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LAUREATI E LAUREE
Da anni si parla di fuga di cervelli, di limitato numero di studenti che accedono all’Università, nonché dello
scarso valore competitivo degli Atenei italiani rispetto a quelli stranieri.
Abbiamo, quindi, voluto verificare quale sia la situazione delle nostre Università, rispetto a quella di alcuni
Paesi europei, da quelli ritenuti più competitivi (Francia, Germania, Gran Bretagna), a quelli a noi più simili
(Spagna) o distanti (Polonia).
Partendo dalla situazione interna (Tab. 1), risulta che, esaminando gli ultimi anni accademici disponibili
(2011/2012-2016/2017), ogni anno sono circa 1,7 mln. gli iscritti, di cui 1/6 circa nuovi immatricolati.
Questa Popolazione universitaria pesa, nell’insieme, per meno del 3% sull’intera Popolazione italiana e, in
termini di immatricolazioni, appena lo 0,5%.
Interessante è il dato della consistenza delle Studentesse iscritte e immatricolate, rispetto agli Studenti, con
un gap, a favore delle femmine, di oltre 10 punti percentuali.
Sia rispetto alla media UE (3,8%) (Tab.2) che nel raffronto con i Paesi prima citati (3,7% di Germania e
Francia, 3,6% di Gran Bretagna, 4,2% di Spagna e 4,4% di Polonia), l’Italia (2,8%) risulta ultima per incidenza
della Popolazione universitaria sul totale della Popolazione, mentre la minoritaria presenza maschile, è in
linea con quella dell’UE (45,9%) e di singole Nazioni, con la sola eccezione della Germania, che, in contro
tendenza, registra un numero di studenti maschi del 52,1% sul totale iscritti.
In Italia (Tab. 3), si può notare come la prevalenza femminile è una nota caratteristica a qualunque livello di
analisi: nelle lauree triennali, in quelle a ciclo unico, nella specialistica.
Negli anni accademici (2011-2017) la composizione dei Laureati per area di studio (Tab. 4) non è cambiata:
l’area sociale (intorno al 38%) rimane quella più importante, seguita da quella scientifica, che nell’anno
2016/2017 ha superato il 32%, mentre le lauree nel settore sanitario si continuano ad attestare sotto il 13%
e quelle umanistiche sono in decrescita, passando dal 19,1% (2011/2012) al 17,6% (2016/2017).
Un altro aspetto indagato ha riguardato il voto di laurea (Tabella 5): oltre 1/4 degli Universitari consegue un
voto tra il 91 e il 100, ma oltre il 20% si laurea con il massimo e la lode o con un voto compreso tra 106 e
110.
A tale buon risultato vanno aggiunti (Tab. 6): un corso di studi regolare, che riguarda - con un trend in
crescita negli ultimi anni - circa la metà degli Universitari; l’effettuazione di tirocini e stage (56%-57%); la
laurea a 26 anni; il buon livello di soddisfazione rispetto al proprio ​cursus​ (circa 9 su 10).
Ma non tutti i Laureati, subito o dopo esperienze lavorative spesso deludenti, rimangono in Italia (Tab. 7).
Nel giro di un quinquennio (2012-2016) è aumentato del 70% il numero di coloro che espatriano, con una
preferenza crescente per la Gran Bretagna (+185,2%) e la Germania (+77,7%), così come per il Sud America
(+122,1% Brasile; +96,5% Argentina).
Il confronto con gli altri Paesi europei (Tab. 8) evidenzia una Spesa per istruzione sul totale del PIL di 0,9 p.p.
sotto la media UE e di 0,3 al di sotto di quella specifica universitaria. Né sembra che il Redddito pro capite o
il PIL nazionale influenzino la consistenza della Popolazione universitaria o la spesa per l’Università, che anzi
in Polonia, ad esempio, è altissima (oltre il doppio della media UE e dei principali Paesi della Comunità), pur
a fronte di PIL e Reddito pro capite inferiori.
Né un Terziario forte (Tab. 9), che dovrebbe favorire la richiesta di Laureati, almeno per l’Italia, né il regime
di tassazione vigente nelle Università sembrano influire sull’affluenza negli Atenei.
La Spagna (Tab. 10), con un costo della vita più basso di quello italiano e con tasse press'a poco simili alle
nostre, conta più Laureati dell’Italia, come anche la Gran Bretagna, pur con tasse altissime (circa 10.000,00
Euro per il primo ciclo e 5.000,00 per il secondo).
Alla fine, sembrerebbe che la scelta universitaria dipenda da un atteggiamento mentale, da una filosofia di
vita, dal valore che si attribuisce allo studio e forse al riscontro che il laureato trova nella società, nel lavoro
adeguato alle sue aspettative e rispondente al merito.
Certo è che, se si guarda il numero di Premi Nobel attribuito ai Paesi considerati (Tab. 11), negli ultimi anni
(1990-2017) l’Italia non fa certo una bella figura, piazzandosi al penultimo posto, con appena 3 Premi, a
fronte dell’Inghilterra che ne ha 31.
Forse la Laurea serve anche a questo?
Ha collaborato Mariano Ferrazzano.

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Art. laureati e lauree

  • 1. LAUREATI E LAUREE Da anni si parla di fuga di cervelli, di limitato numero di studenti che accedono all’Università, nonché dello scarso valore competitivo degli Atenei italiani rispetto a quelli stranieri. Abbiamo, quindi, voluto verificare quale sia la situazione delle nostre Università, rispetto a quella di alcuni Paesi europei, da quelli ritenuti più competitivi (Francia, Germania, Gran Bretagna), a quelli a noi più simili (Spagna) o distanti (Polonia). Partendo dalla situazione interna (Tab. 1), risulta che, esaminando gli ultimi anni accademici disponibili (2011/2012-2016/2017), ogni anno sono circa 1,7 mln. gli iscritti, di cui 1/6 circa nuovi immatricolati. Questa Popolazione universitaria pesa, nell’insieme, per meno del 3% sull’intera Popolazione italiana e, in termini di immatricolazioni, appena lo 0,5%. Interessante è il dato della consistenza delle Studentesse iscritte e immatricolate, rispetto agli Studenti, con un gap, a favore delle femmine, di oltre 10 punti percentuali. Sia rispetto alla media UE (3,8%) (Tab.2) che nel raffronto con i Paesi prima citati (3,7% di Germania e Francia, 3,6% di Gran Bretagna, 4,2% di Spagna e 4,4% di Polonia), l’Italia (2,8%) risulta ultima per incidenza della Popolazione universitaria sul totale della Popolazione, mentre la minoritaria presenza maschile, è in linea con quella dell’UE (45,9%) e di singole Nazioni, con la sola eccezione della Germania, che, in contro tendenza, registra un numero di studenti maschi del 52,1% sul totale iscritti.
  • 2. In Italia (Tab. 3), si può notare come la prevalenza femminile è una nota caratteristica a qualunque livello di analisi: nelle lauree triennali, in quelle a ciclo unico, nella specialistica. Negli anni accademici (2011-2017) la composizione dei Laureati per area di studio (Tab. 4) non è cambiata: l’area sociale (intorno al 38%) rimane quella più importante, seguita da quella scientifica, che nell’anno 2016/2017 ha superato il 32%, mentre le lauree nel settore sanitario si continuano ad attestare sotto il 13% e quelle umanistiche sono in decrescita, passando dal 19,1% (2011/2012) al 17,6% (2016/2017).
  • 3. Un altro aspetto indagato ha riguardato il voto di laurea (Tabella 5): oltre 1/4 degli Universitari consegue un voto tra il 91 e il 100, ma oltre il 20% si laurea con il massimo e la lode o con un voto compreso tra 106 e 110. A tale buon risultato vanno aggiunti (Tab. 6): un corso di studi regolare, che riguarda - con un trend in crescita negli ultimi anni - circa la metà degli Universitari; l’effettuazione di tirocini e stage (56%-57%); la laurea a 26 anni; il buon livello di soddisfazione rispetto al proprio ​cursus​ (circa 9 su 10). Ma non tutti i Laureati, subito o dopo esperienze lavorative spesso deludenti, rimangono in Italia (Tab. 7). Nel giro di un quinquennio (2012-2016) è aumentato del 70% il numero di coloro che espatriano, con una preferenza crescente per la Gran Bretagna (+185,2%) e la Germania (+77,7%), così come per il Sud America (+122,1% Brasile; +96,5% Argentina).
  • 4. Il confronto con gli altri Paesi europei (Tab. 8) evidenzia una Spesa per istruzione sul totale del PIL di 0,9 p.p. sotto la media UE e di 0,3 al di sotto di quella specifica universitaria. Né sembra che il Redddito pro capite o il PIL nazionale influenzino la consistenza della Popolazione universitaria o la spesa per l’Università, che anzi in Polonia, ad esempio, è altissima (oltre il doppio della media UE e dei principali Paesi della Comunità), pur a fronte di PIL e Reddito pro capite inferiori. Né un Terziario forte (Tab. 9), che dovrebbe favorire la richiesta di Laureati, almeno per l’Italia, né il regime di tassazione vigente nelle Università sembrano influire sull’affluenza negli Atenei.
  • 5. La Spagna (Tab. 10), con un costo della vita più basso di quello italiano e con tasse press'a poco simili alle nostre, conta più Laureati dell’Italia, come anche la Gran Bretagna, pur con tasse altissime (circa 10.000,00 Euro per il primo ciclo e 5.000,00 per il secondo). Alla fine, sembrerebbe che la scelta universitaria dipenda da un atteggiamento mentale, da una filosofia di vita, dal valore che si attribuisce allo studio e forse al riscontro che il laureato trova nella società, nel lavoro adeguato alle sue aspettative e rispondente al merito.
  • 6. Certo è che, se si guarda il numero di Premi Nobel attribuito ai Paesi considerati (Tab. 11), negli ultimi anni (1990-2017) l’Italia non fa certo una bella figura, piazzandosi al penultimo posto, con appena 3 Premi, a fronte dell’Inghilterra che ne ha 31. Forse la Laurea serve anche a questo? Ha collaborato Mariano Ferrazzano.