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ECONOMIA
UNPAESEDELVINO,
LAROMANIA
Per capire come sta cambiando il
mercato del vino in Romania partia-
mo da Arad, città di frontiera a una
cinquantina di chilometri dal confine
serbo e ungherese. Un venerdì sera
in una via corta e stretta, due finestre
al piano terra, una porta anonima: è
la sede del Clubul Degustatorilor de
Vin Neautorizati (club degustatori di
vino non autorizzati). “Abbiamo co-
minciato a organizzare degustazioni
nel 2012 – racconta Dan Coclici,
uno dei quattro fondatori – in due
stanze che possono ospitare poco
più di 30 persone. Oggi abbiamo più
di 100 membri paganti e ci ritroviamo
quattro o cinque volte alla settimana
per assaggiare vini rumeni, ma anche
italiani, spagnoli e portoghesi, spes-
so in compagnia dei produttori”. Una
serata trascorsa tra queste mura,
tappezzate da più di 500 fotografie
autografate da personaggi famosi di
tutto il mondo, consente di toccare
con mano la sorprendente passione
che in questo Paese si sta diffonden-
do nei confronti del vino.
Dopo la caduta del regime comu-
nista, nel dicembre 1989, nessuno
avrebbe potuto immaginare un cam-
biamento del genere. Certo, la Ro-
mania ha tradizioni viti-vinicole che
risalgono a 4.000 anni fa, quando
gli antichi greci cominciarono a inse-
diarsi sulle rive del Mar Nero, in quella
che oggi è la regione della Dobrogea.
Ma la recente storia del Paese, con la
proclamazione della Repubblica Po-
polare nel 1947, l’instaurarsi del regi-
me comunista e la collettivizzazione
della proprietà privata, ha costretto i
viticoltori a cedere i terreni a entità
cooperative o statali e a diventare di
fatto dipendenti del governo. In quegli
anni il settore viti-vinicolo rumeno ha
avuto come principale obbiettivo pro-
durre elevati volumi a scapito della
qualità, e oggi nel Paese si avvertono
ancora tracce di questo recente pas-
sato. Basti pensare che le barbatelle
di qualità, anche di varietà autoctone
locali, devono essere acquistate all’e-
stero, e che la cultura viti-vinicola è
ancora molto carente. “In Romania le
scuole enologiche operano limitata-
mente – conferma l’enologo Riccar-
do Cotarella – e il vino è ancora visto
dalla maggior parte della popolazione
come una bevanda da sballo, da con-
sumare in maniera occasionale”.
Il punto di svolta del settore vitivini-
colo rumeno risale all’inizio del nuovo
millennio, quando la situazione politi-
ca del Paese diventa più rassicurante
agli occhi degli investitori stranieri,
grazie all’ingresso nella Nato nel
2002 e nella Comunità Europea nel
2007. In realtà la prima cantina in-
dipendente del Paese era già stata
A PARTIRE DAL NUOVO
MILLENNIO SI SONO
AFFERMATE CANTINE A
MARCHIO PROPRIO, MOLTE
DELLE QUALI A CAPITALE
STRANIERO
di NICOLÒ REGAZZONI
SEGMENTAZIONE E STRATEGIE DI MARKETING
CANTINA RECAS
35
ECONOMIA
fondata nel 1994 da Guy Tyrel de
Poix, un dentista francese la cui fami-
glia era proprietaria da 6 secoli di una
cinquantina di ettari di vigneto in Cor-
sica (Domaine Peraldi). La cantina,
che si chiama S.E.R.V.E. (Societatea
Euro Romana de Vinuri de Exceptie),
è stata anche la prima a valorizzare
quella che è diventata la varietà a
bacca rossa più tipica della Romania:
la Feteasca Neagra. Ma questa è or-
mai preistoria, perché oggi nel Paese
ci sono circa 130 cantine che imbot-
tigliano e commercializzano marchi
propri, molte delle quali a capitale
straniero, con una superficie vitata
complessiva pari a circa 200.000
ettari, 30.000 dei quali impiantatati
negli ultimi sette anni, che nel 2014
hanno prodotto 3,75 milioni di etto-
litri di vino. Queste cifre fanno della
Romania il tredicesimo maggior pro-
duttore di vino al mondo e il sesto in
Europa.
A spingere gli stranieri a investire nel
settore viti-vinicolo rumeno è stata la
disponibilità di ingenti finanziamen-
ti da parte della Comunità Europea
e la presenza di costi di produzione
leggermente inferiori a quelli dei più
affermati Paesi produttori di vino,
come Francia e Italia. Ma non solo.
“La Romania ha una lunga storia viti-
cola ed enologica alle spalle – spiega
Cotarella – e presenta una grande
variabilità di zone Doc/Igt distribuite
su tutto il territorio nazionale, con cli-
ma e terreni che mediamente risul-
tano molto favorevoli per produzioni
di qualità”. Fino ad oggi l’ingresso di
investitori stranieri sul mercato ha
avuto due principali conseguenze: un
affollamento sui segmenti premium
e super premium, tradizionalmente
poco considerati dai produttori rume-
ni, e un drastico aumento dei prezzi.
Nel settore si avverte una diffusa
volontà di recuperare in tempi brevi
gli ingenti investimenti effettuati negli
ultimi anni, con una marginalità che
tuttavia rischia di penalizzare il giova-
ne mercato dell’export. “Nei prossimi
anni il mercato del vino rumeno dovrà
cominciare a lavorare con strategie di
più lungo periodo – spiega Bogdan
Raul Todor, che nel 2008 ha deciso
di lasciare l’Italia e tornare in Roma-
nia, per lavorare come sommelier e
consulente per produttori e ristoranti
– e a investire sempre più in comu-
nicazione e formazione. Il settore viti-
vinicolo sta ancora cercando un pro-
prio stile enologico, che si concentri
su un ristretto numero di varietà e
che abbia il coraggio di elaborare in
maniera creativa le scuole del Nuovo
e del Vecchio Mondo. Manca anche
IVINI BIANCHI
RAPPRESENTANO ANCORA
CIRCA IL 60% DELLA
PRODUZIONETOTALE
RUMENA E SONO QUELLI
DI MAGGIOR SPESSORE
tina quelle che imbottigliano più di
100.000 pezzi all’anno. Tra queste
spiccano quattro grandi gruppi viti-vi-
nicoli, molto forti sul mercato interno
e soprattutto sui segmenti di prez-
zo più bassi, contraddistinti da una
cultura enologica e imprenditoriale
ancora poco allineata agli standard
internazionali: Murfatlar (3.000 etta-
ri di vigneto nel sud/est del Paese,
tra il Danubio e il Mar Nero), Cotnari
(1.700 ettari di vigneto nella Moldo-
va), Jidvei (2.000 ettari di vigneto
nella Transilvania) e Vincon Vrancea
(1.500 ettari di vigneto nella Moldo-
va). Complessivamente questi quat-
tro gruppi fatturano circa 85 milioni di
euro all’anno, e vendono sfusa gran
parte della produzione: nei prossimi
anni sarà interessante vedere come
queste strutture, che derivano dalle
strutture vitivinicole statali Vinalcool
nate durante il regime comunista,
saranno in grado di adeguarsi all’at-
tuale contesto competitivo. Esem-
una cultura dell’invecchiamento: in
media i vini vengono infatti commer-
cializzati molto giovani, ed è pratica-
mente impossibile riuscire ad orga-
nizzare degustazioni verticali di una
stessa etichetta”.
Tra le circa 130 cantine presenti sul
mercato rumeno sono solo una ven-
FETEASCA NEAGRA
36
ECONOMIA
plare a questo proposito è il progetto
lanciato nel 2011 dal gruppo Mur-
fatlar, che ha portato alla nascita del
marchio Crama Atelier, focalizzato
esclusivamente su vini premium e
super premium distribuiti nel canale
Horeca: la produzione è seguita dal
più celebre enologo rumeno, Razvan
Macici, anche con l’intento di speri-
mentare nuovi metodi di vinificazione
(due anni fa sono state per esempio
acquistate anfore di terracotta per
la fermentazione e l’affinamento).
L’alternativa a questo tipo di proget-
ti è continuare a fornire vino sfuso a
grandi catene distributive come Lidl
e Kaufland, alimentando una spirale
negativa dei prezzi sulle fasce più
basse di mercato e svalutando l’im-
magine vinicola del Paese.
Un giusto mix tra elevati volumi di
produzione e orientamento alla qua-
lità è invece rappresento da Cramele
Recas, la cantina rumena più cono-
sciuta e presente sui mercati inter-
nazionali. Principale artefice di que-
sta grande azienda viti-vinicola, che
possiede circa 1.000 ettari di vigneto
nelle regioni di Banat e di Transilva-
nia, è Philip Cox, un inglese che ha
lavorato a Bucarest per sette anni
per conto del gruppo vinicolo tede-
sco Reh Kenderman e che nel 1998
ha fondato Recas assieme a due
soci rumeni (Ioan Georgiu, Gheorghe
Iova). Questa è la cantina che ha la
più complessa strategia di comunica-
zione e di marketing in tutto il Paese,
con un vasto assortimento di referen-
ze diversificato in marchi, tipologie,
toscano sul mercato interno. Oggi,
dopo un’altra breve esperienza con
la società Heinrig, la distribuzione dei
vini Viile Metamorfosis in Romania è
gestita direttamente da una rete di
vendita interna, supervisionata dal di-
rettore marketing e commerciale Al-
fred Binder. “La sfida più impegnativa
che ci troviamo di fronte – racconta
Giancorrado Ulrich, presidente – è
avere a che fare con una ristorazione
locale poco preparata alla vendita di
vino e con buyer stranieri che fanno
fatica ad accettare l’idea che i vini ru-
meni possano avere posizionamenti
di prezzo anche elevati”. La cantina,
che dispone di 67 ettari vitati, si tro-
va nella Doc di Dealu Mare, a nord di
Bucarest, una delle più vocate per la
produzione di vini rossi. Il primo vino
commercializzato dalla cantina è sta-
to un Cabernet Sauvignon del 2007,
e oggi l’assortimento comprende va-
rie linee di prodotto con vini mono-
varietali autoctoni e internazionali,
alcuni dei quali ottenuti da uve con
certificazione biologica. “Una varietà
sulla quale stiamo investendo molto
è la varietà a bacca rossa Negru de
Dragasani, che riesce a coniugare
in maniera originale complessità e
freschezza” – spiega Fiorenzo Rista,
enologo originario di Alba arrivato in
Romania nei primi anni del 2000, so-
cio di Viile Metamorfosis assieme ad
Antinori.
In tutta la Romania i vigneti di Ne-
gru de Dragasani arrivano a ma-
lapena ai 15 ettari, e nei prossimi
anni c’è da aspettarsi una notevole
crescita di interesse nei confronti
di questa varietà. Uno dei pochi al-
tri produttori rumeni che coltivano
e vinificano questo vitigno è Prince
Stirbey, cantina che si trova nella
Doc Dragasani, la cui storia muove
i primi passi nel 1997, quando il ba-
rone sudtirolese Jacob Kripp sposa
Ileana Costinescu, discendente del
principe Barbu Stirbey. Nel 2001
Jacob riesce a recuperare le proprie-
tà di cui la famiglia Stirbey era stata
privata nel periodo comunista, e nel
2003 i due coniugi assumono un
enologo tedesco, Oliver Bauer. Nel
2012 quest’ultimo, pur continuando
a lavorare per Prince Stirbey, deci-
de di dar vita a una propria cantina,
Bauer, che nel panorama enologico
TRA IVARI GRUPPI A
CAPITALE STRANIERO
IN ROMANIA
SPICCANO ANCHE LE
CANTINE ITALIANE
stili e segmenti di prezzo. La politica
di branding, che comprende anche
private label, consente a Recas di
produrre circa 12 milioni di bottiglie
all’anno (con un potenziale di 20 mi-
lioni di bottiglie), il 30% delle quali
vengono esportate in Uk, mercato
dove il suo Pinot Grigio risulta esse-
re il più venduto a volume. A questa
azienda va riconosciuto il merito di
essere stata tra le prime ad avere as-
sociato la Romania a uno stile enolo-
gico internazionale, con tipologie che
si discostano da quelle tradizionali
rumene dolci e semi secche (spesso
ottenute con zuccheraggio dei mo-
sti), orientate alla valorizzazione degli
aromi primari, e con un uso del legno
che con il passare degli anni si sta
facendo sempre più equilibrato.
“Nel Paese i vini di più spessore sono
prodotti da vitigni a bacca bianca Al-
tro grande esportatore di vini rumeni
in Uk è Halewood, che possiede oltre
350 ettari di vigneto in varie regio-
ni del Paese, e che fino al 2013 è
stato socio di Antinori con una quo-
ta di minoranza nel progetto della
cantina Vitis Metamorfosis, da poco
rinominata Viile Metamorfosis, oltre
che distributore dei vini del gruppo
INTERNO DEL CLUBUL DEGUSTATORILOR DE VIN NEAUTORIZATI - ARAD 1
37
ECONOMIA
rumeno si distingue per una filosofia
produttiva particolarmente creativa e
sperimentale. Di Bauer si ricorda un
interessante Negru de Dragasani
vinificato in rosè, ma anche un intri-
gante Sauvignonasse O.r.a.n.g.e, vini-
ficato in bianco e lasciato macerare
a contatto con le bucce per circa tre
mesi. Un altro esempio di Negru de
Dragasani proviene da Avincis, can-
tina dall’architettura estremamente
moderna, dove lavora l’enologo fran-
cese Ghislain Moritz. Interessante
notare che la riscoperta di questa
varietà autoctona è oggi nelle mani
di tre enologi stranieri, un italiano, un
tedesco e un francese: un quadro fe-
dele di quella che è oggi la Romania
del vino, alchimia tra una storia mille-
naria e influenze culturali di estrazioni
diverse. Un’altra interessante varietà
emergente a bacca rossa si chiama
Novac, e Prince Stirbey la commer-
cializza sia in versione secca sia in
versione spumante metodo classico
rosé. Sia il Negru de Dragasani che
il Novac sono varietà nate da incroci,
nel centro sperimentale per il vivai-
smo vitivinicolo di Dragasani (Scdvv).
Tra le varietà a bacca rossa emer-
genti c’è anche la Cadarca (Kadar-
ka), la cui coltivazione è concentrata
soprattutto nella Doc Minis.
Un discorso a parte riguarda i vini
bianchi, che rappresentano ancora
circa il 60% della produzione totale
rumena. “Nel Paese i vini di più spes-
sore sono prodotti da vitigni a bacca
bianca – afferma Riccardo Cotarella
– e tra questi la Feteasca Regala, do-
tato di una grande eleganza olfattiva,
delicata e leggermente aromatica,
con gusto morbido dalle note legger-
mente fruttate. Oppure il Furmint, con
note primarie di frutta esotica, gusto
piacevole e fresco di frutta tropicale,
con ottima persistenza”. Tra i vitigni
emergenti a bacca bianca c’è invece
l’Aligotè, proveniente dalla Borgogna,
che viene vinificato in purezza dalla
cantina Gramma, nel nord del Paese,
da vigneti con età media di quasi 40
anni. Tra le varietà internazionali non
manca ovviamente lo Chardonnay,
che una giovane cantina di proprietà
austriaca, Liliac, produce a pochi chi-
lometri da Cluj (Transilvania) in un’in-
trigante versione “orange”. Tra i vini
bianchi ottenuti da assemblaggio di
varietà internazionali si ricorda invece
il Rusalca Alba (Chardonnay, Pinot
Grigio, Sauvignon e Riesling) della
cantina Oprisor, acquistata nel 1999
dal gruppo tedesco Reh Kender-
mann Gmbh, uno dei più grandi im-
portatori ed esportatori di vino della
Germania: si trova nel sud del Paese
e possiede oltre 250 ettari di vigneto.
In questo mosaico di nazionalità
che compone il tessuto del settore
viti-vinicolo rumeno l’Italia ha sempre
avuto un ruolo di primo piano. Il primo
a investire in cantine e vigneti subito
dopo la fine del regime comunista
è stato Sergio Faleschini, che nel
1999 ha fondato il gruppo Vinarte
assieme ad altri soci. Pochi anni anni
dopo, nel 2002, la famiglia Dal Tio,
produttrice di macchine professionali
per caffè espresso, acquista invece
172 ettari nei pressi di Timisoara e
dà vita alla cantina Petro Vaselo. “At-
tualmente abbiamo in produzione 42
ettari, con l’obbiettivo di arrivare a
una settantina. E dal 2016 – spiega
Ariana Negru, responsabile commer-
ciale – otterremo la certificazione di
agricoltura biologica”. In azienda si
respira un piacevole entusiasmo e
dinamismo e la cantina, inaugura-
ta nel 2011, è un piccolo gioiello di
architettura e tecnologia, con 4.000
metri quadrati di superficie coperta e
una linea d’imbottigliamento con una
capacità di 250.000 pezzi all’anno.
“Negli ultimi 4 anni – spiega Marco
Feltrin, giovane enologo di origine
veneta – abbiamo già ricevuto oltre
30 medaglie in concorsi enologici
internazionali”. Ad avere appena pre-
sentato al mercato la propria gamma
di vini è infine la cantina Dorvena del
gruppo Genagricola, che possiede
un centinaio di ettari vitati nei pres-
si di Arad a una media di 230 metri
sul livello del mare. “Il nostro obbiet-
tivo è valorizzare questo territorio
– afferma Alessandro Marchionne,
amministratore delegato di Gena-
gricola - e di promuovere la produ-
zione d’eccellenza di vino rumeno. Al
momento abbiamo previsto l’uscita
di cinque vini: un Pinot Nero affina-
to in legno come top di gamma, un
Feteasca Regala bianco e un Fete-
asca Neagra rosso su un segmento
premium e un rosè e un Pinot Grigio
come completamento di gamma. La
priorità è sui mercati esteri, ma non
escludiamo una distribuzione anche
in Italia”.
Nel Paese non mancano ovviamente
anche cantine a capitale totalmente
rumeno, come per esempio Davino,
che da 68 ettari vitati nella Doc Dea-
lu Mare produce non più di 200.000
bottiglie all’anno e che dal 2003 ad
oggi si è guadagnata una reputazio-
ne di grande serietà. Nella Doc Dra-
gasani si trova invece Casa Isarescu,
che dispone di una quarantina di et-
tari vitati ed è proprietà di Mugur Isa-
rescu, governatore della Banca Cen-
trale rumena. In realtà poco importa
che il settore viti-vinicolo rumeno sia
in gran parte controllato da capitale
straniero: le criticità da risolvere nei
prossimi anni sono altre. “Abbiamo
bisogno di una strategia unitaria a li-
vello di Paese – spiega Vali Saminta,
altro membro fondatore del Clubul
Degustatorilor de vin Neautorizati –
che coinvolga in maniera intelligente
il Governo su iniziative di marketing e
di branding, e che incentivi collabora-
zioni tra pubblico e privato”.
VIGNETI CANTINA DORVENA - GRUPPO GENAGRICOLA

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WINE MARKETING PLAN FOR RUSSIA : CIU CIU
 

Il mercato del vino in Romania

  • 1. 34 ECONOMIA UNPAESEDELVINO, LAROMANIA Per capire come sta cambiando il mercato del vino in Romania partia- mo da Arad, città di frontiera a una cinquantina di chilometri dal confine serbo e ungherese. Un venerdì sera in una via corta e stretta, due finestre al piano terra, una porta anonima: è la sede del Clubul Degustatorilor de Vin Neautorizati (club degustatori di vino non autorizzati). “Abbiamo co- minciato a organizzare degustazioni nel 2012 – racconta Dan Coclici, uno dei quattro fondatori – in due stanze che possono ospitare poco più di 30 persone. Oggi abbiamo più di 100 membri paganti e ci ritroviamo quattro o cinque volte alla settimana per assaggiare vini rumeni, ma anche italiani, spagnoli e portoghesi, spes- so in compagnia dei produttori”. Una serata trascorsa tra queste mura, tappezzate da più di 500 fotografie autografate da personaggi famosi di tutto il mondo, consente di toccare con mano la sorprendente passione che in questo Paese si sta diffonden- do nei confronti del vino. Dopo la caduta del regime comu- nista, nel dicembre 1989, nessuno avrebbe potuto immaginare un cam- biamento del genere. Certo, la Ro- mania ha tradizioni viti-vinicole che risalgono a 4.000 anni fa, quando gli antichi greci cominciarono a inse- diarsi sulle rive del Mar Nero, in quella che oggi è la regione della Dobrogea. Ma la recente storia del Paese, con la proclamazione della Repubblica Po- polare nel 1947, l’instaurarsi del regi- me comunista e la collettivizzazione della proprietà privata, ha costretto i viticoltori a cedere i terreni a entità cooperative o statali e a diventare di fatto dipendenti del governo. In quegli anni il settore viti-vinicolo rumeno ha avuto come principale obbiettivo pro- durre elevati volumi a scapito della qualità, e oggi nel Paese si avvertono ancora tracce di questo recente pas- sato. Basti pensare che le barbatelle di qualità, anche di varietà autoctone locali, devono essere acquistate all’e- stero, e che la cultura viti-vinicola è ancora molto carente. “In Romania le scuole enologiche operano limitata- mente – conferma l’enologo Riccar- do Cotarella – e il vino è ancora visto dalla maggior parte della popolazione come una bevanda da sballo, da con- sumare in maniera occasionale”. Il punto di svolta del settore vitivini- colo rumeno risale all’inizio del nuovo millennio, quando la situazione politi- ca del Paese diventa più rassicurante agli occhi degli investitori stranieri, grazie all’ingresso nella Nato nel 2002 e nella Comunità Europea nel 2007. In realtà la prima cantina in- dipendente del Paese era già stata A PARTIRE DAL NUOVO MILLENNIO SI SONO AFFERMATE CANTINE A MARCHIO PROPRIO, MOLTE DELLE QUALI A CAPITALE STRANIERO di NICOLÒ REGAZZONI SEGMENTAZIONE E STRATEGIE DI MARKETING CANTINA RECAS
  • 2. 35 ECONOMIA fondata nel 1994 da Guy Tyrel de Poix, un dentista francese la cui fami- glia era proprietaria da 6 secoli di una cinquantina di ettari di vigneto in Cor- sica (Domaine Peraldi). La cantina, che si chiama S.E.R.V.E. (Societatea Euro Romana de Vinuri de Exceptie), è stata anche la prima a valorizzare quella che è diventata la varietà a bacca rossa più tipica della Romania: la Feteasca Neagra. Ma questa è or- mai preistoria, perché oggi nel Paese ci sono circa 130 cantine che imbot- tigliano e commercializzano marchi propri, molte delle quali a capitale straniero, con una superficie vitata complessiva pari a circa 200.000 ettari, 30.000 dei quali impiantatati negli ultimi sette anni, che nel 2014 hanno prodotto 3,75 milioni di etto- litri di vino. Queste cifre fanno della Romania il tredicesimo maggior pro- duttore di vino al mondo e il sesto in Europa. A spingere gli stranieri a investire nel settore viti-vinicolo rumeno è stata la disponibilità di ingenti finanziamen- ti da parte della Comunità Europea e la presenza di costi di produzione leggermente inferiori a quelli dei più affermati Paesi produttori di vino, come Francia e Italia. Ma non solo. “La Romania ha una lunga storia viti- cola ed enologica alle spalle – spiega Cotarella – e presenta una grande variabilità di zone Doc/Igt distribuite su tutto il territorio nazionale, con cli- ma e terreni che mediamente risul- tano molto favorevoli per produzioni di qualità”. Fino ad oggi l’ingresso di investitori stranieri sul mercato ha avuto due principali conseguenze: un affollamento sui segmenti premium e super premium, tradizionalmente poco considerati dai produttori rume- ni, e un drastico aumento dei prezzi. Nel settore si avverte una diffusa volontà di recuperare in tempi brevi gli ingenti investimenti effettuati negli ultimi anni, con una marginalità che tuttavia rischia di penalizzare il giova- ne mercato dell’export. “Nei prossimi anni il mercato del vino rumeno dovrà cominciare a lavorare con strategie di più lungo periodo – spiega Bogdan Raul Todor, che nel 2008 ha deciso di lasciare l’Italia e tornare in Roma- nia, per lavorare come sommelier e consulente per produttori e ristoranti – e a investire sempre più in comu- nicazione e formazione. Il settore viti- vinicolo sta ancora cercando un pro- prio stile enologico, che si concentri su un ristretto numero di varietà e che abbia il coraggio di elaborare in maniera creativa le scuole del Nuovo e del Vecchio Mondo. Manca anche IVINI BIANCHI RAPPRESENTANO ANCORA CIRCA IL 60% DELLA PRODUZIONETOTALE RUMENA E SONO QUELLI DI MAGGIOR SPESSORE tina quelle che imbottigliano più di 100.000 pezzi all’anno. Tra queste spiccano quattro grandi gruppi viti-vi- nicoli, molto forti sul mercato interno e soprattutto sui segmenti di prez- zo più bassi, contraddistinti da una cultura enologica e imprenditoriale ancora poco allineata agli standard internazionali: Murfatlar (3.000 etta- ri di vigneto nel sud/est del Paese, tra il Danubio e il Mar Nero), Cotnari (1.700 ettari di vigneto nella Moldo- va), Jidvei (2.000 ettari di vigneto nella Transilvania) e Vincon Vrancea (1.500 ettari di vigneto nella Moldo- va). Complessivamente questi quat- tro gruppi fatturano circa 85 milioni di euro all’anno, e vendono sfusa gran parte della produzione: nei prossimi anni sarà interessante vedere come queste strutture, che derivano dalle strutture vitivinicole statali Vinalcool nate durante il regime comunista, saranno in grado di adeguarsi all’at- tuale contesto competitivo. Esem- una cultura dell’invecchiamento: in media i vini vengono infatti commer- cializzati molto giovani, ed è pratica- mente impossibile riuscire ad orga- nizzare degustazioni verticali di una stessa etichetta”. Tra le circa 130 cantine presenti sul mercato rumeno sono solo una ven- FETEASCA NEAGRA
  • 3. 36 ECONOMIA plare a questo proposito è il progetto lanciato nel 2011 dal gruppo Mur- fatlar, che ha portato alla nascita del marchio Crama Atelier, focalizzato esclusivamente su vini premium e super premium distribuiti nel canale Horeca: la produzione è seguita dal più celebre enologo rumeno, Razvan Macici, anche con l’intento di speri- mentare nuovi metodi di vinificazione (due anni fa sono state per esempio acquistate anfore di terracotta per la fermentazione e l’affinamento). L’alternativa a questo tipo di proget- ti è continuare a fornire vino sfuso a grandi catene distributive come Lidl e Kaufland, alimentando una spirale negativa dei prezzi sulle fasce più basse di mercato e svalutando l’im- magine vinicola del Paese. Un giusto mix tra elevati volumi di produzione e orientamento alla qua- lità è invece rappresento da Cramele Recas, la cantina rumena più cono- sciuta e presente sui mercati inter- nazionali. Principale artefice di que- sta grande azienda viti-vinicola, che possiede circa 1.000 ettari di vigneto nelle regioni di Banat e di Transilva- nia, è Philip Cox, un inglese che ha lavorato a Bucarest per sette anni per conto del gruppo vinicolo tede- sco Reh Kenderman e che nel 1998 ha fondato Recas assieme a due soci rumeni (Ioan Georgiu, Gheorghe Iova). Questa è la cantina che ha la più complessa strategia di comunica- zione e di marketing in tutto il Paese, con un vasto assortimento di referen- ze diversificato in marchi, tipologie, toscano sul mercato interno. Oggi, dopo un’altra breve esperienza con la società Heinrig, la distribuzione dei vini Viile Metamorfosis in Romania è gestita direttamente da una rete di vendita interna, supervisionata dal di- rettore marketing e commerciale Al- fred Binder. “La sfida più impegnativa che ci troviamo di fronte – racconta Giancorrado Ulrich, presidente – è avere a che fare con una ristorazione locale poco preparata alla vendita di vino e con buyer stranieri che fanno fatica ad accettare l’idea che i vini ru- meni possano avere posizionamenti di prezzo anche elevati”. La cantina, che dispone di 67 ettari vitati, si tro- va nella Doc di Dealu Mare, a nord di Bucarest, una delle più vocate per la produzione di vini rossi. Il primo vino commercializzato dalla cantina è sta- to un Cabernet Sauvignon del 2007, e oggi l’assortimento comprende va- rie linee di prodotto con vini mono- varietali autoctoni e internazionali, alcuni dei quali ottenuti da uve con certificazione biologica. “Una varietà sulla quale stiamo investendo molto è la varietà a bacca rossa Negru de Dragasani, che riesce a coniugare in maniera originale complessità e freschezza” – spiega Fiorenzo Rista, enologo originario di Alba arrivato in Romania nei primi anni del 2000, so- cio di Viile Metamorfosis assieme ad Antinori. In tutta la Romania i vigneti di Ne- gru de Dragasani arrivano a ma- lapena ai 15 ettari, e nei prossimi anni c’è da aspettarsi una notevole crescita di interesse nei confronti di questa varietà. Uno dei pochi al- tri produttori rumeni che coltivano e vinificano questo vitigno è Prince Stirbey, cantina che si trova nella Doc Dragasani, la cui storia muove i primi passi nel 1997, quando il ba- rone sudtirolese Jacob Kripp sposa Ileana Costinescu, discendente del principe Barbu Stirbey. Nel 2001 Jacob riesce a recuperare le proprie- tà di cui la famiglia Stirbey era stata privata nel periodo comunista, e nel 2003 i due coniugi assumono un enologo tedesco, Oliver Bauer. Nel 2012 quest’ultimo, pur continuando a lavorare per Prince Stirbey, deci- de di dar vita a una propria cantina, Bauer, che nel panorama enologico TRA IVARI GRUPPI A CAPITALE STRANIERO IN ROMANIA SPICCANO ANCHE LE CANTINE ITALIANE stili e segmenti di prezzo. La politica di branding, che comprende anche private label, consente a Recas di produrre circa 12 milioni di bottiglie all’anno (con un potenziale di 20 mi- lioni di bottiglie), il 30% delle quali vengono esportate in Uk, mercato dove il suo Pinot Grigio risulta esse- re il più venduto a volume. A questa azienda va riconosciuto il merito di essere stata tra le prime ad avere as- sociato la Romania a uno stile enolo- gico internazionale, con tipologie che si discostano da quelle tradizionali rumene dolci e semi secche (spesso ottenute con zuccheraggio dei mo- sti), orientate alla valorizzazione degli aromi primari, e con un uso del legno che con il passare degli anni si sta facendo sempre più equilibrato. “Nel Paese i vini di più spessore sono prodotti da vitigni a bacca bianca Al- tro grande esportatore di vini rumeni in Uk è Halewood, che possiede oltre 350 ettari di vigneto in varie regio- ni del Paese, e che fino al 2013 è stato socio di Antinori con una quo- ta di minoranza nel progetto della cantina Vitis Metamorfosis, da poco rinominata Viile Metamorfosis, oltre che distributore dei vini del gruppo INTERNO DEL CLUBUL DEGUSTATORILOR DE VIN NEAUTORIZATI - ARAD 1
  • 4. 37 ECONOMIA rumeno si distingue per una filosofia produttiva particolarmente creativa e sperimentale. Di Bauer si ricorda un interessante Negru de Dragasani vinificato in rosè, ma anche un intri- gante Sauvignonasse O.r.a.n.g.e, vini- ficato in bianco e lasciato macerare a contatto con le bucce per circa tre mesi. Un altro esempio di Negru de Dragasani proviene da Avincis, can- tina dall’architettura estremamente moderna, dove lavora l’enologo fran- cese Ghislain Moritz. Interessante notare che la riscoperta di questa varietà autoctona è oggi nelle mani di tre enologi stranieri, un italiano, un tedesco e un francese: un quadro fe- dele di quella che è oggi la Romania del vino, alchimia tra una storia mille- naria e influenze culturali di estrazioni diverse. Un’altra interessante varietà emergente a bacca rossa si chiama Novac, e Prince Stirbey la commer- cializza sia in versione secca sia in versione spumante metodo classico rosé. Sia il Negru de Dragasani che il Novac sono varietà nate da incroci, nel centro sperimentale per il vivai- smo vitivinicolo di Dragasani (Scdvv). Tra le varietà a bacca rossa emer- genti c’è anche la Cadarca (Kadar- ka), la cui coltivazione è concentrata soprattutto nella Doc Minis. Un discorso a parte riguarda i vini bianchi, che rappresentano ancora circa il 60% della produzione totale rumena. “Nel Paese i vini di più spes- sore sono prodotti da vitigni a bacca bianca – afferma Riccardo Cotarella – e tra questi la Feteasca Regala, do- tato di una grande eleganza olfattiva, delicata e leggermente aromatica, con gusto morbido dalle note legger- mente fruttate. Oppure il Furmint, con note primarie di frutta esotica, gusto piacevole e fresco di frutta tropicale, con ottima persistenza”. Tra i vitigni emergenti a bacca bianca c’è invece l’Aligotè, proveniente dalla Borgogna, che viene vinificato in purezza dalla cantina Gramma, nel nord del Paese, da vigneti con età media di quasi 40 anni. Tra le varietà internazionali non manca ovviamente lo Chardonnay, che una giovane cantina di proprietà austriaca, Liliac, produce a pochi chi- lometri da Cluj (Transilvania) in un’in- trigante versione “orange”. Tra i vini bianchi ottenuti da assemblaggio di varietà internazionali si ricorda invece il Rusalca Alba (Chardonnay, Pinot Grigio, Sauvignon e Riesling) della cantina Oprisor, acquistata nel 1999 dal gruppo tedesco Reh Kender- mann Gmbh, uno dei più grandi im- portatori ed esportatori di vino della Germania: si trova nel sud del Paese e possiede oltre 250 ettari di vigneto. In questo mosaico di nazionalità che compone il tessuto del settore viti-vinicolo rumeno l’Italia ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Il primo a investire in cantine e vigneti subito dopo la fine del regime comunista è stato Sergio Faleschini, che nel 1999 ha fondato il gruppo Vinarte assieme ad altri soci. Pochi anni anni dopo, nel 2002, la famiglia Dal Tio, produttrice di macchine professionali per caffè espresso, acquista invece 172 ettari nei pressi di Timisoara e dà vita alla cantina Petro Vaselo. “At- tualmente abbiamo in produzione 42 ettari, con l’obbiettivo di arrivare a una settantina. E dal 2016 – spiega Ariana Negru, responsabile commer- ciale – otterremo la certificazione di agricoltura biologica”. In azienda si respira un piacevole entusiasmo e dinamismo e la cantina, inaugura- ta nel 2011, è un piccolo gioiello di architettura e tecnologia, con 4.000 metri quadrati di superficie coperta e una linea d’imbottigliamento con una capacità di 250.000 pezzi all’anno. “Negli ultimi 4 anni – spiega Marco Feltrin, giovane enologo di origine veneta – abbiamo già ricevuto oltre 30 medaglie in concorsi enologici internazionali”. Ad avere appena pre- sentato al mercato la propria gamma di vini è infine la cantina Dorvena del gruppo Genagricola, che possiede un centinaio di ettari vitati nei pres- si di Arad a una media di 230 metri sul livello del mare. “Il nostro obbiet- tivo è valorizzare questo territorio – afferma Alessandro Marchionne, amministratore delegato di Gena- gricola - e di promuovere la produ- zione d’eccellenza di vino rumeno. Al momento abbiamo previsto l’uscita di cinque vini: un Pinot Nero affina- to in legno come top di gamma, un Feteasca Regala bianco e un Fete- asca Neagra rosso su un segmento premium e un rosè e un Pinot Grigio come completamento di gamma. La priorità è sui mercati esteri, ma non escludiamo una distribuzione anche in Italia”. Nel Paese non mancano ovviamente anche cantine a capitale totalmente rumeno, come per esempio Davino, che da 68 ettari vitati nella Doc Dea- lu Mare produce non più di 200.000 bottiglie all’anno e che dal 2003 ad oggi si è guadagnata una reputazio- ne di grande serietà. Nella Doc Dra- gasani si trova invece Casa Isarescu, che dispone di una quarantina di et- tari vitati ed è proprietà di Mugur Isa- rescu, governatore della Banca Cen- trale rumena. In realtà poco importa che il settore viti-vinicolo rumeno sia in gran parte controllato da capitale straniero: le criticità da risolvere nei prossimi anni sono altre. “Abbiamo bisogno di una strategia unitaria a li- vello di Paese – spiega Vali Saminta, altro membro fondatore del Clubul Degustatorilor de vin Neautorizati – che coinvolga in maniera intelligente il Governo su iniziative di marketing e di branding, e che incentivi collabora- zioni tra pubblico e privato”. VIGNETI CANTINA DORVENA - GRUPPO GENAGRICOLA