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LE IMMERSIONI PROFONDE IN SICUREZZA: CIRCUITO APERTO E
AUTORESPIRATORE A RICICLO
Dott. Pasquale Longobardi
Direttore Sanitario Centro Iperbarico Ravenna; Docente master in Medicina Subacquea e Iperbarica
“Piergiorgio Data” Scuola Superiore S. Anna (Pisa)
indirizzo: Centro Iperbarico, via A. Torre 3, 48124 Ravenna, tel. 0544-500152, e-mail:
direzione@iperbaricoravenna.it; web: www.iperbaricoravennablog.it
LA DECOMPRESSIONE
       In Italia nell’immersione ricreativa avanzata la decompressione viene effettuata
prevalentemente in base ad un profilo elaborato da computer basati sul modello compartimentale,
concettualmente simile a quello utilizzato per l’elaborazione delle tabelle U.S. Navy o delle tabelle
francesi (Travaux en milieu hyperbare) oppure basati su modelli decompressivi basati sul controllo
delle bolle, evidenziando le differenze rispetto ai classici modelli compartimentali.
       I modelli compartimentali sono definiti ad una fase (fase disciolta) perché basati sul concetto
che il gas inerte diffonde dai compartimenti nel sangue interamente in forma disciolta e per il
calcolo della decompressione è tollerato un rapporto critico prestabilito tra la pressione parziale del
gas inerte nei compartimenti di riferimento e la pressione idrostatica; se nei compartimenti si supera
la massima saturazione consentita di gas inerte (valore M) vi è sovrasaturazione con innesco di
bolle di gas inerte. Nel modello compartimentale è consigliato un distacco rapido dal fondo con
risalita direttamente in superficie (immersioni in curva di sicurezza) e nelle immersioni che
prevedono decompressione le tappe sono vicine alla superficie, in modo da massimizzare il
gradiente della pressione parziale del gas inerte tra i compartimenti ed il sangue venoso favorendo
l’eliminazione del gas inerte.
       Ciò premesso, attualmente vi è un maggiore orientamento verso modelli orientati sul controllo
dell’innesco delle bolle. Questi modelli sono definiti a due fasi perché presumono che in
decompressione una parte del gas (dal 10% in su) diffonde dai compartimenti verso delle
microbolle preesistenti nell’organismo (fase libera) mentre il rimanente gas inerte si dissolve nel
sangue venoso (fase disciolta). Pertanto è necessario calcolare la decompressione in modo che il
gradiente tra la pressione parziale del gas inerte nei compartimenti e la pressione idrostatica non
superi mai un valore critico per l’innesco della formazione di bolle con dimensioni superiori a
quanto pianificato prima dell’immersione. Difatti l’ipotesi è che la probabilità dell’incidente da
decompressione (pDCI) aumenta in misura direttamente proporzionale con l’aumentare del raggio
della bolla. La pDCI supera il 3% (per immersioni quadre le tabelle U.S. Navy hanno, in media, un
rischio del 2,2%) quando il raggio delle bolle supera i 60 micron nelle immersioni entro i 40 metri
di profondità o i 40 micron nelle immersioni oltre i 40 metri: questo supporta l’ovvia evidenza che
nelle immersioni con maggior stress decompressivo (cioè immersioni oltre i 30 metri; immersioni
con un tempo di decompressione totale superiore a 30 minuti; intervallo di superficie inferiore alle
due ore; immersioni ripetitive con profilo inverso; immersioni multiday) aumenta la probabilità che
si verifichi un incidente da decompressione.
       La ricerca ha evidenziato che il picco delle bolle si manifesta dai 20 minuti fino alle due ore
dopo l’emersione, poi decresce per ridursi significativamente dopo le quattro ore: ne consegue che
un intervallo di superficie inferiore alle due ore comporta uno stress decompressivo maggiore
nell’immersione ripetitiva. In generale nelle immersioni successive alla prima è particolarmente
consigliata la discesa rapida, in modo da creare un gradiente di pressione idrostatica capace di
ridurre significativamente il raggio delle bolle di gas inerte residuate dopo la prima immersione. Per
il calcolo del profilo di decompressione è importante anche la scelta della miscela respiratoria
appropriata.
       Nel caso di immersione con miscela contenete elio l’orientamento attuale, suggerito
dall’Autore, è di utilizzare sul fondo una miscela respiratoria con una pressione parziale di 1,2 – 1,4
bar di ossigeno; per l’azoto è consigliata una pressione parziale di 2,4 - 2,5 bar che corrisponde ad
un equivalente narcotico in aria di circa 21 metri (20 – 21.6 mt) e per il resto elio. È altresì
                                                                                                     1
fondamentale calcolare che la pressione parziale dell’ossigeno nella miscela respiratoria rimanga
sempre superiore almeno ai 0,5 bar (500 millibar) alle quote di cambio della miscela decompressiva
o alle soste profonde. E’ sconsigliato l’uso di miscele respiratorie con pressione parziale di ossigeno
inferiore ai parametri indicati, sul fondo o durante la risalita, perché si riduce la tolleranza
dell’organismo verso errori di decompressione. È altresì sconsigliato l’utilizzo di una pressione
parziale di ossigeno superiore ad 1,6 bar nella miscela respiratoria decompressiva perché l’ossigeno
di per sé ha un discreto peso molecolare ed è possibile la formazione di “bolle di ossigeno” quando
l’offerta supera il fabbisogno del metabolismo cellulare. Inoltre l’eccesso di ossigeno facilita la
produzione di radicali liberi, altamente reattivi, in quantità superiore alla capacità di compenso dei
sistemi antiossidanti intra ed extracellulari e ciò comporta nell’immediato una vasocostrizione che
riduce l’eliminazione del gas inerte e, nel tempo, un danno ossidativo all’endotelio vasale che è
l’interfaccia fondamentale nei processi di scambio gassoso tra i tessuti ed il sangue venoso oltre ad
avere un ruolo essenziale nella genesi dell’incidente da decompressione. L’ipotesi sulla quale si sta
lavorando è che una pressione parziale elevata di elio e una pressione parziale di ossigeno nei limiti
indicati per la miscela di fondo (1,2 - 1,4 bar) abbiano invece un effetto protettivo sulla barriera
endoteliale, tramite meccanismi che sono ancora da verificare: questo supporta favorevolmente la
consuetudine nell’immersione industriale di utilizzare l’eliox (ossigeno/elio).
       Quando si utilizza per la decompressione le tabelle U.S. Navy o comunque un computer
basato su un modello compartimentale, è prudente adottare alcuni sintetici suggerimenti pratici
mutuati dalla ricerca sui modelli per il controllo delle bolle: discesa rapida compatibilmente con la
capacità di compensazione dell’orecchio medio e di tolleranza alla narcosi o quantomeno diretta
verso la massima profondità pianificata senza soste intermedie. Il distacco dal fondo deve essere
graduale. Durante la risalita inserire delle soste di sicurezza profonde.

L’IMMERSIONE CON AUTORESPIRATORE A RICICLO
Gli autorespiratori che oggi il subacqueo ricreativo ha a disposizione per le sue immersioni sono
fondamentalmente di due tipi: autorespiratore a circuito aperto ad aria (A.R.A.) e autorespiratore a
riciclo (A.R.R. o “rebreather”) che può essere a circuito semichiuso o chiuso. L’ARR a circuito
chiuso può prevedere il controllo della pressione parziale dell’ossigeno, nel sacco polmone, di tipo
elettronico, meccanico o misto.
                                                            L’ARR a circuito chiuso offre una lunga
                                                            autonomia (in quanto il consumo è ridotto
                                                            alla quantità di ossigeno richiesta dalle
                                                            funzioni metaboliche). Il dispositivo
                                                            consente        di
                                                            sfruttare anche
                                                            quel 16% di
                                                            ossigeno       che
                                                            normalmente è
                                                                 presente
                                                                 nell'aria
                                                                 espirata.
                                                            Operando         a
pressioni assolute superiori a quella atmosferica, per la legge di Dalton, la
pressione parziale dell’ossigeno (PO2) è sufficientemente alta per
l'assimilazione dell'ossigeno da parte dell’organismo. Nell'aria espirata è
presente anidride carbonica (C02). L’ARR, riciclando in parte o
completamente l'aria espirata, la "ricondiziona" per la respirazione
eliminando da essa la CO2. Si può pensare di riciclare solo una parte della miscela e, secondo lo
schema della fig. 2, si ottiene un circuito semi-chiuso (o semi-aperto) oppure si può, come
normalmente avviene, fare ricircolare tutta la miscela espirata secondo lo schema del circuito chiuso

                                                                                                     2
Suddivisione e classificazione degli autorespiratori a riciclo (ARR) in base al principio di
funzionamento.
                    AUTORESPIRATORE A
                       RICICLO (ARR)

                    AUTORESPIRATORI A
                 CIRCUITO DI GAS ESPIRATO




   CIRCUITI CHIUSI               CIRCUITI SEMICHIUSI
 TOTALE RECUPERO DI             PARZIALE RECUPERO DEL
    GAS ESPIRATO                    GAS ESPIRATO
     A.C.C./C.C.R.                    A.S.C./S.C.R.




                   AUTO              PRE                 AUTO
 A.R.O.        MISCELAZIONE      MISCELATO A         MISCELAZIONE
100% O2        ELETTRONICA O     FLUSSO FISSO         MECCANICA
                  DOSAGIO             O
                 MECCANICO       REGOLABILE

Dallo schema precedente emerge l’altra differenza fondamentale tra i vari concetti funzionali
applicati agli autorespiratori a riciclo:
I)  quelli che impiegano solo ossigeno o una miscela precostituita lavorano a percentuale fissa e
    ppO2 variabile in funzione della profondità.
II) Quelli automiscelanti elettronici o meccanici lavorano a percentuale variabile in funzione
    della profondità e quindi a ppO2 fissa e predeterminata all’inizio.

      A.R.O.
                         % O2 FISSA
                                                 I° TIPO: ARO O ARR-semichiuso
        PRE             Pp O2 VARIABILE
     MISCELATO



     AUTO MISCELATORE
        ELETRONICO
       ELETTRONICO                 % O2 VARIABILE
                                                        II° TIPO: ARR chiuso
     AUTO MISCELATORE              Pp O2 FISSA
        MECCANICO
        MECCANICO




                                                                                                3
Il subacqueo ha, in media, un consumo metabolico di ossigeno di 0,70 l/min. Il consumo metabolico
di un essere umano si misura in litri al minuto in superficie per comodità, in quanto sarebbe più
corretto dire che il consumo metabolico di un essere umano è corrispondente a una certa quantità
(massa) di molecole di ossigeno al minuto e, ovviamente, questo numero non cambia in base alla
pressione parziale (profondità dell’immersione) ma solo in base a una variazione di attività fisica
eseguita dal subacqueo durante l’immersione. Più elevata sarà la sua attività, più molecole di
ossigeno saranno richieste dal metabolismo e viceversa, indipendentemente dalla profondità alla
quale si trova il subacqueo. Quindi il consumo metabolico di ossigeno non dipende dalla profondità
ma solo dal livello di attività del subacqueo.
Seguendo ora questo concetto fisiologico possiamo calcolare i consumi di gas nelle tre condizioni e
cioè:

   1- Subacqueo che si immerge in circuito aperto ARA (consumo di gas = 15 Lt/min)

PROFONDITA’ metri          CONSUMO GAS              PROFONDITA’          CONSUMO GAS-lt/min
                               lt/min                   metri
           0                     15                      30                         60
          10                     30                      40                         75
          20                     45                      50                         90

se il subacqueo avesse a disposizione una bombola da 10 Lt a 200 bar la sua autonomia sarebbe:

PROFONDITA’ metri         TEMPO MAX min.          PROFONDITA’ metri         TEMPO MAX min.
       0                       133’                     30                       33’
      10                        66’                     40                       26’
      20                        44’                     50                       22’

Quindi con l’aumentare della profondità, ci sarà un notevole aumento del consumo di gas da parte
del subacqueo e si riduce, di conseguenza, il tempo di permanenza sul fondo. Con l’ARR a circuito
chiuso questo problema non esiste in quanto il consumo di gas non dipende dalla frequenza
respiratoria ma solo e sempre dal consumo metabolico del subacqueo stesso. Per meglio dire il
subacqueo può respirare liberamente in quanto la frequenza respiratoria non cambierà il suo
consumo di gas pressurizzato nelle bombole.

   2- Subacqueo che si immerge con ARR a circuito chiuso (consumo di gas = 15 Lt/min,
      consumo metabolico di ossigeno = 0,7 lt/min)

PROFONDITA’ metri          CONSUMO GAS            PROFONDITA’ metri          CONSUMO GAS
                              Lt/min                                            Lt/min
           0                   0,7                          30                   0,7
          10                   0,7                          40                   0,7
          20                   0,7                          50                   0,7

Di conseguenza, se il subacqueo avesse a disposizione una bombola da 2 Lt a 200 bar la sua
autonomia sarebbe:

PROFONDITA’ metri         TEMPO MAX min.          PROFONDITA’ metri         TEMPO MAX min.
       0                       571’                     30                       571’
      10                       571’                     40                       571’
      20                       571’                     50                       571’


                                                                                                  4
Questi sono consumi ideali basati sulla possibilità di razionare al meglio il gas a disposizione. Nella
realtà il subacqueo che utilizza l’ARR, specie se neofita, farà un largo uso dei BY-PASS durante le
varie fasi di immersione e ciò riduce l’autonomia. In ogni caso il risparmio di gas è più che evidente
e soprattutto costante indipendentemente dalla profondità

Cenni di bibliografia
1. N. Gaskins, RD Vann, D. Needham ed al., Atti UHMS Annual Meeting 2001;
2. Manuale U.S. Navy, edizione 1996, paragrafo 5-4.5.1;
3. J.W. Tyrrell, P. Attard . Phys. Rev. Lett. 87, 176104, 2001;
4. Francesco Clai, tesi Scuola di specializzione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee -
   Università di Chieti, relatore: dott. P. Longobardi (direttore: Prof. P.G. Data), anno 1999-2000;
5. Bruce R. Wienke, “Technical Diving in Depth”, Best Publishing Company, 2002 (book no.
   B1035)
6. Corrado Bonuccelli, “L’immersione tecnica con miscela”, Edizioni La Mandragora, 2001.
7. J.M. Martin, S.R. Thom “Vascular Leukocyte Sequestration in Decompression Sickness and
   Prophylactic Hyperbaric Oxygen Therapy in Rats”. Aviation, Space and Environmental
   Medicine vol. 73, No 6, June 2002.
8. Autorespiratore a riciclo: materiale didattico fornito dalla Human Breathing Technology
   (Trieste)




                                                                                                     5

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Le immersioni profonde in sicurezza: circuito aperto e autorespiratore a reciclo

  • 1. LE IMMERSIONI PROFONDE IN SICUREZZA: CIRCUITO APERTO E AUTORESPIRATORE A RICICLO Dott. Pasquale Longobardi Direttore Sanitario Centro Iperbarico Ravenna; Docente master in Medicina Subacquea e Iperbarica “Piergiorgio Data” Scuola Superiore S. Anna (Pisa) indirizzo: Centro Iperbarico, via A. Torre 3, 48124 Ravenna, tel. 0544-500152, e-mail: direzione@iperbaricoravenna.it; web: www.iperbaricoravennablog.it LA DECOMPRESSIONE In Italia nell’immersione ricreativa avanzata la decompressione viene effettuata prevalentemente in base ad un profilo elaborato da computer basati sul modello compartimentale, concettualmente simile a quello utilizzato per l’elaborazione delle tabelle U.S. Navy o delle tabelle francesi (Travaux en milieu hyperbare) oppure basati su modelli decompressivi basati sul controllo delle bolle, evidenziando le differenze rispetto ai classici modelli compartimentali. I modelli compartimentali sono definiti ad una fase (fase disciolta) perché basati sul concetto che il gas inerte diffonde dai compartimenti nel sangue interamente in forma disciolta e per il calcolo della decompressione è tollerato un rapporto critico prestabilito tra la pressione parziale del gas inerte nei compartimenti di riferimento e la pressione idrostatica; se nei compartimenti si supera la massima saturazione consentita di gas inerte (valore M) vi è sovrasaturazione con innesco di bolle di gas inerte. Nel modello compartimentale è consigliato un distacco rapido dal fondo con risalita direttamente in superficie (immersioni in curva di sicurezza) e nelle immersioni che prevedono decompressione le tappe sono vicine alla superficie, in modo da massimizzare il gradiente della pressione parziale del gas inerte tra i compartimenti ed il sangue venoso favorendo l’eliminazione del gas inerte. Ciò premesso, attualmente vi è un maggiore orientamento verso modelli orientati sul controllo dell’innesco delle bolle. Questi modelli sono definiti a due fasi perché presumono che in decompressione una parte del gas (dal 10% in su) diffonde dai compartimenti verso delle microbolle preesistenti nell’organismo (fase libera) mentre il rimanente gas inerte si dissolve nel sangue venoso (fase disciolta). Pertanto è necessario calcolare la decompressione in modo che il gradiente tra la pressione parziale del gas inerte nei compartimenti e la pressione idrostatica non superi mai un valore critico per l’innesco della formazione di bolle con dimensioni superiori a quanto pianificato prima dell’immersione. Difatti l’ipotesi è che la probabilità dell’incidente da decompressione (pDCI) aumenta in misura direttamente proporzionale con l’aumentare del raggio della bolla. La pDCI supera il 3% (per immersioni quadre le tabelle U.S. Navy hanno, in media, un rischio del 2,2%) quando il raggio delle bolle supera i 60 micron nelle immersioni entro i 40 metri di profondità o i 40 micron nelle immersioni oltre i 40 metri: questo supporta l’ovvia evidenza che nelle immersioni con maggior stress decompressivo (cioè immersioni oltre i 30 metri; immersioni con un tempo di decompressione totale superiore a 30 minuti; intervallo di superficie inferiore alle due ore; immersioni ripetitive con profilo inverso; immersioni multiday) aumenta la probabilità che si verifichi un incidente da decompressione. La ricerca ha evidenziato che il picco delle bolle si manifesta dai 20 minuti fino alle due ore dopo l’emersione, poi decresce per ridursi significativamente dopo le quattro ore: ne consegue che un intervallo di superficie inferiore alle due ore comporta uno stress decompressivo maggiore nell’immersione ripetitiva. In generale nelle immersioni successive alla prima è particolarmente consigliata la discesa rapida, in modo da creare un gradiente di pressione idrostatica capace di ridurre significativamente il raggio delle bolle di gas inerte residuate dopo la prima immersione. Per il calcolo del profilo di decompressione è importante anche la scelta della miscela respiratoria appropriata. Nel caso di immersione con miscela contenete elio l’orientamento attuale, suggerito dall’Autore, è di utilizzare sul fondo una miscela respiratoria con una pressione parziale di 1,2 – 1,4 bar di ossigeno; per l’azoto è consigliata una pressione parziale di 2,4 - 2,5 bar che corrisponde ad un equivalente narcotico in aria di circa 21 metri (20 – 21.6 mt) e per il resto elio. È altresì 1
  • 2. fondamentale calcolare che la pressione parziale dell’ossigeno nella miscela respiratoria rimanga sempre superiore almeno ai 0,5 bar (500 millibar) alle quote di cambio della miscela decompressiva o alle soste profonde. E’ sconsigliato l’uso di miscele respiratorie con pressione parziale di ossigeno inferiore ai parametri indicati, sul fondo o durante la risalita, perché si riduce la tolleranza dell’organismo verso errori di decompressione. È altresì sconsigliato l’utilizzo di una pressione parziale di ossigeno superiore ad 1,6 bar nella miscela respiratoria decompressiva perché l’ossigeno di per sé ha un discreto peso molecolare ed è possibile la formazione di “bolle di ossigeno” quando l’offerta supera il fabbisogno del metabolismo cellulare. Inoltre l’eccesso di ossigeno facilita la produzione di radicali liberi, altamente reattivi, in quantità superiore alla capacità di compenso dei sistemi antiossidanti intra ed extracellulari e ciò comporta nell’immediato una vasocostrizione che riduce l’eliminazione del gas inerte e, nel tempo, un danno ossidativo all’endotelio vasale che è l’interfaccia fondamentale nei processi di scambio gassoso tra i tessuti ed il sangue venoso oltre ad avere un ruolo essenziale nella genesi dell’incidente da decompressione. L’ipotesi sulla quale si sta lavorando è che una pressione parziale elevata di elio e una pressione parziale di ossigeno nei limiti indicati per la miscela di fondo (1,2 - 1,4 bar) abbiano invece un effetto protettivo sulla barriera endoteliale, tramite meccanismi che sono ancora da verificare: questo supporta favorevolmente la consuetudine nell’immersione industriale di utilizzare l’eliox (ossigeno/elio). Quando si utilizza per la decompressione le tabelle U.S. Navy o comunque un computer basato su un modello compartimentale, è prudente adottare alcuni sintetici suggerimenti pratici mutuati dalla ricerca sui modelli per il controllo delle bolle: discesa rapida compatibilmente con la capacità di compensazione dell’orecchio medio e di tolleranza alla narcosi o quantomeno diretta verso la massima profondità pianificata senza soste intermedie. Il distacco dal fondo deve essere graduale. Durante la risalita inserire delle soste di sicurezza profonde. L’IMMERSIONE CON AUTORESPIRATORE A RICICLO Gli autorespiratori che oggi il subacqueo ricreativo ha a disposizione per le sue immersioni sono fondamentalmente di due tipi: autorespiratore a circuito aperto ad aria (A.R.A.) e autorespiratore a riciclo (A.R.R. o “rebreather”) che può essere a circuito semichiuso o chiuso. L’ARR a circuito chiuso può prevedere il controllo della pressione parziale dell’ossigeno, nel sacco polmone, di tipo elettronico, meccanico o misto. L’ARR a circuito chiuso offre una lunga autonomia (in quanto il consumo è ridotto alla quantità di ossigeno richiesta dalle funzioni metaboliche). Il dispositivo consente di sfruttare anche quel 16% di ossigeno che normalmente è presente nell'aria espirata. Operando a pressioni assolute superiori a quella atmosferica, per la legge di Dalton, la pressione parziale dell’ossigeno (PO2) è sufficientemente alta per l'assimilazione dell'ossigeno da parte dell’organismo. Nell'aria espirata è presente anidride carbonica (C02). L’ARR, riciclando in parte o completamente l'aria espirata, la "ricondiziona" per la respirazione eliminando da essa la CO2. Si può pensare di riciclare solo una parte della miscela e, secondo lo schema della fig. 2, si ottiene un circuito semi-chiuso (o semi-aperto) oppure si può, come normalmente avviene, fare ricircolare tutta la miscela espirata secondo lo schema del circuito chiuso 2
  • 3. Suddivisione e classificazione degli autorespiratori a riciclo (ARR) in base al principio di funzionamento. AUTORESPIRATORE A RICICLO (ARR) AUTORESPIRATORI A CIRCUITO DI GAS ESPIRATO CIRCUITI CHIUSI CIRCUITI SEMICHIUSI TOTALE RECUPERO DI PARZIALE RECUPERO DEL GAS ESPIRATO GAS ESPIRATO A.C.C./C.C.R. A.S.C./S.C.R. AUTO PRE AUTO A.R.O. MISCELAZIONE MISCELATO A MISCELAZIONE 100% O2 ELETTRONICA O FLUSSO FISSO MECCANICA DOSAGIO O MECCANICO REGOLABILE Dallo schema precedente emerge l’altra differenza fondamentale tra i vari concetti funzionali applicati agli autorespiratori a riciclo: I) quelli che impiegano solo ossigeno o una miscela precostituita lavorano a percentuale fissa e ppO2 variabile in funzione della profondità. II) Quelli automiscelanti elettronici o meccanici lavorano a percentuale variabile in funzione della profondità e quindi a ppO2 fissa e predeterminata all’inizio. A.R.O. % O2 FISSA I° TIPO: ARO O ARR-semichiuso PRE Pp O2 VARIABILE MISCELATO AUTO MISCELATORE ELETRONICO ELETTRONICO % O2 VARIABILE II° TIPO: ARR chiuso AUTO MISCELATORE Pp O2 FISSA MECCANICO MECCANICO 3
  • 4. Il subacqueo ha, in media, un consumo metabolico di ossigeno di 0,70 l/min. Il consumo metabolico di un essere umano si misura in litri al minuto in superficie per comodità, in quanto sarebbe più corretto dire che il consumo metabolico di un essere umano è corrispondente a una certa quantità (massa) di molecole di ossigeno al minuto e, ovviamente, questo numero non cambia in base alla pressione parziale (profondità dell’immersione) ma solo in base a una variazione di attività fisica eseguita dal subacqueo durante l’immersione. Più elevata sarà la sua attività, più molecole di ossigeno saranno richieste dal metabolismo e viceversa, indipendentemente dalla profondità alla quale si trova il subacqueo. Quindi il consumo metabolico di ossigeno non dipende dalla profondità ma solo dal livello di attività del subacqueo. Seguendo ora questo concetto fisiologico possiamo calcolare i consumi di gas nelle tre condizioni e cioè: 1- Subacqueo che si immerge in circuito aperto ARA (consumo di gas = 15 Lt/min) PROFONDITA’ metri CONSUMO GAS PROFONDITA’ CONSUMO GAS-lt/min lt/min metri 0 15 30 60 10 30 40 75 20 45 50 90 se il subacqueo avesse a disposizione una bombola da 10 Lt a 200 bar la sua autonomia sarebbe: PROFONDITA’ metri TEMPO MAX min. PROFONDITA’ metri TEMPO MAX min. 0 133’ 30 33’ 10 66’ 40 26’ 20 44’ 50 22’ Quindi con l’aumentare della profondità, ci sarà un notevole aumento del consumo di gas da parte del subacqueo e si riduce, di conseguenza, il tempo di permanenza sul fondo. Con l’ARR a circuito chiuso questo problema non esiste in quanto il consumo di gas non dipende dalla frequenza respiratoria ma solo e sempre dal consumo metabolico del subacqueo stesso. Per meglio dire il subacqueo può respirare liberamente in quanto la frequenza respiratoria non cambierà il suo consumo di gas pressurizzato nelle bombole. 2- Subacqueo che si immerge con ARR a circuito chiuso (consumo di gas = 15 Lt/min, consumo metabolico di ossigeno = 0,7 lt/min) PROFONDITA’ metri CONSUMO GAS PROFONDITA’ metri CONSUMO GAS Lt/min Lt/min 0 0,7 30 0,7 10 0,7 40 0,7 20 0,7 50 0,7 Di conseguenza, se il subacqueo avesse a disposizione una bombola da 2 Lt a 200 bar la sua autonomia sarebbe: PROFONDITA’ metri TEMPO MAX min. PROFONDITA’ metri TEMPO MAX min. 0 571’ 30 571’ 10 571’ 40 571’ 20 571’ 50 571’ 4
  • 5. Questi sono consumi ideali basati sulla possibilità di razionare al meglio il gas a disposizione. Nella realtà il subacqueo che utilizza l’ARR, specie se neofita, farà un largo uso dei BY-PASS durante le varie fasi di immersione e ciò riduce l’autonomia. In ogni caso il risparmio di gas è più che evidente e soprattutto costante indipendentemente dalla profondità Cenni di bibliografia 1. N. Gaskins, RD Vann, D. Needham ed al., Atti UHMS Annual Meeting 2001; 2. Manuale U.S. Navy, edizione 1996, paragrafo 5-4.5.1; 3. J.W. Tyrrell, P. Attard . Phys. Rev. Lett. 87, 176104, 2001; 4. Francesco Clai, tesi Scuola di specializzione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee - Università di Chieti, relatore: dott. P. Longobardi (direttore: Prof. P.G. Data), anno 1999-2000; 5. Bruce R. Wienke, “Technical Diving in Depth”, Best Publishing Company, 2002 (book no. B1035) 6. Corrado Bonuccelli, “L’immersione tecnica con miscela”, Edizioni La Mandragora, 2001. 7. J.M. Martin, S.R. Thom “Vascular Leukocyte Sequestration in Decompression Sickness and Prophylactic Hyperbaric Oxygen Therapy in Rats”. Aviation, Space and Environmental Medicine vol. 73, No 6, June 2002. 8. Autorespiratore a riciclo: materiale didattico fornito dalla Human Breathing Technology (Trieste) 5