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24n. 2, 2011
Sommario
Il ripristino ambientale di siti contaminati e vecchie
discariche risulta essere spesso molto difficile, soprattut-
to a causa della difficoltà di attecchimento delle essenze
vegetali utilizzate per la rinaturalizzazione su suoli steri-
li e/o contaminati. Nel corso degli anni sono state svilup-
pate diverse tecniche di protezione del suolo e di rinatu-
ralizzazione. Fra queste emerge un’innovativa tecnologia
naturale che impiega esclusivamente piante erbacee pe-
renni a radicazione profonda e consente di operare anche
in aree in cui le condizioni pedoclimatiche erano fino a
pochi anni fa ritenute proibitive per lo sviluppo della ve-
getazione: terreni sterili, rocce alterate o fratturate, terre-
ni additivati con calce fino al 5% in peso, suoli inquinati
da rifiuti, idrocarburi e metalli pesanti in concentrazioni
anche 10 volte superiori ai limiti massimi di legge. Inol-
tre, tali piante erbacee hanno la capacità di resistere alle
alte temperature dovute alla fermentazione dei rifiuti or-
ganici nelle discariche.
Parole chiave: fenomeni erosivi, impianto di radici,
effetti meccanici ed idraulici, protezione superficiale di
versanti, tolleranza a suoli inquinati.
ripristino ambientale di siti contaminati,
cave, miniere e discariche con specie erbacee
a radicazione profonda
* Prati Armati srl, Via del Cavaliere 18 - 20090 Opera (MI) info@pratiarmati.it - ** Centro Ricerche Ecotec, Loc. Macchiareddu 6a
Strada Ovest 09010 Uta (CA)
Dott.Geol. Nicola Era*, Dott.For. Tiziana Verrascina* e Dott.Geol.Guido Spanedda**
1. fenomeni erosivi e ripristino ambientale
I fenomeni erosivi sul territorio italiano sono molto
diffusi e strettamente legati alle condizioni climatiche ca-
ratteristiche delle nostre latitudini, dove le precipitazio-
ni pluvio meteoriche rappresentano l’agente più incisivo
(erosione idrica).
L'intensità dell’azione erosiva dipende da vari fatto-
ri, quali: intensità e durata delle precipitazioni, lunghezza
e inclinazione del pendio, permeabilità del terreno e gra-
do di saturazione, presenza di vegetazione, erodibilità in-
trinseca del terreno.
L'intensa erosione impedisce la formazione di humus
nel terreno ed accelera il dilavamento dei nutrienti ren-
dendo così molto difficoltosa la crescita di vegetazione.
Alcune specie pioniere, particolarmente frugali, riesco-
no a volte ad attecchire sui nudi pendii erosi, ma spesso
per sradicarle è sufficiente un evento meteorico più in-
tenso del solito.
Studi recenti, hanno evidenziato invece la capacità di
alcune specie erbacee a radicazione profonda (prati ar-
mati) di riuscire a vegetare anche in condizioni pedo-
climatiche proibitive in cui le specie vegetali usualmen-
25 n. 2, 2011
te impiegate per interventi di inerbimento non riescono
a vegetare, riuscendo ad ostacolare molto efficacemen-
te i fenomeni erosivi. Queste piante si comportano infat-
ti da organismi pionieri vegetando anche su terreni sterili
e contaminati ove sviluppano una densa copertura vege-
tale e migliorano la fertilità e la struttura del terreno. Lo
rendono così più adatto alla colonizzazione di specie ve-
getali più esigenti (come ad esempio quelle arbustive ed
arboree) ed accelerano quindi il processo di rinaturalizza-
zione e ripristino ambientale.
Esistono vari approcci per la stima quantitativa
dell’erosione (perdita di suolo), quali quelli basati su mo-
delli teorici,modelli fisici in scala ridotta e modelli empi-
rici. Tra questi ultimi si evidenzia l’Equazione Universa-
le per il calcolo della Perdita di Suolo - USLE - Univer-
sal Soil Loss Equation (Wishmeier e Smith, 1965; 1978),
equazione empirica adottata per la stima dell’erosione
idrica da United States Department of Agriculture. Tale
equazione è generalmente diffusa nella seguente forma:
A = R × K × LS × P × C	 (1)
ove:
A:	 perdita specifica di suolo [t/ha anno], associata a
fenomeni di rill e interill erosion;
R:	 Rainfall-Runoff Erosivity Factor: fattore climati-
co, relativo all’intensità e alla durata delle precipitazioni
[MJ mm/ha h anno];
K:	 Soil Erodibility Factor: fattore pedologico che
esprime l’erodibilità del suolo [t h/MJ mm];
LS:fattore geometrico funzione della pendenza ed
estensione del versante;
P:	 Support Practices Factor: fattore riduttivo dipen-
dente da eventuali interventi di protezione, controllo e
conservazione;
C:	 Cover-Management Factor: fattore riduttivo fun-
zione della vegetazione.
Le tecniche anti-erosive attualmente più diffuse ri-
salgono agli anni 1950-60. Tutte prevedono l’impiego di
manufatti sintetici quali ad esempio geocelle, geostuo-
ie, georeti, oppure biostuoie, fascinate, viminate, etc. che,
però, in condizioni pedoclimatiche difficili, possono non
risolvere completamente il problema dell’erosione e non
consentire una rapida rinaturalizzazione.
Negli ultimi anni stanno riscontrando un notevole
interesse gli interventi antierosivi che utilizzano sistemi
naturali, come particolari tipi di specie erbacee che co-
niugano una elevata resistenza a condizioni fitotossiche
con elevate proprietà geotecniche,contribuendo così a ri-
durre i fattori P e C che compaiono nell’equazione USLE
(eq.ne 1) e quindi la perdita specifica di suolo.
Il ruolo della vegetazione nella protezione dei pendii
dall'erosione è stato a lungo studiato ed è documentato
da ricerche sperimentali.
Per la riduzione dei fenomeni di erosione idrica, e
quindi per la riduzione della la perdita di suolo per ru-
scellamento, l’impianto di piante erbacee a radicazione
profonda appare promettente per i seguenti motivi:
la vegetazione dissipa gran parte dell’energia cinetica--
delle gocce di pioggia, attenuandone così l’azione ero-
siva (splash erosion);
in caso di precipitazioni intense, una frazione rilevan---
te di acqua meteorica ruscella al di sopra della coltre
vegetale allettata, anche quando la vegetazione è dis-
seccata, impermeabilizzando il versante e riducendo
26n. 2, 2011
sensibilmente l’infiltrazione di acqua;
la presenza di vegetazione comporta la riduzione del---
la velocità di ruscellamento dell’acqua sul terreno e
quindi l’intensità erosiva;
si ha un ritardo nel raggiungimento delle condizio---
ni di completa saturazione del terreno grazie alla ca-
pacità di traspirazione delle piante, che assorbono ac-
qua liquida dal terreno attraverso le radici trasferen-
dola all’ atmosfera sotto forma di vapore;
si ottiene il rinforzo del terreno con l’apparato radi---
cale;
la coltre vegetale trattiene le particelle del terreno: si--
verificano azioni di contenimento, filtro e contrasto
dei fenomeni di trascinamento dei granuli;
aumenta il contenuto di sostanza organica nel terreno--
e questa a sua volta determina una riduzione dell’ero-
dibilità intrinseca del terreno per la formazione, nel
terreno stesso, di aggregati strutturali più stabili;
l’aumento di sostanza organica nel terreno determi---
na un sensibile aumento della sua capacità di riten-
zione idrica;
si ha inoltre un aumento della capacità di ritenzione--
degli elementi nutritivi sia per assorbimento biologi-
co operato dalla vegetazione sia per ritenzione chimi-
ca operata dall’humus.
1.1 Miglioramento della fertilità, della struttura e della
capacità di ritenzione idrica del terreno dovuti alla
presenza di vegetazione
La presenza di vegetazione determina un sensibi-
le aumento della sostanza organica nel suolo e questa a
sua volta comporta un miglioramento della struttura del
terreno, della fertilità e della capacità di ritenzione idri-
ca. Nel suolo la sostanza organica può essere considera-
ta come una miscela di composti derivati da piante e mi-
crorganismi a diversi stadi di degradazione, partendo dai
residui biologici freschi fino ad arrivare a composti già
quasi trasformati in humus.L'humus è la frazione più at-
tiva dal punto di vista chimico e fisico della sostanza or-
ganica ed è derivato dalla sua decomposizione e rielabo-
razione. Il contenuto di sostanza organica varia da meno
dell' 1% nei suoli desertici, a valori compresi tra l'1% e il
15% in suoli forestali a più del 90% nelle torbe.
La presenza di sostanza organica nel terreno deter-
mina un sensibile aumento del sua capacità di ritenzio-
ne idrica e della capacità di trattenere elementi nutriti-
vi: l'humus è in grado di trattenere quantitativi d'acqua
fino a 20 volte il proprio peso e di effettuare una ritenzio-
ne chimica di nutrienti quali potassio, calcio, magnesio,
fosforo. Determina inoltre un rallentamento del proces-
so di retrogradazione del fosforo, la protezione dei mi-
croelementi dall'insolubilizzazione e l’aumento del pote-
re tampone.
La presenza di sostanza organica nel terreno riduce
inoltre la sua predisposizione all'erosione perché deter-
mina la formazione,nel terreno stesso,di aggregati strut-
turali più stabili. Favorisce inoltre lo sviluppo della pedo-
fauna e dei microrganismi, dato che viene da questi uti-
lizzata come substrato alimentare.
La sostanza organica svolge inoltre un importante
ruolo nell'inattivazione, per adsorbimento, di molteplici
composti organici ad azione biotossica,sia di origine bio-
logica (polifenoli) sia di origine sintetica (erbicidi e fito-
farmaci in generale). I terreni ricchi di sostanza organi-
27 n. 2, 2011
ca sono quindi anche importanti sistemi di smaltimento
composti organici ad azione biotossica che riducono i fe-
nomeni di inquinamento delle falde freatiche.
2.Prove di germinazione e di approfondimento radica-
le in siti contaminati
Per testare la capacità dei prati armati di vegetare an-
che in terreni contaminati sono state effettuate delle pro-
ve di germinazione su materiali assimilabili a quelli delle
discariche minerarie del distretto di Montevecchio nella
Sardegna sud-occidentale, dove sono stati abbancati ste-
rili di tracciamento e residui di coltivazione di minerali
come la galena (solfuro di piombo) e la blenda o sfalerite
(solfuro di zinco). L’analisi quantitativa degli inquinan-
ti presenti nei diversi campioni di terreno è stata condot-
ta mediante spettrometria ottica di emissione al plasma
ICP-OES (Inductively Coupled Plasma - Optical Emis-
sion Spectrometer). I principali inquinanti rilevati sono:
arsenico, cadmio, cobalto, cromo, rame, mercurio, nichel,
piombo, antimonio, selenio, zinco con concentrazioni in
alcuni casi oltre dieci volte superiori ai limiti massimi di
legge. A titolo di esempio riportiamo di seguito le con-
centrazioni rilevate nel campione di terreno n°14.
Parametri
determinati
sul campione tq
Data
inizio
analisi
Unità di
misura
Valori
trovati
Valori di
riferimento
As 01/06/10 mg/Kg 544,4 50
Cd 01/06/10 mg/Kg 140,3 15
Pb 01/06/10 mg/Kg 9263,0 1000
Zn 01/06/10 mg/Kg 20216,5 1500
1.Contenuto di inquinanti in uno dei campioni di terreni contamina-
ti utilizzati per le prove di germinazione dei prati armati
2.1 Le prove di germinazione
Per effettuare i test di germinazione di varie specie
erbacee a radicazione profonda sono stati utilizzati n.7
campioni di terreno assimilabile per caratteristiche a 7
diverse discariche dello stesso distretto minerario. E’ sta-
ta testata la germinabilità di n.9 specie diverse di pian-
te erbacee a radicazione profonda: con ogni campione di
terreno sono stati riempiti quindi n. 9 vasi del diametro
di 16 cm (uno per ogni specie erbacea).
Complessivamente i vasi monitorati erano 63. I vasi
sono stati sottoposti a cicli irrigui di soccorso in modo
tale da simulare eventi piovosi.
Ad un mese dalla semina sono stati evidenziati i se-
guenti risultati: delle 9 specie erbacee testate, almeno 4
sono state in grado di germinare in tutti i campioni di
terreno, sviluppando contestualmente un apparato radi-
cale su tutto il volume di terreno contenuto in ogni sin-
golo vaso.
28n. 2, 2011
La stessa sperimentazione ha messo in luce quali tra
le specie erbacee testate avevano dimostrato di potersi
adattare a condizioni critiche, e di poter essere utilizza-
te per il trattamento di siti contaminati da arsenico, cad-
mio, cobalto, cromo, rame, mercurio, nichel, piombo, an-
timonio, selenio, zinco.
A questa prima fase di prove di germinazione,ha fatto
seguito una seconda fase di sperimentazione sulla capaci-
tà di approfondimento radicale delle diverse specie erba-
cee in terreni contaminati.
2.2 Le prove di radicazione
Tra i vasi delle specie che erano riuscite a germina-
re su suoli contaminati, ne sono stati prelevati 4, uno per
ogni specie. Ciascun vaso è stato trapiantato in un tubo
in plexiglass trasparente di lunghezza pari a 2 m e con
diametro di 20 cm contenente lo stesso tipo di terreno
contaminato che era contenuto nel vaso. I tubi di prova
sono stati dotati di impianto di irrigazione a goccia. Gra-
zie alla trasparenza del materiale in cui sono stati realiz-
zati i tubi di prova,è stato possibile monitorare nel tempo
l’accrescimento radicale delle 4 specie erbacee.
A circa un anno dalla semina è stato evidenziato come
l’accrescimento radicale è stato intenso nella totalità delle
specie testate e nel 50% dei casi è stato superato un me-
tro di profondità radicale, arrivando in una specie a supe-
rare 1,80 m di profondità radicale.
Il test di approfondimento radicale ha quindi dimo-
strato che le essenze erbacee testate non solo sono in gra-
do di germinare su suoli contaminati, ma riescono a ve-
getarvi e ad accrescere in profondità l’apparato radicale1
.
b)a)
2. Risultati ad un mese dalla semina. a) I vasi di prova. b) Lo sviluppo dell’apparato radicale all’interno dei vasi di prova
29 n. 2, 2011
a)
3. a) Uno dei tubi di prova in plexiglass utilizzati per le prove di radicazione. b) Un particolare dell’apparato radicale
b)
La sperimentazione ha messo in luce quali tra le spe-
cie erbacee testate sono state in grado di vegetare in ter-
reni contaminati. è stato quindi possibile selezionare
delle essenze erbacee utili per il trattamento di siti conta-
minati da arsenico, cadmio, cobalto, cromo, rame, mercu-
rio, nichel, piombo, antimonio, selenio, zinco.
30n. 2, 2011
3. applicazioni di piante erbacee a radicazione
profonda per la rinaturalizzazione di cave - miniere –
discariche
Il campo di applicazione di queste tecnologie, quale
quella sviluppata in Italia da Prati Armati srl, è piuttosto
vasto: rilevati e scarpate stradali e ferroviarie, arginature,
cave, miniere, discariche, aree a mare, protezione sponda-
le di fiumi, torrenti, canali artificiali.
Nel caso di siti contaminati e vecchie discariche, in
particolare:
si ottiene in tempi brevi la copertura e la protezione--
dei versanti dall’erosione idrica;
si riduce la deflazione eolica che genera nubi di pol---
veri inquinanti;
queste piante isolano i rifiuti dall’ambiente esterno e--
migliorano l’impatto visivo dell’area trattata.
si riduce fortemente la produzione di percolato nel---
le discariche, grazie all’intensa capacità traspirativa di
queste piante ed all’elevata riduzione delle infiltrazio-
ni di acque meteoriche dovuta all’impermeabilizza-
zione del versante che si ottiene in quanto una frazio-
ne rilevante delle acque pluvio meteoriche ruscella al
di sopra della coltre erbacea allettata;
viene ridotto il trascinamento a valle dei rifiuti affio---
ranti, che vengono inglobati nella copertura vegetale.
Il trattamento di discariche dismesse con piante er-
bacee a radicazione profonda non sostituisce gli inter-
venti di bonifica, ma può fornire una soluzione rapida ed
economica per la messa in sicurezza d’emergenza delle
discariche a pendio.Tali interventi (cfr. D.M. 471/99) ri-
entrano oltretutto nella categoria delle tecniche “in situ”,
senza cioè movimentazione o rimozione del suolo inqui-
nato e dei rifiuti.
3.1 Un esempio di intervento per la rinaturalizzazione di
una discarica RSU
Un tipico esempio di impianto di specie erbacee a ra-
dicazione profonda, finalizzato alla rinaturalizzazione di
una discarica RSU è fornito dall’intervento eseguito in
Sardegna e rappresentato nelle Figure 4 a) e 4 b). A di-
stanza di pochi mesi dall’intervento,le specie erbacee im-
piantate hanno completamente rinaturalizzato il versan-
te nonostante le condizioni pedoclimatiche sfavorevoli
all’attecchimento. L’impianto radicale profondo ha inol-
tre protetto la porzione superficiale del versante,bloccan-
done contestualmente l’erosione e riducendo la produzio-
ne di percolato (v. Fig.4b).
31 n. 2, 2011
a) b)
4. La discarica RSU di Ozieri (SS):
a) Situazione a novembre 2005, prima dell’intervento b) Dopo l’intervento di rinaturalizzazione con i prati armati (maggio 2006 )
32n. 2, 2011
3.2 Un esempio di intervento per la rinaturalizzazione di
una cava dismessa
Un esempio di intervento di rinaturalizzazione di una
cava dismessa mediante l’impiego di specie erbacee a ra-
dicazione profonda è quello realizzato in Sicilia,nei pres-
si di Catania, in un’area attualmente utilizzata per attivi-
tà industriali di separazione di RSU. L’intervento è visi-
bile nelle Figure 5 a) e 5 b).
a) b)
A distanza di pochi mesi dall’intervento, le specie er-
bacee impiantate hanno completamente rinaturalizzato il
versante, bloccando l’erosione (v. Fig.5b).
5. La cava dismessa nei pressi di Catania, attualmente utilizzata per attività industriali di trasformazione rifiuti.
a) Situazione a febbraio 2010, prima dell’intervento b) Dopo l’intervento di rinaturalizzazione (aprile 2011)
33 n. 2, 2011
3.3 Ulteriore esempio di intervento
per la rinaturalizzazione di una cava
Un altro esempio di intervento di rinaturalizzazio-
ne di una cava di calcare dismessa mediante l’impiego di
specie erbacee a radicazione profonda, è quello realizzato
in Umbria a Spoleto.
A distanza di circa 7 mesi dall’intervento, nonostante
le condizioni pedoclimatiche proibitive, le specie erbacee
a) b)
6. La cava di calcare dismessa di Spoleto (PG).
a) Situazione a ottobre 2010, prima dell’intervento. b) Le prime evidenze di rinaturalizzazione (maggio 2011).
utilizzate hanno iniziato a colonizzare il versante inne-
scando il processo di rinaturalizzazione. Questo processo
è ancora in atto e nella foto 6 b) sono visibili i primi risul-
tati del processo di rinaturalizzazione in corso.
34n. 2, 2011
Conclusioni
L’impiego di piante erbacee perenni a radicazione
profonda consente di bloccare l’erosione e rinaturalizza-
re aree in cui le condizioni pedoclimatiche erano fino a
pochi anni fa ritenute proibitive per lo sviluppo della ve-
getazione: terreni sterili, rocce alterate o fratturate, terre-
ni additivati con calce fino al 5% in peso, suoli inquina-
ti da rifiuti, da idrocarburi e metalli. L’impiego di queste
piante appare quindi promettente anche per il ripristino
ambientale di siti contaminati e discariche dismesse. Nel
corso degli anni l’applicazione di piante erbacee a radica-
zione profonda in questo tipo di siti è stato sperimenta-
to con successo, come visibile negli esempi sopra descrit-
ti. Si è infatti ottenuta una rapida rinaturalizzazione an-
che su cave e discariche, lì dove tipicamente l’attecchi-
mento della vegetazione risulta particolarmente difficol-
toso. Con questo tipo di interventi si riesce inoltre a ri-
durre drasticamente la produzione di percolato nelle di-
scariche e ad effettuare la messa in sicurezza d’emergenza
nelle discariche a pendio, lì dove i tempi ristretti e i co-
sti eccessivi spesso non consentono interventi di bonifi-
ca tradizionali.
Note
1
	 La profondità radicale si riferisce a prove eseguite in tubi di prova
riempiti da terreno contaminato, con supporto di irrigazione a
goccia.
Bibliografia
Bischetti G.B., Bonfanti F., Greppi M., 2001. Misura
della resistenza a trazione delle radici: apparato sperimenta-
le e metodologia d’analisi. Quaderni di Idronomia Monta-
na, 21/1, 349-360.
Bischetti G.B., Chiaradia E. A., Epis T., 2009. Pro-
ve di trazione su radici di esemplari di piante PRATI AR-
MATI®. Rapporto conclusivo. Dipartimento di Ingegneria
Agraria, Università degli Studi di Milano.
Bonfanti F., Bischetti G., 2001. Resistenza a trazione
delle radici e modello di interazione terreno – radici. Istituto
di Idraulica Agraria, Milano – Rapporto interno.
Celi L., La sostanza organica del suolo. Environment,
Ambiente e Territorio in Valle d’Aosta.
Prati Armati srl, archivio fotografico e banca dati.
Rassam D.W., Cook F., 2002. Predicting the shear
strength envelope of unsaturated soils.Geotechnical Testing
Journal,Technical Note, 25: 215-220.
Rettori A.,Cecconi M.,Pane V.,Zarotti C.2010.Sta-
bilizzazione superficiale di versanti con la tecnologia Pra-
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valutazione del coefficiente di sicurezza. Accademia Nazio-
nale dei Lincei – X Giornata Mondiale dell’Acqua, Con-
vegno: Frane e Dissesto Idrogeologico, marzo 2010.
Richards, L.A., 1931. Capillary conduction of liquids
through porous medium. Physics, Vol. 1.
Waldron LJ, 1977. The shear stress resistance of root-permeat-
ed homogeneous and stratified soil. Soil
W.H. Wishmeier, D.D. Smith, 1965. Predicting rainfall
erosion losses from cropland east of the RockyMountain. Agr.
Handbook, n. 282, U.S. Dept. of Agr.

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  • 1. 24n. 2, 2011 Sommario Il ripristino ambientale di siti contaminati e vecchie discariche risulta essere spesso molto difficile, soprattut- to a causa della difficoltà di attecchimento delle essenze vegetali utilizzate per la rinaturalizzazione su suoli steri- li e/o contaminati. Nel corso degli anni sono state svilup- pate diverse tecniche di protezione del suolo e di rinatu- ralizzazione. Fra queste emerge un’innovativa tecnologia naturale che impiega esclusivamente piante erbacee pe- renni a radicazione profonda e consente di operare anche in aree in cui le condizioni pedoclimatiche erano fino a pochi anni fa ritenute proibitive per lo sviluppo della ve- getazione: terreni sterili, rocce alterate o fratturate, terre- ni additivati con calce fino al 5% in peso, suoli inquinati da rifiuti, idrocarburi e metalli pesanti in concentrazioni anche 10 volte superiori ai limiti massimi di legge. Inol- tre, tali piante erbacee hanno la capacità di resistere alle alte temperature dovute alla fermentazione dei rifiuti or- ganici nelle discariche. Parole chiave: fenomeni erosivi, impianto di radici, effetti meccanici ed idraulici, protezione superficiale di versanti, tolleranza a suoli inquinati. ripristino ambientale di siti contaminati, cave, miniere e discariche con specie erbacee a radicazione profonda * Prati Armati srl, Via del Cavaliere 18 - 20090 Opera (MI) info@pratiarmati.it - ** Centro Ricerche Ecotec, Loc. Macchiareddu 6a Strada Ovest 09010 Uta (CA) Dott.Geol. Nicola Era*, Dott.For. Tiziana Verrascina* e Dott.Geol.Guido Spanedda** 1. fenomeni erosivi e ripristino ambientale I fenomeni erosivi sul territorio italiano sono molto diffusi e strettamente legati alle condizioni climatiche ca- ratteristiche delle nostre latitudini, dove le precipitazio- ni pluvio meteoriche rappresentano l’agente più incisivo (erosione idrica). L'intensità dell’azione erosiva dipende da vari fatto- ri, quali: intensità e durata delle precipitazioni, lunghezza e inclinazione del pendio, permeabilità del terreno e gra- do di saturazione, presenza di vegetazione, erodibilità in- trinseca del terreno. L'intensa erosione impedisce la formazione di humus nel terreno ed accelera il dilavamento dei nutrienti ren- dendo così molto difficoltosa la crescita di vegetazione. Alcune specie pioniere, particolarmente frugali, riesco- no a volte ad attecchire sui nudi pendii erosi, ma spesso per sradicarle è sufficiente un evento meteorico più in- tenso del solito. Studi recenti, hanno evidenziato invece la capacità di alcune specie erbacee a radicazione profonda (prati ar- mati) di riuscire a vegetare anche in condizioni pedo- climatiche proibitive in cui le specie vegetali usualmen-
  • 2. 25 n. 2, 2011 te impiegate per interventi di inerbimento non riescono a vegetare, riuscendo ad ostacolare molto efficacemen- te i fenomeni erosivi. Queste piante si comportano infat- ti da organismi pionieri vegetando anche su terreni sterili e contaminati ove sviluppano una densa copertura vege- tale e migliorano la fertilità e la struttura del terreno. Lo rendono così più adatto alla colonizzazione di specie ve- getali più esigenti (come ad esempio quelle arbustive ed arboree) ed accelerano quindi il processo di rinaturalizza- zione e ripristino ambientale. Esistono vari approcci per la stima quantitativa dell’erosione (perdita di suolo), quali quelli basati su mo- delli teorici,modelli fisici in scala ridotta e modelli empi- rici. Tra questi ultimi si evidenzia l’Equazione Universa- le per il calcolo della Perdita di Suolo - USLE - Univer- sal Soil Loss Equation (Wishmeier e Smith, 1965; 1978), equazione empirica adottata per la stima dell’erosione idrica da United States Department of Agriculture. Tale equazione è generalmente diffusa nella seguente forma: A = R × K × LS × P × C (1) ove: A: perdita specifica di suolo [t/ha anno], associata a fenomeni di rill e interill erosion; R: Rainfall-Runoff Erosivity Factor: fattore climati- co, relativo all’intensità e alla durata delle precipitazioni [MJ mm/ha h anno]; K: Soil Erodibility Factor: fattore pedologico che esprime l’erodibilità del suolo [t h/MJ mm]; LS:fattore geometrico funzione della pendenza ed estensione del versante; P: Support Practices Factor: fattore riduttivo dipen- dente da eventuali interventi di protezione, controllo e conservazione; C: Cover-Management Factor: fattore riduttivo fun- zione della vegetazione. Le tecniche anti-erosive attualmente più diffuse ri- salgono agli anni 1950-60. Tutte prevedono l’impiego di manufatti sintetici quali ad esempio geocelle, geostuo- ie, georeti, oppure biostuoie, fascinate, viminate, etc. che, però, in condizioni pedoclimatiche difficili, possono non risolvere completamente il problema dell’erosione e non consentire una rapida rinaturalizzazione. Negli ultimi anni stanno riscontrando un notevole interesse gli interventi antierosivi che utilizzano sistemi naturali, come particolari tipi di specie erbacee che co- niugano una elevata resistenza a condizioni fitotossiche con elevate proprietà geotecniche,contribuendo così a ri- durre i fattori P e C che compaiono nell’equazione USLE (eq.ne 1) e quindi la perdita specifica di suolo. Il ruolo della vegetazione nella protezione dei pendii dall'erosione è stato a lungo studiato ed è documentato da ricerche sperimentali. Per la riduzione dei fenomeni di erosione idrica, e quindi per la riduzione della la perdita di suolo per ru- scellamento, l’impianto di piante erbacee a radicazione profonda appare promettente per i seguenti motivi: la vegetazione dissipa gran parte dell’energia cinetica-- delle gocce di pioggia, attenuandone così l’azione ero- siva (splash erosion); in caso di precipitazioni intense, una frazione rilevan--- te di acqua meteorica ruscella al di sopra della coltre vegetale allettata, anche quando la vegetazione è dis- seccata, impermeabilizzando il versante e riducendo
  • 3. 26n. 2, 2011 sensibilmente l’infiltrazione di acqua; la presenza di vegetazione comporta la riduzione del--- la velocità di ruscellamento dell’acqua sul terreno e quindi l’intensità erosiva; si ha un ritardo nel raggiungimento delle condizio--- ni di completa saturazione del terreno grazie alla ca- pacità di traspirazione delle piante, che assorbono ac- qua liquida dal terreno attraverso le radici trasferen- dola all’ atmosfera sotto forma di vapore; si ottiene il rinforzo del terreno con l’apparato radi--- cale; la coltre vegetale trattiene le particelle del terreno: si-- verificano azioni di contenimento, filtro e contrasto dei fenomeni di trascinamento dei granuli; aumenta il contenuto di sostanza organica nel terreno-- e questa a sua volta determina una riduzione dell’ero- dibilità intrinseca del terreno per la formazione, nel terreno stesso, di aggregati strutturali più stabili; l’aumento di sostanza organica nel terreno determi--- na un sensibile aumento della sua capacità di riten- zione idrica; si ha inoltre un aumento della capacità di ritenzione-- degli elementi nutritivi sia per assorbimento biologi- co operato dalla vegetazione sia per ritenzione chimi- ca operata dall’humus. 1.1 Miglioramento della fertilità, della struttura e della capacità di ritenzione idrica del terreno dovuti alla presenza di vegetazione La presenza di vegetazione determina un sensibi- le aumento della sostanza organica nel suolo e questa a sua volta comporta un miglioramento della struttura del terreno, della fertilità e della capacità di ritenzione idri- ca. Nel suolo la sostanza organica può essere considera- ta come una miscela di composti derivati da piante e mi- crorganismi a diversi stadi di degradazione, partendo dai residui biologici freschi fino ad arrivare a composti già quasi trasformati in humus.L'humus è la frazione più at- tiva dal punto di vista chimico e fisico della sostanza or- ganica ed è derivato dalla sua decomposizione e rielabo- razione. Il contenuto di sostanza organica varia da meno dell' 1% nei suoli desertici, a valori compresi tra l'1% e il 15% in suoli forestali a più del 90% nelle torbe. La presenza di sostanza organica nel terreno deter- mina un sensibile aumento del sua capacità di ritenzio- ne idrica e della capacità di trattenere elementi nutriti- vi: l'humus è in grado di trattenere quantitativi d'acqua fino a 20 volte il proprio peso e di effettuare una ritenzio- ne chimica di nutrienti quali potassio, calcio, magnesio, fosforo. Determina inoltre un rallentamento del proces- so di retrogradazione del fosforo, la protezione dei mi- croelementi dall'insolubilizzazione e l’aumento del pote- re tampone. La presenza di sostanza organica nel terreno riduce inoltre la sua predisposizione all'erosione perché deter- mina la formazione,nel terreno stesso,di aggregati strut- turali più stabili. Favorisce inoltre lo sviluppo della pedo- fauna e dei microrganismi, dato che viene da questi uti- lizzata come substrato alimentare. La sostanza organica svolge inoltre un importante ruolo nell'inattivazione, per adsorbimento, di molteplici composti organici ad azione biotossica,sia di origine bio- logica (polifenoli) sia di origine sintetica (erbicidi e fito- farmaci in generale). I terreni ricchi di sostanza organi-
  • 4. 27 n. 2, 2011 ca sono quindi anche importanti sistemi di smaltimento composti organici ad azione biotossica che riducono i fe- nomeni di inquinamento delle falde freatiche. 2.Prove di germinazione e di approfondimento radica- le in siti contaminati Per testare la capacità dei prati armati di vegetare an- che in terreni contaminati sono state effettuate delle pro- ve di germinazione su materiali assimilabili a quelli delle discariche minerarie del distretto di Montevecchio nella Sardegna sud-occidentale, dove sono stati abbancati ste- rili di tracciamento e residui di coltivazione di minerali come la galena (solfuro di piombo) e la blenda o sfalerite (solfuro di zinco). L’analisi quantitativa degli inquinan- ti presenti nei diversi campioni di terreno è stata condot- ta mediante spettrometria ottica di emissione al plasma ICP-OES (Inductively Coupled Plasma - Optical Emis- sion Spectrometer). I principali inquinanti rilevati sono: arsenico, cadmio, cobalto, cromo, rame, mercurio, nichel, piombo, antimonio, selenio, zinco con concentrazioni in alcuni casi oltre dieci volte superiori ai limiti massimi di legge. A titolo di esempio riportiamo di seguito le con- centrazioni rilevate nel campione di terreno n°14. Parametri determinati sul campione tq Data inizio analisi Unità di misura Valori trovati Valori di riferimento As 01/06/10 mg/Kg 544,4 50 Cd 01/06/10 mg/Kg 140,3 15 Pb 01/06/10 mg/Kg 9263,0 1000 Zn 01/06/10 mg/Kg 20216,5 1500 1.Contenuto di inquinanti in uno dei campioni di terreni contamina- ti utilizzati per le prove di germinazione dei prati armati 2.1 Le prove di germinazione Per effettuare i test di germinazione di varie specie erbacee a radicazione profonda sono stati utilizzati n.7 campioni di terreno assimilabile per caratteristiche a 7 diverse discariche dello stesso distretto minerario. E’ sta- ta testata la germinabilità di n.9 specie diverse di pian- te erbacee a radicazione profonda: con ogni campione di terreno sono stati riempiti quindi n. 9 vasi del diametro di 16 cm (uno per ogni specie erbacea). Complessivamente i vasi monitorati erano 63. I vasi sono stati sottoposti a cicli irrigui di soccorso in modo tale da simulare eventi piovosi. Ad un mese dalla semina sono stati evidenziati i se- guenti risultati: delle 9 specie erbacee testate, almeno 4 sono state in grado di germinare in tutti i campioni di terreno, sviluppando contestualmente un apparato radi- cale su tutto il volume di terreno contenuto in ogni sin- golo vaso.
  • 5. 28n. 2, 2011 La stessa sperimentazione ha messo in luce quali tra le specie erbacee testate avevano dimostrato di potersi adattare a condizioni critiche, e di poter essere utilizza- te per il trattamento di siti contaminati da arsenico, cad- mio, cobalto, cromo, rame, mercurio, nichel, piombo, an- timonio, selenio, zinco. A questa prima fase di prove di germinazione,ha fatto seguito una seconda fase di sperimentazione sulla capaci- tà di approfondimento radicale delle diverse specie erba- cee in terreni contaminati. 2.2 Le prove di radicazione Tra i vasi delle specie che erano riuscite a germina- re su suoli contaminati, ne sono stati prelevati 4, uno per ogni specie. Ciascun vaso è stato trapiantato in un tubo in plexiglass trasparente di lunghezza pari a 2 m e con diametro di 20 cm contenente lo stesso tipo di terreno contaminato che era contenuto nel vaso. I tubi di prova sono stati dotati di impianto di irrigazione a goccia. Gra- zie alla trasparenza del materiale in cui sono stati realiz- zati i tubi di prova,è stato possibile monitorare nel tempo l’accrescimento radicale delle 4 specie erbacee. A circa un anno dalla semina è stato evidenziato come l’accrescimento radicale è stato intenso nella totalità delle specie testate e nel 50% dei casi è stato superato un me- tro di profondità radicale, arrivando in una specie a supe- rare 1,80 m di profondità radicale. Il test di approfondimento radicale ha quindi dimo- strato che le essenze erbacee testate non solo sono in gra- do di germinare su suoli contaminati, ma riescono a ve- getarvi e ad accrescere in profondità l’apparato radicale1 . b)a) 2. Risultati ad un mese dalla semina. a) I vasi di prova. b) Lo sviluppo dell’apparato radicale all’interno dei vasi di prova
  • 6. 29 n. 2, 2011 a) 3. a) Uno dei tubi di prova in plexiglass utilizzati per le prove di radicazione. b) Un particolare dell’apparato radicale b) La sperimentazione ha messo in luce quali tra le spe- cie erbacee testate sono state in grado di vegetare in ter- reni contaminati. è stato quindi possibile selezionare delle essenze erbacee utili per il trattamento di siti conta- minati da arsenico, cadmio, cobalto, cromo, rame, mercu- rio, nichel, piombo, antimonio, selenio, zinco.
  • 7. 30n. 2, 2011 3. applicazioni di piante erbacee a radicazione profonda per la rinaturalizzazione di cave - miniere – discariche Il campo di applicazione di queste tecnologie, quale quella sviluppata in Italia da Prati Armati srl, è piuttosto vasto: rilevati e scarpate stradali e ferroviarie, arginature, cave, miniere, discariche, aree a mare, protezione sponda- le di fiumi, torrenti, canali artificiali. Nel caso di siti contaminati e vecchie discariche, in particolare: si ottiene in tempi brevi la copertura e la protezione-- dei versanti dall’erosione idrica; si riduce la deflazione eolica che genera nubi di pol--- veri inquinanti; queste piante isolano i rifiuti dall’ambiente esterno e-- migliorano l’impatto visivo dell’area trattata. si riduce fortemente la produzione di percolato nel--- le discariche, grazie all’intensa capacità traspirativa di queste piante ed all’elevata riduzione delle infiltrazio- ni di acque meteoriche dovuta all’impermeabilizza- zione del versante che si ottiene in quanto una frazio- ne rilevante delle acque pluvio meteoriche ruscella al di sopra della coltre erbacea allettata; viene ridotto il trascinamento a valle dei rifiuti affio--- ranti, che vengono inglobati nella copertura vegetale. Il trattamento di discariche dismesse con piante er- bacee a radicazione profonda non sostituisce gli inter- venti di bonifica, ma può fornire una soluzione rapida ed economica per la messa in sicurezza d’emergenza delle discariche a pendio.Tali interventi (cfr. D.M. 471/99) ri- entrano oltretutto nella categoria delle tecniche “in situ”, senza cioè movimentazione o rimozione del suolo inqui- nato e dei rifiuti. 3.1 Un esempio di intervento per la rinaturalizzazione di una discarica RSU Un tipico esempio di impianto di specie erbacee a ra- dicazione profonda, finalizzato alla rinaturalizzazione di una discarica RSU è fornito dall’intervento eseguito in Sardegna e rappresentato nelle Figure 4 a) e 4 b). A di- stanza di pochi mesi dall’intervento,le specie erbacee im- piantate hanno completamente rinaturalizzato il versan- te nonostante le condizioni pedoclimatiche sfavorevoli all’attecchimento. L’impianto radicale profondo ha inol- tre protetto la porzione superficiale del versante,bloccan- done contestualmente l’erosione e riducendo la produzio- ne di percolato (v. Fig.4b).
  • 8. 31 n. 2, 2011 a) b) 4. La discarica RSU di Ozieri (SS): a) Situazione a novembre 2005, prima dell’intervento b) Dopo l’intervento di rinaturalizzazione con i prati armati (maggio 2006 )
  • 9. 32n. 2, 2011 3.2 Un esempio di intervento per la rinaturalizzazione di una cava dismessa Un esempio di intervento di rinaturalizzazione di una cava dismessa mediante l’impiego di specie erbacee a ra- dicazione profonda è quello realizzato in Sicilia,nei pres- si di Catania, in un’area attualmente utilizzata per attivi- tà industriali di separazione di RSU. L’intervento è visi- bile nelle Figure 5 a) e 5 b). a) b) A distanza di pochi mesi dall’intervento, le specie er- bacee impiantate hanno completamente rinaturalizzato il versante, bloccando l’erosione (v. Fig.5b). 5. La cava dismessa nei pressi di Catania, attualmente utilizzata per attività industriali di trasformazione rifiuti. a) Situazione a febbraio 2010, prima dell’intervento b) Dopo l’intervento di rinaturalizzazione (aprile 2011)
  • 10. 33 n. 2, 2011 3.3 Ulteriore esempio di intervento per la rinaturalizzazione di una cava Un altro esempio di intervento di rinaturalizzazio- ne di una cava di calcare dismessa mediante l’impiego di specie erbacee a radicazione profonda, è quello realizzato in Umbria a Spoleto. A distanza di circa 7 mesi dall’intervento, nonostante le condizioni pedoclimatiche proibitive, le specie erbacee a) b) 6. La cava di calcare dismessa di Spoleto (PG). a) Situazione a ottobre 2010, prima dell’intervento. b) Le prime evidenze di rinaturalizzazione (maggio 2011). utilizzate hanno iniziato a colonizzare il versante inne- scando il processo di rinaturalizzazione. Questo processo è ancora in atto e nella foto 6 b) sono visibili i primi risul- tati del processo di rinaturalizzazione in corso.
  • 11. 34n. 2, 2011 Conclusioni L’impiego di piante erbacee perenni a radicazione profonda consente di bloccare l’erosione e rinaturalizza- re aree in cui le condizioni pedoclimatiche erano fino a pochi anni fa ritenute proibitive per lo sviluppo della ve- getazione: terreni sterili, rocce alterate o fratturate, terre- ni additivati con calce fino al 5% in peso, suoli inquina- ti da rifiuti, da idrocarburi e metalli. L’impiego di queste piante appare quindi promettente anche per il ripristino ambientale di siti contaminati e discariche dismesse. Nel corso degli anni l’applicazione di piante erbacee a radica- zione profonda in questo tipo di siti è stato sperimenta- to con successo, come visibile negli esempi sopra descrit- ti. Si è infatti ottenuta una rapida rinaturalizzazione an- che su cave e discariche, lì dove tipicamente l’attecchi- mento della vegetazione risulta particolarmente difficol- toso. Con questo tipo di interventi si riesce inoltre a ri- durre drasticamente la produzione di percolato nelle di- scariche e ad effettuare la messa in sicurezza d’emergenza nelle discariche a pendio, lì dove i tempi ristretti e i co- sti eccessivi spesso non consentono interventi di bonifi- ca tradizionali. Note 1 La profondità radicale si riferisce a prove eseguite in tubi di prova riempiti da terreno contaminato, con supporto di irrigazione a goccia. Bibliografia Bischetti G.B., Bonfanti F., Greppi M., 2001. Misura della resistenza a trazione delle radici: apparato sperimenta- le e metodologia d’analisi. Quaderni di Idronomia Monta- na, 21/1, 349-360. Bischetti G.B., Chiaradia E. A., Epis T., 2009. Pro- ve di trazione su radici di esemplari di piante PRATI AR- MATI®. Rapporto conclusivo. Dipartimento di Ingegneria Agraria, Università degli Studi di Milano. Bonfanti F., Bischetti G., 2001. Resistenza a trazione delle radici e modello di interazione terreno – radici. Istituto di Idraulica Agraria, Milano – Rapporto interno. Celi L., La sostanza organica del suolo. Environment, Ambiente e Territorio in Valle d’Aosta. Prati Armati srl, archivio fotografico e banca dati. Rassam D.W., Cook F., 2002. Predicting the shear strength envelope of unsaturated soils.Geotechnical Testing Journal,Technical Note, 25: 215-220. Rettori A.,Cecconi M.,Pane V.,Zarotti C.2010.Sta- bilizzazione superficiale di versanti con la tecnologia Pra- ti Armati®: implementazione di un modello di calcolo per la valutazione del coefficiente di sicurezza. Accademia Nazio- nale dei Lincei – X Giornata Mondiale dell’Acqua, Con- vegno: Frane e Dissesto Idrogeologico, marzo 2010. Richards, L.A., 1931. Capillary conduction of liquids through porous medium. Physics, Vol. 1. Waldron LJ, 1977. The shear stress resistance of root-permeat- ed homogeneous and stratified soil. Soil W.H. Wishmeier, D.D. Smith, 1965. Predicting rainfall erosion losses from cropland east of the RockyMountain. Agr. Handbook, n. 282, U.S. Dept. of Agr.