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OLISMO E COMPLESSITÀ SISTEMICA
La visione olistica nasce dalla constatazione che le proprietà di un dato sistema non
dipendono semplicemente dalla somma delle prestazioni delle parti che lo
compongono, ma principalmente dalle loro interrelazioni che, di fatto, determinano
l'emergere di nuove e più complesse funzionalità. In questa luce acquistano
particolare rilevanza e attualità le intuizioni di Buddha sull'interdipendenza e
impermanenza di tutti i "fatti" della realtà, e quelle di Eraclito sul loro divenire e di
Parmenide sul loro essere. Infatti, poiché queste grandi intuizioni del passato
trovano la loro conferma nei più avanzati esperimenti scientifici, si pone il problema
del loro utilizzo in una dimensione culturale e di conoscenze che non poteva essere
nemmeno lontanamente immaginata ai tempi della loro formulazione. Oggi, la mole
dei dati in nostro possesso è tale che, se vogliamo andare oltre la visione olistica
contemplativa ancora presente nella cultura asiatica, e vogliamo superare l'asfittica
visione meccanicista della cultura occidentale — che grazie alla "globalizzazione"
delle coscienze stanno dimostrando tutta la loro incompatibilità e inadeguatezza —,
siamo costretti a utilizzare l'approccio sistemico per tentare di sbrogliare, e quindi di
comprendere, l'enorme complessità delle infinite relazioni esistenti tra i vari stati
della realtà che siamo in grado di indagare, sia in campo umanistico che scientifico.
Partendo da queste premesse, si capisce come la multidisciplinarietà e
l'accostamento delle più svariate esperienze sia la sola strada da perseguire, e si
capisce anche, come solo dalla adesione a questo programma di demolizione dei
confini culturali da parte di un sempre più grande numero di uomini e istituzioni
possano scaturire risposte utili per il progresso dell'Umanità.
Abbiamo già numerosi esempi dell'efficacia dell'approccio sistemico alla complessità.
In campo medico e psichiatrico, in campo ecologico e ambientale, come
nell'antropologia, sociologia, economia... ci sono contaminazioni disciplinari
impensabili solo un decennio fa che danno risultati stupefacenti.
Ma ora, per procedere oltre anche in campo spirituale, si tratta di estendere questo
approccio alle indagini sulla mente accettando i dati delle neuroscienze che ci
parlano sia dei meccanismi biochimici che sono alla base della "produzione" delle
nostre emozioni e dei nostri pensieri, e sia dell'influenza dei nostri pensieri sullo stato
biochimico cerebrale. So che questa prospettiva non è condivisa da tutti, ma ritengo
che anche in questo ambito la visone olistico-sistemica, che vede l'interazione di
molteplici fattori fino ad ora ritenuti disparati — addirittura ci sono prove dell'influenza
della flora batterica intestinale sui nostri stati d'animo e viceversa —, possa portare
alla definizione della natura dei nostri pensieri riconoscendo nei loro processi
attuativi l'interdipendenza con l'energia dell'universo. Dandoci così la possibilità di
fondare una nuova meta-fisica consapevole.
A conclusione di questo quadro positivo però, ritengo utile evidenziare il rischio di
considerare la visone olistico-sistemica come una nuova disciplina. Essa è solo un
nuovo potente strumento di indagine della realtà. Il mondo là fuori, "è" olistico-
sistemico, e noi dobbiamo solo sintonizzarci con il suo divenire per comprenderlo, e
non tentare ancora una volta di imbrigliarlo in un nuovo schema.
Francesco Pelillo

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