2. so un nuovo stabilimento nel vicino Oriente, senza modifica-
re le condizioni di prezzo. Dopo un paio di mesi, l’azienda ri-
leva un calo dei propri flussi di cassa e si rende conto che un
aumento del leadtime di consegna e procedure doganali han-
no allungato di qualche settimana il cash cycle: l’azienda sta
di fatto immobilizzando svariati milioni in più su quel cliente
cambiandone concretamente il reale ritorno economico.
L’aumento della pressione competitiva e la necessità di dif-
ferenziarsi attraverso un livello di servizio sempre migliore ri-
chiede spesso di allocare di fatto risorse a uno specifico clien-
te o prodotto. Queste possono essere risorse umane dedicate,
maggiori commitment sulla qualità, scorte di sicurezza il cui
costo – in termini economici e finanziari – di fatto influenza
anche in modo significativo la profittabilità complessiva.
Allo stesso modo molte aziende sfruttano l’ampiezza della
loro gamma prodotti come leva competitiva, spinte dalla
necessità di accomodare le richieste dei clienti e dalla ri-
cerca di crescita, con il rischio di una proliferazione di pro-
dotti e un aumento della complessità. Due elementi che ben
presto possono zavorrare, piuttosto che aiutare la crescita,
se non abbinati a un monitoraggio analitico e rigoroso e a
una conseguente manutenzione periodica della gamma pro-
dotti valutando il reale beneficio apportato.
Lo stratificarsi delle scelte tattiche sarà ancor più importan-
te nella transizione da una congiuntura economica di depres-
sione a una di ripresa, soprattutto per un contesto produttivo
orientato all’export, che probabilmente sentirà l’accelerazio-
ne della domanda anticipatamente rispetto alla crescita della
disponibilità di credito. Molte aziende, infatti, in una fase di
cattiva congiuntura reagiscono con una serie di misure di di-
fesa del fatturato – e di conquista di fatturato a danno di com-
petitor più deboli – e subiscono la pressione dei loro clienti
per adattarsi a un nuova configurazione della supply chain.
Spesso il metodo di valutazione di tale scelte è – in un’ottica
molto “commerciale” – la contribuzione marginale, mentre
in realtà il loro stratificarsi modificherà anche significativa-
mente la distribuzione dei ritorni nel portafoglio di prodotti e
clienti. Alla fine della fase di difficoltà congiunturale molte
aziende dovranno porre attenzione a come il loro portafo-
glio prodotti/clienti reagirà all’impulso proveniente dalla cre-
scita della domanda: dove saranno i ritorni e dove saranno gli
assorbimenti di capitale senza adeguato ritorno.
Un esempio semplice è quello di un cliente cui il dipartimen-
to delle vendite decide di accordare una condizione di paga-
mento migliorativa e di aumentare il livello di servizio in ter-
mini di lead time e di customer service, per conseguire un’al-
locazione maggiore dei volumi. Naturalmente, il capitale
assorbito di quello specifico cliente aumenterà come con-
tropartita di maggiori volumi e quindi di maggiore margine
assoluto. Ma come si posiziona questa scelta e questo nuovo
cliente nel portafoglio dell’azienda? Quanta cassa assorbirà
questa decisione? Sarà coerente con gli obiettivi finanziari
dell’azienda? Si tratterà ancora di un “buon” cliente?
Le aziende dispongono raramente di risposte a queste do-
mande e ancor meno di un quadro strutturato dei trade-off
impliciti nelle scelte quotidiane tra performance econo-
mica e performance di cassa. Il rischio è dunque duplice: da
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ristiche spesso sottovalutate: sono correlate tra di loro e so-
no soggette a stratificazioni nel tempo.
L’esperienza insegna che, anche se possono apparire poco ri-
levanti prese singolarmente, le micro-scelte operative e tat-
tiche (e.g. sconti, termini commerciali di pagamento, livelli
di servizio garantiti al cliente, variazione della supply chain
di alcune componenti) hanno complessivamente un impatto
sostanziale sulla performance aziendale, sia in termini di pro-
fittabilità che di generazione di cassa.
La necessità di servire supply chain globali e in rapido cam-
biamento spesso impone modifiche alle reali condizioni di for-
nitura che possono incidere anche significativamente sull’ef-
fettivo ritorno economico atteso sul cliente (o sul paio cliente-
prodotto). Prendiamo l’esempio di un fornitore di componen-
tistica a cui viene richiesto di recapitare lo stesso prodotto pres-
CASHCASH
3. 14
una parte quello di non comprendere sino in fondo la con-
tribuzione, corrente al risultato economico e finanziario del-
l’azienda, delle diverse componenti del proprio portafo-
glio – soggetto appunto a una deriva – alla continua ricerca
di crescita e miglioramento del prodotto e del servizio of-
ferto; dall’altra di sottovalutare il potenziale di recupero nel
riassetto e nella revisione di alcune scelte tattiche.
Dove risiede la complessità
La complessità di formulare un quadro strutturato è dovu-
ta, spesso, a due ordini distinti di problemi:
1. In primo luogo, è sovente complesso avere piena com-
prensione della profittabilità reale di ciascun cliente, pro-
dotto o mercato. I costi fissi e i costi indiretti hanno spes-
so un driver di assorbimento diverso e articolato per cia-
scun cliente e prodotto, e le aziende si trovano a non allo-
care ai clienti una porzione significativa dei costi a cau-
sa della difficoltà implicita di attribuzione. Parecchie azien-
de ragionano quindi sul margine industriale, o al meglio
sul contribution margin, nell’illusione che clienti e volu-
mi aggiuntivi contribuiscano positivamente alla genera-
zione di margine operativo aggiuntivo. Non è invece raro
trovare una parcellizzazione di nuovi clienti e prodotti,
ognuno con le proprie richieste specifiche, che generano
inefficienze e ulteriori complessità non contribuendo af-
fatto a marginalità e generazione di cassa una volta com-
presi al loro full cost.
2. In secondo luogo, è spesso arduo fare delle riflessioni
specifiche e strutturate sul capitale assorbito per il sin-
golo cliente e prodotto. Tipicamente, infatti, tale capi-
tale (in larga misura dettato dal Trade Working Capital)
viene analizzato distintamente nelle sue principali com-
ponenti. Mentre è comune attribuire al cliente una perfor-
mance sui crediti, raramente gli si imputa l’intero ca-
pitale circolante necessario per servirlo al livello ri-
chiesto. Vengono al più identificate iniziative per il suo
contenimento e ottimizzazione (e.g. riduzione del ma-
gazzino), ma solo a livello aggregato e non puntualmente
sullo specifico cliente e prodotto. Anche questo spesso
avviene per la complessità di computo e per le difficoltà
nell’allocare e comprendere a livello granulare il capi-
tale assorbito. Si dovrebbe inoltre estendere il concet-
to di capitale circolante a quello che chiamiamo capita-
le variabile assorbito, in modo da comprendere anche
tutte quelle voci che vengono effettivamente impegna-
te al servizio del cliente o a supporto del prodotto:
depositi, cauzioni…
Grafico 1 - Valutare il TCPR richiede
un approccio rigoroso e analitico, di allocazione di costi
e di assorbimento di capitale circolante
FINANZA
4. Un possibile approccio pragmatico
A seguito di queste considerazioni, le domande che un’a-
zienda deve porsi sono le seguenti:
1. Quale è l’effettiva profittabilità, considerando sia il ve-
ro margine a full cost che il capitale assorbito del proprio
portafoglio clienti e prodotti?
2. Dove occorre operare in maniera prioritaria con l’ottica
di allocare le risorse finanziarie ai prodotti/clienti più me-
ritevoli?
3. Quali azioni occorre (ri)pensare per massimizzare il por-
tafoglio complessivo?
Un possibile approccio pragmatico si basa dunque su una
visione integrata della “vera” profittabilità e dell’effettivo
capitale assorbito su ciascun cliente e/o prodotto misurata
in una sola grandezza: il Total Customer and Product Re-
turn. Questa metrica, che è semplicemente data dal rappor-
to tra il full margin e il capitale variabile assorbito, esprime
il ritorno generato da ciascun cliente/prodotto (o alternati-
vamente l’inverso del periodo di tempo necessario per re-
cuperare il capitale variabile assorbito). Grafico 1.
Questa metodologia consente in primo luogo all’azienda di
comprendere e monitorare il suo posizionamento e gli ele-
menti atomici del proprio portafoglio clienti e prodotti, re-
sponsabili a livello aggregato di EBITDAe capitale/cassa as-
sorbita. L’adozione di questo strumento costringe infatti le so-
cietà a identificare in maniera rigorosa e univoca i clienti e i
prodotti “performanti” e quelli che, invece, vanno ripensati.
In parecchi casi, realizzando correttamente l’allocazione dei
costi e la misura del capitale assorbito, l’azienda è in grado di
produrre una “fotografia” iniziale dei ritorni generati da clien-
ti e prodotti molto diversa dalle aspettative tradizionali e dal-
l’usuale “modo di vedere” il proprio portafoglio.
In secondo luogo, questo approccio aiuta le aziende a de-
finire le leve da azionare per il recupero congiunto di pro-
fittabilità e liquidità, e identifica in maniera rigorosa i tra-
de-off necessari per raggiungere lo scopo. Una volta im-
postati, lo strumento e la metodologia stessi possono per-
tanto essere adottati come riferimento per l’identificazione
e la pianificazione delle azioni. Grafico 2.
La raccolta delle principali funzioni aziendali “attorno al
tavolo” – vendite, produzione, controllo, ricerca, ecc. – rap-
presenta il primo passo per discutere e valutare le opzioni
di miglioramento.
Appare infine evidente che questa metodologia può essere
articolata in modi diversi, a seconda del livello di dettaglio
necessario. Un primo esame può essere condotto in un tem-
po limitato di poche settimane che, comunque, consente di
fornire un primo quadro embrionale dello stato attuale e del-
le aree di miglioramento. È possibile quindi passare a un
livello di dettaglio più spinto per finalizzare un quadro uni-
co e coerente, e impostare da quel punto le necessarie azio-
ni di riassetto. Vale inoltre osservare come, nell’era dei da-
ta crunchers, le capacità computazionali per analisi anche
complesse di grandi masse di dati, come quel-
le necessarie per arrivare a un livello “spinto”,
siano disponibili senza investimenti in com-
plessi strumenti informatici.
Grafico 2 - L’unione di una metrica di
marginalità netta e di capitale assorbito fornisce una
visione olistica dei ritorni su clienti, prodotti e mercato
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PROFIT
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PROFIT
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