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NOTE SULLA FORMAZIONE OBBLIGATORIA PER I LAVORATORI
                        CON CONTRATTO DI BREVE DURATA


Premesso che l'argomento è stato trattato nella bella risposta dell'ing. G. Porreca al quesito
corrispondente (in porreca.it e PuntoSicuro-9 maggio 2012), credo valga la pena di considerare
alcuni specifici aspetti.

In primo luogo va effettivamente considerato che l'Accordo sulla formazione pone un discrimine,
costituzionalmente inaccettabile, nei confronto dei lavoratori stagionali occupati in agricoltura.
L'occasione (persa) è data dalla mancata mancata emanazione di disposizioni ministeriali attuative
dell'art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08.

                                              Art. 3
                                       Campo di applicazione
“13. ...il Ministro del lavoro.. entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.. limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non
superi le cinquanta giornate lavorative.. provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli
adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente
decreto, ..”.

Il fatto che a quasi quattro anni dall'entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 ancora non si sia provveduto
all'emanazione di tali disposizioni rappresenta, con tutta evidenza, una violazione del principio
costituzionale e comunitario della uniformità delle tutele. E potrebbe ben rappresentare occasione
per una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea.
Rappresenta comunque una vergogna. Nè serve considerare che tale compito non fosse attribuito
(direttamente) alla Conferenza stato-regioni -e dunque all'Accordo- secondo la previsione dell'art.
37, comma 2. Il quale anzi costituisce la norma generale prevalente (come difatti ha prevalso,
nell'Accordo, con la definizione della formazione di dirigenti e preposti; sia pure -assai
criticabilmente- qualificandone la facoltatività rispetto ai suoi propri contenuti).
Per altro verso la norma generale deve prevalere anche con riguardo alla formazione nei settori
ferroviario, marittimo e portuale, nonostante la proroga stabilita dal DL 57/2012 rispetto
all'applicazione <coordinata>, in questi settori, del D.Lgs. 81/08.
La normativa speciale in materia di SSL per tali settori (di prossima -si auspica- abrogazione, ai
sensi del comma 3 dell'art. 3 D.Lgs. 81/08) (1), stabilisce infatti l'obbligo generale di formazione
dei lavoratori:
                                     D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271
       Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo
       delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485
                                                   Art.6
                                Obblighi dell'armatore e del comandante
5. L'armatore e il comandante della nave, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze sono
obbligati a:
         i) formare e addestrare il personale marittimo in materia di igiene e di sicurezza
         dell'ambiente di lavoro a bordo...



(1) si nota che il coordinamento con la disciplina dell'allora D.Lgs. 626/94 non era avvenuto con decreto
(inter)ministeriale, come previsto dall'art. 1, comma 1, dello stesso 626. Ma invece utilizzando la forma
normativa primaria della legge e del decreto legislativo. Resta da vedere quale forma normativa utilizzerà il
legislatore corrente.
D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272
         Adeguamento della normativa di sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento
      di operazioni e servizi portuali, nonché di manutenzione, riparazione e trasformazione
              delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485
                                                  Art. 1
                                                 Oggetto
Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro alle particolari esigenze delle operazioni e dei servizi svolti nei
porti, ..in modo da:
         f) assicurare la formazione e l'informazione al personale addetto...

                      D.P.R. 547/1955 Norme per la prevenzione degli infortuni
                       D.P.R. 303/1956 Norme generali per l'igiene del lavoro
                                                   Art. 4
                       Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti...

      D.P.R. 164/1956 Norme per la prevenzione dgli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
                                              Art.1
                                        Attività soggette
   1. La prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni è regolata dalle norme del
      presente decreto e, per gli argomenti non espressamente disciplinati [formazione], da quelle
      del D.P.R. 547/1955.

                                   Legge 26 aprile 1974, n.191
             Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti
                         dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato
                                                Art. 1
Per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.. nelle attività proprie dell'esercizio ferroviario ed in
quelle ad esso strettamente connesse.. si applicano.. le norme di cui al D.P.R. 547/1955 ...
Etc. etc.


Si dovranno poi considerare le diverse tipologie contrattuali introdotte a partire dal D.Lgs. 276/03;
dunque non solo il contratto in somministrazione ma, ad esempio, la prestazione occasionale di tipo
accessorio, il portierato, il lavoro a distanza (o telelavoro).
Perché il problema, in questo caso, non è tanto il quando svolgere la formazione, quanto piuttosto il
come e il da parte di chi.
Sul quando, valga riferirsi alla limpida considerazione di Porreca:
       “E' chiaro quindi che, ..l'Accordo ha richiesto che la formazione dei lavoratori neoassunti,
       ma questo vale anche per i dirigenti e i preposti, avvenga anteriormente o, se ciò non risulti
       possibile, contestualmente all'assunzione, come del resto è stato indicato nelle disposizioni
       di legge, e che la formazione stessa debba essere completata prima che il lavoratore sia
       adibito alla sua attività.
       I 60 giorni [di tempo] indicati nell'Accordo, è da far notare, non costituiscono un periodo
       entro il quale il datore di lavoro ha l'obbligo di avviare la formazione,..ma un periodo entro
       il quale lo stesso la deve comunque completare se proprio non lo ha potuto fare prima che il
       lavoratore fosse avviato alla sua attività.
       In risposta, in conclusione, al quesito che fa riferimento ad un rapporto di lavoro di breve
       durata: il datore deve comunque provvedere a formare il lavoratore neoassunto
       anteriormente o contestualmente all'assunzione ed in caso di inadempimento lo stesso può
       essere sottoposto a sanzione in occasione di una visita ispettiva da parte dell'organo di
vigilanza, avendo violato il citato art. 37, comma 1.
        La sanzione per gli inadempienti è stabilita dall'art. 55, comma 5, lettera c) del D.Lgs. 81/08
        e consiste nell'arresto da due a quattro mesi o nell'ammenda da 1.200 a 5.200 euro.”
Si rileva, in aggiunta, che il completamento del percorso formativo “entro e non oltre 60 giorni
dall'assunzione” “ove non risulti possibile completare il corso di formazione prima della
adibizione” alla mansione, rappresenta disposizione transitoria “unicamente in sede di prima
applicazione”.
La “sede di prima applicazione” dovrebbe essere contenuta nel termine dei 18 mesi posto dal punto
12 dell'Accordo per “proporre eventuali adeguamenti”. Il “ove non risulti possibile completare il
corso di formazione” si mostra invece sufficientemente nebulotico.

In caso di somministrazione di lavoro, l'Accordo stato-regioni sulla formazione fornisce una serie di
indicazioni, in buona sostanza traslandole dall'art. 23, comma 5, del D.Lgs. 276/03.
Anche in questo caso mostrando però poco coraggio (testimoniato anche dall'uso non parsimonioso
dell'ipotetico). Mentre infatti riprende quasi letteralmente la previsione del comma 5, secondo la
quale “il somministratore.. forma [i lavoratori].. all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo
svolgimento dell'attività lavorativa per la quale i lavoratori vengono assunti”(2), non altrettanto
coerente si mostra allorquando afferma che la formazione dei lavoratori in somministrazione “può
essere effettuata nel rispetto delle disposizioni” eventuali del CCNL di riferimento. Né quando
afferma che i due attori datoriali “possono concordare che la formazione generale sia a carico del
somministratore e quella specifica di settore a carico dell'utilizzatore”.
Se i “può” e i “possono” mostrano l'indecisione della Conferenza stato-regioni -e, per essa,
dell'Accordo- non ci rimane che evidenziare un aspetto che, almeno in nuce, poneva le condizioni
per superarla. La conclusione del comma 5 dichiara infatti che “L'utilizzatore osserva altresì, nei
confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri
dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e
dai contratti collettivi.”
Se ci si sottrae ad una considerazione riduzionista, per la quale si starebbe trattando sostanzialmente
dei DPC e dei DPI, dovrebbe venire in evidenza a chi sia assegnato l'obbligo formativo.
Poiché, tuttavia, nessuno vuole regalare esimenti al somministratore, va benissimo (essendo
oltretutto la soluzione più praticabile) che “la formazione generale sia a carico del somministratore
e quella specifica di settore a carico dell'utilizzatore”. Basterebbe togliere quel “possono
concordare”. (3)
Altrimenti il rischio più che concreto è che permanga, anche sotto ricatto contrattuale, l'attuale,
radicata inosservanza della norma.
Si consideri, peraltro, se tale soluzione non rappresenti il naturale risolvimento dell'obbligo anche
nell'ipotesi di distacco del lavoratore “che comporti un mutamento di mansioni”(art. 30 D.Lgs.
276/03). In questo caso il modulo di formazione generale, a carico del distaccante, costituirà credito
permanente; mentre la formazione specifica sarà a carico del distaccatario, insieme a “tutti gli
[altri]obblighi di prevenzione e protezione” (art. 3, comma 6, D.Lgs. 81/08).



(2) l'Accordo conclude: “sempre che -ai sensi ed alle condizioni di cui al comma 5 dell'articolo 23 del
citato D.Lgs. n. 276/2003- il contratto di somministrazione non ponga tale obbligo a carico
dell'utilizzatore.”. Si tratta, sia consentito l'ossimoro, di un obbligo consensuale. Infatti il comma 5 stabilisce
che “Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore; in tale
caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore.”. Si rileva, peraltro, come quell'obbligo in capo
al somministratore sia -in non pochi casi- praticamente inesigibile.

(3) si determinerebbe così che, con contratti differenti ma all'interno dello stesso settore, la formazione
complessiva erogata dal somministratore e dall'utilizzatore costituirà credito permanente; mentre in caso di
utilizzazione in (macro)settore altro, dovrà rivenire svolta la formazione specifica.
Torna dunque la necessità, sopra prospettata, di considerare anche tipologie contrattuali diverse
dalla somministrazione.
Un'attenzione particolare dovrebbe esser posta alla prestazione occasionale di tipo accessorio.
Questa forma contrattuale ha da tempo esondato rispetto al campo di applicazione individuato
dall'art. 70 del D.Lgs. 276/03. Diventando strumento diffuso nel settore agricolo generale e
innestandosi ormai significativamente nei servizi, con l'utilizzo dei cd. voucher.
Di questo aspetto bisognerà pur cominciare a tener conto. Anche perché diverso è un rapporto
contrattuale di pochi giorni da uno che si protragga per diversi mesi.

Chi deve dunque formare un prestatore (ormai non più) occasionale di lavoro che venga occupato al
di fuori della stagionalità o per più di cinquanta giorni all'anno?
In caso di prima prestazione, la lettera della legge è inequivocabile, nel combinato tra art. 2, comma
1, lettera a) (definizione di “lavoratore”), art. 3, comma 8 (campo di applicazione) e art. 37, comma
1 (formazione dei lavoratori) del D.Lgs. 81/08: l'obbligo formativo ricade per intero sul richiedente,
che è datore di lavoro ai sensi dell'art. 2, comma1 lett. b) del D.Lgs. 81/08 (definizione di “datore di
lavoro”).
La formazione dovrà essere svolta anteriormente all'avvio al compito lavorativo, nel caso di
prestazione di breve durata (comunque non superiore -anche se qui siamo al di fuori della
stagionalità- ai 50 giorni lavorativi di cui all'art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08). Solo se ciò non
risulti probatamente possibile (ad esempio per necessità temporali di “costruzione d'aula” da parte
dell'erogatore), la formazione potrà essere avviata contestualmente all'adibizione lavorativa e, nel
caso di permanente impedimento, risolversi entro il termine del contratto.
Lo stesso valga per contratti di durata superiore ai 50 giorni. Solo che in questo caso, e sempre che
sia provata l'impossibilità di concludere la formazione prima o contestualmente (5) del/all'avvio al
lavoro, il limite temporale massimo entro il quale svolgere la formazione è quello dei 60 giorni
stabiliti dall'Accordo, al punto 10 (Disposizioni transitorie).
Nell'eventualità, invece, di prestazioni successive, si configura il quadro seguente (6):
− prestazioni successive che comportino gli stessi compiti lavorativi, collocandosi all'interno della
     medesima macrocategoria come indicata dall'Allegato 2 all'Accordo stato-regioni: tutta la
     formazione svolta, ovviamente nei termini indicati dall'Accordo, costituisce credito permanente;
− prestazioni successive che comportino compiti lavorativi diversi da quelli per i quali è stata
     svolta la formazione, che dunque vadano a collocarsi in altra macrocategoria : il modulo
     formativo generale costituisce credito permanente mentre deve essere ripetuto il modulo di
     formazione specifica (7);
Sono fatti salvi gli aggiornamenti quinquennali previsti dall'Accordo e la formazione in relazione
all'evoluzione/modificazione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi stabilite dalla dalla norma di
legge (commi 4 e 6, art. 37, D.Lgs. 81/08).



(5) dunque del lasso temporale strettamente necessario allo svolgimento delle max 16 ore.

(6) in analogia con quanto delineato nel punto 8 dell'Accordo, lett. a).

(7) è opportuno considerare cosa si debba intendere quando si parla di ripetizione del modulo di formazione
specifica. Il cd. “listone” dei contenuti della formazione specifica, di cui al punto 4 dell'Accordo, costituisce
appunto il <serbatoio> dal quale trarre miratamente i contenuti da affrontare, in relazione ai rischi
specifici presenti nella particolare realtà lavorativa. Non si comprenderebbe altrimenti come sia
possibile affrontare con una qualche efficacia la somma dei contenuti individuati nell'Accordo. La
ripetizione è perciò da intendersi piuttosto come integrazione, aggiuntiva alla formazione già svolta.
Ciò, peraltro, conferisce miglior senso anche anche alla previsione del punto 8, lett. a. : “tale
Formazione Specifica dovrà essere completata con un modulo integrativo, sia nella durata che nei
contenuti, attinente ai rischi [maggiori (e dunque diversi)] delle nuove mansioni svolte.”
Di più semplice approccio appare il problema della formazione per gli addetti al portierato e per chi
svolga lavoro a distanza, o telelavoro.
Per la prima figura, l'obbligo formativo sarà a carico dell'amministratore di condominio, in qualità
di datore di lavoro. Ad entrambe le figure si applicherà la formazione di 4+4 ore: modulo
generale+modulo specifico per rischio basso.
E' questo un caso nel quale potrebbe proficuamente svolgersi - con le modalità ed entro i limiti
stabiliti dall'Accordo stato-regioni- l'apprendimento e-Learning.

Spero risulti evidente, dalle considerazioni qui svolte, l'importanza e la necessità che gli organismi
paritetici si costituiscano e, laddove presenti, si ri-costituiscano (visto che il D.Lgs. 81/08 pone
l'obbligo ex novo). Già due Accordi interconfederali, Artigianato e Confapi, muovono in questa
direzione; anche se si devono registrare non poche significative resistenze a livello territoriale per
quanto concerne l'Associazione delle piccole imprese.
Diversamente -e in positivo- si segnalano <rivitalizzazioni> dell'organismo paritetico in settori,
quali l'industria, nei quali non si è ancora pervenuti alla stipula di un Accordo interconfederale (8).
La presenza (e il funzionamento) degli organismi paritetici è importante perché essi rappresentano
una sorta di controllo di prima istanza rispetto all'adozione, da parte delle aziende, delle misure
antinfortunistiche e di igiene del lavoro. Tale compito, che in generale deve venir svolto secondo le
attribuzioni stabilite dall'art. 51 e con attitudine adiuvante nei confronti delle imprese, si risolve,
rispetto alla formazione, nell'adempimento dell'obbligo di collaborazione stabilito dal comma 12
dell'art. 37, richiamato nell'Accordo stato-regioni del 21 dicembre 2011:
                                          Art. 37 D.Lgs. 81/08
12. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentati deve avvenire in collaborazione con gli
organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività del datore di
lavoro, ...

Le organizzazioni sindacali, nelle diramazioni categoriali, dovrebbero impegnarsi molto di più
rispetto alla costituzione degli organismi paritetici. Ciò vale anche per le organizzazioni datoriali, le
quali dovrebbero considerare con più attenzione come laddove gli OO.PP. sono stati costituiti e
funzionano, meglio si sono determinati comportamenti compositivi e sinergici tra le parti.
Sappiamo che sono in circolazione molte resistenze (alcune francamente inaspettate). L'obiezione
che viene opposta è che alla violazione dell'obbligo di collaborazione non corrisponde sanzione.
Che dunque manca la fattispecie contravvenzionale. E che allora si può benissimo fare a meno di
richiedere la collaborazione all'organismo paritetico.
Non so bene quante e quali ragioni giuridiche abbia questo tipo di obiezione: so bene invece che
essa si pone in contrasto con lo spirito della norma, così come configurato già nella direttiva quadro
europea del 1989; e che certo non si inserisce armonicamente nel quadro di sistema (giuridico).
Mi sembra, in definitiva, uno sguardo strategicamente corto.




(8) d'altronde, anche se “è nelle cose”, la legge non ne dichiara la necessità; l'art. 51 del D.Lgs. 81/08
(Organismi paritetici) si limita ad affermare: “1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici
di cui all'art. 2, comma 1, lett. ee).”


                                                  Buon lavoro


Brescia, 26 maggio 2012                                      Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente
                                                                 Camera del Lavoro di Brescia
pietro.ferrari@cgil.brescia.it

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15 formazione contratti brevi

  • 1. NOTE SULLA FORMAZIONE OBBLIGATORIA PER I LAVORATORI CON CONTRATTO DI BREVE DURATA Premesso che l'argomento è stato trattato nella bella risposta dell'ing. G. Porreca al quesito corrispondente (in porreca.it e PuntoSicuro-9 maggio 2012), credo valga la pena di considerare alcuni specifici aspetti. In primo luogo va effettivamente considerato che l'Accordo sulla formazione pone un discrimine, costituzionalmente inaccettabile, nei confronto dei lavoratori stagionali occupati in agricoltura. L'occasione (persa) è data dalla mancata mancata emanazione di disposizioni ministeriali attuative dell'art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08. Art. 3 Campo di applicazione “13. ...il Ministro del lavoro.. entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.. limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative.. provvede ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, ..”. Il fatto che a quasi quattro anni dall'entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 ancora non si sia provveduto all'emanazione di tali disposizioni rappresenta, con tutta evidenza, una violazione del principio costituzionale e comunitario della uniformità delle tutele. E potrebbe ben rappresentare occasione per una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea. Rappresenta comunque una vergogna. Nè serve considerare che tale compito non fosse attribuito (direttamente) alla Conferenza stato-regioni -e dunque all'Accordo- secondo la previsione dell'art. 37, comma 2. Il quale anzi costituisce la norma generale prevalente (come difatti ha prevalso, nell'Accordo, con la definizione della formazione di dirigenti e preposti; sia pure -assai criticabilmente- qualificandone la facoltatività rispetto ai suoi propri contenuti). Per altro verso la norma generale deve prevalere anche con riguardo alla formazione nei settori ferroviario, marittimo e portuale, nonostante la proroga stabilita dal DL 57/2012 rispetto all'applicazione <coordinata>, in questi settori, del D.Lgs. 81/08. La normativa speciale in materia di SSL per tali settori (di prossima -si auspica- abrogazione, ai sensi del comma 3 dell'art. 3 D.Lgs. 81/08) (1), stabilisce infatti l'obbligo generale di formazione dei lavoratori: D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271 Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485 Art.6 Obblighi dell'armatore e del comandante 5. L'armatore e il comandante della nave, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze sono obbligati a: i) formare e addestrare il personale marittimo in materia di igiene e di sicurezza dell'ambiente di lavoro a bordo... (1) si nota che il coordinamento con la disciplina dell'allora D.Lgs. 626/94 non era avvenuto con decreto (inter)ministeriale, come previsto dall'art. 1, comma 1, dello stesso 626. Ma invece utilizzando la forma normativa primaria della legge e del decreto legislativo. Resta da vedere quale forma normativa utilizzerà il legislatore corrente.
  • 2. D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272 Adeguamento della normativa di sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485 Art. 1 Oggetto Il presente decreto ha lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro alle particolari esigenze delle operazioni e dei servizi svolti nei porti, ..in modo da: f) assicurare la formazione e l'informazione al personale addetto... D.P.R. 547/1955 Norme per la prevenzione degli infortuni D.P.R. 303/1956 Norme generali per l'igiene del lavoro Art. 4 Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti... D.P.R. 164/1956 Norme per la prevenzione dgli infortuni sul lavoro nelle costruzioni Art.1 Attività soggette 1. La prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni è regolata dalle norme del presente decreto e, per gli argomenti non espressamente disciplinati [formazione], da quelle del D.P.R. 547/1955. Legge 26 aprile 1974, n.191 Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato Art. 1 Per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.. nelle attività proprie dell'esercizio ferroviario ed in quelle ad esso strettamente connesse.. si applicano.. le norme di cui al D.P.R. 547/1955 ... Etc. etc. Si dovranno poi considerare le diverse tipologie contrattuali introdotte a partire dal D.Lgs. 276/03; dunque non solo il contratto in somministrazione ma, ad esempio, la prestazione occasionale di tipo accessorio, il portierato, il lavoro a distanza (o telelavoro). Perché il problema, in questo caso, non è tanto il quando svolgere la formazione, quanto piuttosto il come e il da parte di chi. Sul quando, valga riferirsi alla limpida considerazione di Porreca: “E' chiaro quindi che, ..l'Accordo ha richiesto che la formazione dei lavoratori neoassunti, ma questo vale anche per i dirigenti e i preposti, avvenga anteriormente o, se ciò non risulti possibile, contestualmente all'assunzione, come del resto è stato indicato nelle disposizioni di legge, e che la formazione stessa debba essere completata prima che il lavoratore sia adibito alla sua attività. I 60 giorni [di tempo] indicati nell'Accordo, è da far notare, non costituiscono un periodo entro il quale il datore di lavoro ha l'obbligo di avviare la formazione,..ma un periodo entro il quale lo stesso la deve comunque completare se proprio non lo ha potuto fare prima che il lavoratore fosse avviato alla sua attività. In risposta, in conclusione, al quesito che fa riferimento ad un rapporto di lavoro di breve durata: il datore deve comunque provvedere a formare il lavoratore neoassunto anteriormente o contestualmente all'assunzione ed in caso di inadempimento lo stesso può essere sottoposto a sanzione in occasione di una visita ispettiva da parte dell'organo di
  • 3. vigilanza, avendo violato il citato art. 37, comma 1. La sanzione per gli inadempienti è stabilita dall'art. 55, comma 5, lettera c) del D.Lgs. 81/08 e consiste nell'arresto da due a quattro mesi o nell'ammenda da 1.200 a 5.200 euro.” Si rileva, in aggiunta, che il completamento del percorso formativo “entro e non oltre 60 giorni dall'assunzione” “ove non risulti possibile completare il corso di formazione prima della adibizione” alla mansione, rappresenta disposizione transitoria “unicamente in sede di prima applicazione”. La “sede di prima applicazione” dovrebbe essere contenuta nel termine dei 18 mesi posto dal punto 12 dell'Accordo per “proporre eventuali adeguamenti”. Il “ove non risulti possibile completare il corso di formazione” si mostra invece sufficientemente nebulotico. In caso di somministrazione di lavoro, l'Accordo stato-regioni sulla formazione fornisce una serie di indicazioni, in buona sostanza traslandole dall'art. 23, comma 5, del D.Lgs. 276/03. Anche in questo caso mostrando però poco coraggio (testimoniato anche dall'uso non parsimonioso dell'ipotetico). Mentre infatti riprende quasi letteralmente la previsione del comma 5, secondo la quale “il somministratore.. forma [i lavoratori].. all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale i lavoratori vengono assunti”(2), non altrettanto coerente si mostra allorquando afferma che la formazione dei lavoratori in somministrazione “può essere effettuata nel rispetto delle disposizioni” eventuali del CCNL di riferimento. Né quando afferma che i due attori datoriali “possono concordare che la formazione generale sia a carico del somministratore e quella specifica di settore a carico dell'utilizzatore”. Se i “può” e i “possono” mostrano l'indecisione della Conferenza stato-regioni -e, per essa, dell'Accordo- non ci rimane che evidenziare un aspetto che, almeno in nuce, poneva le condizioni per superarla. La conclusione del comma 5 dichiara infatti che “L'utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.” Se ci si sottrae ad una considerazione riduzionista, per la quale si starebbe trattando sostanzialmente dei DPC e dei DPI, dovrebbe venire in evidenza a chi sia assegnato l'obbligo formativo. Poiché, tuttavia, nessuno vuole regalare esimenti al somministratore, va benissimo (essendo oltretutto la soluzione più praticabile) che “la formazione generale sia a carico del somministratore e quella specifica di settore a carico dell'utilizzatore”. Basterebbe togliere quel “possono concordare”. (3) Altrimenti il rischio più che concreto è che permanga, anche sotto ricatto contrattuale, l'attuale, radicata inosservanza della norma. Si consideri, peraltro, se tale soluzione non rappresenti il naturale risolvimento dell'obbligo anche nell'ipotesi di distacco del lavoratore “che comporti un mutamento di mansioni”(art. 30 D.Lgs. 276/03). In questo caso il modulo di formazione generale, a carico del distaccante, costituirà credito permanente; mentre la formazione specifica sarà a carico del distaccatario, insieme a “tutti gli [altri]obblighi di prevenzione e protezione” (art. 3, comma 6, D.Lgs. 81/08). (2) l'Accordo conclude: “sempre che -ai sensi ed alle condizioni di cui al comma 5 dell'articolo 23 del citato D.Lgs. n. 276/2003- il contratto di somministrazione non ponga tale obbligo a carico dell'utilizzatore.”. Si tratta, sia consentito l'ossimoro, di un obbligo consensuale. Infatti il comma 5 stabilisce che “Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore.”. Si rileva, peraltro, come quell'obbligo in capo al somministratore sia -in non pochi casi- praticamente inesigibile. (3) si determinerebbe così che, con contratti differenti ma all'interno dello stesso settore, la formazione complessiva erogata dal somministratore e dall'utilizzatore costituirà credito permanente; mentre in caso di utilizzazione in (macro)settore altro, dovrà rivenire svolta la formazione specifica.
  • 4. Torna dunque la necessità, sopra prospettata, di considerare anche tipologie contrattuali diverse dalla somministrazione. Un'attenzione particolare dovrebbe esser posta alla prestazione occasionale di tipo accessorio. Questa forma contrattuale ha da tempo esondato rispetto al campo di applicazione individuato dall'art. 70 del D.Lgs. 276/03. Diventando strumento diffuso nel settore agricolo generale e innestandosi ormai significativamente nei servizi, con l'utilizzo dei cd. voucher. Di questo aspetto bisognerà pur cominciare a tener conto. Anche perché diverso è un rapporto contrattuale di pochi giorni da uno che si protragga per diversi mesi. Chi deve dunque formare un prestatore (ormai non più) occasionale di lavoro che venga occupato al di fuori della stagionalità o per più di cinquanta giorni all'anno? In caso di prima prestazione, la lettera della legge è inequivocabile, nel combinato tra art. 2, comma 1, lettera a) (definizione di “lavoratore”), art. 3, comma 8 (campo di applicazione) e art. 37, comma 1 (formazione dei lavoratori) del D.Lgs. 81/08: l'obbligo formativo ricade per intero sul richiedente, che è datore di lavoro ai sensi dell'art. 2, comma1 lett. b) del D.Lgs. 81/08 (definizione di “datore di lavoro”). La formazione dovrà essere svolta anteriormente all'avvio al compito lavorativo, nel caso di prestazione di breve durata (comunque non superiore -anche se qui siamo al di fuori della stagionalità- ai 50 giorni lavorativi di cui all'art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08). Solo se ciò non risulti probatamente possibile (ad esempio per necessità temporali di “costruzione d'aula” da parte dell'erogatore), la formazione potrà essere avviata contestualmente all'adibizione lavorativa e, nel caso di permanente impedimento, risolversi entro il termine del contratto. Lo stesso valga per contratti di durata superiore ai 50 giorni. Solo che in questo caso, e sempre che sia provata l'impossibilità di concludere la formazione prima o contestualmente (5) del/all'avvio al lavoro, il limite temporale massimo entro il quale svolgere la formazione è quello dei 60 giorni stabiliti dall'Accordo, al punto 10 (Disposizioni transitorie). Nell'eventualità, invece, di prestazioni successive, si configura il quadro seguente (6): − prestazioni successive che comportino gli stessi compiti lavorativi, collocandosi all'interno della medesima macrocategoria come indicata dall'Allegato 2 all'Accordo stato-regioni: tutta la formazione svolta, ovviamente nei termini indicati dall'Accordo, costituisce credito permanente; − prestazioni successive che comportino compiti lavorativi diversi da quelli per i quali è stata svolta la formazione, che dunque vadano a collocarsi in altra macrocategoria : il modulo formativo generale costituisce credito permanente mentre deve essere ripetuto il modulo di formazione specifica (7); Sono fatti salvi gli aggiornamenti quinquennali previsti dall'Accordo e la formazione in relazione all'evoluzione/modificazione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi stabilite dalla dalla norma di legge (commi 4 e 6, art. 37, D.Lgs. 81/08). (5) dunque del lasso temporale strettamente necessario allo svolgimento delle max 16 ore. (6) in analogia con quanto delineato nel punto 8 dell'Accordo, lett. a). (7) è opportuno considerare cosa si debba intendere quando si parla di ripetizione del modulo di formazione specifica. Il cd. “listone” dei contenuti della formazione specifica, di cui al punto 4 dell'Accordo, costituisce appunto il <serbatoio> dal quale trarre miratamente i contenuti da affrontare, in relazione ai rischi specifici presenti nella particolare realtà lavorativa. Non si comprenderebbe altrimenti come sia possibile affrontare con una qualche efficacia la somma dei contenuti individuati nell'Accordo. La ripetizione è perciò da intendersi piuttosto come integrazione, aggiuntiva alla formazione già svolta. Ciò, peraltro, conferisce miglior senso anche anche alla previsione del punto 8, lett. a. : “tale Formazione Specifica dovrà essere completata con un modulo integrativo, sia nella durata che nei contenuti, attinente ai rischi [maggiori (e dunque diversi)] delle nuove mansioni svolte.”
  • 5. Di più semplice approccio appare il problema della formazione per gli addetti al portierato e per chi svolga lavoro a distanza, o telelavoro. Per la prima figura, l'obbligo formativo sarà a carico dell'amministratore di condominio, in qualità di datore di lavoro. Ad entrambe le figure si applicherà la formazione di 4+4 ore: modulo generale+modulo specifico per rischio basso. E' questo un caso nel quale potrebbe proficuamente svolgersi - con le modalità ed entro i limiti stabiliti dall'Accordo stato-regioni- l'apprendimento e-Learning. Spero risulti evidente, dalle considerazioni qui svolte, l'importanza e la necessità che gli organismi paritetici si costituiscano e, laddove presenti, si ri-costituiscano (visto che il D.Lgs. 81/08 pone l'obbligo ex novo). Già due Accordi interconfederali, Artigianato e Confapi, muovono in questa direzione; anche se si devono registrare non poche significative resistenze a livello territoriale per quanto concerne l'Associazione delle piccole imprese. Diversamente -e in positivo- si segnalano <rivitalizzazioni> dell'organismo paritetico in settori, quali l'industria, nei quali non si è ancora pervenuti alla stipula di un Accordo interconfederale (8). La presenza (e il funzionamento) degli organismi paritetici è importante perché essi rappresentano una sorta di controllo di prima istanza rispetto all'adozione, da parte delle aziende, delle misure antinfortunistiche e di igiene del lavoro. Tale compito, che in generale deve venir svolto secondo le attribuzioni stabilite dall'art. 51 e con attitudine adiuvante nei confronti delle imprese, si risolve, rispetto alla formazione, nell'adempimento dell'obbligo di collaborazione stabilito dal comma 12 dell'art. 37, richiamato nell'Accordo stato-regioni del 21 dicembre 2011: Art. 37 D.Lgs. 81/08 12. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentati deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività del datore di lavoro, ... Le organizzazioni sindacali, nelle diramazioni categoriali, dovrebbero impegnarsi molto di più rispetto alla costituzione degli organismi paritetici. Ciò vale anche per le organizzazioni datoriali, le quali dovrebbero considerare con più attenzione come laddove gli OO.PP. sono stati costituiti e funzionano, meglio si sono determinati comportamenti compositivi e sinergici tra le parti. Sappiamo che sono in circolazione molte resistenze (alcune francamente inaspettate). L'obiezione che viene opposta è che alla violazione dell'obbligo di collaborazione non corrisponde sanzione. Che dunque manca la fattispecie contravvenzionale. E che allora si può benissimo fare a meno di richiedere la collaborazione all'organismo paritetico. Non so bene quante e quali ragioni giuridiche abbia questo tipo di obiezione: so bene invece che essa si pone in contrasto con lo spirito della norma, così come configurato già nella direttiva quadro europea del 1989; e che certo non si inserisce armonicamente nel quadro di sistema (giuridico). Mi sembra, in definitiva, uno sguardo strategicamente corto. (8) d'altronde, anche se “è nelle cose”, la legge non ne dichiara la necessità; l'art. 51 del D.Lgs. 81/08 (Organismi paritetici) si limita ad affermare: “1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'art. 2, comma 1, lett. ee).” Buon lavoro Brescia, 26 maggio 2012 Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente Camera del Lavoro di Brescia pietro.ferrari@cgil.brescia.it