Paradossalmente gli iperprotetti bambini di oggi sono liberi di scorrazzare in rete. E ricercano online quegli spazi di gioco libero che gli abbiamo negato nella vita di tutti i giorni. Lo fanno, inconsapevoli e impreparati, nella dimensione social della rete tra social network, chat e videogiochi. E, nel far west del web, si danno le proprie regole, in attesa che gli adulti li educhino ai diritti e ai doveri della cittadinanza digitale.
3. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Fabiola, 8 anni
Challenge di Minecraft
4. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Luigi, 10 anni
Chat di Clash Royale
5. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
4
Michele, 9 anni – battaglia a squadre
di Nintendo Splatoon
6. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Un gioco sandbox di costruzioni,
uno sparatutto e
un gioco di strategia.
Cos’hanno in comune?
7. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
L’uomo è un animale
sociale. Anche
quando è un
bambino
8. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Le 4 “P”
dell’apprendimento di
Seymour Papert
Project | Passion
Peers | Play
9. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
8
Giocare = esplorare, spingersi
oltre i confini
Rischiare,
aggiustare il tiro
quando sbagliamo.
10. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Crescere vuol dire
assumere dei rischi.
Come genitori consentiamo ai
nostri figli di sbagliare?
11. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Verso l’infinito e oltre
L’eroica routine
quotidiana dei nostri figli
12. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
La negazione degli spazi di gioco libero
13. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
12
Peter Gray - Monitorati, giudicati, pressati per fare
sempre meglio, i nostri figli passano le giornate sotto
vigilanza
14. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
La Grande Prateria
del web
I bambini riconquistano
online momenti
di gioco libero
15. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Digital Natives, Digital Naives
16. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Le regole non scritte dei ragazzi sui social
Online i ragazzi costruiscono la
propria identità e si danno nuove
regole condivise
(diverse da quelle degli adulti)
Devorah Heitner, Screenwise
17. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Di cosa parliamo quando parliamo di social?
“True screen wisdom is about relationships”
Reputazione,
Identità
Relazioni,
Fiducia
18. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Online la genitorialità non cambia
Educare alle relazioni, all’affettività, ai
valori sociali
Dalle competenze digitali ai diritti e
doveri della
cittadinanza digitale
19. La Grande Prateria del Web Roberta Franceschetti
Grazie dell’attenzione!
Editor's Notes
Quando ho letto il titolo del panel “bambini e social media” ho subito pensato a Gabriele, che ha 10 anni, ed ha appena ereditato dal nonno il suo primo smartphone. Gabriele ha la sfortuna di avere una mamma perfida come me – la definizione è sua - che non gli permette di iscriversi a Facebook, Instagram o a qualunque altro Social Network.
Ora, questo causa notevoli turbolenze nella nostra vita familiare, ma non taglia certa mio figlio fuori dalla vita sociale in rete, perché la dimensione social in rete è pervasiva. Vediamo come.
Fabiola, 8 anni appassionata di Minecraft, si connette in rete per partecipare a sfide con ragazzini di ogni parte del mondo
Luigi, 10 anni, ogni pomeriggio alle 18.30 si incontra online con i compagni di classe sulla chat di Clash Royale
Michele, 9 anni si collega online con la sua Nintendo Wii per giocare con altri ragazzini nella modalità battaglia a squadre di Splatoon
Minecraft, Nintendo Splatoon, Clash Royale. Un gioco sandbox di costruzioni, uno sparatutto per console, un videogioco di strategia per tablet. Cos’hanno in comune? La dimensione sociale. I bambini in rete fanno la cosa più comune del mondo, cercano altri bambini con cui giocare e confrontarsi.
La dimensione sociale e il gioco sono del resto centrali nel processo di apprendimento dei bambini. Seymour Papert – che è scomparso l’anno scorso dopo aver gettato le basi pedagogiche del coding per bambini - parlava delle 4 P del processo di apprendimento: Projects. Passion. Peers. Play (tutti elementi che sono presenti nei videogiochi che vi ho citato).
La dimensione sociale e il gioco sono del resto centrali nel processo di apprendimento dei bambini. Seymour Papert – che è scomparso l’anno scorso dopo aver gettato le basi pedagogiche del coding per bambini - parlava delle 4 P del processo di apprendimento: Projects. Passion. Peers. Play (tutti elementi che sono presenti nei videogiochi che vi ho citato).
Sempre Papert, che aveva studiato con Piaget, sottolineava come giocare significhi rischiare, andare oltre i limiti e aggiustare poi il tiro quando sbagliamo.
Per crescere i nostri figli devono correre dei rischi. Ma noi adulti glielo consentiamo?
Come genitori tendiamo ad eliminare la dimensione del rischio dalla vita dei nostri figli.
Li intruppiamo in un frenetico programma di attività extracurricolari –calcetto, chitarra, catechismo danza – durante le quali sono sempre supervisionati dagli adulti. Il cortile o la strada, come spazi di gioco libero, senza un adulto che gli dica che cosa devono fare, sono pressoché scomparsi dalla vita dei nostri figli.
Sono scomparsi i momenti e gli spazi di gioco libero. I cortili e la strada sono spazi per le auto e non per i bambini.
Secondo lo psicologo Peter Gray, autore di “Lasciateli Giocare”, la diminuzione costante dagli anni Settanta ad oggi del tempo e degli spazi di gioco libero sono all’origine della diminuzione della creatività e dell’aumento dei casi di ansia e depressione nei bambini. È nel gioco libero, in assenza di adulti che gli dicano che cosa fare, che i bambini imparano a conoscere i propri limiti, a misurarsi con i propri pari e a gestire la paura. Noi li teniamo al sicuro a casa e facciamo diminuire le nostre ansie, ma rischiamo di far crescere le loro.
Tuttavia, i bambini di oggi hanno trovato la loro via di fuga
La rete è una grande prateria dove paradossalmente questi bambini iperprotetti sono liberi di scorazzare senza la supervisione di un adulto. Complice il fatto che la nostra è una generazione di transizione, di immigrati digitali che non si muovono a proprio agio online. E riconquistano online gli spazi di gioco libero che gli abbiamo negato nel mondo reale.
Tutto ok? Non proprio, perché nessuno gli ha mai spiegato qualche elementare regola su come tutelarsi online. Nessuno gli ha mai spiegato come funziona la rete, gli ha mai parlato di privacy e di diritto d’autore. In poche parole, nessuno si è mai preoccupato di spiegargli gli elementari diritti e doveri che fanno parte della cittadinanza digitale. Perché queste regole in molti casi devono ancora essere scritte e quando esistono gli adulti sono i primi a non conoscerle.
Cosa sta accadendo quindi in rete a questi ragazzi, in assenza di regole codificate? Succede che siano loro a darsi delle regole non scritte ma ampiamente condivise, certo diverse da quelle degli adulti. Devorah Heitner, ha intervistato una serie di studenti delle scuole medie americane sull’uso di Instagram e ha scoperto che esisteva tutto un sistema di regole condivise relativamente a quando è ok postare una foto in costume da bagno e quante foto di un evento è socialmente accettabile postare per non far sentire esclusi i compagni che non hanno partecipato alla festa.
Quando parliamo di social non facciamo altro che parlare di relazioni. Anche online i ragazzi sperimentano le relazioni e costruiscono la loro identità sociale. Nei videogiochi e sui social coltivano quella dimensione sociale non mediata che non possono sviluppare in strada o in cortile. È lì che si danno nuove regole di convivenza e scrivono le parole di un nuovo lessico condiviso. È lì che affrontano le loro paure e si misurano con i propri limiti. Mentre genitori inconsapevoli li pensano al sicuro nelle loro camerette.
E noi adulti, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo essere genitori online come lo siamo offline. I bambini hanno comunque bisogno di limiti, di regole, di dialogo e di condivisione e di grande buonsenso. Di genitori che magari non sanno come usare Instagram Stories e non hanno mai aperto Wattpad, perché loro saranno sempre un passo avanti sull’ultima piattaforma o l’ultima funzionalità. Ma i genitori possono guidare i propri figli ad essere consapevoli cittadini della rete.
E allora oltre ad educarli alle competenze digitali, a come usare i motori di ricerca e come programmare, dovremmo educarli alla cittadinanza digitale, ai diritti e ai doveri, al rispetto e all’empatia, che valgono quando siamo su un social così come quando ci troviamo faccia a faccia tra amici.