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Per puntare all’efficienza
serve un salto di qualità
che guardi a 360 gradi
Il parere della Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia
Più energy manager nominati, maggiore
attenzione alla misurazione dei consumi, Esco
più sviluppate e un nuovo approccio da parte
delle banche. Questi i pilastri per far crescere
la white economy secondo Dario Di Santo,
direttore della Fire

6	

intervista

Q

uali sono le azioni da intraprendere per stimolare una gestione più
intelligente e strategica dell’energia nel nostro Paese? Energia24 lo
ha chiesto a Dario Di Santo, direttore della Fire (Federazione italiana per
l’uso razionale dell’energia), che per spiegarlo è partito da una lacuna
che riguarda la figura cardine che deve farsene carico: l’energy manager.
• Attualmente nella lista che gestisce la Fire figurano 2.736 energy manager nominati. Una parte manca ancora all’appello: a stima,
quanti dovrebbero essere questi soggetti in Italia, secondo la legge 10/91?
Il numero citato si riferisce all’insieme degli energy manager il cui nominativo è stato inviato alla Fire secondo quanto previsto dalla legge 10/91
e dalle sue circolari applicative. In complesso, nel 2013 sono stati nominati 1.930 energy manager dai soggetti obbligati, di cui 399 riferiti a
energy manager locali, ossia quelli nominati dalle organizzazioni multisito in aggiunta al responsabile centrale. A questi si aggiungono 171 energy manager nominati dopo la scadenza annua del 30 aprile e 635 ener-
Da quasi trent’anni al servizio dell’energia efficiente
Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia)
nasce nel 1987 come associazione tecnico-scientifica
indipendente e senza finalità di lucro, il cui scopo è promuovere l’uso efficiente dell’energia, supportando, attraverso le
attività istituzionali e i servizi erogati, chi opera nel settore e
favorendo - in collaborazione con le istituzioni di riferimento
- un’evoluzione positiva del quadro legislativo e regolatorio.
La Fire gestisce dal 1992, su incarico a titolo non oneroso del
ministero dello Sviluppo economico, la rete degli energy

gy manager incaricati da organizzazioni non soggette all’obbligo di legge
(nomina quest’ultima fatta da alcune aziende per ragioni di sensibilità al
tema dell’efficienza energetica, da altre per accedere in modo diretto allo
schema dei certificati bianchi).
Nonostante i benefici legati alla nomina, gli inadempienti non mancano.
Sebbene non sia possibile fare una stima precisa, la Fire valuta che fra
gli obbligati di energy manager dovrebbero essercene almeno il doppio.
(ndr: le stime Fire sul tema sono contenute nel Rapporto sugli energy
manager 2013 pubblicato sul sito http://em.fire-italia.org).
• Il settore più “latitante” è la Pubblica amministrazione: secondo
i dati riportati nel Rapporto sugli energy manager 2013 pubblicato
da Fire la norma è disattesa da 8-9 enti pubblici su 10. Cosa si
dovrebbe fare?
Questo è un punto dolente, che evidenzia ancora una volta la generale
carenza di attenzione alla gestione della spesa pubblica nel nostro Paese. Qualche numero sulle nomine pervenute: fra i ministeri e le agenzie
sono presenti solo 3 soggetti, le regioni con un energy manager nominato sono solo 7 su 20, le province 43 su 110 e fra gli enti locali se ne
contano 105 su un potenziale stimato di un migliaio.
Le legge 10/91 per scoraggiare le inadempienze aveva previsto due meccanismi. Il primo, il bastone, è una pesante sanzione, mai attuata e dunque non in grado di esercitare il suo potere deterrente. Il secondo, la
carota, era il subordinare l’elargizione degli incentivi per l’efficienza energetica alla nomina dell’energy manager. Questo secondo aspetto, più
utile in questa fase storica, trova al momento compimento nel meccanismo dei certificati bianchi, che prevedono la nomina di un energy manager per poter accedere direttamente all’incentivo, senza necessità di
passare per una società di servizi. Sarebbe però utile che ci si ricordas-

manager individuati ai sensi della Legge 10/91, recependone
le nomine e promuovendone il ruolo attraverso varie iniziative.
Nel 2008 la Federazione ha avviato il Secem, una struttura
interna dedicata alla certificazione delle competenze degli
Esperti in gestione dell’energia (Ege), in accordo con la
norma Uni Cei 11339. La Fire, inoltre, ha acquisito nel 2010 la
quota minoritaria di Isnova, una partecipata dell’Enea (socio
fondatore della Fire) attiva nell’ambito dell’innovazione e della
formazione nel settore dell’energia.

se di questo approccio anche per gli altri incentivi, sia nazionali, sia
regionali e locali.
• Oltre alla mancanza di un responsabile deputato, una seconda
barriera all’efficienza nella Pa è quella finanziaria. Con il vincolo
del patto di stabilità, le Esco sono la soluzione?
Le Esco possono essere una soluzione e i provvedimenti europei e nazionali degli ultimi anni spingono molto su questo modello. Il problema è che
per offrire la garanzia dei risultati servono le misure puntuali dei consumi
aziendali, su cui si basano i risparmi, ossia un sistema di monitoraggio e
di indicatori di prestazione energetica. In assenza di misure adeguate non
è possibile costruire business plan di intervento solidi e quindi viene meno
la possibilità di ricorrere al finanziamento tramite terzi, che è il principale motivo di interesse del modello delle Esco. Per poter sfruttare appieno
tale modello servono dunque: più misurazioni da parte degli utenti finali
(è richiesto un investimento, ma ne vale sempre la pena), sviluppo maggiore e crescita delle Esco sul mercato (spesso piccole e giovani, dunque
con una limitata capacità di azione), operatori ed energy manager qualificati e un salto di qualità del sistema bancario.
• Anche nel mondo delle imprese servirebbero nuovi strumenti
finanziari e nuove forme di sostegno per stimolare la “white economy”. Le banche dovrebbero cambiare approccio? Potrebbero
servire strumenti come il credito di imposta?
Come accennato, le banche devono cambiare approccio, arrivando a
finanziare interventi sulla base del business plan e non di garanzie reali
o del merito creditizio del cliente. Questo presuppone una contestuale
maturazione degli operatori e della loro capacità di proporre business
plan convincenti. Di interventi di efficientamento energetico convenienti

	

intervista	

7
I buoni motivi per nominare un energy manager
La legge 10/91 all’art. 19 stabilisce che i soggetti industriali con consumi annui in fonti primarie
superiori a 10.000 Tep (Tonnellate equivalenti di petrolio) sono obbligati a nominare ogni anno entro
il 30 aprile un energy manager, così come i soggetti dei settori civile e trasporti sopra i 1.000 Tep.
Un Tep corrisponde a 5.000 kWh elettrici, 1.200 metri cubi di gas naturale o 11.700 kWh termici. Le
sanzioni per gli inadempienti non sono mai state applicate, ma nominare un energy manager
conviene per i seguenti motivi: benefici nell’accesso agli incentivi, accesso ai servizi erogati dalla
Fire in base a un accordo con il ministero dello Sviluppo economico, ricadute positive in termini di
immagine. Non a caso, vi sono nomine anche da parte di soggetti che non raggiungono tali soglie
di consumo. Gli energy manager possono essere dipendenti dell’azienda o consulenti esterni. Per
consumi consistenti è consigliabile nominare un proprio dirigente, per garantire un confronto con i
decisori aziendali. I requisiti suggeriti dalle circolari ministeriali per l’energy manager sono in linea
con quelli degli Esperti in gestione dell’energia (Ege) di cui alla norma Uni Cei 11339.

ne esistono diversi, anche collegati ai processi industriali, come dimostrano in primo luogo le esperienze delle aziende. Le risorse si possono
dunque trovare.
La Fire ha realizzato tre anni fa su commessa Enea uno studio sui fondi
di garanzia, in cui proponeva con forza l’utilizzo di questi strumenti per
l’efficienza energetica. La barriera da superare in genere non è infatti la
scarsa redditività dell’investimento - per la quale peraltro si può attingere allo schema dei certificati bianchi, al conto termico o alle detrazioni
fiscali al 65 e 50% -, ma i rischi connessi ai ritardati pagamenti e alla
riduzione dell’utilizzo degli edifici o della produzione industriale. Rischi
per il superamento dei quali operare su un numero consistente di clienti
e avere un fondo di garanzia può essere di grande aiuto. Altri schemi
possono essere ugualmente efficaci, purché pensati nel medio periodo
e poi opportunamente gestiti.
• Come si posiziona l’Italia sul tema dei sistemi di gestione
dell’energia? Rispetto alla Germania, per esempio, risultiamo molto indietro nella loro adozione...
A fine 2013, secondo i dati più aggiornati forniti da Din (Istituto tedesco
per la standardizzazione, ndr) in Italia si contano 184 siti e 142 organizzazioni certificati con sistema di gestione dell’energia. Si tratta rispettivamente del terzo e del secondo posto a livello mondiale, con un miglioramento rispetto all’anno precedente. Un risultato importante, considerato che in Italia la certificazione non è purtroppo incentivata (aspetto su
cui Fire aveva proposto di intervenire già due anni fa). La Germania,
grazie ai contributi rivolti alle imprese che si certificano - ad esempio gli
sconti per gli energivori - tiene saldamente la prima posizione con 2.671
siti e 1.424 organizzazioni certificati. Le esperienze all’estero dimostrano
la convenienza nell’adozione di un sistema di gestione dell’energia per le

8	

intervista

aziende, per cui in Fire abbiamo promosso e continuiamo a stimolarne
l’adozione.
• La Fire è critica sugli sconti di cui beneficiano le imprese energivore. Del resto alcuni nostri comparti industriali, che lamentano
costi dell’energia più alti della media Ue, sarebbero ancora meno
competitivi sui mercati internazionali. Dove è la soluzione?
Lo sconto per gli energivori risulta attraente per le imprese, ma ha lo
svantaggio di non risolvere il problema dei costi dell’energia, che anzi si
aggrava in quanto si rendono meno convenienti gli interventi di efficientamento energetico, unica soluzione strutturale. Il tutto con un aggravio
di spesa per gli utenti non beneficiati dalla misura, come i cittadini e le
piccole imprese. Lo sconto di per sé è solo un sussidio, l’efficienza energetica, invece, aiuta le imprese utenti finali perché allevia strutturalmente il problema della spesa energetica e contestualmente attiva una filiera
di progettisti, installatori e manutentori, società di servizi e fornitori di
tecnologie. La Fire, a tale proposito, ha proposto di subordinare lo sconto alla nomina dell’energy manager e all’adozione della certificazione Iso
50001.
Abbiamo bisogno di una “visione” in questo Paese, che coinvolga politici, dirigenti e tutta la società in un clima costruttivo e responsabile. Per
l’energia, a parere di Fire questo significa più efficienza energetica e
rafforzamento delle politiche di adozione delle fonti rinnovabili; un tema,
quest’ultimo, su cui ultimamente si sta tornando indietro, nascondendo
dietro il problema degli oneri di sistema una serie di errori a 360 gradi
compiuti un po’ da tutti gli stakeholder.
Maria Andreetta

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Intervista sui temi dell'efficienza energetica e degli energy manager su Energia24

  • 1. Per puntare all’efficienza serve un salto di qualità che guardi a 360 gradi Il parere della Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia Più energy manager nominati, maggiore attenzione alla misurazione dei consumi, Esco più sviluppate e un nuovo approccio da parte delle banche. Questi i pilastri per far crescere la white economy secondo Dario Di Santo, direttore della Fire 6 intervista Q uali sono le azioni da intraprendere per stimolare una gestione più intelligente e strategica dell’energia nel nostro Paese? Energia24 lo ha chiesto a Dario Di Santo, direttore della Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia), che per spiegarlo è partito da una lacuna che riguarda la figura cardine che deve farsene carico: l’energy manager. • Attualmente nella lista che gestisce la Fire figurano 2.736 energy manager nominati. Una parte manca ancora all’appello: a stima, quanti dovrebbero essere questi soggetti in Italia, secondo la legge 10/91? Il numero citato si riferisce all’insieme degli energy manager il cui nominativo è stato inviato alla Fire secondo quanto previsto dalla legge 10/91 e dalle sue circolari applicative. In complesso, nel 2013 sono stati nominati 1.930 energy manager dai soggetti obbligati, di cui 399 riferiti a energy manager locali, ossia quelli nominati dalle organizzazioni multisito in aggiunta al responsabile centrale. A questi si aggiungono 171 energy manager nominati dopo la scadenza annua del 30 aprile e 635 ener-
  • 2. Da quasi trent’anni al servizio dell’energia efficiente Fire (Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia) nasce nel 1987 come associazione tecnico-scientifica indipendente e senza finalità di lucro, il cui scopo è promuovere l’uso efficiente dell’energia, supportando, attraverso le attività istituzionali e i servizi erogati, chi opera nel settore e favorendo - in collaborazione con le istituzioni di riferimento - un’evoluzione positiva del quadro legislativo e regolatorio. La Fire gestisce dal 1992, su incarico a titolo non oneroso del ministero dello Sviluppo economico, la rete degli energy gy manager incaricati da organizzazioni non soggette all’obbligo di legge (nomina quest’ultima fatta da alcune aziende per ragioni di sensibilità al tema dell’efficienza energetica, da altre per accedere in modo diretto allo schema dei certificati bianchi). Nonostante i benefici legati alla nomina, gli inadempienti non mancano. Sebbene non sia possibile fare una stima precisa, la Fire valuta che fra gli obbligati di energy manager dovrebbero essercene almeno il doppio. (ndr: le stime Fire sul tema sono contenute nel Rapporto sugli energy manager 2013 pubblicato sul sito http://em.fire-italia.org). • Il settore più “latitante” è la Pubblica amministrazione: secondo i dati riportati nel Rapporto sugli energy manager 2013 pubblicato da Fire la norma è disattesa da 8-9 enti pubblici su 10. Cosa si dovrebbe fare? Questo è un punto dolente, che evidenzia ancora una volta la generale carenza di attenzione alla gestione della spesa pubblica nel nostro Paese. Qualche numero sulle nomine pervenute: fra i ministeri e le agenzie sono presenti solo 3 soggetti, le regioni con un energy manager nominato sono solo 7 su 20, le province 43 su 110 e fra gli enti locali se ne contano 105 su un potenziale stimato di un migliaio. Le legge 10/91 per scoraggiare le inadempienze aveva previsto due meccanismi. Il primo, il bastone, è una pesante sanzione, mai attuata e dunque non in grado di esercitare il suo potere deterrente. Il secondo, la carota, era il subordinare l’elargizione degli incentivi per l’efficienza energetica alla nomina dell’energy manager. Questo secondo aspetto, più utile in questa fase storica, trova al momento compimento nel meccanismo dei certificati bianchi, che prevedono la nomina di un energy manager per poter accedere direttamente all’incentivo, senza necessità di passare per una società di servizi. Sarebbe però utile che ci si ricordas- manager individuati ai sensi della Legge 10/91, recependone le nomine e promuovendone il ruolo attraverso varie iniziative. Nel 2008 la Federazione ha avviato il Secem, una struttura interna dedicata alla certificazione delle competenze degli Esperti in gestione dell’energia (Ege), in accordo con la norma Uni Cei 11339. La Fire, inoltre, ha acquisito nel 2010 la quota minoritaria di Isnova, una partecipata dell’Enea (socio fondatore della Fire) attiva nell’ambito dell’innovazione e della formazione nel settore dell’energia. se di questo approccio anche per gli altri incentivi, sia nazionali, sia regionali e locali. • Oltre alla mancanza di un responsabile deputato, una seconda barriera all’efficienza nella Pa è quella finanziaria. Con il vincolo del patto di stabilità, le Esco sono la soluzione? Le Esco possono essere una soluzione e i provvedimenti europei e nazionali degli ultimi anni spingono molto su questo modello. Il problema è che per offrire la garanzia dei risultati servono le misure puntuali dei consumi aziendali, su cui si basano i risparmi, ossia un sistema di monitoraggio e di indicatori di prestazione energetica. In assenza di misure adeguate non è possibile costruire business plan di intervento solidi e quindi viene meno la possibilità di ricorrere al finanziamento tramite terzi, che è il principale motivo di interesse del modello delle Esco. Per poter sfruttare appieno tale modello servono dunque: più misurazioni da parte degli utenti finali (è richiesto un investimento, ma ne vale sempre la pena), sviluppo maggiore e crescita delle Esco sul mercato (spesso piccole e giovani, dunque con una limitata capacità di azione), operatori ed energy manager qualificati e un salto di qualità del sistema bancario. • Anche nel mondo delle imprese servirebbero nuovi strumenti finanziari e nuove forme di sostegno per stimolare la “white economy”. Le banche dovrebbero cambiare approccio? Potrebbero servire strumenti come il credito di imposta? Come accennato, le banche devono cambiare approccio, arrivando a finanziare interventi sulla base del business plan e non di garanzie reali o del merito creditizio del cliente. Questo presuppone una contestuale maturazione degli operatori e della loro capacità di proporre business plan convincenti. Di interventi di efficientamento energetico convenienti intervista 7
  • 3. I buoni motivi per nominare un energy manager La legge 10/91 all’art. 19 stabilisce che i soggetti industriali con consumi annui in fonti primarie superiori a 10.000 Tep (Tonnellate equivalenti di petrolio) sono obbligati a nominare ogni anno entro il 30 aprile un energy manager, così come i soggetti dei settori civile e trasporti sopra i 1.000 Tep. Un Tep corrisponde a 5.000 kWh elettrici, 1.200 metri cubi di gas naturale o 11.700 kWh termici. Le sanzioni per gli inadempienti non sono mai state applicate, ma nominare un energy manager conviene per i seguenti motivi: benefici nell’accesso agli incentivi, accesso ai servizi erogati dalla Fire in base a un accordo con il ministero dello Sviluppo economico, ricadute positive in termini di immagine. Non a caso, vi sono nomine anche da parte di soggetti che non raggiungono tali soglie di consumo. Gli energy manager possono essere dipendenti dell’azienda o consulenti esterni. Per consumi consistenti è consigliabile nominare un proprio dirigente, per garantire un confronto con i decisori aziendali. I requisiti suggeriti dalle circolari ministeriali per l’energy manager sono in linea con quelli degli Esperti in gestione dell’energia (Ege) di cui alla norma Uni Cei 11339. ne esistono diversi, anche collegati ai processi industriali, come dimostrano in primo luogo le esperienze delle aziende. Le risorse si possono dunque trovare. La Fire ha realizzato tre anni fa su commessa Enea uno studio sui fondi di garanzia, in cui proponeva con forza l’utilizzo di questi strumenti per l’efficienza energetica. La barriera da superare in genere non è infatti la scarsa redditività dell’investimento - per la quale peraltro si può attingere allo schema dei certificati bianchi, al conto termico o alle detrazioni fiscali al 65 e 50% -, ma i rischi connessi ai ritardati pagamenti e alla riduzione dell’utilizzo degli edifici o della produzione industriale. Rischi per il superamento dei quali operare su un numero consistente di clienti e avere un fondo di garanzia può essere di grande aiuto. Altri schemi possono essere ugualmente efficaci, purché pensati nel medio periodo e poi opportunamente gestiti. • Come si posiziona l’Italia sul tema dei sistemi di gestione dell’energia? Rispetto alla Germania, per esempio, risultiamo molto indietro nella loro adozione... A fine 2013, secondo i dati più aggiornati forniti da Din (Istituto tedesco per la standardizzazione, ndr) in Italia si contano 184 siti e 142 organizzazioni certificati con sistema di gestione dell’energia. Si tratta rispettivamente del terzo e del secondo posto a livello mondiale, con un miglioramento rispetto all’anno precedente. Un risultato importante, considerato che in Italia la certificazione non è purtroppo incentivata (aspetto su cui Fire aveva proposto di intervenire già due anni fa). La Germania, grazie ai contributi rivolti alle imprese che si certificano - ad esempio gli sconti per gli energivori - tiene saldamente la prima posizione con 2.671 siti e 1.424 organizzazioni certificati. Le esperienze all’estero dimostrano la convenienza nell’adozione di un sistema di gestione dell’energia per le 8 intervista aziende, per cui in Fire abbiamo promosso e continuiamo a stimolarne l’adozione. • La Fire è critica sugli sconti di cui beneficiano le imprese energivore. Del resto alcuni nostri comparti industriali, che lamentano costi dell’energia più alti della media Ue, sarebbero ancora meno competitivi sui mercati internazionali. Dove è la soluzione? Lo sconto per gli energivori risulta attraente per le imprese, ma ha lo svantaggio di non risolvere il problema dei costi dell’energia, che anzi si aggrava in quanto si rendono meno convenienti gli interventi di efficientamento energetico, unica soluzione strutturale. Il tutto con un aggravio di spesa per gli utenti non beneficiati dalla misura, come i cittadini e le piccole imprese. Lo sconto di per sé è solo un sussidio, l’efficienza energetica, invece, aiuta le imprese utenti finali perché allevia strutturalmente il problema della spesa energetica e contestualmente attiva una filiera di progettisti, installatori e manutentori, società di servizi e fornitori di tecnologie. La Fire, a tale proposito, ha proposto di subordinare lo sconto alla nomina dell’energy manager e all’adozione della certificazione Iso 50001. Abbiamo bisogno di una “visione” in questo Paese, che coinvolga politici, dirigenti e tutta la società in un clima costruttivo e responsabile. Per l’energia, a parere di Fire questo significa più efficienza energetica e rafforzamento delle politiche di adozione delle fonti rinnovabili; un tema, quest’ultimo, su cui ultimamente si sta tornando indietro, nascondendo dietro il problema degli oneri di sistema una serie di errori a 360 gradi compiuti un po’ da tutti gli stakeholder. Maria Andreetta