2. Il “ghetto” della “Reggio-bene”
Luoghi come Arghillà di Reggio Calabria, ennesimo quartiere senza
identità, la cui bellezza paesaggistica fa a pugni con il degrado
urbano e sociale che l’affligge. Arghillà è il ghetto, ma Arghillà è un
non luogo e può essere un quartiere di Roma, Napoli, Catania,
Palermo, Milano; è un paradigma triste che si ripete negli spazi e
nel tempo troppe volte, condannato dal suo stesso STIGMA.
Esistono luoghi che sono stati traditi.
Ai margini delle nostre città quiete e
soddisfatte, vivono quartieri
dimenticati. Adagiate in un
abbandono dolente e silenzioso,
intere aree e i loro sfortunati abitanti
si accontentano di sopravvivere in
una quotidiana lotta per non
soccombere, lontani dagli occhi
distratti della maggioranza. Luoghi
come lo Zen di Palermo!!!
3. Il piano tecnico per la realizzazione di arghillà-nord è stato un progetto degenerato e fallimentare lo
stesso che ha creato lo Zen: quartieri isole del Mezzogiorno Italiano. Tante buone intenzioni iniziali
compromesse da pessime gestioni amministrative, interessi della mafia spesso in perfetta sintonia con
la politica, politici stessi inadeguati ed egoisti, ma anche cittadini posseduti da paure fomentate. Cosa fa
paura di un barbone, cosa di uno zingaro, cosa di un immigrato? La povertà estrema terrorizza, inquieta,
disarma, inibisce, respinge. E’ la povertà di questa gente che rende questa stessa gente scomoda e
fastidiosa; e quando qualcosa da fastidio è facile chiuderla in un contenitore buio. Nemmeno il cielo
verso cui alzare gli occhi, dove gettare una speranza o invocare un dio con una preghiera…
Contrariamente a quanto pensa la gente reggina, Arghillà non è abitata solamente da Rom e
delinquenti. Si respira aria di disperazione molto profonda nelle famiglie italiane . Infatti oltre ai molti
assegnatari regolari di alloggi popolari, ci sono molte famiglie che hanno sfondato la porta di un
appartamento per poter trovare riparo. Appartamenti il più delle volte privi di finestre, porte o sanitari.
Questo perché per troppi anni l’Istituto Case Popolari non ha assegnato gli appartamenti e gli
appartamenti sono stati depredati. C’è uno strano commercio di questi appartamenti: Assegnatari
regolari , dopo l’occupazione per rendere la cosa regolare, mettono in vendita l’appartamento stesso.
Naturalmente è una vendita fittizia poiché l’Istituto Case Popolari non ha mai fatto verifiche. Le
persone, quando entrano in questi appartamenti trovano una situazione fatiscente.(non possono avere
la luce e quindi... allaccio abusivo).Con il tempo provvedono a mettere a posto la casa, ci sono famiglie
che hanno completamente ristrutturato, negli anni, l’abitazione sopportando molte spese. ..Nonostante
ciò potrebbero, da un momento all’altro, essere cacciate fuori perché ABUSIVE.
4. Affrontiamo "l'inferno e i suoi diavoli"
Dove sono questi “ ”? tra alloggi abusivi
con le finestre in cellophane e montagne di
immondizia alla fermata dell’autobus che non
arriva mai, che salta le corse… Questi volti
rimangono li, in compagnia dei cani e dei topi.
5. La costruzione mediatica:
una realtà violenta!
I media descrivono Arghillà come uno spazio a
parte della città di Reggio Calabria: la linea di
separazione è segnata da punti visibili
(immondizia, le strade senza tempo…) che
rafforzano lo stigma : “la centrale dello spaccio”.
I residenti vengono giudicati dall’esterno e
dall’alto verso il basso: appare così un susseguirsi
di vite di giovanissime prostitute, di bambini
sporchi di muco, di spacciatori , di donne
abbandonate, di madri bambine, di adolescenti
cresciuti in fretta, di uomini e donne che nella
povertà ormai ci sguazzano e non cercano altro
perché non conoscono altro…
Si tratta di una rappresentazione che se da una
parte permette di mettere in moto risorse
umane e finanziarie per i presunti bisogni del
quartiere allo stesso tempo lo congela
escludendo ogni altra restituzione più complessa
generando ostilità anche all’interno del quartiere
stesso...
6.
7. Se la parola “arghillà” viene dal greco e
significa terra di capre, si può capire che la
natura di questa montagna è veramente avara
di vegetazione. La posizione è bellissima
perché guarda lo stretto. Ma se ad Arghillà
Sud, distante solamente 2 chilometri, sono
cresciute le palme e le boungaville, perché ad
Arghillà Nord non devono esserci? Tutta la
strada che scende verso il Quiper e poi verso
Catona, dovrebbe essere costeggiata da un bel
viale fornito anche di panchine per il riposo di
quelle tante persone che, per risparmiare i
soldi dell’autobus,scendono a piedi. Possiamo
rilevare, quindi, un emarginazione
nell’emarginazione: I residenti di Arghillà Sud
non riconoscono alcun legame con quelli di
Arghillà Nord… Così quest’ultimi finiscono per
essere ghettizzati oltre che dalla città dai loro
stessi vicini a causa dei problemi che
soccombono.
8. Il problema SPAZZATURA merita un trattamento a sé.
Diverse volte è stata interpellata l’Azienda invitandola non
solo a ritirare la spazzatura, ma anche a fornire un numero
più generoso di contenitori visto il numero degli abitanti.
Mai i residenti non hanno avuto questa soddisfazione…
neanche quando vi erano cani morti e in putrefazione.
Solamente un intervento drastico delle Autorità potrebbe
portare al regolare servizio di questa negligente Azienda
che, comunque, riscuote denaro dai residenti.
9. Le problematiche di alcuni residenti:
“i nomadi”
Ufficialmente gli abitanti di
Arghillà Nord che
appartengono alle famiglie
Rom, sono rappresentate da
Giacomo Marino Presidente
dell’Associazione che li ha
seguiti negli anni,
principalmente nello
smantellamento della 208 e
all’inserimento nelle case
popolari nella città Reggina e
non tutti relegati ad Arghillà.
Non è stato ascoltato!
10. • Bisogna tenere presente tradizioni e usanze di questa
gente che incidono fortemente sul tenore di vita. Per le
femmine Rom c’è una totale sottomissione ai voleri del
padre che rimane, fino alla morte, il capo famiglia, la
sudditanza nei confronti dell’uomo che si ritiene padrone
di quella che –al momento- considera la propria donna,
libero di ingravidarla e poi lasciarla per un’altra, tornare e
ingravidarla nuovamente per poi sparire senza dare alcun
aiuto. Le donne Rom quando sono lasciate sole con figli da
mantenere cercano di farcela da sole, ma nei casi
disperati, la soluzione è quella di accompagnarsi a un altro
uomo in cambio di un tozzo di pane per se e per i figli.
11. • Non essendoci scuole elementari ad Arghillà, il
Comune aveva istituito un pulmino per il trasporto
fino alle scuole di Catona, per i bambini privi di
trasporto familiare. Per questo servizio il Comune
pretendeva la corresponsione di Euro 25,00 mensili,
per bambino. E’ noto che le famiglie Rom hanno
molti figli, è quindi impossibile ,per loro, sborsare
una somma tanto elevata… così facendo il Comune
di Reggio, nega la possibilità di studio a questi
bambini, condannandoli non solo all’analfabetismo,
ma anche a una vita da sbandati…
12. con la DELIBERA-CAPESTRO i Rom furono condannati ad iscriversi
alla Camera di Commercio, in mancanza della quale, entrava in
vigore l’ordine del sequestro del camioncino per il trasporto del
ferro e una forte multa.
Ma quasi tutti i Rom sono analfabeti e quindi mai avrebbero
potuto compilare tali moduli pertanto iscriversi all’Ente. Questo ha
portato ad un inasprimento dei rapporti con le Istituzioni, e a una
reazione malavitosa perché, senza il mezzo per trasportare il ferro
e quindi senza il guadagno onesto, era per loro giustificato rubare
per dare il cibo ai figli…
13. Non sono “nomadi”!
Fin dai primi giorni di insediamento di
queste famiglie Rom ad Arghillà sarebbe
stato necessario un lavoro di
intermediazione culturale per il loro
inserimento, niente è stato fatto. La
situazione finanziaria delle Famiglie Rom
è veramente precaria. Ricordiamo che è
da prima del 1600 che i Rom sono
stanziali nel Reggino e vivevano nelle
fiumare, raccogliendo il ferro e
trasformandolo in attrezzi contadini che
poi rivendevano nelle campagne.
Avevano un buon rapporto con la gente
della campagna e non scendevano in
città. E’ stato solamente dopo i tanti
morti che ci sono stati con le inondazioni
di cinquant’anni fa, che sono arrivati in
città. Solamente dando un’istruzione ai
figli dei Rom e un lavoro nell’ambito che
conoscono, si può pensare di risolvere i
loro problemi e eliminare anche quella
fetta di delinquenza che la necessità
giustifica.
14. “Due isole dimenticate”:
Zen e Arghillà
Due quartieri apparentemente diversi – per alcuni versi antitetici - ma che la lettura simultanea è riuscita
quasi a sovrapporre, arrivando a tratti a farceli confondere…
Un po' come nelle leggende metropolitane dei camaleonti buttati nel water che poi risalgono come
coccodrilli, così le periferie che erano state pensate come le discariche in cui andare a gettare tutta l'umanità
in eccesso, ad un certo punto strabordano e riconsegnano alla civiltà i mostri di cui si pensava di essersi
liberati, e che adesso pervadono tutta la società, la ossessionano.
Distanza e prossimità, chiusura e apertura, interno ed esterno sono continuamente contrattati. Non è
possibile dire quanto del centro arrivi alle periferie, e se sia possibile il viaggio inverso, certo è che ambedue i
quartieri realizzano la questione in tutta la sua gravità.
• Fava parla dello Zen come della “cristallizzazione delle contraddizioni strutturali (economiche, amministrative
e politiche) di tutta Palermo”. E conclude dicendo che “Decostruire la frontiera è un'operazione ben
differente dal suo oltrepassarla”.
• Noi parliamo di Arghillà come di “un terreno ricco di risorse nascoste “Sia per il Progetto di riqualificazione
ambientale che per quello della sistemazione del patrimonio edilizio, sarebbe opportuno intervenire
attraverso finanziamenti che permetterebbero la rinascita del quartiere e fare un passo verso l’eliminazione,
attraverso il lavoro, della delinquenza minorile.
15.
16. Ecco enfatizzati dal Fava in
“Lo Zen di Palermo” e riscoperti da noi ad
Arghillà:
• Al nord della città troviamo il ghetto (Palermo/Zen; Reggio
Calabria/Arghillà);
• All’interno del ghetto possiamo rilevare una dicotomia aberrante
(Zen 1 / Zen 2 ; Arghillà Sud/ Arghillà Nord);
• Attenzione assente da parte della ricerca sociale a contrastare lo
stigma prodotto dai media;
• In questo contesto di occupazione abusiva l’atto di proprietà è
espresso dall’occupazione fisica presso gli alloggi <<i residenti
vendono cio’ che non gli appartiene>>;
• Enormi disagi rilevati in un ambiente urbano (spazzatura, allaccio
abusivo della luce, …) e sociale (mimetismo urbano, difficile
convivenza tra le diverse etnie, subordinazione della “fimmina” al
“masculu” , …) in forte degrado;
• I vincoli strutturali economici esterni così come quelli simbolici
rinforzati dallo stigma obbligano i residenti a investirsi all’interno del
quartiere nello spazio domestico nei luoghi di comunicazione dove
L’INIZIATIVA INDIVIDUALE può attualizzarsi ( nelle relazioni di genere
e nelle mille e una occupazioni illegali).
17. Il fenomeno Zen si presenta così:
La rappresentazione mediatica dello Zen viene mantenuta dalla ricerca sociale per
obbligare gli amministratori locali, i politici, i funzionari alti dello Stato a offrire
finanziamenti per legittimare la presenza dei vari interventi sociali… chiusi nella logica della
devianza e della patologia sociale i suoi operatori non dispongono di categorie capaci di
tematizzare diversamente il fenomeno sociale che è il quartiere. Per tanto spetta agli attori
sociali raccontarsi diversamente attraverso ciò che Fava chiama “la lotta per il controllo
dell’iniziativa personale”.
Il fenomeno Arghillà ritrova la sua forza nelle parole di Fava ciò che lo rende meno palese è
semplicemente l’attenzione meno rumorosa che i media gli offrono… Nonostante ciò le due
periferie si presentano attraverso uno scenario variopinto che soltanto IL SAPERE
ANTROPOLOGICO è in grado di cogliere…
18. Con la partecipazione di:
Sagoleo Gioacchino,Modafferi Santo , Strangio
Domenico.
Un ringraziamento speciale va a tutti coloro
che ci hanno aiutate per la stesura di questo
piccolo progetto che ci auguriamo possa un
giorno attuarsi in modo concreto …