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L’arte di allenare
PRIMA L A PER SONA POI IL GIOCATORE
business & sport coach
Guida
pratica per il
M
ister
La figura del Mister
Scrivo questo e-book qualche giorno dopo la dipartita di Ezio Vendrame, da
giocatore genio e sregolatezza, da allenatore molto alternativo e attaccatissimo ai
giovani. Persona schietta, vera, senza peli sulla lingua, una profondità d’animo mai
più vista nel mondo del calcio e anche nella vita. Ho conosciuto Ezio da piccolo,
quando mio nonno mi portava a vedere le partite a Casarsa, nostro paese natio.
Ho visto dal vivo quando si metteva sopra il pallone con la mano sulla fronte a mo
di vedetta, l’ho visto dal vivo quando ha fatto diventare “matto” un difensore salvo
poi fermarsi, prendere la pallo in mano, consegnargliela e abbracciarlo ridendo.
Lo ammiravo estasiato, ignaro che quel mago del calcio dal “R” moscia e dal
capello lungo, diventasse importante nella mia formazione personale e calcistica.
Incontrai nuovamente Ezio molti anni dopo, allenava la prima squadra del nostro
paese, io giocavo il primo anno degli allievi, avevamo una squadra forte che mi ha
aiutato a farmi notare da alcune squadre professionistiche, cominciava il tour dei
procuratori per casa, fortunatamente la mia famiglia prima e Ezio stesso poi, mi
aiutarono a rimanere con i piedi per terra. Quando mi fece esordire in promozione,
che al tempo era la categoria più alta in regione, avevo 15 anni, ricordo benissimo
l’emozione di stare con i grandi, ascoltare Vendrame negli spogliatoi era davvero
emozionante. L’avventura continuò con lui a Venezia nei professionisti, ai tempi di
Zaccheroni e Zamparini. Facevo la spola tra gli allievi e la berretti che lui allenava.
Ci allenavamo al centro Boniperti, a Mestre, spesso veniva anche la prima squadra
ad allenarsi con noi, ed Ezio, appena cominciavano la partitina finale, fermava il suo
allenamento per andare a giocare con la squadra di Zaccheroni.
Guida o maestro?
Ezio Vendrame nella sua posizione iconica
La figura del Mister
Resisteva cinque minuti, ma che cinque minuti. Qualità assoluta. Riusciva a dribblare gli avversari con grandissima facilità. Il
massaggiatore a bordo campo se la rideva, perché tanto da li a qualche minuto era sotto le sue mani dolorante. Quando faceva le
convocazioni per le trasferte, tutti volevano essere presenti, il viaggio in pullman era bellissimo, non c’erano i post assegnati,
dirigenti davanti e giocatori dietro, era una festa, con la sua immancabile chitarra si cantava e si rideva, tutti volevano far parte della
squadra.
Ce ne sarebbero molti altri di aneddoti da raccontare, chi ha avuto il privilegio di averlo come allenatore sa bene, che persona era e
come pretendeva il massimo in campo, non ti risparmiava nulla, voleva sempre l’atteggiamento giusto. Non ti rimproverava mai se
tentavi una giocata e la sbagliavi, piuttosto si arrabbiava del contrario. Voleva la giocata sempre, voleva che venisse fuori quello che
avevi dentro, aveva poche regole sulle quali era irremovibile, per il resto dovevi metterci del tuo. Come avete notato l’ho sempre
chiamato per nome, non ho mai scritto Mister, lui lo detestava: “chiamatemi Ezio” diceva sempre, era uno di noi! Amava talmente
tanto i ragazzi che già all’epoca mal sopportava i genitori, ha fatto storia la sua frase : “voglio allenare una squadra di orfani”, era
sempre molto diretto, ti diceva le cose come stavano!
«…Affanculo pressing, squadra corta, fuorigioco e diagonali. Ci sputo sopra agli inventori di queste cagate! Il calcio vero è un’altra
cosa, ha un’anima che almeno a livello giovanile dovremmo salvaguardare! A loro dico che a 14-15 anni è normale farsi le seghe e se
trovano una ragazza che collabora è ancora meglio! Casomai è chi non se le fa che è malato e non è giusto che giochi. E la
domenica, quando abbiamo dato tutto e siamo a posto con la coscienza, dobbiamo sempre accettare anche la sconfitta, senza alcun
dramma, perché il gioco del calcio è soltanto un gioco: una piccola cosa della vita. Non dobbiamo stare male più di tanto quando
perdiamo una partita, ma quando perdiamo un affetto, o quando deludiamo qualcuno che ci ama! Ma tutto questo loro lo capiscono
subito. Sono gli adulti che non comprendono, a cominciare dai genitori. Per questo motivo sogno da sempre di allenare una squadra
di orfani!». Tratto dal suo libro: “Se mi mandi in tribuna godo”
I suoi insegnamenti sono stati molto formativi per me, ho capito purtroppo troppo tardi quello mi voleva trasmettere ed è stata la
molla che mi ha spinto ad intraprendere la strada del coaching sportivo. Ho voluto trasformare un mio errore, in un punto di forza
per gli altri, per permettere ai ragazzi di giocarsi tutte le loro possibilità, di dare il massimo per raggiungere il proprio sogno.
LE AB ILITÀ DEL MISTER
Tutti gli allenatori che ho avuto, sia
nei dilettanti che nei professionisti,
hanno contribuito alla mia
formazione come persona e come
giocatore, comprendendo con
assoluta certezza quanto sia una
figura strategica per la crescita dei
giovani.
Appese le scarpe al fatidico chiodo e
imparata la lezione dei miei trascorsi
in campo, mi sono dedicato
all’approfondimento della leadership
e della motivazione nello sport, che
mi ha permesso di collaborare con
allenatori professionisti e di formare
centinaia di allenatori nei corsi de “Il
Tecnico del Futuro”.
Questo lavoro mi appassiona
moltissimo, notare come una parola
detta la momento giusto e nella
modalità giusta, possa incidere in
positivo o in negativo, quanto i
ragazzi abbiamo la necessità di
essere considerati come persone
prima di tutto, mi spinge ad
approfondire sempre di
più la figura
dell’allenatore. Negli
anni ho compreso che
tre sono le capacità
importantissime che
deve avere un
allenatore e sono:
1) Capacità di
comunicare. Dobbiamo
conoscere tutte le
modalità di
comunicazione: non
verbale, para verbale e
verbale. Sapere che
impatto ha la nostra
postura durante gli
allenamenti e la partita,
il mio tono di voce da modificare in
base alle situazioni, le parole
motivanti. Con le generazioni d’oggi
se n’è aggiunta un’altra, la
comunicazione video che ho testato
e funziona. Sostituire le parole con
immagini per raggiungere le
emozioni, che sono il centro della
motivazione. Ero a Cremona, quando
insieme al mister decidemmo di far
vedere un video creato apposita-
mente per la squadra; poi chiesi un
parere ad un giocatore di
grandissima esperienza anche in
seria A, e mi disse:
”Simone, io non ricordo i discorsi pre-partita degli allenatori, sono sostanzialmente
tutti uguali, quello che mi ricordo sono le emozioni che viviamo prima di entrare in
campo e i video che ci fate vedere, riescono alla maggior parte di noi giocatori, a
centrare l’obiettivo”. Questo fu per me una conferma su quello che pensavo, ora la
comunicazione dev’essere ampliata e diversificata.
2) Competenza. Essere competenti nel proprio campo è un’aspetto
imprescindibile al giorno d’oggi, le competenze devono essere molteplici in molti
aspetti che compongo la crescita della persona e del giocatore stesso. L’allenatore
moderno deve formarsi costantemente e approfonditamente per risultare credibile
agli occhi della squadra. Deve, oltretutto, saper coordinare il proprio gruppo di
lavoro, il proprio staff. I professionisti hanno più persone rispetto ai dilettanti, che
forse, quando va bene, hanno l’accompagnatore. In ogni caso è necessario essere
in grado di sapersi relazionare bene con tutte le parti in causa, tutti devono lavorare
per un obiettivo comune. Se l’allenatore vuole avere leadership, deve costruire
prima di tutto la sua squadra.
3) Coerenza. Coerenza nelle scelte, coerenza nel far rispettare le regole, uno degli
aspetti che ascolto dei giocatori quando mi parlano del loro Mister, soprattutto per
chi non gioca, è proprio la coerenza: “ecco vedi, a quel giocatore che è bravo gli è
permesso di fare tutto, mentre io vengo richiamato ogni volta”, mi dicono. Questo è
molto sentito, ricordiamoci sempre che siamo sotto una lente d’ingrandimento, i
ragazzi osservano tutto, più di quanto noi immaginiamo. Essere coerenti significa
acquisire rispetto agli occhi di tutti i giocatori che equivale ad unione d’intenti e
spirito di sacrificio per il raggiungimento degli obiettivi.
L E AB ILITÀ DEL MISTER
LA CO MUNICAZIONE CON I GIOCATORI
Poco fa abbiamo visto tre delle
abilità del Mister, ora vediamo cosa si
aspettano i giovani di oggi in merito
alla comunicazione. Anche qui ho
selezionato tre aspetti fondamentali,
che sono:
1) Trasparenza. Dite sempre, ripeto
sempre, le cose come stanno.
nell’epoca del web e dei video in
particolare, la trasparenza è
essenziale, sappiate che tutto quello
che dite viene poi controllato su
Youtube. Bisogna dire sempre le
cose come stanno, la differenza la fa,
come le diciamo.
2) Velocità. Arrivate al dunque
velocemente, il cervello dei
millennials (19-35 anni) e dei nativi
digitali (6-18 anni) è abituato ad
avere subito le informazioni che
ricerca, hanno tutto ciò che
desiderano a portata di click, il loro
cervello si è abituato a questo, ecco
perché i lunghi discorsi pre-partita,
hanno l’effetto contrario. Dite subito
le cose che devono
fare, abbandonate le
negazioni, siate
diretti, spiegando
anche il vostro punto
di vista, lo
apprezzeranno.
3) Fiducia. Per le
ultime generazioni la
fiducia è un aspetto
importantissimo.
Mentre le generazioni
precedenti avevano
molta fiducia nel
futuro, o perlomeno
non se ne
preoccupavano,
questa generazione
ha grande paura del
futuro, hanno un senso di
inadeguatezza enorme. Riscontro sia
nei professionisti che nei dilettanti,
nelle prime squadre come nel
settore giovanile, una mancanza forte
di autostima nei ragazzi. Gli allenatori
dicono che non possono seguire tutti
i ragazzi, chi ce la fa bene, chi si
perde per strada, pazienza. E’ la
legge della natura, ribadiscono .
Questo lo posso accettare, forse,
nelle prime squadre, sicuramente nei
giovani no assolutamente.
In merito a questo, vi racconto un aneddoto capitatomi di
recente. Un giocatore giovane, 19 anni, alla prima esperienza
in prima squadra, faceva fatica ad entrare nella formazione
titolare, l’allenatore lo considerava poco, sentiva che non
aveva la fiducia del Mister, la società, che mi vedeva spesso
parlare con lui, mi diceva di non dedicargli troppo tempo
perché probabilmente da lì a poco sarebbe stato ceduto.
Il ragazzo ovviamente soffriva di questa situazione, ma è
rimasto sempre focalizzato all’obiettivo, è riuscito a
recuperare la sua autostima e anche un posto in squadra. Ora
è considerato un punto fermo.
Sarà un caso limite, ma se era per la società la “selezione
naturale” avrebbe fatto il suo corso e avrebbe perso il
ragazzo. Se mi chiedete se vale al pena di lavorare
sull’autostima dei giocatori, la mia risposta è: “si,
assolutamente!” Se sentono fiducia nei loro mezzi,
consapevoli di ciò che possono dare, potranno affrontare
anche le situazioni difficili. Come dare autostima? Date dei
feedback tempestivi, positivi o negativi che siano, mai
tralasciare nessuno soprattutto chi gioca meno. Non
soffermarti sull’errore ma sul miglioramento, valorizza l’io e
correggi il comportamento, la maggior parte dei giocatori
percepisce una correzione del gesto atletico da parte del
Miister, come un’incapacità personale con conseguente
abbassamento dell’autostima.
LA CO MUNICAZIONE CON I GIOCATORI
LA MOTIVAZIONE
La motivazione dei giocatori ormai,
purtroppo, è spesso banalizzata. Si
parla ancora di carota a bastone, di
urla negli spogliatoi, è in primo piano
semper il risultato sportivo senza
valutare la crescita della persona
senza sapere che se si vogliono
risultati a lungo termine è proprio da
li che si parte.
La base della motivazione è educare,
dal latino educere, significa tirare
fuori ciò che hanno dentro le
persone. Per fare questo è necessario
comprendere i giocatori, sapere cosa
serve ad ognuno di loro per dare il
massimo. Qui non parlerò di
strategie, mi limiterò a dare qualche
consiglio a partire dall’allenamento.
I giovani d’oggi hanno un “grado
attentivo” molto basso, circa 5 minuti,
per questo motivo gli allenatori
fanno fatica a gestire con efficacia
una seduta di allenamento. Quindi,
cosa si può fare? Come prima cosa
creare molti più esercizi,
prediligendo l’intensità alla quantità
e soprattutto il divertimento.
Per ottenere la loro attenzione, una
volta che il Mister ha illustrato
l’esercizio, provi a farlo ripetere a
voce a qualche giocatore, questo
serve:
1) ad abituarli a stare attenti durante
la spiegazione,
2) la ripetizione aiuta
l’apprendimento.
Ah, questo esercizio vale anche per i
più grandi, è un metodo che sta
utilizzando un allenatore di serie A
con ottimi risultati. Allenare al giorno
d’oggi è sicuramente impegnativo, il
ruolo richiede grande preparazione
in tutti gli aspetti formativi del
giocatore, come prima cosa però,
dobbiamo privilegiare la crescita
dell’essere umano, con dialogo,
ascolto, dedizione e passione. Se
osserviamo i ragazzi durante
l’allenamento ci rivelano molte più
cose che con tante parole.
Con la nazionale Italiana di calcio amputati che ha partecipato ai mondiali in Messico nel 2019
L’A RTI STA
Mister, sii te stesso. Non emulare i
“grandi”, resta fedele ai tuoi valori e
al tempo stesso pronto a modificare
il tuo comportamento. I ragazzi
d’oggi cambiano in fretta e noi
dobbiamo farlo con loro, dobbiamo
conoscere la tendenza e la modalità
di comunicare, questo per la
motivazione è essenziale. Siate veri,
mai costruiti, dedicate tempo al
dialogo, con il singolo e con la
squadra. All’inizio dell’anno crea una
scheda di valutazione con ogni
giocatore, nel periodo natalizio
organizzati per confrontarti con loro
per valutarne lo stato di
avanzamento e gli aspetti ancora da
migliorare, lo apprezzeranno.
In questo momento storico, i ragazzi
hanno la necessità di avere una
guida che creda in loro e gli dia
fiducia, è un impegno si, ma il
risultato che otterremo sarà
grandioso. L’allenatore è come uno
scultore, da un blocco di marmo
grezzo, fa emergere una scultura
risaltando i pregi e limando i difetti.
I giovani hanno tantissime risorse
inespresse, noi tutti non abbiamo
fantasia sufficiente per pensare a
quante cose siamo capaci di fare,
tantomeno i giovani di qualsiasi
categoria, grandi o piccoli,
professionisti o dilettanti.
Elimina l’ego Mister, concentrarti sul
rendere un blocco di marmo un
capolavoro, uomini prima e giocatori
poi, in grado di fare la differenza
nella loro vita, sono opere uniche,
sta a te plasmarle, con pazienza,
ascolto, perseveranza e tanta, tanta
passione.
Perché allenare è un’arte!
CHI SO NO
Simone Teso, uno dei primi mental coach a lavorare in uno staff
di allenatori, nel calcio professionistico.
Le regole dello sport per migliorare le aziende,
nell'organizzazione, nei rapporti con collaboratori e clienti.
Da più di 10 anni la messa in campo di queste tecniche, hanno
portato, aziende e singoli alla “vittoria” e alla soddisfazione del
proprio operato.
Collabora in modo continuativo con manager, atleti, squadre
sportive, ha collaborato con Pordenone, Cremonese, Pescara,
L.R. Vicenza, Vicenza calcio amputati e la Nazionale di calcio
amputati.
Tiene workshop sulla resilienza e sulla motivazione nelle
scuole, dove incontra studenti e professori e nelle associazioni
sportive per genitori, atleti e allenatori.
È docente di comunicazione e crescita personale presso
l’accademia di moda “Mario Foroni”.
Coautore del libro: “Preparati a Vincere” un manuale per il
riscaldamento mentale e fisico nel gioco del calcio.
Ideatore del progetto: “Il Tecnico del Futuro” un percorso di
formazione per gli allenatori e del software “Futurecoach” per
l’organizzazione e la pianificazione della stagione sportiva.
REST IAMO IN CONTATTO
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L'arte di allenare

  • 1. L’arte di allenare PRIMA L A PER SONA POI IL GIOCATORE business & sport coach Guida pratica per il M ister
  • 2. La figura del Mister Scrivo questo e-book qualche giorno dopo la dipartita di Ezio Vendrame, da giocatore genio e sregolatezza, da allenatore molto alternativo e attaccatissimo ai giovani. Persona schietta, vera, senza peli sulla lingua, una profondità d’animo mai più vista nel mondo del calcio e anche nella vita. Ho conosciuto Ezio da piccolo, quando mio nonno mi portava a vedere le partite a Casarsa, nostro paese natio. Ho visto dal vivo quando si metteva sopra il pallone con la mano sulla fronte a mo di vedetta, l’ho visto dal vivo quando ha fatto diventare “matto” un difensore salvo poi fermarsi, prendere la pallo in mano, consegnargliela e abbracciarlo ridendo. Lo ammiravo estasiato, ignaro che quel mago del calcio dal “R” moscia e dal capello lungo, diventasse importante nella mia formazione personale e calcistica. Incontrai nuovamente Ezio molti anni dopo, allenava la prima squadra del nostro paese, io giocavo il primo anno degli allievi, avevamo una squadra forte che mi ha aiutato a farmi notare da alcune squadre professionistiche, cominciava il tour dei procuratori per casa, fortunatamente la mia famiglia prima e Ezio stesso poi, mi aiutarono a rimanere con i piedi per terra. Quando mi fece esordire in promozione, che al tempo era la categoria più alta in regione, avevo 15 anni, ricordo benissimo l’emozione di stare con i grandi, ascoltare Vendrame negli spogliatoi era davvero emozionante. L’avventura continuò con lui a Venezia nei professionisti, ai tempi di Zaccheroni e Zamparini. Facevo la spola tra gli allievi e la berretti che lui allenava. Ci allenavamo al centro Boniperti, a Mestre, spesso veniva anche la prima squadra ad allenarsi con noi, ed Ezio, appena cominciavano la partitina finale, fermava il suo allenamento per andare a giocare con la squadra di Zaccheroni. Guida o maestro? Ezio Vendrame nella sua posizione iconica
  • 3. La figura del Mister Resisteva cinque minuti, ma che cinque minuti. Qualità assoluta. Riusciva a dribblare gli avversari con grandissima facilità. Il massaggiatore a bordo campo se la rideva, perché tanto da li a qualche minuto era sotto le sue mani dolorante. Quando faceva le convocazioni per le trasferte, tutti volevano essere presenti, il viaggio in pullman era bellissimo, non c’erano i post assegnati, dirigenti davanti e giocatori dietro, era una festa, con la sua immancabile chitarra si cantava e si rideva, tutti volevano far parte della squadra. Ce ne sarebbero molti altri di aneddoti da raccontare, chi ha avuto il privilegio di averlo come allenatore sa bene, che persona era e come pretendeva il massimo in campo, non ti risparmiava nulla, voleva sempre l’atteggiamento giusto. Non ti rimproverava mai se tentavi una giocata e la sbagliavi, piuttosto si arrabbiava del contrario. Voleva la giocata sempre, voleva che venisse fuori quello che avevi dentro, aveva poche regole sulle quali era irremovibile, per il resto dovevi metterci del tuo. Come avete notato l’ho sempre chiamato per nome, non ho mai scritto Mister, lui lo detestava: “chiamatemi Ezio” diceva sempre, era uno di noi! Amava talmente tanto i ragazzi che già all’epoca mal sopportava i genitori, ha fatto storia la sua frase : “voglio allenare una squadra di orfani”, era sempre molto diretto, ti diceva le cose come stavano! «…Affanculo pressing, squadra corta, fuorigioco e diagonali. Ci sputo sopra agli inventori di queste cagate! Il calcio vero è un’altra cosa, ha un’anima che almeno a livello giovanile dovremmo salvaguardare! A loro dico che a 14-15 anni è normale farsi le seghe e se trovano una ragazza che collabora è ancora meglio! Casomai è chi non se le fa che è malato e non è giusto che giochi. E la domenica, quando abbiamo dato tutto e siamo a posto con la coscienza, dobbiamo sempre accettare anche la sconfitta, senza alcun dramma, perché il gioco del calcio è soltanto un gioco: una piccola cosa della vita. Non dobbiamo stare male più di tanto quando perdiamo una partita, ma quando perdiamo un affetto, o quando deludiamo qualcuno che ci ama! Ma tutto questo loro lo capiscono subito. Sono gli adulti che non comprendono, a cominciare dai genitori. Per questo motivo sogno da sempre di allenare una squadra di orfani!». Tratto dal suo libro: “Se mi mandi in tribuna godo” I suoi insegnamenti sono stati molto formativi per me, ho capito purtroppo troppo tardi quello mi voleva trasmettere ed è stata la molla che mi ha spinto ad intraprendere la strada del coaching sportivo. Ho voluto trasformare un mio errore, in un punto di forza per gli altri, per permettere ai ragazzi di giocarsi tutte le loro possibilità, di dare il massimo per raggiungere il proprio sogno.
  • 4. LE AB ILITÀ DEL MISTER Tutti gli allenatori che ho avuto, sia nei dilettanti che nei professionisti, hanno contribuito alla mia formazione come persona e come giocatore, comprendendo con assoluta certezza quanto sia una figura strategica per la crescita dei giovani. Appese le scarpe al fatidico chiodo e imparata la lezione dei miei trascorsi in campo, mi sono dedicato all’approfondimento della leadership e della motivazione nello sport, che mi ha permesso di collaborare con allenatori professionisti e di formare centinaia di allenatori nei corsi de “Il Tecnico del Futuro”. Questo lavoro mi appassiona moltissimo, notare come una parola detta la momento giusto e nella modalità giusta, possa incidere in positivo o in negativo, quanto i ragazzi abbiamo la necessità di essere considerati come persone prima di tutto, mi spinge ad approfondire sempre di più la figura dell’allenatore. Negli anni ho compreso che tre sono le capacità importantissime che deve avere un allenatore e sono: 1) Capacità di comunicare. Dobbiamo conoscere tutte le modalità di comunicazione: non verbale, para verbale e verbale. Sapere che impatto ha la nostra postura durante gli allenamenti e la partita, il mio tono di voce da modificare in base alle situazioni, le parole motivanti. Con le generazioni d’oggi se n’è aggiunta un’altra, la comunicazione video che ho testato e funziona. Sostituire le parole con immagini per raggiungere le emozioni, che sono il centro della motivazione. Ero a Cremona, quando insieme al mister decidemmo di far vedere un video creato apposita- mente per la squadra; poi chiesi un parere ad un giocatore di grandissima esperienza anche in seria A, e mi disse:
  • 5. ”Simone, io non ricordo i discorsi pre-partita degli allenatori, sono sostanzialmente tutti uguali, quello che mi ricordo sono le emozioni che viviamo prima di entrare in campo e i video che ci fate vedere, riescono alla maggior parte di noi giocatori, a centrare l’obiettivo”. Questo fu per me una conferma su quello che pensavo, ora la comunicazione dev’essere ampliata e diversificata. 2) Competenza. Essere competenti nel proprio campo è un’aspetto imprescindibile al giorno d’oggi, le competenze devono essere molteplici in molti aspetti che compongo la crescita della persona e del giocatore stesso. L’allenatore moderno deve formarsi costantemente e approfonditamente per risultare credibile agli occhi della squadra. Deve, oltretutto, saper coordinare il proprio gruppo di lavoro, il proprio staff. I professionisti hanno più persone rispetto ai dilettanti, che forse, quando va bene, hanno l’accompagnatore. In ogni caso è necessario essere in grado di sapersi relazionare bene con tutte le parti in causa, tutti devono lavorare per un obiettivo comune. Se l’allenatore vuole avere leadership, deve costruire prima di tutto la sua squadra. 3) Coerenza. Coerenza nelle scelte, coerenza nel far rispettare le regole, uno degli aspetti che ascolto dei giocatori quando mi parlano del loro Mister, soprattutto per chi non gioca, è proprio la coerenza: “ecco vedi, a quel giocatore che è bravo gli è permesso di fare tutto, mentre io vengo richiamato ogni volta”, mi dicono. Questo è molto sentito, ricordiamoci sempre che siamo sotto una lente d’ingrandimento, i ragazzi osservano tutto, più di quanto noi immaginiamo. Essere coerenti significa acquisire rispetto agli occhi di tutti i giocatori che equivale ad unione d’intenti e spirito di sacrificio per il raggiungimento degli obiettivi. L E AB ILITÀ DEL MISTER
  • 6. LA CO MUNICAZIONE CON I GIOCATORI Poco fa abbiamo visto tre delle abilità del Mister, ora vediamo cosa si aspettano i giovani di oggi in merito alla comunicazione. Anche qui ho selezionato tre aspetti fondamentali, che sono: 1) Trasparenza. Dite sempre, ripeto sempre, le cose come stanno. nell’epoca del web e dei video in particolare, la trasparenza è essenziale, sappiate che tutto quello che dite viene poi controllato su Youtube. Bisogna dire sempre le cose come stanno, la differenza la fa, come le diciamo. 2) Velocità. Arrivate al dunque velocemente, il cervello dei millennials (19-35 anni) e dei nativi digitali (6-18 anni) è abituato ad avere subito le informazioni che ricerca, hanno tutto ciò che desiderano a portata di click, il loro cervello si è abituato a questo, ecco perché i lunghi discorsi pre-partita, hanno l’effetto contrario. Dite subito le cose che devono fare, abbandonate le negazioni, siate diretti, spiegando anche il vostro punto di vista, lo apprezzeranno. 3) Fiducia. Per le ultime generazioni la fiducia è un aspetto importantissimo. Mentre le generazioni precedenti avevano molta fiducia nel futuro, o perlomeno non se ne preoccupavano, questa generazione ha grande paura del futuro, hanno un senso di inadeguatezza enorme. Riscontro sia nei professionisti che nei dilettanti, nelle prime squadre come nel settore giovanile, una mancanza forte di autostima nei ragazzi. Gli allenatori dicono che non possono seguire tutti i ragazzi, chi ce la fa bene, chi si perde per strada, pazienza. E’ la legge della natura, ribadiscono . Questo lo posso accettare, forse, nelle prime squadre, sicuramente nei giovani no assolutamente.
  • 7. In merito a questo, vi racconto un aneddoto capitatomi di recente. Un giocatore giovane, 19 anni, alla prima esperienza in prima squadra, faceva fatica ad entrare nella formazione titolare, l’allenatore lo considerava poco, sentiva che non aveva la fiducia del Mister, la società, che mi vedeva spesso parlare con lui, mi diceva di non dedicargli troppo tempo perché probabilmente da lì a poco sarebbe stato ceduto. Il ragazzo ovviamente soffriva di questa situazione, ma è rimasto sempre focalizzato all’obiettivo, è riuscito a recuperare la sua autostima e anche un posto in squadra. Ora è considerato un punto fermo. Sarà un caso limite, ma se era per la società la “selezione naturale” avrebbe fatto il suo corso e avrebbe perso il ragazzo. Se mi chiedete se vale al pena di lavorare sull’autostima dei giocatori, la mia risposta è: “si, assolutamente!” Se sentono fiducia nei loro mezzi, consapevoli di ciò che possono dare, potranno affrontare anche le situazioni difficili. Come dare autostima? Date dei feedback tempestivi, positivi o negativi che siano, mai tralasciare nessuno soprattutto chi gioca meno. Non soffermarti sull’errore ma sul miglioramento, valorizza l’io e correggi il comportamento, la maggior parte dei giocatori percepisce una correzione del gesto atletico da parte del Miister, come un’incapacità personale con conseguente abbassamento dell’autostima. LA CO MUNICAZIONE CON I GIOCATORI
  • 8. LA MOTIVAZIONE La motivazione dei giocatori ormai, purtroppo, è spesso banalizzata. Si parla ancora di carota a bastone, di urla negli spogliatoi, è in primo piano semper il risultato sportivo senza valutare la crescita della persona senza sapere che se si vogliono risultati a lungo termine è proprio da li che si parte. La base della motivazione è educare, dal latino educere, significa tirare fuori ciò che hanno dentro le persone. Per fare questo è necessario comprendere i giocatori, sapere cosa serve ad ognuno di loro per dare il massimo. Qui non parlerò di strategie, mi limiterò a dare qualche consiglio a partire dall’allenamento. I giovani d’oggi hanno un “grado attentivo” molto basso, circa 5 minuti, per questo motivo gli allenatori fanno fatica a gestire con efficacia una seduta di allenamento. Quindi, cosa si può fare? Come prima cosa creare molti più esercizi, prediligendo l’intensità alla quantità e soprattutto il divertimento. Per ottenere la loro attenzione, una volta che il Mister ha illustrato l’esercizio, provi a farlo ripetere a voce a qualche giocatore, questo serve: 1) ad abituarli a stare attenti durante la spiegazione, 2) la ripetizione aiuta l’apprendimento. Ah, questo esercizio vale anche per i più grandi, è un metodo che sta utilizzando un allenatore di serie A con ottimi risultati. Allenare al giorno d’oggi è sicuramente impegnativo, il ruolo richiede grande preparazione in tutti gli aspetti formativi del giocatore, come prima cosa però, dobbiamo privilegiare la crescita dell’essere umano, con dialogo, ascolto, dedizione e passione. Se osserviamo i ragazzi durante l’allenamento ci rivelano molte più cose che con tante parole. Con la nazionale Italiana di calcio amputati che ha partecipato ai mondiali in Messico nel 2019
  • 9. L’A RTI STA Mister, sii te stesso. Non emulare i “grandi”, resta fedele ai tuoi valori e al tempo stesso pronto a modificare il tuo comportamento. I ragazzi d’oggi cambiano in fretta e noi dobbiamo farlo con loro, dobbiamo conoscere la tendenza e la modalità di comunicare, questo per la motivazione è essenziale. Siate veri, mai costruiti, dedicate tempo al dialogo, con il singolo e con la squadra. All’inizio dell’anno crea una scheda di valutazione con ogni giocatore, nel periodo natalizio organizzati per confrontarti con loro per valutarne lo stato di avanzamento e gli aspetti ancora da migliorare, lo apprezzeranno. In questo momento storico, i ragazzi hanno la necessità di avere una guida che creda in loro e gli dia fiducia, è un impegno si, ma il risultato che otterremo sarà grandioso. L’allenatore è come uno scultore, da un blocco di marmo grezzo, fa emergere una scultura risaltando i pregi e limando i difetti. I giovani hanno tantissime risorse inespresse, noi tutti non abbiamo fantasia sufficiente per pensare a quante cose siamo capaci di fare, tantomeno i giovani di qualsiasi categoria, grandi o piccoli, professionisti o dilettanti. Elimina l’ego Mister, concentrarti sul rendere un blocco di marmo un capolavoro, uomini prima e giocatori poi, in grado di fare la differenza nella loro vita, sono opere uniche, sta a te plasmarle, con pazienza, ascolto, perseveranza e tanta, tanta passione. Perché allenare è un’arte!
  • 10. CHI SO NO Simone Teso, uno dei primi mental coach a lavorare in uno staff di allenatori, nel calcio professionistico. Le regole dello sport per migliorare le aziende, nell'organizzazione, nei rapporti con collaboratori e clienti. Da più di 10 anni la messa in campo di queste tecniche, hanno portato, aziende e singoli alla “vittoria” e alla soddisfazione del proprio operato. Collabora in modo continuativo con manager, atleti, squadre sportive, ha collaborato con Pordenone, Cremonese, Pescara, L.R. Vicenza, Vicenza calcio amputati e la Nazionale di calcio amputati. Tiene workshop sulla resilienza e sulla motivazione nelle scuole, dove incontra studenti e professori e nelle associazioni sportive per genitori, atleti e allenatori. È docente di comunicazione e crescita personale presso l’accademia di moda “Mario Foroni”. Coautore del libro: “Preparati a Vincere” un manuale per il riscaldamento mentale e fisico nel gioco del calcio. Ideatore del progetto: “Il Tecnico del Futuro” un percorso di formazione per gli allenatori e del software “Futurecoach” per l’organizzazione e la pianificazione della stagione sportiva.
  • 11. REST IAMO IN CONTATTO WWW.SIMONETESO.COM SIMON3T3SO SIMONE TESO TESOSIMONE SPORT&BUSINESSCOACH SITE SITE