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Federica De Scalzi
1005106

La geopolitica di ieri e di oggi
Il caso della Croazia: dalla sfera d’influenza sovietica all’ingresso nell’Unione
Europea (passando per Tito e la guerra civile)

Pur trattandosi di una disciplinaantica quasi quanto la storia dell’uomo è ancora difficile giungere
ad una definizione univoca di “geopolitica”, forse proprio per la molteplicità e la complessità di
ruoli e giustificazioni per i quali è stata usata dagli uomini e dai paesi. La geopolitica tratta
principalmente del rapporto tra uomo e territorio, ed ha una storia ben precisa. Nasce come studio
della geografia dei luoghi con lo scopo di arrivare ad avere una conoscenza approfondita del
nemico. Sin dai primi insediamenti umani e dalla nascita della società, il mondo si è andato
consolidando nella convivenza delladualità “io-tu”, la “noità”, ma anche nella stessa dicotomia
avversadell’“io-tu”. E’ dunque l’esistenza dell’altro da sé che ci spinge a studiarne i movimenti e
gli spazi per la sopravvivenza e la difesa; poi, a partire dal 1800, epoca delle colonizzazioni, viene
studiata per l’attacco strategico e finalizzato ad uno scopopreciso.Si tratta dunque di una disciplina
che non potrà che adattarsi all’uomo e alla sua storia, e che, avvicinandosi ai giorni nostri, diventerà
sempre più la disciplina della guerra e poi forse della pace.
Il tema che tratterò in queste pagine riguarda il caso della Croazia, più precisamente quanto la
geopolitica abbia inciso nella storia di questo paese che,partendo dalla sfera d’influenza sovietica,
passando per la Jugoslavia di Tito, per l’indipendenza del 1991 e per la guerra civile contro la
Serbia, è giunta il 1 Luglio 2013 a fare il suo ingresso all’interno dell’Unione Europea.
Quel che risulta evidente è che l’entrata nell’UE non è che il punto di arrivo di un lungo processo
che ha avuto inizio con l’indipendenza del Paese e che si è risolto solo dopo molti anni di negoziati.
I nuovi regionalismi delle sfere d’influenza hanno visto il loro momento culminante nella nostra
storia a seguito della seconda Guerra Mondiale con il definirsi dei due contrapposti poli USAURSS, in un momento in cui la logica geopolitica era tale che da una parte si riteneva che potesse
esistere solo una nazione che prevaleva su tutte le altre, dall’altra, che non potesse essere così. E’ in
questo periodo che il Generale Tito (Josip Broz),divenuto Primo Ministro e di fatto dittatore della
Jugoslavia da poco indipendente, decise di avvicinare la penisola balcanica al comunismo e
inizialmente anche all’influenza sovietica di Stalin. Ma già nel 1948, a seguito di alcuni dissensi
con la politica (economica ed estera) dell’URSS, tutta la regione si ritrovò in una situazione di stallo
tra i due blocchi, entrando poi a far parte del cosiddetto “Movimento dei paesi non allineati”.
La Jugoslavia divenne una zona comunista ma non sovietica, in una condizione isolata e atipica.
Non a caso Winston Churchill già anni prima aveva detto: «The Balkans produce more
historythanthey can consume», ovvero«I Balcani producono più storia di quanta ne possono
digerire»: la storia di questa regione è stata sempre molto travagliata, in particolare a partire dalla
fine del 1800, procurandosi anche gli appellativi di “polveriera” e “ventre molle”.
Soltanto con la morte di Tito (1980) e la fine dell’impero sovietico (1989), la Croazia è riuscita nel
1991 a dichiarare la propria indipendenza, rimanendo poi però nuovamente bloccata nella guerra
civile contro la Serbia,a partire dal 1995. Una storia dunque estremamente travagliata che ha
generato nella zona balcanica un insieme di etnie e confessioni molto diverse, la cui convivenza non
sempre è stata pacifica, basti pensare alla storia del Kosovo. Quest’ultimo è stato riconosciuto come
stato indipendente solamente in tempi molto recenti da più della metà dei paesi membri dell’ONU
(compresi Stati Uniti Francia e Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza),
mentre Russia e Cina continuano a sostenere la posizione della Serbia ponendo il veto, ed è stato
riconosciuto indipendente anche da 23 su 28 membri dell’Unione Europea, tra cui la Croazia.
Nel lungo periodo intercorso tra la richiesta della Croazia di aderire all’UE e l’effettivo
raggiungimento di questo obiettivo, la consegna dei criminali di guerra, in particolare quella del
General Ante Gotovina nel 2005, è risultata sicuramente cruciale nello sbloccare i negoziati.
L’ingresso della Croazia nell’UE è dunque un passo importante nella storia dei Balcani: segna
l’inizio di un processo di stabilizzazione di un’area geopoliticamente molto importante per
l’occidente, o almeno questo è ciò che si auspica. Il tentativo è quello di ancorare tutta l’area a un
concetto di democrazia più solido e di allentare le tensioni all’interno dei diversi gruppi etnici che si
trovano

sul

territorio

circostante

la

Croazia.

Seppure

l’Unione

Europea

sia

principalmenteun’alleanza di tipo economico ciò non toglie che determinati fattori politici siano
appetibili anche ad essa, soprattutto in vista di un possibile ritorno economico (futuro, viste le
attuali condizioni croate). Inoltre la Croazia era l’unico paese europeo a maggioranza cattolica che
non faceva ancora parte dell’UE. Gli altri paesi balcanici che hanno fatto, o faranno inevitabilmente
richiesta per entrare nell’orbita europea si vedranno però costretti a intraprendere percorsi ben più
lunghi della Croazia. Allo stesso tempo la Croazia diverrà protagonista delle dinamiche balcaniche,
e sarà nuovamente un limes, un confine tra Europa e non-Europa, come in passato lo era stata tra
occidente e URSS durante Tito e come tuttora si trova ad essere tra religione cattolica e ortodossa.
Un paese che non si è costruito su un’identità forte ma piuttosto per ciò che non è, per le negazioni
dell’identità della sua stessa popolazione e, per tornare al concetto di io-tu espresso inizialmente,
per l’altro da sé.

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  • 1. Federica De Scalzi 1005106 La geopolitica di ieri e di oggi Il caso della Croazia: dalla sfera d’influenza sovietica all’ingresso nell’Unione Europea (passando per Tito e la guerra civile) Pur trattandosi di una disciplinaantica quasi quanto la storia dell’uomo è ancora difficile giungere ad una definizione univoca di “geopolitica”, forse proprio per la molteplicità e la complessità di ruoli e giustificazioni per i quali è stata usata dagli uomini e dai paesi. La geopolitica tratta principalmente del rapporto tra uomo e territorio, ed ha una storia ben precisa. Nasce come studio della geografia dei luoghi con lo scopo di arrivare ad avere una conoscenza approfondita del nemico. Sin dai primi insediamenti umani e dalla nascita della società, il mondo si è andato consolidando nella convivenza delladualità “io-tu”, la “noità”, ma anche nella stessa dicotomia avversadell’“io-tu”. E’ dunque l’esistenza dell’altro da sé che ci spinge a studiarne i movimenti e gli spazi per la sopravvivenza e la difesa; poi, a partire dal 1800, epoca delle colonizzazioni, viene studiata per l’attacco strategico e finalizzato ad uno scopopreciso.Si tratta dunque di una disciplina che non potrà che adattarsi all’uomo e alla sua storia, e che, avvicinandosi ai giorni nostri, diventerà sempre più la disciplina della guerra e poi forse della pace. Il tema che tratterò in queste pagine riguarda il caso della Croazia, più precisamente quanto la geopolitica abbia inciso nella storia di questo paese che,partendo dalla sfera d’influenza sovietica, passando per la Jugoslavia di Tito, per l’indipendenza del 1991 e per la guerra civile contro la Serbia, è giunta il 1 Luglio 2013 a fare il suo ingresso all’interno dell’Unione Europea. Quel che risulta evidente è che l’entrata nell’UE non è che il punto di arrivo di un lungo processo che ha avuto inizio con l’indipendenza del Paese e che si è risolto solo dopo molti anni di negoziati. I nuovi regionalismi delle sfere d’influenza hanno visto il loro momento culminante nella nostra storia a seguito della seconda Guerra Mondiale con il definirsi dei due contrapposti poli USAURSS, in un momento in cui la logica geopolitica era tale che da una parte si riteneva che potesse esistere solo una nazione che prevaleva su tutte le altre, dall’altra, che non potesse essere così. E’ in questo periodo che il Generale Tito (Josip Broz),divenuto Primo Ministro e di fatto dittatore della
  • 2. Jugoslavia da poco indipendente, decise di avvicinare la penisola balcanica al comunismo e inizialmente anche all’influenza sovietica di Stalin. Ma già nel 1948, a seguito di alcuni dissensi con la politica (economica ed estera) dell’URSS, tutta la regione si ritrovò in una situazione di stallo tra i due blocchi, entrando poi a far parte del cosiddetto “Movimento dei paesi non allineati”. La Jugoslavia divenne una zona comunista ma non sovietica, in una condizione isolata e atipica. Non a caso Winston Churchill già anni prima aveva detto: «The Balkans produce more historythanthey can consume», ovvero«I Balcani producono più storia di quanta ne possono digerire»: la storia di questa regione è stata sempre molto travagliata, in particolare a partire dalla fine del 1800, procurandosi anche gli appellativi di “polveriera” e “ventre molle”. Soltanto con la morte di Tito (1980) e la fine dell’impero sovietico (1989), la Croazia è riuscita nel 1991 a dichiarare la propria indipendenza, rimanendo poi però nuovamente bloccata nella guerra civile contro la Serbia,a partire dal 1995. Una storia dunque estremamente travagliata che ha generato nella zona balcanica un insieme di etnie e confessioni molto diverse, la cui convivenza non sempre è stata pacifica, basti pensare alla storia del Kosovo. Quest’ultimo è stato riconosciuto come stato indipendente solamente in tempi molto recenti da più della metà dei paesi membri dell’ONU (compresi Stati Uniti Francia e Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza), mentre Russia e Cina continuano a sostenere la posizione della Serbia ponendo il veto, ed è stato riconosciuto indipendente anche da 23 su 28 membri dell’Unione Europea, tra cui la Croazia. Nel lungo periodo intercorso tra la richiesta della Croazia di aderire all’UE e l’effettivo raggiungimento di questo obiettivo, la consegna dei criminali di guerra, in particolare quella del General Ante Gotovina nel 2005, è risultata sicuramente cruciale nello sbloccare i negoziati. L’ingresso della Croazia nell’UE è dunque un passo importante nella storia dei Balcani: segna l’inizio di un processo di stabilizzazione di un’area geopoliticamente molto importante per l’occidente, o almeno questo è ciò che si auspica. Il tentativo è quello di ancorare tutta l’area a un concetto di democrazia più solido e di allentare le tensioni all’interno dei diversi gruppi etnici che si trovano sul territorio circostante la Croazia. Seppure l’Unione Europea sia principalmenteun’alleanza di tipo economico ciò non toglie che determinati fattori politici siano appetibili anche ad essa, soprattutto in vista di un possibile ritorno economico (futuro, viste le attuali condizioni croate). Inoltre la Croazia era l’unico paese europeo a maggioranza cattolica che non faceva ancora parte dell’UE. Gli altri paesi balcanici che hanno fatto, o faranno inevitabilmente richiesta per entrare nell’orbita europea si vedranno però costretti a intraprendere percorsi ben più lunghi della Croazia. Allo stesso tempo la Croazia diverrà protagonista delle dinamiche balcaniche, e sarà nuovamente un limes, un confine tra Europa e non-Europa, come in passato lo era stata tra occidente e URSS durante Tito e come tuttora si trova ad essere tra religione cattolica e ortodossa.
  • 3. Un paese che non si è costruito su un’identità forte ma piuttosto per ciò che non è, per le negazioni dell’identità della sua stessa popolazione e, per tornare al concetto di io-tu espresso inizialmente, per l’altro da sé.