2. “La salute e sicurezza nei luoghi di lavoro certifica
il grado di avanzamento civile, sociale,
economico e morale di un Paese. La battaglia
sulla sicurezza è, quindi, una battaglia di civiltà
perché è inaccettabile che si muoia di lavoro.”
2Bologna, 8 Maggio 2009
3. 1. Importanza alla prevenzione “dentro” e “fuori” i luoghi
di lavoro.
2. La promozione di una cultura della sicurezza comincia
dalla formazione (non solo dall’informazione).
3. Già il D.lgs 626/1994 individuava nella formazione lo
strumento principale attraverso cui intervenire per
costruire un patrimonio di competenze all’interno delle
organizzazioni di lavoro.
3Bologna, 8 Maggio 2009
4. 4. Il D.lgs 626/1994 prevedeva la formazione solo per
lavoratori e datori di lavori, il Testo Unico D.lgs 81/2008
prevede la formazione anche per coloro che si stanno
preparando all’ingresso nel mondo del lavoro e nella
società civile.
5. La formazione è però considerata una “pratica
burocratica”, viene messo in atto il minimo indispensabile
per evitare le sanzioni di legge.
4Bologna, 8 Maggio 2009
5. “Buone enunciazioni di principio”
vs
“Buone pratiche”
Per “buona pratica” si intende “una modalità di sviluppo
dell’esperienza […] che presenta elementi significativi in ordine
alle strategie adottate per raggiungere gli obiettivi […]; alla
qualità del contenuto delle singole azioni sul piano delle
metodologie, dell’impiego e delle risorse interne ed esterne; alla
riproducibilità e delle trasferibilità dell’impianto progettuale”
(Montedoro, 2000)
5Bologna, 8 Maggio 2009
6. Concause degli incidenti
Buona parte degli infortuni che si verificano durante il
lavoro è dovuta alla scarsa individuazione dei rischi,
alla carente informazione e formazione, all’insuf-
ficiente attenzione rispetto ad una corretta realiz-
zazione ed applicazione delle misure di
prevenzione e protezione.
Mezzi atti a ridurli
L’informazione e la formazione, l’addestramento e la
partecipazione e consultazione dei lavoratori e dei
RLS sono fattori fondamentali per identificare i
pericoli e per ridurre i rischi e limitare così gli eventi
dannosi.
6Bologna, 8 Maggio 2009
7. Dividetevi in due gruppi (A e B).
Gruppo A: Siete un imprenditore edile, quali sono
i fattori che, dal vostro punto di vista,
ostacolano la sicurezza dei vostri dipendenti?
Gruppo B: Siete un muratore, quali sono i fattori
che, dal vostro punto di vista, ostacolano la
sua sicurezza e quella dei vostri colleghi?
7Bologna, 8 Maggio 2009
9. Negli ambienti di lavoro esistono svariate situazioni di pericolo
che, talora, determinano dei rischi da cui possono derivare
conseguenze di diversa gravità per la salute:
1. Infortuni sul lavoro,
2. malattie professionali o malattie correlate o aggravate dal
lavoro,
3. Fattori Strutturali,
4. Fattori Chimici,
5. Fattori Biologici,
6. Fattori Fisici,
7. Da autotrasporti,
8. Incendio,
9. Multifattoriali.
9Bologna, 8 Maggio 2009
10. Agente, situazione o
evento capace di
procurare un danno
(es. automobile, frana,
nubifragio, ecc.).
Probabilità che l’evento
sia fonte di danno
(funzione di vulnerabilità
e valore dei beni a rischio).
PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL RISCHIO
10Bologna, 8 Maggio 2009
11. Es.: Molte persone percepiscono come fonte di
preoccupazione l’installazione di antenne di
telefonia mobile, a causa dell’inquinamento
elettromagnetico.
Ma non si preoccupano di fumare in presenza
dei propri figli.
Quindi, se gli esperti valutano il rischio su base
statistica e probabilistica, la gente comune lo
valuta in base all’esperienza e cultura condivisa
che si basa sulla difficoltà a tollerare
l’incertezza sugli effetti di un pericolo.
11Bologna, 8 Maggio 2009
12. • Le persone devono disporre di tutti gli
elementi per valutare.
1
Fattore tecnico-
informativo
• Esprime l’opinione di gruppi piuttosto che
quella di singoli individui, è possibile che
risenta di strumentalizzazioni.
2
Fattore politico
• Offre maggiore possibilità di avvicinarsi al
loro punto di vista.
3
Valori di
riferimento
12Bologna, 8 Maggio 2009
14. Ancor oggi l’organizzazione delle misure
preventive e di intervento non prevede la
variabilità delle reazioni umane che ci si
attende si comportino in modo “razionale”.
14Bologna, 8 Maggio 2009
15. Il passo successivo è stato quello di introdurre
l’analisi dei costi e dei benefici.
Fusione tra approcci ingegneristici ed
economicisti, nascita dell’approccio decisionale
(Formal Analysis).
Un rischio è tanto più accettabile quanto più i
benefici sono appetibili e gli investimenti fatti a
favore della sicurezza siano accettati.
L’opinione pubblica rimane sempre esclusa.
15Bologna, 8 Maggio 2009
16. Per la prima volta ci si pone una domanda:
“Quali sono le variabili che entrano in gioco e che
fanno sì che la popolazione esprima dei giudizi sui
rischi difformi da quelli degli esperti?”
Perché, ad es., la popolazione considera i rischi
collegati all’insediamento industriale superiori ai
benefici legati al conseguente sviluppo
economico e di occupazione?
16Bologna, 8 Maggio 2009
17. • Quale sono le variabili che determinano la
rappresentazione di rischio che nasce in una
popolazione?
• Prospettiva di ricerca psicometrica.
• Ancora poca attenzione sulla dimensione
culturale e sociale nella costruzione del rischio.
• Soltanto negli ultimi anni i concetti di contesto,
ambiente e costruzione sociale, introdotti dalla
teoria socio-culturale, sono stati considerati
con variabili importanti.
17Bologna, 8 Maggio 2009
18. Obiettivo: misurare la diversa
percezione del rischio tra
popolazioni diverse, e tra le stesse e
gli esperti.
18Bologna, 8 Maggio 2009
19. COME SI MISURA LA PERCEZIONE DEL
RISCHIO?
DIFFERENZIALE SEMANTICO
1 2 3 4 5 6 7
Volontario Involontario
Cronico Immediato
Immediato Dilazionato
Fatale Non fatale
Conosciuto Sconosciuto
Nuovo Vecchio
Controllabile Incontrollabile
19Bologna, 8 Maggio 2009
20. 1. Dividetevi in due gruppi (A e B).
2. Il gruppo A costruisca un questionario basato
sul differenziale semantico per misurare la
percezione del rischio tra i lavoratori di un fast
food.
3. Il gruppo B costruisca un questionario basato
sul differenziale semantico per misurare la
percezione del rischio tra i lavoratori
dell’azienda cittadina del trasporto pubblico.
20Bologna, 8 Maggio 2009
22. • I pericoli quotidiani sono ignorati tanto quanto
quelli rari e meno probabili.
• La tendenza è quella di ignorare i pericoli agli
estremi della curva.
• Quelli improbabili vengono cancellati in quanto
non incombenti.
• Quelli ricorrenti vengono ignorati per evitare di
pensare quotidianamente al rischio.
22Bologna, 8 Maggio 2009
23. Es. Il comportamento di guida è tra i primi
fattori di mortalità, però non percepiamo questo
pericolo ogni volta che ci mettiamo alla guida di
un veicolo.
23Bologna, 8 Maggio 2009
24. • Le persone tendono ad esprime
preoccupazione verso pericoli che non
possono controllare.
Es. fumatori ed i bevitori sono convinti di poter
controllare gli effetti dei loro comportamenti
sulla loro dipendenza.
24Bologna, 8 Maggio 2009
25. • PRINCIPIO DELL’EQUA DISTRIBUZIONE dei
costi e dei benefici: i costi di un pericolo
devono essere sopportati da chi gode anche i
benefici, in modo che tutti possano accettare
meglio il pericolo.
• Forma di compensazione per chi è esposto al
rischio.
25Bologna, 8 Maggio 2009
26. Quando un pericolo mostra le sue
conseguenze all’interno di un lasso di tempo
breve esso appare come maggiormente
rischioso.
26Bologna, 8 Maggio 2009
27. Ogni situazione critica suscita emozioni,
spesso violente. Più esse si avvicinano al limite
dell’orrore più arrivano a determinare uno stato
di angoscia che amplia la percezione del
rischio.
27Bologna, 8 Maggio 2009
28. Quali sono le variabili che influenzano la
percezione del rischio?
• Familiarità con la situazione (es. incidenti domestici)
• Controllo sulla situazione (es. raggi X)
• Principio equa-distribuzione
• Immediatezza delle conseguenze
(es. amputazione vs tumore)
• Orrore che provoca (es. corpi mutilati)
28Bologna, 8 Maggio 2009
29. …altri fattori
• di natura demografica: età, sesso, grado di istruzione
ecc.;
• di natura personale: personalità, tendenze cognitive
e modelli mentali;
• culturali: tradizioni e costumi culturali;
• storici: precedenti esperienze del singolo o della
comunità su quel tema.
29Bologna, 8 Maggio 2009
30. Dividetevi in due gruppi (A e B).
Siete un infermiere, valutate tutti i fattori di rischio
secondo il seguente differenziale semantico:
1 2 3 4 5 6 7
Familiare Sconosciuto
Immediato Dilazionato
Orripilante Neutro
Conosciuto Sconosciuto
Costi
compensati
Costi
eccessivi
Controllabile Incontrollabile
30Bologna, 8 Maggio 2009
31. 1 Rischi territoriali, aree esterne e accessi
2 Aree di transito interne
3 Strutture, spazi di lavoro interni e arredi
4 Porte, vie e uscite in caso di emergenza
5 Scale fisse e portatili
6 Ponteggi fissi e movibili, sistemi di accesso e posizionamento a fune e altre
attrezzature per lavori in quota
7 Macchine
8 Attrezzature manuali e portatili e utensili
9 Manipolazione diretta di oggetti
10 Immagazzinamento di oggetti e materiali
11 Rischi elettrici
12 Attrezzature a pressione
13 Reti e apparecchi distribuzione gas e liquidi, impianti termici
14 Mezzi di sollevamento
15 Mezzi di trasporto
16 Rischi d’incendio ed esplosione
17 Rischi per la presenza di esplosivi
18 Agenti chimici pericolosi per la sicurezza
31Bologna, 8 Maggio 2009
32. 19 Agenti chimici pericolosi per la salute
20 Agenti cancerogeni o mutageni
21 Agenti biologici pericolosi
22 Ventilazione dei locali di lavoro e inquinamento indoor
23 Climatizzazione dei locali di lavoro e microclima termico
24 Illuminazione degli spazi e postazioni di lavoro
25 Rumore
26 Vibrazioni
27 Radiazioni ionizzanti
28 Radiazioni non ionizzanti
29 Altri agenti fisici (infrasuoni, ultrasuoni, atmosfere iperbariche)
30 Carico di lavoro fisico, movimentazione manuale dei carichi e movimenti
ripetitivi
31 Lavoro ai videoterminali
32 Igiene degli ambienti, servizi igienici, locali di refezione e riposo
32Bologna, 8 Maggio 2009
33. 33 Ergonomia dei sistemi di lavoro, degli ambienti e delle postazioni, fattori oggettivi di
stress
34 Ergonomia delle macchine e altre attrezzature
35 Fattori psicosociali di stress
36 Organizzazione del lavoro, compiti funzioni e responsabilità
37 Pianificazione, gestione e controllo della sicurezza
38 Informazione dei lavoratori, preposti e dirigenti
39 Formazione e addestramento dei lavoratori, preposti e dirigenti
40 Partecipazione dei lavoratori, preposti e dirigenti
41 Istruzioni, prassi e procedure di lavoro in sicurezza
42 Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro
43 Uso dei dispositivi di protezione individuale
44 Sorveglianza sanitaria
45 Gestione emergenze e pronto soccorso
46 Controlli, verifiche e manutenzioni
33Bologna, 8 Maggio 2009
35. Reazione emozionale intensa a una
serie di stimoli esterni che mettono in
moto risposte fisiologiche e
psicologiche di natura adattiva.
35Bologna, 8 Maggio 2009
37. Se lo stress è troppo intenso, si formano ulcere
gastrointestinali, le ghiandole surrenali si
ingrossano e il timo diventa atrofico.
Adattamento dell’organismo allo stress.
Il sistema nervoso autonomo viene attivato dallo
stress.
37Bologna, 8 Maggio 2009
38. Lo stress persiste, l’organismo non è in grado di
mettere in atto risposte adeguate.
Danni irreversibili, l’organismo muore.
38Bologna, 8 Maggio 2009
39. RISPOSTA STIMOLO
Fedeli al modello si Selye,
considerano lo stress una
risposta alle condizioni
ambientali
(turbamento emozionale,
deterioramento della prestazione,
modificazioni fisiologiche, ecc…).
FATTORE DI STRESS:
lunga serie di condizioni
ambientali (scosse elettriche,
noia, stimoli incontrollabili,
avvenimenti drammatici, problemi
quotidiani, privazione del sonno).
• GRAVI (morte persona amata).
• MINORI (seccature quotidiane,
es. traffico).
• ACUTI (essere respinti ad un
esame)-
• CRONICI (ambiente di lavoro
persistentemente sgradevole). 39Bologna, 8 Maggio 2009
40. 40
Il concetto di stress si è evoluto attraverso tre
fasi:
1. Modello dello stimolo (stressor)
2. Modello della risposta
3. Modello transazionale (Lazarus & Folkman, 1984)
Bologna, 8 Maggio 2009
41. Stress come transazione tra persona e
ambiente.
La situazione è valutata dall’individuo come
eccedente le proprie risorse e tale da mettere a
rischio il benessere
stress come processo dinamico che include
stressor, risposte, relazione persona-
ambiente, richieste/risorse
41Bologna, 8 Maggio 2009
42. Alcuni autori non ritengono che sia possibile definire oggettivamente quali eventi
siano fattori di stress psicologico (es. Lazarus, 1966).
Aspetti cognitivi dello stress: è il modo in cui soggettivamente percepiamo
o valutiamo l’ambiente a determinare se un fattore di stress è presente o meno.
Quando una persona stabilisce che quanto richiestole da una data situazione è
superiore alle sue capacità e risorse, quella persona esperisce uno stato di stress.
42Bologna, 8 Maggio 2009
44. 1. DISTRAZIONE Distoglie l’attenzione dal
problema.
Es. si pensa ad altro o si intraprende un’attività
non pertinente (leggere, guardare la tv).
44Bologna, 8 Maggio 2009
45. 2. RIDEFINIZIONE Far apparire il problema più
sopportabile.
Es. si vede il problema come una situazione già
nota o già affrontata con successo.
45Bologna, 8 Maggio 2009
46. 3. AZIONE Si raccolgono informazioni.
Es. si chiede a tutti cosa sanno sulla situazione
da affrontare.
46Bologna, 8 Maggio 2009
47. 4. CATARSI
Ridurre tensione, ansia e
frustrazione.
Es. si esprimono le emozioni attraverso il
comportamento.
47Bologna, 8 Maggio 2009
48. 5. ACCETTAZIONE
Passività e impotenza. Il
problema sembra di
impossibile risoluzione.
Es. Si resta a guardare, immobili, si rinuncia a
cercare di agire.
48Bologna, 8 Maggio 2009
49. 6. SUPPORTO SOCIALE
Ricerca di sostegno
emozionale nella
sfera dei propri
affetti.
Es. Si va in cerca di persone conosciute.
49Bologna, 8 Maggio 2009
50. 7. RILASSAMENTO Tecniche tranquillizzanti e/o
attività distensive.
Es. Yoga, training autogeno, ecc…
50Bologna, 8 Maggio 2009
51. 8. FEDE Ricorso a supporto spirituale.
Es. Si confida nell’aiuto di un essere superiore.
51Bologna, 8 Maggio 2009
54. • Sono disturbi psicofisiologici (o psicosomatici),
l’asma, l’ipertensione, la cefalea, la gastrite.
• Sono disturbi causati o aggravati da fattori
emozionali.
• Vere e proprie malattie che comportano danni
organici.
• Effetti indiretti-comportamentali: dormire meno,
fumare e bere di più, alimentarsi in modo
scorretto.
54Bologna, 8 Maggio 2009
55. Influenza di elementi genetici, malattie pregresse,
dieta ed altri fattori nella vulnerabilità di un
apparato allo stress.
La connessione fra lo stress e un determinato
disturbo psicofisiologico risiede nella debolezza di
un organo specifico.
55Bologna, 8 Maggio 2009
56. Le persone differiscono rispetto alle modalità con
cui il loro sistema nervoso autonomo risponde allo
stress: ad es. aumento del battito cardiaco o ritmo
respiratorio.
Ogni individuo risponde allo stress con modalità
Proprie e il suo apparato di organi più sensibile
allo stress è il candidato più probabile a divenire
sede di un futuro disturbo psicofisiologico.
56Bologna, 8 Maggio 2009
57. • Stone et al. (1987) hanno dimostrato che i
cambiamenti di umore si associano a
modificazioni nel numero di anticorpi contenuti
nelle immunoglubuline A.
• Stone e Neale (1984) avevano già dimostrato
che gli eventi della vita influiscono sull’umore.
57Bologna, 8 Maggio 2009
59. • Health and Safety Commission britannica (HSC, 1999), lo "stress è la
reazione che le persone manifestano in risposta a eccessive pressioni o a
sollecitazioni di altro tipo alle quali sono sottoposte".
• National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH, 1999): "Lo
stress dovuto al lavoro può essere definito come un insieme di reazioni
fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal
lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del
lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle
condizioni di salute e provocare persino infortuni".
• Lo stress lavorativo è un particolare tipo di stress che si manifesta
all’interno dei contesti lavorativi, generato da varie cause quali ad
esempio il conflitto e l’ambiguità di ruolo, i trasferimenti, il
sovraccarico di lavoro, l’assenza di feedback, il mancato
riconoscimento dei meriti, ecc. (Avallone & Bonaretti, 2003).
59Bologna, 8 Maggio 2009
60. Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art. 28. D.lgs 81/2008
Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta
delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici
impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare
tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli
riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche
quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti
dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici
in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di genere,
all'età, alla provenienza da altri Paesi.
60Bologna, 8 Maggio 2009
61. 61
(Cherniss C. Staff Burnout, 1980)
1. Alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno
2. sensazione di fallimento
3. rabbia e risentimento
4. senso di colpa e disistima
5. scoraggiamento ed indifferenza
6. negativismo
7. isolamento e ritiro(disinvestimento)
8. senso di stanchezza ed esaurimento tutto il giorno
9. guardare frequentemente l'orologio
10. notevole affaticamento dopo il lavoro
11. perdita di sentimenti positivi verso gli utenti
12. rimandare i contatti con gli utenti, respingere le telefonate dei clienti
e le visite in ufficio
13. avere un modello stereotipato degli utenti
Bologna, 8 Maggio 2009
62. 62
14. incapacità di concentrarsi o di ascoltare ciò che l'utente sta dicendo
15. sensazione di immobilismo
16. cinismo verso gli utenti; atteggiamento colpevolizzante nei loro
confronti
17. seguire in modo crescente procedure rigidamente standardizzate
18. problemi d'insonnia
19. evitare discussioni di lavoro con i colleghi
20. preoccupazione per sé
21. maggiore approvazione di misure di controllo del comportamento
come i tranquillanti
22. frequenti raffreddori ed influenze
23. frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali
24. rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento
25. sospetto e paranoia
26. eccessivo uso di farmaci
27. conflitti coniugali e famigliari
28. alto assenteismo
Bologna, 8 Maggio 2009
63. 63
• stanchezza
• necessità di dormire
• irritabilità
• dolore alla schiena
• cefalea
• stanchezza agli arti
inferiori
• dolori viscerali
• diarrea
• inappetenza
• nausea
• vertigini
• dolori al petto
• alterazioni circadiane
• crisi di affanno
• crisi di pianto
Sintomi psichici
• stato di costante tensione
• irritabilità
• cinismo
• depersonalizzazione
• senso di frustrazione
• senso di fallimento
• ridotta produttività
• ridotto interesse verso il proprio
lavoro
• reazioni negative verso familiari e
colleghi
• apatia
• demoralizzazione
• disimpegno sul lavoro
• distacco emotivo
Bologna, 8 Maggio 2009
64. 64
BURN-OUT
Ritirata psicologica dal lavoro in risposta all’eccesso di
stress e insoddisfazione
Sintomi del burn-out:
- emozioni negative
- problemi interpersonali
- problemi di salute
- prestazione sotto la norma
- sensazione di mancanza di senso
- demotivazione e distacco dal lavoro
Sofferenza individuale collegata all’attività lavorativa, MA ANCHE
possibile indicatore di inadeguatezze organizzative e di problemi
sociali
Bologna, 8 Maggio 2009
65. • Nasce come fenomeno che riguarda alcune categorie
sociali che hanno all’interno del contesto lavorativo
delle difficoltà specifiche, ad esempio medici,
infermieri, poliziotti, insegnanti, operatori sociali, ovvero
le professioni d’aiuto (Borgogni & Consiglio, 2005).
• Maslach (1982): il burnout può essere considerato
come un tipo di stress occupazionale, ma benché
abbia alcuni fattori comuni negativi ad altre reazioni di
stress, esso nasce dall’interazione sociale tra
l’operatore e il destinatario d’aiuto.
65Bologna, 8 Maggio 2009
66. 66
• Carico di lavoro: le richieste lavorative e organizzative
vengono percepite come eccessive tanto da esaurire le
energie individuali fino a renderne impossibile il
recupero (turn-over).
• Controllo: percezione individuale di inadeguatezza in
relazione alle risorse necessarie per l’esecuzione di un
compito con conseguente rabbia.
• Riconoscimento: mancanza di approvazione da parte
degli altri per il proprio operato con conseguente senso
di fallimento.
Bologna, 8 Maggio 2009
67. 67
• Supporto sociale: mancanza di condivisione all’interno
dell’equipe lavorativa (e anche all’esterno).
• Equità: mancanza di chiarezza tra obiettivi e processi
organizzativi (chi fa che cosa?)
• Valori: discrepanza tra valori individuali e cultura
organizzativa
Bologna, 8 Maggio 2009
69. 69
• condividere la gestione del carico di lavoro con il gruppo
• creare e alimentare il senso di squadra
• partecipare attivamente al processo decisionale: personalizzazione dello
stile, adattamento degli orari
• comunicare: chiarezza dei messaggi; obiettivi realistici e credibili
• riconoscere una ricchezza nelle diversità: cogliere le potenzialità positive
nell’incontro con i colleghi
• crescere professionalmente: formazione e cultura dell’approfondimento
Bologna, 8 Maggio 2009
70. 70
Imparare a riconoscere precocemente segnali disfunzionali di
stress per attivare tempestivamente adeguate strategie di
fronteggiamento
• Esercizio fisico
• Tecniche di rilassamento
• Cura di sé e del proprio tempo libero
Bologna, 8 Maggio 2009
71. 71
Ma anche:
• Sfoghi per le frustrazioni
• Legami sociali
• Ricerca di nuovi stimoli professionali
Bologna, 8 Maggio 2009
72. Dividetevi in due gruppi (A e B).
Costruite un questionario con 15 item per
effettuare una valutazione preliminare del livello di
stress di un impiegato commerciale.
72Bologna, 8 Maggio 2009
74. Il benessere in ambito organizzativo è collegato
alla percezione soggettiva di benessere delle
persone che vivono e lavorano all’interno delle
organizzazioni
(Spaltro, 2004).
74Bologna, 8 Maggio 2009
75. • La psicologia si è interessata a questo concetto
inizialmente come “assenza di malessere” (Ryff &
Singer, 1996).
• Mancanza di emozioni negative e disturbi a esso
collegati (Ryff, 1989).
• In seguito ha spostato l’attenzione sulle dimensioni
positive (Zani & Cicognani, 1999; Spaltro, 2004).
• Benessere e malessere come estremità di un
continuum al cui interno si possono trovare diversi
“gradi” dello star bene (Mauri & Tinti, 2006).
75Bologna, 8 Maggio 2009
76. • In questo contesto l’individuo diventa una risorsa, deve
ricercare attivamente, sfruttando il pensiero positivo e
le sue potenzialità (Aspinwall & Staudinger, 2003;
Csikszentmihlyi, 1999; Mauri & Tinti, 2006).
• Approccio BIOPSICOSOCIALE: attenzione sulla
prevenzione, educazione e promozione della salute,
costruita nel corso della vita quotidiana all’interno di un
determinato contesto di relazioni umane e grazie
all’interscambio dell’individuo con il suo ambiente.
76Bologna, 8 Maggio 2009
77. Secondo la carta di Ottawa (OMS, 1986) la promozione
della salute è “il processo che mette in grado le
persone di aumentare il controllo sulla propria salute e
di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo
benessere psicofisico, mentale e sociale, un individuo
o un gruppo deve essere capace di identificare e
realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i bisogni,
di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte”.
77Bologna, 8 Maggio 2009
78. • I primi studi di questo filone erano rivolti ai fattori sociodemografici
e “oggettivi” quali età, sesso, reddito (Cummins, 2000), etnia,
attività lavorative, in seguito l’attenzione si è spostata anche sui
fattori psicologici, culturali e riferiti all’interazione
individuo/ambiente (Zani & Cicognani, 1999).
• Modo in cui le persone valutano la propria vita in termini di
soddisfazione generale, presenza di stati affettivi positivi e
assenza di stati affettivi negativi (Diener, 1984).
• La soddisfazione si basa su un processo cognitivo di valutazione
delle circostanze di vita in riferimento a standard personali
(desideri, aspettative, ideali ecc.) (Cantril, 1965);
• Cohen (1988) ha riscontrato che tra gli eventi della vita e il
benessere non c’è una relazione diretta, ma subentrano altre
variabili come le caratteristiche ambientali o di personalità (Zani &
Cicognani, 1999).
78Bologna, 8 Maggio 2009
79. • La “teoria del flusso di coscienza” (flow)
(Csikszentmihalyi, 1975) afferma che il benessere
dipende dallo svolgere attività interessanti in cui si ha
una situazione di equilibrio tra le sfide poste dall’attività
e le abilità possedute.
• Lo svolgere attività piacevoli farebbe perdere la
cognizione del tempo e ignorare le situazioni
circostanti. Ciò spiega perché certe attività, lavorativa o
hobby, possono essere fonti di benessere.
79Bologna, 8 Maggio 2009
80. • Teoria di accumulo dei ruoli: fattore correlato al
benessere è l’importanza di ricoprire un ruolo sociale.
• Thoits (1992) afferma che l’identità è un insieme di
concezioni di sé basate sulle posizioni sociali usate per
descrivere se stessi e quindi per dare uno scopo e una
direzione alla vita, nonché una guida per il
comportamento.
• Coloro che hanno più ruoli sociali dovrebbero quindi
essere meno vulnerabili ai disturbi psicologici e quindi
avere un benessere maggiore.
80Bologna, 8 Maggio 2009
81. • IMPORTANZA DELLE RELAZIONI SOCIALI.
• Essere parte di un gruppo o di una comunità è
di grande rilievo in quanto offre alla persona
una rete di relazioni, un senso del “noi” e di
appartenenza (Zani & Cicognani, 1999).
81Bologna, 8 Maggio 2009
82. • Il benessere psicologico viene inteso come “salute
mentale positiva” (Ryff, 1989a) o come la qualità dello
stato psicologico di un individuo (Spaltro, 2004) ed è un
tentativo di superare il concetto di benessere come
“assenza di malessere” con la conseguenza di non
valutarlo attraverso la misurazione di indici negativi.
• Il benessere soggettivo diventa solo uno dei fattori di
rilevazione di benessere psicologico.
• Antecedenti: autostima, ottimismo, locus of control,
self-efficacy.
• Dimensioni correlate: obiettivi di vita, relazioni sociali,
scopi, attività.
82Bologna, 8 Maggio 2009
83. Ryff (1989) la quale ha individuato sei dimensioni che misurano il funzionamento ottimale della
persona:
1. autonomia (la capacità di resistere alle pressioni sociali, di autodeterminazione e di
indipendenza, di regolazione interna del comportamento, di valutarsi attraverso standard
personali);
2. padronanza ambientale (possedere un senso di controllo nel gestire l’ambiente e le
attività, saper sfruttare le opportunità date dall’ambiente, scegliersi ambienti adatti ai propri
bisogni);
3. crescita personale (percepire se stessi in continuo sviluppo, essere aperti nei confronti
delle esperienze, avere la sensazione di esprimere le proprie potenzialità, vedere miglioramenti
in se stessi e nel proprio comportamento, capacità di cambiare);
4. relazioni positive con altri (avere relazioni interpersonali calorose, soddisfacenti e
caratterizzate da fiducia, mostrare interesse per il benessere altrui, essere empatici, essere
capaci di affetto e intimità, comprendere la natura reciproca delle relazioni umane);
5. lo scopo nella vita (avere degli obiettivi e un senso di direzionalità, pensare che la vita
abbia un significato sia passato che presente);
6. accettazione di sé (avere atteggiamenti positivi verso di se stessi, saper riconoscere le
proprie qualità positive e negative, avere sentimenti positivi per la propria vita passata).
83Bologna, 8 Maggio 2009
89. Un esempio:
Insegnante: “sono demotivato perché voi
studenti non avete voglia di impegnarvi “
Studenti: “non ci impegniamo perché lei ci
ritiene delle persone senza valori e apatiche ”
I S IS
IS
89Bologna, 8 Maggio 2009
90. Importanza del contesto e dei fattori sociali nell’influenzare la
salute fisica e psicologica e cerca di comprendere la qualità delle relazioni
sociali che un individuo ha all’interno della propria
comunità e società
(Keyes, 1998)
Il benessere sociale è una valutazione dell’individuo
sulla propria condizione di vita all’interno di una
comunità, in cui egli affronta compiti sociali e sfide.
90Bologna, 8 Maggio 2009
91. 1. integrazione sociale (la valutazione del senso di appartenenza con la società/comunità,
cioè quanto le persone sentono di avere qualcosa in comune con gli altri);
2. accettazione sociale (la fiducia che un individuo ha nei confronti degli altri e la
convinzione che gli altri siano affidabili);
3. contributo sociale (l’individuo si sente membro attivo della società e capace di offrire
qualcosa);
4. attualizzazione sociale (la valutazione delle potenzialità della società realizzate grazie
alle istituzioni e ai cittadini);
5. coerenza sociale (corrisponde alla percezione della qualità e dell’organizzazione del
mondo sociale includendo il bisogno di conoscenza della società e il suo funzionamento).
91Bologna, 8 Maggio 2009
92. • Il benessere organizzativo è inteso come lo stato soggettivo di una
persona che lavora all’interno di un contesto organizzativo
specifico e l’insieme dei fattori che contribuiscono a determinare, o
determinano, il benessere di chi lavora (Avallone & Bonaretti,
2003).
• Secondo Spaltro (2004) il benessere è un costrutto mentale
soggettivo in quanto ognuno è titolare di una propria ipotesi di
benessere, quindi star bene significa esercitare in un ambiente la
propria sovranità.
• la percezione di appartenenza è connessa con la qualità della vita
(percezione di gradevolezza che un individuo ha della propria
organizzazione); maggiore è la percezione di appartenenza e
maggiore sarà la qualità della vita (Spaltro, 2004).
92Bologna, 8 Maggio 2009
94. E’ contemporaneamente momento di conoscenza
scientifica della realtà e contributo attivo di
cambiamento della realtà stessa.
Fare ricerca mentre si interviene
94Bologna, 8 Maggio 2009
95. • Obiettivi:
• Come e in che misura avviene il cambiamento;
• Quali fattori ostacolano il cambiamento e quali
fattori, invece, lo favoriscono;
• Effetti del trattamento e breve/lungo termine.
Caratteristiche principali:
• verifica delle ipotesi teoriche su un dato oggetto di studio e azione tendente
alla sua modifica in parallelo;
• destinatari dell’intervento direttamente coinvolti nei diversi momenti di
definizione e verifica degli obiettivi della ricerca;
• modello che si basa su un processo ciclicamente ricorrente (formulazione
ipotesi e obiettivi verifica effetti intervento aggiustamento e
riformulazione di ipotesi ed obiettivi. 95Bologna, 8 Maggio 2009
96. • Mentre la ricerca di base prevede il
campionamento casuale, la ricerca-intervento è
riferita ad un gruppo, un’organizzazione, un
territorio.
• Né il campionamento né il drop-out sono
casuali.
• Ruolo del ricercatore meno neutrale rispetto
alla ricerca di base.
96Bologna, 8 Maggio 2009
97. 1. Delimitazione del problema in termini non generici e non
equivoci;
2. Formulazione di un’ipotesi diagnostica, mirata alla comprensione
storica-evolutiva del problema e degli aspetti strutturali che lo
mantengono e non ne consentono la soluzione; ipotesi che va
verificata, o modificata, mendiante anamnesi storica e
assessment mirato;
3. Definizione delle mete per il cambiamento che si ipotizza circa la
situazione diagnostica;
4. Intervento mirato alla soluzione del problema;
5. Verifica periodica del cambiamento.
97Bologna, 8 Maggio 2009
98. 1. Introduzione: definizione ed analisi del
problema.
2. Obiettivi: scopo generale e sub-obiettivi, cosa
si desidera cambiare.
3. Partecipanti: beneficiari dell’intervento.
4. Strumenti e metodo (strategie di intervento e
valutazione).
5. Procedura e tempistica.
6. Risultati attesi.
7. Determinazione tempi e risorse.
98Bologna, 8 Maggio 2009
99. Dividetevi in due gruppi (A e B).
Il gruppo A prepari un progetto di intervento da
proporre ad un call center.
Il gruppo B prepari un progetto di intervento da
proporre ad un’impresa metalmeccanica con
50 dipendenti.
99Bologna, 8 Maggio 2009
101. Bologna, 8 Maggio 2009 101
Il modello "Job Demands Control"
I metodi utilizzati hanno previsto il modello Job Demands Control di R. Karasek, 1985, già utilizzato in diversi studi epidemiologici negli
Stati Uniti e in Svezia.
Il modello di Karasek sembra essere particolarmente utile per gruppi di lavoratori, al fine di correlare livelli di rischio psicosomatico a
mansioni , ruoli, categorie o fasi lavorative, piuttosto che per singoli soggetti.
Oltre alla valutazione/prevenzione di un eventuale disagio psicofisico, il modello è in grado di promuovere coinvolgimento e motivazione
individuale perché favorisce quegli aspetti di "consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti sulle questioni
riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro", indicati dalla recente normativa italiana.
Considerato nella sua bi-dimensionalità (domanda vs.controllo), il modello sostiene che si possono avere quattro diverse situazioni
lavorative per quattro diverse interazioni: alto e basso livello di richieste lavorative e alto e basso livello di possibile controllo (R.Karasek,
1979; R. Karasek e T. Theorell, 1990). Premesso che per "strain" si intende stress irrisolto, latente e dannoso, le quattro situazioni
riguardano:
1 lavori ad altissima sollecitazione (alto strain)
2 lavori attivi
3 lavori a bassa sollecitazione (basso strain)
4 lavori passivi.
I lavori ad altissima sollecitazione: alte richieste vs. basso controllo o ampiezza decisionale, favoriscono esaurimento emotivo, elevata
attivazione psicofisica (con possibili ricadute a livello del cardiovascolare e del muscolo scheletrico) ed elevati livelli neuroendocrini.
I lavori attivi : alte richieste lavorative vs. alto controllo o ampiezza decisionale, solitamente rendono più "attivo" ed efficiente il lavoratore
nel senso della motivazione, apprendimento e crescita professionale. Ciò non significa che la gestione dello stress, comunque presente sia
automatica ed indolore. Ricordiamo ad esempio il grande impegno ed il notevole dispendio energetico insito nei compiti manageriali.
I lavori a bassa sollecitazione: basse richieste lavorative vs. alto controllo o ampiezza decisionale, in genere causano modesta attivazione
psicofisica e conseguente senso di disagio, inutilità, demotivazione e frustrazione nel lavoratore. Basso strain (stress non affrontato
adeguatamente) ma anche basso eustress (tensione vitale necessaria), con conseguenze assimilabili all’alto strain.
I lavori passivi bassa richiesta lavorativa vs. basso controllo o ampiezza decisionale, caratterizzano, infine, una situazione lavorativa in cui
l’impossibilità di esprimere decisionalità e autonomia non favorisce il necessario coinvolgimento psicologico (motivazione). In questo caso
la passività può diventare una condizione di malessere sociale dei lavoratori, le cui conseguenze più probabili consistono nell’essere
refrattari all’assunzione di responsabilità, renitenti al cambiamento e incapaci di gestire un maggior livello di tensione o ansia.