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L’impatto delle nuove tecnologie in agricoltura: tra droni
e Smart rurality c’è il lavoro di mezzo.
Cosa ne sarà del lavoro in
agricoltura da qui ai prossimi dieci
anni? Numerosi profili
professionali saranno soppiantati
da macchinari tecnologicamente
avanzati o l’evoluzione tecnologica
favorirà dinamiche occupazionali di
tipo propulsivo?
Basta sfogliare un paio di riviste specializzate o farsi un giro su YouTube per imbattersi sul
ruolo delle nuove tecnologie nella moderna agricoltura. Due esempi su tutti: la cd.
vendemmiatrice (raccoglitore meccanico d’uva che, passando direttamente sopra il filare,
rende inutile qualsiasi apporto di manodopera fisica, se non quella di chi la guida); e,
soprattutto, i “SAPR”, Sistemi aerei a pilotaggio remoto, meglio conosciuti con il nome
di droni. Attorno ai quali, a dire il vero, si cominciano a registrare elevati consensi tra gli
imprenditori, nella convinzione che la cd. “agricoltura di precisione” rappresenti la più
avanzata frontiera agricola e il grimaldello della crescita del settore in campo
internazionale, in chiave anti-conservativa e di riduzione dei costi d’impresa.
È passato un anno, infatti, da quando la FAA statunitense (Amministrazione federale per
l’Aviazione) ha rilasciato il primo permesso per uso agricolo di veicoli aerei senza pilota
umano, e la volontà delle associazioni imprenditoriali di porre la politica di fronte alla
necessità di una regolamentazione delle nuove tecnologie agricole si registra sia a livello
europeo che nazionale. E non potrebbe essere diversamente se – relazione
dell’associazione degli agricoltori europei (Copa-Cogeca) alla mano – «i SAPR possono
contribuire a una maggiore efficienza nell’uso delle risorse, maggiore produttività,
redditività e sostenibilità» aziendale, potendo, un solo drone, captare informazioni
«invisibili all’occhio umano» relative a quali campi debbano essere irrigati, contare i capi
di bestiame al pascolo e rilevare «i dati di crescita delle piante e di umidità del suolo».
In un simile contesto, se alla lettura degli sviluppi tecnologici si prova ad offrire la lente
delle relazioni sindacali, dalla semplice constatazione di una evoluzione tecnica-produttiva
in atto, si passa all’esame degli effetti che tali innovazioni imprimono sulla gestione dei
costi d’impresa, sul lavoro, sull’occupazione e sulla rappresentanza associativa. Perché a
osservare i progressi ottenuti in pochi anni, nulla esclude che macchine ora considerate
appannaggio di poche colture e di pochi imprenditori all’avanguardia possano un domani
(non troppo lontano) venire raffinate, magari a fronte di nuovi investimenti privati e di
serie politiche pubbliche di incentivo. Se così fosse, le ricadute sul sistema della
rappresentanza associativa non tarderebbero a presentarsi. Sia sul versante sindacale,
posto che quell’impiego potrebbe condurre ad un abbattimento del peso della
manodopera impiegata, traducendosi in erosione del tasso di occupazione agricola,
scomparsa di alcune professionalità e nella riconversione di altre. Sia sul versante
datoriale, vista la difficoltà per le imprese medio-piccole di sopportare il costo di accesso
alle nuove tecnologie, da cui il pericolo di perdere una parte consistente della
rappresentanza aziendale, ove non si riuscisse a garantire accessibilità tecnologica diffusa.
Scenari riferibili, in particolare, ad alcune attività agricole dove l’impiego dei robot è ormai
un fatto e a quelle nelle quali l’utilizzo dei droni rientra in un piano generale di sviluppo
della farm sempre più nella direzione smart (è la cd. Smart rurality), grazie al quale servizi
GPS, sensori e BIG DATA si combinano al fine dell’ottimizzazione della resa delle colture,
per fornire un patrimonio ICT che garantisca informazioni su tutti gli aspetti della
coltivazione ed allinei la produzione alle esigenze dei mercati.
La nuova agricoltura di precisione, a ben vedere, sembrerebbe mettere di fronte al
dilemma di cosa sarà il lavoro in agricoltura da qui ai prossimi decenni, e in quale
direzione il sindacato dei lavoratori saprà condurre le forme della loro rappresentanza: se
numerosi profili professionali, specializzati (ad es. l’analista) e non (ad es. il
raccoglitore) saranno soppiantati da SAPR o macchinari tecnologicamente avanzati, quali
strumenti di risposta potrà immaginare il sindacato al fine di scongiurare che il legittimo
sviluppo in senso smart dell’impresa si trasformi in trauma socio-economico? Se da qui ai
prossimi anni pare probabile il superamento di alcune professionalità tipicamente manuali
o tradizionali, d’altro canto l’evoluzione tecnologica potrebbe favorire dinamiche
occupazionali di tipo propulsivo: dal punto di vista imprenditoriale, con un benefico
“effetto sostituzione” tra imprenditori tradizionali (di età molto avanzata) ed imprenditori
“di nuovo conio”; ma anche da quello professionale, con la nascita di nuovi
lavori specializzati, figli di competenze plasmate sull’agricoltura di precisione e forieri di
nuove funzioni aziendali da inserire nella creazione di valore dell’impresa.
In un settore in cui il lavoro e l’impresa, in molti casi, rappresentano tutt’al più forme di
sostegno al reddito, e in un panorama istituzionale in cui organizzazioni datoriali di
rappresentanza premono in direzione del sostegno istituzionale all’innovazione
tecnologica, i sindacati hanno spianata la strada per avviare una riflessione di ampio
respiro sul lavoro nell’agricoltura del futuro, riqualificando l’azione strategica di
rappresentanza in rapporto al nuovo corso tecnologico, da accompagnare su più fronti:
dall’orientamento imprenditoriale verso i nuovi processi, alla formazione professionale dei
lavoratori; dal coordinamento delle imprese con il sistema didattico ed universitario,
all’attività di lobbying finalizzata all’incentivo tecnologico; dalla preferenza accordata
all’imprenditoria “in rete”, alla riscrittura del sistema classificatorio contrattuale collettivo
in funzione delle nuove esigenze della produzione e dell’occupazione legate all’innovazione.
Le trasformazioni tecnologiche, è noto, portano con sé il peso delle grandi trasformazioni
sociali. Ai sindacati la scelta: spettatori “della” trasformazione o protagonisti “nella”
trasformazione.
Fonte: http://www.bollettinoadapt.it/limpatto-delle-nuove-tecnologie-sulloccupazione-fine-o-
trasformazione-del-lavoro/
http://www.studiocarlucciocirchetta.com/
CRISTINA CIRCHETTA CONSULENTE DEL LAVORO LECCE BRINDISI
Categorie: Innovazione, Cultura Aziendale

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L’impatto delle nuove tecnologie in agricoltura: tra droni e Smart rurality c’è il lavoro di mezzo.

  • 1. L’impatto delle nuove tecnologie in agricoltura: tra droni e Smart rurality c’è il lavoro di mezzo. Cosa ne sarà del lavoro in agricoltura da qui ai prossimi dieci anni? Numerosi profili professionali saranno soppiantati da macchinari tecnologicamente avanzati o l’evoluzione tecnologica favorirà dinamiche occupazionali di tipo propulsivo? Basta sfogliare un paio di riviste specializzate o farsi un giro su YouTube per imbattersi sul ruolo delle nuove tecnologie nella moderna agricoltura. Due esempi su tutti: la cd. vendemmiatrice (raccoglitore meccanico d’uva che, passando direttamente sopra il filare, rende inutile qualsiasi apporto di manodopera fisica, se non quella di chi la guida); e, soprattutto, i “SAPR”, Sistemi aerei a pilotaggio remoto, meglio conosciuti con il nome di droni. Attorno ai quali, a dire il vero, si cominciano a registrare elevati consensi tra gli imprenditori, nella convinzione che la cd. “agricoltura di precisione” rappresenti la più avanzata frontiera agricola e il grimaldello della crescita del settore in campo internazionale, in chiave anti-conservativa e di riduzione dei costi d’impresa. È passato un anno, infatti, da quando la FAA statunitense (Amministrazione federale per l’Aviazione) ha rilasciato il primo permesso per uso agricolo di veicoli aerei senza pilota umano, e la volontà delle associazioni imprenditoriali di porre la politica di fronte alla necessità di una regolamentazione delle nuove tecnologie agricole si registra sia a livello europeo che nazionale. E non potrebbe essere diversamente se – relazione dell’associazione degli agricoltori europei (Copa-Cogeca) alla mano – «i SAPR possono contribuire a una maggiore efficienza nell’uso delle risorse, maggiore produttività, redditività e sostenibilità» aziendale, potendo, un solo drone, captare informazioni
  • 2. «invisibili all’occhio umano» relative a quali campi debbano essere irrigati, contare i capi di bestiame al pascolo e rilevare «i dati di crescita delle piante e di umidità del suolo». In un simile contesto, se alla lettura degli sviluppi tecnologici si prova ad offrire la lente delle relazioni sindacali, dalla semplice constatazione di una evoluzione tecnica-produttiva in atto, si passa all’esame degli effetti che tali innovazioni imprimono sulla gestione dei costi d’impresa, sul lavoro, sull’occupazione e sulla rappresentanza associativa. Perché a osservare i progressi ottenuti in pochi anni, nulla esclude che macchine ora considerate appannaggio di poche colture e di pochi imprenditori all’avanguardia possano un domani (non troppo lontano) venire raffinate, magari a fronte di nuovi investimenti privati e di serie politiche pubbliche di incentivo. Se così fosse, le ricadute sul sistema della rappresentanza associativa non tarderebbero a presentarsi. Sia sul versante sindacale, posto che quell’impiego potrebbe condurre ad un abbattimento del peso della manodopera impiegata, traducendosi in erosione del tasso di occupazione agricola, scomparsa di alcune professionalità e nella riconversione di altre. Sia sul versante datoriale, vista la difficoltà per le imprese medio-piccole di sopportare il costo di accesso alle nuove tecnologie, da cui il pericolo di perdere una parte consistente della rappresentanza aziendale, ove non si riuscisse a garantire accessibilità tecnologica diffusa. Scenari riferibili, in particolare, ad alcune attività agricole dove l’impiego dei robot è ormai un fatto e a quelle nelle quali l’utilizzo dei droni rientra in un piano generale di sviluppo della farm sempre più nella direzione smart (è la cd. Smart rurality), grazie al quale servizi GPS, sensori e BIG DATA si combinano al fine dell’ottimizzazione della resa delle colture, per fornire un patrimonio ICT che garantisca informazioni su tutti gli aspetti della coltivazione ed allinei la produzione alle esigenze dei mercati. La nuova agricoltura di precisione, a ben vedere, sembrerebbe mettere di fronte al dilemma di cosa sarà il lavoro in agricoltura da qui ai prossimi decenni, e in quale direzione il sindacato dei lavoratori saprà condurre le forme della loro rappresentanza: se numerosi profili professionali, specializzati (ad es. l’analista) e non (ad es. il raccoglitore) saranno soppiantati da SAPR o macchinari tecnologicamente avanzati, quali strumenti di risposta potrà immaginare il sindacato al fine di scongiurare che il legittimo sviluppo in senso smart dell’impresa si trasformi in trauma socio-economico? Se da qui ai prossimi anni pare probabile il superamento di alcune professionalità tipicamente manuali
  • 3. o tradizionali, d’altro canto l’evoluzione tecnologica potrebbe favorire dinamiche occupazionali di tipo propulsivo: dal punto di vista imprenditoriale, con un benefico “effetto sostituzione” tra imprenditori tradizionali (di età molto avanzata) ed imprenditori “di nuovo conio”; ma anche da quello professionale, con la nascita di nuovi lavori specializzati, figli di competenze plasmate sull’agricoltura di precisione e forieri di nuove funzioni aziendali da inserire nella creazione di valore dell’impresa. In un settore in cui il lavoro e l’impresa, in molti casi, rappresentano tutt’al più forme di sostegno al reddito, e in un panorama istituzionale in cui organizzazioni datoriali di rappresentanza premono in direzione del sostegno istituzionale all’innovazione tecnologica, i sindacati hanno spianata la strada per avviare una riflessione di ampio respiro sul lavoro nell’agricoltura del futuro, riqualificando l’azione strategica di rappresentanza in rapporto al nuovo corso tecnologico, da accompagnare su più fronti: dall’orientamento imprenditoriale verso i nuovi processi, alla formazione professionale dei lavoratori; dal coordinamento delle imprese con il sistema didattico ed universitario, all’attività di lobbying finalizzata all’incentivo tecnologico; dalla preferenza accordata all’imprenditoria “in rete”, alla riscrittura del sistema classificatorio contrattuale collettivo in funzione delle nuove esigenze della produzione e dell’occupazione legate all’innovazione. Le trasformazioni tecnologiche, è noto, portano con sé il peso delle grandi trasformazioni sociali. Ai sindacati la scelta: spettatori “della” trasformazione o protagonisti “nella” trasformazione. Fonte: http://www.bollettinoadapt.it/limpatto-delle-nuove-tecnologie-sulloccupazione-fine-o- trasformazione-del-lavoro/ http://www.studiocarlucciocirchetta.com/ CRISTINA CIRCHETTA CONSULENTE DEL LAVORO LECCE BRINDISI Categorie: Innovazione, Cultura Aziendale