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Breve tesina sulla comunicazione
d’impresa riguardo il clima e la cultura di
azienda, il modo in cui questi due oggetti
di indagine possono influenzare il
raggiungimento degli obbiettivi che
l’azienda stessa si pone e i vantaggi degli
approcci morbidi.
Tesina sulla
Comunicazione di
Impresa
Il Caso Argiolas S.r.l.
Jacopo Sebastiani
Matricola 263447
2
Indice
1 Il punto della situazione: il Brief dell’Azienda 3
2 L’analisi di Clima & Cultura Aziendale 4
2.1 Definizione degli oggetti di indagine 4
2.2 Perché sono importanti e come si formano 5
2.3 Come si studiano/li abbiamo studiati nel caso 6
3 I dati raccolti: i risultati della nostra indagine 9
4 Soluzioni: le nostre proposte al caso Argiolas 11
5 Conclusioni ed elementi collaterali 14
Bibliografia 15
3
1. Il punto della situazione: il Brief dell’Azienda
L’azienda Argiolas si trova in provincia di Cagliari e si occupa di produzione di formaggi di
capra e pecora esclusivamente allevate in loco. Sono presenti sul territorio dal 1954, anno in
cui due fratelli, Ennio ed Eligio Argiolas, intraprendono questa strada. Nel ’70 costruirono un
caseificio di proprietà a Dolianova, nella zona industriale, appena sotto le colline in cui gli
ovini pascolavano.
Ancora oggi si trovano in questo stabilimento che negli anni 1980, 1999 e 2001 è stato
ripetutamente ampliato con nuovi magazzini per la stagionatura.
La produzione è di circa 4 milioni di kg di prodotto finito annuo, ed esso è lavorato da 40
operatori fissi più 15/20 stagionali.
Un loro centro di distribuzione in provincia di Bologna si occupa dello smercio dei prodotti
presso i numerosi partner commerciali presenti sul territorio nazionale (Bennet, Carrefour,
Conad, Coop, Spar, ecc.) e non solo (il 12% del fatturato proviene dai mercati esteri di
Giappone, Nord America, Israele, Russia ed Europa).
Da sempre la Mission dell’azienda è di soddisfare il consumatore coi suoi prodotti di alta
qualità che onorano l’antica tradizione casearia sarda e si fanno fregio dei più alti standard
igienici e tecnologici.
La problematica
Secondo una ricerca dei reparti qualità e marketing per l’azienda è stato necessario introdurre
un nuovo macchinario per l’estrapolazione del siero dal latte durante la lavorazione.
A quanto pare da studi successivi è emerso che tale nuovo macchinario per essere fonte di
guadagno e non di perdita in termini di produttività e di consumi, deve lavorare a ciclo
continuo, rendendo obbligatori turni notturni per alcuni operatori.
Quest’ultimi presentano un chiaro malcontento dovuto all’imposizione dall’alto di questi
cambiamenti e alla scarsa preparazione tecnica riguardo il macchinario, che li rende capaci di
utilizzarlo solo come degli automi e non di capirne il vero funzionamento.
L’azienda accorgendosi degli attriti generatisi tra reparto manageriale e operatori
dall’imposizione di questi nuovi turni, ci ha contattato al fine di ristabilire un clima di
cooperazione e di fierezza invece di quello di costrizione e sfruttamento che si respira a seguito
di questo cambiamento.
Ci è stato altresì fatto presente che non sarà possibile intervenire con aumenti degli stipendi o
con l’assunzione di nuovo personale data la situazione economica attuale.
4
2. L’Analisi di Clima & Cultura Aziendale
Come ricercatori ci siamo posti immediatamente all’opera partendo con l’analizzare il clima e
la cultura dell’azienda. Ma vediamo prima alcuni cenni teorici che giustificano il metodo della
nostra analisi e il suo stesso essere stata messa in atto.
2.1 Definizione degli oggetti di indagine
“La cultura è l’insieme di significati pubblicamente e
collettivamente accettati, operante per
un gruppo determinato in un momento determinato”
Pettigrew A. M.
“[Il clima è] la percezione condivisa di come qui [nell’organizzazione] si fanno le cose”
Reichers A. E., Schneider B.
Partiamo con il definire i nostri oggetti di indagine: Cultura aziendale e Clima organizzativo.
La loro definizione non è semplice dal momento che, nonostante i loro effetti si ripercuotano
visibilmente nelle pratiche e nelle storie delle aziende, rimangono concetti astratti, elementi
non visibili. Nemmeno gli esperti hanno trovato un accordo comune sulla loro definizione, ma
tentiamo comunque qui di raccoglierne i punti fondamentali.
Ciò che si definisce Cultura all’interno di un’azienda è spesso quell’insieme di norme e di
valori di cui chi ne fa parte, soprattutto a livello di leadership, si fa portatore.
L’attenzione per questo aspetto di un’azienda prese piede negli anni ottanta, quando si notò
come le aziende giapponesi riuscissero vincenti da una situazione economica che invece
svantaggiava quelle statunitensi. Ciò che differenziava le aziende orientali da quelle occidentali
erano una serie di strategie di comunicazione, organizzazione e marketing che miravano ad un
preciso obbiettivo: la qualità. Ogni manovra era orientata al raggiungimento di un ideale di
qualità altissimo e questo diveniva così un loro “valore”.
La cultura era quell’insieme di pratiche e di valori correlati, talvolta espressi in modo emotivo,
di azioni dotate di significato simbolico, che gravitavano intorno a questo principio essenziale.
In quest’ottica la cultura aziendale è il sistema di senso di cui si fa portavoce chi sta al vertice
di un’azienda e che col suo modo di comportarsi e di operare scelte influenza poi anche tutti i
dipendenti di tutti gli altri livelli. Attenzione però: non basta dichiarare alcuni valori affinché
questi diventino cultura di quell’azienda. Essi devono essere praticati!
5
Il clima invece, se volessimo azzardare un confronto sul posizionamento tra questo è la cultura
all’interno dell’ordine cronologico di nascita nell’ambiente organizzativo di un’azienda, dove
quella influenza le scelte, questo ne è influenzato.
Esso infatti è influenzato dall’ambiente e tuttavia, ed è forse proprio per questo che è così
difficile definirlo in modo univoco, dipende anche da fattori soggettivi, quali le percezioni delle
singole persone.
Il clima è un qualcosa che si crea all’interno di una cultura ed ha una natura né oggettiva, né
soggettiva, bensì intersoggettiva. Esso dipende dai comportamenti dei singoli in relazione agli
altri, come questi vengono interpretati, quali altri sentimenti e comportamenti innescano e via
dicendo, ed in questo modo influenza e crea a sua volta l’ambiente. Ma al tempo stesso, quei
comportamenti che creano il clima sono a loro volta influenzati dall’ambiente in cui i soggetti
si trovano e ciò in un circolo assai complicato.
All’interno di una cultura si creano determinati sistemi di significati riguardo a certe azioni, le
quali innescano certi tipi di aspettative e di reazioni. Da qui nascono le interazioni che stanno
alla base del clima, ed è per questo che non si può parlare di clima senza parlare di cultura.
L’interrelazione tra questi due concetti è tanto forte che alcuni studiosi sono arrivati a
considerali sinonimi, come le due facce di una stessa medaglia (Bologninni, 2006).
2.2 Perché sono importanti e come si creano
I concetti di clima e cultura come abbiamo detto sono sì invisibili, ma non così i loro effetti sul
funzionamento delle organizzazioni. Questi infatti sono ben visibili e significativi.
Per questo in momenti critici come quelli di crisi economiche o culturali, o in momenti di
cambiamento o di innovazioni, o in momenti in cui in generale si stanno per affrontare nuove
sfide, diventa particolarmente importante studiarli per un’azienda.
Un’analisi del clima e della cultura rappresentano il momento in cui un’azienda si guarda allo
specchio, impara a conoscersi, fa il punto della situazione. Se si vogliono apportare delle
modifiche, come è nel caso preso in esame dell’Argiolas, bisogna sapere da dove si parte, non
solo qual è l’obbiettivo. Ed inoltre ulteriori analisi intermedie ci permettono di capire,
all’interno di un processo di cambiamento, di una mutazione, a che punto del percorso siamo.
Un buon uso dei dati così raccolti aiuta infine a capire se la direzione presa è condivisa,
appoggiata, compresa, come viene interpretata ecc. Tutto ciò lo rende uno strumento
indispensabile se si vogliono compiere passi ponderati e meno incerti.
Come abbiamo visto la cultura è guidata dalla leadership di un’azienda, e le scelte di questa si
possono tradurre poi in climi più favorevoli per l’ottenimento dei risultati desiderati. Tuttavia
6
sarebbe un uso scorretto dei dati raccolti dall’analisi sia quello di non tenerli in debito conto
quanto quello di sfruttarli per manipolare rapidamente la routine di un’azienda.
Alcune culture sono favorevoli in periodi di stabilità (potenzialmente basate sulla teoria X, si
veda McGregor 1972, autoritaria) altre danno migliori risultati in periodi di cambiamento ed
evoluzione (stili di azione Y basati sulla cooperazione),come evidenziato da Gordon e
DiTommaso (1992). Ma se è vero che un cambiamento di leadership può portare a
cambiamenti di clima abbastanza rapidamente, per cambiare la cultura di una azienda bisogna
impegnare tempo ed energie. Essa dipende dai comportamenti, dal sistema di valori, dagli
equilibri consolidati nel tempo e che di tempo hanno bisogno per essere modificati (si pensi al
caso della banca studiato da Argyris C. nel 1958 e riportato in Bolognini, 2006).
2.3 Come si studiano/li abbiamo studiati nel caso
Essendo il clima la composizione di diverse dimensioni, per ognuna di esse bisogna applicare
specifici procedimenti di analisi.
Il primo studioso ad impegnarsi nello studio del clima aziendale fu probabilmente Kurt Lewin.
Egli riteneva che per analizzarlo a dovere bisognava porre la propria attenzione su quelle che
egli definiva le forze sociali, che, come delle vere e proprie forze fisiche, plasmano l’ambiente in
cui gli individui vivono in un’azienda. I gruppi di individui vanno perciò studiati come “campi
sociali” (termine che nuovamente richiama la terminologia fisica di “campo di forze”).
Gruppi piccoli rappresentano gruppi primari e possono essere studiati con un’osservazione
diretta, come è stato per noi nello studio di questo caso Argiolas; ma esistono anche i gruppi
secondari, numericamente estesi e geograficamente dislocati, che vengono studiati tramite
questionari (usualmente a domande chiuse, dove ad ognuna delle risposte alternative viene
associato un valore).
I questionari sono uno strumento assai utile (e che noi stessi nella nostra analisi sul caso
Argiolas abbiamo utilizzato) quando si cerca di definire anche quantitativamente e non solo
qualitativamente un clima aziendale (aspetto, il primo, che può diventare assi utile se si
desidera fare un confronto ponderato tra diverse aziende e tra i diversi stili di leadership per
identificare dei modelli cui ispirarsi e quali siano migliori o peggiori a seconda delle situazioni
da fronteggiare).
Non tutti gli studiosi di quest’area disciplinare sono in accordo su quali siano le dimensioni da
prendere in considerazione e sul modo di trattarle: per alcuni si tratta di dimensioni scelte
prima di somministrare i questionari e secondo le quali le domande sono già raggruppate (si
parla in questo caso di a priori); altrimenti si lascia che sia l’ordine in cui i soggetti rispondono
7
alle varie domande, la precedenza e l’importanza che danno a queste, a determinare quali
siano le dimensioni che entrano in gioco (si parla in questo caso di a posteriori). Ma tra le
dimensioni su cui sembra esservi più accordo rientrano quelle studiate da G. H. Litwin e R.
Stringer (1968): struttura, responsabilità, calore, supporto, premio e punizione, conflitto, standard di
attività, identità e rischio. Misuriamo quindi il clima assegnando, una volta analizzate le risposte
ai questionari, i valori medi da assegnare a ognuna di queste variabili.
[Ricordiamo che a seconda dei casi, soprattutto a posteriori le dimensioni del clima possono
modificarsi. Ad esempio nel 1968 H. Meyer, partendo da queste nove, proposte a un campione
di 350 impiegati, ne fece emergere sei, di cui solo due riportavano la stessa denominazione di
Litwin e Stringer]
Nella nostra analisi, per assicurarci di aver bene a fuoco le dimensioni corrette, abbiamo in
prima istanza intervistato la leadership dell’azienda, con il duplice fine di identificare con
chiarezza la problematica e concentrare su di essa alcune domande dell’analisi. Abbiamo
inoltre ottenuto così una fotografia del clima tramite la visione dei livelli organizzativi, la quale
poi è stata confrontata con le impressioni del resto degli operatori.
Inoltre, data la dimensione relativamente contenuta dello stabilimento in senso sia fisico che di
personale, sempre preventivamente rispetto alla somministrazione dei questionari, al fine di
identificare degli Item (domande) di partenza più mirati da affiancare quelli più generici, è
stata attuata un’osservazione sul campo delle dinamiche comportamentali interne all’azienda.
Nella nostra ottica infine, ovvero quella di interpretare il clima non come qualcosa di
esclusivamente strutturale (oggettivo) e neppure solamente percettivo (soggettivo), bensì
interattivo (intersoggettivo, influenzato sia da elementi esterni come l’ambiente ma anche
interni come le percezioni personali, psicologiche ed emotive e da fattori relazionali di
interazione tra i vari soggetti), abbiamo attuato tre interviste semistrutturate a dei focus group
composti in maniera mista, sia da manager che da operatori, al fine di avere un’ultima analisi
dei rapporti e della condivisione dei significati.
Questa analisi sarà al suo interno completata da una parte mirante a identificare la cultura
aziendale. Infatti già dalla primissima fase, quella delle interviste al reparto manageriale e
dell’osservazione diretta delle dinamiche in azienda, abbiamo identificato i valori dichiarati e
alcuni di quelli operanti. I primi sono in linea di massima quei principi ritenuti “buoni” e
identificati come eventuali aspetti positivi. I secondi, quelli operanti, sono quei principi invece
che emergono da un livello meno cosciente e più profondo, in azioni e risposte non sempre
esplicite. In questo soprattutto ciò che emerge dai focus group in poche ore può essere di
fondamentale importanza.
8
La nostra analisi della cultura organizzativa dell’azienda si è inoltre basata sulle teorie di E.
Schein (1985).
Come detto in precedenza anche secondo Schein la cultura può essere studiata da più livelli. In
superficie troviamo un primo livello, quello degli artefatti (gergo, abbigliamento, architettura
degli spazi, simboli, rituali…) che è emerso nella nostra osservazione sul campo e da alcune
parti delle interviste; il secondo livello è quello dei valori espliciti (che la leadership fa circolare
per aumentare senso di appartenenza e consapevolezza); ed infine gli assunti di base
(convinzioni profonde riguardo l’umanità, la natura, lo scorrere del tempo ecc. che, come
vedremo nel capitolo successivo, sono quelli che più differiscono tra i vari reparti e i livelli
gestionali all’interno di Argiolas).
La quantità di dati raccolti così può far pensare al fatto che ogni cultura è unica e va studiata a
parte, ma di fatto sappiamo che alcuni aspetti di questa, uno per tutti le regole
comportamentali da rispettare, sono meno profondi e, tramite ad esempio una domanda
all’interno del questionario sull’importanza di un determinato valore al quale la regola si
ispira, non è poi impossibili valutarne l’effettiva condivisione in termini più quantitativi e
meno qualitativi.
Un altro punto è che, ripetiamo, a costruire veramente una cultura non sono tanto i valori
dichiarati, che spesso possono essere anche simili tra loro (Cfr. G. Hofstede, 1990), ma le
operazioni che vengono messe in atto: l’osservazione di queste è stata per noi la cartina
tornasole che ci ha fatto capire qual era la cultura dell’azienda Argiolas.
Prima di passare ai risultati della nostra analisi un’ultima precisazione su come questa è stata
svolta. Come indicato D. M. Rosseau (1990), esistono due tipi di metodo per studiare la
cultura di un’organizzazione (entrambi applicati nella nostra indagine): uno “pubblico” ed uno
“privato”. Mentre il primo fa riferimento a caratteristiche generali che possono essere applicate
universalmente allo studio delle aziende (quello più sfruttato nei questionari), il secondo rende
lo studioso più attivo nell’indagine, plasmando di volta in volta le domande (in caso di
interviste) e guidando la conversazione (nel caso di focus group), al fine di scoprirne la vera
cultura.
9
3. I dati raccolti: i risultati della nostra indagine
All’interno dell’azienda Argiolas si ha l’impressione che fino a poco tempo fa tutto andasse per
il meglio, ci fossero cooperazione e fiducia reciproche tra il settore marketing e management e
gli operatori e i magazzinieri. Questo perché il tipo di clima che si respira qui è quasi familiare.
I dirigenti rappresentano quasi i padri per i dipendenti, si fanno carico di ogni responsabilità e
controllano in modo minuzioso e omnipervasivo ogni ambito della produzione, quasi
pensassero che i propri dipendenti sono sì brave persone, ma tentino di fare il minor sforzo
possibile, e per questo vadano controllati e incalzati continuamente. Sono relativamente vicini
ai problemi dei loro dipendenti ma li conoscono poco.
Gli operatori erano molto fieri degli standard ottenuti dai prodotti che sentivano “propri”, fatti
con le loro mani, nel rispetto della tradizione e della loro cultura.
Finora le esigenze dei due gruppi avevano combaciato e senza sollevare troppe questioni si è
andati avanti in un clima disteso. Tuttavia questo tipo di clima si adatta bene ai periodi di
routine, di stabilità e di normalità.
Nel momento in cui i capi sono stati convinti dal reparto marketing e dal reparto qualità
(reparti questi che hanno diversi attriti con gli operatori: questi ultimi vedono i primi come
delle persone che guadagnano inspiegabilmente di più pur con un minore sforzo, mentre i
primi vedono i secondi come degli arretrati poco istruiti, capaci di compiere solo azioni
meccaniche) della necessità di avanzare tecnologicamente con l’ausilio del nuovo macchinario,
i vecchi equilibri si sono rotti, e le differenze soggiacenti sono emerse. Differenze riguardanti
gli assunti di base.
Dai questionari e dalle interviste alle figure chiave dell’azienda oltre che ad alcuni componenti
dei vari reparti è emerso che non c’è accordo su tutti i temi fondamentali. Sulle risposte
riguardanti il modo di intendere la Natura, c’è abbastanza accordo. A tutti i livelli è diffusa la
concezione che essa rappresenti un forza da rispettare e non da sfruttare, con la quale lavorare
in armonia e che essa debba essere preservata per garantire un futuro migliore alle nuove
generazione.
Ma riguardo la Natura Umana, mentre i dipendenti si vedono come persone in continua
crescita, depositari di competenze e conoscenze utili all’azienda, a livello di leadership l’essere
umano in generale è visto come svogliato e immaturo, che va controllato, seguito e motivato
passo a passo nel suo lavoro , e i dipendenti in particolare a volte sono considerati
“capricciosi” (questo genera una mancanza di fiducia che prima dell’arrivo del nuovo
10
macchinario rimaneva celata sotto una situazione in cui tutto andava bene, ma che con le
nuove tensioni è emersa e diventa problematica).
Infine un ultimo assunto di base, quello della concezione del Tempo, in cui vediamo le
maggiori differenze. Mentre leadership e reparti di marketing e controllo qualità credono in un
tempo lineare, che punta senza mezzi termini a un processo di cui i pochi che rivestono ruoli
organizzativi sono fautori, la maggior parte degli operatori è legata alla concezione
tradizionale del tempo, come un qualcosa di ciclico, all’interno del quale avvengono sempre gli
stessi rituali. Rituali in cui si acquista sempre maggior consapevolezza e coscienza e che si
tramandano di generazione in generazione.
Il clima che si è venuto a creare tra gli operatori è teso. Essi sentono di essere semplice forza
lavoro, di essere tenuti lontani dalle fasi decisionali e di dover obbedire semplicemente agli
ordini. Ordini che arrivano dall’alto e nei quali non riconoscono più la cultura aziendale in cui
credevano. Ritengono che l’azienda si stia allontanando sempre più dalla tradizionalità del
prodotto e dalla sua qualità, sostituendo questi valori con la ricerca di una produzione
maggiore e maggiori incassi ottenuti sulle spalle dei dipendenti.
Gli attriti di cui la leadership è poco consapevole, tra reparti di marketing e qualità e il reparto
di produzione e magazzino si sono inaspriti e si è persa ormai completamente l’utopia di
un’azienda come una famiglia unità.
Inoltre la leadership capisce poco la quantità e la complessità delle problematiche che si sono
state innescate coi nuovi turni di lavoro: stanchezza fisica, problemi di concentrazione,
mancanza di un’area confortevole di ristoro, mancanza di mezzi pubblici in orari notturni per
raggiungere lo stabilimento ed altri ancora.
L’innovazione è un passo importante per un’azienda ed essa non deve rinunciarci. Bisogna
però guidare tutta l’azienda verso il cambiamento con la giusta consapevolezza se, come in
questo caso, si vuole continuare a coltivare un clima, sia ambientale che psicologico,
favorevole.
11
4. Soluzioni: le nostre proposte al caso Argiolas
Prima di vedere nella pratica quali sono le soluzioni che abbiamo proposto per questo caso, ne
diamo in questo capitolo una giustificazione teorica.
Ciò su cui bisogna agire prevalentemente è la capacità del sistema organizzativo di adattarsi
alla nuova situazione, e questo va fatto in un’ottica di cooperazione che soddisfi tutti i livelli
dell’azienda.
Bisogna in parte rinunciare a quella che è emersa come una gestione quasi patriarcale
dell’azienda. I dipendenti non sono per forza svogliati e fannulloni che vanno sorvegliati. Anzi
spesso e volentieri essi sono fieri dei prodotti del loro lavoro e del loro lavoro stesso, e qualora
questo fosse duro, vi è comunque da parte loro un senso del dovere che va riconosciuto e
stimolato. Questo porta a una responsabilizzazione del dipendente che si sente riconosciuta
una certa fiducia e che, nel suo volersene dimostrare degno, porterà il suo contributo non solo
alla creazione di un clima aziendale migliore, ma anche a una più soddisfacente produzione.
È inoltre importante la creazione di gruppi all’interno dei reparti, gruppi di lavoro con una
certa autonomia decisionale e quindi maggiori responsabilità, che si tradurranno in
autocontrollo, mutuo aiuto e senso di appartenenza a qualcosa che va oltre l’individuo
all’interno dell’azienda. Cedere parte dei poteri decisionali al basso (come suggeriva M.
Crozier) aiuta inoltre ad alleggerire la burocrazia di un’azienda, ed in questo modo a renderla
più dinamica nelle situazioni di evoluzione e cambiamento (come appunto quella che sta
affrontando Argiolas).
Inoltre, per quanto riguarda la formazione dei dipendenti, è giusto fornirgliene una il più
completa possibile. Questo stimola nuovamente l’innovazione e la capacità di risolvere
eventuali problemi con creatività. È molto importante per un dipendente sapere come
maneggiare gli strumenti del proprio lavoro non in maniera meccanica ma in maniera
dinamica. Questo porterà sia ad una sua maggior soddisfazione per la competenza che
acquisisce, sia un beneficio all’azienda che qualora si presentasse un problema è più facile che
divenga possibile risolverlo facendo affidamento alle risorse interne.
Infine, come sosteneva E. Schein (1985), il punto su cui focalizzarsi per ottenere coesione
all’interno dell’azienda, è quello di creare una cultura comune. Comuni valori e comuni assunti
di base come egli stesso li definiva. Creare una storia di base unica per avere visioni se non
proprio uguali, quantomeno in assonanza tra loro.
12
Ma passiamo ora alle proposte pratiche vere e proprie basate sia sulle esigenze pragmatiche
che sull’idea di creare maggior coesione e un clima migliore e più produttivo all’interno
dell’azienda.
- Autogestione dei turni notturni per squadre di lavoro: questo aumenterà il livello di
responsabilità e di solidarietà tra colleghi. Inoltre farà sentire gli operatori parte anche
del processo decisionale e non più semplice forza lavoro da impiegare meccanicamente;
- Mezzi pubblici che coprano anche gli orari notturni: per garantire un servizio
fondamentale per molti operatori e aggiungere una dimostrazione da parte dei livelli
organizzativi di attenzione per le loro esigenze. Queste corse possono essere stipulate in
accordo con il servizio pubblico di trasporto urbano piuttosto che con agenzie private;
- Riorganizzazione delle pause: non solo dai questionari ma anche da studi scientifici al
riguardo è emerso che in orari notturni sono necessarie più pause rispetto ai turni
diurni. Quindi limitare la rigidità nella regolazione di queste affidando sempre la loro
gestione ai gruppi di lavoro;
- Aumentare il numero di riunioni, di resoconti e briefing, magari con anche l’aggiunta di
grafici riguardanti i vari aspetti dell’andamento dell’azienda (non solo in rapporto a
guadagni, spese e produzione, ma anche riguardo sicurezza, produttività dei vari
reparti, ecc.). Questo aumenterà il senso di appartenenza all’azienda e la coscienza dei
traguardi raggiunti e da raggiungere per una maggior complicità e cooperazione tra i
vari reparti e i vari livelli. Le riunioni rappresentano inoltre un momento di confronto
tra leadership e operatori in cui si dovrebbe trattare il tema della tradizione e della
qualità, dimostrando che i nuovi macchinari non inficerebbero né l’una né l’altra;
- Rendere più accogliente e confortevole l’area relax e ristoro: queste aree sono percepite
come spoglie e asettiche, tristi secondo molti dipendenti e per niente confortevoli. Ciò
rende difficile fare della pausa un momento di ristoro. Bisognerebbe aggiungere colore e
piante affinché siano meno impersonali. Inoltre l’aggiunta di un frigo (per riporre
bevande e alimenti), un divano, un microonde e una macchinetta del caffè a cialde,
renderebbero l’area più confortevole e funzionale.
- Organizzazione di momenti di svago collettivi (anche semplici cene se non addirittura
uscite organizzate). Questi sarebbero i modi migliori per aumentare il proprio senso di
appartenenza ad un’unica entità, stimolando anche la conoscenza reciproca tra i
dipendenti dei diversi reparti e favorendo così anche una contaminazione tra le varie
visioni e culture personali.
13
- Infine alcuni studi di un autore molto rinomato quale D. Roy (1954), propongono, al
fine di stimolare la produttività senza creare una competizione intestina all’azienda che
sarebbe controproducente dal punto di vista della cooperazione, giochi di produzione.
Questi trasformano il lavoro in un gioco di bravura in cui si tenta di raggiungere i livelli
di produzione stabiliti entro il minor tempo possibile (senza andare a discapito degli
standard qualitativi imposti dalla gerarchia. Questi infatti rappresentano un “ostacolo”
che rientra pienamente tra le regole del gioco).
Per quanto riguarda invece nella deficit di formazione emerso dall’analisi, esso potrà far
affidamento, per quanto riguarda i costi dei corsi, al Fondo Interprofessionale Atena.
Un’iniziativa nazionale che alleggerirebbe notevolmente i costi di formazione del personale.
In più ad essere formati saranno solo i dipendenti fissi mentre quelli stagionali impareranno
dai primi, aumentando così da un lato il senso di responsabilità e di autorevolezza dei fissi, e
stringendo dall’altro i legami dei dipendenti stagionali all’azienda.
Ogni buon leader sa che la cultura può favorire la produttività di un’azienda, ma questo non
richiede pochi sacrifici di tempo ed energie, e non può nemmeno essere un procedimento
casuale e per tentativi, ma deve essere ponderato e calcolato. Necessario è inoltre trovare
sempre il giusto equilibrio tra innovazione e stabilità.
Si raccomandano infine ulteriori analisi di clima con cadenza trimestrale per i successivi 18
mesi, al fine, come indicato in precedenza, di constatare gli sviluppi e la buona riuscita delle
tecniche messe in atto.
14
5. Conclusioni ed elementi collaterali
L’analisi dell’azienda è stata compiuta in modo minuzioso e attento in ogni sua parta dal
nostro gruppo di ricercatori e le soluzioni proposte sono state ponderate sulla base delle nostre
esperienze personali e della letteratura al riguardo.
I risultati ai quali porteranno queste modifiche saranno non solo la risoluzione della
problematica che in questa occasione ci è stata posta, ma si tradurranno anche in una maggior
efficienza e produttività per l’Argiolas S.r.l.
Come indicato precedentemente i risultati più evidenti riguardanti il clima organizzativo
saranno presenti da subito e quindi l’inserimento del nuovo macchinario avverrà sicuramente
con un sentimento più propositivo da parte degli operatori e un ambiente di lavoro più disteso.
I risultati in termini di performance emergeranno meno velocemente e saranno comunque
duraturi se la leadership saprà gestire nel modo giusto gli equilibri tra solidità ed innovazione e
far evolvere la cultura nella giusta direzione senza stravolgimenti repentini e poco ponderati.
Un elemento che è emerso durante la nostra osservazione, del quale non ci siamo occupati
nella nostra analisi dato che non ci compete, ma del quale ci sentiamo in obbligo di ravvisare
l’azienda è che la quantità di ovini di cui si dispone potrebbe non essere sufficiente a produrre
la quantità di prodotto che ora l’azienda è in grado di lavorare.
Gli operatori così vicini alla tradizione potrebbero essere turbati dal vedere eccessivamente
sfruttati gli animali e questo fattore, o l’acquisto di materie prime da fonti esterne, potrebbero
causare nuove crisi nel clima aziendale (si presume infatti che gli operatori ravviserebbero in
queste situazioni un nuovo calo della qualità del prodotto del loro lavoro).
15
Bibliografia
Per la stesura di questa tesi ho fatto riferimento ai seguenti testi:
- L’Arte di produrre Arte, a cura di Pietro Antonio Valentino, Marsilio Editore;
- Come studiare le organizzazioni, di Giuseppe Bonazzi, CE il Mulino;
- L’analisi del clima organizzativa, di Bruno Bolognini, Carocci Editore;
oltre che agli appunti presi durante le lezioni del corso Comunicazione d’Impresa tenuto dalla
Prof.ssa Lella Mazzoli e collaboratrice Prof.ssa Stefania Antonioni nell’A.A. 2014/20015

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Tesina Comunicazione d'Impresa e Approcci Mordbidi

  • 1. Breve tesina sulla comunicazione d’impresa riguardo il clima e la cultura di azienda, il modo in cui questi due oggetti di indagine possono influenzare il raggiungimento degli obbiettivi che l’azienda stessa si pone e i vantaggi degli approcci morbidi. Tesina sulla Comunicazione di Impresa Il Caso Argiolas S.r.l. Jacopo Sebastiani Matricola 263447
  • 2. 2 Indice 1 Il punto della situazione: il Brief dell’Azienda 3 2 L’analisi di Clima & Cultura Aziendale 4 2.1 Definizione degli oggetti di indagine 4 2.2 Perché sono importanti e come si formano 5 2.3 Come si studiano/li abbiamo studiati nel caso 6 3 I dati raccolti: i risultati della nostra indagine 9 4 Soluzioni: le nostre proposte al caso Argiolas 11 5 Conclusioni ed elementi collaterali 14 Bibliografia 15
  • 3. 3 1. Il punto della situazione: il Brief dell’Azienda L’azienda Argiolas si trova in provincia di Cagliari e si occupa di produzione di formaggi di capra e pecora esclusivamente allevate in loco. Sono presenti sul territorio dal 1954, anno in cui due fratelli, Ennio ed Eligio Argiolas, intraprendono questa strada. Nel ’70 costruirono un caseificio di proprietà a Dolianova, nella zona industriale, appena sotto le colline in cui gli ovini pascolavano. Ancora oggi si trovano in questo stabilimento che negli anni 1980, 1999 e 2001 è stato ripetutamente ampliato con nuovi magazzini per la stagionatura. La produzione è di circa 4 milioni di kg di prodotto finito annuo, ed esso è lavorato da 40 operatori fissi più 15/20 stagionali. Un loro centro di distribuzione in provincia di Bologna si occupa dello smercio dei prodotti presso i numerosi partner commerciali presenti sul territorio nazionale (Bennet, Carrefour, Conad, Coop, Spar, ecc.) e non solo (il 12% del fatturato proviene dai mercati esteri di Giappone, Nord America, Israele, Russia ed Europa). Da sempre la Mission dell’azienda è di soddisfare il consumatore coi suoi prodotti di alta qualità che onorano l’antica tradizione casearia sarda e si fanno fregio dei più alti standard igienici e tecnologici. La problematica Secondo una ricerca dei reparti qualità e marketing per l’azienda è stato necessario introdurre un nuovo macchinario per l’estrapolazione del siero dal latte durante la lavorazione. A quanto pare da studi successivi è emerso che tale nuovo macchinario per essere fonte di guadagno e non di perdita in termini di produttività e di consumi, deve lavorare a ciclo continuo, rendendo obbligatori turni notturni per alcuni operatori. Quest’ultimi presentano un chiaro malcontento dovuto all’imposizione dall’alto di questi cambiamenti e alla scarsa preparazione tecnica riguardo il macchinario, che li rende capaci di utilizzarlo solo come degli automi e non di capirne il vero funzionamento. L’azienda accorgendosi degli attriti generatisi tra reparto manageriale e operatori dall’imposizione di questi nuovi turni, ci ha contattato al fine di ristabilire un clima di cooperazione e di fierezza invece di quello di costrizione e sfruttamento che si respira a seguito di questo cambiamento. Ci è stato altresì fatto presente che non sarà possibile intervenire con aumenti degli stipendi o con l’assunzione di nuovo personale data la situazione economica attuale.
  • 4. 4 2. L’Analisi di Clima & Cultura Aziendale Come ricercatori ci siamo posti immediatamente all’opera partendo con l’analizzare il clima e la cultura dell’azienda. Ma vediamo prima alcuni cenni teorici che giustificano il metodo della nostra analisi e il suo stesso essere stata messa in atto. 2.1 Definizione degli oggetti di indagine “La cultura è l’insieme di significati pubblicamente e collettivamente accettati, operante per un gruppo determinato in un momento determinato” Pettigrew A. M. “[Il clima è] la percezione condivisa di come qui [nell’organizzazione] si fanno le cose” Reichers A. E., Schneider B. Partiamo con il definire i nostri oggetti di indagine: Cultura aziendale e Clima organizzativo. La loro definizione non è semplice dal momento che, nonostante i loro effetti si ripercuotano visibilmente nelle pratiche e nelle storie delle aziende, rimangono concetti astratti, elementi non visibili. Nemmeno gli esperti hanno trovato un accordo comune sulla loro definizione, ma tentiamo comunque qui di raccoglierne i punti fondamentali. Ciò che si definisce Cultura all’interno di un’azienda è spesso quell’insieme di norme e di valori di cui chi ne fa parte, soprattutto a livello di leadership, si fa portatore. L’attenzione per questo aspetto di un’azienda prese piede negli anni ottanta, quando si notò come le aziende giapponesi riuscissero vincenti da una situazione economica che invece svantaggiava quelle statunitensi. Ciò che differenziava le aziende orientali da quelle occidentali erano una serie di strategie di comunicazione, organizzazione e marketing che miravano ad un preciso obbiettivo: la qualità. Ogni manovra era orientata al raggiungimento di un ideale di qualità altissimo e questo diveniva così un loro “valore”. La cultura era quell’insieme di pratiche e di valori correlati, talvolta espressi in modo emotivo, di azioni dotate di significato simbolico, che gravitavano intorno a questo principio essenziale. In quest’ottica la cultura aziendale è il sistema di senso di cui si fa portavoce chi sta al vertice di un’azienda e che col suo modo di comportarsi e di operare scelte influenza poi anche tutti i dipendenti di tutti gli altri livelli. Attenzione però: non basta dichiarare alcuni valori affinché questi diventino cultura di quell’azienda. Essi devono essere praticati!
  • 5. 5 Il clima invece, se volessimo azzardare un confronto sul posizionamento tra questo è la cultura all’interno dell’ordine cronologico di nascita nell’ambiente organizzativo di un’azienda, dove quella influenza le scelte, questo ne è influenzato. Esso infatti è influenzato dall’ambiente e tuttavia, ed è forse proprio per questo che è così difficile definirlo in modo univoco, dipende anche da fattori soggettivi, quali le percezioni delle singole persone. Il clima è un qualcosa che si crea all’interno di una cultura ed ha una natura né oggettiva, né soggettiva, bensì intersoggettiva. Esso dipende dai comportamenti dei singoli in relazione agli altri, come questi vengono interpretati, quali altri sentimenti e comportamenti innescano e via dicendo, ed in questo modo influenza e crea a sua volta l’ambiente. Ma al tempo stesso, quei comportamenti che creano il clima sono a loro volta influenzati dall’ambiente in cui i soggetti si trovano e ciò in un circolo assai complicato. All’interno di una cultura si creano determinati sistemi di significati riguardo a certe azioni, le quali innescano certi tipi di aspettative e di reazioni. Da qui nascono le interazioni che stanno alla base del clima, ed è per questo che non si può parlare di clima senza parlare di cultura. L’interrelazione tra questi due concetti è tanto forte che alcuni studiosi sono arrivati a considerali sinonimi, come le due facce di una stessa medaglia (Bologninni, 2006). 2.2 Perché sono importanti e come si creano I concetti di clima e cultura come abbiamo detto sono sì invisibili, ma non così i loro effetti sul funzionamento delle organizzazioni. Questi infatti sono ben visibili e significativi. Per questo in momenti critici come quelli di crisi economiche o culturali, o in momenti di cambiamento o di innovazioni, o in momenti in cui in generale si stanno per affrontare nuove sfide, diventa particolarmente importante studiarli per un’azienda. Un’analisi del clima e della cultura rappresentano il momento in cui un’azienda si guarda allo specchio, impara a conoscersi, fa il punto della situazione. Se si vogliono apportare delle modifiche, come è nel caso preso in esame dell’Argiolas, bisogna sapere da dove si parte, non solo qual è l’obbiettivo. Ed inoltre ulteriori analisi intermedie ci permettono di capire, all’interno di un processo di cambiamento, di una mutazione, a che punto del percorso siamo. Un buon uso dei dati così raccolti aiuta infine a capire se la direzione presa è condivisa, appoggiata, compresa, come viene interpretata ecc. Tutto ciò lo rende uno strumento indispensabile se si vogliono compiere passi ponderati e meno incerti. Come abbiamo visto la cultura è guidata dalla leadership di un’azienda, e le scelte di questa si possono tradurre poi in climi più favorevoli per l’ottenimento dei risultati desiderati. Tuttavia
  • 6. 6 sarebbe un uso scorretto dei dati raccolti dall’analisi sia quello di non tenerli in debito conto quanto quello di sfruttarli per manipolare rapidamente la routine di un’azienda. Alcune culture sono favorevoli in periodi di stabilità (potenzialmente basate sulla teoria X, si veda McGregor 1972, autoritaria) altre danno migliori risultati in periodi di cambiamento ed evoluzione (stili di azione Y basati sulla cooperazione),come evidenziato da Gordon e DiTommaso (1992). Ma se è vero che un cambiamento di leadership può portare a cambiamenti di clima abbastanza rapidamente, per cambiare la cultura di una azienda bisogna impegnare tempo ed energie. Essa dipende dai comportamenti, dal sistema di valori, dagli equilibri consolidati nel tempo e che di tempo hanno bisogno per essere modificati (si pensi al caso della banca studiato da Argyris C. nel 1958 e riportato in Bolognini, 2006). 2.3 Come si studiano/li abbiamo studiati nel caso Essendo il clima la composizione di diverse dimensioni, per ognuna di esse bisogna applicare specifici procedimenti di analisi. Il primo studioso ad impegnarsi nello studio del clima aziendale fu probabilmente Kurt Lewin. Egli riteneva che per analizzarlo a dovere bisognava porre la propria attenzione su quelle che egli definiva le forze sociali, che, come delle vere e proprie forze fisiche, plasmano l’ambiente in cui gli individui vivono in un’azienda. I gruppi di individui vanno perciò studiati come “campi sociali” (termine che nuovamente richiama la terminologia fisica di “campo di forze”). Gruppi piccoli rappresentano gruppi primari e possono essere studiati con un’osservazione diretta, come è stato per noi nello studio di questo caso Argiolas; ma esistono anche i gruppi secondari, numericamente estesi e geograficamente dislocati, che vengono studiati tramite questionari (usualmente a domande chiuse, dove ad ognuna delle risposte alternative viene associato un valore). I questionari sono uno strumento assai utile (e che noi stessi nella nostra analisi sul caso Argiolas abbiamo utilizzato) quando si cerca di definire anche quantitativamente e non solo qualitativamente un clima aziendale (aspetto, il primo, che può diventare assi utile se si desidera fare un confronto ponderato tra diverse aziende e tra i diversi stili di leadership per identificare dei modelli cui ispirarsi e quali siano migliori o peggiori a seconda delle situazioni da fronteggiare). Non tutti gli studiosi di quest’area disciplinare sono in accordo su quali siano le dimensioni da prendere in considerazione e sul modo di trattarle: per alcuni si tratta di dimensioni scelte prima di somministrare i questionari e secondo le quali le domande sono già raggruppate (si parla in questo caso di a priori); altrimenti si lascia che sia l’ordine in cui i soggetti rispondono
  • 7. 7 alle varie domande, la precedenza e l’importanza che danno a queste, a determinare quali siano le dimensioni che entrano in gioco (si parla in questo caso di a posteriori). Ma tra le dimensioni su cui sembra esservi più accordo rientrano quelle studiate da G. H. Litwin e R. Stringer (1968): struttura, responsabilità, calore, supporto, premio e punizione, conflitto, standard di attività, identità e rischio. Misuriamo quindi il clima assegnando, una volta analizzate le risposte ai questionari, i valori medi da assegnare a ognuna di queste variabili. [Ricordiamo che a seconda dei casi, soprattutto a posteriori le dimensioni del clima possono modificarsi. Ad esempio nel 1968 H. Meyer, partendo da queste nove, proposte a un campione di 350 impiegati, ne fece emergere sei, di cui solo due riportavano la stessa denominazione di Litwin e Stringer] Nella nostra analisi, per assicurarci di aver bene a fuoco le dimensioni corrette, abbiamo in prima istanza intervistato la leadership dell’azienda, con il duplice fine di identificare con chiarezza la problematica e concentrare su di essa alcune domande dell’analisi. Abbiamo inoltre ottenuto così una fotografia del clima tramite la visione dei livelli organizzativi, la quale poi è stata confrontata con le impressioni del resto degli operatori. Inoltre, data la dimensione relativamente contenuta dello stabilimento in senso sia fisico che di personale, sempre preventivamente rispetto alla somministrazione dei questionari, al fine di identificare degli Item (domande) di partenza più mirati da affiancare quelli più generici, è stata attuata un’osservazione sul campo delle dinamiche comportamentali interne all’azienda. Nella nostra ottica infine, ovvero quella di interpretare il clima non come qualcosa di esclusivamente strutturale (oggettivo) e neppure solamente percettivo (soggettivo), bensì interattivo (intersoggettivo, influenzato sia da elementi esterni come l’ambiente ma anche interni come le percezioni personali, psicologiche ed emotive e da fattori relazionali di interazione tra i vari soggetti), abbiamo attuato tre interviste semistrutturate a dei focus group composti in maniera mista, sia da manager che da operatori, al fine di avere un’ultima analisi dei rapporti e della condivisione dei significati. Questa analisi sarà al suo interno completata da una parte mirante a identificare la cultura aziendale. Infatti già dalla primissima fase, quella delle interviste al reparto manageriale e dell’osservazione diretta delle dinamiche in azienda, abbiamo identificato i valori dichiarati e alcuni di quelli operanti. I primi sono in linea di massima quei principi ritenuti “buoni” e identificati come eventuali aspetti positivi. I secondi, quelli operanti, sono quei principi invece che emergono da un livello meno cosciente e più profondo, in azioni e risposte non sempre esplicite. In questo soprattutto ciò che emerge dai focus group in poche ore può essere di fondamentale importanza.
  • 8. 8 La nostra analisi della cultura organizzativa dell’azienda si è inoltre basata sulle teorie di E. Schein (1985). Come detto in precedenza anche secondo Schein la cultura può essere studiata da più livelli. In superficie troviamo un primo livello, quello degli artefatti (gergo, abbigliamento, architettura degli spazi, simboli, rituali…) che è emerso nella nostra osservazione sul campo e da alcune parti delle interviste; il secondo livello è quello dei valori espliciti (che la leadership fa circolare per aumentare senso di appartenenza e consapevolezza); ed infine gli assunti di base (convinzioni profonde riguardo l’umanità, la natura, lo scorrere del tempo ecc. che, come vedremo nel capitolo successivo, sono quelli che più differiscono tra i vari reparti e i livelli gestionali all’interno di Argiolas). La quantità di dati raccolti così può far pensare al fatto che ogni cultura è unica e va studiata a parte, ma di fatto sappiamo che alcuni aspetti di questa, uno per tutti le regole comportamentali da rispettare, sono meno profondi e, tramite ad esempio una domanda all’interno del questionario sull’importanza di un determinato valore al quale la regola si ispira, non è poi impossibili valutarne l’effettiva condivisione in termini più quantitativi e meno qualitativi. Un altro punto è che, ripetiamo, a costruire veramente una cultura non sono tanto i valori dichiarati, che spesso possono essere anche simili tra loro (Cfr. G. Hofstede, 1990), ma le operazioni che vengono messe in atto: l’osservazione di queste è stata per noi la cartina tornasole che ci ha fatto capire qual era la cultura dell’azienda Argiolas. Prima di passare ai risultati della nostra analisi un’ultima precisazione su come questa è stata svolta. Come indicato D. M. Rosseau (1990), esistono due tipi di metodo per studiare la cultura di un’organizzazione (entrambi applicati nella nostra indagine): uno “pubblico” ed uno “privato”. Mentre il primo fa riferimento a caratteristiche generali che possono essere applicate universalmente allo studio delle aziende (quello più sfruttato nei questionari), il secondo rende lo studioso più attivo nell’indagine, plasmando di volta in volta le domande (in caso di interviste) e guidando la conversazione (nel caso di focus group), al fine di scoprirne la vera cultura.
  • 9. 9 3. I dati raccolti: i risultati della nostra indagine All’interno dell’azienda Argiolas si ha l’impressione che fino a poco tempo fa tutto andasse per il meglio, ci fossero cooperazione e fiducia reciproche tra il settore marketing e management e gli operatori e i magazzinieri. Questo perché il tipo di clima che si respira qui è quasi familiare. I dirigenti rappresentano quasi i padri per i dipendenti, si fanno carico di ogni responsabilità e controllano in modo minuzioso e omnipervasivo ogni ambito della produzione, quasi pensassero che i propri dipendenti sono sì brave persone, ma tentino di fare il minor sforzo possibile, e per questo vadano controllati e incalzati continuamente. Sono relativamente vicini ai problemi dei loro dipendenti ma li conoscono poco. Gli operatori erano molto fieri degli standard ottenuti dai prodotti che sentivano “propri”, fatti con le loro mani, nel rispetto della tradizione e della loro cultura. Finora le esigenze dei due gruppi avevano combaciato e senza sollevare troppe questioni si è andati avanti in un clima disteso. Tuttavia questo tipo di clima si adatta bene ai periodi di routine, di stabilità e di normalità. Nel momento in cui i capi sono stati convinti dal reparto marketing e dal reparto qualità (reparti questi che hanno diversi attriti con gli operatori: questi ultimi vedono i primi come delle persone che guadagnano inspiegabilmente di più pur con un minore sforzo, mentre i primi vedono i secondi come degli arretrati poco istruiti, capaci di compiere solo azioni meccaniche) della necessità di avanzare tecnologicamente con l’ausilio del nuovo macchinario, i vecchi equilibri si sono rotti, e le differenze soggiacenti sono emerse. Differenze riguardanti gli assunti di base. Dai questionari e dalle interviste alle figure chiave dell’azienda oltre che ad alcuni componenti dei vari reparti è emerso che non c’è accordo su tutti i temi fondamentali. Sulle risposte riguardanti il modo di intendere la Natura, c’è abbastanza accordo. A tutti i livelli è diffusa la concezione che essa rappresenti un forza da rispettare e non da sfruttare, con la quale lavorare in armonia e che essa debba essere preservata per garantire un futuro migliore alle nuove generazione. Ma riguardo la Natura Umana, mentre i dipendenti si vedono come persone in continua crescita, depositari di competenze e conoscenze utili all’azienda, a livello di leadership l’essere umano in generale è visto come svogliato e immaturo, che va controllato, seguito e motivato passo a passo nel suo lavoro , e i dipendenti in particolare a volte sono considerati “capricciosi” (questo genera una mancanza di fiducia che prima dell’arrivo del nuovo
  • 10. 10 macchinario rimaneva celata sotto una situazione in cui tutto andava bene, ma che con le nuove tensioni è emersa e diventa problematica). Infine un ultimo assunto di base, quello della concezione del Tempo, in cui vediamo le maggiori differenze. Mentre leadership e reparti di marketing e controllo qualità credono in un tempo lineare, che punta senza mezzi termini a un processo di cui i pochi che rivestono ruoli organizzativi sono fautori, la maggior parte degli operatori è legata alla concezione tradizionale del tempo, come un qualcosa di ciclico, all’interno del quale avvengono sempre gli stessi rituali. Rituali in cui si acquista sempre maggior consapevolezza e coscienza e che si tramandano di generazione in generazione. Il clima che si è venuto a creare tra gli operatori è teso. Essi sentono di essere semplice forza lavoro, di essere tenuti lontani dalle fasi decisionali e di dover obbedire semplicemente agli ordini. Ordini che arrivano dall’alto e nei quali non riconoscono più la cultura aziendale in cui credevano. Ritengono che l’azienda si stia allontanando sempre più dalla tradizionalità del prodotto e dalla sua qualità, sostituendo questi valori con la ricerca di una produzione maggiore e maggiori incassi ottenuti sulle spalle dei dipendenti. Gli attriti di cui la leadership è poco consapevole, tra reparti di marketing e qualità e il reparto di produzione e magazzino si sono inaspriti e si è persa ormai completamente l’utopia di un’azienda come una famiglia unità. Inoltre la leadership capisce poco la quantità e la complessità delle problematiche che si sono state innescate coi nuovi turni di lavoro: stanchezza fisica, problemi di concentrazione, mancanza di un’area confortevole di ristoro, mancanza di mezzi pubblici in orari notturni per raggiungere lo stabilimento ed altri ancora. L’innovazione è un passo importante per un’azienda ed essa non deve rinunciarci. Bisogna però guidare tutta l’azienda verso il cambiamento con la giusta consapevolezza se, come in questo caso, si vuole continuare a coltivare un clima, sia ambientale che psicologico, favorevole.
  • 11. 11 4. Soluzioni: le nostre proposte al caso Argiolas Prima di vedere nella pratica quali sono le soluzioni che abbiamo proposto per questo caso, ne diamo in questo capitolo una giustificazione teorica. Ciò su cui bisogna agire prevalentemente è la capacità del sistema organizzativo di adattarsi alla nuova situazione, e questo va fatto in un’ottica di cooperazione che soddisfi tutti i livelli dell’azienda. Bisogna in parte rinunciare a quella che è emersa come una gestione quasi patriarcale dell’azienda. I dipendenti non sono per forza svogliati e fannulloni che vanno sorvegliati. Anzi spesso e volentieri essi sono fieri dei prodotti del loro lavoro e del loro lavoro stesso, e qualora questo fosse duro, vi è comunque da parte loro un senso del dovere che va riconosciuto e stimolato. Questo porta a una responsabilizzazione del dipendente che si sente riconosciuta una certa fiducia e che, nel suo volersene dimostrare degno, porterà il suo contributo non solo alla creazione di un clima aziendale migliore, ma anche a una più soddisfacente produzione. È inoltre importante la creazione di gruppi all’interno dei reparti, gruppi di lavoro con una certa autonomia decisionale e quindi maggiori responsabilità, che si tradurranno in autocontrollo, mutuo aiuto e senso di appartenenza a qualcosa che va oltre l’individuo all’interno dell’azienda. Cedere parte dei poteri decisionali al basso (come suggeriva M. Crozier) aiuta inoltre ad alleggerire la burocrazia di un’azienda, ed in questo modo a renderla più dinamica nelle situazioni di evoluzione e cambiamento (come appunto quella che sta affrontando Argiolas). Inoltre, per quanto riguarda la formazione dei dipendenti, è giusto fornirgliene una il più completa possibile. Questo stimola nuovamente l’innovazione e la capacità di risolvere eventuali problemi con creatività. È molto importante per un dipendente sapere come maneggiare gli strumenti del proprio lavoro non in maniera meccanica ma in maniera dinamica. Questo porterà sia ad una sua maggior soddisfazione per la competenza che acquisisce, sia un beneficio all’azienda che qualora si presentasse un problema è più facile che divenga possibile risolverlo facendo affidamento alle risorse interne. Infine, come sosteneva E. Schein (1985), il punto su cui focalizzarsi per ottenere coesione all’interno dell’azienda, è quello di creare una cultura comune. Comuni valori e comuni assunti di base come egli stesso li definiva. Creare una storia di base unica per avere visioni se non proprio uguali, quantomeno in assonanza tra loro.
  • 12. 12 Ma passiamo ora alle proposte pratiche vere e proprie basate sia sulle esigenze pragmatiche che sull’idea di creare maggior coesione e un clima migliore e più produttivo all’interno dell’azienda. - Autogestione dei turni notturni per squadre di lavoro: questo aumenterà il livello di responsabilità e di solidarietà tra colleghi. Inoltre farà sentire gli operatori parte anche del processo decisionale e non più semplice forza lavoro da impiegare meccanicamente; - Mezzi pubblici che coprano anche gli orari notturni: per garantire un servizio fondamentale per molti operatori e aggiungere una dimostrazione da parte dei livelli organizzativi di attenzione per le loro esigenze. Queste corse possono essere stipulate in accordo con il servizio pubblico di trasporto urbano piuttosto che con agenzie private; - Riorganizzazione delle pause: non solo dai questionari ma anche da studi scientifici al riguardo è emerso che in orari notturni sono necessarie più pause rispetto ai turni diurni. Quindi limitare la rigidità nella regolazione di queste affidando sempre la loro gestione ai gruppi di lavoro; - Aumentare il numero di riunioni, di resoconti e briefing, magari con anche l’aggiunta di grafici riguardanti i vari aspetti dell’andamento dell’azienda (non solo in rapporto a guadagni, spese e produzione, ma anche riguardo sicurezza, produttività dei vari reparti, ecc.). Questo aumenterà il senso di appartenenza all’azienda e la coscienza dei traguardi raggiunti e da raggiungere per una maggior complicità e cooperazione tra i vari reparti e i vari livelli. Le riunioni rappresentano inoltre un momento di confronto tra leadership e operatori in cui si dovrebbe trattare il tema della tradizione e della qualità, dimostrando che i nuovi macchinari non inficerebbero né l’una né l’altra; - Rendere più accogliente e confortevole l’area relax e ristoro: queste aree sono percepite come spoglie e asettiche, tristi secondo molti dipendenti e per niente confortevoli. Ciò rende difficile fare della pausa un momento di ristoro. Bisognerebbe aggiungere colore e piante affinché siano meno impersonali. Inoltre l’aggiunta di un frigo (per riporre bevande e alimenti), un divano, un microonde e una macchinetta del caffè a cialde, renderebbero l’area più confortevole e funzionale. - Organizzazione di momenti di svago collettivi (anche semplici cene se non addirittura uscite organizzate). Questi sarebbero i modi migliori per aumentare il proprio senso di appartenenza ad un’unica entità, stimolando anche la conoscenza reciproca tra i dipendenti dei diversi reparti e favorendo così anche una contaminazione tra le varie visioni e culture personali.
  • 13. 13 - Infine alcuni studi di un autore molto rinomato quale D. Roy (1954), propongono, al fine di stimolare la produttività senza creare una competizione intestina all’azienda che sarebbe controproducente dal punto di vista della cooperazione, giochi di produzione. Questi trasformano il lavoro in un gioco di bravura in cui si tenta di raggiungere i livelli di produzione stabiliti entro il minor tempo possibile (senza andare a discapito degli standard qualitativi imposti dalla gerarchia. Questi infatti rappresentano un “ostacolo” che rientra pienamente tra le regole del gioco). Per quanto riguarda invece nella deficit di formazione emerso dall’analisi, esso potrà far affidamento, per quanto riguarda i costi dei corsi, al Fondo Interprofessionale Atena. Un’iniziativa nazionale che alleggerirebbe notevolmente i costi di formazione del personale. In più ad essere formati saranno solo i dipendenti fissi mentre quelli stagionali impareranno dai primi, aumentando così da un lato il senso di responsabilità e di autorevolezza dei fissi, e stringendo dall’altro i legami dei dipendenti stagionali all’azienda. Ogni buon leader sa che la cultura può favorire la produttività di un’azienda, ma questo non richiede pochi sacrifici di tempo ed energie, e non può nemmeno essere un procedimento casuale e per tentativi, ma deve essere ponderato e calcolato. Necessario è inoltre trovare sempre il giusto equilibrio tra innovazione e stabilità. Si raccomandano infine ulteriori analisi di clima con cadenza trimestrale per i successivi 18 mesi, al fine, come indicato in precedenza, di constatare gli sviluppi e la buona riuscita delle tecniche messe in atto.
  • 14. 14 5. Conclusioni ed elementi collaterali L’analisi dell’azienda è stata compiuta in modo minuzioso e attento in ogni sua parta dal nostro gruppo di ricercatori e le soluzioni proposte sono state ponderate sulla base delle nostre esperienze personali e della letteratura al riguardo. I risultati ai quali porteranno queste modifiche saranno non solo la risoluzione della problematica che in questa occasione ci è stata posta, ma si tradurranno anche in una maggior efficienza e produttività per l’Argiolas S.r.l. Come indicato precedentemente i risultati più evidenti riguardanti il clima organizzativo saranno presenti da subito e quindi l’inserimento del nuovo macchinario avverrà sicuramente con un sentimento più propositivo da parte degli operatori e un ambiente di lavoro più disteso. I risultati in termini di performance emergeranno meno velocemente e saranno comunque duraturi se la leadership saprà gestire nel modo giusto gli equilibri tra solidità ed innovazione e far evolvere la cultura nella giusta direzione senza stravolgimenti repentini e poco ponderati. Un elemento che è emerso durante la nostra osservazione, del quale non ci siamo occupati nella nostra analisi dato che non ci compete, ma del quale ci sentiamo in obbligo di ravvisare l’azienda è che la quantità di ovini di cui si dispone potrebbe non essere sufficiente a produrre la quantità di prodotto che ora l’azienda è in grado di lavorare. Gli operatori così vicini alla tradizione potrebbero essere turbati dal vedere eccessivamente sfruttati gli animali e questo fattore, o l’acquisto di materie prime da fonti esterne, potrebbero causare nuove crisi nel clima aziendale (si presume infatti che gli operatori ravviserebbero in queste situazioni un nuovo calo della qualità del prodotto del loro lavoro).
  • 15. 15 Bibliografia Per la stesura di questa tesi ho fatto riferimento ai seguenti testi: - L’Arte di produrre Arte, a cura di Pietro Antonio Valentino, Marsilio Editore; - Come studiare le organizzazioni, di Giuseppe Bonazzi, CE il Mulino; - L’analisi del clima organizzativa, di Bruno Bolognini, Carocci Editore; oltre che agli appunti presi durante le lezioni del corso Comunicazione d’Impresa tenuto dalla Prof.ssa Lella Mazzoli e collaboratrice Prof.ssa Stefania Antonioni nell’A.A. 2014/20015