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PROJECT 231
25 novembre 2014
Autore: avv. Luigi Occhiuto
Commento a Sentenza n. 7017 del 26 giugno 2014
Tribunale di Milano
Decesso in cantiere: il Tribunale riconosce l’adeguatezza dei modelli di gestione
degli enti coinvolti
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Commento a Sentenza n. 7017 del 26 giugno 2014
Tribunale di Milano
Si segnala un'incoraggiante sentenza della sesta Sezione del Tribunale di
Milano, la numero 7017 del 2014, in tema di sicurezza sul lavoro e di
responsabilità ai sensi del decreto 231/01 che, sebbene incidentalmente, ha
riconosciuto l'adeguatezza dei modelli organizzativi di due società coinvolte in
un grave sinistro avvenuto il 6 Marzo 2008 sulla linea ferroviaria Milano-
Novara.
Nella circostanza, un dipendente di una delle aziende operanti nell'ambito di
lavori cantierizzati lungo la suddetta tratta perse la vita investito da un treno
durante delle operazioni notturne.
Alle persone fisiche incaricate della sicurezza del cantiere fu contestata la
colposa omissione delle misure di sicurezza imposte dalla normativa
antinfortunistica, mentre alle società a vario titolo coinvolte, tra cui R.F.I. Rete
Ferroviaria Italiana S.p.A., fu contestata l'inosservanza degli obblighi di
vigilanza ed adozione (e aggiornamento) dei modelli organizzativi di gestione
idonei a prevenire infortuni del tipo di quello verificatosi.
È necessario premettere che il procedimento si è concluso con una assoluzione
piena degli imputati “perché il fatto non sussiste” e che, di conseguenza,
mancando il presupposto per l'applicazione della responsabilità amministrativa
degli enti, il Tribunale non avrebbe avuto l'obbligo di esprimersi anche in
merito alla posizione processuale di questi ultimi. Tuttavia, proprio le
circostanze emerse in favore degli imputati circa il corretto adempimento dei
loro rispettivi compiti, dimostrarono l'adozione e l'efficace attuazione di
adeguati sistemi di controllo del rischio infortunistico da parte (di alcune) delle
società preponenti.
La sentenza in commento, seppur maggiormente incentrata sul fatto storico
piuttosto che sulle questioni di diritto, sembra dimostrare, una volta di più, il
superamento della passata tendenza dei giudici a presumere (ex post)
l'inadeguatezza dei modelli di gestione del rischio di fronte alla semplice
circostanza che esso si sia avverato. Vi è, ormai, consapevolezza di dover
verificare l'effettiva adeguatezza (ex ante) delle scelte operate dall'ente avendo
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CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014
a parametro di riferimento il miglior sapere tecnico (regole di organizzazione –
risk management) disponibile all'epoca del fatto, oltre che il quadro normativo
di riferimento.
Particolarmente significative, da questo punto di vista, paiono le motivazioni
con cui il Tribunale di Milano ha escluso la sussistenza, in capo a uno degli
imputati, in qualità di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei
lavori, nonché di direttore dei lavori, della responsabilità per “non aver
predisposto un PSC [Piano di Sicurezza e Coordinamento] idoneo e adeguato
alle esigenze della sicurezza del cantiere e non aver effettuato un opportuno
coordinamento con l'impresa esecutrice dei lavori. In particolare, per
l'esecuzione dei lavori il PSC rimanda interamente alle Istruzioni per la
Protezione dei Cantieri [IPC], documento a carattere nazionale, senza
adeguarlo alle particolari caratteristiche del cantiere in essere”.
Durante l'attività istruttoria è stato dimostrato che l'IPC “è un regolamento
interno (è il documento operativo della normativa speciale di settore, la legge
191/'74) ritenuto assolutamente affidabile e completo [viene definito da uno
dei testimoni come «una sorta di Vangelo» per i lavori in cantiere ferroviario]
perché prevede tutte le possibili situazioni di rischio che possono verificarsi
sul campo e non necessita pertanto di ulteriori concretizzazioni”.
Ciò ha fatto si che il Tribunale reputasse ragionevole che il Piano di Sicurezza
e Coordinamento redatto dal direttore dei lavori si rifacesse ad esso per quanto
attiene alle regole da rispettare sul cantiere. “La valutazione operata dal
consulente sul piano di sicurezza e coordinamento redatto dal V.F., ha dato
esito ad un giudizio di assoluta conformità a quelli che erano i contenuti
stabiliti dalla normativa regolamentare vigente al momento”.
Una volta verificato che l'IPC di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. costituiva un
riconosciuto ed affidabile riferimento per quello che era “il miglior sapere
tecnico e normativo” disponibile al tempo dei fatti in merito ai presidi di
sicurezza da adottare nella situazione specifica, che le misure di sicurezza
approntate erano conformi o, addirittura, maggiori di quelle ivi previste e che
esse erano state effettivamente poste in essere con diligenza, il Tribunale di
Milano ha concluso che nessun rimprovero poteva essere mosso a carico del
soggetto incaricato del coordinamento della sicurezza.
Convenendo che nonostante la predisposizione di adeguate misure di sicurezza,
non tutte le esigenze concrete che sorgono in un cantiere possono essere
previste e regolate, il Tribunale ha valorizzato la scelta dei soggetti coinvolti di
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CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014
nominare un organizzatore della sicurezza in fase esecutiva, formato attraverso
specifici corsi ed avente il compito di assumere le scelte più opportune a fronte
di possibili imprevisti e riconosciuto che l'evento mortale, in definitiva, è da
addebitare all'inspiegabile comportamento della vittima che, forse per
distrazione, ha violato le norme di sicurezza di cui era perfettamente a
conoscenza e per le quali aveva, addirittura, conseguito specifica certificazione.
Per quanto attiene alle accuse mosse nei confronti delle società, una prima
considerazione rimasta, forse, tra le righe della sentenza è che la riconosciuta
adeguatezza degli strumenti di prevenzione posti in essere dalle persone fisiche
imputate presuppone e costituisce, in definitiva, un giudizio di adeguatezza dei
sistemi di gestione della sicurezza adottati dalle società preponenti.
Non è stato ritenuto rilevante che al tempo dei fatti - di poco successivi alla
introduzione dei reati connessi alla sicurezza sul lavoro nel novero dei reati
presupposto del Decreto 231/01 - detti sistemi non fossero stati ancora integrati
all'interno dei rispettivi modelli organizzativi di gestione il cui aggiornamento,
stando a quanto emerso dall'istruttoria, era in corso di esecuzione (in
particolare, R.F.I. aveva adottato un sistema di gestione della sicurezza
secondo lo standard OHSAS 18001).
Pur senza approfondire troppo le proprie argomentazioni, data la limitata
rilevanza a fronte della piena assoluzione dei soggetti imputati, la sentenza si
occupa anche di affermare la natura non obbligatoria dell'adozione dei modelli
di organizzazione (“non è affatto un obbligo imposto dalla legge, ma è
piuttosto una circostanza che l'art 7 della 1. 231/2001 prevede come idonea a
sollevare la società dalla responsabilità per inosservanza degli obblighi di
direzione o vigilanza”), nonché l'insussistenza, nel caso di specie, dei requisiti
dell'interesse o vantaggio in capo agli enti sia sotto il profilo dell'evento (“non
è stato accertato in alcun modo quale fosse l'interesse che le società potessero
avere nutrito, né tanto meno il vantaggio che avessero potuto conseguire dalla
morte di PI.”) che della condotta (“si ritiene dunque che non sussista un
collegamento tra l'incidente ed un tentativo di risparmio sulle spese volte a
garantire la sicurezza”).
In conclusione, con riferimento alla tematica della responsabilità
amministrativa degli enti, si ritiene particolarmente meritevole l'approccio
“sostanzialistico” del Tribunale di Milano che ha valorizzato il dato obiettivo,
costituito dall'avere le società coinvolte (rectius, due delle tre) effettivamente
predisposto efficaci sistemi di presidio dei rischi di infortunio, al di sopra del
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CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014
dato formale rappresentato del mancato aggiornamento dei rispettivi Modelli
231 all'introduzione dei nuovi reati presupposto.
Altrettanto apprezzabile è l'approfondimento dell'indagine in merito
all'adeguatezza ex ante dei suddetti sistemi, condotta senza preconcetti
cagionati dall'effettivo verificarsi dell'infortunio mortale e sulla base del loro
confronto con riconosciuti ed attendibili riferimenti della migliore conoscenza
tecnica disponibile al tempo dei fatti.

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  • 1. PROJECT 231 25 novembre 2014 Autore: avv. Luigi Occhiuto Commento a Sentenza n. 7017 del 26 giugno 2014 Tribunale di Milano Decesso in cantiere: il Tribunale riconosce l’adeguatezza dei modelli di gestione degli enti coinvolti
  • 2. 1 CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014 Commento a Sentenza n. 7017 del 26 giugno 2014 Tribunale di Milano Si segnala un'incoraggiante sentenza della sesta Sezione del Tribunale di Milano, la numero 7017 del 2014, in tema di sicurezza sul lavoro e di responsabilità ai sensi del decreto 231/01 che, sebbene incidentalmente, ha riconosciuto l'adeguatezza dei modelli organizzativi di due società coinvolte in un grave sinistro avvenuto il 6 Marzo 2008 sulla linea ferroviaria Milano- Novara. Nella circostanza, un dipendente di una delle aziende operanti nell'ambito di lavori cantierizzati lungo la suddetta tratta perse la vita investito da un treno durante delle operazioni notturne. Alle persone fisiche incaricate della sicurezza del cantiere fu contestata la colposa omissione delle misure di sicurezza imposte dalla normativa antinfortunistica, mentre alle società a vario titolo coinvolte, tra cui R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., fu contestata l'inosservanza degli obblighi di vigilanza ed adozione (e aggiornamento) dei modelli organizzativi di gestione idonei a prevenire infortuni del tipo di quello verificatosi. È necessario premettere che il procedimento si è concluso con una assoluzione piena degli imputati “perché il fatto non sussiste” e che, di conseguenza, mancando il presupposto per l'applicazione della responsabilità amministrativa degli enti, il Tribunale non avrebbe avuto l'obbligo di esprimersi anche in merito alla posizione processuale di questi ultimi. Tuttavia, proprio le circostanze emerse in favore degli imputati circa il corretto adempimento dei loro rispettivi compiti, dimostrarono l'adozione e l'efficace attuazione di adeguati sistemi di controllo del rischio infortunistico da parte (di alcune) delle società preponenti. La sentenza in commento, seppur maggiormente incentrata sul fatto storico piuttosto che sulle questioni di diritto, sembra dimostrare, una volta di più, il superamento della passata tendenza dei giudici a presumere (ex post) l'inadeguatezza dei modelli di gestione del rischio di fronte alla semplice circostanza che esso si sia avverato. Vi è, ormai, consapevolezza di dover verificare l'effettiva adeguatezza (ex ante) delle scelte operate dall'ente avendo
  • 3. 2 CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014 a parametro di riferimento il miglior sapere tecnico (regole di organizzazione – risk management) disponibile all'epoca del fatto, oltre che il quadro normativo di riferimento. Particolarmente significative, da questo punto di vista, paiono le motivazioni con cui il Tribunale di Milano ha escluso la sussistenza, in capo a uno degli imputati, in qualità di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, nonché di direttore dei lavori, della responsabilità per “non aver predisposto un PSC [Piano di Sicurezza e Coordinamento] idoneo e adeguato alle esigenze della sicurezza del cantiere e non aver effettuato un opportuno coordinamento con l'impresa esecutrice dei lavori. In particolare, per l'esecuzione dei lavori il PSC rimanda interamente alle Istruzioni per la Protezione dei Cantieri [IPC], documento a carattere nazionale, senza adeguarlo alle particolari caratteristiche del cantiere in essere”. Durante l'attività istruttoria è stato dimostrato che l'IPC “è un regolamento interno (è il documento operativo della normativa speciale di settore, la legge 191/'74) ritenuto assolutamente affidabile e completo [viene definito da uno dei testimoni come «una sorta di Vangelo» per i lavori in cantiere ferroviario] perché prevede tutte le possibili situazioni di rischio che possono verificarsi sul campo e non necessita pertanto di ulteriori concretizzazioni”. Ciò ha fatto si che il Tribunale reputasse ragionevole che il Piano di Sicurezza e Coordinamento redatto dal direttore dei lavori si rifacesse ad esso per quanto attiene alle regole da rispettare sul cantiere. “La valutazione operata dal consulente sul piano di sicurezza e coordinamento redatto dal V.F., ha dato esito ad un giudizio di assoluta conformità a quelli che erano i contenuti stabiliti dalla normativa regolamentare vigente al momento”. Una volta verificato che l'IPC di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. costituiva un riconosciuto ed affidabile riferimento per quello che era “il miglior sapere tecnico e normativo” disponibile al tempo dei fatti in merito ai presidi di sicurezza da adottare nella situazione specifica, che le misure di sicurezza approntate erano conformi o, addirittura, maggiori di quelle ivi previste e che esse erano state effettivamente poste in essere con diligenza, il Tribunale di Milano ha concluso che nessun rimprovero poteva essere mosso a carico del soggetto incaricato del coordinamento della sicurezza. Convenendo che nonostante la predisposizione di adeguate misure di sicurezza, non tutte le esigenze concrete che sorgono in un cantiere possono essere previste e regolate, il Tribunale ha valorizzato la scelta dei soggetti coinvolti di
  • 4. 3 CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014 nominare un organizzatore della sicurezza in fase esecutiva, formato attraverso specifici corsi ed avente il compito di assumere le scelte più opportune a fronte di possibili imprevisti e riconosciuto che l'evento mortale, in definitiva, è da addebitare all'inspiegabile comportamento della vittima che, forse per distrazione, ha violato le norme di sicurezza di cui era perfettamente a conoscenza e per le quali aveva, addirittura, conseguito specifica certificazione. Per quanto attiene alle accuse mosse nei confronti delle società, una prima considerazione rimasta, forse, tra le righe della sentenza è che la riconosciuta adeguatezza degli strumenti di prevenzione posti in essere dalle persone fisiche imputate presuppone e costituisce, in definitiva, un giudizio di adeguatezza dei sistemi di gestione della sicurezza adottati dalle società preponenti. Non è stato ritenuto rilevante che al tempo dei fatti - di poco successivi alla introduzione dei reati connessi alla sicurezza sul lavoro nel novero dei reati presupposto del Decreto 231/01 - detti sistemi non fossero stati ancora integrati all'interno dei rispettivi modelli organizzativi di gestione il cui aggiornamento, stando a quanto emerso dall'istruttoria, era in corso di esecuzione (in particolare, R.F.I. aveva adottato un sistema di gestione della sicurezza secondo lo standard OHSAS 18001). Pur senza approfondire troppo le proprie argomentazioni, data la limitata rilevanza a fronte della piena assoluzione dei soggetti imputati, la sentenza si occupa anche di affermare la natura non obbligatoria dell'adozione dei modelli di organizzazione (“non è affatto un obbligo imposto dalla legge, ma è piuttosto una circostanza che l'art 7 della 1. 231/2001 prevede come idonea a sollevare la società dalla responsabilità per inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza”), nonché l'insussistenza, nel caso di specie, dei requisiti dell'interesse o vantaggio in capo agli enti sia sotto il profilo dell'evento (“non è stato accertato in alcun modo quale fosse l'interesse che le società potessero avere nutrito, né tanto meno il vantaggio che avessero potuto conseguire dalla morte di PI.”) che della condotta (“si ritiene dunque che non sussista un collegamento tra l'incidente ed un tentativo di risparmio sulle spese volte a garantire la sicurezza”). In conclusione, con riferimento alla tematica della responsabilità amministrativa degli enti, si ritiene particolarmente meritevole l'approccio “sostanzialistico” del Tribunale di Milano che ha valorizzato il dato obiettivo, costituito dall'avere le società coinvolte (rectius, due delle tre) effettivamente predisposto efficaci sistemi di presidio dei rischi di infortunio, al di sopra del
  • 5. 4 CommentoaSentenzan.7017del26giugno2014TribunalediMilano|25/11/2014 dato formale rappresentato del mancato aggiornamento dei rispettivi Modelli 231 all'introduzione dei nuovi reati presupposto. Altrettanto apprezzabile è l'approfondimento dell'indagine in merito all'adeguatezza ex ante dei suddetti sistemi, condotta senza preconcetti cagionati dall'effettivo verificarsi dell'infortunio mortale e sulla base del loro confronto con riconosciuti ed attendibili riferimenti della migliore conoscenza tecnica disponibile al tempo dei fatti.