La crisi dell'euro: Parte seconda (le politiche di salvataggio)
Contratti Derivati: Il mercato del venditore
1. Derivati: Il mercato del venditore
I problemi del mercato dei derivati traggono origine da un principio vecchio di 2000 anni: la buona fede.
Questo principio, risalente al diritto romano, è stato applicato in tempi moderni in ambito finanziario
attraverso la direttiva sui servizi di investimento del 1993, la quale ha introdotto nella Ue l'obbligo di condotta
in buona fede e trasparenza nell'interesse del cliente, tranne che nel Regno Unito per gli "operatori
qualificati". Tutto ciò ha consentito alle banche con sede a Londra (anche alle controllate o filiali inglesi di
banche francesi, tedesche o perfino italiane) di fare il "bello e cattivo tempo" non con gli enti locali britannici
(a questi gli swap speculativi sono vietati) ma con quelli degli altri Paesi, con le banche, assicurazioni e fondi
dell'Europa continentale.
La causa di tutto ciò è da ricercare nel diritto inglese, il quale consente alle banche "anglosassoni" di
vendere loro qualsiasi cosa purché non facciano esplicitamente false affermazioni.
Pertanto si assiste a verdetti in giro per l’Europa in contrasto fra loro, in cui una volta si da ragione a banche,
un’altra ad enti pubblici.
Forse la soluzione è nella proposta della Commissione Ue sulla riforma della Mifid (la cosiddetta Mifid 2)
nella quale viene espressamente statuito che «il principio superiore di agire onestamente, equamente e
professionalmente e l'obbligo di essere corretto, chiaro e non fuorviante dovrebbe applicarsi
indipendentemente dalla classificazione del cliente». In pratica, anche a chi si definisce "operatore
qualificato" devono essere applicate tutte le tutele per evitare di fare un investimento rischioso e, soprattutto,
non compreso in pieno. I punti salienti della proposta Ue sono quelli di applicare il dovere di trasparenza e
correttezza anche alle controparti qualificate; di non consentire il trattamento come controparte qualificata
con riferimento a strumenti finanziari complessi (per esempio gli Abs e i derivati Otc non standard); di
rendere impossibile a certi soggetti (enti non finanziari e alcune istituzioni finanziarie di piccole dimensioni o
che non sono attive nel mercato dei capitali) di accettare il trattamento come controparte qualificata.
Ovviamente si tenta di correre ai ripari quando i danni sono ingenti e diffusi nel sistema. Tutt’ora sembra
persistere una dannosa e pericolosa asimmetria legislativa e regolamentare che a sua volta consente e
incentiva l'abuso di asimmetria informativa nella finanza, specialmente in relazione a prodotti finanziari
complessi. Anche il governo italiano è corso frettolosamente ai ripari, vietando agli enti pubblici la
sottoscrizione di derivati, dopo che la loro esposizione aveva raggiunto i 50 miliardi di euro.
Eppure i derivati sono contratti antichissimi che servono proprio a coprire e ridurre il rischio di mercato. In un
recente convegno promosso dall’Università di Perugia si è dibattuto sulla loro utilità. Si è evidenziato come
l’asimmetria informativa che ha caratterizzato il mercato nell’ultimo decennio ha creato forti dissesti
finanziari. Contratti derivati resi appetibili da “up front” invitanti, in cui ignari compratori con valutazioni
commerciali, sono stati ammaliati dal guadagno immediato.
In un interessante studio, in fase di approfondimento, la Prof.ssa Tanzi e il Prof.ssore Burchi si sono posti la
domanda se l’innovazione finanziaria possa essere considerata un motore di crescita oppure un fattore di
debolezza, indagando sull’utilità dei derivati dal punto di vista della sostenibilità da parte della collettività. In
Italia il SEDEX ( il mercato dei contratti cosiddetti strutturati) oramai movimenta 8,915 milioni di euro (1% del
totale del mercato finanziario) ed è composto da un milione di transazioni (1.7 % del totale). Lo studio
preliminare dei due Docenti ha fatto notare come il 55.7% dei contratti (di natura contingent) è rimborsato
sotto la pari, il 17.1 alla pari e solamente il 27.1 sopra la pari. Anche in quei contratti in cui era presente una
clausola condizionata di protezione, solo il 49% del totale raggiunge la soglia di raggiungimento della
clausola. Di questa percentuale solo il 10% viene rimborsato. Altro aspetto che lo studio ha fatto notare è il
momento di emissione dei contratti. In una fase in cui il mercato era positivo si è potuto assistere ad una
minore emissione; viceversa con mercato negativo le emissioni sono notevolmente aumentate. Per
correttezza va fatto notare che i sottostanti dei contratti erano quasi tutti legati al mercato italiano, e che
quindi la pessima performance della borsa italiana ha inficiato in maniera negativa sull’andamento dei
contratti.
In conclusione sicuramente i contratti derivati sono uno strumento utilissimo per la copertura del rischio e da
sempre rappresentano un valido strumento di costruzione dei portafogli, ma il punto cruciale è che in questi
contratti deve essere garantita la più totale trasparenza e devono essere maneggiati da persone altamente
professionali e specializzate.