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Bais Simone - "La copertura forestale e la difesa del suolo: Modello sul rischio di avvenimenti valanghivi nell’alta Val di Fassa"
July 19, 2019
La copertura forestale e la difesa del suolo
Modello sul rischio di avvenimenti valanghivi nell’alta Val di Fassa
Bais Simone
Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica
e-mail: baissimone@yahoo.com
ABSTRACT
Fenomeni naturali come l’erosione, le frane, la caduta di sassi, inondazioni lungo i fiumi e le valanghe cos-
tituiscono dei pericoli primari per l’uomo. Il bosco contribuisce a minimizzare gli effetti di questi eventi e ci
protegge da tali pericoli naturali. In particolare le foreste di montagna rappresentano il mezzo di protezione
contro le valanghe più efficacie e conveniente prevenendo il distacco delle masse nevose.
In questo elaborato si è studiata una parte della vallata dell’alta Val di Fassa, in Trentino, tra gli abitati di
Mazzin, Campitello di Fassa fino a lambire l’abitato di Canazei. Tale area è caratterizzata da un elevato
flusso turistico, sopratutto nei mesi invernali, a causa dei numerosi e famosi impianti sciistici presenti nei
vari comprensori. Per questo motivo è stato creato un modello in grado di individuare le aree maggiormente
predisposte a fenomeni valanghivi analizzando sia aspetti geomorfologici, sia aspetti legati alla tipologia di
copertura particellare. Sono stati utilizzati quindi parametri caratteristici che possono innescare una valanga,
quali pendenza, superficie disponibile, esposizione e tipologia di copertura particellare.
L’importanza della copertura forestale è stata trattata in dettaglio analizzando l’efficacia delle specie arborea
presenti nella zona esaminata (abete rosso, il pino cembro e il larice) nel contrastare e prevenire i fenomeni
valanghivi. Il risultato ottenuto è una mappatura del rischio di distacco valanghe nell’alta Val di Fassa. Questo
strumento risulta fondamentale per individuare le zone a maggior rischio e per intervenire in modo effica-
cie nelle prevenzione di questi pericolosi fenomeni, sopratutto in una zona altamente frequentata nei periodi
invernali come quella analizzata.
Key words. Difesa del suolo – Valanghe – Copertura forestale
1. Introduzione
1.1. Descrizione zona esaminata
La Val di Fassa è una delle principali valli dolomitiche.
Situata nel Trentino nord-orientale è composta da sette
comuni: Moena, Soraga, Vigo di Fassa, Pozza di Fassa,
Mazzin, Campitello e Canazei.
La zona studiata si estende fino a Mazzin verso sud-ovest
e arriva a lambire Canazei a est.La valle è attraversata per
intero dal torrente Avisio, un affluente di sinistra del fiume
Adige, è circondata da alcuni dei più importanti massicci
delle Dolomiti, i Monti Pallidi: la Marmolada, il Gruppo
del Sella, il Gruppo del Sassolungo, il Gruppo del Cati-
naccio, ma anche da montagne a litologia non dolomitica
quali il Buffaure e i Monzoni. Le attività che si svolgono in
valle sono legate principalmente al turismo, sia estivo che
invernale. Le località sciistiche della valle fanno parte del
consorzio Dolomiti Superski, il più esteso al mondo.
Fig. 1: Localizzazione Val di Fassa.
Si esamina ora più nello specifico la zona studiata: si tratta
della punta più alta della Val di Fassa, comprendente il fon-
1
dovalle tra Mazzin e Canazei e i primi rilievi alla destra e
sinistra orografica del torrente Avisio.
Fig. 2: Cartina panoramica della Val di Fassa.
Il bellissimo paesaggio della Val di Fassa è caratterizzato
da una rigogliosa vegetazione e da una vasta copertura
forestale. Il bosco di abete rosso, peccio, frassino, ontano
ed altre latifoglie, parte dal fondovalle per salire fino a
1.600 metri, e nelle altitudini maggiori si mescola al larice,
al pino cembro e al cirmolo. Con il variare del terreno e
dell’esposizione al sole, il sottobosco muta ed è ricco di
piante ed arbusti come l’erica, il ginepro, muschi e licheni
e, se si sale in quota, le foreste lasciano posto ad ampie
distese di pino mugo. La Val di Fassa è posta al di sopra
dei 1184 metri ed è caratterizzata da condizioni climatiche
tipiche della montagna temperata europea. Gli inverni sono
spesso rigidi e lunghi con temperature al di sotto dello zero
nei mesi tra dicembre e febbraio, l’estate è generalmente
fresca mentre nei mesi delle stagioni intermedie aumenta
notevolmente il numero delle precipitazioni.
Nell’immagine seguente si può osservare il DTM (Digital
Terrain Model) dell’area esaminata.
Fig. 3: DTM dell’area esaminata.
2. Fattori di rischio valanghivo
Effettuando alcune ricerche si sono isolati quelli che
potrebbero essere i fattori che aumentano o diminuiscono il
rischio di distacco delle valanghe. Si riporta qui di seguito
l’intera lista dei parametri, che verrà poi scremata in base
alla loro importanza sulla zona studiata.
I parametri sono quindi:
– Precipitazioni nevose: L’entità della precipitazione
nevosa e la sua intensità (nevicate superiori a 30 cm
in poco tempo) aumenta considerevolmente il rischio
di distacco. A seguito degli apporti di neve il profilo
stratigrafico del manto è caratterizzato da superfici di
discontinuità che separano le nuove precipitazioni da
quelle vecchie. Queste possono essere rappresentate da
uno strato di brina, da croste da vento o da fusione e
rigelo o semplicemente da un diverso metamorfismo
della neve. Tali discontinuità favoriscono un piano di
scorrimento per gli strati di neve sovrastanti. Infatti, in-
genti nevicate su zone sulle quali era già presente ghiac-
cio o neve ben consolidata (per esempio precipitazione
lunghe e frequenti) aumentano il rischio, perché le due
masse potrebbero non legarsi in modo opportuno, ab-
bassando così il valore del coefficiente di coesione e
facendo prevalere la forza di gravità.
– Precipitazioni piovose: La pioggia comporta la fusione
dei diversi strati del manto nevoso e, se la temperatura
permane sopra lo 0°, la neve aumenta di peso perdendo
la coesione e facendo prevalere la forza di gravità che
tenderà a spingere la massa nevosa verso valle. Le pi-
ogge quindi possono aumentare il fattore di rischio.
– Vento: Il vento incide sulla stabilità del manto nevoso e
sulla sua distribuzione; è in grado di modificare la strut-
tura erodendo la parte superficiale, rendendo il manto
irregolare e ondulato e contribuendo a formare degli
accumuli di neve nelle zone sottovento. La sua azione
quindi fa diminuire le forze di coesione e fa aumentare
il carico gravitazionale fino al punto di rottura in cui si
ha un distacco della massa nevosa.
– Innalzamento della temperatura: La temperatura in-
fluisce notevolmente sulla metamorfosi dei cristalli di
neve; infatti il quantitativo di acqua nel manto nevoso
aumenta rendendolo meno coeso e denso. Questo lo
rende più vulnerabile alla forza di gravitò che tende a
spostarlo verso valle.
– Pendenze: Per avere il distacco di una valanga è neces-
sario che la pendenza del rilievo sia compresa tra i 28° e
i 55°. Infatti se la pendenza fosse superiore ai 55° non ci
potrebbe essere accumulo di neve. Se invece fosse mi-
nore di 28°, l’attrito tra la neve e il suolo prevale sulla
forza di gravità non permettendo lo scivolamento della
massa nevosa verso valle.
– Copertura forestale: La copertura forestale ricopre
un ruolo fondamentale per la prevenzione di questo
fenomeno. Una copertura densa infatti diminuisce
notevolmente il rischio di distacco, rendendo più stabile
la massa nevosa e minore l’accumulo. Si può quindi
dire che il rischio di distacco di valanghe aumenta col
diradarsi della copertura forestale. Sarà quindi fonda-
mentale distinguere le varie tipologie di copertura as-
segnando a ciascuna di esse un valore di rischio diverso.
– Superficie minima per il carico nevoso: Affinché si
possa avere distacco di valanghe bisogna avere super-
2
fici di accumulo con un’ampiezza minima di 600 m2.
Senza questa condizione infatti non è possibile avere
una massa nevosa sufficiente al distacco.
– Variazioni di pendenza: Per favorire il distacco nevoso
è necessario che ci sia una variazione di pendenza con-
vessa di almeno 10° tra la zona a monte e la zona a
valle.
– Fattori casuali: Possono costituire fattore di rischio
casuale alpinisti o sciatori imprudenti, distacchi di
frane e altri fenomeni che possono turbare la massa
nevosa. Chiaramente questi fattori non possono essere
introdotti in questo studio in quanto “casuali”.
2.1. Scelta dei parametri rilevanti
Una volta effettuata una buona ricerca sui parametri
che costituiscono un fattore di rischio per il distacco di
valanghe, va effettuata una dovuta cernita in base alla zona
scelta per lo studio. In questo caso sono state scelte le pen-
denze, condizione morfologica necessaria all’accumulo e
distacco delle valanghe. Per lo stesso motivo si è deciso
di valutare le variazioni di pendenza e la presenza di su-
perfici minime per il sovraccarico nevoso. Oltre a queste
fondamentali condizioni morfologiche è stato utilizzato il
fattore di rischio dovuto alla copertura forestale. Gli al-
tri parametri precedentemente elencati i non sono stati stu-
diati perché alcuni di loro sono fattori che con mappe (e in
seguito con GIS) non si possono analizzare, oppure sono
fattori puramente casuali non semplificabili tramite mod-
elli.
3. Il ruolo della copertura forestale
La copertura forestale ricopre un ruolo fondamentale per
la prevenzione delle valanghe, in particolare sono impor-
tanti la distribuzione, il portamento e le specie degli alberi
presenti.
Si possono distinguere le seguenti categorie di coperture
particellari:
– Improduttivo: individua le zone in cui sono presenti
alberi e arbusti che non sono utilizzati per scopi eco-
nomici. Anche la presenza di arbusti e ceppaie con-
tribuisce parzialmente a stabilizzare il manto nevoso
scaricando le tensioni interne su superficie di dimen-
sioni ridotte.
– Pascolo: il pascolo è una formazione vegetale perma-
nente a copertura erbacea o stratificata con cespugli,
utilizzata direttamente dagli animali. Le formazioni ce-
spugliose d’alta quota come pino mugo, rododendro,
ontano verde che possiamo trovare nella zone esami-
nata, sono negative agli effetti della stabilità del manto
nevoso. Esse impediscono un normale ancoraggio della
neve al suolo ed essendo specie molto elastiche trasmet-
tono le sollecitazioni al manto nevoso che le sovrasta
non opponendosi agli scivolamenti del manto nevoso
stesso. Anche il manto erboso dei prati e dei pascoli
favorisce lo slittamento della neve poiché si crea uno
strato di discontinuità tra il terreno e la coltre nevosa
con elevata presenza di aria nel mezzo. Questo fa-
vorisce la formazione di cristalli a debole coesione che
costituiscono un substrato favorevole allo scorrimento
delle masse nevose.
– Roccia: pendii lisci costituiti principalmente da roccia
tendono a trattenere poco la neve fornendo una superfi-
cie di scorrimento scivolosa.
– Fustaia: la fustaia è un tipo di governo che si riproduce
tramite semi e viene appositamente trattata a seconda
degli scopi. Questa offre un’ottima protezione contro lo
scivolamento del manto nevoso, assestandolo.
Fig. 4: Distacco di lastrone all’interno di radure entro il limite del
bosco.
La maggiore efficacia protettiva è data dalle piante sem-
preverdi. Nel zona esaminata in particolare si osservano
in prevalenza popolazioni di abete rosso, pino cembro e
larice.
Abete rosso e pino cembro offrono la maggiore efficacia
protettiva in quanto sono specie sempreverdi e intercettano
con la loro folta chioma una notevole quantità di neve che
in parte evapora direttamente sulle foglie e un’altra parte
che si scarica al suolo in blocchi compattando quella pre-
sente sul terreno, aumentando quindi la coesione interna e
stabilizzando il manto nevoso. Inoltre in foreste dense, le
3
variazioni di temperatura interna sono molto meno accen-
tuate senza registrare valori estremi che si hanno invece in
ambienti aperti a parità di quota ed esposizione. Infine, dif-
ficilmente si verificano accumuli di neve portata dal vento
in quanto le chiome degli alberi deviano il flusso del vento
al di sopra dell’altezza della foresta.
Molto meno efficacie in questo senso è il larice, una
specie decidua che perde le foglie nel periodo invernale.
La chioma del larice non va ad apportare modifiche sulla
compattazione e distribuzione del manto nevoso al suolo.
Tant’è che si possono verificare valanghe all’interno di
composizioni pure di questa specie (figura 5).
Fig. 5: Gruppi di larici danneggiati dai movimenti lenti del manto
nevoso sul limiti di zone di scorrimento di valanghe.
Spesso la zona di distacco è sovrastante il limite ar-
boreo o in popolamenti estremamente radi; in questi casi
le valanghe scorrono lungo canaloni che attraversano le
foreste. Quando il bosco si trova sotto la zona di distacco
non è in grado di attraversare la valanga in movimento,
viene abbattuto in genere dallo spostamento d’aria che pre-
cede la valanga.
A seconda della specie che caratterizza il bosco, si potrà
osservare un comportamento differente all’impatto con
la valanga.
Per quanto riguarda il larice, avendo un apparato radicale
fittonante, ha radici molto profonde e quindi ben ancorate
al suolo. Inoltre è una specie molto elastica che gli permette
di avere una grande resistenza alla forza d’urto delle neve
e spesso il lariceto può essere attraversato da una valanga
senza subire gravi danni, come si può osservare nelle figure
seguenti. (figura 6).
Fig. 6: Lariceto attraversato da una valanga senza danneggiamento
della foresta (accumulo di rami trasportati dal flusso a monte
dei tronchi).
Al contrario, se consideriamo l’abete rosso e il pino
cembro, che sono specie con apparato radicale superfi-
ciale, vengono completamente sradicati e trasportati a valle
(figura 7).
Fig. 7: Sradicamento di abete rosso con trasporto del materiale legnoso
all’interno della massa nevosa.
4
Gli elementi che vengono trasportati a valle dalla valanga,
come tronchi, ramaglia, rocce hanno un duplice ruolo:
in primo luogo la loro presenza agisce dissipando
l’energia interna; in secondo luogo aumentando il volume
trasportato, diminuendo la plasticità della massa con con-
seguente aumento del potenziale distruttivo della valanga.
4. Creazione del modello sul rischio di avvenimenti
valanghivi
4.1. Mappa di rischio morfologico
La mappa di rischio morfologico è una mappa che com-
prende i fattori di rischio dovuti alla pendenza, alle zone
di area minima e alle variazioni critiche di pendenza.
Questa mappa va a descrivere in modo univoco le zone in
cui si possono avere distacchi di valanghe e le zone in cui
questo evento non è possibile. La mappa finale che si ot-
terrà infatti avrà valori 1 per le zone in cui l’evento è veri-
ficabile e 0 per le zone in cui non è possibile.
Come descritto nel capitolo precedente, il distacco
valanghivo può avvenire se:
– La pendenza è compresa tra 28° e 55°;
– Si osserva una variazione di pendenza di almeno 10°
con curvatura convessa;
– Si ha una superficie minima di accumulo almeno pari
a 600 m2.
Riassumendo queste informazioni in un’unica mappa, si
ottiene quanto segue.
Fig. 8: Mappa di rischio morfologico.
4.2. Mappa di rischio da copertura forestale
E’ noto che il rischio di distacco valanghe sia notevol-
mente influenzato dalla tipologia di copertura particellare,
come esposto nei capitoli precedenti.Per questo motivo, la
mappa di rischio da copertura forestale è stata realizzata
assegnando i seguenti pesi:
– Il livello nullo 0 si assegna alle zone di fondovalle, non
caratterizzate da alcuna tipologia di copertura particel-
lare.
– Si assegna il rischio minimo 1 nella zona a copertura
fustaia, ossia nelle zone in cui sono presenti alberi di
grosso fusto più o meno dense, che quindi non fa-
voriscono il distacco.
– Con rischio di livello 2 si contrassegnano le zone de-
nominate improduttivo, ossia le zone in cui sono pre-
senti semplicemente arbusti e cespugli, che danno un
contributo minimo alla stabilizzazione del versante.
– Il rischio di livello 3 viene invece assegnato alle zone di
pascolo e pascolo demaniale, dove invece la copertura
forestale è totalmente assente e gli accumuli di neve non
trovano elementi naturali a fare da freno.
– Inoltre si sono distinte le zone rocciose di livello 4
(quindi massimo) quelle collocate ad un’altezza mag-
giore di 1.600m s.l.m.
Il risultato che si ottiene per la mappa di rischio della cop-
ertura forestale è il seguente:
Fig. 9: Mappa di rischio copertura forestale.
4.3. Determinazione della mappa di rischio del distacco
valanghe
Per finire si uniscono le due mappe di rischio (mappa di
rischio morfologico e mappa di rischio dovuto alla coper-
tura forestale). Si ricorda che la mappa di rischio morfo-
logico è binaria, quindi non andrà sommata a quella di ris-
chio vegetazione, bensì moltiplicata. Moltiplicando infatti
le due mappe si va a dare rischio “0”, nonostante la coper-
tura forestale, a tutte le zone che non presentano le caratter-
istiche morfologiche necessarie al distacco di valanghe. Le
altre zone invece non varieranno il loro livello di rischio.
Fig. 10: Unione della mappa di rischio morfologico e mappa di rischio
copertura forestale.
5
4.4. Integrazione con la mappa di esposizione
Per aggiungere un ulteriore informazione alla mappa ot-
tenuta, si è inserito anche il rischio dovuto all’esposizione
dei versanti, in quanto le zone con esposizione a SUD
sono più soggette alla radiazione solare e quindi più
propense alla creazione di piani di scivolamento. Infatti il
riscaldamento diurno e il successivo raffreddamento not-
turno formano uno strato di neve superficiale ghiacciata
che può facilitare lo scorrimento di neve accumulatasi in
seguito sopra di esso.
L’integrazione della mappa di rischio esposizione con
quella di rischio totale già ricavata si ottiene tramite una
semplice somma, che andrà quindi ad aggiungere un valore
di rischio +1 a tutte le zone esposte a SUD, mantenendo in-
variate le altre +0.
Il risultato finale che si ottiene è il seguente:
Fig. 11: Mappa di rischio distacco valanghe nella Val di Fassa.
5. Conclusioni
In accordo con quanto introdotto nel presente articolo, la
zona esaminata risulta essere caratterizzata da un rischio di
distacco valanghe piuttosto elevato. Infatti troviamo molte
zone rocciose (oppure con piccoli cespugli) sopratutto ad
alte altitudine dove la pendenza e la superficie disponibile
influenzano altamente questo fenomeno.
Il risultato ottenuto si può sovrapporre e confrontare con
la mappa della valanghe registrate nella zona esaminata
(figura 12) dalla Provincia di Trento.
Fig. 12: Sovrapposizione con i fenomeni valanghivi registrati in pas-
sato.
Si osserva un’ottima corrispondenza con le aree di innesco
e distacco delle valanghe, a sottolineare la bontà del mod-
ello creato. Da sottolineare che, la mappa fornita dalla
Provincia, presenta anche le zone di scorrimento; infatti la
massa nevosa si propaga ed avanza verso valle seguendo i
numerosi canaloni presenti nei rilievi circostanti la vallata.
Queste zone non interessano il nostro modello in quanto
analizza semplicemente le potenziali aree di distacco di
valanghe.
Risulta molto importante considerare la foresta (struttura
disetanea che garantisce continuità della rinnovazione e
della copertura del suolo) come uno strumento attivo ed
efficacie per ridurre questi avvenimenti valanghivi grazie
alla sua capacità di limitare fortemente le probabilità di
distacco di una valanga, assumendo un ruolo strategico so-
pratutto se si tratta di popolamenti ben strutturati, densi e
privi di aperture.
In tale contesto si parla di foreste di protezione che rico-
prono le pendici sovrastanti gli abitati. Infine è necessario
tenere conto dell’evoluzione delle foreste, della gestione
forestale e della selvicoltura che spesso non sono compati-
bili con le esigenze immediate di protezione per infrastrut-
ture o attività antropiche. Per questo si ricorre all’utilizzo di
strutture temporanee per stabilizzare il manto nevoso e pro-
teggere la rinnovazione che nel corso degli anni successivi
vedranno la loro funzione sostituita dallo sviluppo della
componente forestale. Infatti nel lungo periodo le foreste
sono in grado di rispondere a molteplici requisiti che si as-
sociano al loro ruolo protettivo come la produzione del leg-
name, il paesaggio e la fruizione del territorio.
Sitografia e biliografia
- Meteotrentino - www.meteotrentino.it
- Portale Geografico Trentino - http://www.territorio.
provincia.tn.it
- AINEVA - www.aineva.it
- Ceola Elio, La prevenzione del rischio di valanghe in provin-
cia di Trento - 1986
- Ceola Elio, Le valanghe nel Trentino - 2009
- Paci Marco, Ecologia forestale - 2011
- AINEVA, Neve e valanghe - n°77, dicembre 2012
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La copertura forestale e la difesa del suolo

  • 1. Bais Simone - "La copertura forestale e la difesa del suolo: Modello sul rischio di avvenimenti valanghivi nell’alta Val di Fassa" July 19, 2019 La copertura forestale e la difesa del suolo Modello sul rischio di avvenimenti valanghivi nell’alta Val di Fassa Bais Simone Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica e-mail: baissimone@yahoo.com ABSTRACT Fenomeni naturali come l’erosione, le frane, la caduta di sassi, inondazioni lungo i fiumi e le valanghe cos- tituiscono dei pericoli primari per l’uomo. Il bosco contribuisce a minimizzare gli effetti di questi eventi e ci protegge da tali pericoli naturali. In particolare le foreste di montagna rappresentano il mezzo di protezione contro le valanghe più efficacie e conveniente prevenendo il distacco delle masse nevose. In questo elaborato si è studiata una parte della vallata dell’alta Val di Fassa, in Trentino, tra gli abitati di Mazzin, Campitello di Fassa fino a lambire l’abitato di Canazei. Tale area è caratterizzata da un elevato flusso turistico, sopratutto nei mesi invernali, a causa dei numerosi e famosi impianti sciistici presenti nei vari comprensori. Per questo motivo è stato creato un modello in grado di individuare le aree maggiormente predisposte a fenomeni valanghivi analizzando sia aspetti geomorfologici, sia aspetti legati alla tipologia di copertura particellare. Sono stati utilizzati quindi parametri caratteristici che possono innescare una valanga, quali pendenza, superficie disponibile, esposizione e tipologia di copertura particellare. L’importanza della copertura forestale è stata trattata in dettaglio analizzando l’efficacia delle specie arborea presenti nella zona esaminata (abete rosso, il pino cembro e il larice) nel contrastare e prevenire i fenomeni valanghivi. Il risultato ottenuto è una mappatura del rischio di distacco valanghe nell’alta Val di Fassa. Questo strumento risulta fondamentale per individuare le zone a maggior rischio e per intervenire in modo effica- cie nelle prevenzione di questi pericolosi fenomeni, sopratutto in una zona altamente frequentata nei periodi invernali come quella analizzata. Key words. Difesa del suolo – Valanghe – Copertura forestale 1. Introduzione 1.1. Descrizione zona esaminata La Val di Fassa è una delle principali valli dolomitiche. Situata nel Trentino nord-orientale è composta da sette comuni: Moena, Soraga, Vigo di Fassa, Pozza di Fassa, Mazzin, Campitello e Canazei. La zona studiata si estende fino a Mazzin verso sud-ovest e arriva a lambire Canazei a est.La valle è attraversata per intero dal torrente Avisio, un affluente di sinistra del fiume Adige, è circondata da alcuni dei più importanti massicci delle Dolomiti, i Monti Pallidi: la Marmolada, il Gruppo del Sella, il Gruppo del Sassolungo, il Gruppo del Cati- naccio, ma anche da montagne a litologia non dolomitica quali il Buffaure e i Monzoni. Le attività che si svolgono in valle sono legate principalmente al turismo, sia estivo che invernale. Le località sciistiche della valle fanno parte del consorzio Dolomiti Superski, il più esteso al mondo. Fig. 1: Localizzazione Val di Fassa. Si esamina ora più nello specifico la zona studiata: si tratta della punta più alta della Val di Fassa, comprendente il fon- 1
  • 2. dovalle tra Mazzin e Canazei e i primi rilievi alla destra e sinistra orografica del torrente Avisio. Fig. 2: Cartina panoramica della Val di Fassa. Il bellissimo paesaggio della Val di Fassa è caratterizzato da una rigogliosa vegetazione e da una vasta copertura forestale. Il bosco di abete rosso, peccio, frassino, ontano ed altre latifoglie, parte dal fondovalle per salire fino a 1.600 metri, e nelle altitudini maggiori si mescola al larice, al pino cembro e al cirmolo. Con il variare del terreno e dell’esposizione al sole, il sottobosco muta ed è ricco di piante ed arbusti come l’erica, il ginepro, muschi e licheni e, se si sale in quota, le foreste lasciano posto ad ampie distese di pino mugo. La Val di Fassa è posta al di sopra dei 1184 metri ed è caratterizzata da condizioni climatiche tipiche della montagna temperata europea. Gli inverni sono spesso rigidi e lunghi con temperature al di sotto dello zero nei mesi tra dicembre e febbraio, l’estate è generalmente fresca mentre nei mesi delle stagioni intermedie aumenta notevolmente il numero delle precipitazioni. Nell’immagine seguente si può osservare il DTM (Digital Terrain Model) dell’area esaminata. Fig. 3: DTM dell’area esaminata. 2. Fattori di rischio valanghivo Effettuando alcune ricerche si sono isolati quelli che potrebbero essere i fattori che aumentano o diminuiscono il rischio di distacco delle valanghe. Si riporta qui di seguito l’intera lista dei parametri, che verrà poi scremata in base alla loro importanza sulla zona studiata. I parametri sono quindi: – Precipitazioni nevose: L’entità della precipitazione nevosa e la sua intensità (nevicate superiori a 30 cm in poco tempo) aumenta considerevolmente il rischio di distacco. A seguito degli apporti di neve il profilo stratigrafico del manto è caratterizzato da superfici di discontinuità che separano le nuove precipitazioni da quelle vecchie. Queste possono essere rappresentate da uno strato di brina, da croste da vento o da fusione e rigelo o semplicemente da un diverso metamorfismo della neve. Tali discontinuità favoriscono un piano di scorrimento per gli strati di neve sovrastanti. Infatti, in- genti nevicate su zone sulle quali era già presente ghiac- cio o neve ben consolidata (per esempio precipitazione lunghe e frequenti) aumentano il rischio, perché le due masse potrebbero non legarsi in modo opportuno, ab- bassando così il valore del coefficiente di coesione e facendo prevalere la forza di gravità. – Precipitazioni piovose: La pioggia comporta la fusione dei diversi strati del manto nevoso e, se la temperatura permane sopra lo 0°, la neve aumenta di peso perdendo la coesione e facendo prevalere la forza di gravità che tenderà a spingere la massa nevosa verso valle. Le pi- ogge quindi possono aumentare il fattore di rischio. – Vento: Il vento incide sulla stabilità del manto nevoso e sulla sua distribuzione; è in grado di modificare la strut- tura erodendo la parte superficiale, rendendo il manto irregolare e ondulato e contribuendo a formare degli accumuli di neve nelle zone sottovento. La sua azione quindi fa diminuire le forze di coesione e fa aumentare il carico gravitazionale fino al punto di rottura in cui si ha un distacco della massa nevosa. – Innalzamento della temperatura: La temperatura in- fluisce notevolmente sulla metamorfosi dei cristalli di neve; infatti il quantitativo di acqua nel manto nevoso aumenta rendendolo meno coeso e denso. Questo lo rende più vulnerabile alla forza di gravitò che tende a spostarlo verso valle. – Pendenze: Per avere il distacco di una valanga è neces- sario che la pendenza del rilievo sia compresa tra i 28° e i 55°. Infatti se la pendenza fosse superiore ai 55° non ci potrebbe essere accumulo di neve. Se invece fosse mi- nore di 28°, l’attrito tra la neve e il suolo prevale sulla forza di gravità non permettendo lo scivolamento della massa nevosa verso valle. – Copertura forestale: La copertura forestale ricopre un ruolo fondamentale per la prevenzione di questo fenomeno. Una copertura densa infatti diminuisce notevolmente il rischio di distacco, rendendo più stabile la massa nevosa e minore l’accumulo. Si può quindi dire che il rischio di distacco di valanghe aumenta col diradarsi della copertura forestale. Sarà quindi fonda- mentale distinguere le varie tipologie di copertura as- segnando a ciascuna di esse un valore di rischio diverso. – Superficie minima per il carico nevoso: Affinché si possa avere distacco di valanghe bisogna avere super- 2
  • 3. fici di accumulo con un’ampiezza minima di 600 m2. Senza questa condizione infatti non è possibile avere una massa nevosa sufficiente al distacco. – Variazioni di pendenza: Per favorire il distacco nevoso è necessario che ci sia una variazione di pendenza con- vessa di almeno 10° tra la zona a monte e la zona a valle. – Fattori casuali: Possono costituire fattore di rischio casuale alpinisti o sciatori imprudenti, distacchi di frane e altri fenomeni che possono turbare la massa nevosa. Chiaramente questi fattori non possono essere introdotti in questo studio in quanto “casuali”. 2.1. Scelta dei parametri rilevanti Una volta effettuata una buona ricerca sui parametri che costituiscono un fattore di rischio per il distacco di valanghe, va effettuata una dovuta cernita in base alla zona scelta per lo studio. In questo caso sono state scelte le pen- denze, condizione morfologica necessaria all’accumulo e distacco delle valanghe. Per lo stesso motivo si è deciso di valutare le variazioni di pendenza e la presenza di su- perfici minime per il sovraccarico nevoso. Oltre a queste fondamentali condizioni morfologiche è stato utilizzato il fattore di rischio dovuto alla copertura forestale. Gli al- tri parametri precedentemente elencati i non sono stati stu- diati perché alcuni di loro sono fattori che con mappe (e in seguito con GIS) non si possono analizzare, oppure sono fattori puramente casuali non semplificabili tramite mod- elli. 3. Il ruolo della copertura forestale La copertura forestale ricopre un ruolo fondamentale per la prevenzione delle valanghe, in particolare sono impor- tanti la distribuzione, il portamento e le specie degli alberi presenti. Si possono distinguere le seguenti categorie di coperture particellari: – Improduttivo: individua le zone in cui sono presenti alberi e arbusti che non sono utilizzati per scopi eco- nomici. Anche la presenza di arbusti e ceppaie con- tribuisce parzialmente a stabilizzare il manto nevoso scaricando le tensioni interne su superficie di dimen- sioni ridotte. – Pascolo: il pascolo è una formazione vegetale perma- nente a copertura erbacea o stratificata con cespugli, utilizzata direttamente dagli animali. Le formazioni ce- spugliose d’alta quota come pino mugo, rododendro, ontano verde che possiamo trovare nella zone esami- nata, sono negative agli effetti della stabilità del manto nevoso. Esse impediscono un normale ancoraggio della neve al suolo ed essendo specie molto elastiche trasmet- tono le sollecitazioni al manto nevoso che le sovrasta non opponendosi agli scivolamenti del manto nevoso stesso. Anche il manto erboso dei prati e dei pascoli favorisce lo slittamento della neve poiché si crea uno strato di discontinuità tra il terreno e la coltre nevosa con elevata presenza di aria nel mezzo. Questo fa- vorisce la formazione di cristalli a debole coesione che costituiscono un substrato favorevole allo scorrimento delle masse nevose. – Roccia: pendii lisci costituiti principalmente da roccia tendono a trattenere poco la neve fornendo una superfi- cie di scorrimento scivolosa. – Fustaia: la fustaia è un tipo di governo che si riproduce tramite semi e viene appositamente trattata a seconda degli scopi. Questa offre un’ottima protezione contro lo scivolamento del manto nevoso, assestandolo. Fig. 4: Distacco di lastrone all’interno di radure entro il limite del bosco. La maggiore efficacia protettiva è data dalle piante sem- preverdi. Nel zona esaminata in particolare si osservano in prevalenza popolazioni di abete rosso, pino cembro e larice. Abete rosso e pino cembro offrono la maggiore efficacia protettiva in quanto sono specie sempreverdi e intercettano con la loro folta chioma una notevole quantità di neve che in parte evapora direttamente sulle foglie e un’altra parte che si scarica al suolo in blocchi compattando quella pre- sente sul terreno, aumentando quindi la coesione interna e stabilizzando il manto nevoso. Inoltre in foreste dense, le 3
  • 4. variazioni di temperatura interna sono molto meno accen- tuate senza registrare valori estremi che si hanno invece in ambienti aperti a parità di quota ed esposizione. Infine, dif- ficilmente si verificano accumuli di neve portata dal vento in quanto le chiome degli alberi deviano il flusso del vento al di sopra dell’altezza della foresta. Molto meno efficacie in questo senso è il larice, una specie decidua che perde le foglie nel periodo invernale. La chioma del larice non va ad apportare modifiche sulla compattazione e distribuzione del manto nevoso al suolo. Tant’è che si possono verificare valanghe all’interno di composizioni pure di questa specie (figura 5). Fig. 5: Gruppi di larici danneggiati dai movimenti lenti del manto nevoso sul limiti di zone di scorrimento di valanghe. Spesso la zona di distacco è sovrastante il limite ar- boreo o in popolamenti estremamente radi; in questi casi le valanghe scorrono lungo canaloni che attraversano le foreste. Quando il bosco si trova sotto la zona di distacco non è in grado di attraversare la valanga in movimento, viene abbattuto in genere dallo spostamento d’aria che pre- cede la valanga. A seconda della specie che caratterizza il bosco, si potrà osservare un comportamento differente all’impatto con la valanga. Per quanto riguarda il larice, avendo un apparato radicale fittonante, ha radici molto profonde e quindi ben ancorate al suolo. Inoltre è una specie molto elastica che gli permette di avere una grande resistenza alla forza d’urto delle neve e spesso il lariceto può essere attraversato da una valanga senza subire gravi danni, come si può osservare nelle figure seguenti. (figura 6). Fig. 6: Lariceto attraversato da una valanga senza danneggiamento della foresta (accumulo di rami trasportati dal flusso a monte dei tronchi). Al contrario, se consideriamo l’abete rosso e il pino cembro, che sono specie con apparato radicale superfi- ciale, vengono completamente sradicati e trasportati a valle (figura 7). Fig. 7: Sradicamento di abete rosso con trasporto del materiale legnoso all’interno della massa nevosa. 4
  • 5. Gli elementi che vengono trasportati a valle dalla valanga, come tronchi, ramaglia, rocce hanno un duplice ruolo: in primo luogo la loro presenza agisce dissipando l’energia interna; in secondo luogo aumentando il volume trasportato, diminuendo la plasticità della massa con con- seguente aumento del potenziale distruttivo della valanga. 4. Creazione del modello sul rischio di avvenimenti valanghivi 4.1. Mappa di rischio morfologico La mappa di rischio morfologico è una mappa che com- prende i fattori di rischio dovuti alla pendenza, alle zone di area minima e alle variazioni critiche di pendenza. Questa mappa va a descrivere in modo univoco le zone in cui si possono avere distacchi di valanghe e le zone in cui questo evento non è possibile. La mappa finale che si ot- terrà infatti avrà valori 1 per le zone in cui l’evento è veri- ficabile e 0 per le zone in cui non è possibile. Come descritto nel capitolo precedente, il distacco valanghivo può avvenire se: – La pendenza è compresa tra 28° e 55°; – Si osserva una variazione di pendenza di almeno 10° con curvatura convessa; – Si ha una superficie minima di accumulo almeno pari a 600 m2. Riassumendo queste informazioni in un’unica mappa, si ottiene quanto segue. Fig. 8: Mappa di rischio morfologico. 4.2. Mappa di rischio da copertura forestale E’ noto che il rischio di distacco valanghe sia notevol- mente influenzato dalla tipologia di copertura particellare, come esposto nei capitoli precedenti.Per questo motivo, la mappa di rischio da copertura forestale è stata realizzata assegnando i seguenti pesi: – Il livello nullo 0 si assegna alle zone di fondovalle, non caratterizzate da alcuna tipologia di copertura particel- lare. – Si assegna il rischio minimo 1 nella zona a copertura fustaia, ossia nelle zone in cui sono presenti alberi di grosso fusto più o meno dense, che quindi non fa- voriscono il distacco. – Con rischio di livello 2 si contrassegnano le zone de- nominate improduttivo, ossia le zone in cui sono pre- senti semplicemente arbusti e cespugli, che danno un contributo minimo alla stabilizzazione del versante. – Il rischio di livello 3 viene invece assegnato alle zone di pascolo e pascolo demaniale, dove invece la copertura forestale è totalmente assente e gli accumuli di neve non trovano elementi naturali a fare da freno. – Inoltre si sono distinte le zone rocciose di livello 4 (quindi massimo) quelle collocate ad un’altezza mag- giore di 1.600m s.l.m. Il risultato che si ottiene per la mappa di rischio della cop- ertura forestale è il seguente: Fig. 9: Mappa di rischio copertura forestale. 4.3. Determinazione della mappa di rischio del distacco valanghe Per finire si uniscono le due mappe di rischio (mappa di rischio morfologico e mappa di rischio dovuto alla coper- tura forestale). Si ricorda che la mappa di rischio morfo- logico è binaria, quindi non andrà sommata a quella di ris- chio vegetazione, bensì moltiplicata. Moltiplicando infatti le due mappe si va a dare rischio “0”, nonostante la coper- tura forestale, a tutte le zone che non presentano le caratter- istiche morfologiche necessarie al distacco di valanghe. Le altre zone invece non varieranno il loro livello di rischio. Fig. 10: Unione della mappa di rischio morfologico e mappa di rischio copertura forestale. 5
  • 6. 4.4. Integrazione con la mappa di esposizione Per aggiungere un ulteriore informazione alla mappa ot- tenuta, si è inserito anche il rischio dovuto all’esposizione dei versanti, in quanto le zone con esposizione a SUD sono più soggette alla radiazione solare e quindi più propense alla creazione di piani di scivolamento. Infatti il riscaldamento diurno e il successivo raffreddamento not- turno formano uno strato di neve superficiale ghiacciata che può facilitare lo scorrimento di neve accumulatasi in seguito sopra di esso. L’integrazione della mappa di rischio esposizione con quella di rischio totale già ricavata si ottiene tramite una semplice somma, che andrà quindi ad aggiungere un valore di rischio +1 a tutte le zone esposte a SUD, mantenendo in- variate le altre +0. Il risultato finale che si ottiene è il seguente: Fig. 11: Mappa di rischio distacco valanghe nella Val di Fassa. 5. Conclusioni In accordo con quanto introdotto nel presente articolo, la zona esaminata risulta essere caratterizzata da un rischio di distacco valanghe piuttosto elevato. Infatti troviamo molte zone rocciose (oppure con piccoli cespugli) sopratutto ad alte altitudine dove la pendenza e la superficie disponibile influenzano altamente questo fenomeno. Il risultato ottenuto si può sovrapporre e confrontare con la mappa della valanghe registrate nella zona esaminata (figura 12) dalla Provincia di Trento. Fig. 12: Sovrapposizione con i fenomeni valanghivi registrati in pas- sato. Si osserva un’ottima corrispondenza con le aree di innesco e distacco delle valanghe, a sottolineare la bontà del mod- ello creato. Da sottolineare che, la mappa fornita dalla Provincia, presenta anche le zone di scorrimento; infatti la massa nevosa si propaga ed avanza verso valle seguendo i numerosi canaloni presenti nei rilievi circostanti la vallata. Queste zone non interessano il nostro modello in quanto analizza semplicemente le potenziali aree di distacco di valanghe. Risulta molto importante considerare la foresta (struttura disetanea che garantisce continuità della rinnovazione e della copertura del suolo) come uno strumento attivo ed efficacie per ridurre questi avvenimenti valanghivi grazie alla sua capacità di limitare fortemente le probabilità di distacco di una valanga, assumendo un ruolo strategico so- pratutto se si tratta di popolamenti ben strutturati, densi e privi di aperture. In tale contesto si parla di foreste di protezione che rico- prono le pendici sovrastanti gli abitati. Infine è necessario tenere conto dell’evoluzione delle foreste, della gestione forestale e della selvicoltura che spesso non sono compati- bili con le esigenze immediate di protezione per infrastrut- ture o attività antropiche. Per questo si ricorre all’utilizzo di strutture temporanee per stabilizzare il manto nevoso e pro- teggere la rinnovazione che nel corso degli anni successivi vedranno la loro funzione sostituita dallo sviluppo della componente forestale. Infatti nel lungo periodo le foreste sono in grado di rispondere a molteplici requisiti che si as- sociano al loro ruolo protettivo come la produzione del leg- name, il paesaggio e la fruizione del territorio. Sitografia e biliografia - Meteotrentino - www.meteotrentino.it - Portale Geografico Trentino - http://www.territorio. provincia.tn.it - AINEVA - www.aineva.it - Ceola Elio, La prevenzione del rischio di valanghe in provin- cia di Trento - 1986 - Ceola Elio, Le valanghe nel Trentino - 2009 - Paci Marco, Ecologia forestale - 2011 - AINEVA, Neve e valanghe - n°77, dicembre 2012 6