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Questa è la storia di Rashid, immigrato algerino, arrivato in Italia con uno dei tanti sbarchi di Lampedusa.
Rashid giace in una pozza di sangue, il respiro è assente. Il panico mi ha conquistato, non so che fare. Un
grido esce dalle mie labbra...AAAH! Vedo un'ombra correre verso di me, scruto con i miei occhi il
capannone… è Mohamed. Il solo sguardo tra noi due è bastato per fargli capire cosa sia successo. È
angosciato, ha paura di essere espulso dall’Italia in quanto clandestino. Allora pur ansioso adempie al
proprio dovere da “essere umano”, chiama il 118 e se la da a gambe. L’ambulanza viaggia a sirene
spiegate. La situazione è critica, non mostra alcun segno di vita. All’arrivo in ospedale, i medici si
adoperano per rimuovere al più presto l’edema cerebrale. Dopo aver controllato le generalità della
vittima, la polizia si rivolge a me per comprendere come e dove sia accaduto l’incidente. Arrivati al
commissariato,l’ispettore Gentile, mi sottopone all’interrogatorio. L’ispettore:”Avanti, voglio sapere
dove lavorate e come è successo?” Sono ansioso,voglio calmarmi, ma non ci riesco. L’ispettore mi chiede
nuovamente: “Giuseppe, mi vuoi dire dove lavorate?” ed io:”Signor commissario… eravamo in casa di
Rashid, anzi, nel cortile, quando…un vaso di fiori si è staccato dal balcone del primo piano”.
L’ispettore:”Come te lo devo far capire che con l’omertà non si va da nessuna parte?!” L’ispettore, lascia
la stanza dell’interrogatorio. Sono davanti ad un bivio:dire la verità e perdere il posto? o continuare a
negare e conservarlo? Il rimorso fa si che ad un certo punto in me maturi l’idea di dire la verità. Quindi,
sono corso nel corridoio nel tentativo di fermare l’ispettore. Ho raggiunto il mio obiettivo. L’ho afferrato
per braccio e gli ho urlato:”Aspetti, ho da dirle un po’ di cose!” L’ispettore mi ha detto:”Bravo Giuseppe
così fai il tuo dovere da onesto cittadino e da amico fedele”.E si, pensai, è proprio vero dicendo la verità
faccio proprio il mio dovere, perché così facendo, metto il mio mattoncino nel muro della prevenzione
della sicurezza sul lavoro, poiché la prevenzione è la base della sicurezza. Ripreso l’interrogatorio, ho
detto per filo e per segno ciò che è accaduto, ossia che Rashid lavorava in nero, non ha seguito nessun
corso sull’uso del tornio su cui lavorava e purtroppo ad un certo punto uno dei morsetti del mandrino ha
ceduto ed il pezzo in lavorazione gli si è scagliato contro. L’ispettore mi ferma e mi dice:”Ma scusa prima
di lavorare non controllate che tutto sia in sicurezza e poi ora che ci penso i dispositivi di sicurezza della
macchina non sono entrati in funzione?” ed io:”Dispositivi di sicurezza? Non ci sono più, il proprietario
diceva che ci facevano perdere tempo”. Allora l’ispettore ha detto:”e fammi vedere un po’ se indovino,
scommetto che dove lavorate non c’è la segnaletica di sicurezza, che non indossate i dispositivi di
protezione individuale e che non sapete nulla del TUSL, di dec.leg. 626/94 e di dec.leg. 81/08.” Tutto ciò
che ha detto l’ispettore è vero, ero ed eravamo completamente all’oscuro su corsi, sicurezza e decreti.
Nel frattempo è arrivata la telefonata dall’ospedale. L’intervento di Rashid è riuscito. Dopo aver detto chi
fosse il mio datore di lavoro l’ispettore mi congeda. Uscito dal commissariato mi sono recato da Rashid.
In ospedale gli ho detto tutto quello che era successo. È sera, sono a casa, sto guardando il notiziario
quando scorgo in tv l’ispettore. Nell’intervista egli racconta che con un blitz hanno arrestato il mio datore
di lavoro. Gli è stato applicato quanto dice la legge. Sono passati ormai 6 mesi e Rashid invalido al 75%
riceve una pensione dall’INAIL . In questo periodo è maturata in me l’idea che: la formazione di giovani
sulla sicurezza, garantirebbe la riduzione di incidenti sul lavoro. A questo proposito da lunedì io sarò il
relatore di un corso di sicurezza sul lavoro per gli alunni di un ITIS della zona. Il titolo del corso?...”La
storia di Rashid”.

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Questa è la storia di Rashid

  • 1. Questa è la storia di Rashid, immigrato algerino, arrivato in Italia con uno dei tanti sbarchi di Lampedusa. Rashid giace in una pozza di sangue, il respiro è assente. Il panico mi ha conquistato, non so che fare. Un grido esce dalle mie labbra...AAAH! Vedo un'ombra correre verso di me, scruto con i miei occhi il capannone… è Mohamed. Il solo sguardo tra noi due è bastato per fargli capire cosa sia successo. È angosciato, ha paura di essere espulso dall’Italia in quanto clandestino. Allora pur ansioso adempie al proprio dovere da “essere umano”, chiama il 118 e se la da a gambe. L’ambulanza viaggia a sirene spiegate. La situazione è critica, non mostra alcun segno di vita. All’arrivo in ospedale, i medici si adoperano per rimuovere al più presto l’edema cerebrale. Dopo aver controllato le generalità della vittima, la polizia si rivolge a me per comprendere come e dove sia accaduto l’incidente. Arrivati al commissariato,l’ispettore Gentile, mi sottopone all’interrogatorio. L’ispettore:”Avanti, voglio sapere dove lavorate e come è successo?” Sono ansioso,voglio calmarmi, ma non ci riesco. L’ispettore mi chiede nuovamente: “Giuseppe, mi vuoi dire dove lavorate?” ed io:”Signor commissario… eravamo in casa di Rashid, anzi, nel cortile, quando…un vaso di fiori si è staccato dal balcone del primo piano”. L’ispettore:”Come te lo devo far capire che con l’omertà non si va da nessuna parte?!” L’ispettore, lascia la stanza dell’interrogatorio. Sono davanti ad un bivio:dire la verità e perdere il posto? o continuare a negare e conservarlo? Il rimorso fa si che ad un certo punto in me maturi l’idea di dire la verità. Quindi, sono corso nel corridoio nel tentativo di fermare l’ispettore. Ho raggiunto il mio obiettivo. L’ho afferrato per braccio e gli ho urlato:”Aspetti, ho da dirle un po’ di cose!” L’ispettore mi ha detto:”Bravo Giuseppe così fai il tuo dovere da onesto cittadino e da amico fedele”.E si, pensai, è proprio vero dicendo la verità faccio proprio il mio dovere, perché così facendo, metto il mio mattoncino nel muro della prevenzione della sicurezza sul lavoro, poiché la prevenzione è la base della sicurezza. Ripreso l’interrogatorio, ho detto per filo e per segno ciò che è accaduto, ossia che Rashid lavorava in nero, non ha seguito nessun corso sull’uso del tornio su cui lavorava e purtroppo ad un certo punto uno dei morsetti del mandrino ha ceduto ed il pezzo in lavorazione gli si è scagliato contro. L’ispettore mi ferma e mi dice:”Ma scusa prima di lavorare non controllate che tutto sia in sicurezza e poi ora che ci penso i dispositivi di sicurezza della macchina non sono entrati in funzione?” ed io:”Dispositivi di sicurezza? Non ci sono più, il proprietario diceva che ci facevano perdere tempo”. Allora l’ispettore ha detto:”e fammi vedere un po’ se indovino, scommetto che dove lavorate non c’è la segnaletica di sicurezza, che non indossate i dispositivi di protezione individuale e che non sapete nulla del TUSL, di dec.leg. 626/94 e di dec.leg. 81/08.” Tutto ciò che ha detto l’ispettore è vero, ero ed eravamo completamente all’oscuro su corsi, sicurezza e decreti. Nel frattempo è arrivata la telefonata dall’ospedale. L’intervento di Rashid è riuscito. Dopo aver detto chi fosse il mio datore di lavoro l’ispettore mi congeda. Uscito dal commissariato mi sono recato da Rashid. In ospedale gli ho detto tutto quello che era successo. È sera, sono a casa, sto guardando il notiziario quando scorgo in tv l’ispettore. Nell’intervista egli racconta che con un blitz hanno arrestato il mio datore di lavoro. Gli è stato applicato quanto dice la legge. Sono passati ormai 6 mesi e Rashid invalido al 75% riceve una pensione dall’INAIL . In questo periodo è maturata in me l’idea che: la formazione di giovani sulla sicurezza, garantirebbe la riduzione di incidenti sul lavoro. A questo proposito da lunedì io sarò il relatore di un corso di sicurezza sul lavoro per gli alunni di un ITIS della zona. Il titolo del corso?...”La storia di Rashid”.