrenziali che in questi giorni
stanno flagellando l’ovest del Giappone
e che il primo ministro, Shinzo Abe, ha
definito senza precedenti. Le frane han-
no sorpreso gli abitanti della città, dove
diverse abitazioni sono state letteralmen-
te inghiottite dal terreno. Fra i morti fi-
gurano due fratellini di 11 e due anni, ol-
tre a numerose persone anziane che non
sono riuscite a mettersi in salvo. Le au-
torità locali hanno disposto lo sgombero
di circa 65.000 persone da 26.000 case.
Le conseguenze della sciagura potreb-
bero purtroppo rivelarsi ancora più gra-
vi, dato che i soccorritori stanno cercan-
do almeno una decina di persone che ri-
sultano disperse. Nella zona sono stati
dispiegati seicento soldati in appoggio
agli uomini della protezione civile, ma le
operazioni di soccorso sono ostacolate
dal fatto che il terreno resta in gran par-
te impraticabile. Le immagini riprese da-
gli elicotteri mostrano un panorama di
devastazione totale. Soccorritori all’opera a Hiroshima (Afp)
ADDIS ABEBA, 20. L’Etiopia è diventato il Paese
africano con il maggior numero di rifugiati, supe-
rando sotto questo aspetto il Kenya, dove si trova-
no da decenni oltre mezzo milione di somali. Lo
ha annunciato l’alto commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati (Unhcr), specificando che a fi-
ne luglio l’Etiopia ospitava 629.718 profughi, contro
i 575.334 del Kenya.
La ragione principale di questo aumento di pre-
senze di profughi in Etiopia è il conflitto civile
scoppiato a metà dicembre scorso in Sud Sudan
che ha costretto dall’inizio di quest’anno 188.000
persone a varcare il confine, secondo i dati comuni-
cati ieri dall’Unhcr.
Ormai in Etiopia vivono circa 247.000 rifugiati
sudsudanesi, compresi molti presenti da decenni
dopo essere stati costretti a lasciare la patria duran-
te l’ultraventennale conflitto civile sudanese conclu-
so nel 2005 con l’accordo che aprì la strada all’indi-
pendenza sudsudanese proclamata sei anni dopo,
nell’estate del 2011. Le altre comunità nazionali di
rifugiati maggiormente presenti sono i somali, sti-
mati a 245.000, e gli eritrei, quasi centomila.
MAPUTO, 20. Nuovi passi di disten-
sione si registrano tra il Governo di
Maputo, espressione del Fronte di
liberazione del Mozambico (Freli-
mo), il partito al potere nel Paese
fin dalla sua indipendenza dal Por-
togallo, e gli ex ribelli della Resi-
stenza nazionale mozambicana (Re-
namo). Il portavoce di quest’ulti-
ma, Antonio Muchanga, è stato li-
berato dalla prigione di massima si-
curezza, dove era detenuto dal lu-
glio scorso con l’accusa di incita-
mento alla violenza e possesso ille-
gale di armi. La settimana scorsa, il
presidente del Mozambico e leader
del Frelimo, Armando Emilio Gue-
buza, aveva promulgato l’amnistia
per tutti i crimini commessi durante
gli scontri tra l’esercito e gli ex ri-
belli della Renamo riesplosi circa
un anno fa dopo oltre vent’anni di
sostanziale pacificazione. L’amnistia
aveva fatto seguito all’accordo sot-
toscritto da Frelimo e Renamo per
mettere definitivamente termine alle
ostilità. Il Frelimo aveva accolto la
richiesta di inquadrare i guerriglieri
della Renamo nelle forze di sicurez-
za nazionali.
I positivi sviluppi della crisi era-
no apparsi evidenti all’inizio del
mese, quando la Commissione elet-
torale nazionale aveva deciso di
non escludere alcun partito dalle
prossime legislative che si terranno
a ottobre, in concomitanza con le
presidenziali. Già a fine luglio, co-
munque, dopo sessantasei tornate
di colloqui, il Governo di Maputo
e la Renamo avevano annunciato
un accordo per porre fine alle vio-
lenze nelle province centrali di So-
fala, principale roccaforte degli ex
ribelli, Manica, Tete e Zambezia,
dove i combattimenti avevano pro-
vocato decine di morti e la distru-
zione di numerose infrastrutture.
4. L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 21 agosto 2014
In un libro di Brunetto Salvarani
Perché non possiamo
non dirci ecumenici
di CRISTIANA DOBNER
La dedica che Brunetto Salvarani
pone in apertura del suo libro Non
possiamo non dirci ecumenici. Dalla
frattura con Israele al futuro comune
delle Chiese cristiane (San Pietro in
Cariano, Gabrielli editore, 2014, eu-
ro 16) conferisce il “la” a tutto il la-
voro. E anche alla lettura, che do-
vrà essere meditata e riflessa: «Ai
tanti, sorelle e fratelli di diverse
confessioni cristiane, con i quali,
nel corso di molti anni, ho provato
a camminare insieme, trovandovi
gioia, consolazione e speranza».
La prefazione di Enzo Bianchi,
invece, ne suggerisce il taglio:
«Questa introduzione all’ecumeni-
smo di Brunetto Salvarani, che uni-
sce passione e rigore, fornisce gli
strumenti per discernere i tempi del
cammino ecumenico, accompagnan-
do il lettore alla scoperta di un ter-
ritorio apparentemente incognito,
ma che si rivela sempre più familia-
re, perché riposa al cuore delle do-
mande della vita del credente».
La cornice storica dell’ecumeni-
smo attuale, con la vitalità che gli
relazione diretta, personale. Una
sorta di empatia con l’alterità. Si
caratterizza in diversi livelli. Il dia-
logo morale, sorto dalla convivenza
che produce una conoscenza reci-
proca oppure dal collaborare a
qualche obiettivo comune. Il dialo-
go intellettuale favorito dallo studio
e dalla ricerca condotta insieme. Il
dialogo spirituale che si dilata alla
preghiera e alla meditazione comu-
ne.
Il saggio, che si sviluppa in dieci
capitoli, ripercorre tutta la storia
della Chiesa, le vicende dello sci-
sma fra Oriente e Occidente (1054),
la riforma protestante, per giungere
a formulare l’identità del dialogo
ecumenico dopo il Vaticano II, «ini-
zio di un nuovo inizio».
La riflessione si dilata in un cam-
mino aperto a tutti coloro che sa-
pranno riconoscere, rimanendo nel
solco delle parole di Papa France-
sco, «ciò che lo Spirito ha seminato
negli altri come un dono anche per
noi».
L’ultimo capitolo, «Per una costi-
tuente ecumenica», contiene il mes-
saggio per il nostro oggi, ricco di
Mostra alla Pro Civitate Christiana di Assisi
Lo sguardo degli artisti
sul concilio Vaticano II
di ANTONIO PAOLUCCI
«G
entile ci fa
sentire la
carne» scri-
ve Vittorio
Sgarbi nel
catalogo (Firenze, Mandragora,
2014, pagine 312, euro 35) della
mostra «Da Giotto a Gentile.
Pittura e scultura a Fabriano fra
Due e Trecento»; mostra che,
nella Pinacoteca Civica Bruno
Molaioli e in altri luoghi eminen-
ti della città marchigiana, sarà
possibile visitare fino al 30 no-
vembre prossimo.
Sgarbi, curatore con Giampiero
Donnini e Stefano Papetti, si rife-
risce alla tavola raffigurante le
Stigmate di san Francesco della
Fondazione Magnani Rocca, uno
dei gioielli della esposizione in-
sieme alla Crocifissione di Brera,
elemento apicale del Polittico di
Valle Romita e alla Madonna col
Bambino della Galleria Nazionale
di Perugia.
Di fronte a queste opere si ca-
pisce la portata della rivoluzione
di Gentile da Fabriano il quale,
nel primo quarto del XV secolo,
sotto il segno del naturalismo,
della rappresentazione delicata e
affettuosa del vero visibile, è ca-
pace di proporre un altro Rina-
scimento; altro, intendo dire, ri-
spetto a quello razionale e pro-
spettico di Brunelleschi e di Ma-
saccio.
Sono altro Rinascimento, ci-
tando da capolavori celebri di
Gentile da Fabriano, le strisce di
nebbia che si impigliano nei mer-
li di un castello lontano, in una
mattina di inverno gelida e lumi-
nosa (predella della Annunciazione
dei Magi degli Uffizi, 1423), la
tempesta di mare che strappa la
vela dalla nave e increspa la ver-
de superficie dell’acqua (Pinaco-
teca Vaticana).
Sono “altro Rinascimento” gli
interni ombrosi, i fiori descritti
con amorosa sapienza botanica
rampicanti dentro le cornici dei
polittici, lo stolone di un santo
vescovo che, nel comparto del
Polittico Quaratesi degli Uffizi,
piega i suoi cedevoli ricami ad as-
secondare la positura del corpo;
infine, “altro Rinascimento” la
rappresentazione — direbbe Vasa-
ri — delle «attitudini e degli affet-
ti» e cioè la poesia delle emozio-
ni, la calda umanità degli sguar-
di, dei trasalimenti del cuore.
Naturalmente non poteva esse-
re la piccola Fabriano a fare la
fortuna di Gentile. La sua fortu-
na e l’internazionale notorietà
gliela diedero i banchieri e gli oli-
garchi fiorentini come Palla
Strozzi e il Vescovo di Roma do-
ve dipinse, in San Giovanni in
Laterano, celebri e purtroppo
perduti affreschi destinati ad affa-
scinare Rogier van der Weyden e
a stupire Michelangelo.
Sotto il cielo delle Marche
Gentile da Fabriano è il punto di
arrivo di una storia iniziata più di
un secolo prima, già all’inizio del
Trecento, quando Giotto, reduce
da Assisi, lasciò a Rimini opere
capitali. Da lì, lungo la via Fla-
minia, l’arte nuova, interpretata e
rielaborata dai suoi “creati” —
Giuliano, il Maestro dell’Incoro-
nazione di Urbino, Baronzio,
maestri tutti rappresentati in mo-
stra — fecondò il versante adriati-
co d’Italia, fino alla Tolentino di
Pietro da Rimini.
Ma nella mostra di Fabriano
non c’è soltanto il giottismo di
declinazione riminese rappresen-
tato da almeno due capolavori di
Giuliano da Rimini. La croce di-
pinta di Sassoferrato e, ancora di
Giuliano, il polittico dei Musei
Civici di Rimini, acquistato nel
1996 dalla Fondazione bancaria
di quella città. Con ciò realizzan-
do una delle operazioni “patriot-
tiche” più generose e più intelli-
genti compiute in anni recenti da
un istituto di credito italiano.
Molte sono le tendenze, gli in-
flussi, le proposte stilistiche che
trecentesca se, nella Madonna
dell’umiltà di San Severino Mar-
che, datata al 1366 e presente in
mostra, arriva a firmarsi — lui se-
nese di nascita e fiorentino di for-
mazione — Allegrettus de Fabria-
no.
«Il genio degli anonimi»; sotto
questa epigrafe Roberto Longhi
amava collocare quegli artisti che
pur non avendo o non avendo
ancora, una precisa identità ana-
grafica, si impongono tuttavia
per originalità espressiva, per il
dominio di un linguaggio forte-
Forse era romagnolo, forse um-
bro, certo memore dei cicli pitto-
rici di Assisi, sicuramente influen-
zato da Pietro Lorenzetti. Resta
che, di fronte ai pur consunti la-
cunosi affreschi staccati di Urbi-
no o a quelli dell’Oratorio fabria-
nese della Maddalena, cicli en-
trambi presenti in mostra, noi
possiamo dire con Alessandro
Marchi, autore delle schede in ca-
talogo: «Ciò che oggi non vedia-
mo più possiamo intuirlo e, sfor-
zandoci un poco, comprendere
che siamo di fronte a una delle
Come nacque l’altro Rinascimento
Rivoluzione Gentile
mente caratterizzato e ben rico-
noscibile. A questa categoria ap-
partiene il cosiddetto maestro di
Campodonico, la figura più alta
nel panorama artistico fabrianese
a metà del Trecento.
I suoi affreschi, già nella chie-
sa di San Biagio in Caprile nei
pressi di Campodonico, oggi
staccati e custoditi nella Galleria
Nazionale di Urbino, sono l’ope-
più alte pagine che il Trecento
pittorico italiano ha innalzato».
Anche la scultura policroma,
genere artistico di grande diffu-
sione in tutta l’area umbro-mar-
chigiana, popola la mostra di Fa-
briano. Dal grande Christus
triumphans databile alla seconda
metà del XII secolo (Museo Pier-
santi di Matelica) alle opere di
Fra’ Giovanni di Bartolomeo, un
tempo conosciuto come Maestro
dei Magi di Fabriano, dal gruppo
scultoreo custodito in parte nella
Pinacoteca Bruno Molaioli e in
parte nel Museo Nazionale di Pa-
lazzo Venezia a Roma. Siamo di
fronte a un maestro di fine Tre-
cento portatore di una raffinata
cultura, in parte mutuata dai to-
scani Andrea e Nino Pisano, in
parte sensibile alle suggestioni
autoctone di Allegretto Nuzi e
del Maestro di Campodonico, in
parte infine, elaborata nel fervido
cantiere del Duomo di Orvieto.
Si lascia Fabriano riflettendo
sul valore non solo culturale ma
anche “politico” di una mostra
come questo. Una mostra che en-
tra nel vivo tessuto di una piccola
patria italiana, ricomponendone
le desiecta membra e offrendo ai
visitatori la ricostruzione di una
antica storia fatta di dipinti e di
sculture ma anche di uomini e di
donne, di artisti, di committenti,
di comunità civili e religiose; una
storia che chiede soltanto di esse-
re conosciuta, studiata, custodita.
«Cerchiamo di ricordare i cinquant’anni del Vaticano II non con
un semplice “appunto da calendario”, ma evidenziando il vissu-
to del concilio attraverso questo mezzo secolo»: a parlare è lo
storico dell’arte Mariano Apa, curatore della mostra «Il concilio
Vaticano II. Giovanni XXIII. Arte e testimonianza in Assisi» che
inaugura il 20 agosto e sarà aperta fino all’8 novembre ad Assisi
nella Galleria d’arte contemporanea della Pro Civitate Christia-
Manzù, De Felice e Bodini), ma anche — sottolinea ancora il
curatore — «una rilettura in chiave contemporanea con le opere
inedite di artisti che hanno provato a rinnovare l’iconografia di
Giovanni XXIII». Infine, sempre seguendo l’idea di «non voler
museificare documenti e opere», il percorso offre anche attualiz-
zazioni di tematiche spirituali quali la liturgia, la misericordia e
la pace.
na. «Spunto della mostra
— spiega Apa — è il rap-
porto del fondatore della
Pro Civitate Christiana,
don Giovanni Rossi, con
Angelo Roncalli e Gio-
vanni Battista Montini, i
futuri Pontefici del con-
cilio». A partire da que-
sto, la mostra — que-
st’anno incentrata su
Giovanni XXIII, l’anno
prossimo il protagonista
sarà Paolo VI — invita a
un percorso che intreccia
non solo una parte stori-
ca, data dalla documen-
tazione fotografica e
d’archivio (con lettere e
documenti) e dalla docu-
mentazione artistica (con
opere di artisti come
dona lo Spirito Santo, è il pronao
che poi conduce la ricerca al “pro-
toscisma”, la frattura fra ebrei e cri-
stiani. Gli studi teologici infatti
hanno aperto Salvarani dalla sco-
perta dell’ebraismo, quale radice
santa della fede cristiana, a com-
prendere l’altro e insieme a scende-
re in profondità.
L’autore ha vissuto nella sua ado-
lescenza l’evento del Vaticano II e
ha compreso come questo abbia
aperto percorsi inediti, forgiando
nuove parole che suonano quali pa-
role chiave in una Chiesa che si sta
modellando dopo ben quattro seco-
li di distanza dal concilio di Trento.
Seguiamo le singole parole. “Po-
polo di Dio” — l’espressione scelta
dalla Lumen gentium — rimanda a
una concezione di Chiesa intesa
non come gerarchia ma esattamente
come popolo, formato da clero e
laici, ognuno con la propria vicen-
da storica, i propri aneliti e i cari-
smi che il Signore a ciascuno a con-
cesso. Tuttavia, tutti riuniti insieme.
Dobbiamo ai padri conciliari que-
sto sguardo che ci riporta agli Atti
degli apostoli quando i primi cristia-
ni vivevano con un cuor solo e
un’anima sola.
“Parola di Dio” — come afferma
la Dei verbum — fonda la comunità,
il popolo di Dio appunto che si di-
ce cristiano e che la ritiene fonda-
mentale per la sua vita. La “litur-
gia”, con l’Eucaristia, fons et culmen,
così definita dalla Sacrosanctum con-
cilium, proprio perché tutto si di-
parte dalla fonte ma tutto deve
giungere al punto di arrivo.
“Chiesa-mondo”, sulla scorta del-
la Gaudium et spes la Chiesa, so-
prattutto nelle sue Chiese locali,
entra nel cuore della realtà con tut-
ta la problematica che tocca le per-
sone. “Dialogo”, dal 1965 Nostra ae-
tate indica un punto di partenza
per motivare e promuovere l’incon-
tro con le diverse religioni.
Nei rapporti post conciliari con
le diverse religioni non si tratta di
scivolare né nel sincretismo, né nel-
la mescolanza che, in fin dei conti,
non solo non dà risposta all’intelli-
genza ma neppure la dà alla vita.
Per spiegare questa difficoltà Salva-
rani si riferisce al rischio del super-
market religioso, che non conduce
a nulla nella sua eccessiva indiffe-
renziazione.
L’aspetto intellettuale nel dialogo
è necessario ma non può essere uni-
co, perché il dialogo si basa su una
dersi in un ghetto, cercando di ri-
creare l’ideale della cristianità del
passato» e «assimilarsi completa-
mente alla società in cui si vive, fi-
nendo per essere succubi di una
cultura ormai definitivamente seco-
larizzata».
Con una visione evangelica posi-
tiva che sorregga: «Perché quello
che già ci unisce è molto più gran-
de (e importante) di quello che an-
cora ci divide (...) e perché l’ecume-
nismo, in fondo, più che un’esigen-
za dei credenti, è un’esigenza del
vangelo. Sì, allora, non possiamo
non dirci ecumenici!».
L’aspetto intellettuale nel dialogo
è necessario ma non può essere il solo
Perché il dialogo si basa
su una relazione diretta e personale
Una sorta di empatia con l’alterità
una dimensione di sogno
ma anche di concreta pra-
ticità che «senza ripudia-
re l’itinerario fin qui trac-
ciato dal movimento ecu-
menico del ventesimo se-
colo, si mostri in grado di
adottare linguaggi, stili,
percorsi innovativi di
ascolto fraterno».
Fugando due tentazio-
ni emergenti: «rinchiu-
Il naturalismo del maestro di Fabriano
ci permette di vedere le strisce di nebbia
che si impigliano nei merli di un castello lontano
o una tempesta che strappa la vela di una nave
diocesano di Cortona, opera di
Pietro Lorenzetti al 1320 circa. E
c’è, importante e spesso decisivo
anche perché sollecitato e poten-
ziato dagli scambi commerciali e
dalle relazioni politiche, l’influsso
fiorentino. La variante di que-
st’ultimo che piaceva di più in
terra marchigiana era quella che
aveva le sue origini nel prezioso,
policromo, scintillante Bernardo
Daddi e che, al di là dell’Appen-
nino, andò declinandosi nello sti-
le un po’ naïf di Puccio di Simo-
ne, di Allegretto Nuzi, di France-
scuccio Ghissi. Allegretto è un
po’ il genius loci della Fabriano
ra eponima del grande maestro,
opera alla quale andranno ag-
giunti, come propone Giampiero
Donnini in catalogo, gli affreschi
dell’Oratorio di Santa Maria
Maddalena a Fabriano e quelli di
proprietà Serafini già nella Badia
di Santa Maria dell’Appennino.
Chi era, da dove veniva, come e
con chi si era formato il Maestro
di Campodonico, un artista che
sembra avere avuto nei grandi
ordini monastici, benedettini in
primis, i suoi privilegiati commit-
tenti? Sono domande queste che
ancora intrigano gli storici del-
l’arte.
attraversano le
Marche nel corso
del XIV secolo, fra
loro mescolandosi,
ibridandosi e pro-
ducendo fecondi
innesti locali. C’è la
componente senese
rappresentata dal
Cristo in croce su
tavola sagomata e
dipinta dal Museo
Sotto il segno di una rappresentazione
delicata del vero
si incontra un’alternativa alla pittura
razionale e prospettica
di Brunelleschi e Masaccio
Gentile da Fabriano
particolare del «Polittico Quaratesi»
(1425, Firenze, Uffizi)
Gentile da Fabriano, «Stigmate di san Francesco»
(1420, Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca)
Floriano Bodini
«Giovanni XXIII e i cardinali del concilio», (1963)
5. L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 21 agosto 2014 pagina 5
I meriti della Chiesa
(con un demerito)
Sempre più apprezzata la regolamentazione naturale della fertilità
Una riscoperta imprevista
di FRANÇOIS BÉGUIN
e LAETITIA CLAVREUL
I metodi naturali di con-
traccezione si credevano
ormai dimenticati. I fran-
cesi se ne erano allonta-
nati dopo l’arrivo della
pillola a causa della loro
minore efficacia. Oggi,
però, quasi una donna su
dieci opta per le tecniche
di osservazione del ciclo
di ovulazione o per l’in-
terruzione del rapporto
stra capacità di dare la vita», indica
Méthode-naturelles.fr, il cui nome potreb-
be far pensare a un sito ufficiale.
Checché ne dicano gli adepti, esistono
delle differenze di efficacia. Secondo il si-
to Choisirsacontraception.fr delle autorità
sanitarie, la spirale registra il 99,8 per cen-
to di «efficacia pratica», la pillola il 91, il
preservativo l’85, l’interruzione del rappor-
to il 78 e i metodi di astinenza periodica il
75 per cento. Ma il sito include tali meto-
di tra i mezzi di contraccezione. Alcuni
dottori non li prendono in considerazione,
perché non impediscono totalmente le
gravidanze.
«È ben lungi dall’essere di poca impor-
tanza, come metodo contraccettivo, se, in
un sondaggio, lo utilizzano quasi il 15 per
cento delle donne», stima Nathalie Bajos,
direttrice della ricerca all’Inserm, in riferi-
mento ai metodi più sfavoriti. Ai suoi oc-
chi, bisognerebbe forse domandarsi come
sarebbe meglio parlarne. Perché tutti sono
d’accordo nel dire che tali metodi di os-
servazione del corpo sono complessi da
capire e da applicare. Da qui il loro più
elevato tasso di fallimento.
Motivi salutistici ed ecologici
spiegano la riscoperta di questi metodi
In fondo è una specie di riabilitazione
della vituperata enciclica «Humanae vitae»
di ANDREA POSSIERI
Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti muoiono a di-
stanza di quasi dieci anni l’uno dall’altro, in due mo-
menti storici molto differenti e in due luoghi geogra-
ficamente e simbolicamente lontanissimi: lo statista
trentino il 19 agosto 1954, a Sella di Valsugana, in
Trentino; il segretario del Pci il 21 agosto del 1964,
nel campo dei pionieri di Artek, in Crimea. Una vici-
nanza delle date di morte — e quindi di anniversari —
che di per sé non avrebbe alcun rilevante significato
storico-politico, se non fosse per una sorta di destino
cinico e baro, come avrebbe detto Saragat, che negli
ultimi tempi li ha accomunati in una sbrigativa politi-
ca della memoria, legittimata, a sua volta, da una ri-
lettura storica che li ha entrambi ascritti al rango di
“padri della patria”.
Togliatti — la cui origine, secondo Giuseppe Vacca, si
colloca, grossomodo, a metà degli anni Settanta, con
la pubblicazione, nel 1974, del saggio di Pietro Scop-
pola su De Gasperi e la svolta politica del 1947 — si
consolida soprattutto all’indomani del duplice anni-
versario del 1984. In quell’occasione, per l’appunto,
questa narrazione, che dipinge i due leader politici
come i veri «padri dell’Italia moderna», esce dalle
terze pagine dei giornali e approda sul grande scher-
mo, con una trasmissione televisiva, in onda su Rai 1
il 20 agosto, dal titolo De Gasperi e Togliatti, due pro-
tagonisti dell’Italia che rinasce. L’interpretazione di
fondo che scaturisce dalla trasmissione — aperta em-
blematicamente con una fotografia che ritrae i due
leader politici assieme, uno vicino a l’altro, vigilanti
ma sorridenti; poi corredata di immagini, video e di-
scorsi dei due leader politici fino al momento del loro
funerale; e, infine, conclusa con un dibattito, coordi-
nato da Nuccio Fava, al quale presero parte Giovanni
Spadolini, Leopoldo Elia, Pietro Scoppola, Paolo
Spriano, Giuseppe Vacca, Giuseppe Tamburrano e
Carlo Vallauri — consiste nel fatto che, al di là dei
contrasti, anche durissimi che li divisero, entrambi si
batterono per la difesa e la costruzione della demo-
crazia in Italia.
Tutto vero, ma con alcune macroscopiche differen-
ze che non possono non essere sottolineate. Mentre
per lo statista trentino la scelta delle libertà occiden-
tali — dalla democrazia all’economia di mercato, fino
alla laicità dello Stato — era il prodotto maturo e au-
tentico della sua storia personale, della sua biografia
politica e perfino della sua fede religiosa, per il diri-
gente comunista, invece, si trattò sempre di scegliere
in base a una strategia da guerra di posizione: ovvero
di prediligere un’opzione politica la cui attuabilità si
legava sempre alla scelta di campo internazionale, al
rapporto con l’Urss e a un’attenta analisi di costi e
benefici per il suo partito. Da questo punto di vista,
dunque, De Gasperi e Togliatti, non solo non sono
leader comunista. Se da un lato, infat-
ti, Togliatti ebbe il merito di riuscire a
ingabbiare e a depotenziare la storica
carica sovversiva del massimalismo ita-
liano e di costruire una delle più effi-
caci operazioni di egemonia politico-
culturale del secondo dopoguerra,
dall’altro lato, questa poderosa costru-
zione simbolico-ideologica si sarebbe
rivelata, in anni recenti, come la za-
vorra più ingombrante da superare per
la costruzione di un partito socialde-
mocratico sul modello europeo.
Un’eredità ancora vivissima, invece,
quella di De Gasperi. I cui confini po-
litico-culturali, soprattutto se lo si
prende come modello ideale di sobrie-
tà, responsabilità e lungimiranza e co-
me metodo di azione politica, supera-
no ampiamente gli angusti confini del
partito unico dei cattolici.
Risiede anche in questa duplice ere-
Da alcuni anni infatti — e le pagine dei maggiori
quotidiani italiani di questi giorni sembrano confer-
marlo — si è andata affermando una narrazione pub-
blica che, seppur evidenziando notevoli differenze tra
i due leader politici, tende però a riconoscere entram-
bi, non solo come gli indiscutibili protagonisti di una
stagione politica, quella dell’immediato dopoguerra e
sessuale. La cifra — rivelata lo scorso mag-
gio da uno studio Ined-Inserm — è sor-
prendente.
Secondo lo studio Ined-Inserm dedica-
to alle scelte contraccettive dopo la crisi
della pillola, il ricorso ai metodi naturali è
molto aumentato tra le donne con difficol-
tà economiche e/o senza diploma. Il rifiu-
to di imporre ormoni al proprio corpo ha
anche giocato un ruolo. Lo studio indica
che tra il 2010 e il 2013, nelle persone tra i
15 e i 49 anni, la pillola ha perso 9 punti
Monde» presso l’Inserm. Queste pratiche,
dominanti prima degli anni Sessanta, ri-
guardavano il 33,9 per cento delle donne
nel 1978. Nel 2000, i tassi si sono elevati
al 5,5 per cento.
Flore (nome fittizio), 29 anni, giornali-
sta in oriente, interrompe la pillola sette
anni fa per ragioni mediche. «Ho detto al
mio medico che avrei calcolato i cicli di
ovulazione. Mi ha detto che era rischio-
so», ricorda. «Non lo avrei fatto dieci an-
ni fa. Ma mi trovo in un periodo della vi-
ta in cui, se rimanessi incinta, terrei il
bambino».
«Il mio nuovo compagno — racconta
Marie C., 29 anni, ottica del sud della
Francia, che ogni mattina si calcola la
temperatura — non apprezza tutti questi
prodotti imposti al corpo delle donne.
Abbiamo dunque approfondito il metodo
insieme». Quando era adolescente, sua
madre, cattolica, l’aveva iniziata a questo
metodo. Lei l’aveva presa in giro e aveva
optato per la pillola. Per lunghi anni,
mentre la prendeva, ha fatto «qualsiasi co-
sa», prendendo le compresse in modo tale
da non avere mai le mestruazioni quando
vedeva il suo compagno. Nel tornare ai
vecchi metodi, ne fa quasi una rivendica-
zione. La cosa non le ha mai impedito di
fare sesso. Durante i periodi a rischio gra-
vidanza, opta per l’interruzione del rap-
porto o il preservativo.
C’è una vera tendenza? È troppo presto
per dirlo. Ma sono stati sviluppati appa-
recchi sofisticati che permettono di stima-
re il periodo di ovulazione. Si trovano
d’altronde siti cattolici che incoraggiano
l’astinenza temporanea. «Significa mante-
nere intatta, a ogni unione sessuale, la no-
(dal 50 al 41 per cento). La spirale ha gua-
dagnato l’1,9 per cento, il preservativo il
3,2. Ma l’aumento più forte (3,4 punti) è
stato registrato dai metodi naturali, ormai
scelti dal 9,5 per cento delle donne.
Nelle persone tra i 20 e i 44 anni, l’asti-
nenza periodica (metodo Ogino-Knaus,
per esempio) era nel 2013 l’opzione favori-
ta dal 3,8 per cento delle donne (+ 0,5
punti) e l’interruzione del rapporto dal 5,2
(+ 2,1), secondo le cifre raccolte da «Le
L’11 agosto scorso sul
quotidiano francese
«Le Monde» è uscita
l’inchiesta a quattro mani
«La contraception “naturelle”
de plus en plus prisée»
che pubblichiamo
quasi integralmente.
Su «Le Monde» di LUCETTA SCARAFFIA
C
on questa inchiesta di «Le
Monde» scopriamo con stupo-
re che per motivi per lo più sa-
lutistici ed ecologici oggi è in
aumento il numero di donne
che ricorrono alla regolamentazione natura-
le della fertilità. In fondo, è una specie di
riabilitazione della vituperata enciclica Hu-
manae vitae, che proponeva alle donne — e
chiedeva ai medici di impegnarsi nella ri-
cerca — di regolare le nascite attraverso me-
todi naturali.
La Chiesa, dopo essere stata considerata
per decenni — e l’accusa è viva ancora oggi
— proprio per questo nemica dell’emanci-
pazione femminile, si rivela invece molto
più attenta alla salute delle donne della so-
cietà laica, influenzata anche dagli interessi
di potenti case farmaceutiche, che traggono
grossi profitti dalla vendita dei contraccetti-
vi chimici. Comincia infatti a incrinarsi la
fiducia delle donne in una libertà sessuale
ottenuta mettendo a rischio la propria salu-
te, una propaganda alla contraccezione chi-
mica che contribuisce acriticamente all’ac-
cumularsi di profitti in mano a imprese che
non hanno certo a cuore il loro vero benes-
sere. Stupisce però, nell’articolo di «Le
Monde», la carenza di informazione su
calcoli complicati, e che non incide sulla
loro salute. Strano che le femministe non si
siano mai accorte che esisteva questo meto-
do, che sembra realizzare tutti i loro desi-
deri.
Ma la colpa della insufficiente diffusione
quello che è il più sicuro ed efficace meto-
do naturale di regolamentazione della ferti-
lità, cioè il metodo Billings, ormai testato
con successo da decenni in molti Paesi, fra
cui la Cina comunista. Un metodo sempli-
ce, basato sull’osservazione del proprio cor-
po da parte delle donne, che non implica
ne parli pochissimo. Perdendo così una
grande occasione di riabilitare la morale
cattolica sulla procreazione — uno dei pun-
ti di attrito più forti con la modernizzazio-
ne — in un momento in cui la tanto concla-
mata contraccezione chimica sta entrando
in crisi.
di questa scoperta — realizzata
alla fine degli anni Settanta da
due medici australiani, i coniu-
gi Billings — è da addebitarsi
anche alla Chiesa: pochi sono i
sacerdoti che lo conoscono e lo
fanno conoscere, e una malinte-
sa vergogna nei confronti della
vita sessuale ancora imperante
in un mondo totalmente ma-
schile fa sì che, in generale, se
dità, la diversità di De Gasperi e Togliatti. Che, in
definitiva, hanno incarnato due differenti visioni
dell’Italia moderna che hanno attraversato, fronteg-
giandosi, quasi tutto il Novecento. La Repubblica ita-
liana, infatti, al netto di ogni retorica collaborativa,
nacque nel fuoco di un acceso e radicato scontro po-
litico in cui si affrontarono uomini, ideali e visioni del
mondo totalmente contrapposti. E oggi, a distanza di
sessant’anni dalla scomparsa improvvisa di De Gaspe-
ri — «come di quercia robusta, abbattuta da un colpo
di fulmine» scrisse Salvatorelli all’indomani della
morte — e dopo decenni di oblio, si può pacatamente
affermare, senza correre il rischio di una monumenta-
lizzazione inutile, che lo statista trentino rappresenti
il grande vincitore del lungo e tribolato dopoguerra
italiano.
della ricostruzione del Paese, ma addirittura come i
«padri delle larghe intese», quasi fossero una sorta di
precursori dell’Italia di oggi, e i padri nobili di quel
patriottismo costituzionale che è ormai diventato una
sorta di surrogato politico-culturale dell’identità na-
zionale.
Questa narrazione pubblica di successo, però, la-
scia campo aperto a molti equivoci. Sia perché riman-
da immediatamente a una complessa stratificazione di
interpretazioni storiche piegate, spesso non inciden-
talmente, a una contingente necessità politica, e sia
perché, richiama alla mente quel complesso processo
di rimodulazione politico-identitaria operato dagli
eredi del partito di Togliatti che, a partire dagli anni
Ottanta, iniziarono a dismettere le zavorre più ingom-
branti del passato leninista, per innestare artificiosa-
mente all’interno della propria cultura politica una
congerie di idee, valori
e simboli provenienti
dall’esterno della tra-
dizione comunista, in-
sieme a nuovi paradig-
mi interpretativi della
storia d’Italia.
Non è un caso, in-
fatti, che questo pro-
gressivo accostamento
tra le vicende biografi-
che di De Gasperi e
Edward Hopper
«East Side Interior» (1922)
Palmiro Togliatti
due figure così facilmente accomunabili, ma, all’op-
posto, rappresentano due storie politiche e umane in-
trinsecamente divergenti e inconciliabili. Due storie
politiche opposte nelle quali si riflettevano una visio-
ne differente della democrazia (l’ambigua «democra-
zia progressiva» di Togliatti non aveva lo stesso signi-
ficato della democrazia liberale che aveva in mente lo
statista trentino), una serie lunghissima di obiettivi
politici diversi, dall’alleanza atlantica alla Comunità
europea di difesa, dalla riforma agraria al piano casa,
fino all’Europa unita, e, infine, anche una diffe-
rente visione dell’uomo che scaturiva, per
l’uno, dal proprio credo religioso e, per
l’altro, dall’ideologia marxista.
Una diversità profondissima, dunque,
che si ravvisa, peraltro, anche nella diffe-
rente eredità politica che i due uomini
politici hanno lasciato al Paese.
Un’eredità molto pesante quella del
De Gasperi e Togliatti
Anniversari a confronto
Alcide De Gasperi
Spesso ricordati insieme
i due statisti rappresentano invece
due storie politiche opposte
e due visioni radicalmente diverse
della democrazia
6. L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 21 agosto 2014
Un secolo fa moriva Angela Vallese prima missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Non siamo
né d’America né d’Italia
di MARIA VANDA PENNA
Cent’anni fa, il 17 agosto 1914, mori-
va a Nizza Monferrato (Asti) madre
Angela Vallese, pioniera dell’opera
missionaria delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Nata a Lu Monferrato
(Alessandria) l’8 gennaio 1854 in
una numerosa famiglia di agricoltori
provata dalla povertà, a 21 anni, il
18 agosto 1875, Angela partì per la
vicina Mornese, luogo di origine
dell’istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice fondato da san Giovan-
ni Bosco il 5 agosto 1872. In quella
comunità chiamata «La casa
dell’amore di Dio», la superiora ma-
dre Maria Domenica Mazzarello ac-
colse la giovane intravedendo in lei
la portatrice di un grande progetto
di Dio e la iniziò alla vita religiosa
salesiana facendole bruciare le tap-
pe. Il 29 agosto 1876 Angela emise,
infatti, i primi voti religiosi e nel
novembre del 1877 già era pronta
per guidare la prima spedizione
missionaria in America del Sud. Da
due anni don Bosco aveva mandato
i primi missionari salesiani in Ar-
gentina e anche il nuovo istituto re-
ligioso femminile vibrava dello stes-
so ardore apostolico. Del gruppo
delle prime missionarie, oltre ad An-
gela Vallese, facevano parte cinque
suore fra i 17 e i 25 anni.
La prima tappa missionaria fu
Villa Colón a nord di Montevideo,
in Uruguay, ma altra era la terra che
quasi tutte aspettava. L’Uruguay era
infatti il primo avamposto per il
lancio verso la Patagonia, la terra
del sogno di don Bosco. Oggi può
avere dell’incredibile ciò che queste
giovani donne misero in atto dap-
prima in Uruguay e poi, giù, sem-
pre più giù, fino alla Terra del Fuo-
co, al di là dello stretto di Magella-
no: catechesi, oratori, collegi, scuo-
le, laboratori, educazione alla pre-
ghiera, soprattutto liturgica, in am-
bienti dove tutto questo poteva ap-
parire impossibile. Le suore, infatti,
potevano più facilmente avvicinare
donne e bambini e attraverso loro
guadagnarsi la fiducia degli indige-
ni, che avevano vissuto in passato
dolorose esperienze a causa degli
uomini “bianchi”.
Radice solida dell’opera di evan-
gelizzazione e promozione umana
erano i sacrifici senza numero, le de-
lusioni apostoliche per i sospetti che
gli indigeni nutrivano anche nei
confronti dei missionari, le epidemie
che falcidiavano intere etnie, la po-
vertà inimmaginabile degli inizi,
unite a una fedeltà alla regola di vi-
ta, la preghiera incessante e la carità
fraterna.
Per venticinque anni — dal 1888
al 1913 — madre Angela Vallese visse
a Punta Arenas. Nel 1893 venne no-
minata superiora visitatrice delle ca-
se aperte delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice nella Patagonia meridionale
e nelle Terre magellaniche. Nono-
stante il clima rigidissimo, il fre-
quente rischio di naufragio nelle tra-
versate dello stretto di Magellano
per andare a visitare le missioni fon-
date al di là del medesimo nella
Terra del Fuoco, nell’isola Dawson,
nelle isole Malvine, le difficoltà di
ogni genere (comprese le ostilità di
alcuni Governi nei confronti
dell’opera salesiana), madre Angela
mai avrebbe voluto lasciare quelle
terre, divenute ormai la “sua terra”.
Scriveva infatti nel 1878, nella prima
lettera ai genitori dall’Uruguay,
quella che era la sua radicata con-
vinzione di interculturalità missiona-
ria: «Noi non siamo né d’America
né d’Italia, la nostra casa si trova
dappertutto». Certamente madre
Vallese non conosceva la Lettera a
Diogneto in cui si legge relativamen-
te ai cristiani: «Ogni terra straniera
è per loro patria e ogni patria terra
straniera».
Al termine della sua avventura
missionaria, giunse per madre Ange-
la l’ultimo, pesantissimo sacrificio:
dopo la partecipazione al settimo
capitolo generale dell’istituto nel
1913, a Nizza Monferrato, vi si do-
vette fermare, per pura obbedienza,
perché le forze fisiche ormai non
avrebbero retto ad altre fatiche. La
morte la colse, infatti, l’anno se-
guente, all’età di 60 anni, il 17 ago-
sto 1914. Moriva la pioniera delle
missioni in America lontana dalla
sua “patria del cuore" ma spiritual-
mente vicina a quelle sorelle, a quel-
le donne e ragazze che aveva cerca-
to di promuovere a livello umano e
spirituale. Era davvero “madre” per-
ta per il Regno di Dio, che seppe
inculturarsi con semplicità tra la
gente di quelle terre lontane, pur ri-
manendo affettivamente legata al
suo Paese d’origine e alla sua fami-
glia, senza nulla rimpiangere, ma
amando tutti di vero cuore. Sempre
invitando a spingere in avanti lo
sguardo, oltre, al Cielo, meta di
ogni cammino umano, perla prezio-
sa per cui tutto si può perdere in
questo mondo. Il titolo del volume,
Là non ci separeremo mai più, è
l’espressione che ricorre con fre-
quenza nelle lettere e che attesta la
certezza da cui madre Angela è so-
stenuta, soprattutto quando gli ar-
gomenti umani sembrano non reg-
gere di fronte all’offerta eroica della
vita.
La Conferenza episcopale canadese nel cinquantesimo anniversario del decreto «Unitatis redintegratio»
Chiesa debole se divisa
Aperte le celebrazioni del bicentenario della nascita di don Bosco
In cammino
verso le periferie
ASTI, 20. Il carisma salesiano è un
«regalo» di Dio a tutta la Chiesa
in favore dei giovani e per questo il
bicentenario della nascita di don
Bosco si presenta anche come
un’occasione di «autentico rinnova-
mento spirituale e pastorale» a
vantaggio dell’intera comunità cri-
stiana. È quanto ha sottolineato il
rettore maggiore, don Ángel Fer-
nández Artime, aprendo ufficial-
mente sabato 16 agosto a Castel-
nuovo Don Bosco, in provincia di
pre ci sarà accanto nella ricerca di
Dio».
In questo senso, le celebrazioni
offriranno realmente, ha aggiunto,
«un’opportunità di vero rinnova-
mento spirituale e pastorale per la
nostra famiglia, un’occasione per
rendere più vivo il carisma e rende-
re più attuale don Bosco. Credia-
mo che sarà un’opportunità per vi-
vere con rinnovata convinzione e
forza la missione che ci è stata affi-
data, sempre per il bene dei bam-
certezza della bontà dei loro cuori,
qualunque sia stato il loro passato,
facendo conoscere l’opportunità
che hanno di essere proprietari e
protagonisti dei loro sogni, stando
loro accanto se ce lo permettono,
per poterne sviluppare al massimo
i talenti, la loro vocazione piena-
mente umana e cristiana».
Con queste convinzioni, e con il
ricordo di tanti uomini e donne
che hanno partecipato con grande
passione a questo progetto, «ci
sentiamo più animati non solo ad
ammirare don Bosco, non solo a
percepire l’attualità di questa gran-
dissima figura, ma anche a sentire
con grande forza l’irrinunciabile
impegno a imitare colui che, da
queste colline, arrivò fino alla peri-
feria di Valdocco, e anche alla peri-
feria rurale di Mornese, per am-
pliare con sé e con altre persone
quel desiderio di ricerca del bene
dei giovani e perché ognuno di
quei ragazzi e ragazze potesse esse-
re felice ora e per l’eternità».
Indulgenza
plenaria
per il giubileo
salesiano
Quanti prendono parte alle
celebrazioni per il bicentenario
della nascita di don Bosco
potranno ottenere l’indulgenza
plenaria. Venendo incontro alla
richiesta del rettore maggiore
don Ángel Fernández Artime, la
Penitenzieria Apostolica ha
ammesso, infatti, l’indulgenza
plenaria per il giubileo
salesiano. Tale indulgenza può
essere ottenuta alle solite
condizioni (confessione
sacramentale, comunione
eucaristica e preghiera secondo
l’intenzione del Pontefice) da
ogni membro della famiglia
salesiana e da ogni fedele che
prenderà parte a qualche
funzione sacra celebrata in
onore di san Giovanni Bosco o
almeno davanti a una reliquia o
una immagine sacra del santo
nei giorni 31 gennaio 2015 e 16
agosto 2015 o ogni volta che in
gruppo prendano parte a un
pellegrinaggio sacro alla chiesa
di Colle Don Bosco e al
santuario di Maria Ausiliatrice a
Torino. I fedeli impediti per
vecchiaia o malattia potranno
ugualmente ottenere
l’indulgenza plenaria se si
uniranno spiritualmente alle
celebrazioni giubilari, offrendo
al Signore le proprie sofferenze
o i disagi della propria vita.
Asti, le celebrazioni del bicentena-
rio che termineranno il 16 agosto
2015. «199 anni fa, un giorno come
oggi, veniva al mondo un bambi-
no, Giovanni Melchiorre Bosco,
proprio in queste stesse colline, fi-
glio di umili contadini. Oggi noi,
volendo dar inizio al bicentenario
di questo storico evento, rendiamo
grazie a Dio per il suo mirabile in-
tervento nella storia, e ancor più in
concreto in questa storia, incomin-
ciata sulle colline dei Becchi», ha
esordito il decimo successore di
don Bosco, che ha poi ricordato
come sin dal primo articolo delle
costituzioni della congregazione sa-
lesiana si afferma come «la Società
di San Francesco di Sales è nata
non da solo progetto umano, ma
per iniziativa di Dio». Infatti, «il
carisma salesiano è un regalo che
Dio, attraverso don Bosco, ha fatto
alla Chiesa e al mondo». Un cari-
sma che «si è formato nel tempo»,
fin da quando il piccolo Giovanni
«stava seduto sulle ginocchia di
mamma Margherita», poi «con
l’amicizia di buoni maestri di vita
e, in particolar modo, nella vita
quotidiana in mezzo ai giovani».
E oggi, ha sottolineato il rettore
maggiore, «questo bicentenario
vuole essere per tutti noi, e in par-
ticolar modo per il mondo salesia-
no, non solo un momento di festa,
ma una preziosa occasione che ci è
offerta per guardare al passato con
gratitudine, al presente con speran-
za, e per sognare il futuro di mis-
sione evangelizzatrice ed educativa
della nostra famiglia salesiana con
forza e novità evangelica, con co-
raggio e sguardo profetico, lascian-
doci guidare dallo Spirito che sem-
bini e delle bambine, degli adole-
scenti e dei giovani di tutto il mon-
do, in special modo quelli che ne
hanno più bisogno, i più poveri e i
più fragili».
Il bicentenario sarà dunque un
tempo in cui l’intera famiglia sale-
siana continuerà il suo «cammino
verso le periferie fisiche e umane
della società e dei giovani». Un
tempo, ancora, nel quale «contri-
buire umilmente con ciò che fa
parte della nostra essenza carisma-
tica: il nostro impegno per leggere
le realtà sociali, specialmente quelle
giovanili che oggi ci toccano; il no-
stro impegno, con intenzioni chia-
re, a favore dei giovani emarginati
o che sono a rischio di esserlo; la
nostra fede e piena fiducia in loro,
in ogni ragazzo e ragazza, nelle lo-
ro possibilità e capacità; la nostra
ché aveva irradiato
tanta vita e un
grande incommen-
surabile amore.
Sono state pub-
blicate da poco,
dall’istituto delle Fi-
glie di Maria Ausi-
liatrice, le lettere
che madre Vallese
scrisse a don Bosco,
a madre Mazzarello,
a don Rua, ai supe-
riori salesiani, ai ge-
nitori, alla sorella
Teresa, ad altri fa-
miliari, a consorelle.
Leggendole, si co-
glie la concretezza
di questa donna
umile e appassiona-
OTTAWA, 20. Per celebrare il cinquantesimo
anniversario del decreto sull’ecumenismo
Unitatis redintegratio — approvato dal concilio
Vaticano II e promulgato da Paolo VI il 21
novembre 1964 — la Conferenza episcopale
canadese, attraverso la Commissione per
l’unità dei cristiani, i rapporti religiosi con gli
ebrei e il dialogo interreligioso, ha pubblicato
un documento dal titolo «Una Chiesa in dia-
logo. L’impegno ecumenico cattolico», desti-
nato a parrocchie, collegi e scuole superiori,
così come ai gruppi di discussione. Il testo
fornisce informazioni di base riguardanti l’im-
pegno e le azioni della Chiesa cattolica in
materia di ecumenismo dopo il concilio Vati-
cano II e offre definizioni e termini-chiave
per aiutare coloro che esplorano l’ecumeni-
smo per la prima volta.
«La società canadese — esordisce il docu-
mento — si caratterizza oggi per una ricca va-
rietà di popoli di tradizioni etniche, culturali
e religiose differenti. Questa diversità include
la presenza di cristiani appartenenti a varie
comunità. Diversità che arricchisce la "cattoli-
cità" della Chiesa di Cristo, che è per sua
stessa natura una comunione di persone pro-
venienti da ogni ceto sociale, da ogni Paese e
cultura. La Chiesa cattolica è essa stessa una
comunione di Chiese diverse, che comprende
la Chiesa latina il cui centro è a Roma così
come ventidue Chiese cattoliche orientali ra-
dicate nelle tradizioni bizantina, alessandrina,
antiochena, armena e caldea, ognuna delle
quali ha sviluppato le proprie tradizioni litur-
giche, spirituali, teologiche e canoniche. No-
nostante la diversità di espressione della fede
contribuisca alla cattolicità della Chiesa di
Cristo, le divisioni causate dalla discordia e i
malintesi tra i cristiani sono in diretta con-
traddizione con il Vangelo. La divisione inde-
bolisce la capacità della Chiesa di compiere
la propria missione. Cristo ci chiede di ricon-
ciliarci in modo che possiamo dare una fedele
testimonianza del suo amore a tutta l’umani-
tà». Ma — spiega la commissione citando Pa-
pa Francesco — «l’unità dei cristiani non ap-
parirà subito e per miracolo ma sarà piuttosto
il frutto di sforzi lunghi e pazienti».
Parlando del dialogo ecumenico condotto
dai vescovi canadesi negli ultimi cinquant’an-
ni, la commissione episcopale sottolinea che
sono stati fatti «grandi progressi nella nostra
comprensione reciproca. In alcuni casi abbia-
mo scoperto che, a causa di incomprensioni e
di polemiche passate, ci siamo giudicati male
l’un l’altro. Invece abbiamo scoperto livelli
sorprendenti di comprensione comune e di
convergenza della fede».
Nelle prossime settimane, l’episcopato pub-
blicherà un’altra risorsa per celebrare il decre-
to conciliare sull’ecumenismo. Questo secon-
do documento sarà una presentazione più
dettagliata e approfondita dell’impegno della
Chiesa cattolica nel dialogo ecumenico. Si
tratta di un testo accademico che si rivolge
principalmente ai membri del clero e agli stu-
diosi, così come a coloro che conoscono e so-
no coinvolti direttamente nel lavoro ecume-
nico.
7. L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 21 agosto 2014 pagina 7
Incontro del cardinale Filoni con il presidente iracheno Masum
Una tragedia
che riguarda tutti
BAGHDAD, 20. L’incontro a Bagh-
dad con il presidente iracheno,
Fuad Masum, è stato l’atto conclu-
sivo della missione nel Paese me-
diorientale del cardinale prefetto
della Congregazione per l’Evange-
lizzazione dei Popoli, Fernando Fi-
loni. «L’incontro è stato molto cor-
diale», ha commentato il porpora-
to, inviato personale del Pontefice
tra le popolazioni perseguitate
dell’Iraq, il quale nei giorni scorsi,
come è noto, è stato nelle provincie
di Duhok e Erbil per portare soli-
darietà ai rifugiati. Al presidente
iracheno, ha riferito il porporato ai
microfoni di Radio Vaticana, «ho
raccontato un po’ l’esperienza di
questi giorni e ho sottolineato che
la mia non era una visita politica,
ma era una visita umanitaria per
conto del Santo Padre ed è quindi
per questo che mi sono recato pri-
ma di tutto a Erbil, dove la situa-
zione nel Kurdistan è ancora molto
seria e grave».
Soprattutto, il cardinale sottoli-
nea come «la questione qui in Iraq
non è solo una tragedia per il
popolo iracheno, per i nostri
cristiani o per gli yazidi, ma è
qualcosa che riguarda tutti gli uo-
mini che hanno a cuore l’umanità.
Piccole o grandi minoranze, fedi
diverse e religioni diverse». Infatti,
«tutti siamo accomunati in questa
stessa dignità umana, che deve es-
sere salvaguardata, difesa e incre-
mentata».
Quanto alla questione di dover
«fermare l’ingiusto aggressore», il
porporato ha affermato che «da-
vanti a una situazione così precaria
— e vorrei dire anche così dura —
io credo che qui non si tratti di
guerra: noi non possiamo mai esse-
re a favore delle guerre, però ci so-
no delle conflittualità dove i più
poveri — pensiamo che i nostri cri-
stiani non avevano armi, gli yazidi
non avevano armi — sono stati sot-
tratti alle loro terre, violentati nella
loro dignità, rubati delle loro fami-
glie. Ecco, possiamo rimanere in-
differenti? Ecco allora che si tratta
di diritti che devono essere difesi
da ogni persona di buona volontà.
Ognuno lo deve fare secondo le
proprie capacità. Il Santo Padre lo
fa con tutta la sua capacità spiri-
tuale e morale».
Alla visita del cardinale Filoni si
aggiunge in queste ore quella com-
piuta nella regione del Kurdistan
da una delegazione delle Chiese
orientali, sia cattoliche che ortodos-
se, guidata dal cardinale patriarca
di Antiochia dei Maroniti, Béchara
Boutros Raï, che ha portato con-
forto e solidarietà alla popolazione.
Della delegazione, che ha incontra-
to il patriarca di Babilonia dei Cal-
dei, Louis Raphaël I Sako, e il pre-
sidente della regione del Kurdi-
stan, Massoud Barzani, fanno parte
il patriarca di Antiochia dei Greco-
Melchiti, Gregorios III Laham, il
patriarca di Antiochia dei Siri,
Ignace Youssif III Younan, e il pa-
triarca siro ortodosso di Antiochia
e di tutto l’Oriente, Ignace
Ephrem II.
Quello che sta accadendo alle
comunità cristiane e alle altre
minoranze perseguitate nella piana
di Ninive e a Sinjar «è uno tsuna-
mi, è l’ecatombe del secolo». è il
grido d’allarme lanciato dal patriar-
ca di Antiochia dei Siri, che dalle
pagine del quotidiano francese
«Ouest France» ha rivolto un pres-
sante appello ai Paesi occidentali:
«L’Europa deve essere all’altezza
della sua missione nel Mediterra-
neo. Altrimenti le comunità cristia-
ne dell’Iraq, della Siria e del
Libano che sono tra le più antiche
in Medio oriente, rischiano vera-
mente di scomparire insieme alla
loro cultura e al loro patrimonio
millenario».
Colletta per il Medio oriente
dei cattolici statunitensi
WASHINGTON, 20. Il presidente dell’episcopato statunitense, l'arcive-
scovo di Louisville, Joseph Edward Kurtz, ha invitato i cattolici
americani a dare vita a una speciale colletta per rispondere alle
emergenze umanitarie e alle necessità pastorali dei cristiani e delle
altre vittime delle violenze in Medio oriente. «La nostra Chiesa —
ha affermato il presule — piange le terribili sofferenze dei cristiani e
delle altre vittime innocenti della violenza in Iraq, Siria e Gaza, che
stanno lottando per sopravvivere, per proteggere i loro figli e vivere
in dignità». I fondo raccolti — nei fine settimana 6-7 e 13-14 settem-
bre — saranno destinati alle altre agenzie cattoliche che collaborano
con le Chiese locali mediorientali
Da Gaza la testimonianza del parroco argentino Jorge Hernández
L’eloquenza della carità
GAZA, 20. Il 17 luglio aveva ricevu-
to un breve messaggio di Papa
Francesco nel quale il Pontefice
esprimeva a lui, alle suore e a tutta
la comunità cattolica locale, vici-
nanza e accompagnamento nella
preghiera. E nelle settimane succes-
sive, esattamente il 31 luglio e l’8
agosto, padre Jorge Hernández,
parroco argentino della chiesa della
Sacra Famiglia a Gaza, ha risposto,
ringraziando tutti coloro che negli
ultimi tempi lo hanno aiutato,
compresa l’ambasciata argentina
presso la Santa Sede. Lo ha fatto
inviando due lettere alla redazione
dell’Agenzia informativa cattolica
argentina (Aica) nelle quali, fra
l’altro, precisa che la parrocchia
non è stata bombardata (come ap-
parso su alcuni mezzi di informa-
zione) e parla della solidarietà, ap-
prezzata nel suo giusto valore in
momenti difficili come questo: «Se
questa solidarietà è anche il risulta-
to di autentica carità, allora siamo
di fronte a una testimonianza in-
confutabile della carità evangeli-
ca».
Nella prima lettera, padre Jorge
racconta che «le grida di dispera-
zione, le bombe, gli aerei, le esplo-
sioni, le processioni con i morti
lungo le strade, la gente in fuga,
disorientata, senza meta, sono di-
ventati il nostro pane quotidiano di
lacrime». L’acqua è scarsa, così co-
me le medicine negli ospedali,
manca la luce. Ricorda che il Go-
verno argentino sta aiutando la
parrocchia attraverso la Caritas di
Gerusalemme. Nella seconda lette-
ra il parroco spiega che la Scuola
della Sacra Famiglia, appartenente
al patriarcato di Gerusalemme dei
Latini, è diventata rifugio per oltre
novecento persone colpite dalla
guerra. Il problema dell’acqua po-
tabile è stato in qualche modo ri-
solto grazie alla Caritas che ha col-
locato enormi serbatoi di acqua
potabile nelle scuole e nelle parroc-
chie. Un medico e un farmacista si
alternano per curare i feriti e gli
ammalati. Ci sono poi le suore di
Madre Teresa che assistono bambi-
ni disabili e anziani, nessuno cri-
stiano: «Lavoro silenzioso e costan-
te, servizio ai più poveri tra i pove-
ri, testimonianza di ciò che signifi-
ca vivere secondo le esigenze del
“comandamento nuovo”. Nessuno
può tacere l’eloquenza della cari-
tà», scrive padre Jorge Hernández.
All’udienza generale di mercoledì 20
agosto, nell’Aula Paolo VI, erano pre-
senti i seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Famiglia missionaria
Donum Dei.
Dall’Italia: Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie: San Marco, Sacra Fami-
glia, in Rovereto; Cattedrale di
Adria; Santa Maria Assunta, in Casa-
le sul Sile; Annunciazione della Bea-
ta Vergine Maria, in Moniego; Santi
Gervaso e Protaso, in Trezzo sull’Ad-
da; Santi Pietro e Paolo, in Bocca-
leone di Bergamo; San Nicolò, in
Villafranca Tirrena; San Luca, in
Modica; Sant’Antonio Abate, in Aci
Sant’Antonio; San Giovanni Battista,
in Casteldaccia; Tutti i Santi, in
Roncade; Santa Maria, in Casale di
Scodosia; Sant’Antonio Abate, in
Cattolica Eraclea. Gruppi di fedeli
dalle Parrocchie: Comunità pastorale
Santa Maria della Rocchetta, in Cor-
nate d’Adda; Unità pastorale di Vil-
longo. Parrocchie di Albavilla/Albe-
se; Celeseo; Fiesse; Borgomanero;
Reggio Emilia — Guastalla; Fiorano
Modenese. Gruppo di giovani delle
Diocesi di San Miniato, e di Livor-
no; gruppi di famiglie dalla Sicilia
per la 3ª Marcia Francescana; Parte-
cipanti al pellegrinaggio in canoa
della Lega Navale italiana; Associa-
zione Santissimo Redentore, di Cani-
cattì; Associazione Amici della musi-
ca, di Civitella Messer Raimondo.
Gruppi di fedeli da Petritoli; Tresili-
co di Oppido Mamertina; Parola di
Fontanellato.
Coppie di sposi novelli.
Dalla Svizzera: gruppo di Allievi
infermieri, da Chiasso.
Gruppi di fedeli da: Croazia;
Ucraina.
I polacchi: Pielgrzymka ministran-
tów z archidiecezji katowickiej; oaza
III stopnia Kościoła Domowego z
diecezji radomskiej; pielgrzymi z pa-
rafii św. Barbary z Rybnika-Boguszo-
wic; pielgrzymka z Olsztyna; nauczy-
ciele ze Szkoły Podstawowej z Lipni-
cy; pielgrzymka rowerowa Polaków z
Antwerpii w Belgii; grupa turystycz-
na z Poznania; pielgrzymi indywidu-
alni.
De France: Groupe de jeunes de
l’Association «Verso l’Alto»; groupe
de pèlerins, de Tassin-la-Demi-Lune.
Du Cameroun: Groupe de pèlerins
de la paroisse de Babadjou.
From Malta: A group of altar serv-
ers.
From the United Kingdom: From
the Diocese of Hexham and New-
castle; Pilgrims from the Parish of St
Mary’s, Newton, Aycliffe.
From Japan: A group from the
Bunri Sato Education Institute, Sait-
ama; A group of young pilgrims
from the Archdiocese of Nagasaki.
Aus der Bundesrepublik Deutsch-
land: Pilgergruppe aus der Pfarrei
HI. Josefmaria, Essen; Ministranten
aus folgenden Pfarreien: St. Martin,
Kaiserslautern; St. Josef, Kamp-Lint-
fort; St. Andreas, Parsberg.
Aus der Republik Österreich: Pilger-
gruppe aus der Pfarre St. Georg, Zil-
lingdorf.
De España: Parroquia de la Purísi-
ma, de Zarandona; Parroquia Ntra.
Sra. de Manjavacas, de Mota del
Cuervo; Parroquia Sant Pere, de Pre-
mia de Dalt; Escuela de familias
«Galilea Betania», de Valencia.
De Argentina: grupos de peregri-
nos.
De Portugal: grupo de Vilar de
Andorinho.
Inizio della missione
del nunzio apostolico in Bulgaria
Il 27 giugno scorso, monsignor An-
selmo Guido Pecorari, arcivescovo ti-
tolare di Populonia, è arrivato all’ae-
roporto internazionale di Sofia, dove
è stato accolto da un alto funzionario
della direzione del Protocollo del mi-
nistero degli Affari Esteri, nonché
dal vescovo Christo Proykov, esarca
apostolico di Sofia e presidente della
Conferenza episcopale interrituale
bulgara, e monsignor Georgi Yov-
chev, vescovo della diocesi di Sofia-
Plovdiv, accompagnato dal suo vica-
rio generale e dal reverendo Ján
Malček, segretario della nunziatura
apostolica.
Il 21 luglio, nel palazzo presiden-
ziale di Sofia, il rappresentante pon-
tificio ha presentato in forma solenne
le lettere credenziali al presidente
della Repubblica, Rosen Plevneliev.
Nel successivo colloquio, sono state
messe in evidenza le ottime relazioni
tra la Santa Sede e la Repubblica di
Bulgaria, così come quelle che, nel
contesto delle relazioni di carattere
ecumenico, intercorrono con la Chie-
sa ortodossa di Bulgaria. Il capo del-
lo Stato ha altresì espresso la sua
gratitudine per la messa a disposizio-
ne della comunità bulgara della chie-
sa di San Paolo alla Regola, a Roma.
Al termine della cerimonia, il nuovo
nunzio apostolico, accompagnato dai
rappresentanti del Protocollo di Sta-
to, ha reso omaggio alla tomba del
milite ignoto.
Il 4 luglio, il rappresentante ponti-
ficio si è recato a Rakovski, nella
diocesi latina di Sofia-Plovdiv, dove
ha presieduto la concelebrazione eu-
caristica per l’incontro nazionale dei
giovani della Bulgaria. A tale cele-
brazione hanno partecipato monsi-
gnor Proykov e monsignor Yovchev.
Il giorno dopo, nella sede dell’esar-
cato apostolico di Sofia è stata con-
segnata al presidente della Conferen-
za episcopale interrituale la lettera
commendatizia del cardinale segreta-
rio di Stato Pietro Parolin.
Il 14 luglio, il rappresentante pon-
tificio è stato invitato dal patriarca
ortodosso, sua Santità Neofit. Du-
rante il colloquio è stato fatto riferi-
mento alle sfide comuni alle quali la
Chiesa cattolica e il Patriarcato orto-
dosso devono far fronte, come quelle
derivanti da una società sempre più
secolarizzata e quelle che riguardano
la gioventù.
Nelle prime settimane di presenza
in Bulgaria, il rappresentante pontifi-
cio ha avuto modo di incontrare, in
diverse circostanze, anche il gran
muftì della comunità musulmana,
con il quale ha intrattenuto un dialo-
go cordiale.
Gruppi di fedeli
all’udienza generale