SlideShare a Scribd company logo
1 of 11
Download to read offline
Per quali ragioni un azionista vende
la propria impresa?
Problemi di successione o conflittualità tra soci
Questa è probabilmente la più comune ragione per
la vendita d’imprese a proprietà e conduzione fa-
miliare, soprattutto quando le giovani generazioni
mancano delle competenze o dell’inclinazione per
subentrare agli attuali imprenditori desiderosi (ov-
vero obbligati da ragioni di salute, di anagrafe o fa-
miliari) di ritirarsi. Di fronte all’alternativa di assu-
mere dei dirigenti professionisti, la famiglia spesso
preferisce convertire le proprie quote sociali in de-
naro (tra l’altro una forma di ricchezza più agevol-
mente ripartibile tra gli eredi) vendendo la società.
Lo stesso si verifica quando tra i soci si crea una frat-
tura insanabile oppure si presentano continue diffe-
renze di vedute che si traducono in liti, recrimina-
zioni, contenziosi con il rischio della paralisi strate-
gica dell’impresa: in queste situazioni spesso la via
d’uscita più efficiente consiste nella liquidazione di
uno o più soci da parte degli altri oppure, qualora es-
sa non fosse percorribile (di solito a causa dell’entità
dell’esborso richiesto o del permanere di attriti reci-
proci che rendono impossibili negoziati seri), nella
cessione a terzi dell’intero pacchetto azionario.
Incapacità di crescita autonoma
Un’impresa può vantare interessanti competenze a
livello di tecnologia o produzione e anche possede-
re una provata abilità commerciale. Queste impor-
tanti caratteristiche non sono però da sole suffi-
cienti a garantire il sano sviluppo o, per lo meno,
il mantenimento di una ragionevole redditività.
Esse, difatti, possono divenire vantaggi competiti-
vi duraturi solo se sono coerentemente supportate
da capacità organizzative e gestionali, di ricerca e
sviluppo, finanziarie e di marketing in una misura
spesso irraggiungibile dalla piccola impresa. Lo
stesso si può verificare nel caso in cui la proprietà
attuale abbia difficoltà a seguire finanziariamente
i tassi di sviluppo richiesti dall’attività. Ne conse-
gue che molti imprenditori possono trovarsi nella
posizione di preferire un incasso certo (e la possi-
bilità di vedere la loro creatura proiettata su una
scala globale) rispetto alla prospettiva di dovere
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
44
Perché e come vendere
un’impresa
Le possibili ragioni di una vendita; come rendere appetibile
un’impresa e come prepararsi alla cessione; alcuni casi pratici
Guidalberto
Gagliardi
Presidente PICF Srl
Marco Ghiringhelli
CFO di business unit di
Impregilo SpA
L’esperienza insegna che le motivazioni che inducono il proprietario di
un’impresa a meditarne la cessione sono riconducibili alle seguenti ca-
tegorie: i problemi di successione e/o la conflittualità tra i soci; l’inca-
pacità o il disinteresse nel crescere autonomamente; gli errori del ma-
nagementoladisaffezionedeisoci;l’implementazionediunastrategiadi
concentrazione sul core business; un’uscita pianificata; il verificarsi di
un’opportunità ritenuta molto interessante.
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 44
sostenere l’alea finanziaria e manageriale derivan-
te dalla continuazione del percorso di crescita or-
ganica sino a quel momento perseguito.
Un simile approccio, qualora non fosse considerato
sin dagli albori del progetto imprenditoriale, richiede
ai venditori la capacità d’abbandonare l’indipenden-
za operativa di cui hanno goduto sino al momento
della cessione (pertanto è frequente che i fondatori
lascino la società all’atto del passaggio del controllo).
Errori del management o disaffezione dei soci
Il migliore esempio di questa situazione è dato da
un’offerta ostile per una società quotata il cui tito-
lo abbia registrato un andamento insoddisfacente:
in questi casi gli azionisti possono essere persuasi
più da offerte in denaro o in azioni di altre impre-
se che dalle promesse dell’attuale management.
Con la crescente importanza dell’attività dei fondi
di private equity, sta poi crescendo il numero di im-
prese non quotate che vengono vendute da investi-
tori istituzionali insoddisfatti del management o in
conflitto con gli altri soci delle società nelle quali
hanno investito. È, infatti, poco probabile che que-
sti operatori si avventurino nel rischioso e comples-
so processo di rilancio di un’impresa in difficoltà,
preferendo l’eventuale alternativa di una cessione
della partecipazione a un prezzo che consenta loro
di salvare la faccia. Lo stesso può avvenire qualora
venga meno (per i più vari motivi) l’ipotesi di quo-
tazione della partecipata che il fondo di private
equity aveva ipotizzato all’atto dell’investimento.
Concentrazione sul core business
Da tempo, a cominciare dai mercati anglosassoni, i
gruppi conglomerati sono passati di moda. Di conse-
guenza molti gruppi hanno ceduto le imprese parte-
cipate che non ritenevano più strategiche rispetto al-
l’attività sulla quale intendevano focalizzarsi. Lo
stesso è avvenuto quando un gruppo si è trovato ad
affrontare delle serie difficoltà sul proprio mercato di
riferimento tradizionale ovvero a livello finanziario.
Nel caso di una dismissione “volontaria” è più pro-
babile essere in presenza di un processo di vendita
efficiente e regolato, mentre è più difficile che ciò
avvenga quando la dismissione di una partecipata
(se non del principale ramo d’azienda) sia motiva-
ta da una crisi del venditore, palesatasi magari in
maniera assai rapida.
Un’uscita pianificata
È un quadro applicabile soprattutto agli investito-
ri finanziari. L’investimento in un’impresa da par-
te di un fondo di private equity, per esempio, è per
definizione temporaneo. Di solito, di questi tempi
in cui l’uscita tramite i mercati regolamentati è
scarsamente conveniente, la vendita diretta (trade
sale) è la strada pensata dal fondo sin dall’inizio.
Se la forma d’uscita dall’investimento non è dive-
nuta l’unica ragionevolmente percorribile, ma era
già prevista, è probabile che il fondo abbia identi-
ficato da tempo i potenziali acquirenti (sceglien-
doli, per esempio, tra clienti, fornitori o concor-
renti della partecipata, come pure tra altri investi-
tori di matrice finanziaria) e che abbia deliberata-
mente posizionato e gestito l’impresa al fine di ren-
derla attraente agli occhi di tali soggetti.
Opportunismo
Gran parte delle vendite di imprese, quotate e non,
sono il culmine di un coscienzioso processo di ricer-
ca e approccio di potenziali acquirenti. La ricezione
di offerte non sollecitate da parte dei soci di impre-
se di successo è però un evento tutt’altro che raro: in
questi casi molti imprenditori o manager sono stati
disponibili a sacrificare la loro indipendenza se han-
no ritenuto congrua (o addirittura esorbitante) la
valutazione espressa dal potenziale acquirente.
Del resto gli imprenditori tendono sovente a non no-
tare quanto stanno effettivamente investendo nell’im-
presa, dimenticando che le garanzie rilasciate alle
banche, magari sotto forma di pegno su titoli obbliga-
zionari che offrono un rendimento prossimo all’Euri-
bor, sono in effetti soggette al rischio d’impresa tanto
quanto il patrimonio netto. Visto secondo quest’ottica,
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
45
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 45
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
46
il capitale effettivamente investito dai soci nell’impre-
sa potrebbe essere assai notevole e, superata la fase
d’avvio dell’attività, dare luogo a una pericolosa con-
centrazione dei rischi (la diversificazione del portafo-
glio è uno dei cardini delle strategie adottate dagli in-
vestitori di successo): ne consegue che la cessione di
una delle imprese partecipate da un soggetto, o da una
quota del capitale della sua unica impresa, potrebbe
consentire una più razionale ripartizione dei rischi e la
monetizzazione di un plusvalore altrimenti latente.
Come rendere appetibile un’impresa
Ogni imprenditore sogna di costruire un’impresa
di successo che gli fornisca un reddito stabile e, un
bel giorno, la possibilità di ritirarsi cedendo a un
prezzo interessante l’attività (anche se in passato,
nel nostro Paese, ha prevalso la preferenza di la-
sciare ai propri figli il business, anziché il corri-
spondente valore monetario).
Trasformare questo sogno in realtà dipende spesso
dal rispetto di alcuni fattori critici.
1.Innanzi tutto è opportuno avere una contabilità or-
dinata e affidabile. La prima domanda che tutti gli
acquirenti seri si pongono riguarda il tipo di contabi-
lità di cui l’impresa dispone. Le imprese che sono as-
sistite da validi professionisti nella redazione dei loro
conti e, ancor più, quelle che sottopongono i loro bi-
lanci a revisione contabile ricevono di solito un pre-
mio (cioè un maggiore prezzo) rispetto a quelle più
“autarchiche”. Analogamente gli imprenditori che
non registrano le effettive tran- sazioni, ma racconta-
no ai potenziali acquirenti i pretesi “veri dati conta-
bili” della loro attività, tendono a subire forti sconti
di prezzo (in quanto sorge la legittima domanda: «se
hanno ingannato lo Stato o i fornitori, perché non do-
vrebbero fare lo stesso con un acquirente?»). I soci
dovrebbero altresì resistere alla tentazione di carica-
re la loro impresa di costi non legati all’attività che
questa svolge: ciò, in effetti, confonde i possibili ac-
quirenti che si vedono costretti a eliminare tali ele-
menti estranei per determinare il vero valore dell’im-
presa. In sintesi, è opportuno rammentare che i mi-
gliori acquirenti pagano in denaro, ma vogliono com-
prare i veri flussi di cassa di una società, come pure le
banche tendono sempre più a prestare denaro solo a
fronte di flussi di cassa dimostrabili (per quanto le ga-
ranzie prestate dai soci siano sinora state un buon
palliativo per contabilità poco trasparenti).
2. In seconda battuta, l’imprenditore dovrebbe evi-
tare di essere indispensabile per la conduzione or-
dinaria dell’attività. Molte piccole e medie impre-
se sono assolutamente dipendenti dal lavoro e dal
capitale prestati dall’imprenditore e, talora, dai
suoi familiari: un approccio ottimo, encomiabile
ed efficace per mantenere bassi i costi, ma che di-
venta un importante ostacolo al momento della
vendita dell’attività. In questi casi, appena il ven-
ditore esce dall’impresa che ha ceduto, l’acquiren-
te si renderà conto di avere acquistato solo un in-
dirizzario di clienti e fornitori e poco altro. Le im-
mobilizzazioni sono ottime se altri possono usarle
per produrre un prodotto o un servizio commer-
cializzabile, il capitale intellettuale è fondamenta-
le se è dell’impresa e non solo del suo proprietario.
Gli acquirenti vogliono un’organizzazione, un’atti-
vità con una struttura, altrimenti possono preferi-
re l’avvio diretto di una nuova impresa.
3. Gli imprenditori avveduti sanno poi che, per va-
lorizzare la loro azienda, devono continuare a inve-
stire nell’attività. La tecnologia produttiva, gli
strumenti di marketing, i sistemi informativi e le al-
tre immobilizzazioni strumentali devono sempre
essere aggiornati. Una società che sembra in ordi-
ne, ragionevolmente efficiente e costantemente
mantenuta beneficerà di una valutazione premian-
te. Se un possibile acquirente constatasse o comun-
que ritenesse che vi sia una celata necessità di ef-
fettuare rilevanti investimenti per fare durare la
competitività dell’impresa, pretenderà un corri-
spondente sconto rispetto al prezzo preteso dal ven-
ditore. Peraltro imprese dall’estetica troppo curata
potrebbero insospettire i potenziali acquirenti, fa-
cendo loro temere che lo sfarzo sia pensato per na-
scondere problemi industriali, competitivi o finan-
ziari (talora, in effetti, si scopre che i costi necessa-
ri per costruire ridondanti sedi faraoniche sono sta-
ti sostenuti ricorrendo in misura eccessiva all’inde-
bitamento finanziario, magari a breve scadenza).
Se poi gli investimenti fossero stati finanziati dai
soci (direttamente o mediante rilascio di garanzie ai
creditori), i potenziali acquirenti coglierebbero un
importante messaggio positivo, avendo dimostra-
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 46
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
47
zione che il venditore crede nella propria impresa.
4. Da ultimo, i soci di un’impresa dovrebbero pe-
riodicamente chiedere al loro fiscalista e al loro le-
gale come la struttura societaria possa influenzare
la vendita. In termini generali, una struttura socie-
taria poco chiara può scoraggiare potenziali acqui-
renti e, comunque, può fare sorgere dei dubbi sul-
la trasparenza dell’offerta. Molti possibili acquiren-
ti di piccole e medie imprese potrebbero, per esem-
pio, non gradire l’acquisto delle quote o delle azio-
ni di una società (magari da una fiduciaria o da
un’entità off-shore), preferendo rilevare il ramo di
azienda di loro interesse: ciò in quanto, acquistan-
do la società, si acquisiscono anche tutte le sue at-
tuali e passate passività e obbligazioni (talora di ar-
duo accertamento in fase di negoziazione, ma an-
che durante la due diligence) e si è magari costret-
ti a rilevare beni o attività che sono estranei rispet-
to al business che interessa. D’altra parte la vendi-
ta tout court di un ramo d’azienda può essere poco
conveniente per il venditore dal punto di vista fi-
scale. Similmente, in occasione del varo di ogni ri-
forma tributaria è opportuno verificare con i propri
consulenti se non vi sia qualche nuova norma che
possa agevolare un’eventuale cessione della propria
impresa (si pensi, per esempio, alle opportunità di
conveniente rivalutazione del valore di carico delle
partecipazioni offerte negli ultimi anni dal legisla-
tore, ma anche ai condoni fiscali).
Prepararsi efficacemente alla cessione
L’imprenditore, una volta che ha maturato l’idea
di vendere la propria attività, dovrebbe iniziare a
concentrarsi sul processo di dismissione. La figura
1 illustra le situazioni che nella pratica si rivelano
più spesso cause di cessione insoddisfacente.
Traendo spunto dagli errori più comuni commessi
dal venditore, proviamo a tracciare un vademecum
per procedere alla vendita della propria azienda.
Primo: ragiona come l’acquirente
Il futuro venditore dovrebbe ripensare a quando deci-
se d’avviare (o rilevare, o continuare) l’attività, chie-
dendosi che cosa gli aveva reso attraente questo inve-
stimento di denaro, tempo ed energie. La risposta do-
Figura 1 – ALCUNI POSSIBILI ERRORI NELLA VENDITA DI UN’IMPRESA
Non si comprende
l’acquirente
Scarsa attenzione
agli aspetti tattici
Preparazione del deal
insufficiente
Gestione del processo
di cessione inefficace
Disattenzione su
fondamentali ed emozioni
Annuncio del
disinvestimento
Emissione information
memorandum
Il processo necessita
di risorse
Ridotta consapevolezza
del contesto
Disorientamento
organizzativo
Trattative in esclusiva
con il partner scelto
Risorse disponibili
inadeguate
Mancato trasferimento
dell’entusiasmo
Azioni dei concorrenti e
incertezze commerciali
La due diligence per
partner palesa problemi
Il management può
“cambiare bandiera”
Contrazione
redditività
Rinegoziazione senza
che vi sia competizione
Erosione del valore e insoddisfazione degli shareholders
Richieste di prezzo
irragionevoli
Il partner conquista
l’iniziativa nel processo
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 47
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
48
vrebbe tentare di andare oltre al mero obiettivo del
successo economico,1
abbracciando anche le passioni
e le emozioni che hanno originariamente motivato la
scelta imprenditoriale. Un buon venditore di imprese,
sia esso lo stesso imprenditore oppure un consulente di
M&A, deve quindi sapere trasferire ai potenziali ac-
quirenti questa emozione e questa passione: se l’amo-
re dell’imprenditore per la sua attività è percepibile,
ciò potrebbe stimolare l’interesse a diventare il nuovo
proprietario di questa “creatura”.
I venditori devono comunque essere in grado di
presentare una valida ragione per cedere: gli ac-
quirenti si chiedono sempre il motivo per cui il pro-
prietario ha deciso di cedere l’attività. Se vi sono
motivazioni genuine tipo un divorzio, una malattia,
un lutto in famiglia, oppure il ritiro dal mondo del
lavoro, l’acquirente può essere tranquillo. Se inve-
ce il proprietario dichiara semplicemente di essere
stanco di quell’attività e desidera intraprenderne
un’altra, l’acquirente potrebbe essere più cauto.
Il venditore deve anche avere la consapevolezza del
contesto economico e finanziario nel quale mette-
rebbe sul mercato la propria impresa. Egli deve sa-
pere se vi sono acquirenti industriali interessati e con
adeguate capacità finanziarie (proprie o in termini
di capacità d’accesso al credito), come pure se vi sia
denaro da investire nelle casse degli investitori di
matrice finanziaria (i fondi di private equity, per ci-
tare un esempio, solo in Italia hanno a disposizione
oltre 9 miliardi di euro da investire soprattutto in so-
cietà non quotate). Si noti che, quando le quotazio-
ni di Borsa scendono (trascinando sovente con sé le
valutazioni delle società non quotate), gli imprendi-
tori, consapevoli di potere vendere una sola volta la
loro azienda (per quanto i meccanismi di earn-out
consentano di smentire in parte tale assunto), ten-
dono a non vendere, preferendo attendere una ri-
presa del mercato. Ne consegue che, di solito, l’atti-
vità di M&A si riduce in occasione dell’indebolimen-
to delle Borse non tanto perché gli acquirenti non
trovino opportunità, quanto perché i possibili ven-
ditori non accettano di partecipare ad alcuna tratta-
tiva: siamo certi che questo non sia il momento giu-
sto per vendere il nostro business? D’altra parte le
nostre pretese sono allineate alle condizioni del mer-
cato? Il venditore dovrà, infatti, domandarsi se l’im-
presa che sta offrendo sia effettivamente attraente
per un potenziale investitore, tenendo conto, tra gli
altri fattori, dell’appetibilità del settore in cui opera,
della sostenibilità futura degli attuali vantaggi com-
petitivi, nonché dell’andamento dei ricavi e dei flus-
si di cassa registrati nel recente passato.
È risaputo che per i proprietari è spesso difficile at-
tribuire un valore realistico alla propria azienda.
Tuttavia è fondamentale identificare i fattori che,
nell’ottica del venditore, determinano il valore del-
l’impresa che si desidera cedere. Dato che i fattori
che possono influenzare il prezzo sono molteplici (la
tabella 1 ne propone una sintesi) e non sempre age-
volmente determinabili, è talora più facile vendere
un’azienda quando il valore della stessa è stato de-
terminato da terzi: quando il “giusto” valore di mer-
cato è stato stabilito, sia il venditore sia l’acquiren-
te possono giudicare ragionevole la transazione.
Secondo: non sottovalutare gli aspetti
tattici del processo negoziale
Il venditore deve considerare che cosa potrebbero
pensare della cessione gli eventuali altri soci e i fi-
nanziatori e, alla luce del loro ruolo presente e pro-
spettico, scegliere il modo e il tempo più adatti per
informarli delle sue intenzioni.
Nel caso vi siano altri soci, il loro accordo non può che
agevolare la positiva conclusione della transazione. Il
loro assenso è specialmente importante quando questi
sono anche manager, clienti o fornitori dell’impresa e
addirittura indispensabile qualora costoro vantino un
diritto di prelazione sulle altre quote sociali.2
1
Per quanto volumi d’affari in crescita e flussi di cassa stabili e prevedibili aumentino le probabilità di vendere un’impresa. In certi set-
tori, inoltre, l’ubicazione dell’azienda è fondamentale. Rientrano in questa categoria, per esempio, le vendite al dettaglio, la ristorazio-
ne, i distributori di carburanti, mentre il posizionamento di un’attività di produzione di macchinari non è particolarmente significativo.
2
Si potrebbe citare un caso in proposito. Una società tedesca interessata a entrare nel mercato italiano, dopo avere negoziato per due
mesi con i soci privati che controllavano l’80% del capitale di un operatore nazionale, fece un’offerta e, solo a quel punto, scoprì che
il socio pubblico che possedeva un “misero” 20% aveva, in forza di patti parasociali e di atti amministrativi, un diritto di veto sulla
cessione di quote di capitale, combinato a un diritto di prelazione. Inutile dire che, dopo interminabili negoziazioni, la transazione sfu-
mò e soci privati e socio pubblico, magicamente ritrovata l’armonia, vendettero l’intera società a un concorrente della società tedesca.
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 48
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
49
Con i finanziatori (banche, società di leasing o facto-
ring, creditori ipotecari ecc.) è particolarmente im-
portante definire il momento in cui comunicare loro
il progetto di vendita: non si deve agire troppo presto
per evitare i contraccolpi negativi di un eventuale fal-
limento delle trattative per la cessione; non si può at-
tendere troppo, con il rischio che i finanziatori ap-
prendano dell’esistenza dell’operazione da altre fon-
ti, magari interessate a farla fallire o a farla pagare
cara all’acquirente. Ciò è tanto più vero quanto più il
potenziale acquirente è interessato alla qualità della
relazione con gli attuali finanziatori dell’impresa
(spesso vorrà conservare alcuni dei rapporti in esse-
re, soprattutto quelli legati allo smobilizzo dei credi-
ti commerciali, i leasing o i finanziamenti ipotecari).
Si deve altresì prestare particolare attenzione a evi-
tare un annuncio prematuro della cessione che po-
trebbe condurre a un disorientamento del personale
dell’impresa (comprensibilmente preoccupato per il
proprio futuro occupazionale), a difficoltà nella ge-
stione del management (che potrebbe passare dalla
parte dell’acquirente o lasciare l’azienda, comunque
creando un danno), ma anche ad aggressive azioni
commerciali da parte di concorrenti che cercano di
approfittare della situazione d’incertezza organizza-
tiva e di debolezza della forza vendita. Un annuncio
intempestivo, in altri termini, potrebbe erodere i
margini dell’impresa durante il critico processo di
cessione, deprimendone conseguentemente il valore.
Terzo: prepara accuratamente la transazione
È indubbio che nel processo negoziale il venditore
si muove da una teorica posizione di vantaggio che
gli deriva dalla conoscenza dell’oggetto della com-
pravendita. Tuttavia, per uscire dal campo vinci-
tori è necessario fare in modo che tale vantaggio sia
effettivo (ossia il venditore deve veramente cono-
scere la sua azienda) e che sia “messo a frutto” (os-
sia, il venditore deve essere in grado durante tutte
le fasi del processo di vendita di presentare l’a-
zienda nella migliore prospettiva).
Il venditore, avendo il necessario tempo a disposizio-
ne, potrebbe avvalersi dell’assistenza di consulenti
che, non conoscendo approfonditamente l’impresa,
ma possedendo competenze e metodologie specifiche
di M&A e avendo un sufficiente distacco professio-
nale rispetto al deal, hanno la possibilità d’identifi-
care i punti di forza ma anche le criticità dell’attivi-
tà che si vuole dismettere (in alcuni casi può addirit-
tura essere conveniente commissionare una cosid-
detta vendor due diligence). Facendo leva su questa
analisi relativamente indipendente il venditore potrà
predisporre un information memorandum esaustivo
ed efficace e, soprattutto, sarà in grado di anticipare
le problematiche che l’acquirente potrebbe vedere
emergere in sede di due diligence: avrà quindi modo,
ove praticabile, di sanare determinate situazioni cri-
tiche (si pensi all’ottenimento della certificazione eu-
Tabella 1 – FATTORI CHE INFLUENZANO IL PREZZO
Strategici – Grado d’importanza del progetto nella strategia complessiva del compratore
– Tipologia e livello delle sinergie attese
– Unicità/rarità dell’alternativa considerata
– Eliminazione di un concorrente
– Sottrazione di un’alternativa ai competitor
– Necessità di chiudere l’operazione in tempi rapidi
Finanziari e fiscali – Entità dell’investimento (soglie massime)
– Sostenibilità finanziaria dell’investimento
– Struttura e stabilità dei redditi e dei flussi dell’impresa acquisita
– Conseguenze sull’equilibrio finanziario dell’acquirente
– Possibilità di diminuire la tassazione in capo al venditore
– Esistenza di remunerazioni collaterali garantite al venditore
Negoziali – Condizioni di pagamento
– Clausole contrattuali accessorie
– Esistenza di formule di garanzia per pagamenti posticipati
Fonte: V. Conca, Le acquisizioni, Egea, Milano, 2001.
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 49
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
50
ropea sui macchinari e gli impianti, ma anche all’a-
desione a un condono tributario o contributivo), di
preparare l’opportuna documentazione di supporto
per le negoziazioni che si potrebbero aprire su alcu-
ni temi (magari facendo redigere un parere legale su
un contenzioso minacciato da un fornitore o un pa-
rere contabile sul trattamento in bilancio di alcune
poste economico-finanziarie), ovvero di sospendere
il processo di cessione in attesa che decorrano i ter-
mini di prescrizione per gravi inadempienze non sa-
nabili altrimenti (per esempio, per evasioni contri-
butive non ancora contestate dalle autorità).
In generale, se non si è ragionevolmente certi che
non emergerà nessun problema talmente grave da
costituire un deal breaker, occorre evitare di con-
cedere un’esclusiva a una controparte, se non ad-
dirittura di consentire a tale soggetto di avviare il
proprio processo di due diligence: l’unico evento
peggiore rispetto a una vendita a sconto di un’im-
presa è una mancata vendita divenuta pubblica
(con banche, fornitori e dipendenti che iniziano
immediatamente a interrogarsi, preoccupati, sulle
ragioni sottostanti all’aborto del deal).
Quarto: gestisci il processo di vendita
in modo rapido ed efficace
Chi non gestisce il processo o è lento rischia di:
– perdere delle opportunità;
– perdere la focalizzazione sul progetto;
– fornire informazioni incoerenti;
– vedere emergere dei problemi inattesi nelle fasi
più critiche della cessione;
– distrarre il management dall’attività corrente,
distruggendo valore e creando la premessa per
liti con il venditore.
La tabella 2 presenta i passaggi chiave di un pro-
cesso di cessione efficiente, con un’indicazione del-
le principali attività.
Il venditore deve ponderare attentamente se il ma-
nagement o il personale possano essere un ostacolo,
piuttosto che un aiuto, al processo di dismissione: gli
attuali collaboratori, infatti, possono vedersi costret-
ti (o forzati da allettanti offerte) a mutare di campo
nel bel mezzo della transazione per agevolare il loro
futuro datore di lavoro a detrimento di quello che si
sta ritirando, come pure a osteggiare il processo di
vendita nel timore dell’impatto che esso potrebbe
avere sul loro futuro professionale (si pensi a dipen-
denti che temano di diventare ridondanti nel caso in
cui l’acquirente fosse un’impresa concorrente).
Per evitare che il potenziale acquirente conquisti
l’iniziativa nelle negoziazioni, in siffatte situazioni
può essere opportuno valutare l’opportunità di av-
valersi di consulenti: essi sono certamente onerosi
(per quanto di solito accettino di legare gran parte
dei loro compensi al buon esito della cessione),3
ma
offrono il vantaggio di conoscere bene le peculiari-
tà dell’attività di M&A (anche se questo potrebbe
non essere vero nel caso in cui si ricorresse al com-
mercialista o al legale che abitualmente gestisce le
questioni ordinarie) e di fornire risorse fresche e ad-
dizionali rispetto a quelle disponibili in azienda.
Un buon consulente di M&A è consapevole che il suo
intervento in un’operazione di cessione potrebbe au-
mentare il ritorno per il venditore, minimizzare la
durata del processo e mitigare l’impatto sull’attività
operativa. Come può cercare di ottenere tutto ciò?
Anzitutto accelerando l’effettiva “commercializzazio-
ne” dell’impresa, mitigando le attese dei venditori al-
la luce della situazione oggettiva, migliorando la qua-
lità e la coerenza delle informazioni fornite (e l’acqui-
rente sarà più tranquillo circa la congruità della sua
offerta), assicurando che la comunicazione sia esau-
stiva e coerente, pur preoccupandosi di proteggere le
informazioni sensibili (in termini di “segreti” indu-
striali e commerciali, ma anche con un occhio alle leg-
gi che tutelano la privacy). Il consulente si preoccu-
perà anche di identificare e risolvere le possibili fughe
di valore, consentirà al management di concentrarsi
sul business e, soprattutto, dovrebbe evitare sorprese
sgradite (l’unica cosa peggiore di una transazione che
non va a buon fine è una transazione che tutti sanno
essere evaporata dopo mesi di negoziazioni).
3
La remunerazione dei consulenti di M&A o corporate finance comprende di solito una componente (la retainer fee) che copra alme-
no parzialmente l’impegno prestato nell’attività preparatoria, nonché un corrispettivo (success fee) corrispondente a una certa per-
centuale del valore dell’operazione o del prezzo di vendita. Abitualmente questa percentuale diminuisce al crescere delle dimensioni
dell’operazione (in quanto le transazioni minori richiedono un impegno proporzionalmente maggiore rispetto a quelle più grandi).
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 50
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
51
Concludiamo l’intervento portando sei esempi di
come tipicamente il venditore rischia di distrugge-
re valore nelle operazioni di M&A e i nostri sugge-
rimenti su come neutralizzare tali rischi.
Caso 1: le performance consuntive non sono co-
erenti con le ipotesi del business plan
Uno degli obiettivi caratterizzanti l’attività di qual-
siasi due diligence commissionata dall’acquirente è
quello di verificare la ragionevolezza e la congruenza
interna delle ipotesi sulle quali è stato preparato il bu-
siness plan. In definitiva, l’intera due diligence è tesa
a raccogliere elementi che confermano e corroborano
l’idea che il potenziale acquirente si è fatto dell’a-
zienda target, sulla quale si basa l’ipotesi di valore che
sottostà all’offerta che esso è disposto a sottoporre.
Una delle modalità più efficaci e oggettive per misu-
rare il grado di probabilità che le ipotesi di piano fi-
nanziario si realizzino consiste nel confrontarle con il
trend storico di analoghe grandezze economiche
(esempi classici sono: il fatturato, i volumi di vendi-
ta, il costo del personale, la forza lavoro, i costi varia-
bili unitari, ma anche parametri come la rotazione di
magazzino, la percentuale di insoluti ecc.). È chiaro
che un trend come quello rappresentato nella figura
2 è meno credibile rispetto a quello della figura 3.
Comunque, se l’andamento proiettato nel futuro è
del tipo hockey stick, è fortemente consigliabile co-
struire accuratamente il business case in modo da
renderlo ragionevole e dimostrabile, quasi ineluttabi-
le anche agli occhi di un acquirente scettico per defi-
nizione. In alcuni casi sarà necessario depurare il da-
to storico dai “rumori di fondo” che possono averlo
condizionato per fare apparire il vero trend storico.
Tabella 2 – IL PROCESSO DI DISINVESTIMENTO
Valutazione
preliminare
Strategia
di cessione
Preparare
la vendita
Esecuzione
Valutazione preliminare
e presentazione ai soci
Perché si disinveste?
• Problemi di successione
• Incapacità di crescita
autonoma
• Disaffezione dei soci
• Attività non strategica
• Uscita pianificata
• Opportunità conveniente
Acquirente potenziale
• Strategico
• Finanziario/MBO
• Quotazione
Valutazione preliminare
• Flussi di cassa attualizzati
• Multipli
• Metodi patrimoniali
Presentazione ai soci
per approvazione
ed esplorazione alternative
Identificare i possibili
acquirenti e sviluppare la
strategia di cessione
Piano preliminare
• Struttura e tempi
del processo
• Obiettivi e priorità
Risorse necessarie
• Competenze richieste
• Ricorso a consulenti
esterni
Lista acquirenti potenziali
• Utilizzo di fonti
appropriate
• Effettuazione della ricerca
Preparazionedellaproposta
• Profilo anonimo (o Teaser)
che presenti impresa,
obiettivo e taglio
dell’operazione e qualche
dato finanziario
Presentazione ai soci
• Procedura
• Acquirenti obiettivo
• Bozza del teaser
Distribuzione del teaser
agli acquirenti potenziali
identificati per verificare
il loro grado d’interesse
Predisporre attivamente
l’impresa alla transazione
Analisi strategica
e finanziaria
• Visione e piani del
management
• Analisi del settore e del
mercato
• Analisi delle determinanti
del valore
• Vendor due diligence
multi-disciplinare
• Valutare la qualità dei dati
contabili
• Piani finanziari dimostrabili
• Normalizzazioni
e collegamento dei dati
storici con il piano
Modello finanziario
• Supporto oggettivo per
le decisioni sulla cessione
e per la formulazione della
gamma di prezzi
Preparazione dei
documenti
• Impegno di riservatezza
(NDA)
• Information memorandum
(IM)
• Presentazione
del management
• Data room
• Bozza del contratto
di compravendita
Presa di contatto con gli
acquirenti ed esecuzione del
deal
Selezione dei compratori
• Ottenere l’NDA
• Distribuire l’IM
• Ottenere le manifestazioni
d’interesse
• Prenotare le presentazioni
del management
• Fissare le visite alla data
room
Valutare le offerte
preliminari
• Negoziazioni
• Finalizzare la struttura
• Selezionare l’acquirente
Finalizzare la transazione
• Firma del contratto
preliminare
• Due diligence definitiva
• Completamento del
contratto di compravendita
• Closing e pagamenti
• Verifiche post-closing
e aggiustamenti di prezzo
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 51
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
52
Questo risultato si ottiene procedendo alla quality of
earnings che consente di depurare anche grafica-
mente gli elementi non ricorrenti del reddito storico.
Caso 2: i trend complessi e gli effetti di deter-
minate azioni gestionali non sono adeguata-
mente spiegati
Un caso di attrito tra venditore e acquirente che si
presenta spesso è quello derivante da una carente
condivisione delle vere determinanti dei risultati
storici, ma soprattutto di quelli prospettici. Questa
situazione può innescare dei dubbi sulla trasparen-
za e affidabilità dei dati scambiati in data room fi-
no, nei casi più gravi, a fare scemare l’interesse nel
deal da parte dell’acquirente. Per evitare questo ri-
schio è importante che, fino dalle prime battute
della negoziazione, sia messa a di-sposizione del
potenziale acquirente e dei suoi consulenti un’ac-
curata ed esaustiva documentazione. Una tecnica
comunemente usata per spiegare anche grafica-
mente gli scostamenti tra due grandezze (nel tem-
po o rispetto a un target) è quella di figura 4.
È chiaro che tale tecnica può essere anche usata ne-
gozialmente per spiegare in modo convincente quali
sono gli effetti degli upside che si vogliono mettere sul
tavolo della trattativa. A titolo di esempio, se pensia-
mo alla situazione in cui si vuole fare comprendere i
benefici derivanti da un programma di riduzione dei
costi (un programma che magari, alla data della due
diligence, non ha ancora manifestato interamente i
propri effetti), diverso è l’impatto negoziale di una
presentazione ancorché esaustiva dal punto di vista
tecnico, ma basata esclusivamente sulla descrizione
delle attività in programma rispetto a una presenta-
zione associata a una tabella tipo quella che eviden-
zia graficamente gli effetti dei vari elementi che si
vanno a sommare in un globale beneficio in termini
di riduzione dei costi. Altri esempi di questo tipo so-
no gli effetti di nuovi contratti di vendita, la satura-
zione di capacità produttiva in eccesso ecc.
Caso 3: evitare di fornire al potenziale acqui-
rente informazioni incoerenti
Il problema del calo di fiducia nel venditore e del
sorgere di dubbi sulla trasparenza e affidabilità dei
dati scambiati ai fini della transazione può essere in-
nescato da inconsistenza e contraddizioni interne
tra i dati e informazioni messe a disposizione del po-
tenziale acquirente nella data room oppure incoe-
renze tra data room e information memorandum.
Per evitare questo rischio è necessario supervisiona-
re e rivedere unitariamente le informazioni fornite
nella data room. Occorre una regia che, in alcuni ca-
si, è opportuno delegare a consulenti che possono
garantire anche la visione critica del “terzo”. I con-
sulenti possono anche gestire la forma della presen-
tazione dei dati che, pur se spesso si risolvono in in-
terventi puramente editoriali, riducono la sensazio-
Figura 2 – THE HOCKEY STICK
Ebitda %
16%
14%
12%
10%
8%
6%
2003 2004 2005 2006P 2007P
Figura 3 – LA CONTINUITÀ
12%
Ebitda %
11%
10%
9%
8%
7%
6%
2003 2004 2005 2006P 2007P
Figura 4 – EBITDA BRIDGE
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 52
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
53
Tabella 3 – COMPARAZIONE TRA MANAGEMENT REPORT E INFORMATION MEMORANDUM
Contabilità gestionale Information memorandum Differenza
Ricavi 167.714 167.714 0
Costo del venduto 85.518 85.506 –12
Margine lordo 82.196 82.208 12
Costi operativi 39.648 40.319 671*
Costi non ricorrenti 0 0 0
Reddito operativo 42.548 41.889 –659*
Oneri finanziari netti –37 –38 –1
Redditi da partecipazioni 678 678 0
Altri costi –198 –199 –1
Reddito ante imposte 42.991 42.330 –661*
*L’ammortamento dell'avviamento è incluso nei conti gestionali, ma escluso dall’info memo.
ne di “artigianalità” che spesso i report generati per
fini interni possono fare percepire al terzo. Nella ta-
bella 3 forniamo un esempio utile come spunto per
spiegare le eventuali differenze tra vari set di dati.
Caso 4: i problemi non devono cogliere il vendi-
tore di sorpresa
Se, nel corso della due diligence, il potenziale ac-
quirente porta sul tavolo della negoziazione un pro-
blema sconosciuto al venditore, l’effetto sulla nego-
ziazione può essere devastante, in alcuni casi può in-
vertire i naturali rapporti di forza. Pertanto è vitale
per il venditore anticipare tali situazioni, proceden-
do lui stesso a una due diligence accurata prima di
aprire le porte della data room e, nel caso in cui que-
sta attività identificasse problematiche significative,
è necessario, a seconda dei casi, predisporre un pia-
no di mitigazione degli effetti e/o darne piena ed
esaustiva disclosure ai potenziali acquirenti.
Caso 5: evitare e, se possibile, anticipare aggiu-
stamenti significativi al closing
I meccanismi di aggiustamento del prezzo spesso pre-
visti nei contratti di compravendita di azioni possono
comportare significativi aggiustamenti al prezzo con-
cordato, in particolare in presenza di business stagio-
nali o che presentano nello stato patrimoniale di rife-
rimento delle poste anomale. In questi casi, quando si
va a misurare al closing le stesse grandezze patrimo-
niali considerate nella determinazione del prezzo ini-
ziale, è possibile che si verifichino degli scostamenti si-
gnificativi. In gran parte questi scostamenti si posso-
no già prevedere in sede di due diligence, analizzan-
do gli effetti della stagionalità e normalizzando le po-
ste patrimoniali. La tabella 4 riporta un esempio di
normalizzazione del capitale circolante netto.
Caso 6: la gestione della transizione è un fattore
di successo
È ampiamente condiviso dagli operatori e dimostrato
dalle statistiche che il periodo immediatamente succes-
sivo alla conclusione della transizione è quello dove si
gioca buona parte delle possibilità di successo dell’inte-
grazione. Certo è che il periodo di transizione è quello
dove si concentrano molte attività straordinarie che de-
vono consentire rapidamente di aggiustare l’organizza-
zione alle esigenze dell’acquirente e di dotare delle
strutture e procedure che consentano alla target di con-
tinuare a funzionare anche se separata dall’organizza-
zione del venditore. Tali momenti sono critici sia nel-
l’otticadellaminimizzazionedeicosticonnessiataliag-
giustamenti, sia in considerazione del fatto che le deci-
sioni prese in questa fase, se non azzeccate, possono ge-
Tabella 4 – NORMALIZZAZIONE DEL CIRCOLANTE
Sett. 2005
Capitale circolante netto iniziale 318,5
% sulle vendite 15,9%
Rettifiche suggerite
Crediti per lavorazioni conto terzi –34,0
Debiti per lavorazioni conto terzi 11,3
Debiti verso fornitori 12,0
Magazzino conto terzi –10,2
Accant. note credito da emettere 19,6
Finanziamenti a controllate –32,0
Acconti da clienti 17,0
CCN rettificato 302,2
% sulle vendite 13,1%
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 53
finanzad’impresa
VENDERE
UN’IMPRESA
Contabilità finanza
e controllo
1.2007
54
nerare conseguenze negative anche per periodi prolun-
gati. L’acquirente in prima battuta, ma indirettamente
anche il venditore, al momento del closing deve avere
un chiaro e dettagliato piano di azione per abbreviare
il più possibile il periodo di transizione e indirizzare l’a-
zionedelmanagementaggredendoalmegliotuttiipro-
blemi da risolvere. I consulenti e il team di due diligen-
ce dovrebbero quindi avere una chiara visione dei pro-
blemi da affrontare sino al punto di potere puntual-
mente stimare i costi connessi alle attività necessarie.
Nella tabella 5 riportiamo un esempio di scheda di ta-
li aggiustamenti, che vengono ordinati a seconda del
fatto che comportano un impatto sull’EBITDA ricor-
rente o che abbiamo natura di costi non ricorrenti.
Si rileva che l’identificazione di costi ricorrenti
avrà un impatto sul valore massimo offerto dal-
l’acquirente: tale attività di normalizzazione po-
trebbe quindi avere un riflesso sul prezzo.
Conclusioni
Abbiamo visto come le ragioni per le quali si decide di
cedere un’impresa possono essere di origine endogena
all’azienda (carenza di competenze “multispettrali”,
errori del management ecc.), ma soprattutto derivare
dalla situazione dei suoi soci (problemi di successione,
conflitti ricorrenti, incapacità di seguire la crescita dal
punto di vista finanziario o imprenditoriale, disaffe-
zione verso il management e difficoltà nel rimpiazzar-
lo, uscita programmata ecc.) o del suo mercato (ne-
cessità di concentrazione sul core business, processi di
consolidamento che hanno fatto emergere un’offerta
interessante da parte di un concorrente ecc.).
Ciò che accomuna queste diverse fattispecie è la ne-
cessità per il proprietario dell’impresa di compren-
dere i meccanismi del processo di cessione, di evita-
re gli errori più comuni in fase d’uscita e di ricorre-
re a consulenti specializzati nelle materie chiave (fi-
nanza, fisco e legge). Tali consulenti dovranno pa-
droneggiare questo tipo di transazioni ed essere per-
ciò in grado di analizzare i punti di forza e di debo-
lezza dell’azienda, di presentarli adeguatamente a
idonei interlocutori e di prevenire l’emergere di fri-
zioni insanabili nel corso delle negoziazioni.
A dispetto dell’attenzione prestata alla vendita e al-
la qualità dei consulenti coinvolti, ciò che differenzia
una cessione di successo da una insoddisfacente è la
qualità dell’impresa che viene messa sul mercato: chi
avrà saputo applicare quelle regole fondamentali di
management collaudate da secoli d’esperienza e co-
dificate in numerosi testi avrà, in effetti, maggiori
probabilità di riuscire a trovare dei potenziali acqui-
renti e di spuntare una valutazione più alta.
Tabella 5 – AGGIUSTAMENTI PER STAND ALONE ISSUE
2005 2006
Stime da information memorandum
Eliminazione delle allocazioni intragruppo 2.702 2.987
Costo del lavoro per operatività autonoma –1.368 –1.368
Impatto sull'Ebidta ricorrente 1.334 1.619
Altri costi per operatività autonoma
Ufficio Tesoreria –120 –120
Ufficio Fiscale –80 –80
Responsabile Sistemi informativi –100 –100
Altri costi per operatività autonoma –147 –147
Consulenze legali –50 –50
Ulteriori costi per l’operatività autonoma –497 –497
Impatto totale sull’Ebitda ricorrente 837 1.122
Costi non ricorrenti
Costi di trasloco –50
Modifica sistemi informativi –70
Costi di formazione da quantificare
Totale costi non ricorrenti –120
040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 54

More Related Content

Similar to Gagliard 1

Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazione
Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazioneMarina puricelli piccola impresa e internazionalizzazione
Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazioneErik Paul Kooijmans
 
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttivi
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttiviAD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttivi
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttiviAndrea Castagnotti
 
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure]
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure] Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure]
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure] LanotteConsulting
 
Vend azienda-ai-figli
Vend azienda-ai-figliVend azienda-ai-figli
Vend azienda-ai-figliCarlo Serroni
 
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...Gémino Di Giuliano
 
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimone
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimoneSocietà familiari: spunti per preparare il passaggio di testimone
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimoneequityfactory
 
Giulia's hub giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmi
Giulia's hub   giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmiGiulia's hub   giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmi
Giulia's hub giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmiGiuseppe Cioce
 
Servizi finanziari per la crescita
Servizi finanziari per la crescitaServizi finanziari per la crescita
Servizi finanziari per la crescitaAndrea Friso
 
Il Capitale Circolante (Working Capital)
Il Capitale Circolante (Working Capital)Il Capitale Circolante (Working Capital)
Il Capitale Circolante (Working Capital)Franco Consoli
 
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessità
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessitàIl Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessità
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessitàFabrizio Di Crosta
 
Valuecreation ts presentazione per partner e segnalatori
Valuecreation ts   presentazione per partner e segnalatoriValuecreation ts   presentazione per partner e segnalatori
Valuecreation ts presentazione per partner e segnalatoricessioneaziendale
 
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VC
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VCCapire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VC
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VCjuniorjedi
 
Strategie di Contrazione
Strategie di ContrazioneStrategie di Contrazione
Strategie di ContrazioneDavide Spinelli
 
Newsletter Novembre 2011
Newsletter Novembre 2011Newsletter Novembre 2011
Newsletter Novembre 2011michele63
 
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDING
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDINGLa finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDING
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDINGMaurizio Maraglino Misciagna
 

Similar to Gagliard 1 (20)

Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazione
Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazioneMarina puricelli piccola impresa e internazionalizzazione
Marina puricelli piccola impresa e internazionalizzazione
 
Nfg centro studi brochure
Nfg centro studi brochureNfg centro studi brochure
Nfg centro studi brochure
 
Profit +/- Cash Am 3 2014_1
Profit +/- Cash  Am 3 2014_1Profit +/- Cash  Am 3 2014_1
Profit +/- Cash Am 3 2014_1
 
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttivi
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttiviAD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttivi
AD Studio_ L'analisi di bilancio. Criteri introduttivi
 
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure]
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure] Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure]
Lanotte Consulting - Consulenza Aziendale [brochure]
 
Vend azienda-ai-figli
Vend azienda-ai-figliVend azienda-ai-figli
Vend azienda-ai-figli
 
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...
Webinar: La finanza straordinaria per la creazione di valore ai tempi del Cov...
 
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimone
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimoneSocietà familiari: spunti per preparare il passaggio di testimone
Società familiari: spunti per preparare il passaggio di testimone
 
Giulia's hub giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmi
Giulia's hub   giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmiGiulia's hub   giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmi
Giulia's hub giuseppe cioce - la gestione finanziaria nelle pmi
 
Servizi finanziari per la crescita
Servizi finanziari per la crescitaServizi finanziari per la crescita
Servizi finanziari per la crescita
 
Il Capitale Circolante (Working Capital)
Il Capitale Circolante (Working Capital)Il Capitale Circolante (Working Capital)
Il Capitale Circolante (Working Capital)
 
Private Equity
Private EquityPrivate Equity
Private Equity
 
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessità
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessitàIl Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessità
Il Controllo di gestione nella PMI: da opportunità a necessità
 
Valuecreation ts presentazione per partner e segnalatori
Valuecreation ts   presentazione per partner e segnalatoriValuecreation ts   presentazione per partner e segnalatori
Valuecreation ts presentazione per partner e segnalatori
 
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VC
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VCCapire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VC
Capire un Term Sheet: le regole del gioco per convivere e sopravvivere con un VC
 
Strategie di Contrazione
Strategie di ContrazioneStrategie di Contrazione
Strategie di Contrazione
 
Newsletter Novembre 2011
Newsletter Novembre 2011Newsletter Novembre 2011
Newsletter Novembre 2011
 
Verso la Borsa Sociale
Verso la Borsa SocialeVerso la Borsa Sociale
Verso la Borsa Sociale
 
Articolo sul private banking
Articolo sul private bankingArticolo sul private banking
Articolo sul private banking
 
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDING
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDINGLa finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDING
La finanza innovativa per le startup - LO STRUMENTO DELL’EQUITY CROWDFUNIDING
 

Gagliard 1

  • 1. Per quali ragioni un azionista vende la propria impresa? Problemi di successione o conflittualità tra soci Questa è probabilmente la più comune ragione per la vendita d’imprese a proprietà e conduzione fa- miliare, soprattutto quando le giovani generazioni mancano delle competenze o dell’inclinazione per subentrare agli attuali imprenditori desiderosi (ov- vero obbligati da ragioni di salute, di anagrafe o fa- miliari) di ritirarsi. Di fronte all’alternativa di assu- mere dei dirigenti professionisti, la famiglia spesso preferisce convertire le proprie quote sociali in de- naro (tra l’altro una forma di ricchezza più agevol- mente ripartibile tra gli eredi) vendendo la società. Lo stesso si verifica quando tra i soci si crea una frat- tura insanabile oppure si presentano continue diffe- renze di vedute che si traducono in liti, recrimina- zioni, contenziosi con il rischio della paralisi strate- gica dell’impresa: in queste situazioni spesso la via d’uscita più efficiente consiste nella liquidazione di uno o più soci da parte degli altri oppure, qualora es- sa non fosse percorribile (di solito a causa dell’entità dell’esborso richiesto o del permanere di attriti reci- proci che rendono impossibili negoziati seri), nella cessione a terzi dell’intero pacchetto azionario. Incapacità di crescita autonoma Un’impresa può vantare interessanti competenze a livello di tecnologia o produzione e anche possede- re una provata abilità commerciale. Queste impor- tanti caratteristiche non sono però da sole suffi- cienti a garantire il sano sviluppo o, per lo meno, il mantenimento di una ragionevole redditività. Esse, difatti, possono divenire vantaggi competiti- vi duraturi solo se sono coerentemente supportate da capacità organizzative e gestionali, di ricerca e sviluppo, finanziarie e di marketing in una misura spesso irraggiungibile dalla piccola impresa. Lo stesso si può verificare nel caso in cui la proprietà attuale abbia difficoltà a seguire finanziariamente i tassi di sviluppo richiesti dall’attività. Ne conse- gue che molti imprenditori possono trovarsi nella posizione di preferire un incasso certo (e la possi- bilità di vedere la loro creatura proiettata su una scala globale) rispetto alla prospettiva di dovere finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 44 Perché e come vendere un’impresa Le possibili ragioni di una vendita; come rendere appetibile un’impresa e come prepararsi alla cessione; alcuni casi pratici Guidalberto Gagliardi Presidente PICF Srl Marco Ghiringhelli CFO di business unit di Impregilo SpA L’esperienza insegna che le motivazioni che inducono il proprietario di un’impresa a meditarne la cessione sono riconducibili alle seguenti ca- tegorie: i problemi di successione e/o la conflittualità tra i soci; l’inca- pacità o il disinteresse nel crescere autonomamente; gli errori del ma- nagementoladisaffezionedeisoci;l’implementazionediunastrategiadi concentrazione sul core business; un’uscita pianificata; il verificarsi di un’opportunità ritenuta molto interessante. 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 44
  • 2. sostenere l’alea finanziaria e manageriale derivan- te dalla continuazione del percorso di crescita or- ganica sino a quel momento perseguito. Un simile approccio, qualora non fosse considerato sin dagli albori del progetto imprenditoriale, richiede ai venditori la capacità d’abbandonare l’indipenden- za operativa di cui hanno goduto sino al momento della cessione (pertanto è frequente che i fondatori lascino la società all’atto del passaggio del controllo). Errori del management o disaffezione dei soci Il migliore esempio di questa situazione è dato da un’offerta ostile per una società quotata il cui tito- lo abbia registrato un andamento insoddisfacente: in questi casi gli azionisti possono essere persuasi più da offerte in denaro o in azioni di altre impre- se che dalle promesse dell’attuale management. Con la crescente importanza dell’attività dei fondi di private equity, sta poi crescendo il numero di im- prese non quotate che vengono vendute da investi- tori istituzionali insoddisfatti del management o in conflitto con gli altri soci delle società nelle quali hanno investito. È, infatti, poco probabile che que- sti operatori si avventurino nel rischioso e comples- so processo di rilancio di un’impresa in difficoltà, preferendo l’eventuale alternativa di una cessione della partecipazione a un prezzo che consenta loro di salvare la faccia. Lo stesso può avvenire qualora venga meno (per i più vari motivi) l’ipotesi di quo- tazione della partecipata che il fondo di private equity aveva ipotizzato all’atto dell’investimento. Concentrazione sul core business Da tempo, a cominciare dai mercati anglosassoni, i gruppi conglomerati sono passati di moda. Di conse- guenza molti gruppi hanno ceduto le imprese parte- cipate che non ritenevano più strategiche rispetto al- l’attività sulla quale intendevano focalizzarsi. Lo stesso è avvenuto quando un gruppo si è trovato ad affrontare delle serie difficoltà sul proprio mercato di riferimento tradizionale ovvero a livello finanziario. Nel caso di una dismissione “volontaria” è più pro- babile essere in presenza di un processo di vendita efficiente e regolato, mentre è più difficile che ciò avvenga quando la dismissione di una partecipata (se non del principale ramo d’azienda) sia motiva- ta da una crisi del venditore, palesatasi magari in maniera assai rapida. Un’uscita pianificata È un quadro applicabile soprattutto agli investito- ri finanziari. L’investimento in un’impresa da par- te di un fondo di private equity, per esempio, è per definizione temporaneo. Di solito, di questi tempi in cui l’uscita tramite i mercati regolamentati è scarsamente conveniente, la vendita diretta (trade sale) è la strada pensata dal fondo sin dall’inizio. Se la forma d’uscita dall’investimento non è dive- nuta l’unica ragionevolmente percorribile, ma era già prevista, è probabile che il fondo abbia identi- ficato da tempo i potenziali acquirenti (sceglien- doli, per esempio, tra clienti, fornitori o concor- renti della partecipata, come pure tra altri investi- tori di matrice finanziaria) e che abbia deliberata- mente posizionato e gestito l’impresa al fine di ren- derla attraente agli occhi di tali soggetti. Opportunismo Gran parte delle vendite di imprese, quotate e non, sono il culmine di un coscienzioso processo di ricer- ca e approccio di potenziali acquirenti. La ricezione di offerte non sollecitate da parte dei soci di impre- se di successo è però un evento tutt’altro che raro: in questi casi molti imprenditori o manager sono stati disponibili a sacrificare la loro indipendenza se han- no ritenuto congrua (o addirittura esorbitante) la valutazione espressa dal potenziale acquirente. Del resto gli imprenditori tendono sovente a non no- tare quanto stanno effettivamente investendo nell’im- presa, dimenticando che le garanzie rilasciate alle banche, magari sotto forma di pegno su titoli obbliga- zionari che offrono un rendimento prossimo all’Euri- bor, sono in effetti soggette al rischio d’impresa tanto quanto il patrimonio netto. Visto secondo quest’ottica, finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 45 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 45
  • 3. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 46 il capitale effettivamente investito dai soci nell’impre- sa potrebbe essere assai notevole e, superata la fase d’avvio dell’attività, dare luogo a una pericolosa con- centrazione dei rischi (la diversificazione del portafo- glio è uno dei cardini delle strategie adottate dagli in- vestitori di successo): ne consegue che la cessione di una delle imprese partecipate da un soggetto, o da una quota del capitale della sua unica impresa, potrebbe consentire una più razionale ripartizione dei rischi e la monetizzazione di un plusvalore altrimenti latente. Come rendere appetibile un’impresa Ogni imprenditore sogna di costruire un’impresa di successo che gli fornisca un reddito stabile e, un bel giorno, la possibilità di ritirarsi cedendo a un prezzo interessante l’attività (anche se in passato, nel nostro Paese, ha prevalso la preferenza di la- sciare ai propri figli il business, anziché il corri- spondente valore monetario). Trasformare questo sogno in realtà dipende spesso dal rispetto di alcuni fattori critici. 1.Innanzi tutto è opportuno avere una contabilità or- dinata e affidabile. La prima domanda che tutti gli acquirenti seri si pongono riguarda il tipo di contabi- lità di cui l’impresa dispone. Le imprese che sono as- sistite da validi professionisti nella redazione dei loro conti e, ancor più, quelle che sottopongono i loro bi- lanci a revisione contabile ricevono di solito un pre- mio (cioè un maggiore prezzo) rispetto a quelle più “autarchiche”. Analogamente gli imprenditori che non registrano le effettive tran- sazioni, ma racconta- no ai potenziali acquirenti i pretesi “veri dati conta- bili” della loro attività, tendono a subire forti sconti di prezzo (in quanto sorge la legittima domanda: «se hanno ingannato lo Stato o i fornitori, perché non do- vrebbero fare lo stesso con un acquirente?»). I soci dovrebbero altresì resistere alla tentazione di carica- re la loro impresa di costi non legati all’attività che questa svolge: ciò, in effetti, confonde i possibili ac- quirenti che si vedono costretti a eliminare tali ele- menti estranei per determinare il vero valore dell’im- presa. In sintesi, è opportuno rammentare che i mi- gliori acquirenti pagano in denaro, ma vogliono com- prare i veri flussi di cassa di una società, come pure le banche tendono sempre più a prestare denaro solo a fronte di flussi di cassa dimostrabili (per quanto le ga- ranzie prestate dai soci siano sinora state un buon palliativo per contabilità poco trasparenti). 2. In seconda battuta, l’imprenditore dovrebbe evi- tare di essere indispensabile per la conduzione or- dinaria dell’attività. Molte piccole e medie impre- se sono assolutamente dipendenti dal lavoro e dal capitale prestati dall’imprenditore e, talora, dai suoi familiari: un approccio ottimo, encomiabile ed efficace per mantenere bassi i costi, ma che di- venta un importante ostacolo al momento della vendita dell’attività. In questi casi, appena il ven- ditore esce dall’impresa che ha ceduto, l’acquiren- te si renderà conto di avere acquistato solo un in- dirizzario di clienti e fornitori e poco altro. Le im- mobilizzazioni sono ottime se altri possono usarle per produrre un prodotto o un servizio commer- cializzabile, il capitale intellettuale è fondamenta- le se è dell’impresa e non solo del suo proprietario. Gli acquirenti vogliono un’organizzazione, un’atti- vità con una struttura, altrimenti possono preferi- re l’avvio diretto di una nuova impresa. 3. Gli imprenditori avveduti sanno poi che, per va- lorizzare la loro azienda, devono continuare a inve- stire nell’attività. La tecnologia produttiva, gli strumenti di marketing, i sistemi informativi e le al- tre immobilizzazioni strumentali devono sempre essere aggiornati. Una società che sembra in ordi- ne, ragionevolmente efficiente e costantemente mantenuta beneficerà di una valutazione premian- te. Se un possibile acquirente constatasse o comun- que ritenesse che vi sia una celata necessità di ef- fettuare rilevanti investimenti per fare durare la competitività dell’impresa, pretenderà un corri- spondente sconto rispetto al prezzo preteso dal ven- ditore. Peraltro imprese dall’estetica troppo curata potrebbero insospettire i potenziali acquirenti, fa- cendo loro temere che lo sfarzo sia pensato per na- scondere problemi industriali, competitivi o finan- ziari (talora, in effetti, si scopre che i costi necessa- ri per costruire ridondanti sedi faraoniche sono sta- ti sostenuti ricorrendo in misura eccessiva all’inde- bitamento finanziario, magari a breve scadenza). Se poi gli investimenti fossero stati finanziati dai soci (direttamente o mediante rilascio di garanzie ai creditori), i potenziali acquirenti coglierebbero un importante messaggio positivo, avendo dimostra- 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 46
  • 4. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 47 zione che il venditore crede nella propria impresa. 4. Da ultimo, i soci di un’impresa dovrebbero pe- riodicamente chiedere al loro fiscalista e al loro le- gale come la struttura societaria possa influenzare la vendita. In termini generali, una struttura socie- taria poco chiara può scoraggiare potenziali acqui- renti e, comunque, può fare sorgere dei dubbi sul- la trasparenza dell’offerta. Molti possibili acquiren- ti di piccole e medie imprese potrebbero, per esem- pio, non gradire l’acquisto delle quote o delle azio- ni di una società (magari da una fiduciaria o da un’entità off-shore), preferendo rilevare il ramo di azienda di loro interesse: ciò in quanto, acquistan- do la società, si acquisiscono anche tutte le sue at- tuali e passate passività e obbligazioni (talora di ar- duo accertamento in fase di negoziazione, ma an- che durante la due diligence) e si è magari costret- ti a rilevare beni o attività che sono estranei rispet- to al business che interessa. D’altra parte la vendi- ta tout court di un ramo d’azienda può essere poco conveniente per il venditore dal punto di vista fi- scale. Similmente, in occasione del varo di ogni ri- forma tributaria è opportuno verificare con i propri consulenti se non vi sia qualche nuova norma che possa agevolare un’eventuale cessione della propria impresa (si pensi, per esempio, alle opportunità di conveniente rivalutazione del valore di carico delle partecipazioni offerte negli ultimi anni dal legisla- tore, ma anche ai condoni fiscali). Prepararsi efficacemente alla cessione L’imprenditore, una volta che ha maturato l’idea di vendere la propria attività, dovrebbe iniziare a concentrarsi sul processo di dismissione. La figura 1 illustra le situazioni che nella pratica si rivelano più spesso cause di cessione insoddisfacente. Traendo spunto dagli errori più comuni commessi dal venditore, proviamo a tracciare un vademecum per procedere alla vendita della propria azienda. Primo: ragiona come l’acquirente Il futuro venditore dovrebbe ripensare a quando deci- se d’avviare (o rilevare, o continuare) l’attività, chie- dendosi che cosa gli aveva reso attraente questo inve- stimento di denaro, tempo ed energie. La risposta do- Figura 1 – ALCUNI POSSIBILI ERRORI NELLA VENDITA DI UN’IMPRESA Non si comprende l’acquirente Scarsa attenzione agli aspetti tattici Preparazione del deal insufficiente Gestione del processo di cessione inefficace Disattenzione su fondamentali ed emozioni Annuncio del disinvestimento Emissione information memorandum Il processo necessita di risorse Ridotta consapevolezza del contesto Disorientamento organizzativo Trattative in esclusiva con il partner scelto Risorse disponibili inadeguate Mancato trasferimento dell’entusiasmo Azioni dei concorrenti e incertezze commerciali La due diligence per partner palesa problemi Il management può “cambiare bandiera” Contrazione redditività Rinegoziazione senza che vi sia competizione Erosione del valore e insoddisfazione degli shareholders Richieste di prezzo irragionevoli Il partner conquista l’iniziativa nel processo 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 47
  • 5. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 48 vrebbe tentare di andare oltre al mero obiettivo del successo economico,1 abbracciando anche le passioni e le emozioni che hanno originariamente motivato la scelta imprenditoriale. Un buon venditore di imprese, sia esso lo stesso imprenditore oppure un consulente di M&A, deve quindi sapere trasferire ai potenziali ac- quirenti questa emozione e questa passione: se l’amo- re dell’imprenditore per la sua attività è percepibile, ciò potrebbe stimolare l’interesse a diventare il nuovo proprietario di questa “creatura”. I venditori devono comunque essere in grado di presentare una valida ragione per cedere: gli ac- quirenti si chiedono sempre il motivo per cui il pro- prietario ha deciso di cedere l’attività. Se vi sono motivazioni genuine tipo un divorzio, una malattia, un lutto in famiglia, oppure il ritiro dal mondo del lavoro, l’acquirente può essere tranquillo. Se inve- ce il proprietario dichiara semplicemente di essere stanco di quell’attività e desidera intraprenderne un’altra, l’acquirente potrebbe essere più cauto. Il venditore deve anche avere la consapevolezza del contesto economico e finanziario nel quale mette- rebbe sul mercato la propria impresa. Egli deve sa- pere se vi sono acquirenti industriali interessati e con adeguate capacità finanziarie (proprie o in termini di capacità d’accesso al credito), come pure se vi sia denaro da investire nelle casse degli investitori di matrice finanziaria (i fondi di private equity, per ci- tare un esempio, solo in Italia hanno a disposizione oltre 9 miliardi di euro da investire soprattutto in so- cietà non quotate). Si noti che, quando le quotazio- ni di Borsa scendono (trascinando sovente con sé le valutazioni delle società non quotate), gli imprendi- tori, consapevoli di potere vendere una sola volta la loro azienda (per quanto i meccanismi di earn-out consentano di smentire in parte tale assunto), ten- dono a non vendere, preferendo attendere una ri- presa del mercato. Ne consegue che, di solito, l’atti- vità di M&A si riduce in occasione dell’indebolimen- to delle Borse non tanto perché gli acquirenti non trovino opportunità, quanto perché i possibili ven- ditori non accettano di partecipare ad alcuna tratta- tiva: siamo certi che questo non sia il momento giu- sto per vendere il nostro business? D’altra parte le nostre pretese sono allineate alle condizioni del mer- cato? Il venditore dovrà, infatti, domandarsi se l’im- presa che sta offrendo sia effettivamente attraente per un potenziale investitore, tenendo conto, tra gli altri fattori, dell’appetibilità del settore in cui opera, della sostenibilità futura degli attuali vantaggi com- petitivi, nonché dell’andamento dei ricavi e dei flus- si di cassa registrati nel recente passato. È risaputo che per i proprietari è spesso difficile at- tribuire un valore realistico alla propria azienda. Tuttavia è fondamentale identificare i fattori che, nell’ottica del venditore, determinano il valore del- l’impresa che si desidera cedere. Dato che i fattori che possono influenzare il prezzo sono molteplici (la tabella 1 ne propone una sintesi) e non sempre age- volmente determinabili, è talora più facile vendere un’azienda quando il valore della stessa è stato de- terminato da terzi: quando il “giusto” valore di mer- cato è stato stabilito, sia il venditore sia l’acquiren- te possono giudicare ragionevole la transazione. Secondo: non sottovalutare gli aspetti tattici del processo negoziale Il venditore deve considerare che cosa potrebbero pensare della cessione gli eventuali altri soci e i fi- nanziatori e, alla luce del loro ruolo presente e pro- spettico, scegliere il modo e il tempo più adatti per informarli delle sue intenzioni. Nel caso vi siano altri soci, il loro accordo non può che agevolare la positiva conclusione della transazione. Il loro assenso è specialmente importante quando questi sono anche manager, clienti o fornitori dell’impresa e addirittura indispensabile qualora costoro vantino un diritto di prelazione sulle altre quote sociali.2 1 Per quanto volumi d’affari in crescita e flussi di cassa stabili e prevedibili aumentino le probabilità di vendere un’impresa. In certi set- tori, inoltre, l’ubicazione dell’azienda è fondamentale. Rientrano in questa categoria, per esempio, le vendite al dettaglio, la ristorazio- ne, i distributori di carburanti, mentre il posizionamento di un’attività di produzione di macchinari non è particolarmente significativo. 2 Si potrebbe citare un caso in proposito. Una società tedesca interessata a entrare nel mercato italiano, dopo avere negoziato per due mesi con i soci privati che controllavano l’80% del capitale di un operatore nazionale, fece un’offerta e, solo a quel punto, scoprì che il socio pubblico che possedeva un “misero” 20% aveva, in forza di patti parasociali e di atti amministrativi, un diritto di veto sulla cessione di quote di capitale, combinato a un diritto di prelazione. Inutile dire che, dopo interminabili negoziazioni, la transazione sfu- mò e soci privati e socio pubblico, magicamente ritrovata l’armonia, vendettero l’intera società a un concorrente della società tedesca. 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 48
  • 6. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 49 Con i finanziatori (banche, società di leasing o facto- ring, creditori ipotecari ecc.) è particolarmente im- portante definire il momento in cui comunicare loro il progetto di vendita: non si deve agire troppo presto per evitare i contraccolpi negativi di un eventuale fal- limento delle trattative per la cessione; non si può at- tendere troppo, con il rischio che i finanziatori ap- prendano dell’esistenza dell’operazione da altre fon- ti, magari interessate a farla fallire o a farla pagare cara all’acquirente. Ciò è tanto più vero quanto più il potenziale acquirente è interessato alla qualità della relazione con gli attuali finanziatori dell’impresa (spesso vorrà conservare alcuni dei rapporti in esse- re, soprattutto quelli legati allo smobilizzo dei credi- ti commerciali, i leasing o i finanziamenti ipotecari). Si deve altresì prestare particolare attenzione a evi- tare un annuncio prematuro della cessione che po- trebbe condurre a un disorientamento del personale dell’impresa (comprensibilmente preoccupato per il proprio futuro occupazionale), a difficoltà nella ge- stione del management (che potrebbe passare dalla parte dell’acquirente o lasciare l’azienda, comunque creando un danno), ma anche ad aggressive azioni commerciali da parte di concorrenti che cercano di approfittare della situazione d’incertezza organizza- tiva e di debolezza della forza vendita. Un annuncio intempestivo, in altri termini, potrebbe erodere i margini dell’impresa durante il critico processo di cessione, deprimendone conseguentemente il valore. Terzo: prepara accuratamente la transazione È indubbio che nel processo negoziale il venditore si muove da una teorica posizione di vantaggio che gli deriva dalla conoscenza dell’oggetto della com- pravendita. Tuttavia, per uscire dal campo vinci- tori è necessario fare in modo che tale vantaggio sia effettivo (ossia il venditore deve veramente cono- scere la sua azienda) e che sia “messo a frutto” (os- sia, il venditore deve essere in grado durante tutte le fasi del processo di vendita di presentare l’a- zienda nella migliore prospettiva). Il venditore, avendo il necessario tempo a disposizio- ne, potrebbe avvalersi dell’assistenza di consulenti che, non conoscendo approfonditamente l’impresa, ma possedendo competenze e metodologie specifiche di M&A e avendo un sufficiente distacco professio- nale rispetto al deal, hanno la possibilità d’identifi- care i punti di forza ma anche le criticità dell’attivi- tà che si vuole dismettere (in alcuni casi può addirit- tura essere conveniente commissionare una cosid- detta vendor due diligence). Facendo leva su questa analisi relativamente indipendente il venditore potrà predisporre un information memorandum esaustivo ed efficace e, soprattutto, sarà in grado di anticipare le problematiche che l’acquirente potrebbe vedere emergere in sede di due diligence: avrà quindi modo, ove praticabile, di sanare determinate situazioni cri- tiche (si pensi all’ottenimento della certificazione eu- Tabella 1 – FATTORI CHE INFLUENZANO IL PREZZO Strategici – Grado d’importanza del progetto nella strategia complessiva del compratore – Tipologia e livello delle sinergie attese – Unicità/rarità dell’alternativa considerata – Eliminazione di un concorrente – Sottrazione di un’alternativa ai competitor – Necessità di chiudere l’operazione in tempi rapidi Finanziari e fiscali – Entità dell’investimento (soglie massime) – Sostenibilità finanziaria dell’investimento – Struttura e stabilità dei redditi e dei flussi dell’impresa acquisita – Conseguenze sull’equilibrio finanziario dell’acquirente – Possibilità di diminuire la tassazione in capo al venditore – Esistenza di remunerazioni collaterali garantite al venditore Negoziali – Condizioni di pagamento – Clausole contrattuali accessorie – Esistenza di formule di garanzia per pagamenti posticipati Fonte: V. Conca, Le acquisizioni, Egea, Milano, 2001. 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 49
  • 7. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 50 ropea sui macchinari e gli impianti, ma anche all’a- desione a un condono tributario o contributivo), di preparare l’opportuna documentazione di supporto per le negoziazioni che si potrebbero aprire su alcu- ni temi (magari facendo redigere un parere legale su un contenzioso minacciato da un fornitore o un pa- rere contabile sul trattamento in bilancio di alcune poste economico-finanziarie), ovvero di sospendere il processo di cessione in attesa che decorrano i ter- mini di prescrizione per gravi inadempienze non sa- nabili altrimenti (per esempio, per evasioni contri- butive non ancora contestate dalle autorità). In generale, se non si è ragionevolmente certi che non emergerà nessun problema talmente grave da costituire un deal breaker, occorre evitare di con- cedere un’esclusiva a una controparte, se non ad- dirittura di consentire a tale soggetto di avviare il proprio processo di due diligence: l’unico evento peggiore rispetto a una vendita a sconto di un’im- presa è una mancata vendita divenuta pubblica (con banche, fornitori e dipendenti che iniziano immediatamente a interrogarsi, preoccupati, sulle ragioni sottostanti all’aborto del deal). Quarto: gestisci il processo di vendita in modo rapido ed efficace Chi non gestisce il processo o è lento rischia di: – perdere delle opportunità; – perdere la focalizzazione sul progetto; – fornire informazioni incoerenti; – vedere emergere dei problemi inattesi nelle fasi più critiche della cessione; – distrarre il management dall’attività corrente, distruggendo valore e creando la premessa per liti con il venditore. La tabella 2 presenta i passaggi chiave di un pro- cesso di cessione efficiente, con un’indicazione del- le principali attività. Il venditore deve ponderare attentamente se il ma- nagement o il personale possano essere un ostacolo, piuttosto che un aiuto, al processo di dismissione: gli attuali collaboratori, infatti, possono vedersi costret- ti (o forzati da allettanti offerte) a mutare di campo nel bel mezzo della transazione per agevolare il loro futuro datore di lavoro a detrimento di quello che si sta ritirando, come pure a osteggiare il processo di vendita nel timore dell’impatto che esso potrebbe avere sul loro futuro professionale (si pensi a dipen- denti che temano di diventare ridondanti nel caso in cui l’acquirente fosse un’impresa concorrente). Per evitare che il potenziale acquirente conquisti l’iniziativa nelle negoziazioni, in siffatte situazioni può essere opportuno valutare l’opportunità di av- valersi di consulenti: essi sono certamente onerosi (per quanto di solito accettino di legare gran parte dei loro compensi al buon esito della cessione),3 ma offrono il vantaggio di conoscere bene le peculiari- tà dell’attività di M&A (anche se questo potrebbe non essere vero nel caso in cui si ricorresse al com- mercialista o al legale che abitualmente gestisce le questioni ordinarie) e di fornire risorse fresche e ad- dizionali rispetto a quelle disponibili in azienda. Un buon consulente di M&A è consapevole che il suo intervento in un’operazione di cessione potrebbe au- mentare il ritorno per il venditore, minimizzare la durata del processo e mitigare l’impatto sull’attività operativa. Come può cercare di ottenere tutto ciò? Anzitutto accelerando l’effettiva “commercializzazio- ne” dell’impresa, mitigando le attese dei venditori al- la luce della situazione oggettiva, migliorando la qua- lità e la coerenza delle informazioni fornite (e l’acqui- rente sarà più tranquillo circa la congruità della sua offerta), assicurando che la comunicazione sia esau- stiva e coerente, pur preoccupandosi di proteggere le informazioni sensibili (in termini di “segreti” indu- striali e commerciali, ma anche con un occhio alle leg- gi che tutelano la privacy). Il consulente si preoccu- perà anche di identificare e risolvere le possibili fughe di valore, consentirà al management di concentrarsi sul business e, soprattutto, dovrebbe evitare sorprese sgradite (l’unica cosa peggiore di una transazione che non va a buon fine è una transazione che tutti sanno essere evaporata dopo mesi di negoziazioni). 3 La remunerazione dei consulenti di M&A o corporate finance comprende di solito una componente (la retainer fee) che copra alme- no parzialmente l’impegno prestato nell’attività preparatoria, nonché un corrispettivo (success fee) corrispondente a una certa per- centuale del valore dell’operazione o del prezzo di vendita. Abitualmente questa percentuale diminuisce al crescere delle dimensioni dell’operazione (in quanto le transazioni minori richiedono un impegno proporzionalmente maggiore rispetto a quelle più grandi). 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 50
  • 8. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 51 Concludiamo l’intervento portando sei esempi di come tipicamente il venditore rischia di distrugge- re valore nelle operazioni di M&A e i nostri sugge- rimenti su come neutralizzare tali rischi. Caso 1: le performance consuntive non sono co- erenti con le ipotesi del business plan Uno degli obiettivi caratterizzanti l’attività di qual- siasi due diligence commissionata dall’acquirente è quello di verificare la ragionevolezza e la congruenza interna delle ipotesi sulle quali è stato preparato il bu- siness plan. In definitiva, l’intera due diligence è tesa a raccogliere elementi che confermano e corroborano l’idea che il potenziale acquirente si è fatto dell’a- zienda target, sulla quale si basa l’ipotesi di valore che sottostà all’offerta che esso è disposto a sottoporre. Una delle modalità più efficaci e oggettive per misu- rare il grado di probabilità che le ipotesi di piano fi- nanziario si realizzino consiste nel confrontarle con il trend storico di analoghe grandezze economiche (esempi classici sono: il fatturato, i volumi di vendi- ta, il costo del personale, la forza lavoro, i costi varia- bili unitari, ma anche parametri come la rotazione di magazzino, la percentuale di insoluti ecc.). È chiaro che un trend come quello rappresentato nella figura 2 è meno credibile rispetto a quello della figura 3. Comunque, se l’andamento proiettato nel futuro è del tipo hockey stick, è fortemente consigliabile co- struire accuratamente il business case in modo da renderlo ragionevole e dimostrabile, quasi ineluttabi- le anche agli occhi di un acquirente scettico per defi- nizione. In alcuni casi sarà necessario depurare il da- to storico dai “rumori di fondo” che possono averlo condizionato per fare apparire il vero trend storico. Tabella 2 – IL PROCESSO DI DISINVESTIMENTO Valutazione preliminare Strategia di cessione Preparare la vendita Esecuzione Valutazione preliminare e presentazione ai soci Perché si disinveste? • Problemi di successione • Incapacità di crescita autonoma • Disaffezione dei soci • Attività non strategica • Uscita pianificata • Opportunità conveniente Acquirente potenziale • Strategico • Finanziario/MBO • Quotazione Valutazione preliminare • Flussi di cassa attualizzati • Multipli • Metodi patrimoniali Presentazione ai soci per approvazione ed esplorazione alternative Identificare i possibili acquirenti e sviluppare la strategia di cessione Piano preliminare • Struttura e tempi del processo • Obiettivi e priorità Risorse necessarie • Competenze richieste • Ricorso a consulenti esterni Lista acquirenti potenziali • Utilizzo di fonti appropriate • Effettuazione della ricerca Preparazionedellaproposta • Profilo anonimo (o Teaser) che presenti impresa, obiettivo e taglio dell’operazione e qualche dato finanziario Presentazione ai soci • Procedura • Acquirenti obiettivo • Bozza del teaser Distribuzione del teaser agli acquirenti potenziali identificati per verificare il loro grado d’interesse Predisporre attivamente l’impresa alla transazione Analisi strategica e finanziaria • Visione e piani del management • Analisi del settore e del mercato • Analisi delle determinanti del valore • Vendor due diligence multi-disciplinare • Valutare la qualità dei dati contabili • Piani finanziari dimostrabili • Normalizzazioni e collegamento dei dati storici con il piano Modello finanziario • Supporto oggettivo per le decisioni sulla cessione e per la formulazione della gamma di prezzi Preparazione dei documenti • Impegno di riservatezza (NDA) • Information memorandum (IM) • Presentazione del management • Data room • Bozza del contratto di compravendita Presa di contatto con gli acquirenti ed esecuzione del deal Selezione dei compratori • Ottenere l’NDA • Distribuire l’IM • Ottenere le manifestazioni d’interesse • Prenotare le presentazioni del management • Fissare le visite alla data room Valutare le offerte preliminari • Negoziazioni • Finalizzare la struttura • Selezionare l’acquirente Finalizzare la transazione • Firma del contratto preliminare • Due diligence definitiva • Completamento del contratto di compravendita • Closing e pagamenti • Verifiche post-closing e aggiustamenti di prezzo 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 51
  • 9. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 52 Questo risultato si ottiene procedendo alla quality of earnings che consente di depurare anche grafica- mente gli elementi non ricorrenti del reddito storico. Caso 2: i trend complessi e gli effetti di deter- minate azioni gestionali non sono adeguata- mente spiegati Un caso di attrito tra venditore e acquirente che si presenta spesso è quello derivante da una carente condivisione delle vere determinanti dei risultati storici, ma soprattutto di quelli prospettici. Questa situazione può innescare dei dubbi sulla trasparen- za e affidabilità dei dati scambiati in data room fi- no, nei casi più gravi, a fare scemare l’interesse nel deal da parte dell’acquirente. Per evitare questo ri- schio è importante che, fino dalle prime battute della negoziazione, sia messa a di-sposizione del potenziale acquirente e dei suoi consulenti un’ac- curata ed esaustiva documentazione. Una tecnica comunemente usata per spiegare anche grafica- mente gli scostamenti tra due grandezze (nel tem- po o rispetto a un target) è quella di figura 4. È chiaro che tale tecnica può essere anche usata ne- gozialmente per spiegare in modo convincente quali sono gli effetti degli upside che si vogliono mettere sul tavolo della trattativa. A titolo di esempio, se pensia- mo alla situazione in cui si vuole fare comprendere i benefici derivanti da un programma di riduzione dei costi (un programma che magari, alla data della due diligence, non ha ancora manifestato interamente i propri effetti), diverso è l’impatto negoziale di una presentazione ancorché esaustiva dal punto di vista tecnico, ma basata esclusivamente sulla descrizione delle attività in programma rispetto a una presenta- zione associata a una tabella tipo quella che eviden- zia graficamente gli effetti dei vari elementi che si vanno a sommare in un globale beneficio in termini di riduzione dei costi. Altri esempi di questo tipo so- no gli effetti di nuovi contratti di vendita, la satura- zione di capacità produttiva in eccesso ecc. Caso 3: evitare di fornire al potenziale acqui- rente informazioni incoerenti Il problema del calo di fiducia nel venditore e del sorgere di dubbi sulla trasparenza e affidabilità dei dati scambiati ai fini della transazione può essere in- nescato da inconsistenza e contraddizioni interne tra i dati e informazioni messe a disposizione del po- tenziale acquirente nella data room oppure incoe- renze tra data room e information memorandum. Per evitare questo rischio è necessario supervisiona- re e rivedere unitariamente le informazioni fornite nella data room. Occorre una regia che, in alcuni ca- si, è opportuno delegare a consulenti che possono garantire anche la visione critica del “terzo”. I con- sulenti possono anche gestire la forma della presen- tazione dei dati che, pur se spesso si risolvono in in- terventi puramente editoriali, riducono la sensazio- Figura 2 – THE HOCKEY STICK Ebitda % 16% 14% 12% 10% 8% 6% 2003 2004 2005 2006P 2007P Figura 3 – LA CONTINUITÀ 12% Ebitda % 11% 10% 9% 8% 7% 6% 2003 2004 2005 2006P 2007P Figura 4 – EBITDA BRIDGE 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 52
  • 10. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 53 Tabella 3 – COMPARAZIONE TRA MANAGEMENT REPORT E INFORMATION MEMORANDUM Contabilità gestionale Information memorandum Differenza Ricavi 167.714 167.714 0 Costo del venduto 85.518 85.506 –12 Margine lordo 82.196 82.208 12 Costi operativi 39.648 40.319 671* Costi non ricorrenti 0 0 0 Reddito operativo 42.548 41.889 –659* Oneri finanziari netti –37 –38 –1 Redditi da partecipazioni 678 678 0 Altri costi –198 –199 –1 Reddito ante imposte 42.991 42.330 –661* *L’ammortamento dell'avviamento è incluso nei conti gestionali, ma escluso dall’info memo. ne di “artigianalità” che spesso i report generati per fini interni possono fare percepire al terzo. Nella ta- bella 3 forniamo un esempio utile come spunto per spiegare le eventuali differenze tra vari set di dati. Caso 4: i problemi non devono cogliere il vendi- tore di sorpresa Se, nel corso della due diligence, il potenziale ac- quirente porta sul tavolo della negoziazione un pro- blema sconosciuto al venditore, l’effetto sulla nego- ziazione può essere devastante, in alcuni casi può in- vertire i naturali rapporti di forza. Pertanto è vitale per il venditore anticipare tali situazioni, proceden- do lui stesso a una due diligence accurata prima di aprire le porte della data room e, nel caso in cui que- sta attività identificasse problematiche significative, è necessario, a seconda dei casi, predisporre un pia- no di mitigazione degli effetti e/o darne piena ed esaustiva disclosure ai potenziali acquirenti. Caso 5: evitare e, se possibile, anticipare aggiu- stamenti significativi al closing I meccanismi di aggiustamento del prezzo spesso pre- visti nei contratti di compravendita di azioni possono comportare significativi aggiustamenti al prezzo con- cordato, in particolare in presenza di business stagio- nali o che presentano nello stato patrimoniale di rife- rimento delle poste anomale. In questi casi, quando si va a misurare al closing le stesse grandezze patrimo- niali considerate nella determinazione del prezzo ini- ziale, è possibile che si verifichino degli scostamenti si- gnificativi. In gran parte questi scostamenti si posso- no già prevedere in sede di due diligence, analizzan- do gli effetti della stagionalità e normalizzando le po- ste patrimoniali. La tabella 4 riporta un esempio di normalizzazione del capitale circolante netto. Caso 6: la gestione della transizione è un fattore di successo È ampiamente condiviso dagli operatori e dimostrato dalle statistiche che il periodo immediatamente succes- sivo alla conclusione della transizione è quello dove si gioca buona parte delle possibilità di successo dell’inte- grazione. Certo è che il periodo di transizione è quello dove si concentrano molte attività straordinarie che de- vono consentire rapidamente di aggiustare l’organizza- zione alle esigenze dell’acquirente e di dotare delle strutture e procedure che consentano alla target di con- tinuare a funzionare anche se separata dall’organizza- zione del venditore. Tali momenti sono critici sia nel- l’otticadellaminimizzazionedeicosticonnessiataliag- giustamenti, sia in considerazione del fatto che le deci- sioni prese in questa fase, se non azzeccate, possono ge- Tabella 4 – NORMALIZZAZIONE DEL CIRCOLANTE Sett. 2005 Capitale circolante netto iniziale 318,5 % sulle vendite 15,9% Rettifiche suggerite Crediti per lavorazioni conto terzi –34,0 Debiti per lavorazioni conto terzi 11,3 Debiti verso fornitori 12,0 Magazzino conto terzi –10,2 Accant. note credito da emettere 19,6 Finanziamenti a controllate –32,0 Acconti da clienti 17,0 CCN rettificato 302,2 % sulle vendite 13,1% 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 53
  • 11. finanzad’impresa VENDERE UN’IMPRESA Contabilità finanza e controllo 1.2007 54 nerare conseguenze negative anche per periodi prolun- gati. L’acquirente in prima battuta, ma indirettamente anche il venditore, al momento del closing deve avere un chiaro e dettagliato piano di azione per abbreviare il più possibile il periodo di transizione e indirizzare l’a- zionedelmanagementaggredendoalmegliotuttiipro- blemi da risolvere. I consulenti e il team di due diligen- ce dovrebbero quindi avere una chiara visione dei pro- blemi da affrontare sino al punto di potere puntual- mente stimare i costi connessi alle attività necessarie. Nella tabella 5 riportiamo un esempio di scheda di ta- li aggiustamenti, che vengono ordinati a seconda del fatto che comportano un impatto sull’EBITDA ricor- rente o che abbiamo natura di costi non ricorrenti. Si rileva che l’identificazione di costi ricorrenti avrà un impatto sul valore massimo offerto dal- l’acquirente: tale attività di normalizzazione po- trebbe quindi avere un riflesso sul prezzo. Conclusioni Abbiamo visto come le ragioni per le quali si decide di cedere un’impresa possono essere di origine endogena all’azienda (carenza di competenze “multispettrali”, errori del management ecc.), ma soprattutto derivare dalla situazione dei suoi soci (problemi di successione, conflitti ricorrenti, incapacità di seguire la crescita dal punto di vista finanziario o imprenditoriale, disaffe- zione verso il management e difficoltà nel rimpiazzar- lo, uscita programmata ecc.) o del suo mercato (ne- cessità di concentrazione sul core business, processi di consolidamento che hanno fatto emergere un’offerta interessante da parte di un concorrente ecc.). Ciò che accomuna queste diverse fattispecie è la ne- cessità per il proprietario dell’impresa di compren- dere i meccanismi del processo di cessione, di evita- re gli errori più comuni in fase d’uscita e di ricorre- re a consulenti specializzati nelle materie chiave (fi- nanza, fisco e legge). Tali consulenti dovranno pa- droneggiare questo tipo di transazioni ed essere per- ciò in grado di analizzare i punti di forza e di debo- lezza dell’azienda, di presentarli adeguatamente a idonei interlocutori e di prevenire l’emergere di fri- zioni insanabili nel corso delle negoziazioni. A dispetto dell’attenzione prestata alla vendita e al- la qualità dei consulenti coinvolti, ciò che differenzia una cessione di successo da una insoddisfacente è la qualità dell’impresa che viene messa sul mercato: chi avrà saputo applicare quelle regole fondamentali di management collaudate da secoli d’esperienza e co- dificate in numerosi testi avrà, in effetti, maggiori probabilità di riuscire a trovare dei potenziali acqui- renti e di spuntare una valutazione più alta. Tabella 5 – AGGIUSTAMENTI PER STAND ALONE ISSUE 2005 2006 Stime da information memorandum Eliminazione delle allocazioni intragruppo 2.702 2.987 Costo del lavoro per operatività autonoma –1.368 –1.368 Impatto sull'Ebidta ricorrente 1.334 1.619 Altri costi per operatività autonoma Ufficio Tesoreria –120 –120 Ufficio Fiscale –80 –80 Responsabile Sistemi informativi –100 –100 Altri costi per operatività autonoma –147 –147 Consulenze legali –50 –50 Ulteriori costi per l’operatività autonoma –497 –497 Impatto totale sull’Ebitda ricorrente 837 1.122 Costi non ricorrenti Costi di trasloco –50 Modifica sistemi informativi –70 Costi di formazione da quantificare Totale costi non ricorrenti –120 040306CFC0107_44a54.qxd 3-01-2007 13:17 Pagina 54