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Nadia Ghittorelli 
n.ghittorelli@ilcorrieredelgarda.info 
Responsabile di Redazione “il CORRIERE DEL GARDA” 
Il Resho: quando 
rap e filosofia s’incontrano 
E’ uscito ad agosto “Something Left vol. II”, 
il nuovo lavoro di Resho aka Fabio Resciniti e Mastrobeat 
dei molti modi per fare filosofia. “Something Left vol. II” è 
un puzzle di diversi momenti di vita vissuta, nasce da testi 
ritrovati “su block notes o incisi su dischi”, alla ricerca delle 
emozioni di quei momenti, ripercorrendo a ritroso il proprio 
percorso personale. Il tutto guardando con lucidità e senza 
sconti la realtà circostante, senza scadere nel pessimismo o 
nella facile volgarità. 
La riflessione filosofico-sociale proposta invita a pensare 
su tempi più lunghi, e a ragionare non più attraverso 
categorie quali etnie, regioni, ecc.. ma come umanità verso 
un unico orizzonte comune. Con 
una necessaria dose di utopia, 
alla quale non si può rinunciare, 
e che tuttavia dev’essere vista 
come un punto di arrivo a lungo 
termine: “L’utopia del presente-dice 
il Resho - ha generato 
mostri”. Contro la superficialità 
e contro il disorientamento 
che l’instabilità di questi tempi 
crea, facendoci perdere di vista 
che il progresso è possibile e 
positivo, travolti come siamo 
dal nichilismo e dai non-valori: 
“abbiamo sogni nel cassetto 
chiusi a chiave/mediamente 
desideri da acquistare” (Vite di 
scarto, Redenzione Violenta). 
I 13 pezzi dell’album, che potete ascoltare sul sito ufficiale 
www.resho.it, si snodano fluidamente sulle ricercate 
sonorità di Mastrobeat e vantano diversi contributi, quali 
Astio, Jago, Nevek e Non dire Chaz. Forse il brano migliore 
è “Alcool e Sceriffi”, in collaborazione con Jago, dove il 
Resho pone l’accento sui paradossi delle restrizioni sulla 
vita notturna: tutto sembra lecito in presenza di interessi 
economici, purchè non sia sotto gli occhi di tutti. 
Qualcosa di abbondonato, qualcosa di sinistra. E’ questa 
combinazione di significati che dà il titolo alla raccolta 
“Something Left vol. II”, una miscellanea di lavori più o 
meno recenti nati dalla collaborazione del rapper bresciano 
Resho, all’anagrafe Fabio Resciniti, e del beatmaker 
Mastrobeat. 
Il loro incontro, risalente al 2008, avviene a Verona dove 
Fabio si è laureato in Filosofia. Mastro, come lo chiama 
amichevolmente il rapper, gli diede 33 basi su cui provare a 
rappare i suoi testi. Soddisfatti del risultato hanno cominciato 
una collaborazione che ha dato 
come risultato la pubblicazione, 
nel 2009, di “Something Left 
vol. I”. Nel 2011 viene alla luce 
“Redenzione Violenta”, un 
non-cd, un esperimento che è 
stato pubblicato solo sul web. 
Partendo dalle basi di “Grimage 
Violento” di Mastrobeat (2010), 
il Resho si è misurato con il 
dubstep, sperimentando così 
i suoi testi con tempi diversi 
rispetto quelli del rap. Non tutto 
di “Redenzione Violenta” è forse 
degno di nota, ma ci sono alcune 
perle come “Figlio del peccato 
originale”, che pur potendo 
sembrare ad un orecchio distratto una polemica contro la 
Chiesa, è invece una profonda riflessione su un passo di 
Herbert Marcuse, in cui si ragionava sul peccato originale 
come gesto di “ostinata libertà”. La filosofia, d’altronde, 
permea tutti i testi del rapper bresciano: e non è solo una 
mera citazione da opere altrui, è la filosofia del Resho, 
vissuta pienamente durante gli studi e la lettura degli autori 
preferiti (su tutti, appunto, Marcuse, ma anche Kant e altri); 
è la sua visione del mondo, e il rap non è altro che uno 
N° 35 Ottobre 2013 23

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Il resho quando rap e filosofia s'incontrano

  • 1. Nadia Ghittorelli n.ghittorelli@ilcorrieredelgarda.info Responsabile di Redazione “il CORRIERE DEL GARDA” Il Resho: quando rap e filosofia s’incontrano E’ uscito ad agosto “Something Left vol. II”, il nuovo lavoro di Resho aka Fabio Resciniti e Mastrobeat dei molti modi per fare filosofia. “Something Left vol. II” è un puzzle di diversi momenti di vita vissuta, nasce da testi ritrovati “su block notes o incisi su dischi”, alla ricerca delle emozioni di quei momenti, ripercorrendo a ritroso il proprio percorso personale. Il tutto guardando con lucidità e senza sconti la realtà circostante, senza scadere nel pessimismo o nella facile volgarità. La riflessione filosofico-sociale proposta invita a pensare su tempi più lunghi, e a ragionare non più attraverso categorie quali etnie, regioni, ecc.. ma come umanità verso un unico orizzonte comune. Con una necessaria dose di utopia, alla quale non si può rinunciare, e che tuttavia dev’essere vista come un punto di arrivo a lungo termine: “L’utopia del presente-dice il Resho - ha generato mostri”. Contro la superficialità e contro il disorientamento che l’instabilità di questi tempi crea, facendoci perdere di vista che il progresso è possibile e positivo, travolti come siamo dal nichilismo e dai non-valori: “abbiamo sogni nel cassetto chiusi a chiave/mediamente desideri da acquistare” (Vite di scarto, Redenzione Violenta). I 13 pezzi dell’album, che potete ascoltare sul sito ufficiale www.resho.it, si snodano fluidamente sulle ricercate sonorità di Mastrobeat e vantano diversi contributi, quali Astio, Jago, Nevek e Non dire Chaz. Forse il brano migliore è “Alcool e Sceriffi”, in collaborazione con Jago, dove il Resho pone l’accento sui paradossi delle restrizioni sulla vita notturna: tutto sembra lecito in presenza di interessi economici, purchè non sia sotto gli occhi di tutti. Qualcosa di abbondonato, qualcosa di sinistra. E’ questa combinazione di significati che dà il titolo alla raccolta “Something Left vol. II”, una miscellanea di lavori più o meno recenti nati dalla collaborazione del rapper bresciano Resho, all’anagrafe Fabio Resciniti, e del beatmaker Mastrobeat. Il loro incontro, risalente al 2008, avviene a Verona dove Fabio si è laureato in Filosofia. Mastro, come lo chiama amichevolmente il rapper, gli diede 33 basi su cui provare a rappare i suoi testi. Soddisfatti del risultato hanno cominciato una collaborazione che ha dato come risultato la pubblicazione, nel 2009, di “Something Left vol. I”. Nel 2011 viene alla luce “Redenzione Violenta”, un non-cd, un esperimento che è stato pubblicato solo sul web. Partendo dalle basi di “Grimage Violento” di Mastrobeat (2010), il Resho si è misurato con il dubstep, sperimentando così i suoi testi con tempi diversi rispetto quelli del rap. Non tutto di “Redenzione Violenta” è forse degno di nota, ma ci sono alcune perle come “Figlio del peccato originale”, che pur potendo sembrare ad un orecchio distratto una polemica contro la Chiesa, è invece una profonda riflessione su un passo di Herbert Marcuse, in cui si ragionava sul peccato originale come gesto di “ostinata libertà”. La filosofia, d’altronde, permea tutti i testi del rapper bresciano: e non è solo una mera citazione da opere altrui, è la filosofia del Resho, vissuta pienamente durante gli studi e la lettura degli autori preferiti (su tutti, appunto, Marcuse, ma anche Kant e altri); è la sua visione del mondo, e il rap non è altro che uno N° 35 Ottobre 2013 23