SlideShare a Scribd company logo
1 of 118
Download to read offline
3
- 1 -
Roberto Bassi, per tutti Siba, è nato a No-
venta Vicentina (VI) nel 1959.
Ha studiato presso il locale ITC e ha poi la-
vorato per undici anni in una importante a-
zienda della zona che lascia nel 1989 per di-
ventare commerciante.
Calciatore di talento, dopo esperienze in
squadre dilettantistiche viene ingaggiato nel
1976 in serie B dall’Avellino.
La lontananza dagli affetti (si era nel frat-
tempo già sposato) lo spinge a rientrare in
Veneto e a tornare ai campionati minori.
Nel 1988 chiude la carriera di calciatore e,
nel 1990, consegue il patentino di allenato-
re, ruolo che ancora lo vede protagonista e
in cui mostra altrettanto talento.
Vive a Noventa con la moglie e ha due figli.
- 2 -
- 3 -
Roberto Bassi
IL MIO SOGNO AFRICANO
Prima edizione: ottobre 2016
© 2016 - EDIZIONI A.S.D. MADAROM
- 4 -
- 5 -
INDICE
7 IN PRINCIPIO ...
9 DAVID, MAURO E MAMADY
15 IL PRIMO VIAGGIO
17 PREPARATIVI E SENSAZIONI
19 IN VOLO
23 L’AFRICA
27 IL MARABOUT
31 GRAVIER
33 LA CASCATA
37 LE MINIERE
43 L’INCONTRO
47 CON CAAALMA
51 LE PERSONE CARE
52 MAPPA DEI LUOGHI
55 IL SECONDO VIAGGIO
57 PARTENZA
59 ZIDANE
63 EBOLA!
67 IL CONTAINER
69 VENETI IN GUINEA
71 VIAGGIO ALLUCINANTE
75 UNA SETTIMANA …
79 GIUSTO PER DARE L’DEA - 1
81 GIUSTO PER DARE L’DEA - 2
83 LA CONCASSEUR
87 MI È VENUTA UN’IDEA
89 UNA SCUOLA CALCIO?
91 IL TERZO VIAGGIO
95 GLI SCAFISTI
97 AH, IL CALCIO.
103 ET VOILA!
105 TORNO IN ITALIA, FORSE
109 LA MUSICA NEL CUORE
111 IL CORAGGIO È UN ANGELO ...
- 6 -
- 7 -
IN PRINCIPIO ...
Novembre 2013
“Quando il gioco si fa duro,
i duri cominciano a giocare.” 1
1. John Blutarsky (interpretato da John Belushi), in Animal House (di
John Landis - 1978).
- 8 -
- 9 -
DAVID, MAURO, ALÌ E MAMADY
Furgone da 8 posti, io e la merce come un unico corpo.
Ed è una di quelle giornate, guardando il cielo, in cui
avresti qualcosa da dire o da ridire.
Sto tornando da Prato, direzione Bologna.
Poi Padova e Vicenza, per alleggerire un po’ il carico.
Quindi a casa, per scaricare il rimanente e infine un ap-
puntamento di calcio con il presidente di una Società.
Boh, chissà se il tempo si ferma un po’ e mi lascia be-
nevolo lo spazio per completare il programma.
Avevo anche una cena a casa di un mio giocatore, Da-
vid, ma è impossibile.
Immerso nei miei pensieri rifletto sui limiti che il tem-
po ci impone e a quante situazioni che mai si realizze-
ranno.
Svolto in direzione Sossano 2
; poi, finalmente, sarà No-
venta.
Quando …
Avete presente un sibilo, il saltellare scomposto del
mezzo e la ruota che, come il petto dell’amante ferito,
lentamente si sgonfia?
Ecco, la giornata è completa.
Il crick, come se non bastasse, è sommerso dalla merce
rimanente e ...
Ma dai?
Segno del destino: sono a un chilometro dalla casa di
David.
“C’è ancora un posto a tavola?”
Fortunatamente devono ancora iniziare.
2. Comune a pochi chilometri da Noventa Vicentina.
- 10 -
“Vieni dentro. Domani torni e, con calma, cambiamo
la ruota.”
Entriamo mentre l’Ernesta (sua mamma) sta riempien-
do con migliaia di calorie i piatti
Mi ricavano un posto vicino ad Alì, cinquantenne Mau-
ritano da vent’anni in Italia, commerciante d’oro.
La fame è tanta e quel piatto così abbondante è un toc-
casana.
I convenevoli a dopo (la cena continua a ritmo inces-
sante) ed è già mezzanotte quando arriva il caffè e fi-
nalmente la conversazione può prendere il giusto spazio
senza essere disturbata dal ruminare delle mandibole.
Sette mesi più tardi, a Wankantoopo 3
, io, Alì e Mauro
avremo davanti di nuovo un piatto di spaghetti e ancora
gli stessi sogni da realizzare.
Ma procediamo con ordine.
David, padrone di casa, è un mio giovane amico e un
mio ex giocatore; almeno per la metà anche gli altri o-
spiti sono miei ex giocatori: Diego, Simo, Luca, Chec-
co, Raffa …
Seduto nel posto dopo Alì c’è Mauro, che invece è un
mio attuale giocatore.
David, Mauro, io: eccolo completo, il trio che si ritro-
verà a giugno in Guinea.
La conversazione fra noi, come per un segno del desti-
no (e anche perché vicini di posto) continua fino alle tre
di notte.
Guarda caso: l’ora degli spaghetti di Wankantoopo.
Alì ci affascina con le sue avventure africane e io co-
niugo le mie voglie represse di calcio nero con i rac-
conti stupefacenti dei suoi viaggi di lavoro.
3. Villaggio sull’altipiano Guineano.
N. B.: Per le località citate, si veda la mappa a pag. 44 e 45.
- 11 -
Quando ci salutiamo, al commiato, come spesso succe-
de quando incontri persone nuove che in qualche modo
entrano a far parte della tua esistenza, si accompagna il
proposito di risentirci.
Mauro, anche lui di Noventa, mi accompagna a casa e
nel rientro il tarlo che “l’oro di Alì” ha insinuato in lui
prende consistenza.
Nei giorni successivi, durante gli allenamenti, accenna
sempre al fatto che quei racconti l’hanno colpito e che
gli sarebbe piaciuto avventurarsi in un nuovo percorso.
Altrettanto io sono già con la testa al mio sogno: neretti
che rincorrono un pallone.
Però, fatti due conti, le mie finanze non mi permettono
di programmare la partenza, ma la molla è scattata e
perciò comincio a pensare a come reperire dei fondi.
In mio soccorso arriva un vecchio amico che, durante
una pizzata in compagnia, vede le foto delle pepite
d’oro di Alì sul mio cellulare e subito parte per la tan-
gente: “Dove? Come? Quando? Chi? Voglio saperne di
più! Finanzio io il progetto!”.
Dopo un paio di giorni gli presento Alì e dopo una set-
timana è già in Gabon.
Una mattina di maggio, mi arriva una telefonata di Alì:
ci chiede di raggiungerlo in Guinea dove ci attende un
suo amico che vuole mostrarci una miniera di diamanti.
A fine giugno 2014 io e Mauro salutiamo un ancora ti-
tubante David e raggiungiamo la Guinea.
Le difficoltà sono enormi e così, dopo due mesi e una
piccola infarinatura mineraria, facciamo ritorno in Ita-
lia con più dubbi che certezze.
Ma dopo aver metabolizzato il tutto, l’idea stuzzicante
della miniera con sullo sfondo la mia voglia di calcio in
bianco-nero fanno sì che cominci a organizzarmi e a in-
coraggiare Mauro e David.
- 12 -
Ancora una volta il destino tesse la sua tela senza che io
nemmeno me ne accorga, per cui un giorno, in un al-
bergo di Treviso, incontro Mamady Condè, personag-
gio fondamentale per il mio ritorno in Guinea e per il
realizzarsi del progetto.
Vive a Treviso da 17 anni, sposato con cinque figli e,
cosa importantissima, è figlio del Capo Villaggio di
Fadama 4
, dove lui è nato.
Ci raccontiamo le nostre storie e troviamo molti punti
in comune: certo, lui è Guineano (oltretutto nipote del
Presidente di quella Repubblica, Alpha Condè), però gli
piace il calcio (come a me), vorrebbe realizzare una
scuola calcio (io pure) e potrebbe fare una miniera
d’oro nel suo villaggio (!).
Ci salutiamo promettendoci di risentirci al più presto
per dare vita al progetto.
Nei giorni successivi parlo con David e Mauro, metten-
doli al corrente dell’incontro con Mamady.
Ora, la parte più difficile è di nuovo trovare un po’ di
soldi e perciò mi rivolgo ancora all’amico di prima, in-
formandolo dei fatti.
Invece, stavolta ne rimane un po’ perplesso, seppur ten-
tato per il fatto che già aveva finanziato Alì in Gabon.
In nostro soccorso arriva Mauro: grazie a un suo amico
orafo ha il finanziamento per cominciare.
Euforia alle stelle.
Prima cosa: un biglietto aereo per Mamady, mandato in
avanscoperta per preparare il terreno (aspetti burocrati-
ci, contatti, una casa in affitto, ecc.).
Io, Mauro e David organizziamo il container: io in par-
ticolare mi occupo del materiale sportivo e umanitario,
loro della parte che riguarda il lavoro.
4. Nelle vicinanze di Kankan.
- 13 -
Sempre più le nostre mansioni prendono un preciso in-
dirizzo: calcio per me, miniera per loro.
Il 26 ottobre 2014, in piena crisi ebola 5
, sbarchiamo
quindi per la seconda volta a Conakry 6
.
Ci attende la figura imponente e rassicurante di Ma-
mady.
Con lui c’è Zidane, di cui vi racconterò più avanti.
“… la figura imponente e rassicurante di Mamady.”
5. Vedi a pag. 56.
6. Capitale della Repubblica di Guinea.
- 14 -
- 15 -
IL PRIMO VIAGGIO
Luglio - Agosto 2014
Carpe diem …
meglio pentirsi di averci provato
che vivere con il rimorso di non averlo fatto.
- 16 -
- 17 -
PREPARATIVI E SENSAZIONI
Impressioni notturne e desideri spirituali prendendo a
modello uno spaccato dei Radiohead 7
:
“Svegliati dai tuoi sogni,
asciugati le lacrime,
oggi fuggiamo, fuggiamo.
Fai le valigie e vèstiti,
prima che tuo padre ci senta,
prima che scoppi un inferno.
Prendi fiato,
continua a prender fiato.
non perdere coraggio.
Prendi fiato,
continua a prender fiato,
non posso farcela da solo.” 8
Non vedo l’ora di provare la paura, voglio sentire il do-
lore che fa dentro, io che non l’ho mai provata.
Deve prendermi, avvolgermi, quasi sopraffarmi.
Per il momento solo considerazioni interiori, giustifica-
zioni dello spirito al corpo.
Notte un po’ agitata, magari inconsciamente, per alcuni
avvenimenti: i visti che si ottengono fra mille difficoltà,
l’ansia di non riuscire a far coincidere tutti i particolari.
7. Gruppo musicale inglese formatosi nel 1985. Fino al 1992 erano
noti come On a Friday.
8. Da Exit music (for a film), canzone del 1996 scritta dai Radiohe-
ad per il film Romeo + Giulietta di William Shakespeare.
- 18 -
E poi ... non è comprensibile perdere un amico così, per
l’abbandono della voglia di vivere. R.I.P. 9
Per adesso basta pensieri, solo valigia, vestiti e, da buon
veneto, seconda valigia con alimenti.
Anche tutta l’attrezzatura elettronica si sta completan-
do: cavi, batterie, cellulari e, importantissima, la tele-
camera, che dovrà essere la fedele compagna di viaggio
per immortalare tutti i momenti e racchiudere tutte le
emozioni.
Arriva la notizia che i visti sono pronti in agenzia a
Roma domani alle 14 e 30.
Il momento si avvicina.
“Che l’avventura cominci!”
Sono emozionato come un bambino.
9. Ci si riferisce al suicidio di un amico d’infanzia, poco prima della
partenza.
- 19 -
IN VOLO
Che bello viaggiare di notte.
L’oscurità fuori ti riempie di luce dentro.
Finalmente c’è più tempo per le riflessioni profonde: a
11.000 metri d’altezza puoi viaggiare all’interno dei
tuoi sentimenti, essi si ampliano e amplificano fino a
diventare immensi e assordanti.
La Luna, fedele accompagnatrice di sogni e illusioni
terrene, ti guarda e ti osserva impenetrabile e tu ne resti
affascinato, ammaliato, vorresti toccarla non con le ma-
ni, ma con tutto il tuo spirito, vorresti impossessartene,
vorresti ... vorresti ... e ti giri in cerca di un volto da
immolare sull’altare della dea bianca, ma non puoi fare
altro che chiudere gli occhi e immaginarlo.
Pensavo, da giù, guardando le costellazioni e le stelle
farle da contorno, steso con il naso all’insù, cosa si po-
teva provare a esserle più vicino.
Ora ci sono, ma tutto è ancora lontanissimo poiché la
distanza è una misura assolutamente terrena.
La vera distanza, quella che va oltre l’infinito e attra-
versa i confini dell’universo, deve uscire dalla tua ani-
ma, staccarsi dal corpo.
Solo allora tutto è nelle tue mani come sostanza impal-
pabile ma reale, avvolgente ma sfuggente.
Purificante.
La cosa che più mi affascina in ogni viaggio - e qui sal-
to dalla pura essenza dello spirito alle cose più materia-
li, non perdendo di vista la loro possibile fusione - è la
facilità di contatto, di parola (anche se con linguaggio
diverso), di rapporto che le persone ti offrono senza co-
noscerti, solo con la sensazione che sei, come loro,
viaggiatore nel e del tempo.
- 20 -
Ho qui vicino a me, in aereo, una studentessa: ha dei
lineamenti perfetti, gli occhi profondi propri della terra
Africana.
Ci parliamo da qualche ora e mi sento proprio indifeso:
lei conosce perfettamente tre lingue, io a malapena par-
lo italiano, benedetta o maledetta ignoranza
Però nel viaggio, nello spazio, ti accomuna il percorso,
non importa quale sia la meta, l’importante è arrivarci.
E qui faccio mio il pensiero di un’amica: “una volta ar-
rivato alla meta, vai oltre”, sposta il confine.
Perle di saggezza.
Manca ancora un’ora all’arrivo.
Dio mio, come corre tutto così veloce.
Non riesci proprio a catturarlo, vorresti fermare qualche
attimo, farlo tuo, ma ti fugge via.
Che sensazione di impotenza.
Prima della partenza chiacchieravamo (per modo di di-
re) in francese con una ragazza della Guinea, Maria.
Pensavo ancora una volta, mentre mi raccontava che
una settimana fa era a New York, tre giorni dopo a
Londra, poi a Madrid e oggi a Casablanca, allo scorrere
imperterrito del tempo: tutto bellissimo, ma già passato.
E a come racchiudere dentro tutti i momenti belli.
Però sarebbe come (lo facevamo da ragazzini) rinchiu-
dere le lucciole nella scatola.
Togli loro la principale bellezza: la luce.
Invece lasciarle libere, perché possano splendere e tutti
ne possano godere, è come liberare e non rinchiudere i
momenti belli cosicché tutti ne siano partecipi.
Altra coincidenza strana (e ritorno a prima, al dialogo
con Maria): arriva un ragazzo, sorriso veramente splen-
dente, molto affabile, si siede vicino a chiacchierare
con noi.
Si chiama Boubacar, è senegalese.
- 21 -
Lui va a casa, a Dakar 10
.
Si informa su tutto: dove vado, cosa farò in Guinea, il
perché.
E, scavando scavando, dopo una parola, una confiden-
za, un’apertura, scopriamo che è cugino di Felice, un
mio amico senegalese che abita da moltissimi anni a
Milano.
Cosa ti combina la vita.
Non sei mai solo.
Non sei mai straniero in nessuna nazione.
Sei senza confini.
Adesso dormo un po’.
Arriviamo a Conakry all’1 e 30, per fortuna i bagagli ci
sono tutti e puntuale è arrivato Alì.
Carico i bagagli e via verso l’albergo.
Voi non potete capire come vivono.
Pazzesco!
Comunque siamo arrivati, albergo con piscina, umidità
al 110% (però in camera aria condizionata!), chiacchie-
rata notturna sulle rive dell’oceano e, alle 4, a nanna.
Un po’ di riflessioni, tra lo sciacquio delle onde che si
infrangono sulle rocce e la notte scura e tenebrosa che ti
alimenta dubbi e pensieri, ma anche la beatitudine del
silenzio e della solitudine che solo l’oceano può darti.
Pensi che sei solo in mezzo a una città di 8 milioni di
abitanti, ma sei solo con i tuoi pensieri, tutto si ovatta
fino a rendere te stesso e il paesaggio attorno una fusio-
ne surreale.
Ma per una strana alchimia, che solo il corpo e la mente
rendono una cosa unica, con l’anima a osservarti, puoi
estraniarti ed elevarti sopra tutti fino a non sentire nes-
sun rumore.
10. Capitale del Senegal.
- 22 -
E qui puoi ascoltarti profondamente.
Via, l’anima vola sopra le luci della città, osserva lo
spirito di questa gente, ne entra a far parte, ma inevita-
bilmente viene respinta.
Tutti cercano di capire, di aiutare, ma loro non voglio-
no: “Ci avete voluto così per anni? E adesso volete,
perché vi fa comodo, cambiarci? No. Noi stiamo così.”
- 23 -
L’AFRICA
Dormito bene.
Ore 7 sveglia e via, immersi nel traffico della metropo-
li, inquinamento 1000 x1000, una cosa pazzesca.
Sono milioni di persone in movimento frenetico, senza
regole.
Da vedere, non si può spiegare.
Andiamo con il cambio soldi: 200 euro fanno circa
2.200.000 Franchi Guineani 11
, un pacco di carta incre-
dibile.
Poi, a comprare la scheda per il telefono e internet, ri-
torno in albergo e qui conosciamo The President, così
me lo presentano e così io lo chiamo.
Sarà il nostro tramite con lo sconosciuto mondo dei vil-
laggi nelle foreste della Guinea sino ai confini con la
Sierra Leone.
Quando me l’hanno presentato neanche immaginavo a
cosa andavo incontro.
Partiamo all’una pomeridiana, destinazione foresta: 700
km di un viaggio on the road allucinante; dopo i primi
km mi accorgo che mi ci vorrebbe, sì, la benzedrina 12
!
La vettura è un pick-up con la guida a destra.
Ma qui si viaggia come in Italia!
Non voglio nemmeno dirvi l’incubo.
L’autista è un pazzo di 23 anni, sempre in sorpasso.
Da tenere presente che lui, guidando a destra, non vede
la strada.
11. Al momento della stampa un Euro vale circa 10.000 Franchi
Guineani (Fng).
12. La più antica tra le anfetamine, molto citata nel libro On the
Road di Jack Kerouac.
- 24 -
Perciò pensate voi che angoscia.
Io, seduto al suo fianco, ho dovuto staccare la mente dal
corpo per non morire d’infarto, ma per 19 ore è stata
veramente dura.
Abbiamo attraversato decine di paesi dove sembra che
tutti siano in mezzo alla strada, gente sparsa qui e là che
ha le attività più svariate anche durante tutta la notte.
Mitici gli spaghetti con i pezzi di filetto di carne alle tre
della mattina a Wankantoopo.
Finalmente, alle sei, credevo finito l’incubo: “siamo ar-
rivati” pensavo.
Invece … altre quattro ore di strada dissestata e di ster-
rato fra saliscendi pazzeschi in mezzo a una natura a dir
poco affascinante.
La cosa che più mi ha lasciato perplesso sono stati i vil-
laggi sparsi lungo il cammino e nati sotto il potere co-
loniale dei cercatori di diamanti.
In uno di questi ci siamo fermati a fare rifornimento.
Pompa della benzina?
Sì, va là!
Bottiglie di plastica piene di carburante!
E qui siamo stati circondati da donne e bambini che ci
toccavano e ci prendevano per mano.
Il Capo Villaggio mi ha spiegato che mai (e dico mai!)
molti di loro avevano visto un uomo bianco.
E così, dopo un’ora, ci hanno lasciato andare.
Finalmente, alle 7 siamo arrivati a Banankoro 13
, in ci-
ma al mondo.
Qui i coloni hanno disboscato una foresta e ci hanno
costruito una baraccopoli di attività commerciali, im-
perniata sul lavoro dei cercatori di diamanti.
13. Città con oltre 60.000 abitanti.
- 25 -
Non so se Dio o chi per Lui abbia volutamente coniuga-
to ricchezza smisurata e povertà assoluta, ma quassù
trovi una fusione fra i vari insiemi che dire meraviglio-
sa è riduttivo: miriadi di bambini che ti girano attorno,
però nella massima educazione, commercianti di tutti i
tipi, baracche-ristoranti con le specialità locali (buonis-
sime), insomma, tutti gli ingredienti della serenità, della
conoscenza, della piena consapevolezza del vivere.
Ore 21 e 30, agnello ai ferri spettacolare, mangiate tre
porzioni, una cosa gustosissima.
Poi, l’istinto calcistico prende il sopravvento e … via:
Olanda-Costarica 14
, bellissima.
Poi ...
Poi si parte, per un’avventura pazzesca.
Viaggio a ritroso: oggi pomeriggio, un viejò 15
mi rac-
conta una leggenda antica (con la traduzione del mio
amico Alì).
Narra di una cascata ai piedi della più ricca miniera di
diamanti che ci sia qui intorno.
Ci vogliono quasi due ore per arrivarci, ma nessuno di
queste parti ti accompagnerà mai: la tradizione impone
che lo spirito della dea non faccia passare alcun discen-
dente del dio che l’ha imprigionata nell’acqua della ca-
scata.
Detto, fatto.
La curiosità e fuori del comune, ci voglio andare e tro-
vo un ragazzo che si chiama Hammin disposto ad ac-
compagnarmi fino ai piedi dell’ultimo pezzo e poi mi
aspetta lì.
Partenza in moto e, come promesso, mi accompagna
fino a sotto, poi salgo da solo.
14.Match dei Mondiali di calcio 2014, finita 4 a 3 ai rigori.
15. Anziano.
- 26 -
Arrivo in cima e qui … non vado oltre.
Rimango lì un paio d’ore, ma il tempo non esiste, sono
solo in compagnia di me stesso e della mia anima che si
fonde, come fosse qui con me, con l’anima della più
grande essenza che ho trovato lungo il mio tortuoso
cammino.
La sento, la vedo, la tocco: è parte di me.
Sono in contatto in un vortice di pensieri, di ricordi, di
emozioni.
Manca solo la luna piena, ma si vede che il destino a-
spetterà un altro momento.
- 27 -
IL MARABOUT
Voglio raccontarvi della partita di calcio che ci siamo
fatti ieri sera.
Abbiamo cominciato regolarmente in 11 contro 11 e
abbiamo finito in 19 contro 18: come si poteva dire di
no? Bellissimo!
Due riflessioni.
La prima: pensando di fare cosa gradita ho comprato un
pallone nuovo della FIFA.
Ma dopo due calci, tutti fermi.
Dai … che stupido!
Loro giocano scalzi, mica hanno le scarpette rosa, az-
zurre o gialle e nere, e il pallone di cuoio faceva un ma-
le terribile.
Per fortuna ne avevo preso uno anche di gomma e così
la partita è continuata.
La seconda: credo di aver scoperto un piccolo fenome-
no 16
. Va beh ...
Colazione prestissimo, passeggiata mattutina, e par-
tenza per il lavoro.
Oggi si prende la terra estratta ieri e la si lava alla ricer-
ca dei diamanti.
Sono dei veri artisti: fanno roteare i setacci in maniera
vertiginosa.
Pomeriggio: visita alle forze militari, al Comandante di
Zona, un vero Mandingo 17
, da non scherzarci.
Per fortuna è dei nostri ...
Ritorno verso le sei.
16. Giovane calciatore dal talento calcistico cristallino.
17. Vale a dire di razza Mandingo, uno dei maggiori gruppi etnici
dell'Africa occidentale e centrale.
- 28 -
E qui ricominciano le strane impressioni.
Mentre leggevo un passo molto interessante inviatomi
da un’amica (“Ciò che importa è non accontentarsi di
verità facili o di pericolose illusioni, ma mettersi alla
paziente ricerca della verità col coraggio di confronta-
re continuamente tra loro osservazione, esperienza, ra-
gionamento è sensibilità. Lo yoga è uno stato. Non è un
sapere né una tecnica e ancora meno una forma da co-
piare. Non pratichiamo lo yoga per lo yoga, ma per la
vita.”) alzo lo sguardo e incrocio quello di un vecchio,
però dall’età indefinibile.
Dico all’autista di fermarsi perché ciò mi suggeriva la
suggestione del momento.
La cosa pazzesca è che lui era lì, quasi mi aspettasse,
“Ca va?”
“Bien, merci. E vouz, ca va?”
“Bien merci.” 18
Insomma la solita cantilena, ci conosciamo e ci vedia-
mo più tardi a casa sua.
È un marabout 19
, praticamente un curandero 20
.
Una persona straordinaria, migliaia di anni di storia
racchiusa nel suo volto, altrettanti di sofferenza nel suo
cuore.
Ci parliamo, mi tiene le mani e la prima sensazione è di
possesso sul mio corpo.
Gli vorrei chiedere mille cose ma mi limito ad ascoltar-
lo e a osservarlo, il mio corpo è leggerissimo e tutto in-
torno si ovatta, le sue parole sono come oro colato, mi
chiedo se il destino doveva farmi arrivare quassù per
18. “Come va?” “Bene, grazie. E voi, tutto bene?” “Bene, grazie.”
19.Sorta di stregone-guaritore della tradizione africana.
20. Nella tradizione dell’America Latina è un guaritore che si pre-
suppone dotato di arti magiche.
- 29 -
incontrare un altro segno nel mio cammino, ma a tutto
corrisponde un disegno.
Ci salutiamo e non riesco ancora a parlare, ma di una
cosa sono sicuro: ci rivedremo.
Ritorno, non ho fame, penso agli avvenimenti, a come
mi sentivo.
Mi addormento.
- 30 -
- 31 -
GRAVIER
Ancora penso a ieri: qualcosa è cambiato.
Dentro c’è una sensazione strana, o forse è solo sugge-
stione.
Comunque si parte ancora pour travailler 21
, scavare e
lavare.
In mezzo alla foresta tutto tace.
L’Africa?
Serpenti, scimmie, coccodrilli, leoni?
Dito in veneto: “visto appena un sorze” 22
, qua tutto
calmo.
So solo che tutti scavano, busi 23
dappertutto.
Questa è la terra gravier 24
, cioè quella che una volta
lavata dovrebbe produrre i diamanti.
Mediamente si deve scavare per circa 4/5 metri prima
di arrivare nella zona buona.
Qui si scava a mano oppure con la ruspa.
Nella miniera i gruppi di lavoro sono divisi in donne
portatrici della terra buona, bambini portatori della terra
da scarto e uomini che scavano.
Sotto l’ombrellone è la capa della miniera, il padrone
invece è in capitale, a fare la bella vita.
21. Per lavorare.
22. Detto in veneto: “visto solo un topo.”
23. Buche.
24. Ghiaia, letteralmente. Qui si intende il misto di terriccio e pie-
trisco che va poi setacciato per recuperare metalli o pietre
preziose.
- 32 -
“… tutti scavano, busidappertutto.”
- 33 -
LA CASCATA
Sveglia presto.
Mezz’ora prima dello spuntare del sole … fuori, per as-
sorbire tutta l’energia che cielo e terra durante la notte
hanno accumulato.
Oramai le parole del marabout hanno aperto uno squar-
cio dentro la mia anima.
Esco e alcuni dei miei piccoli amici sono già fuori che
mi aspettano per accompagnarmi verso la cascata; non
mi chiamano più toubabouli 25
, ma Robi.
Qualche volta mi chiedo se è giusto che vada a interfe-
rire, a cambiare certi modi di vivere.
Mah!
Comunque mi incammino verso il mio percorso.
Ai piedi della salita mi abbandonano, nessuno di loro
può salire la strada dello spirito purificato.
Il marabout mi ha raccontato che nessuno dei vivi può e
vuole percorrere il percorso fino alla cascata perché
lungo la via ci sono le anime in purificazione.
In effetti la prima notte che sono salito fin qui un po’ di
disagio lo avvertivo, come un fardello da portare.
Va beh, non voglio entrare nel misticismo: bisognereb-
be esserci per capire.
Era però qualcosa di impalpabile, di leggero, che
sull’irta salita ti faceva veleggiare senza fatica fino alla
meta.
Sto cominciando a capire perché sono arrivato, dopo
molti anni, fino a qui.
25. Uomo bianco.
- 34 -
Sto cominciando, piano piano, a dividere e scindere il
mio corpo, la mia mente e la mia anima come fosse un
appuntamento con il destino.
Sono su: ho come la sensazione che quei tre segmenti
del mio io si ricompongano.
E mentre scendo, la mia anima sembra rimanere lì ad
aspettarmi, la mia mente viaggia leggera sopra le mie
emozioni e su quelle di questa terra e infine il mio cor-
po, la mia materia, seguono le cose terrene verso la mi-
niera sperando, con il ritrovamento di qualche oggetto
brillante, di placare la bramosia materiale.
Ma il desiderio di fondere insieme i miei tre elementi
sta emergendo giorno dopo giorno, prepotentemente.
E al primo diamant 26
trovato la mente va al marabout:
“ne potrai trovare molti, tantissimi, se lo vorrai; ma la
tua ricchezza sarà quella che non vedrai mai, solo
quella che sentirai un giorno, un momento, un istante,
quando sarai pronto.”
Pomeriggio, ritorno.
Pensieri e azioni: si va dal falegname, costruzione del
tavolo e delle mensole, la maison 27
comincia a prende-
re forma.
Un po’ di riposo, poi lezione di italiano ai miei piccoli
amici.
Oramai ne conto una ventina, piccoli e grandi; ho com-
prato gessi, quaderni e penne. Oggi nomi di animali, ci-
bo e verbi.
Sono attentissimi, hanno voglia di imparare, loro anco-
ra non sanno cosa ma lo capiranno.
Divagazione: “se in francese diciamo ‘je ne comprende
pas’, in italiano?”
26. Diamante.
27. Casa.
- 35 -
In coro: “io (pausa) non (pausa) capisco un cazzo!”
Adesso, ogni volta che mi vedono, ripetono: “je ne ...”,
“io non capisco un cazzo!”
Va beh, dai, mi diverto.
Sera: ristorante e partita in TV.
Poi a nanna presto, domani sveglia alle 4 e viaggio di
cinque ore fino alla miniera di oro.
Testa sul cuscino e viaggio virtuale della mente verso il
sentiero della purificazione, oramai parte integrante,
sempre più.
- 36 -
- 37 -
LE MINIERE
Ore 4: sono puntuale.
Caffè, poi (tanto qui sono sempre in ritardo) la solita
passeggiata mattutina.
Nessun bimbo a quest’ora, mi incammino e, per un at-
timo, faccio un pensiero al contrario, chiudo gli occhi e
mi vedo immerso nel traffico.
Ma è solo un attimo.
Arrivo in cima alla cascata e ogni giorno che passa il
cammino è sempre meno pesante.
Al ritorno il mio compagno di viaggio mi sta aspettan-
do, è pronto.
Direi che si è integrato benissimo, ha preso possesso
pienamente della realtà africana, i bimbi lo adorano lo
chiamano Muuro: faticano a pronunciare due vocali di-
verse insieme.
Partenza con un’ora e mezzo di ritardo, ma qui è nor-
male.
Viaggio durissimo, più di tre ore per arrivare, fra moto,
bici e gente a piedi con un unico obbiettivo: andare a
lavorare in miniera; per qualcuno più fortunato, nei
campi.
Donne, uomini e bambini e … sapete lo stipendio?
Il cibo.
Poi, se eventualmente si trova qualche prezioso, allora
ricevono 5.000 Fng all’ora, equivalenti a 50 centesimi
di euro.
Alle 10 e 30 arriviamo in un’altra città, costruita dai co-
loni prima che il dittatore li allontanasse.
Lampioni con i pannelli solari, distributori in disuso,
ripetitori per i cellulari, antenne paraboliche … insom-
- 38 -
ma, non si erano fatti mancare niente a 20 ore dalla cit-
tà, in mezzo alla foresta vergine.
Vorrei per un attimo che vedeste la vegetazione, sem-
bra di essere in Laos, Cambogia o Vietnam.
Foreste verdissime, acqua e fiumi in abbondanza, terra
rigogliosa e fertile (si potrebbero fare tre raccolti), in-
somma un paradiso.
Questo grande villaggio è diverso da quello dove abi-
tiamo: mentalità più commerciale e più abituati agli e-
trangers 28
.
Naturalmente, visita al Capo Villaggio (d’obbligo) con
Bochum, uno dei nostri accompagnatori, insieme con il
Presidente dei Giovani Guineani.
Qua, in Africa, qualsiasi cosa tu faccia devi passare da
questi riti, le gerarchie sono importantissime.
Il Vicecapo ci mette a disposizione il figlio per la visita
alla miniera e finalmente si parte: altre tre ore di fore-
sta.
Arriviamo alla miniera, questa volta di oro, e non vi di-
co cosa appare ai nostri occhi.
Centinaia su centinaia di uomini, donne, bambini che
scavano, allattano, commerciano, fondono, gridano, in-
somma … vivono.
Anche qua i toubabou mai visti.
Tirati fuori i cellulari, siamo presi d’assalto: tutti vo-
gliono farsi fotografare con noi, vogliono toccarci, par-
larci, e io penso: “se sapessero che testa di cazzo sono,
e loro mi vedono come un dio”.
A Mauro toccano ripetutamente i capelli, a me che sono
senza … i peli.
Un turbinio che per un attimo li distoglie da quello che
è un autentico massacro fisico.
28. Stranieri.
- 39 -
Mauro scende in uno dei buchi e prova a scavare.
Una fatica allucinante, terra dura, insidiosa, viscida, a
volte generosa.
Rimane circa due ore sotto, in questo buco.
E poi ancora foto.
I capi miniera si spazientiscono, ma sopportano: siamo
con i comandanti!
Un uomo mi avvicina e mi chiede di venire alla sua
tenda.
Avevo notato, ai piedi delle miniera, queste capannine.
Adesso il tutto mi è chiaro: comprano l’oro dai capi
miniera e lo rivendono, ogni cosa ruota attorno all’oro e
ai diamanti.
La pazienza è finita, si ritorna, voglio portarmi nel cuo-
re lo sguardo di quegli occhi profondi, senza retorica,
che narrano migliaia di anni di schiavitù dai bianchi e
adesso dai loro fratelli neri e la domanda è sempre la
stessa: “quando finirà?”, oppure è nella natura umana
essere rana e scorpione?
Mi meraviglio proprio io che sono qua proprio per que-
sto?
Comunque, via con il fuoristrada.
Ma, prima, un bimbo, al grido di “toubabou … touba-
bou”, vuole un bacio.
È uno dei più audaci, di solito si accontentano di toc-
carti.
Penso non avesse un centimetro del suo corpo libero da
quella terra appiccicaticcia e sporca, ma lo stringo lo
stesso e lo bacio e cosi fa Mauro.
Mah, forse Ponzio Pilato era meglio
A metà percorso, come non fosse già difficile, ci pian-
tiamo.
Dio mio.
Un contadino con il figlio.
- 40 -
A piedi, stravolti dalla fatica.
Però si ferma, lascia lì il figlio con noi e corre a casa a
prendere il badile.
Che dire?
Mi viene in mente una frase di un libro che sto leggen-
do, anche se un po’ lunga mi sembra appropriata: “… è
vero che nel mondo 7 scienziati su 10 lavorano per le
industrie di armamenti o per altre che provocano in-
quinamento, solo 2 lottano in difesa della vita sulla ter-
ra e appena uno cerca di preservare la conoscenza pu-
ra. È anche vero che hanno arrecato più danni alla ter-
ra gli uomini civilizzati che gli umili agricoltori o cac-
ciatori, quindi chiese: ‘Vuoi dire che sarebbe meglio
che l’uomo non ricevesse un’istruzione?’ Prima biso-
gnerebbe educarlo e poi istruirlo. L’educazione è più
importante di qualsiasi istruzione; si impartisce già in
seno alla famiglia, ogniqualvolta si insegna ad avere
rispetto per la persona e i suoi sentimenti.”
Ecco, mi sembrava appropriata alla vicenda che stava-
mo vivendo: il contadino si è fermato.
Finalmente, dopo un’ora siamo ripartiti.
Un po’ di denaro al contadino, al figlio e ad alcuni
bimbi spuntati dal nulla.
Arrivo dal Capo Villaggio, ringraziamenti di rito, canti-
lena islamica e, a ‘sto punto, io e Mauro ci allontania-
mo con una scusa.
Via, in centro: spiedini di carne favolosi, costo 1.000
Fng, equivalenti a 10 centesimi di euro.
E troviamo anche delle birre fresche da un ragazzo!
Altre tre ore di viaggio e poi arrivo a casa, cena con a-
gnello ai ferri, poi appuntamento dal marabout.
- 41 -
“… uomini, donne, bambini che scavano, allattano,
commerciano, fondono, gridano, insomma … vivono.”
- 42 -
- 43 -
L’INCONTRO
“... davanti a me un Africano alto, magro,
tunica, barba bianca ...”
Amici miei, oggi la pura descrizione della giornata la-
scia il posto al racconto dell’insegnamento ricevuto dal
marabout.
Non pensate alla perdita della ragione!
Quando sono partito per questa avventura lo scopo
principale (e sarei bugiardo se affermassi il contrario) è,
è stato e sarà il guadagno.
Non so se si avvererà, ma ci proverò con tutte le mie
forze.
Però, oltre alla ricerca materiale (e quello che mi è suc-
cesso quaggiù lo conferma) c’è anche la ricerca spiritu-
ale: di quello che un uomo, dopo un lungo percorso,
può cercare di vedere in se stesso.
- 44 -
“Nulla succede tutto accade, ma nulla è accaduto se
tutto è successo”: è un motto cui ho sempre fatto rife-
rimento.
So da molto tempo che ho qualcosa dentro, anche se ho
cercato di reprimerlo, che mi induce a evolvere la mia
anima per cercare di renderla più limpida, più esteriore,
più completa.
Insomma, l’istinto interiore mi dice di partire.
Il segnale che sono sulla strada giusta è il viaggio di
circa 20 ore per arrivare alla meta.
Quello che è successo ha dell’incredibile, autista pazzo,
macchina a pezzi, pericoli in ogni dove.
Ma paura di non arrivare al sogno.
Ecco, la prima svolta, il primo segnale è stato ciò: il vi-
aggio.
La notte che, fra le molte soste effettuate nei villaggi
lungo la strada, ci siamo fermati a mangiare gli spa-
ghetti in un buio assordante, vado a pagare e l’anziana
signora, quando allungo il denaro, mi prende la mano e
comincia a parlarmi nel suo dialetto.
Cinque minuti di cantilena … voi non ci crederete, ma
con il buio pesto che c’era potevo vedere la luce dei
suoi occhi che mi entrava dentro.
Alì mi traduce: l’anziana mi sta dicendo che ho due fi-
gli, vita abbastanza lunga, grande legame con il mio
amore a casa, ecc.
Dopo, il tono della voce si fa più pacato ma mi rim-
bomba dentro.
Dice: “Devi cercare la conoscenza, la verità, prima
dentro te stesso. Devi cancellare la tua materialità, de-
vi fonderti con ciò che cerchi, se davvero vuoi trovarlo.
È la tua occasione, non sprecarla.”
E, salutandomi, mi lascia un anellino di latta come o-
maggio, con dei simboli strani che più avanti, dopo il
- 45 -
primo incontro con il marabout, scoprirò essere un ser-
pente e l’infinito.
Va beh … vuoi un po’ per la suggestione della notte a-
fricana, un po’ per la stanchezza, quelle parole mi en-
trano e aprono il primo squarcio nella corazza.
Ah … come ultimo mi dice che a Banankoro, prima di
mettermi alla ricerca della materia, dovrò assolutamen-
te parlare con un tal Amnid.
Che poi è il marabout!
Arrivati a destinazione, tralascerò la parte logistica già
descritta e mi atterrò solamente a quella materiale, in-
contro un uomo che (lo fanno tutti con gli stranieri) mi
chiede dei soldi.
Vede l’anello e mi chiede perché ce l’ho.
Dopo la mia spiegazione, mi indica una casa, rivelatosi
poi essere quella di Amnid, il marabout indicatomi
dall’anziana.
Potrete anche non crederci, ma qui ci abitano migliaia
di persone e … proprio lì!
Mah, destino.
Il giorno dopo, primo incontro, niente di particolare, si
parla in francese: davanti a me un Africano alto, magro,
tunica, barba bianca, pacato nei modi, ogni tanto toglie
gli occhiali scuri e i suoi occhi sono penetranti, poi li
rimette, quasi a non volere rovistare oltre dentro di te.
A poco a poco riesco a sentirmi a mio agio (pensavo a
qualche rito a qualche stregoneria: nulla di tutto ciò) e
lui lo nota - anzi, lo sapeva! - e parte con il racconto
della cascata.
Vuole cominciare a farmi capire usi e tradizioni, ci ac-
comiatiamo e la sera stessa sono su alla cascata, come
già descritto.
Però voglio raccontarvi di ieri sera.
Nonostante il diluvio vado lo stesso.
- 46 -
Serata di luna piena.
Il vecchio dice che, come narra la leggenda, quando la
dea pietrificata vede la prima notte di luna piena, per un
periodo di tempo si volta con lo sguardo verso la super-
ficie e tu, con gli occhi chiusi, devi vedere il viso della
donna che ami.
Solo così potrai avere nullamdjam djama, cioè sarai
pronto per capire i diamanti come miniam maunam,
fratelli più grandi.
E sarai parte unica e non solo fonte di ricchezza ma an-
che di saggezza e carità.
Beh, sembra strano a dirlo, ci sono cose che non si ca-
piscono ma accadono: oggi abbiamo ricevuto le tre mi-
niere richieste!
E il vecchio sorride.
Mi fa rabbia e stupore: lui sa sempre tutto.
Quando rientro è l’alba, il vecchio non c’è e il figlio ci
informa che è partito.
Mi piace pensare che abbia finito il suo compito (anche
se, in realtà, è andato alla capitale da parenti).
Ora abbiamo la pazienza di aspettare e, come prima
detto, arrivano le carte della miniera.
Il vecchio marabout ha fatto in modo, purificandoci e
invocando i sacri spiriti, che gli eventi ci fossero propi-
zi oppure, più semplicemente, cercano dei partners da
spellare e li hanno trovati?
- 47 -
CON CAAALMA
Come ogni mattina, sveglia di buon’ora e consueta pas-
seggiata alla cascata.
Il fatto insolito è che oggi Hammin mi segue fino su in
cima.
Che strano, il marabout mi fa fondere materia e spirito
lungo il percorso proibito e io, senza volerlo, ho fatto il
contrario con Hammin.
Comunque l’atmosfera oggi è diversa: tutti i bimbi so-
no, al mio ritorno, fuori dalla porta con Mauro ad aspet-
tare.
Credo, e si nota dalla velata tristezza che affiora sui lo-
ro volti, sappiano che stiamo per separarci.
Foto a più non posso, tutti fanno a gara per presentarci i
loro famigliari e le loro misere abitazioni; mai era suc-
cesso in questi giorni.
Anche i commercianti di diamanti sono in processione
per cercare di farci acquistare qualche loro prodotto.
La frenesia prima della separazione.
Tutto è pronto, siamo solo in attesa che i rappresentanti
locali finiscano di preparare gli incartamenti e ci fac-
ciano firmare gli accordi per la società e le miniere.
Dalle 10, l’ultima carta è pronta alle 14!
Nelle ore di intervallo fra una firma e l’altra (qui il
tempo non esiste: con caaalma), fra i vari commiati
come poteva mancare quello con il marabout?
Naturalmente non fisico, vista la sua precedente parten-
za, ma spirituale, attraverso i figli.
E … sorpresa!
Impensabile: mi lascia, preparati con la massima cura,
dei sacchettini con delle erbe medicinali e un biglietto
contenente una preghiera di addio e protezione.
- 48 -
Finalmente, alle 16 partenza per Conakry.
L’ultimo sguardo, voltandosi appena un istante, per tut-
to ciò che fino a un istante prima era presente e ora ap-
partiene, rinchiuso nel mio cuore, già al passato.
Il viaggio, come all’andata, è allucinante.
Le preghiere si sprecano in quel paesaggio surreale, la
nostra vettura è in condizioni disastrose, peggio che
all’andata.
Solite tappe nei villaggi lungo la strada.
Bistecche cotte all’istante sulle braci, più spiedini di
carne e riso in abbondanza: in tre la cifrona di 3 euro.
Poi ripartenza e, a un certo punto, si manifesta la neces-
sità di carburante.
Qui i distributori non esistono, come detto la benzina si
fa direttamente dai banchetti lungo la strada: bottiglie
da un litro e via.
Dobbiamo aspettare più di un’ora prima di rifornirci,
ma finalmente ripartiamo.
Incuboooo!
Piove, la strada si fa scivolosa, il pazzo corre e a un cer-
to punto la vena che ho in testa scoppia.
Fermo tutto, lo faccio scendere di forza e guido io.
Mi dice che se mi fermano c’è la prigione, ma non me
ne frega un cazzo: meglio in galera che morto.
Ci metto una ventina di minuti a capire il rottame.
È inguidabile, velocità massima 50/60 km/h.
Loro dormono, faccio circa 300 km da incubo, solo la
forza della disperazione non mi fa cedere.
Passo la mano a circa 120 chilometri da Conakry, che
qui significa quasi in periferia.
Appena in tempo.
Un po’ di chilometri dopo c’è guerriglia.
- 49 -
Militari sparano con i mitra, i Curani 29
tirano le pietre,
veniamo presi di mira, arrivano pietre da tutte le parti e
le pallottole sopra la testa.
Non riesco ancora a credere che ce la siamo cavata.
Finalmente a Conakry!
Di corsa all’albergo e doccia fredda, perché qui l’elet-
tricità c’è solo al pomeriggio.
Credo sia la città più sporca che ho visto.
Dopo la doccia, full immersion nel caos di 8.000.000 di
persone in movimento.
In 10/15 assiepate nei taxi, 4 in moto, fango, rifiuti.
È il loro quotidiano.
Biglietti acquistati: stanotte, partenza.
29. Integralisti musulmani fedeli alla lettera al Corano.
- 50 -
“… tutti i bimbi sono, al mio ritorno, fuori dalla porta …”
- 51 -
LE PERSONE CARE
Sono a Conakry e sono già passate quasi due settimane
dal mio arrivo.
Non so se siano un anno, un secondo, un minuto, so so-
lo che sono una frazione della mia vita, sto realizzando
e metabolizzando, ma non ci riesco.
Guardo negli occhi le persone che incontro per strada e
non riesco a capire: non sono uguali a quelli che osser-
vavo attentamente su, in foresta.
Sono della stessa razza, vivono in povertà, hanno lo
stesso obbiettivo: la sopravvivenza.
Eppure lo sguardo non è lo stesso.
Mi scorrono davanti le immagini dei miei più cari affet-
ti che mi hanno accompagnato in un posticino dentro al
cuore in questo viaggio: i miei amori famigliari, i miei
amici che ho sempre seguito e che mi hanno seguito, e
ragiono allo stesso modo.
Guardo le persone che mi girano attorno durante la vita
quotidiana e ho la stessa impressione: non hanno lo
stesso sguardo dei miei amici, dei miei sentimenti e di
tutte le persone a cui voglio bene.
Non so se è un distinguo egoistico.
Ci avevo e ci ho riflettuto molto in questi giorni, nei
momenti belli, in quelli di sconforto, chiudendo gli oc-
chi ho sempre visto i visi delle persone a me care.
E così, osservando gli occhi di un bimbo che vende li-
moni qui al mercato a Conakry, vedo lui ma alla mente
mi tornano i miei piccoli amici su a Banankoro.
Non so se li rivedrò, ma spero di avere anche per loro
un posto nel mio cuore.
Grazie!
- 52 -
- 53 -
MAPPA DEI LUOGHI
- 54 -
- 55 -
IL SECONDO VIAGGIO
Ottobre – Dicembre 2014
“Ciò che non siamo in grado di cambiare
dobbiamo almeno descriverlo.” 30
30. Rainer Werner Fassbinder, regista.
- 56 -
- 57 -
PARTENZA
Eccoci!
Espressione banale ma appropriata.
Si ritorna in Guinea a continuare quello che abbiamo
iniziato.
Questa volta la vigilia non è stata meditativa, i prepara-
tivi hanno assorbito tutte le nostre energie: la spedizio-
ne del container, la ricerca di attrezzature e finanziatori,
un po’ di apprensione per quello che ci aspetta … ma,
alla fine, eccoci!
Partenza da Bologna ore 16 e 45, destinazione Casa-
blanca.31
Sosta e poi Conakry, la nostra capitale.
Il viaggio è appena iniziato e, osservando sotto quel
mare infinito e sopra il celo e le nuvole, la fantasia o,
meglio, il pensiero, trova la strada per riflettere sugli
amori, le amicizie, gli affetti che temporaneamente ho
di nuovo lasciato alle spalle.
Solo materialmente però, in quanto nella mia testa, nel
mio cuore, nel profondo della mia anima c’è posto per
ognuno di essi.
Non ho potuto salutare tutti ma tutti abbraccio ideal-
mente.
Ripenso per un momento allo sguardo smarrito ma
comprensivo di mio padre, agli occhi che avrebbero vo-
luto dirmi molte cose di mio figlio, alle lunghe chiac-
chierate scacciapensieri di mia figlia, allo sguardo pre-
occupato di mia moglie.
31. La più grande città del Marocco e importante scalo aeropor-
tuale.
- 58 -
E, come sempre, a mia madre che posso solo immagi-
nare come avrebbe tentato di tutto pur di dissuadermi,
pur sapendo l’inutilità del tentativo.
Ognuno deve andare incontro al proprio destino, la via
ce l’insegna l’anima, noi dobbiamo solo percorrerla.
E poi, immancabile come l’aria, l’ultimo messaggio 32
prima di imbarcarmi.
Puntuale, sagace, pieno di armonia, le cui parole rac-
chiudono in poche righe anni di vita, di spiritualità, di
ricerca, che capisce come pochi il significato della pro-
fonda conoscenza del proprio io di come affrontare se
stessi e la via spirituale consegnataci.
Compagna di ore di chiacchierate alla ricerca di qualco-
sa che non potrà mai arrivare in questa vita terrena.
E poi quassù, sospeso nel vuoto, guardando giù, un
pensiero anche per i miei amici più cari che soffrono
chi per un affetto famigliare, chi per altro.
Vorrei potervi soffiare un po’ di pace, di tranquillità, di
questa beatitudine che si respira, che ti riempie la men-
te, che ti intorpidisce.
Qui, a 10.000 metri di altezza, dove tutto si fonde e do-
ve ti accorgi che sei tutto o niente, sei microscopico e
immenso, sei terreno e spirituale, ma sei te stesso.
32. Un SMS di Cinzia, la moglie di Roberto.
- 59 -
ZIDANE
Ore 2 e 40 locali: scendo dall’aereo e il nome che ti en-
tra nel cervello come un flash senza nemmeno leggerlo
è ebola.33
Alle volte mi domando come un nome associato a
un’azione possa portare tali sconvolgimenti nella vita
delle persone, di milioni di persone.
Sogno o realtà?
Pericolo vero o presunto?
Verità nascosta o bugia maggiorata?
Solo il tempo sarà giudice veritiero e insindacabile.
Intanto su quel nastro maledetto che continua a girare e
ingoia e rigetta a un ritmo lento bagagli i nostri sem-
brano svaniti nel nulla.
L’afa è insopportabile e poi quegli alieni vestiti di
bianco, in tenuta antiebola, con pistole-termometro che
ci tampinano, rendono l’aria ancor più irrespirabile.
Finalmente, dopo 40 minuti, il ruminante decide di fa-
gocitare i nostri bagagli.
All’uscita, ad attenderci c’è Mamady, accompagnato
dal capo delle guardie dell’aeroporto e da un ragazzino
alto e magro cui subito non avevamo fatto caso, ma che
in seguito diventerà, perlomeno per me, l’uomo del de-
stino.
Il suo nome è Abraham Kaba detto Zidane.34
Il primo contatto non è dei più fortunati: dopo le pre-
sentazioni di rito, Zidane prende al volo le mie borse in
33. Malattia da virus ebola, una febbre emorragica con un tasso
di mortalità molto alto per l’uomo.
34. Un po’ come in Brasile, anche in Guinea si usano molto i so-
prannomi.
- 60 -
un movimento fulmineo e da una ne esce il mio tablet
che si spiaccica con il vetro per terra.
Quasi si mette a piangere, tanto è il dispiacere, mentre
Mamady lo rimprovera.
“Tranquillo, è solo un oggetto” gli dico (l’avrei ucci-
so!), ma lui non si dà pace.
Quello che mi ha colpito di lui (e che in futuro, cono-
scendolo meglio, si dimostrerà uno dei lati più sinceri
del suo carattere) è il profondo dispiacere che dimostra
ogni qualvolta compie quella che lui considera una
manchevolezza.
Non tanto per buona educazione, quanto per la sua
grande sensibilità.
Con lui il gruppo prende forma: io, David, Mauro,
Mamady (l’uomo del destino minerario) e Zidane
(l’uomo del destino calcistico).
Mamady ha fatto le cose in maniera impeccabile: mac-
china ministeriale del fratello della Première Dame 35
,
appartamento ammobiliato con aria condizionata.
Ma dai!
È la stessa Africa di tre mesi fa?
O quando si torna sul luogo del delitto lo scenario cam-
bia in maniera radicale e beffarda?
Va beh, la testa tocca il cuscino alle 5 e 30.
E alle nove, sveglia!
Colazione e poi via, ma sempre doucemente,36
verso il
porto, a sdoganare il container.
Non si può immaginare il casino: migliaia di persone
urlanti, navi e camion che si alternano con una frequen-
35. Djené Condé Kaba, moglie dell’attuale Presidente della Re-
pubblica di Guinea, Alpha Condé.
36. Dolcemente.
- 61 -
za spasmodica, sdoganatori che ti catturano con il prez-
zo migliore ... insomma, ne esci pazzo.
Alle tre riusciamo a fare tutto e speriamo per mercoledì
di avere tutta la nostra merce.
Ci meritiamo un pranzo e qui colgo l’occasione per la
presentazione del fratello della Première Dame, Doum-
buja, un Mandingo di un metro e novanta per centoven-
ti chili.
Sarà lui il nostro apripista per il palazzo ma nel frat-
tempo … via … nel ristorante turco da lui preferito.
Locale con tv e aria condizionata (fuori ci sono 40 gradi
e l’umidità sfiora il 100%!).
Tre ore.
E chi si alza più?
Comunque, alle sette via di nuovo, verso un’altra desti-
nazione: Residence Riviera.
Appartamenti di lusso, piscina, sala fitness, casinò,
guardie ... non è questa la mia Africa.
Ma andiamo a ritroso.
Dopo aver descritto la cronaca del susseguirsi di avve-
nimenti, lasciatemi divagare.
- 62 -
“Il suo nome è Abraham Kaba detto Zidane.”
- 63 -
EBOLA!
Come può una sola parola generare la distruzione fisi-
ca, morale ed economica di una popolazione?
Credo che dentro di noi ci sia un’ebola da combattere
tutti i giorni.
Il business del corpo offusca lo spirito.
Questa mattina mi sono alzato presto e seduto in riva
all’O-ceano, circondato da tonnellate di rifiuti, osserva-
vo alcuni bimbi e ragazzini scalzi che rovistavano tra le
immondizie.
Ma come è possibile che i media mondiali non siano
presenti qui sul campo a commentare direttamente?
E il primo pensiero che mi entra forte è che hanno pau-
ra del loro sogno, sono spaventati dalla loro stessa real-
tà virtuale e non distinguono più la realtà dalla fantasia.
Assecondano benevolenti ciò che loro stessi hanno cre-
ato: il rullobusiness.
Questo mostro deve schiacciare incurante tutto ciò che
trova nel suo percorso.
Locali, alberghi, banche, luoghi di interesse pubblico,
perfino abitazioni private, sono tutti dotati, davanti alla
porta, di recipienti in plastica contenenti un liquido, si
presuppone disinfettante.
E la scritta della ditta del contenitore è tedesca.
Poi vedo che il nome della ditta scritta su un sacchetto
vuoto del liquido è di una società americana.
Gli appostamenti che raccolgono offerte e aiuti sono
multietnici, francesi in primis.
Penso: “ci sono proprio tutti, al banchetto ufficiale.”
Andate a ripulire la sporcizia!
Sistemate le strade fangose!
Dividete i rifiuti!
- 64 -
Costruite ospedali!
Mandate qui le telecamere a inquadrare e a riprendere
la vera realtà, non quella virtuale che propinate ogni ora
su tutti gli organi d’informazione.
Venite a riprendere i milioni di termometri digitali che
ti vengono puntati alla testa per misurarti la temperatura
a ogni entrata di qualsiasi luogo pubblico.
Con marca tedesca!
E pensate quanto funzionano: abbiamo sempre 33 o 34
gradi, peggio di Dracula!
E tutto ciò, pur non sottovalutando i rischi, mi fa sorri-
dere malinconicamente e mi intristisce il cuore e
l’anima pensando a come sia facile manovrare il nostro
pensiero.
Non ci libereremo mai dalla schiavitù mediatica.
E ci sarà sempre un’ebola a terrorizzarci, magari in al-
cuni casi a contagiarci, per poter accrescere a dismisura
il business di pochi potenti.
Penso che forse, chissà, l’informazione non deve essere
portatrice di verità, poiché a volte (o magari sempre)
può fare male.
Qui ne ho la conferma.
Ho passato gli ultimi giorni dentro la vita di questa cit-
tà, ho cercato di capire cosa significhi essere il protago-
nista del romanzo, del film, della commedia reale e non
il lettore.
Ho girato uffici, centri di potere, ristoranti, negozi, mer-
cati, vita diurna e notturna, sport, insomma, il vivere.
E sono qui a scrivere domandandomi continuamente:
perché?
Perché l’uomo è pieno di contraddizioni e le riproduce
ogni istante della sua vita in maniera adattabile e vorti-
cosa a seconda delle situazioni?
- 65 -
Qual è la parola odierna per spaventare i bambini e co-
prire le mancanze degli adulti?
Ebola?
Da una parte il tentativo apparente di combattere, argi-
nare, limitare l’epidemia indotta.
Dall’altra milioni di persone costrette a lavarsi le mani
con liquidi disinfettanti davanti a ogni entrata e tutto in-
torno immondizie, sporcizia, promiscuità in quantità
industriale.
Ecco, qui io ci sto vivendo e quello che vedo lo sto
scrivendo: sono sul campo.
Sto vivendo, sto toccando con mano quello che sta ac-
cadendo: il 90% delle persone, qui, nemmeno sa cos’è,
l’ebola.
Tutti continuano la loro vita, magari moriranno oppure,
visto che anch’io ci sono, moriremo tutti, ma non mori-
remo dentro.
Certamente qualcuno sta pagando e pagherà dazio per
ciò che il potente ha creato per il proprio potere, ma di
certo morirà avendo vissuto e non morirà dentro, leg-
gendo un giornale o guardando i TG e vedendosi già
morto per l’epidemia.
- 66 -
“... il 90% delle persone, qui, nemmeno sa cos’è ...”
- 67 -
IL CONTAINER
Il tempo che passa è come una lama di coltello che ti
penetra nella carne, la sensazione di impotenza aumenta
a ogni ora.
Tutto il mondo è paese.
Per scaricare il nostro container? 10 giorni.
Muovendo tutto ciò che era possibile muovere: il co-
lonnello, lo zio, il capitano della gendarmerie,37
il pa-
drone del porto (un francese gay che abbiamo dovuto
far chiamare direttamente dalla Première Dame).
Finalmente ci sblocca il tutto, mance comprese.
Undici ore più tardi, sdoganamento e trasferimento alla
zona apertura.
Ore 8 del giorno dopo, orario dell’apertura; ma il fun-
zionario arriva alle 10 e ancora la trafila dentro e fuori
dagli uffici: mance, litigi, discussioni.
Alla fine apertura davvero … wow!, c’è tutto.
Ma, colpo a sorpresa: nei sacchi dell’abbigliamento,
trasparenti, ci sono dei capi dalla foggia militare.
Tutto l’esercito a mitra spianati: via, al muro!
Qui, nel continente dei massacri, del più grande com-
mercio di armi del mondo, nei luoghi dove, per i poten-
ti, c’è ancora spazio per poter giocare alla guerra, quasi
ci arrestano.
Ma alla fine si carica il camion, destinazione Kankan.38
37. Gendarmeria, caserma.
38. Città di circa 200.000 abitanti fondata dai Mandingo nel XVII
secolo.
- 68 -
- 69 -
VENETI IN GUINEA
Ogni giorno che passa la domanda rimbalza fra le pareti
della testa come una pallina impazzita.
Ce la faremo?
Si, ma a fare cosa?
Ci sentiamo piccoli piccoli.
Economicamente lo sapevamo già, culturalmente lo so-
spettavamo, moralmente … ecco, questo è il colpo bas-
so: moralmente bisogna essere una roccia.
Navighi fra sete di arrivismo e giornaliere ferite aperte,
fra ambizioni sfrenate e occhi che ti scrutano penosi.
Poi incontri per strada un bianco, Ruggero, che ti dice
che è di Ponte di Nanto 39
e che è qui che lavora con i
Guineani perché non ha nemmeno i soldi per tornare.
Poi ti presenta Stefano, viale Anconetta 40
, Vicenza.
Senza soldi anche lui.
E ti domandi: che cazzo sta succedendo?
Una commedia grottesca di Pirandello, dove ogni storia
è un’altra storia, ogni volto è 1.000 volti, dove ogni a-
nima è perduta, dove realtà e fantasia si scrutano da vi-
cino eppure sono lontanissime?
Ti accorgi, roba da matti, che l’ebola è l’ultimo dei
problemi.
Tutto ciò ha un senso?
E tu cosa fai qui, quale chimera insegui?
Sei Stefano?
Sarai Ruggero?
O cercherai di rimanere te stesso?
39. Località di Nanto, tra Noventa Vicentina e Vicenza.
40. Anconetta, attraversata dall’omonimo viale, è una frazione del
Comune di Vicenza.
- 70 -
Scaccerai i fantasmi degli affetti sempre presenti, ogni
istante, nel tuo cuore, le ferite che si riempiono di sale,
oppure riuscirai ad abbinare, anche se in parte, tutti i
tuoi obbiettivi materiali, umanitari, spirituali per poter
dire, non al vento ma davanti allo specchio, guardandoti
diritto negli occhi, “è questo che voglio!”?
Sei arrivato in fondo al tunnel?
Sei riuscito a vedere un po’ di luce?
Ah, che bello il domani che non ha certezze ma solo
dubbi.
Vivi nella consapevolezza o sei consapevole di vivere?
- 71 -
VIAGGIO ALLUCINANTE
Da Conakry a Kankan: 684 km da incubo, in 28 ore!
Tutto quel che mi era stato detto (il pericolo, la povertà,
il senso di smarrimento di un popolo) lo toccherò con
mano.
Partenza ore 16 e 30, con una macchina stracarica, io
David e Zidane per seguire il camion con la nostra mer-
ce.
Mauro e Mamady partiranno domani.
Valige, attrezzature, vestiti, mangiare in ogni dove, so-
pra la macchina, dentro, in mezzo.
Due ore per fare 30 km e uscire dalla capitale.
Ci accorgiamo che i fanali sembrano una canzone di
Guccini: “... di lampadina fioca, quella da trenta can-
dele …”41
Pazzesco, ci infiliamo dietro ogni cosa che si muove
con i fanali, ma dopo un po’ li perdiamo; e così via, ar-
riviamo in mezzo alla foresta, si avanza al quasi buio,
non c’è più nessuno a rimorchiarci.
A un certo punto, dopo averne schivate migliaia, una
botta tremenda: quasi ci cappottiamo e la macchina ine-
sorabilmente esala l’ultimo sospiro.
Buio pesto, acquazzone, foresta, panico.
Ci riorganizziamo e spostiamo, spingendo la macchina
sul bordo.
Per fortuna David si accorge (lui sa tutto …) che si era-
no staccati i fili della batteria.
Si riparte a fanali spenti, le luci dei telefonini a farci
strada.
41. Da Il pensionato, canzone di Francesco Guccini nell’album del
1976 Via Paolo Fabbri.
- 72 -
Finalmente, un camion ci sorpassa dopo una mezz’ora
di agonia: ci accodiamo e, dopo quasi un’ora, troviamo
un villaggio.
Per fortuna (ora il diluvio è universale!) Zidane, in
qualche modo, riesce a trovare con un meccanico delle
lampadine per i fari.
Alle 21 e 30 ripartiamo con gli anabbaglianti che guar-
dano a sinistra e gli abbaglianti a destra; bella scelta!
Ancora foresta, altopiano e saliscendi per due ore et
voilà, posto di blocco, mitra spianati, inginocchiati tutti
e tre a terra davanti alla macchina, tra urla e litigi in
dialetto malinké.42
Azzzz! qui si mette male.
Alla fine, dopo 40 infiniti minuti (pagando) Zidane rie-
sce a farci ripartire, ma intanto siamo già a 8 ore di vi-
aggio e sta succedendo di tutto.
Altra sosta in un villaggio, cena in una capanna-
ristorante (riso con pollo) e decidiamo di riposare un
po’e di non rischiare ancora.
Prime luci dell’alba: via di nuovo.
Almeno adesso ci vediamo, ma manca ancora una vita.
Improvvisamente, quasi dal nulla, spunta una decina di
uomini in mezzo alla strada: coltelli in mano, ostrui-
scono la via.
Ahi … è fatta … ci fermiamo.
Zizou ci dice di restare immobili e di non dire una paro-
la e ri-esce a trattare la resa: sono banditi di foresta,
1.000.000 di Fng 43
è il pedaggio.
Diooooo! Ok, ce la siamo vista brutta.
Si può ripartire, direzione Dabola.44
42. Termine locale per Mandingo.
43. Circa 110 euro.
44. Città famosa per le cascate sul fiume Tinkosso.
- 73 -
Prima, quasi un segno del destino, restaurant “Chez
mama Rosa”.
Come al martedì sera, dopo-allenamento dalla impa-
reggiabile Rosa e dalla figlia Laura …
E subito mi viene un po’ di nostalgia per quelle magni-
fiche serate.
Qui siamo distantissimi ma la signora e le sue cinque
figlie sono veramente affabili: riso speziato con pollo,
coca e caffelatte.
Con la strada che ci aspetta, non male!
Finalmente, 25 ore dopo la partenza, siamo a Kourous-
sa:45
subito spiedini di carne.
Fra poco l’oscurità ci avvolgerà di nuovo ma per fortu-
na la strada è tutta diritta e fra un camion e una macchi-
na … seguiamo la scia e 28 ore dopo finisce l’incubo:
Kankan.
45. Cittadina capoluogo, sede di una Prefettura.
- 74 -
“… seguiamo la scia e 28 ore dopo finisce l’incubo: Kankan.”
- 75 -
UNA SETTIMANA …
Sette giorni possono essere un’eternità, ma anche un a-
lito di vento che ti sfiora passando veloce sul tuo corpo
e sul tuo spirito, alimentando con un soffio leggero il
fuoco dei tuoi pensieri.
Ci eravamo lasciati sabato scorso dopo 28 ore di viag-
gio e la situazione è in continua evoluzione.
Sono arrivati Mauro e Mamady e il gruppo si riunisce.
È arrivato anche il camion con tutta la nostra merce:
uno spettacolo lo scarico dell’escavatore da parte di
David.
Notte fonda, buio pesto, solo la luce di una torcia,
sponda di quasi due metri senza pedane.
Impossibile scaricare l’escavatore?
“Impossibile” per David non esiste!
E davanti a un pubblico di ragazzini e donne sempre
più numeroso e attento, inizia la grande manovra.
Si appoggia a un mucchio di immondizie, lavora di la-
ma come D’Artagnan, poggia la benna come Tom
Cruise in Mission Impossible, doma i comandi della
macchina come Ben-Hur con la biga.
La tensione è al massimo, la paura anche, ogni minimo
errore può essere fatale.
I bimbi cominciano un tifo assordante, saranno ormai
300 le persone che fanno capannello attorno.
Fumo, stridio di ferraglia, la macchina come un cavallo
imbizzarrito e … con un’ovazione da stadio come dopo
un goal ai mondiali, l’escavatore plana dolcemente al
suolo.
È fatta!
Come descrivere David?
- 76 -
Sembra uno di quegli eroi medievali senza armatura,
pronto a tutto, a spada tratta.
La macchina è in panne? Ci pensa lui!
Il generatore fa i capricci? Ancora lui!
Per qualsiasi evenienza tecnica, lui c’è: qualsiasi pro-
blema è risolvibile.
E poi si integra alla perfezione con i bimbi dei villaggi:
cioccolatini e caramelle per tutti, sempre uno stuolo di
ragazzini attorno.
Ogni giorno un viaggio tra uffici, miniere, personalità
da conoscere e da coccolare.
Se vuoi un po’ di protezione, soprattutto per gli stranie-
ri, funziona così.
Se non sei con uno di loro che ti guida e conosce i se-
greti, puoi avere quanti soldi vuoi ma qui non ti muovi.
La situazione è un po’ logorante soprattutto per il mora-
le: più di 20 giorni, ma di lavoro ancora niente.
Siamo così noi italiani, vorremmo tutto e subito.
Siamo abituati a non rimanere inattivi per lungo tempo,
l’attesa ci snerva.
Ma qui siamo in Africa, dove anche un sassolino che
cade dalla montagna sembra andare a ritroso.
Mauro, essendo il contabile, è il più insofferente di noi.
Giustamente attento ai conti, meticoloso al punto giu-
sto, combattuto fra risorse esigue e mance che fuorie-
scono come l’acqua dai fori di una tubatura rotta.
C’est l’Afrique,46
dove blanc non significa solamente
bianco, ma anche ricco!
E tu devi sostenere questo gioco: se si accorgono che
bluffi, sei finito, tutte le porte si sprangano e tu non esi-
sti più.
Perciò, vai!
46. È l’Africa.
- 77 -
Sostieni il ruolo finché è possibile.
Qui dicono inshallah, se Dio vuole …
Se David è il tecnico tutto fare, Mauro, oltre che il no-
stro commercialista, è anche (sarà contenta la sua fi-
danzata) l’uomo di casa: stoviglie sempre lavate, ordine
e pulizia in cucina, piatti cucinati con varietà e buon
gusto.
A proposito di cucina …
“‘Impossibile’ per David non esiste!”
- 78 -
“... Mauro, oltre che il nostro commercialista,
è anche (sarà contenta la sua fidanzata) l’uomo di casa ...”
- 79 -
GIUSTO PER DARE L’DEA - 1
L’ho detto all’inizio: “non vedo l’ora di provare la pa-
ura, voglio sentire il dolore che fa dentro, io che non
l’ho mai provata.”
Appollaiato sopra un albero, in questa foresta equato-
riale, eccomi accontentato.
Si, siamo sopra gli alberi, hanno appena bruciato un pa-
io di campi così i serpenti si strusceranno nella cenere e
loro potranno catturarli.
Raccoglieranno il loro veleno e mangeranno la loro
carne.
È uno spettacolo, ce ne sono di tutti i tipi e risplendono
inermi alla luce della luna.
Uno mi colpisce in particolare: sarà lungo circa due
metri, ha delle strane venature rosse (o così mi sembra-
no al chiarore della luna), è proprio sotto di me e mi
guarda.
Il suo sguardo mi appare profondo.
Mi dicono di fischiettare per farlo muovere, ma prova-
teci voi!
Comincia la cattura, i cacciatori scendono veloci dagli
alberi e i serpenti, intrisi di cenere non ce la fanno a
fuggire.
- 80 -
- 81 -
GIUSTO PER DARE L’DEA – 2
Ieri stavo acquistando da un ferro vecchio del materia-
le.
Qui ho imparato bene cosa vuol dire il risparmio ed es-
sere senza soldi, dividere in due parti una caramella e
aggiungere l'acqua del fiume alla Coca-Cola per averne
di più.
All'improvviso i piccoli lavoratori del ferro cominciano
una caccia pazzesca fra i rottami impugnando armi im-
provvisate.
A cosa?
Ma a un topo!
Si, a un topo.
Mentre lo rincorrevano e alcuni bloccavano le vie d'u-
scita, la preda è arrivata dalle mie parti e, più d’istinto
che per scelta, le ho assestato un calcio.
Bene: ho centrato in pieno il topo (caspita, sarà stato
mezzo chilo, un male pazzesco al piede) che si è infil-
zato su di un vecchio rottame.
Come per Shevchenko dopo il rigore decisivo in
Champions League contro Buffon, un boato ha accolto
il mio goal, i ragazzini mi si sono gettati addosso fe-
stanti.
Subito non ho capito, ma quando hanno acceso il fuoco
ho realizzato: uno degli esseri più immondi, per noi Eu-
ropei, stava diventando prelibato banchetto.
Zidane mi spiega che non possono permettersi la carne,
che per crescere devono però mangiarne e che perciò,
visto che di topi ce ne sono in abbondanza, fanno di ne-
cessità virtù.
Quante volte ho scartato il grasso della bistecca o ne ho
avanzata perché troppo dura …
- 82 -
“... cominciano una caccia pazzesca fra i rottami impugnando ar-
mi improvvisate. A cosa? Ma a un topo!”
- 83 -
LA CONCASSEUR
Da 20 giorni aspettiamo di acquistare una concasseur,47
il nostro investitore ci ha abbandonati e così ci arran-
giamo.
Finalmente abbiamo racimolato i soldi e partiamo per
l’acquisto.
Qui anche ogni banale acquisto diventa un’impresa.
Parte la nostra avventura.
Ieri, al mercato, un cercatore d’oro ci dice che in una ex
miniera ai confini con il Mali svendono le attrezzature.
Via, partenza all’alba, direzione Monti Mandingo.
Lungo la strada incontriamo i luoghi che furono il cuo-
re dell’impero del Mali.
Arriviamo in prossimità di Pivè,48
dove possiamo os-
servare le miniere tradizionali di oro.
Siamo in un luogo veramente fuori del tempo.
Il viaggio, come al solito, pazzesco.
Si arriva a tarda ora: posa del campo nella savana cena
e dormita sotto il celo stellato.
Partenza al mattino molto presto, i chilometri sono tanti
e la strada non proprio eccellente.
Arriviamo nei pressi della cittadina di Dabola per il
pranzo e poi, seguendo una pista dai panorami spettaco-
lari, eccoci in serata a Labé 49
.
L’impressione che si ha è di essere davvero nel cuore
profondo dell’Africa.
47. Letteralmente, frantoio. In miniera è una macchina frantuma-
trice che sminuzza il materiale scavato permettendone una
più accurata selezione.
48. Un agglomerato di migliaia di capanne nei pressi di una minie-
ra a cielo aperto.
49. Città capoluogo nel centro-nord della Guinea.
- 84 -
Di villaggio in villaggio finalmente, giungiamo alla mi-
niera.
L’acquisto non è semplice.
Sono cinesi e, dopo due ore di trattative, si conclude.
Rientro con due tonnellate e mezza in più da portare.
Con il mulo fino alla macchina, fra discese vertiginose
e sentieri tortuosi.
Il mulo arranca e i due Mandingo che ci aiutano spin-
gono.
All’improvviso: grida, polvere, il mulo rotola, la laverie
anche e fortunatamente si fermano all’inizio del dirupo.
Si contano le perdite: il mulo è fuori uso, Mauro e i
Mandingo, eroici, hanno salvato l’altro materiale.
Cosa si fa?
I Mandingo si caricano sulle spalle la concasseur e, con
forza inaudita e con solo tre soste, arriviamo alla mac-
china.
Anche Mauro non è da meno: il resto del materiale del
mulo fuori uso è sulle sue spalle.
Carichiamo il tutto e via, dopo parecchie ore arriviamo
a Baro, solo il Niger ci separa dalla nostra meta: Fada-
ma.
Sono le due di notte, la piroga è laggiù che ci aspetta,
dondolando silenziosa sulle acque del fiume.
Dai, ancora un altro sforzo.
I muscoli ancora una volta si tendono e carichiamo tut-
to, noi compresi, sulla piroga.
Mauro trasporta tanto quanto i Mandingo, impossibile
che non affoghi, la corrente è molto forte.
A un certo punto, altro colpo di scena: manchiamo il
punto d’attracco e la piroga si mette dritta, prendiamo
sempre più velocità, verso le rapide.
Con tutto quel peso la paura è notevole.
- 85 -
Uno dei Mandingo si butta in acqua, poi l’altro e poi
anche Mauro: con coraggio deviano la piroga verso dei
tronchi sporgenti addosso ai quali ci infrangiamo ma,
fortunatamente, anche ci fermiamo.
Il materiale è tutto a bordo, noi lamentiamo qualche
botta e qualche graffio, ma poteva andare peggio.
Finalmente, alle sei tutto il materiale è sulla riva.
16 ore dopo (precisamente alle dieci della sera) la con-
casseur va in funzione.
È il momento che aspettavamo: quello che molti hanno
fatto in un anno e investendo qualche milione di euro
noi l’abbiamo ottenuto con pochi euro e dopo 42 giorni.
Ci siamo riusciti e, se devo essere sincero, stavolta oltre
al cielo stellato brillano anche i miei occhi e quelli dei
miei splendidi compagni di avventura.
- 86 -
“... la piroga è laggiù che ci aspetta ...”
- 87 -
MI È VENUTA UN’IDEA
David e Mauro, ogni tanto, tentano anche di giocare a
palla, ma con i ferri da stiro che si ritrovano al posto
dei piedi, prendono delle sonore lezioni.
Ah, il calcio, la palla.
Che invenzione.
Qui tutti giocano: per le strade, in un campo dissestato,
in mezzo a un cortile, dappertutto.
Mi siedo a osservarli, ogni tanto, e gli occhi mi si riem-
piono di una velata tristezza ripercorrendo con la me-
moria i tempi della mia gioventù insieme con gli amici
fedeli: due cartelle per palo e via, fino a sera inoltrata.
Rivedo ancora mia mamma (e il cuore mi si gonfia) che
con la pila veniva a cercarmi!
Poi rifletto, e la tristezza lascia il posto a una gioia spi-
rituale poiché se tu hai dei ricordi è perché hai vissuto.
Loro invece intorno a un pallone vivono per delle spe-
ranze.
E allora, visto che i miei due compagni di avventura
sono ingegnosi e hanno delle qualità mentre io, come al
solito, non faccio un cazzo e sono sempre lì per caso,
mi concentro sull’idea di aprire una scuola calcio.
- 88 -
- 89 -
UNA SCUOLA CALCIO?
Luglio – Ottobre 2015
“Il coraggio è un angelo
che fa la differenza
tra una vita decente
e una vita fantastica.” 50
50. Kate Reed (interpretata da Sarah Shahi), nella serie televisiva
Fairly Legal.
- 90 -
- 91 -
IL TERZO VIAGGIO
Quando mi accorgo che l'aereo allunga la sua corsa e
supera Conakry, il mio cuore per un istante cessa di
battere.
Era prima che la voce rassicurante del comandante ci
informasse che un temporale di grande intensità imper-
versava sulla capitale e ci costringeva allo scalo ad A-
bidjan, in Costa d'Avorio.
Finalmente, dopo 21 ore dalla nostra partenza, possia-
mo ricongiungerci nuovamente a Mamady in terra gui-
neana.
Conakry ormai non la sopporto più, sono un po’ distur-
bato da questo tipo di città costruite senza senso e at-
torno al nulla.
Domenica: in mezzo a un diluvio universale che ha
riempito d’acqua le strade, faccio shopping a Madina.51
Devo fare scorta di scarpe Nike (a 10-15 euro il paio!).
Poi decido per una capatina allo stadio, anche se la
pioggia è continua.
Qui sembra non ci facciano caso, l’acqua è ben sopra le
caviglie ma tutto è normale e continua imperterrito a
scorrere.
Lunedì: visita alla Federazione Calcio, con ricevimento
ufficiale e consegna del permesso di svolgere l'attività
calcistica, solita trafila burocratica ma siamo solo all'i-
nizio, spero siano un po’ veloci ma è solo un'illusione.
Martedì: una giornataccia.
Colpa mia.
51. Il Grande Mercato di Madina, a Conakry, è il più grande
dell’Africa Occidentale.
- 92 -
La sera prima, per far piacere a un amico conosciuto
durante il soggiorno precedente, ceno in un ristorante
tipico africano e, fra le varie pietanze, ho assaggiato
anche la carne di pipistrello essiccata.
Ahia!, grave dimenticanza: la volta precedente ero stato
male, ma ormai è fatta.
Bene, la nottata di martedì e tutta la giornata di merco-
ledì ho steso un'autostrada andando avanti e indietro tra
il letto e il bagno.
Però giovedì mi sono ripreso e la mattina, durante la
colazione con vista sull'oceano (le cui onde impazzite
arrivavano fino alla vetrata), ecco una delle poche note
positive di queste giornate in capitale: la conoscenza
con il cantante reggae e guru del popolo guineano, Ta-
kana Zion.
Mi ha invitato al suo concerto del venerdì.
Una meraviglia!
Sabato, nella prima giornata soleggiata dopo il diluvio,
sono invece stato ospite di Malin Kebe, facoltoso ma-
gnate dello spettacolo e presidente del Santoba (squadra
di calcio della serie A guineana) che ospitava, per l'ul-
tima partita di campionato, la squadra fresca vincitrice
del titolo, l’Orehja.
Sugli spalti magnifici canti e balli ininterrotti per tutta
la durata della partita.
Alla fine sono entrato prima in campo e poi negli spo-
gliatoi, dove tutti pensavano che fossi il nuovo allenato-
re e non c'è stato modo di far loro cambiare idea.
Domenica, mentre passiamo vicino allo stadio, mi sem-
bra di vedere alcuni giocatori della nostra squadra, il
Milo.
Con me c’è Zidane e glielo faccio notare: grandi ab-
bracci e feste e poi via con loro ad assistere alla partita
decisiva per non retrocedere.
- 93 -
Purtroppo il risultato dice 2 a 1, vale a dire sconfitta e
retrocessione.
Lunedì finalmente sono pronte le targhe e l'immatrico-
lazione delle vetture e sono pronte anche le nostre pa-
tenti, la partenza si avvicina.
Martedì il fatidico giorno, caricato il convoglio rotta, ed
è proprio il caso di usare un termine marinaro visto il
diluvio che imperversa da una settimana, verso casa, a
Kankan.
I 12 giorni trascorsi qui sono di piena e frenetica attivi-
tà, però con un dolore lancinante alla schiena che mi
perseguita e che non mi permette di camminare
Ma gli obbiettivi sono tanti e il tempo non molto, la te-
sta deve essere più forte di questo dolore che puoi senti-
re ma non devi ascoltare, che può piegarti ma non deve
spezzarti.
Sono altre le cose che possono spezzarti.
- 94 -
- 95 -
GLI SCAFISTI
Oggi è come fossi salito anch’io su uno di quei barconi,
è come fossi lì a osservare gli sforzi assurdi di quei na-
vigatori che, sospinti da illusioni effimere, arric-
chiscono faccendieri, associazioni, stampa, governanti,
tutti complici ingordi a spartirsi i milioni di chi in acqua
muore con i suoi sogni.
Aprendo la porta di casa scardinata e vedendo tutto in
disordine, capiamo (esperienza insegna) che abbiamo
avuto visite indesiderate.
Il nascondiglio del nostro milione di Fgn (circa 120 eu-
ro) che ci serve per vivere è aperto, logico pensare che
qualcuno sapesse.
I gendarmi fanno le solite domande di rito su chi fre-
quenta la casa, chiamano la donna delle pulizie (ma non
può essere!) chiamano il ragazzino che ci lava la mac-
china, che ci aiuta nei lavori e che mangia con noi e che
per noi è come un figlio: no, lui proprio no, ci metto la
mano sul fuoco!
I gendarmi ritornano con lui.
E con i soldi.
Ma come … sei come un figlio … bastava che chiedes-
si … Mi sento morire dentro.
Qui non scherzano: sono da 5 a 10 anni.
Senza avvocati, condizionale, rinvii, buona condotta,
niente.
Oggi ti prendono e da domani cominci la tua pena.
Ha 18 anni, una sorella inferma, il padre all'ospedale, la
mamma che lavora nei villaggi lì intorno.
“Hai rubato per fame? Per la tua famiglia? Per com-
prarti il cellulare? Spiega!”
Niente di tutto ciò.
- 96 -
“I miei amici l'anno scorso hanno rubato circa 1900
euro e sono partiti senza di me: Guinea, Mali, Costa
d'Avorio, su fino alla Libia. Una volta ai barconi ave-
vano ancora 300 euro. Volevano entrare clandestini in
Italia ma gli scafisti hanno chiesto 10.000 dollari a te-
sta. Sono stati picchiati e derubati e non si sa come so-
no riusciti a tornare a casa. Quest'anno ci riprovano e
volevo partire anch'io. Ho visto i soldi. Erano tre gior-
ni che ci pensavo, anche quando ce n'erano di più.
Stamattina mi sono deciso. Ecco, è tutto.”
Lo portano via e lo vedo allontanarsi e anche i miei so-
gni e le mie illusioni sembrano affondare.
La notte passa scandita dalla processione di parenti che
chiedono perdono.
E se fossimo anche noi a chiedere scusa per avere fal-
samente alimentato le speranze di questi popoli, di que-
sti giovani?
La mattina dopo faccio un disperato tentativo presso la
gendarmeria, chiedo perdono per lui, dico che non im-
porta, per quei pochi soldi.
Alla fine, come sempre, il denaro vince: lascio in rega-
lo la refurtiva e ritengono sufficiente fargli firmare una
dichiarazione per cui, se nei prossimi mesi sparisce
qualcosa, prendono lui.
Uscendo cerca di dirmi qualcosa, ma lo fermo dicendo-
gli: “Vai a casa e guarda negli occhi tua mamma e se
ne leggerai la sofferenza, forse ti salverai.”
- 97 -
AH, IL CALCIO.
Adesso grande partita di pallone, ci sono Mauro e Zi-
dane.
Le squadre: Milo (3a
divisione), la nostra squadra; Si-
guirini (1a
divisione), l’avversaria.
Il polveroso e sconnesso terreno di gioco è senza linee,
le porte, quasi quadrate, sono senza le reti.
In compenso c’è una stradina, dove ogni tanto passa
una moto, che attraversa il campo e c’è pure un albero
maestoso in una delle zona del calcio d’angolo.
E adesso ci sono 22 giocatori con una moltitudine di
maglie di colori diversi che fanno riscaldamento insie-
me e ci sono gli occhi di un centinaio di spettatori fe-
stanti, la maggior parte bambini.
Cosa che mi ricorda che il divertimento è dentro di noi,
la felicità stessa è in ogni cosa che facciamo.
Mentre il primo pallone viene giocato, da dentro il cuo-
re mi torna il brivido datomi dalla felicità di assistere a
una delle 10 finali di coppa campioni del Milan (dal vi-
vo: l’undicesima, quella con il Real Madrid, ero troppo
piccolo).
“Saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno
il rosso come il fuoco e il nero come la paura che in-
cuteremo agli avversari!”52
Questo, in francese, dico a un piccolo tifoso in maglia
rossonera vicino a me.
52. Frase di Herbert Kilpin (nato a Nottingham nel 1870 e morto a
Milano nel 1916). Fondatore il 16.12.1899 del Milan Football
and Cricket Club, tra i suoi meriti anche quello di aver scelto i
colori rossoneri della maglia.
- 98 -
Arrivano altri tifosi, ora saranno circa 300 gli spettatori
assiepati: incitano, commentano, litigano.
Ah, il calcio, la palla.
Già, tutto il mondo è paese.
Torna alla memoria il nostro campetto, pieno di sassi,
le porte costruite da noi con i legni di un falegname, il
porticato laterale con le sue colonne era una linea, il
magazzino di un ferramenta con il suo muro era l’altra,
il cesso del Consorzio erano gli spogliatoi.
Un pallone con centinaia di forature aggiustate, gli a-
mici del cuore, le prime maglie comprate con il lavoro
estivo.
Milan, Inter, qualche Juventino: quel nostro campetto
per noi era San Siro.
Qui nella polvere rossa di Kankan, nell’Impero dell’oro
e dei diamanti, delle ricchezze smisurate e nella povertà
infinita, dove ogni essere umano vale meno di zero,
quasi 50 anni dopo riprovo le stesse emozioni di allora:
un pallone che rotola su un campo polveroso, tutti
all’inseguimento di un sogno che, se non si realizza, va
bene lo stesso.
Purché si giochi!
Ieri pomeriggio, al campo di calcio dove assisto
all’allenamento della mia squadra, il Kankan, come o-
gni volta i mister locali e i giocatori mi chiedono consi-
gli e tattiche e io, come sempre, nel mio strampalato
francese distribuisco delle cagate pazzesche che, col
sorriso sulle labbra e l’atten-zione massima, dimostrano
comunque di apprezzare.
Non riesco tuttavia a spiegare loro la mia visione del
gioco del calcio: la palla che si deve amare come la
propria compagna, quella sfera rotonda che, anche
quando chiudi gli occhi, deve essere tua, che devi senti-
- 99 -
re come il volto della persona che ami, che devi deside-
rare.
Allora lei capirà.
Facendosi largo tra i più grandi, mi si avvicina un ra-
gazzino.
Si chiama Djiame, talento mancino allo stato puro, ma-
glia di Messi riciclata.
Con occhi di un cerbiatto ferito velati da una lacrimuc-
cia mi chiede se può parlarmi.
Che strana richiesta: “Certo che puoi!”
Tutto in francese, fate un po’ voi
“Trainer, domani abbiamo una partita decisiva per la
coppa ma non abbiamo né il trasporto, né il trainer,
che è a Conakry per lavoro. Puoi aiutarci?”
Alcuni accompagnatori della squadra dei grandi pensa-
no che mi infastidisca e cercano di allontanarlo, ma lo
prendo in braccio e gli chiedo cosa posso fare.
“Facci da allenatore e accompagna i miei compagni a
Siguirini, ti prego.”
Non ci penso su due volte e dico sì a una delle giornate
più emozionanti di questo mio soggiorno guineano.
“Ma tu non vieni?”
“No, non ho le scarpe per giocare.”
E voi già immaginate: Adidas nuove e partenza di
buon’ora l’indomani mattina.
Noleggio un furgone con autista (io qui non posso tra-
sportare più di due passeggeri).
Solo che il furgone ha più cerotti di una farmacia: na-
stro per i fanali, nastro per la carrozzeria, ovunque.
Arriva alle sette davanti a casa mia, la strada è deserta,
c’è una leggera nebbiolina ma comunque è rosseggiante
la palla di fuoco che ci osserva e, forse, ride di noi.
Il nostro mezzo di trasporto ha 7 posti, oltre a quello
dell’autista, ma siamo in 23
- 100 -
Allora: tutti ammassati dentro, già in divisa, qualcuno
in sulla cappotte e altri dietro, sul parafango.
In effetti la scena può apparire divertente.
Si parte.
Pur sapendo che sarebbero stati 540 km, tra andata e ri-
torno, di probabili guai, sono felice: per quei bimbi, per
quel sogno valeva la pena.
Che importanza può avere?
Rischiare per qualcosa o qualcuno, ti rende vivo.
L’ammasso di ferraglie su quattro ruote sfreccia su
strade tortuose e piene di buche, la prima ora di viaggio
è trascorsa e abbiamo fatto appena 40 km.
Lo stomaco è a pezzi, i ragazzini (sono già scafati) can-
tano e ridono a squarciagola.
Merendina: una baguette in 20 e sacchettini di acqua.
Le buche mi fanno sobbalzare e sbattere tra l’ilarità dei
piccoli.
Alle 10 e mezza decido di fermarmi e che è il momento
di mangiare qualcosa.
I ragazzi mi guardano stupiti: non sono abituati a man-
giare spesso, ma un’ovazione, al canto di “tobabu ole
ale babouli indina indina” mi fa capire che apprezzano.
Riso e carne e poi via, verso la meta, passando tra can-
yon, colline rocciose e bei villaggi in argilla con basso-
rilievi colorati.
Mezzogiorno, ancora un’ora e siamo arrivati.
Al canto festoso dei leggo il cartello Siguirini, meta del
nostro viaggio.
Il pullmino mi sembra la curva Sud di rossonera fede.
Partita, risultato, coppa …
Vi chiederete com’ è finita.
Ma cosa importa?
Quelle scarpette nuove, lui che gioca, quegli occhi feli-
ci per un pallone che rotola, quella foto che tutti hanno
- 101 -
fortemente voluto, quegli abbracci sentiti e all’una di
notte il cartello Kankan, fine di una meravigliosa odis-
sea, ecco cosa importa.
Oggi, dopo più di un anno, mi chiedo che fine hanno
fatto quelle scarpette Adidas rosse comprate veloce-
mente e altrettanto velocemente pronte a insaccare il
goal vittoria della finale (ebbene, sì: abbiamo vinto!).
Saranno riposte in qualche capanna di paglia, in una
maison di pietra 4 x 4, oppure calcano i campi erbosi di
qualche dorato sogno europeo?
Il bimbo era forte, molto forte, ma qui conta poco, non
è un equivalenza matematica.
I fattori sono troppi.
Bisogna fare i conti con la povertà, la denutrizione, le
ricchezze a disposizione, l'istruzione …
Poi, un giorno, lo vengo a sapere: il suo sogno si è av-
verato.
Lo hanno preso al Bologna Calcio, dove suo fratello era
già in avanscoperta.
- 102 -
- 103 -
ET VOILA!
Ieri in un'intervista, ospite di una radio guineana di
Kankan, la domanda rivoltami più volte dai conduttori
è stata: “Perché una scuola calcio a Kankan, in un Pa-
ese così difficile?”
Ripetei più volte che i sogni prima bisogna averli, poi
costruirli e infine realizzarli.
Ma non sono ancora riuscito ad avere la concessione
per l’utilizzo di un campo.
È molto difficile aiutare chi non vuole farsi aiutare, ma
se possibile è ancora più difficile aiutare te stesso in
questi frangenti.
Qui non riescono a scrollarsi di dosso secoli di aiuti in-
teressati del tipo “ti dò uno e prendo cento”.
Finalmente, il Prefetto mi consegna stadio e strutture.
Inaugurazione domenica 24 con stampa, televisione,
autorità e consegna di tre mute complete da calcio, frut-
to del buon cuore di qualche amico che conservo anco-
ra dentro alle varie Società in cui sono transitato e di
qualche amico di vecchia data che gentilmente mi con-
cede anche la possibilità di fare bella figura con delle
maglie professionistiche del Chievo.
Tutto questo qui, nel cuore dell’Africa!
- 104 -
… “Perché una scuola calcio a Kankan,
in un Paese così difficile?”
- 105 -
TORNO IN ITALIA, FORSE
Sono le 2 e 57.
Stanotte sarà l’ultima della mia avventura guineana.
Non riesco a dormire, mentre le immagini di questi due
ultimi mesi mi scorrono davanti impietose e il cuore è
combattuto da sentimenti contrastanti.
Così … partenza per Bamako, la capitale del Mali, ap-
pena oltre il confine con la Guinea, dove ci attende il
nostro volo.
Siamo senza soldi, 67 euro in due (che neanche sape-
vamo di avere), con il visto scaduto, il visto Maliano da
fare e una macchina che non si sa se può passare la
frontiera.
Ma la decisione è presa: 7000 km ci separano da quel
biglietto, 200 km di paesaggi bucati dallo scavare dei
minatori e finalmente, dopo almeno tre ore, si giunge in
frontiera
Non si passa: manca il visto e il nostro lasser-passer 53
non vale.
Con 100.000 Fng, come d’incanto, diventa valido.
Altra dogana, la macchina non passa, niente da fare.
Giù i bagagli e via, due km a piedi e siamo in frontiera.
Mali, dogana, manca il visto, siamo morti, azzardiamo
e chiediamo il costo: 60 €.
Il colonnello ci invita gentilmente a pagare oppure a re-
stare volontariamente in prigione finché non ci sono i
soldi.
Dentro in una cella comodissima e lussuosa in compa-
gnia di belle ragazze, televisione, aria condizionata,
mangiare e bere a volontà come in Italia?
53. Lascia-passare.
- 106 -
No.
Latrina di 4 metri x 4 con la compagnia non esattamen-
te gradevole di altri cinque segregati.
Il fetore è insopportabile, bisogna fare attenzione a non
addormentarsi, altrimenti si cade nella fogna.
Passano tre interminabili ore, non sappiamo cosa fare,
non si può telefonare e un po’ di paura serpeggia.
Ma il destino dà e il destino toglie; questa volta dà.
Entra un tenente e vede Mauro con il cellulare in mano.
Lo vuole comprare.
La trattativa è lunga ma alla fine arriva il corrisponden-
te di 50 euro, ne mancano ancora dieci.
Ma non so come, frugando nella borsa, mi ricordo che
avevo messo 5 euro dentro la patente e Mauro dentro il
beauty case ha delle monete: altri 8 euro.
Dopo 4 ore ci liberano, fine di un incubo.
Rimaniamo con 3 euro, dobbiamo prendere un taxi.
Appena di là della frontiera ne sta partendo uno, Ma-
mady ha 6 franchi shefa 54
e riesce a farci salire: io,
Mauro e l’autista davanti, dietro sono in 16 ammassati,
ma sono abituati
L’ennesimo furgone, pure questo da vedere, uno spetta-
colo: ruote lisce, sterzo rotto, balestre e sospensioni che
non esistono.
Si parte.
Il fumo sembra la nuvola grigia di un temporale borea-
le, il nostro stato d’animo è contraddittorio, ma che
spettacolo.
Dopo due km, sosta: terzo controllo ebola.
Termometro, dati, telefono … vai, riparti.
54 Modo comune di chiamare la moneta ufficiale del Mali, il
Franco CFA.
- 107 -
La sete è terribile, la fame anche, ma sette euro sono
preziosi per il dopo.
Senza soldi.
Mi vengono in mente le parole di un mio amico frater-
no, il Jimmy: “Aguzza l’ingegno!”
Prendo un paio di jeans mai indossati dalla valigia e
chiedo a due ragazzi che viaggiano con noi se lo vo-
gliono comprare.
Spiego loro la situazione, mi guardano stupiti e tirano
fuori dalle tasche 4 Franchi (circa 4€) che per loro sono
tanti.
Porgo i jeans ma niente da fare, non li vogliono.
I soldi li devo prendere lo stesso, mi obbligano,
Incredibile!
Però siamo salvi, per il momento: due coche e un pani-
no da un bimbo affacciato al finestrino per un totale di
3,60 franchi I 40 centesimi di resto?
Mancia, a noi non servono più e la catena solidale non
deve spezzarsi.
Dopo tre ore di gimkane stradali arriviamo alle porte di
Bamako: altro controllo ebola, uomini e donne in tute
bianche anti contagio.
Infine, ecco il parcheggio dei taxi, a 25 km dall’ae-
roporto.
I tassisti locali ci assediano: i blanc sono ricchi.
Ma noi abbiamo solo 7 €, niente da fare.
Giustamente, per la distanza, il costo è elevato.
“Aguzza l’ingegno.”
Spiego a uno più loquace che siamo io un trainer 55
e
Mauro un jouer 56
di football.
Vai, il calcio italiano fa impazzire qui.
55. Allenatore.
56. Giocatore.
- 108 -
Roberto Bassi Baggio ... è fatta.
Ho in valigia una maglia del Chievo che un mio amico,
con grande (e provvidenziale …) generosità, mi aveva
donato per i ragazzi locali.
Metto insieme i sette euro e la maglia e si parte.
Alle 21 e 08, dopo 11 ore di avventure, eccoci
all’aeroporto di Bamako.
Il volo è alle 2 e 05, sono cinque ore di attesa e la fame
e la sete sono terribili.
Mi avvicino alla macchina dei caffè per vedere il costo,
ma tanto non abbiamo soldi.
Mi avvicina una ragazza, l’addetto alla macchina.
Il suo datore di lavoro, un francese, le corrisponde un
mensile di 40 €.
Ha 25 anni, l’età di mio figlio, si chiama Mariam Cone,
ha gli occhi profondi e scuri e sa leggere l’anima.
Ha anche una profonda cicatrice sul volto: mentre tor-
nava dal lavoro l’hanno aggredita per rubarle la moto.
Tira fuori due monetine e ci offre un tea.
Per ringraziarla posso solo regalarle un sorriso e un
merci 57
mentre si allontana, silenziosa come era arri-
vata.
Quando l’aereo prende quota rivedo il suo volto e forse
anche la sua anima che ci accompagna nel cielo buio
del Mali.
Mariam, lo stipendio è di 40 € ma il suo cuore è senza
prezzo.
57. Grazie.
- 109 -
LA MUSICA NEL CUORE
Se dovessi scegliere una definizione per il mio amico
Andrea,58
potrei prendere la trama di questo film: La
musica nel cuore.59
Magari vi chiedete cosa accomuni lui, allenatore come
me, che ama il calcio come me (parlo al presente: non
ho mai preso in considerazione l'ipotesi che lui sia dav-
vero partito), padre eccellente ed esemplare, di una
bontà d'animo che puoi leggere guardandolo negli oc-
chi, di una disponibilità che non si può pesare perché
non esiste unità di misura che la quantifichi, a un film
con delizie musicali a volte inarrivabili.
Ecco: durante la sua vita, e in particolare attraverso il
calcio, lui emanava una forma speciale di musicalità.
Non ho conosciuto uno solo dei suoi allievi che possa
aver detto (o anche solo pensato) qualcosa di negativo
su di lui.
Vuol dire che il suo messaggio, come fosse il suono di
uno Stradivari,60
diretto e dolce e allo stesso tempo con
ritmi bassi e incalzanti, lavorava dentro i cuori e dentro
le teste dei suoi ragazzi.
Mi aveva promesso che un giorno, forse, mi avrebbe
accompagnato in questo mio sogno afro-calcistico.
58. Andrea Alfonsini, caro amico di Roberto e stimato collega
nell’ambito sportivo.
59. Titolo originale August Rush. Film del 2007 diretto da Kirsten
Sheridan.
60. Antonio Stradivari (1644-1737) è stato un liutaio italiano e vie-
ne considerato uno dei migliori di sempre. Famosi soprattutto
i violini da lui costruiti che vengono semplicemente indicati co-
me Stradivari.
- 110 -
Dunque, come quei pensieri belli che ogni tanto ti tor-
nano alla memoria, come i suoni notturni che ti cullano
nel tuo dolce dormire, come i profumi che senti nell'a-
ria anche se non ci sono, l’ho costretto a essere qui con
me, dentro al mio cuore, con la sua foto che sorveglia
amorevolmente ciò che abbiamo costruito ...
“… con la sua foto che sorveglia amorevolmente
ciò che abbiamo costruito ...”
- 111 -
IL CORAGGIO È UN ANGELO …
Cosa (o chi ...) ti accompagna, silenzioso nei momenti
belli e deciso nei momenti difficili, lungo il percorso
della tua vita?
La vita è un viaggio.
All'inizio non sai nemmeno dove questo viaggio ti por-
terà, neanche sai che sei in viaggio e soprattutto perché.
… mia madre.
Da piccolo hai le persone care che ti aiutano ad affron-
tare il percorso e ti aggrappi a loro, al loro amore.
E questo ti da coraggio e forza.
Guardo una stella, simile a tante altre che illuminano e
rendono splendente questa nottata africana.
L’emozione che mi pervade è il brivido dell’amore ma-
terno.
Quante volte in questi quattro anni ho cercato di carpire
in qualsiasi cosa, sensazione, profumo, quella scintilla
che mi provocava il suo sguardo, ma sono solo illusioni
temporanee.
Lei è lassù e posso solo pensarla felice che mi osserva,
proprio come quella stella.
Ma i pensieri si susseguono: che differenza c’è, grande
o piccola, se non quella materiale fra il distacco per il
naturale evento della vita e quella per la momentanea
lontananza?
In questo frangente nessuna.
Coloro che ti hanno permesso di avere un punto di rife-
rimento, che ti hanno fatto da guida, che guardavi am-
mirato condurti per mano lungo il percorso, che ti han-
no organizzato gli strumenti e i mezzi per poter prose-
- 112 -
guire da solo, che crescendo hanno potuto essere i tuoi
confidenti, ora sono lontani, in luoghi presenti ma tal-
mente vicini quasi a sostenerti.
… mia moglie.
In seguito giunge un momento in cui non ti va più di
essere solo a percorrere questo viaggio e allora cerchi
una persona che abbia voglia di viaggiare con te e
quando la trovi senti che il tuo percorso può arricchirsi,
hai la sensazione che una luce nuova lo illumini.
Il tuo viaggio cambia, si aggiungono scenari e paesaggi
verdeggianti e rigogliosi come questa foresta Guineana.
Alle volte puoi anche trovare delle terre aride, degli e-
venti naturali tempestosi ma la complicità e la fusione
dei due passeggeri rende tutto più facile da superare.
Loro sono estemporaneamente la lei, il mio amore.
E sempre qui.
… i miei figli.
Un giorno, però, ti accorgi che tutto ciò che hai impara-
to, ciò che stai vedendo, le sensazioni che provi merita-
no di essere condivisi con qualcun'altro e di essere an-
che tu una guida, costruire una famiglia.
Trentacinque e ventisette anni possono sembrare lunghi
ma osservando il Niger scorrere lento hai la sensazione
che sono solo una minuscola goccia d’acqua nell’ocea-
no della vita.
È in questi momenti che ti accorgi che, con il passare
del tempo, i tuoi passeggeri scendono cercando nuovi
viaggi e nuove avventure ma per te sono sempre al tuo
fianco con i loro sguardi, a volte severi, tante volte be-
- 113 -
nevoli che ti danno quel carburante, come linfa vitale,
necessario per continuare il tuo incedere.
La vita continua, il suo viaggio ti porta nuove gioie,
nuovi dolori, fai posto per nuovi passeggeri a cui attin-
gere insegnamenti necessari per cercare nuovi percorsi,
alle volte illusori, magari carichi di insidie, qualche vol-
ta fioriti come giardini reali, ma come petali di fiore per
un ape pronti per lasciarti gustare il nettare di un viag-
gio fatto per vivere.
- 114 -
- 115 -
- 116 -

More Related Content

Recently uploaded

San Giorgio e la leggenda del drago.pptx
San Giorgio e la leggenda del drago.pptxSan Giorgio e la leggenda del drago.pptx
San Giorgio e la leggenda del drago.pptxMartin M Flynn
 
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldi
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldilezione di fisica_I moti nel piano_Amaldi
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldivaleriodinoia35
 
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia RomanaXIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia RomanaStefano Lariccia
 
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia RomanaXI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia RomanaStefano Lariccia
 
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.giuliofiorerm
 
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativoCorso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativovaleriodinoia35
 
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla Cresima
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla CresimaCON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla Cresima
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla CresimaRafael Figueredo
 
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla CresimaIL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla CresimaRafael Figueredo
 
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superioreEsperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiorevaleriodinoia35
 

Recently uploaded (9)

San Giorgio e la leggenda del drago.pptx
San Giorgio e la leggenda del drago.pptxSan Giorgio e la leggenda del drago.pptx
San Giorgio e la leggenda del drago.pptx
 
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldi
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldilezione di fisica_I moti nel piano_Amaldi
lezione di fisica_I moti nel piano_Amaldi
 
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia RomanaXIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
 
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia RomanaXI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
XI Lezione - Arabo LAR Giath Rammo @ Libera Accademia Romana
 
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.
RICERCA_SUGLI ANFIBI PER LA PRIMA MEDIA.
 
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativoCorso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
 
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla Cresima
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla CresimaCON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla Cresima
CON OCCHI DIVERSI - catechesi per candidati alla Cresima
 
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla CresimaIL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
IL CHIAMATO ALLA CONVERSIONE - catechesi per candidati alla Cresima
 
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superioreEsperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
 

Featured

2024 State of Marketing Report – by Hubspot
2024 State of Marketing Report – by Hubspot2024 State of Marketing Report – by Hubspot
2024 State of Marketing Report – by HubspotMarius Sescu
 
Everything You Need To Know About ChatGPT
Everything You Need To Know About ChatGPTEverything You Need To Know About ChatGPT
Everything You Need To Know About ChatGPTExpeed Software
 
Product Design Trends in 2024 | Teenage Engineerings
Product Design Trends in 2024 | Teenage EngineeringsProduct Design Trends in 2024 | Teenage Engineerings
Product Design Trends in 2024 | Teenage EngineeringsPixeldarts
 
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental Health
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental HealthHow Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental Health
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental HealthThinkNow
 
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdf
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdfAI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdf
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdfmarketingartwork
 
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024Neil Kimberley
 
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)contently
 
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024How to Prepare For a Successful Job Search for 2024
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024Albert Qian
 
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie Insights
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie InsightsSocial Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie Insights
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie InsightsKurio // The Social Media Age(ncy)
 
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024Search Engine Journal
 
5 Public speaking tips from TED - Visualized summary
5 Public speaking tips from TED - Visualized summary5 Public speaking tips from TED - Visualized summary
5 Public speaking tips from TED - Visualized summarySpeakerHub
 
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd Clark Boyd
 
Getting into the tech field. what next
Getting into the tech field. what next Getting into the tech field. what next
Getting into the tech field. what next Tessa Mero
 
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search Intent
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search IntentGoogle's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search Intent
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search IntentLily Ray
 
Time Management & Productivity - Best Practices
Time Management & Productivity -  Best PracticesTime Management & Productivity -  Best Practices
Time Management & Productivity - Best PracticesVit Horky
 
The six step guide to practical project management
The six step guide to practical project managementThe six step guide to practical project management
The six step guide to practical project managementMindGenius
 
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...RachelPearson36
 

Featured (20)

2024 State of Marketing Report – by Hubspot
2024 State of Marketing Report – by Hubspot2024 State of Marketing Report – by Hubspot
2024 State of Marketing Report – by Hubspot
 
Everything You Need To Know About ChatGPT
Everything You Need To Know About ChatGPTEverything You Need To Know About ChatGPT
Everything You Need To Know About ChatGPT
 
Product Design Trends in 2024 | Teenage Engineerings
Product Design Trends in 2024 | Teenage EngineeringsProduct Design Trends in 2024 | Teenage Engineerings
Product Design Trends in 2024 | Teenage Engineerings
 
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental Health
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental HealthHow Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental Health
How Race, Age and Gender Shape Attitudes Towards Mental Health
 
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdf
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdfAI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdf
AI Trends in Creative Operations 2024 by Artwork Flow.pdf
 
Skeleton Culture Code
Skeleton Culture CodeSkeleton Culture Code
Skeleton Culture Code
 
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024
PEPSICO Presentation to CAGNY Conference Feb 2024
 
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)
Content Methodology: A Best Practices Report (Webinar)
 
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024How to Prepare For a Successful Job Search for 2024
How to Prepare For a Successful Job Search for 2024
 
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie Insights
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie InsightsSocial Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie Insights
Social Media Marketing Trends 2024 // The Global Indie Insights
 
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024
Trends In Paid Search: Navigating The Digital Landscape In 2024
 
5 Public speaking tips from TED - Visualized summary
5 Public speaking tips from TED - Visualized summary5 Public speaking tips from TED - Visualized summary
5 Public speaking tips from TED - Visualized summary
 
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd
ChatGPT and the Future of Work - Clark Boyd
 
Getting into the tech field. what next
Getting into the tech field. what next Getting into the tech field. what next
Getting into the tech field. what next
 
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search Intent
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search IntentGoogle's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search Intent
Google's Just Not That Into You: Understanding Core Updates & Search Intent
 
How to have difficult conversations
How to have difficult conversations How to have difficult conversations
How to have difficult conversations
 
Introduction to Data Science
Introduction to Data ScienceIntroduction to Data Science
Introduction to Data Science
 
Time Management & Productivity - Best Practices
Time Management & Productivity -  Best PracticesTime Management & Productivity -  Best Practices
Time Management & Productivity - Best Practices
 
The six step guide to practical project management
The six step guide to practical project managementThe six step guide to practical project management
The six step guide to practical project management
 
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...
Beginners Guide to TikTok for Search - Rachel Pearson - We are Tilt __ Bright...
 

Il mio sogno africano (ottobre 2016)

  • 1. 3
  • 2.
  • 3. - 1 - Roberto Bassi, per tutti Siba, è nato a No- venta Vicentina (VI) nel 1959. Ha studiato presso il locale ITC e ha poi la- vorato per undici anni in una importante a- zienda della zona che lascia nel 1989 per di- ventare commerciante. Calciatore di talento, dopo esperienze in squadre dilettantistiche viene ingaggiato nel 1976 in serie B dall’Avellino. La lontananza dagli affetti (si era nel frat- tempo già sposato) lo spinge a rientrare in Veneto e a tornare ai campionati minori. Nel 1988 chiude la carriera di calciatore e, nel 1990, consegue il patentino di allenato- re, ruolo che ancora lo vede protagonista e in cui mostra altrettanto talento. Vive a Noventa con la moglie e ha due figli.
  • 5. - 3 - Roberto Bassi IL MIO SOGNO AFRICANO Prima edizione: ottobre 2016 © 2016 - EDIZIONI A.S.D. MADAROM
  • 7. - 5 - INDICE 7 IN PRINCIPIO ... 9 DAVID, MAURO E MAMADY 15 IL PRIMO VIAGGIO 17 PREPARATIVI E SENSAZIONI 19 IN VOLO 23 L’AFRICA 27 IL MARABOUT 31 GRAVIER 33 LA CASCATA 37 LE MINIERE 43 L’INCONTRO 47 CON CAAALMA 51 LE PERSONE CARE 52 MAPPA DEI LUOGHI 55 IL SECONDO VIAGGIO 57 PARTENZA 59 ZIDANE 63 EBOLA! 67 IL CONTAINER 69 VENETI IN GUINEA 71 VIAGGIO ALLUCINANTE 75 UNA SETTIMANA … 79 GIUSTO PER DARE L’DEA - 1 81 GIUSTO PER DARE L’DEA - 2 83 LA CONCASSEUR 87 MI È VENUTA UN’IDEA 89 UNA SCUOLA CALCIO? 91 IL TERZO VIAGGIO 95 GLI SCAFISTI 97 AH, IL CALCIO. 103 ET VOILA! 105 TORNO IN ITALIA, FORSE 109 LA MUSICA NEL CUORE 111 IL CORAGGIO È UN ANGELO ...
  • 9. - 7 - IN PRINCIPIO ... Novembre 2013 “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.” 1 1. John Blutarsky (interpretato da John Belushi), in Animal House (di John Landis - 1978).
  • 10. - 8 -
  • 11. - 9 - DAVID, MAURO, ALÌ E MAMADY Furgone da 8 posti, io e la merce come un unico corpo. Ed è una di quelle giornate, guardando il cielo, in cui avresti qualcosa da dire o da ridire. Sto tornando da Prato, direzione Bologna. Poi Padova e Vicenza, per alleggerire un po’ il carico. Quindi a casa, per scaricare il rimanente e infine un ap- puntamento di calcio con il presidente di una Società. Boh, chissà se il tempo si ferma un po’ e mi lascia be- nevolo lo spazio per completare il programma. Avevo anche una cena a casa di un mio giocatore, Da- vid, ma è impossibile. Immerso nei miei pensieri rifletto sui limiti che il tem- po ci impone e a quante situazioni che mai si realizze- ranno. Svolto in direzione Sossano 2 ; poi, finalmente, sarà No- venta. Quando … Avete presente un sibilo, il saltellare scomposto del mezzo e la ruota che, come il petto dell’amante ferito, lentamente si sgonfia? Ecco, la giornata è completa. Il crick, come se non bastasse, è sommerso dalla merce rimanente e ... Ma dai? Segno del destino: sono a un chilometro dalla casa di David. “C’è ancora un posto a tavola?” Fortunatamente devono ancora iniziare. 2. Comune a pochi chilometri da Noventa Vicentina.
  • 12. - 10 - “Vieni dentro. Domani torni e, con calma, cambiamo la ruota.” Entriamo mentre l’Ernesta (sua mamma) sta riempien- do con migliaia di calorie i piatti Mi ricavano un posto vicino ad Alì, cinquantenne Mau- ritano da vent’anni in Italia, commerciante d’oro. La fame è tanta e quel piatto così abbondante è un toc- casana. I convenevoli a dopo (la cena continua a ritmo inces- sante) ed è già mezzanotte quando arriva il caffè e fi- nalmente la conversazione può prendere il giusto spazio senza essere disturbata dal ruminare delle mandibole. Sette mesi più tardi, a Wankantoopo 3 , io, Alì e Mauro avremo davanti di nuovo un piatto di spaghetti e ancora gli stessi sogni da realizzare. Ma procediamo con ordine. David, padrone di casa, è un mio giovane amico e un mio ex giocatore; almeno per la metà anche gli altri o- spiti sono miei ex giocatori: Diego, Simo, Luca, Chec- co, Raffa … Seduto nel posto dopo Alì c’è Mauro, che invece è un mio attuale giocatore. David, Mauro, io: eccolo completo, il trio che si ritro- verà a giugno in Guinea. La conversazione fra noi, come per un segno del desti- no (e anche perché vicini di posto) continua fino alle tre di notte. Guarda caso: l’ora degli spaghetti di Wankantoopo. Alì ci affascina con le sue avventure africane e io co- niugo le mie voglie represse di calcio nero con i rac- conti stupefacenti dei suoi viaggi di lavoro. 3. Villaggio sull’altipiano Guineano. N. B.: Per le località citate, si veda la mappa a pag. 44 e 45.
  • 13. - 11 - Quando ci salutiamo, al commiato, come spesso succe- de quando incontri persone nuove che in qualche modo entrano a far parte della tua esistenza, si accompagna il proposito di risentirci. Mauro, anche lui di Noventa, mi accompagna a casa e nel rientro il tarlo che “l’oro di Alì” ha insinuato in lui prende consistenza. Nei giorni successivi, durante gli allenamenti, accenna sempre al fatto che quei racconti l’hanno colpito e che gli sarebbe piaciuto avventurarsi in un nuovo percorso. Altrettanto io sono già con la testa al mio sogno: neretti che rincorrono un pallone. Però, fatti due conti, le mie finanze non mi permettono di programmare la partenza, ma la molla è scattata e perciò comincio a pensare a come reperire dei fondi. In mio soccorso arriva un vecchio amico che, durante una pizzata in compagnia, vede le foto delle pepite d’oro di Alì sul mio cellulare e subito parte per la tan- gente: “Dove? Come? Quando? Chi? Voglio saperne di più! Finanzio io il progetto!”. Dopo un paio di giorni gli presento Alì e dopo una set- timana è già in Gabon. Una mattina di maggio, mi arriva una telefonata di Alì: ci chiede di raggiungerlo in Guinea dove ci attende un suo amico che vuole mostrarci una miniera di diamanti. A fine giugno 2014 io e Mauro salutiamo un ancora ti- tubante David e raggiungiamo la Guinea. Le difficoltà sono enormi e così, dopo due mesi e una piccola infarinatura mineraria, facciamo ritorno in Ita- lia con più dubbi che certezze. Ma dopo aver metabolizzato il tutto, l’idea stuzzicante della miniera con sullo sfondo la mia voglia di calcio in bianco-nero fanno sì che cominci a organizzarmi e a in- coraggiare Mauro e David.
  • 14. - 12 - Ancora una volta il destino tesse la sua tela senza che io nemmeno me ne accorga, per cui un giorno, in un al- bergo di Treviso, incontro Mamady Condè, personag- gio fondamentale per il mio ritorno in Guinea e per il realizzarsi del progetto. Vive a Treviso da 17 anni, sposato con cinque figli e, cosa importantissima, è figlio del Capo Villaggio di Fadama 4 , dove lui è nato. Ci raccontiamo le nostre storie e troviamo molti punti in comune: certo, lui è Guineano (oltretutto nipote del Presidente di quella Repubblica, Alpha Condè), però gli piace il calcio (come a me), vorrebbe realizzare una scuola calcio (io pure) e potrebbe fare una miniera d’oro nel suo villaggio (!). Ci salutiamo promettendoci di risentirci al più presto per dare vita al progetto. Nei giorni successivi parlo con David e Mauro, metten- doli al corrente dell’incontro con Mamady. Ora, la parte più difficile è di nuovo trovare un po’ di soldi e perciò mi rivolgo ancora all’amico di prima, in- formandolo dei fatti. Invece, stavolta ne rimane un po’ perplesso, seppur ten- tato per il fatto che già aveva finanziato Alì in Gabon. In nostro soccorso arriva Mauro: grazie a un suo amico orafo ha il finanziamento per cominciare. Euforia alle stelle. Prima cosa: un biglietto aereo per Mamady, mandato in avanscoperta per preparare il terreno (aspetti burocrati- ci, contatti, una casa in affitto, ecc.). Io, Mauro e David organizziamo il container: io in par- ticolare mi occupo del materiale sportivo e umanitario, loro della parte che riguarda il lavoro. 4. Nelle vicinanze di Kankan.
  • 15. - 13 - Sempre più le nostre mansioni prendono un preciso in- dirizzo: calcio per me, miniera per loro. Il 26 ottobre 2014, in piena crisi ebola 5 , sbarchiamo quindi per la seconda volta a Conakry 6 . Ci attende la figura imponente e rassicurante di Ma- mady. Con lui c’è Zidane, di cui vi racconterò più avanti. “… la figura imponente e rassicurante di Mamady.” 5. Vedi a pag. 56. 6. Capitale della Repubblica di Guinea.
  • 17. - 15 - IL PRIMO VIAGGIO Luglio - Agosto 2014 Carpe diem … meglio pentirsi di averci provato che vivere con il rimorso di non averlo fatto.
  • 19. - 17 - PREPARATIVI E SENSAZIONI Impressioni notturne e desideri spirituali prendendo a modello uno spaccato dei Radiohead 7 : “Svegliati dai tuoi sogni, asciugati le lacrime, oggi fuggiamo, fuggiamo. Fai le valigie e vèstiti, prima che tuo padre ci senta, prima che scoppi un inferno. Prendi fiato, continua a prender fiato. non perdere coraggio. Prendi fiato, continua a prender fiato, non posso farcela da solo.” 8 Non vedo l’ora di provare la paura, voglio sentire il do- lore che fa dentro, io che non l’ho mai provata. Deve prendermi, avvolgermi, quasi sopraffarmi. Per il momento solo considerazioni interiori, giustifica- zioni dello spirito al corpo. Notte un po’ agitata, magari inconsciamente, per alcuni avvenimenti: i visti che si ottengono fra mille difficoltà, l’ansia di non riuscire a far coincidere tutti i particolari. 7. Gruppo musicale inglese formatosi nel 1985. Fino al 1992 erano noti come On a Friday. 8. Da Exit music (for a film), canzone del 1996 scritta dai Radiohe- ad per il film Romeo + Giulietta di William Shakespeare.
  • 20. - 18 - E poi ... non è comprensibile perdere un amico così, per l’abbandono della voglia di vivere. R.I.P. 9 Per adesso basta pensieri, solo valigia, vestiti e, da buon veneto, seconda valigia con alimenti. Anche tutta l’attrezzatura elettronica si sta completan- do: cavi, batterie, cellulari e, importantissima, la tele- camera, che dovrà essere la fedele compagna di viaggio per immortalare tutti i momenti e racchiudere tutte le emozioni. Arriva la notizia che i visti sono pronti in agenzia a Roma domani alle 14 e 30. Il momento si avvicina. “Che l’avventura cominci!” Sono emozionato come un bambino. 9. Ci si riferisce al suicidio di un amico d’infanzia, poco prima della partenza.
  • 21. - 19 - IN VOLO Che bello viaggiare di notte. L’oscurità fuori ti riempie di luce dentro. Finalmente c’è più tempo per le riflessioni profonde: a 11.000 metri d’altezza puoi viaggiare all’interno dei tuoi sentimenti, essi si ampliano e amplificano fino a diventare immensi e assordanti. La Luna, fedele accompagnatrice di sogni e illusioni terrene, ti guarda e ti osserva impenetrabile e tu ne resti affascinato, ammaliato, vorresti toccarla non con le ma- ni, ma con tutto il tuo spirito, vorresti impossessartene, vorresti ... vorresti ... e ti giri in cerca di un volto da immolare sull’altare della dea bianca, ma non puoi fare altro che chiudere gli occhi e immaginarlo. Pensavo, da giù, guardando le costellazioni e le stelle farle da contorno, steso con il naso all’insù, cosa si po- teva provare a esserle più vicino. Ora ci sono, ma tutto è ancora lontanissimo poiché la distanza è una misura assolutamente terrena. La vera distanza, quella che va oltre l’infinito e attra- versa i confini dell’universo, deve uscire dalla tua ani- ma, staccarsi dal corpo. Solo allora tutto è nelle tue mani come sostanza impal- pabile ma reale, avvolgente ma sfuggente. Purificante. La cosa che più mi affascina in ogni viaggio - e qui sal- to dalla pura essenza dello spirito alle cose più materia- li, non perdendo di vista la loro possibile fusione - è la facilità di contatto, di parola (anche se con linguaggio diverso), di rapporto che le persone ti offrono senza co- noscerti, solo con la sensazione che sei, come loro, viaggiatore nel e del tempo.
  • 22. - 20 - Ho qui vicino a me, in aereo, una studentessa: ha dei lineamenti perfetti, gli occhi profondi propri della terra Africana. Ci parliamo da qualche ora e mi sento proprio indifeso: lei conosce perfettamente tre lingue, io a malapena par- lo italiano, benedetta o maledetta ignoranza Però nel viaggio, nello spazio, ti accomuna il percorso, non importa quale sia la meta, l’importante è arrivarci. E qui faccio mio il pensiero di un’amica: “una volta ar- rivato alla meta, vai oltre”, sposta il confine. Perle di saggezza. Manca ancora un’ora all’arrivo. Dio mio, come corre tutto così veloce. Non riesci proprio a catturarlo, vorresti fermare qualche attimo, farlo tuo, ma ti fugge via. Che sensazione di impotenza. Prima della partenza chiacchieravamo (per modo di di- re) in francese con una ragazza della Guinea, Maria. Pensavo ancora una volta, mentre mi raccontava che una settimana fa era a New York, tre giorni dopo a Londra, poi a Madrid e oggi a Casablanca, allo scorrere imperterrito del tempo: tutto bellissimo, ma già passato. E a come racchiudere dentro tutti i momenti belli. Però sarebbe come (lo facevamo da ragazzini) rinchiu- dere le lucciole nella scatola. Togli loro la principale bellezza: la luce. Invece lasciarle libere, perché possano splendere e tutti ne possano godere, è come liberare e non rinchiudere i momenti belli cosicché tutti ne siano partecipi. Altra coincidenza strana (e ritorno a prima, al dialogo con Maria): arriva un ragazzo, sorriso veramente splen- dente, molto affabile, si siede vicino a chiacchierare con noi. Si chiama Boubacar, è senegalese.
  • 23. - 21 - Lui va a casa, a Dakar 10 . Si informa su tutto: dove vado, cosa farò in Guinea, il perché. E, scavando scavando, dopo una parola, una confiden- za, un’apertura, scopriamo che è cugino di Felice, un mio amico senegalese che abita da moltissimi anni a Milano. Cosa ti combina la vita. Non sei mai solo. Non sei mai straniero in nessuna nazione. Sei senza confini. Adesso dormo un po’. Arriviamo a Conakry all’1 e 30, per fortuna i bagagli ci sono tutti e puntuale è arrivato Alì. Carico i bagagli e via verso l’albergo. Voi non potete capire come vivono. Pazzesco! Comunque siamo arrivati, albergo con piscina, umidità al 110% (però in camera aria condizionata!), chiacchie- rata notturna sulle rive dell’oceano e, alle 4, a nanna. Un po’ di riflessioni, tra lo sciacquio delle onde che si infrangono sulle rocce e la notte scura e tenebrosa che ti alimenta dubbi e pensieri, ma anche la beatitudine del silenzio e della solitudine che solo l’oceano può darti. Pensi che sei solo in mezzo a una città di 8 milioni di abitanti, ma sei solo con i tuoi pensieri, tutto si ovatta fino a rendere te stesso e il paesaggio attorno una fusio- ne surreale. Ma per una strana alchimia, che solo il corpo e la mente rendono una cosa unica, con l’anima a osservarti, puoi estraniarti ed elevarti sopra tutti fino a non sentire nes- sun rumore. 10. Capitale del Senegal.
  • 24. - 22 - E qui puoi ascoltarti profondamente. Via, l’anima vola sopra le luci della città, osserva lo spirito di questa gente, ne entra a far parte, ma inevita- bilmente viene respinta. Tutti cercano di capire, di aiutare, ma loro non voglio- no: “Ci avete voluto così per anni? E adesso volete, perché vi fa comodo, cambiarci? No. Noi stiamo così.”
  • 25. - 23 - L’AFRICA Dormito bene. Ore 7 sveglia e via, immersi nel traffico della metropo- li, inquinamento 1000 x1000, una cosa pazzesca. Sono milioni di persone in movimento frenetico, senza regole. Da vedere, non si può spiegare. Andiamo con il cambio soldi: 200 euro fanno circa 2.200.000 Franchi Guineani 11 , un pacco di carta incre- dibile. Poi, a comprare la scheda per il telefono e internet, ri- torno in albergo e qui conosciamo The President, così me lo presentano e così io lo chiamo. Sarà il nostro tramite con lo sconosciuto mondo dei vil- laggi nelle foreste della Guinea sino ai confini con la Sierra Leone. Quando me l’hanno presentato neanche immaginavo a cosa andavo incontro. Partiamo all’una pomeridiana, destinazione foresta: 700 km di un viaggio on the road allucinante; dopo i primi km mi accorgo che mi ci vorrebbe, sì, la benzedrina 12 ! La vettura è un pick-up con la guida a destra. Ma qui si viaggia come in Italia! Non voglio nemmeno dirvi l’incubo. L’autista è un pazzo di 23 anni, sempre in sorpasso. Da tenere presente che lui, guidando a destra, non vede la strada. 11. Al momento della stampa un Euro vale circa 10.000 Franchi Guineani (Fng). 12. La più antica tra le anfetamine, molto citata nel libro On the Road di Jack Kerouac.
  • 26. - 24 - Perciò pensate voi che angoscia. Io, seduto al suo fianco, ho dovuto staccare la mente dal corpo per non morire d’infarto, ma per 19 ore è stata veramente dura. Abbiamo attraversato decine di paesi dove sembra che tutti siano in mezzo alla strada, gente sparsa qui e là che ha le attività più svariate anche durante tutta la notte. Mitici gli spaghetti con i pezzi di filetto di carne alle tre della mattina a Wankantoopo. Finalmente, alle sei, credevo finito l’incubo: “siamo ar- rivati” pensavo. Invece … altre quattro ore di strada dissestata e di ster- rato fra saliscendi pazzeschi in mezzo a una natura a dir poco affascinante. La cosa che più mi ha lasciato perplesso sono stati i vil- laggi sparsi lungo il cammino e nati sotto il potere co- loniale dei cercatori di diamanti. In uno di questi ci siamo fermati a fare rifornimento. Pompa della benzina? Sì, va là! Bottiglie di plastica piene di carburante! E qui siamo stati circondati da donne e bambini che ci toccavano e ci prendevano per mano. Il Capo Villaggio mi ha spiegato che mai (e dico mai!) molti di loro avevano visto un uomo bianco. E così, dopo un’ora, ci hanno lasciato andare. Finalmente, alle 7 siamo arrivati a Banankoro 13 , in ci- ma al mondo. Qui i coloni hanno disboscato una foresta e ci hanno costruito una baraccopoli di attività commerciali, im- perniata sul lavoro dei cercatori di diamanti. 13. Città con oltre 60.000 abitanti.
  • 27. - 25 - Non so se Dio o chi per Lui abbia volutamente coniuga- to ricchezza smisurata e povertà assoluta, ma quassù trovi una fusione fra i vari insiemi che dire meraviglio- sa è riduttivo: miriadi di bambini che ti girano attorno, però nella massima educazione, commercianti di tutti i tipi, baracche-ristoranti con le specialità locali (buonis- sime), insomma, tutti gli ingredienti della serenità, della conoscenza, della piena consapevolezza del vivere. Ore 21 e 30, agnello ai ferri spettacolare, mangiate tre porzioni, una cosa gustosissima. Poi, l’istinto calcistico prende il sopravvento e … via: Olanda-Costarica 14 , bellissima. Poi ... Poi si parte, per un’avventura pazzesca. Viaggio a ritroso: oggi pomeriggio, un viejò 15 mi rac- conta una leggenda antica (con la traduzione del mio amico Alì). Narra di una cascata ai piedi della più ricca miniera di diamanti che ci sia qui intorno. Ci vogliono quasi due ore per arrivarci, ma nessuno di queste parti ti accompagnerà mai: la tradizione impone che lo spirito della dea non faccia passare alcun discen- dente del dio che l’ha imprigionata nell’acqua della ca- scata. Detto, fatto. La curiosità e fuori del comune, ci voglio andare e tro- vo un ragazzo che si chiama Hammin disposto ad ac- compagnarmi fino ai piedi dell’ultimo pezzo e poi mi aspetta lì. Partenza in moto e, come promesso, mi accompagna fino a sotto, poi salgo da solo. 14.Match dei Mondiali di calcio 2014, finita 4 a 3 ai rigori. 15. Anziano.
  • 28. - 26 - Arrivo in cima e qui … non vado oltre. Rimango lì un paio d’ore, ma il tempo non esiste, sono solo in compagnia di me stesso e della mia anima che si fonde, come fosse qui con me, con l’anima della più grande essenza che ho trovato lungo il mio tortuoso cammino. La sento, la vedo, la tocco: è parte di me. Sono in contatto in un vortice di pensieri, di ricordi, di emozioni. Manca solo la luna piena, ma si vede che il destino a- spetterà un altro momento.
  • 29. - 27 - IL MARABOUT Voglio raccontarvi della partita di calcio che ci siamo fatti ieri sera. Abbiamo cominciato regolarmente in 11 contro 11 e abbiamo finito in 19 contro 18: come si poteva dire di no? Bellissimo! Due riflessioni. La prima: pensando di fare cosa gradita ho comprato un pallone nuovo della FIFA. Ma dopo due calci, tutti fermi. Dai … che stupido! Loro giocano scalzi, mica hanno le scarpette rosa, az- zurre o gialle e nere, e il pallone di cuoio faceva un ma- le terribile. Per fortuna ne avevo preso uno anche di gomma e così la partita è continuata. La seconda: credo di aver scoperto un piccolo fenome- no 16 . Va beh ... Colazione prestissimo, passeggiata mattutina, e par- tenza per il lavoro. Oggi si prende la terra estratta ieri e la si lava alla ricer- ca dei diamanti. Sono dei veri artisti: fanno roteare i setacci in maniera vertiginosa. Pomeriggio: visita alle forze militari, al Comandante di Zona, un vero Mandingo 17 , da non scherzarci. Per fortuna è dei nostri ... Ritorno verso le sei. 16. Giovane calciatore dal talento calcistico cristallino. 17. Vale a dire di razza Mandingo, uno dei maggiori gruppi etnici dell'Africa occidentale e centrale.
  • 30. - 28 - E qui ricominciano le strane impressioni. Mentre leggevo un passo molto interessante inviatomi da un’amica (“Ciò che importa è non accontentarsi di verità facili o di pericolose illusioni, ma mettersi alla paziente ricerca della verità col coraggio di confronta- re continuamente tra loro osservazione, esperienza, ra- gionamento è sensibilità. Lo yoga è uno stato. Non è un sapere né una tecnica e ancora meno una forma da co- piare. Non pratichiamo lo yoga per lo yoga, ma per la vita.”) alzo lo sguardo e incrocio quello di un vecchio, però dall’età indefinibile. Dico all’autista di fermarsi perché ciò mi suggeriva la suggestione del momento. La cosa pazzesca è che lui era lì, quasi mi aspettasse, “Ca va?” “Bien, merci. E vouz, ca va?” “Bien merci.” 18 Insomma la solita cantilena, ci conosciamo e ci vedia- mo più tardi a casa sua. È un marabout 19 , praticamente un curandero 20 . Una persona straordinaria, migliaia di anni di storia racchiusa nel suo volto, altrettanti di sofferenza nel suo cuore. Ci parliamo, mi tiene le mani e la prima sensazione è di possesso sul mio corpo. Gli vorrei chiedere mille cose ma mi limito ad ascoltar- lo e a osservarlo, il mio corpo è leggerissimo e tutto in- torno si ovatta, le sue parole sono come oro colato, mi chiedo se il destino doveva farmi arrivare quassù per 18. “Come va?” “Bene, grazie. E voi, tutto bene?” “Bene, grazie.” 19.Sorta di stregone-guaritore della tradizione africana. 20. Nella tradizione dell’America Latina è un guaritore che si pre- suppone dotato di arti magiche.
  • 31. - 29 - incontrare un altro segno nel mio cammino, ma a tutto corrisponde un disegno. Ci salutiamo e non riesco ancora a parlare, ma di una cosa sono sicuro: ci rivedremo. Ritorno, non ho fame, penso agli avvenimenti, a come mi sentivo. Mi addormento.
  • 33. - 31 - GRAVIER Ancora penso a ieri: qualcosa è cambiato. Dentro c’è una sensazione strana, o forse è solo sugge- stione. Comunque si parte ancora pour travailler 21 , scavare e lavare. In mezzo alla foresta tutto tace. L’Africa? Serpenti, scimmie, coccodrilli, leoni? Dito in veneto: “visto appena un sorze” 22 , qua tutto calmo. So solo che tutti scavano, busi 23 dappertutto. Questa è la terra gravier 24 , cioè quella che una volta lavata dovrebbe produrre i diamanti. Mediamente si deve scavare per circa 4/5 metri prima di arrivare nella zona buona. Qui si scava a mano oppure con la ruspa. Nella miniera i gruppi di lavoro sono divisi in donne portatrici della terra buona, bambini portatori della terra da scarto e uomini che scavano. Sotto l’ombrellone è la capa della miniera, il padrone invece è in capitale, a fare la bella vita. 21. Per lavorare. 22. Detto in veneto: “visto solo un topo.” 23. Buche. 24. Ghiaia, letteralmente. Qui si intende il misto di terriccio e pie- trisco che va poi setacciato per recuperare metalli o pietre preziose.
  • 34. - 32 - “… tutti scavano, busidappertutto.”
  • 35. - 33 - LA CASCATA Sveglia presto. Mezz’ora prima dello spuntare del sole … fuori, per as- sorbire tutta l’energia che cielo e terra durante la notte hanno accumulato. Oramai le parole del marabout hanno aperto uno squar- cio dentro la mia anima. Esco e alcuni dei miei piccoli amici sono già fuori che mi aspettano per accompagnarmi verso la cascata; non mi chiamano più toubabouli 25 , ma Robi. Qualche volta mi chiedo se è giusto che vada a interfe- rire, a cambiare certi modi di vivere. Mah! Comunque mi incammino verso il mio percorso. Ai piedi della salita mi abbandonano, nessuno di loro può salire la strada dello spirito purificato. Il marabout mi ha raccontato che nessuno dei vivi può e vuole percorrere il percorso fino alla cascata perché lungo la via ci sono le anime in purificazione. In effetti la prima notte che sono salito fin qui un po’ di disagio lo avvertivo, come un fardello da portare. Va beh, non voglio entrare nel misticismo: bisognereb- be esserci per capire. Era però qualcosa di impalpabile, di leggero, che sull’irta salita ti faceva veleggiare senza fatica fino alla meta. Sto cominciando a capire perché sono arrivato, dopo molti anni, fino a qui. 25. Uomo bianco.
  • 36. - 34 - Sto cominciando, piano piano, a dividere e scindere il mio corpo, la mia mente e la mia anima come fosse un appuntamento con il destino. Sono su: ho come la sensazione che quei tre segmenti del mio io si ricompongano. E mentre scendo, la mia anima sembra rimanere lì ad aspettarmi, la mia mente viaggia leggera sopra le mie emozioni e su quelle di questa terra e infine il mio cor- po, la mia materia, seguono le cose terrene verso la mi- niera sperando, con il ritrovamento di qualche oggetto brillante, di placare la bramosia materiale. Ma il desiderio di fondere insieme i miei tre elementi sta emergendo giorno dopo giorno, prepotentemente. E al primo diamant 26 trovato la mente va al marabout: “ne potrai trovare molti, tantissimi, se lo vorrai; ma la tua ricchezza sarà quella che non vedrai mai, solo quella che sentirai un giorno, un momento, un istante, quando sarai pronto.” Pomeriggio, ritorno. Pensieri e azioni: si va dal falegname, costruzione del tavolo e delle mensole, la maison 27 comincia a prende- re forma. Un po’ di riposo, poi lezione di italiano ai miei piccoli amici. Oramai ne conto una ventina, piccoli e grandi; ho com- prato gessi, quaderni e penne. Oggi nomi di animali, ci- bo e verbi. Sono attentissimi, hanno voglia di imparare, loro anco- ra non sanno cosa ma lo capiranno. Divagazione: “se in francese diciamo ‘je ne comprende pas’, in italiano?” 26. Diamante. 27. Casa.
  • 37. - 35 - In coro: “io (pausa) non (pausa) capisco un cazzo!” Adesso, ogni volta che mi vedono, ripetono: “je ne ...”, “io non capisco un cazzo!” Va beh, dai, mi diverto. Sera: ristorante e partita in TV. Poi a nanna presto, domani sveglia alle 4 e viaggio di cinque ore fino alla miniera di oro. Testa sul cuscino e viaggio virtuale della mente verso il sentiero della purificazione, oramai parte integrante, sempre più.
  • 39. - 37 - LE MINIERE Ore 4: sono puntuale. Caffè, poi (tanto qui sono sempre in ritardo) la solita passeggiata mattutina. Nessun bimbo a quest’ora, mi incammino e, per un at- timo, faccio un pensiero al contrario, chiudo gli occhi e mi vedo immerso nel traffico. Ma è solo un attimo. Arrivo in cima alla cascata e ogni giorno che passa il cammino è sempre meno pesante. Al ritorno il mio compagno di viaggio mi sta aspettan- do, è pronto. Direi che si è integrato benissimo, ha preso possesso pienamente della realtà africana, i bimbi lo adorano lo chiamano Muuro: faticano a pronunciare due vocali di- verse insieme. Partenza con un’ora e mezzo di ritardo, ma qui è nor- male. Viaggio durissimo, più di tre ore per arrivare, fra moto, bici e gente a piedi con un unico obbiettivo: andare a lavorare in miniera; per qualcuno più fortunato, nei campi. Donne, uomini e bambini e … sapete lo stipendio? Il cibo. Poi, se eventualmente si trova qualche prezioso, allora ricevono 5.000 Fng all’ora, equivalenti a 50 centesimi di euro. Alle 10 e 30 arriviamo in un’altra città, costruita dai co- loni prima che il dittatore li allontanasse. Lampioni con i pannelli solari, distributori in disuso, ripetitori per i cellulari, antenne paraboliche … insom-
  • 40. - 38 - ma, non si erano fatti mancare niente a 20 ore dalla cit- tà, in mezzo alla foresta vergine. Vorrei per un attimo che vedeste la vegetazione, sem- bra di essere in Laos, Cambogia o Vietnam. Foreste verdissime, acqua e fiumi in abbondanza, terra rigogliosa e fertile (si potrebbero fare tre raccolti), in- somma un paradiso. Questo grande villaggio è diverso da quello dove abi- tiamo: mentalità più commerciale e più abituati agli e- trangers 28 . Naturalmente, visita al Capo Villaggio (d’obbligo) con Bochum, uno dei nostri accompagnatori, insieme con il Presidente dei Giovani Guineani. Qua, in Africa, qualsiasi cosa tu faccia devi passare da questi riti, le gerarchie sono importantissime. Il Vicecapo ci mette a disposizione il figlio per la visita alla miniera e finalmente si parte: altre tre ore di fore- sta. Arriviamo alla miniera, questa volta di oro, e non vi di- co cosa appare ai nostri occhi. Centinaia su centinaia di uomini, donne, bambini che scavano, allattano, commerciano, fondono, gridano, in- somma … vivono. Anche qua i toubabou mai visti. Tirati fuori i cellulari, siamo presi d’assalto: tutti vo- gliono farsi fotografare con noi, vogliono toccarci, par- larci, e io penso: “se sapessero che testa di cazzo sono, e loro mi vedono come un dio”. A Mauro toccano ripetutamente i capelli, a me che sono senza … i peli. Un turbinio che per un attimo li distoglie da quello che è un autentico massacro fisico. 28. Stranieri.
  • 41. - 39 - Mauro scende in uno dei buchi e prova a scavare. Una fatica allucinante, terra dura, insidiosa, viscida, a volte generosa. Rimane circa due ore sotto, in questo buco. E poi ancora foto. I capi miniera si spazientiscono, ma sopportano: siamo con i comandanti! Un uomo mi avvicina e mi chiede di venire alla sua tenda. Avevo notato, ai piedi delle miniera, queste capannine. Adesso il tutto mi è chiaro: comprano l’oro dai capi miniera e lo rivendono, ogni cosa ruota attorno all’oro e ai diamanti. La pazienza è finita, si ritorna, voglio portarmi nel cuo- re lo sguardo di quegli occhi profondi, senza retorica, che narrano migliaia di anni di schiavitù dai bianchi e adesso dai loro fratelli neri e la domanda è sempre la stessa: “quando finirà?”, oppure è nella natura umana essere rana e scorpione? Mi meraviglio proprio io che sono qua proprio per que- sto? Comunque, via con il fuoristrada. Ma, prima, un bimbo, al grido di “toubabou … touba- bou”, vuole un bacio. È uno dei più audaci, di solito si accontentano di toc- carti. Penso non avesse un centimetro del suo corpo libero da quella terra appiccicaticcia e sporca, ma lo stringo lo stesso e lo bacio e cosi fa Mauro. Mah, forse Ponzio Pilato era meglio A metà percorso, come non fosse già difficile, ci pian- tiamo. Dio mio. Un contadino con il figlio.
  • 42. - 40 - A piedi, stravolti dalla fatica. Però si ferma, lascia lì il figlio con noi e corre a casa a prendere il badile. Che dire? Mi viene in mente una frase di un libro che sto leggen- do, anche se un po’ lunga mi sembra appropriata: “… è vero che nel mondo 7 scienziati su 10 lavorano per le industrie di armamenti o per altre che provocano in- quinamento, solo 2 lottano in difesa della vita sulla ter- ra e appena uno cerca di preservare la conoscenza pu- ra. È anche vero che hanno arrecato più danni alla ter- ra gli uomini civilizzati che gli umili agricoltori o cac- ciatori, quindi chiese: ‘Vuoi dire che sarebbe meglio che l’uomo non ricevesse un’istruzione?’ Prima biso- gnerebbe educarlo e poi istruirlo. L’educazione è più importante di qualsiasi istruzione; si impartisce già in seno alla famiglia, ogniqualvolta si insegna ad avere rispetto per la persona e i suoi sentimenti.” Ecco, mi sembrava appropriata alla vicenda che stava- mo vivendo: il contadino si è fermato. Finalmente, dopo un’ora siamo ripartiti. Un po’ di denaro al contadino, al figlio e ad alcuni bimbi spuntati dal nulla. Arrivo dal Capo Villaggio, ringraziamenti di rito, canti- lena islamica e, a ‘sto punto, io e Mauro ci allontania- mo con una scusa. Via, in centro: spiedini di carne favolosi, costo 1.000 Fng, equivalenti a 10 centesimi di euro. E troviamo anche delle birre fresche da un ragazzo! Altre tre ore di viaggio e poi arrivo a casa, cena con a- gnello ai ferri, poi appuntamento dal marabout.
  • 43. - 41 - “… uomini, donne, bambini che scavano, allattano, commerciano, fondono, gridano, insomma … vivono.”
  • 45. - 43 - L’INCONTRO “... davanti a me un Africano alto, magro, tunica, barba bianca ...” Amici miei, oggi la pura descrizione della giornata la- scia il posto al racconto dell’insegnamento ricevuto dal marabout. Non pensate alla perdita della ragione! Quando sono partito per questa avventura lo scopo principale (e sarei bugiardo se affermassi il contrario) è, è stato e sarà il guadagno. Non so se si avvererà, ma ci proverò con tutte le mie forze. Però, oltre alla ricerca materiale (e quello che mi è suc- cesso quaggiù lo conferma) c’è anche la ricerca spiritu- ale: di quello che un uomo, dopo un lungo percorso, può cercare di vedere in se stesso.
  • 46. - 44 - “Nulla succede tutto accade, ma nulla è accaduto se tutto è successo”: è un motto cui ho sempre fatto rife- rimento. So da molto tempo che ho qualcosa dentro, anche se ho cercato di reprimerlo, che mi induce a evolvere la mia anima per cercare di renderla più limpida, più esteriore, più completa. Insomma, l’istinto interiore mi dice di partire. Il segnale che sono sulla strada giusta è il viaggio di circa 20 ore per arrivare alla meta. Quello che è successo ha dell’incredibile, autista pazzo, macchina a pezzi, pericoli in ogni dove. Ma paura di non arrivare al sogno. Ecco, la prima svolta, il primo segnale è stato ciò: il vi- aggio. La notte che, fra le molte soste effettuate nei villaggi lungo la strada, ci siamo fermati a mangiare gli spa- ghetti in un buio assordante, vado a pagare e l’anziana signora, quando allungo il denaro, mi prende la mano e comincia a parlarmi nel suo dialetto. Cinque minuti di cantilena … voi non ci crederete, ma con il buio pesto che c’era potevo vedere la luce dei suoi occhi che mi entrava dentro. Alì mi traduce: l’anziana mi sta dicendo che ho due fi- gli, vita abbastanza lunga, grande legame con il mio amore a casa, ecc. Dopo, il tono della voce si fa più pacato ma mi rim- bomba dentro. Dice: “Devi cercare la conoscenza, la verità, prima dentro te stesso. Devi cancellare la tua materialità, de- vi fonderti con ciò che cerchi, se davvero vuoi trovarlo. È la tua occasione, non sprecarla.” E, salutandomi, mi lascia un anellino di latta come o- maggio, con dei simboli strani che più avanti, dopo il
  • 47. - 45 - primo incontro con il marabout, scoprirò essere un ser- pente e l’infinito. Va beh … vuoi un po’ per la suggestione della notte a- fricana, un po’ per la stanchezza, quelle parole mi en- trano e aprono il primo squarcio nella corazza. Ah … come ultimo mi dice che a Banankoro, prima di mettermi alla ricerca della materia, dovrò assolutamen- te parlare con un tal Amnid. Che poi è il marabout! Arrivati a destinazione, tralascerò la parte logistica già descritta e mi atterrò solamente a quella materiale, in- contro un uomo che (lo fanno tutti con gli stranieri) mi chiede dei soldi. Vede l’anello e mi chiede perché ce l’ho. Dopo la mia spiegazione, mi indica una casa, rivelatosi poi essere quella di Amnid, il marabout indicatomi dall’anziana. Potrete anche non crederci, ma qui ci abitano migliaia di persone e … proprio lì! Mah, destino. Il giorno dopo, primo incontro, niente di particolare, si parla in francese: davanti a me un Africano alto, magro, tunica, barba bianca, pacato nei modi, ogni tanto toglie gli occhiali scuri e i suoi occhi sono penetranti, poi li rimette, quasi a non volere rovistare oltre dentro di te. A poco a poco riesco a sentirmi a mio agio (pensavo a qualche rito a qualche stregoneria: nulla di tutto ciò) e lui lo nota - anzi, lo sapeva! - e parte con il racconto della cascata. Vuole cominciare a farmi capire usi e tradizioni, ci ac- comiatiamo e la sera stessa sono su alla cascata, come già descritto. Però voglio raccontarvi di ieri sera. Nonostante il diluvio vado lo stesso.
  • 48. - 46 - Serata di luna piena. Il vecchio dice che, come narra la leggenda, quando la dea pietrificata vede la prima notte di luna piena, per un periodo di tempo si volta con lo sguardo verso la super- ficie e tu, con gli occhi chiusi, devi vedere il viso della donna che ami. Solo così potrai avere nullamdjam djama, cioè sarai pronto per capire i diamanti come miniam maunam, fratelli più grandi. E sarai parte unica e non solo fonte di ricchezza ma an- che di saggezza e carità. Beh, sembra strano a dirlo, ci sono cose che non si ca- piscono ma accadono: oggi abbiamo ricevuto le tre mi- niere richieste! E il vecchio sorride. Mi fa rabbia e stupore: lui sa sempre tutto. Quando rientro è l’alba, il vecchio non c’è e il figlio ci informa che è partito. Mi piace pensare che abbia finito il suo compito (anche se, in realtà, è andato alla capitale da parenti). Ora abbiamo la pazienza di aspettare e, come prima detto, arrivano le carte della miniera. Il vecchio marabout ha fatto in modo, purificandoci e invocando i sacri spiriti, che gli eventi ci fossero propi- zi oppure, più semplicemente, cercano dei partners da spellare e li hanno trovati?
  • 49. - 47 - CON CAAALMA Come ogni mattina, sveglia di buon’ora e consueta pas- seggiata alla cascata. Il fatto insolito è che oggi Hammin mi segue fino su in cima. Che strano, il marabout mi fa fondere materia e spirito lungo il percorso proibito e io, senza volerlo, ho fatto il contrario con Hammin. Comunque l’atmosfera oggi è diversa: tutti i bimbi so- no, al mio ritorno, fuori dalla porta con Mauro ad aspet- tare. Credo, e si nota dalla velata tristezza che affiora sui lo- ro volti, sappiano che stiamo per separarci. Foto a più non posso, tutti fanno a gara per presentarci i loro famigliari e le loro misere abitazioni; mai era suc- cesso in questi giorni. Anche i commercianti di diamanti sono in processione per cercare di farci acquistare qualche loro prodotto. La frenesia prima della separazione. Tutto è pronto, siamo solo in attesa che i rappresentanti locali finiscano di preparare gli incartamenti e ci fac- ciano firmare gli accordi per la società e le miniere. Dalle 10, l’ultima carta è pronta alle 14! Nelle ore di intervallo fra una firma e l’altra (qui il tempo non esiste: con caaalma), fra i vari commiati come poteva mancare quello con il marabout? Naturalmente non fisico, vista la sua precedente parten- za, ma spirituale, attraverso i figli. E … sorpresa! Impensabile: mi lascia, preparati con la massima cura, dei sacchettini con delle erbe medicinali e un biglietto contenente una preghiera di addio e protezione.
  • 50. - 48 - Finalmente, alle 16 partenza per Conakry. L’ultimo sguardo, voltandosi appena un istante, per tut- to ciò che fino a un istante prima era presente e ora ap- partiene, rinchiuso nel mio cuore, già al passato. Il viaggio, come all’andata, è allucinante. Le preghiere si sprecano in quel paesaggio surreale, la nostra vettura è in condizioni disastrose, peggio che all’andata. Solite tappe nei villaggi lungo la strada. Bistecche cotte all’istante sulle braci, più spiedini di carne e riso in abbondanza: in tre la cifrona di 3 euro. Poi ripartenza e, a un certo punto, si manifesta la neces- sità di carburante. Qui i distributori non esistono, come detto la benzina si fa direttamente dai banchetti lungo la strada: bottiglie da un litro e via. Dobbiamo aspettare più di un’ora prima di rifornirci, ma finalmente ripartiamo. Incuboooo! Piove, la strada si fa scivolosa, il pazzo corre e a un cer- to punto la vena che ho in testa scoppia. Fermo tutto, lo faccio scendere di forza e guido io. Mi dice che se mi fermano c’è la prigione, ma non me ne frega un cazzo: meglio in galera che morto. Ci metto una ventina di minuti a capire il rottame. È inguidabile, velocità massima 50/60 km/h. Loro dormono, faccio circa 300 km da incubo, solo la forza della disperazione non mi fa cedere. Passo la mano a circa 120 chilometri da Conakry, che qui significa quasi in periferia. Appena in tempo. Un po’ di chilometri dopo c’è guerriglia.
  • 51. - 49 - Militari sparano con i mitra, i Curani 29 tirano le pietre, veniamo presi di mira, arrivano pietre da tutte le parti e le pallottole sopra la testa. Non riesco ancora a credere che ce la siamo cavata. Finalmente a Conakry! Di corsa all’albergo e doccia fredda, perché qui l’elet- tricità c’è solo al pomeriggio. Credo sia la città più sporca che ho visto. Dopo la doccia, full immersion nel caos di 8.000.000 di persone in movimento. In 10/15 assiepate nei taxi, 4 in moto, fango, rifiuti. È il loro quotidiano. Biglietti acquistati: stanotte, partenza. 29. Integralisti musulmani fedeli alla lettera al Corano.
  • 52. - 50 - “… tutti i bimbi sono, al mio ritorno, fuori dalla porta …”
  • 53. - 51 - LE PERSONE CARE Sono a Conakry e sono già passate quasi due settimane dal mio arrivo. Non so se siano un anno, un secondo, un minuto, so so- lo che sono una frazione della mia vita, sto realizzando e metabolizzando, ma non ci riesco. Guardo negli occhi le persone che incontro per strada e non riesco a capire: non sono uguali a quelli che osser- vavo attentamente su, in foresta. Sono della stessa razza, vivono in povertà, hanno lo stesso obbiettivo: la sopravvivenza. Eppure lo sguardo non è lo stesso. Mi scorrono davanti le immagini dei miei più cari affet- ti che mi hanno accompagnato in un posticino dentro al cuore in questo viaggio: i miei amori famigliari, i miei amici che ho sempre seguito e che mi hanno seguito, e ragiono allo stesso modo. Guardo le persone che mi girano attorno durante la vita quotidiana e ho la stessa impressione: non hanno lo stesso sguardo dei miei amici, dei miei sentimenti e di tutte le persone a cui voglio bene. Non so se è un distinguo egoistico. Ci avevo e ci ho riflettuto molto in questi giorni, nei momenti belli, in quelli di sconforto, chiudendo gli oc- chi ho sempre visto i visi delle persone a me care. E così, osservando gli occhi di un bimbo che vende li- moni qui al mercato a Conakry, vedo lui ma alla mente mi tornano i miei piccoli amici su a Banankoro. Non so se li rivedrò, ma spero di avere anche per loro un posto nel mio cuore. Grazie!
  • 55. - 53 - MAPPA DEI LUOGHI
  • 57. - 55 - IL SECONDO VIAGGIO Ottobre – Dicembre 2014 “Ciò che non siamo in grado di cambiare dobbiamo almeno descriverlo.” 30 30. Rainer Werner Fassbinder, regista.
  • 59. - 57 - PARTENZA Eccoci! Espressione banale ma appropriata. Si ritorna in Guinea a continuare quello che abbiamo iniziato. Questa volta la vigilia non è stata meditativa, i prepara- tivi hanno assorbito tutte le nostre energie: la spedizio- ne del container, la ricerca di attrezzature e finanziatori, un po’ di apprensione per quello che ci aspetta … ma, alla fine, eccoci! Partenza da Bologna ore 16 e 45, destinazione Casa- blanca.31 Sosta e poi Conakry, la nostra capitale. Il viaggio è appena iniziato e, osservando sotto quel mare infinito e sopra il celo e le nuvole, la fantasia o, meglio, il pensiero, trova la strada per riflettere sugli amori, le amicizie, gli affetti che temporaneamente ho di nuovo lasciato alle spalle. Solo materialmente però, in quanto nella mia testa, nel mio cuore, nel profondo della mia anima c’è posto per ognuno di essi. Non ho potuto salutare tutti ma tutti abbraccio ideal- mente. Ripenso per un momento allo sguardo smarrito ma comprensivo di mio padre, agli occhi che avrebbero vo- luto dirmi molte cose di mio figlio, alle lunghe chiac- chierate scacciapensieri di mia figlia, allo sguardo pre- occupato di mia moglie. 31. La più grande città del Marocco e importante scalo aeropor- tuale.
  • 60. - 58 - E, come sempre, a mia madre che posso solo immagi- nare come avrebbe tentato di tutto pur di dissuadermi, pur sapendo l’inutilità del tentativo. Ognuno deve andare incontro al proprio destino, la via ce l’insegna l’anima, noi dobbiamo solo percorrerla. E poi, immancabile come l’aria, l’ultimo messaggio 32 prima di imbarcarmi. Puntuale, sagace, pieno di armonia, le cui parole rac- chiudono in poche righe anni di vita, di spiritualità, di ricerca, che capisce come pochi il significato della pro- fonda conoscenza del proprio io di come affrontare se stessi e la via spirituale consegnataci. Compagna di ore di chiacchierate alla ricerca di qualco- sa che non potrà mai arrivare in questa vita terrena. E poi quassù, sospeso nel vuoto, guardando giù, un pensiero anche per i miei amici più cari che soffrono chi per un affetto famigliare, chi per altro. Vorrei potervi soffiare un po’ di pace, di tranquillità, di questa beatitudine che si respira, che ti riempie la men- te, che ti intorpidisce. Qui, a 10.000 metri di altezza, dove tutto si fonde e do- ve ti accorgi che sei tutto o niente, sei microscopico e immenso, sei terreno e spirituale, ma sei te stesso. 32. Un SMS di Cinzia, la moglie di Roberto.
  • 61. - 59 - ZIDANE Ore 2 e 40 locali: scendo dall’aereo e il nome che ti en- tra nel cervello come un flash senza nemmeno leggerlo è ebola.33 Alle volte mi domando come un nome associato a un’azione possa portare tali sconvolgimenti nella vita delle persone, di milioni di persone. Sogno o realtà? Pericolo vero o presunto? Verità nascosta o bugia maggiorata? Solo il tempo sarà giudice veritiero e insindacabile. Intanto su quel nastro maledetto che continua a girare e ingoia e rigetta a un ritmo lento bagagli i nostri sem- brano svaniti nel nulla. L’afa è insopportabile e poi quegli alieni vestiti di bianco, in tenuta antiebola, con pistole-termometro che ci tampinano, rendono l’aria ancor più irrespirabile. Finalmente, dopo 40 minuti, il ruminante decide di fa- gocitare i nostri bagagli. All’uscita, ad attenderci c’è Mamady, accompagnato dal capo delle guardie dell’aeroporto e da un ragazzino alto e magro cui subito non avevamo fatto caso, ma che in seguito diventerà, perlomeno per me, l’uomo del de- stino. Il suo nome è Abraham Kaba detto Zidane.34 Il primo contatto non è dei più fortunati: dopo le pre- sentazioni di rito, Zidane prende al volo le mie borse in 33. Malattia da virus ebola, una febbre emorragica con un tasso di mortalità molto alto per l’uomo. 34. Un po’ come in Brasile, anche in Guinea si usano molto i so- prannomi.
  • 62. - 60 - un movimento fulmineo e da una ne esce il mio tablet che si spiaccica con il vetro per terra. Quasi si mette a piangere, tanto è il dispiacere, mentre Mamady lo rimprovera. “Tranquillo, è solo un oggetto” gli dico (l’avrei ucci- so!), ma lui non si dà pace. Quello che mi ha colpito di lui (e che in futuro, cono- scendolo meglio, si dimostrerà uno dei lati più sinceri del suo carattere) è il profondo dispiacere che dimostra ogni qualvolta compie quella che lui considera una manchevolezza. Non tanto per buona educazione, quanto per la sua grande sensibilità. Con lui il gruppo prende forma: io, David, Mauro, Mamady (l’uomo del destino minerario) e Zidane (l’uomo del destino calcistico). Mamady ha fatto le cose in maniera impeccabile: mac- china ministeriale del fratello della Première Dame 35 , appartamento ammobiliato con aria condizionata. Ma dai! È la stessa Africa di tre mesi fa? O quando si torna sul luogo del delitto lo scenario cam- bia in maniera radicale e beffarda? Va beh, la testa tocca il cuscino alle 5 e 30. E alle nove, sveglia! Colazione e poi via, ma sempre doucemente,36 verso il porto, a sdoganare il container. Non si può immaginare il casino: migliaia di persone urlanti, navi e camion che si alternano con una frequen- 35. Djené Condé Kaba, moglie dell’attuale Presidente della Re- pubblica di Guinea, Alpha Condé. 36. Dolcemente.
  • 63. - 61 - za spasmodica, sdoganatori che ti catturano con il prez- zo migliore ... insomma, ne esci pazzo. Alle tre riusciamo a fare tutto e speriamo per mercoledì di avere tutta la nostra merce. Ci meritiamo un pranzo e qui colgo l’occasione per la presentazione del fratello della Première Dame, Doum- buja, un Mandingo di un metro e novanta per centoven- ti chili. Sarà lui il nostro apripista per il palazzo ma nel frat- tempo … via … nel ristorante turco da lui preferito. Locale con tv e aria condizionata (fuori ci sono 40 gradi e l’umidità sfiora il 100%!). Tre ore. E chi si alza più? Comunque, alle sette via di nuovo, verso un’altra desti- nazione: Residence Riviera. Appartamenti di lusso, piscina, sala fitness, casinò, guardie ... non è questa la mia Africa. Ma andiamo a ritroso. Dopo aver descritto la cronaca del susseguirsi di avve- nimenti, lasciatemi divagare.
  • 64. - 62 - “Il suo nome è Abraham Kaba detto Zidane.”
  • 65. - 63 - EBOLA! Come può una sola parola generare la distruzione fisi- ca, morale ed economica di una popolazione? Credo che dentro di noi ci sia un’ebola da combattere tutti i giorni. Il business del corpo offusca lo spirito. Questa mattina mi sono alzato presto e seduto in riva all’O-ceano, circondato da tonnellate di rifiuti, osserva- vo alcuni bimbi e ragazzini scalzi che rovistavano tra le immondizie. Ma come è possibile che i media mondiali non siano presenti qui sul campo a commentare direttamente? E il primo pensiero che mi entra forte è che hanno pau- ra del loro sogno, sono spaventati dalla loro stessa real- tà virtuale e non distinguono più la realtà dalla fantasia. Assecondano benevolenti ciò che loro stessi hanno cre- ato: il rullobusiness. Questo mostro deve schiacciare incurante tutto ciò che trova nel suo percorso. Locali, alberghi, banche, luoghi di interesse pubblico, perfino abitazioni private, sono tutti dotati, davanti alla porta, di recipienti in plastica contenenti un liquido, si presuppone disinfettante. E la scritta della ditta del contenitore è tedesca. Poi vedo che il nome della ditta scritta su un sacchetto vuoto del liquido è di una società americana. Gli appostamenti che raccolgono offerte e aiuti sono multietnici, francesi in primis. Penso: “ci sono proprio tutti, al banchetto ufficiale.” Andate a ripulire la sporcizia! Sistemate le strade fangose! Dividete i rifiuti!
  • 66. - 64 - Costruite ospedali! Mandate qui le telecamere a inquadrare e a riprendere la vera realtà, non quella virtuale che propinate ogni ora su tutti gli organi d’informazione. Venite a riprendere i milioni di termometri digitali che ti vengono puntati alla testa per misurarti la temperatura a ogni entrata di qualsiasi luogo pubblico. Con marca tedesca! E pensate quanto funzionano: abbiamo sempre 33 o 34 gradi, peggio di Dracula! E tutto ciò, pur non sottovalutando i rischi, mi fa sorri- dere malinconicamente e mi intristisce il cuore e l’anima pensando a come sia facile manovrare il nostro pensiero. Non ci libereremo mai dalla schiavitù mediatica. E ci sarà sempre un’ebola a terrorizzarci, magari in al- cuni casi a contagiarci, per poter accrescere a dismisura il business di pochi potenti. Penso che forse, chissà, l’informazione non deve essere portatrice di verità, poiché a volte (o magari sempre) può fare male. Qui ne ho la conferma. Ho passato gli ultimi giorni dentro la vita di questa cit- tà, ho cercato di capire cosa significhi essere il protago- nista del romanzo, del film, della commedia reale e non il lettore. Ho girato uffici, centri di potere, ristoranti, negozi, mer- cati, vita diurna e notturna, sport, insomma, il vivere. E sono qui a scrivere domandandomi continuamente: perché? Perché l’uomo è pieno di contraddizioni e le riproduce ogni istante della sua vita in maniera adattabile e vorti- cosa a seconda delle situazioni?
  • 67. - 65 - Qual è la parola odierna per spaventare i bambini e co- prire le mancanze degli adulti? Ebola? Da una parte il tentativo apparente di combattere, argi- nare, limitare l’epidemia indotta. Dall’altra milioni di persone costrette a lavarsi le mani con liquidi disinfettanti davanti a ogni entrata e tutto in- torno immondizie, sporcizia, promiscuità in quantità industriale. Ecco, qui io ci sto vivendo e quello che vedo lo sto scrivendo: sono sul campo. Sto vivendo, sto toccando con mano quello che sta ac- cadendo: il 90% delle persone, qui, nemmeno sa cos’è, l’ebola. Tutti continuano la loro vita, magari moriranno oppure, visto che anch’io ci sono, moriremo tutti, ma non mori- remo dentro. Certamente qualcuno sta pagando e pagherà dazio per ciò che il potente ha creato per il proprio potere, ma di certo morirà avendo vissuto e non morirà dentro, leg- gendo un giornale o guardando i TG e vedendosi già morto per l’epidemia.
  • 68. - 66 - “... il 90% delle persone, qui, nemmeno sa cos’è ...”
  • 69. - 67 - IL CONTAINER Il tempo che passa è come una lama di coltello che ti penetra nella carne, la sensazione di impotenza aumenta a ogni ora. Tutto il mondo è paese. Per scaricare il nostro container? 10 giorni. Muovendo tutto ciò che era possibile muovere: il co- lonnello, lo zio, il capitano della gendarmerie,37 il pa- drone del porto (un francese gay che abbiamo dovuto far chiamare direttamente dalla Première Dame). Finalmente ci sblocca il tutto, mance comprese. Undici ore più tardi, sdoganamento e trasferimento alla zona apertura. Ore 8 del giorno dopo, orario dell’apertura; ma il fun- zionario arriva alle 10 e ancora la trafila dentro e fuori dagli uffici: mance, litigi, discussioni. Alla fine apertura davvero … wow!, c’è tutto. Ma, colpo a sorpresa: nei sacchi dell’abbigliamento, trasparenti, ci sono dei capi dalla foggia militare. Tutto l’esercito a mitra spianati: via, al muro! Qui, nel continente dei massacri, del più grande com- mercio di armi del mondo, nei luoghi dove, per i poten- ti, c’è ancora spazio per poter giocare alla guerra, quasi ci arrestano. Ma alla fine si carica il camion, destinazione Kankan.38 37. Gendarmeria, caserma. 38. Città di circa 200.000 abitanti fondata dai Mandingo nel XVII secolo.
  • 71. - 69 - VENETI IN GUINEA Ogni giorno che passa la domanda rimbalza fra le pareti della testa come una pallina impazzita. Ce la faremo? Si, ma a fare cosa? Ci sentiamo piccoli piccoli. Economicamente lo sapevamo già, culturalmente lo so- spettavamo, moralmente … ecco, questo è il colpo bas- so: moralmente bisogna essere una roccia. Navighi fra sete di arrivismo e giornaliere ferite aperte, fra ambizioni sfrenate e occhi che ti scrutano penosi. Poi incontri per strada un bianco, Ruggero, che ti dice che è di Ponte di Nanto 39 e che è qui che lavora con i Guineani perché non ha nemmeno i soldi per tornare. Poi ti presenta Stefano, viale Anconetta 40 , Vicenza. Senza soldi anche lui. E ti domandi: che cazzo sta succedendo? Una commedia grottesca di Pirandello, dove ogni storia è un’altra storia, ogni volto è 1.000 volti, dove ogni a- nima è perduta, dove realtà e fantasia si scrutano da vi- cino eppure sono lontanissime? Ti accorgi, roba da matti, che l’ebola è l’ultimo dei problemi. Tutto ciò ha un senso? E tu cosa fai qui, quale chimera insegui? Sei Stefano? Sarai Ruggero? O cercherai di rimanere te stesso? 39. Località di Nanto, tra Noventa Vicentina e Vicenza. 40. Anconetta, attraversata dall’omonimo viale, è una frazione del Comune di Vicenza.
  • 72. - 70 - Scaccerai i fantasmi degli affetti sempre presenti, ogni istante, nel tuo cuore, le ferite che si riempiono di sale, oppure riuscirai ad abbinare, anche se in parte, tutti i tuoi obbiettivi materiali, umanitari, spirituali per poter dire, non al vento ma davanti allo specchio, guardandoti diritto negli occhi, “è questo che voglio!”? Sei arrivato in fondo al tunnel? Sei riuscito a vedere un po’ di luce? Ah, che bello il domani che non ha certezze ma solo dubbi. Vivi nella consapevolezza o sei consapevole di vivere?
  • 73. - 71 - VIAGGIO ALLUCINANTE Da Conakry a Kankan: 684 km da incubo, in 28 ore! Tutto quel che mi era stato detto (il pericolo, la povertà, il senso di smarrimento di un popolo) lo toccherò con mano. Partenza ore 16 e 30, con una macchina stracarica, io David e Zidane per seguire il camion con la nostra mer- ce. Mauro e Mamady partiranno domani. Valige, attrezzature, vestiti, mangiare in ogni dove, so- pra la macchina, dentro, in mezzo. Due ore per fare 30 km e uscire dalla capitale. Ci accorgiamo che i fanali sembrano una canzone di Guccini: “... di lampadina fioca, quella da trenta can- dele …”41 Pazzesco, ci infiliamo dietro ogni cosa che si muove con i fanali, ma dopo un po’ li perdiamo; e così via, ar- riviamo in mezzo alla foresta, si avanza al quasi buio, non c’è più nessuno a rimorchiarci. A un certo punto, dopo averne schivate migliaia, una botta tremenda: quasi ci cappottiamo e la macchina ine- sorabilmente esala l’ultimo sospiro. Buio pesto, acquazzone, foresta, panico. Ci riorganizziamo e spostiamo, spingendo la macchina sul bordo. Per fortuna David si accorge (lui sa tutto …) che si era- no staccati i fili della batteria. Si riparte a fanali spenti, le luci dei telefonini a farci strada. 41. Da Il pensionato, canzone di Francesco Guccini nell’album del 1976 Via Paolo Fabbri.
  • 74. - 72 - Finalmente, un camion ci sorpassa dopo una mezz’ora di agonia: ci accodiamo e, dopo quasi un’ora, troviamo un villaggio. Per fortuna (ora il diluvio è universale!) Zidane, in qualche modo, riesce a trovare con un meccanico delle lampadine per i fari. Alle 21 e 30 ripartiamo con gli anabbaglianti che guar- dano a sinistra e gli abbaglianti a destra; bella scelta! Ancora foresta, altopiano e saliscendi per due ore et voilà, posto di blocco, mitra spianati, inginocchiati tutti e tre a terra davanti alla macchina, tra urla e litigi in dialetto malinké.42 Azzzz! qui si mette male. Alla fine, dopo 40 infiniti minuti (pagando) Zidane rie- sce a farci ripartire, ma intanto siamo già a 8 ore di vi- aggio e sta succedendo di tutto. Altra sosta in un villaggio, cena in una capanna- ristorante (riso con pollo) e decidiamo di riposare un po’e di non rischiare ancora. Prime luci dell’alba: via di nuovo. Almeno adesso ci vediamo, ma manca ancora una vita. Improvvisamente, quasi dal nulla, spunta una decina di uomini in mezzo alla strada: coltelli in mano, ostrui- scono la via. Ahi … è fatta … ci fermiamo. Zizou ci dice di restare immobili e di non dire una paro- la e ri-esce a trattare la resa: sono banditi di foresta, 1.000.000 di Fng 43 è il pedaggio. Diooooo! Ok, ce la siamo vista brutta. Si può ripartire, direzione Dabola.44 42. Termine locale per Mandingo. 43. Circa 110 euro. 44. Città famosa per le cascate sul fiume Tinkosso.
  • 75. - 73 - Prima, quasi un segno del destino, restaurant “Chez mama Rosa”. Come al martedì sera, dopo-allenamento dalla impa- reggiabile Rosa e dalla figlia Laura … E subito mi viene un po’ di nostalgia per quelle magni- fiche serate. Qui siamo distantissimi ma la signora e le sue cinque figlie sono veramente affabili: riso speziato con pollo, coca e caffelatte. Con la strada che ci aspetta, non male! Finalmente, 25 ore dopo la partenza, siamo a Kourous- sa:45 subito spiedini di carne. Fra poco l’oscurità ci avvolgerà di nuovo ma per fortu- na la strada è tutta diritta e fra un camion e una macchi- na … seguiamo la scia e 28 ore dopo finisce l’incubo: Kankan. 45. Cittadina capoluogo, sede di una Prefettura.
  • 76. - 74 - “… seguiamo la scia e 28 ore dopo finisce l’incubo: Kankan.”
  • 77. - 75 - UNA SETTIMANA … Sette giorni possono essere un’eternità, ma anche un a- lito di vento che ti sfiora passando veloce sul tuo corpo e sul tuo spirito, alimentando con un soffio leggero il fuoco dei tuoi pensieri. Ci eravamo lasciati sabato scorso dopo 28 ore di viag- gio e la situazione è in continua evoluzione. Sono arrivati Mauro e Mamady e il gruppo si riunisce. È arrivato anche il camion con tutta la nostra merce: uno spettacolo lo scarico dell’escavatore da parte di David. Notte fonda, buio pesto, solo la luce di una torcia, sponda di quasi due metri senza pedane. Impossibile scaricare l’escavatore? “Impossibile” per David non esiste! E davanti a un pubblico di ragazzini e donne sempre più numeroso e attento, inizia la grande manovra. Si appoggia a un mucchio di immondizie, lavora di la- ma come D’Artagnan, poggia la benna come Tom Cruise in Mission Impossible, doma i comandi della macchina come Ben-Hur con la biga. La tensione è al massimo, la paura anche, ogni minimo errore può essere fatale. I bimbi cominciano un tifo assordante, saranno ormai 300 le persone che fanno capannello attorno. Fumo, stridio di ferraglia, la macchina come un cavallo imbizzarrito e … con un’ovazione da stadio come dopo un goal ai mondiali, l’escavatore plana dolcemente al suolo. È fatta! Come descrivere David?
  • 78. - 76 - Sembra uno di quegli eroi medievali senza armatura, pronto a tutto, a spada tratta. La macchina è in panne? Ci pensa lui! Il generatore fa i capricci? Ancora lui! Per qualsiasi evenienza tecnica, lui c’è: qualsiasi pro- blema è risolvibile. E poi si integra alla perfezione con i bimbi dei villaggi: cioccolatini e caramelle per tutti, sempre uno stuolo di ragazzini attorno. Ogni giorno un viaggio tra uffici, miniere, personalità da conoscere e da coccolare. Se vuoi un po’ di protezione, soprattutto per gli stranie- ri, funziona così. Se non sei con uno di loro che ti guida e conosce i se- greti, puoi avere quanti soldi vuoi ma qui non ti muovi. La situazione è un po’ logorante soprattutto per il mora- le: più di 20 giorni, ma di lavoro ancora niente. Siamo così noi italiani, vorremmo tutto e subito. Siamo abituati a non rimanere inattivi per lungo tempo, l’attesa ci snerva. Ma qui siamo in Africa, dove anche un sassolino che cade dalla montagna sembra andare a ritroso. Mauro, essendo il contabile, è il più insofferente di noi. Giustamente attento ai conti, meticoloso al punto giu- sto, combattuto fra risorse esigue e mance che fuorie- scono come l’acqua dai fori di una tubatura rotta. C’est l’Afrique,46 dove blanc non significa solamente bianco, ma anche ricco! E tu devi sostenere questo gioco: se si accorgono che bluffi, sei finito, tutte le porte si sprangano e tu non esi- sti più. Perciò, vai! 46. È l’Africa.
  • 79. - 77 - Sostieni il ruolo finché è possibile. Qui dicono inshallah, se Dio vuole … Se David è il tecnico tutto fare, Mauro, oltre che il no- stro commercialista, è anche (sarà contenta la sua fi- danzata) l’uomo di casa: stoviglie sempre lavate, ordine e pulizia in cucina, piatti cucinati con varietà e buon gusto. A proposito di cucina … “‘Impossibile’ per David non esiste!”
  • 80. - 78 - “... Mauro, oltre che il nostro commercialista, è anche (sarà contenta la sua fidanzata) l’uomo di casa ...”
  • 81. - 79 - GIUSTO PER DARE L’DEA - 1 L’ho detto all’inizio: “non vedo l’ora di provare la pa- ura, voglio sentire il dolore che fa dentro, io che non l’ho mai provata.” Appollaiato sopra un albero, in questa foresta equato- riale, eccomi accontentato. Si, siamo sopra gli alberi, hanno appena bruciato un pa- io di campi così i serpenti si strusceranno nella cenere e loro potranno catturarli. Raccoglieranno il loro veleno e mangeranno la loro carne. È uno spettacolo, ce ne sono di tutti i tipi e risplendono inermi alla luce della luna. Uno mi colpisce in particolare: sarà lungo circa due metri, ha delle strane venature rosse (o così mi sembra- no al chiarore della luna), è proprio sotto di me e mi guarda. Il suo sguardo mi appare profondo. Mi dicono di fischiettare per farlo muovere, ma prova- teci voi! Comincia la cattura, i cacciatori scendono veloci dagli alberi e i serpenti, intrisi di cenere non ce la fanno a fuggire.
  • 83. - 81 - GIUSTO PER DARE L’DEA – 2 Ieri stavo acquistando da un ferro vecchio del materia- le. Qui ho imparato bene cosa vuol dire il risparmio ed es- sere senza soldi, dividere in due parti una caramella e aggiungere l'acqua del fiume alla Coca-Cola per averne di più. All'improvviso i piccoli lavoratori del ferro cominciano una caccia pazzesca fra i rottami impugnando armi im- provvisate. A cosa? Ma a un topo! Si, a un topo. Mentre lo rincorrevano e alcuni bloccavano le vie d'u- scita, la preda è arrivata dalle mie parti e, più d’istinto che per scelta, le ho assestato un calcio. Bene: ho centrato in pieno il topo (caspita, sarà stato mezzo chilo, un male pazzesco al piede) che si è infil- zato su di un vecchio rottame. Come per Shevchenko dopo il rigore decisivo in Champions League contro Buffon, un boato ha accolto il mio goal, i ragazzini mi si sono gettati addosso fe- stanti. Subito non ho capito, ma quando hanno acceso il fuoco ho realizzato: uno degli esseri più immondi, per noi Eu- ropei, stava diventando prelibato banchetto. Zidane mi spiega che non possono permettersi la carne, che per crescere devono però mangiarne e che perciò, visto che di topi ce ne sono in abbondanza, fanno di ne- cessità virtù. Quante volte ho scartato il grasso della bistecca o ne ho avanzata perché troppo dura …
  • 84. - 82 - “... cominciano una caccia pazzesca fra i rottami impugnando ar- mi improvvisate. A cosa? Ma a un topo!”
  • 85. - 83 - LA CONCASSEUR Da 20 giorni aspettiamo di acquistare una concasseur,47 il nostro investitore ci ha abbandonati e così ci arran- giamo. Finalmente abbiamo racimolato i soldi e partiamo per l’acquisto. Qui anche ogni banale acquisto diventa un’impresa. Parte la nostra avventura. Ieri, al mercato, un cercatore d’oro ci dice che in una ex miniera ai confini con il Mali svendono le attrezzature. Via, partenza all’alba, direzione Monti Mandingo. Lungo la strada incontriamo i luoghi che furono il cuo- re dell’impero del Mali. Arriviamo in prossimità di Pivè,48 dove possiamo os- servare le miniere tradizionali di oro. Siamo in un luogo veramente fuori del tempo. Il viaggio, come al solito, pazzesco. Si arriva a tarda ora: posa del campo nella savana cena e dormita sotto il celo stellato. Partenza al mattino molto presto, i chilometri sono tanti e la strada non proprio eccellente. Arriviamo nei pressi della cittadina di Dabola per il pranzo e poi, seguendo una pista dai panorami spettaco- lari, eccoci in serata a Labé 49 . L’impressione che si ha è di essere davvero nel cuore profondo dell’Africa. 47. Letteralmente, frantoio. In miniera è una macchina frantuma- trice che sminuzza il materiale scavato permettendone una più accurata selezione. 48. Un agglomerato di migliaia di capanne nei pressi di una minie- ra a cielo aperto. 49. Città capoluogo nel centro-nord della Guinea.
  • 86. - 84 - Di villaggio in villaggio finalmente, giungiamo alla mi- niera. L’acquisto non è semplice. Sono cinesi e, dopo due ore di trattative, si conclude. Rientro con due tonnellate e mezza in più da portare. Con il mulo fino alla macchina, fra discese vertiginose e sentieri tortuosi. Il mulo arranca e i due Mandingo che ci aiutano spin- gono. All’improvviso: grida, polvere, il mulo rotola, la laverie anche e fortunatamente si fermano all’inizio del dirupo. Si contano le perdite: il mulo è fuori uso, Mauro e i Mandingo, eroici, hanno salvato l’altro materiale. Cosa si fa? I Mandingo si caricano sulle spalle la concasseur e, con forza inaudita e con solo tre soste, arriviamo alla mac- china. Anche Mauro non è da meno: il resto del materiale del mulo fuori uso è sulle sue spalle. Carichiamo il tutto e via, dopo parecchie ore arriviamo a Baro, solo il Niger ci separa dalla nostra meta: Fada- ma. Sono le due di notte, la piroga è laggiù che ci aspetta, dondolando silenziosa sulle acque del fiume. Dai, ancora un altro sforzo. I muscoli ancora una volta si tendono e carichiamo tut- to, noi compresi, sulla piroga. Mauro trasporta tanto quanto i Mandingo, impossibile che non affoghi, la corrente è molto forte. A un certo punto, altro colpo di scena: manchiamo il punto d’attracco e la piroga si mette dritta, prendiamo sempre più velocità, verso le rapide. Con tutto quel peso la paura è notevole.
  • 87. - 85 - Uno dei Mandingo si butta in acqua, poi l’altro e poi anche Mauro: con coraggio deviano la piroga verso dei tronchi sporgenti addosso ai quali ci infrangiamo ma, fortunatamente, anche ci fermiamo. Il materiale è tutto a bordo, noi lamentiamo qualche botta e qualche graffio, ma poteva andare peggio. Finalmente, alle sei tutto il materiale è sulla riva. 16 ore dopo (precisamente alle dieci della sera) la con- casseur va in funzione. È il momento che aspettavamo: quello che molti hanno fatto in un anno e investendo qualche milione di euro noi l’abbiamo ottenuto con pochi euro e dopo 42 giorni. Ci siamo riusciti e, se devo essere sincero, stavolta oltre al cielo stellato brillano anche i miei occhi e quelli dei miei splendidi compagni di avventura.
  • 88. - 86 - “... la piroga è laggiù che ci aspetta ...”
  • 89. - 87 - MI È VENUTA UN’IDEA David e Mauro, ogni tanto, tentano anche di giocare a palla, ma con i ferri da stiro che si ritrovano al posto dei piedi, prendono delle sonore lezioni. Ah, il calcio, la palla. Che invenzione. Qui tutti giocano: per le strade, in un campo dissestato, in mezzo a un cortile, dappertutto. Mi siedo a osservarli, ogni tanto, e gli occhi mi si riem- piono di una velata tristezza ripercorrendo con la me- moria i tempi della mia gioventù insieme con gli amici fedeli: due cartelle per palo e via, fino a sera inoltrata. Rivedo ancora mia mamma (e il cuore mi si gonfia) che con la pila veniva a cercarmi! Poi rifletto, e la tristezza lascia il posto a una gioia spi- rituale poiché se tu hai dei ricordi è perché hai vissuto. Loro invece intorno a un pallone vivono per delle spe- ranze. E allora, visto che i miei due compagni di avventura sono ingegnosi e hanno delle qualità mentre io, come al solito, non faccio un cazzo e sono sempre lì per caso, mi concentro sull’idea di aprire una scuola calcio.
  • 91. - 89 - UNA SCUOLA CALCIO? Luglio – Ottobre 2015 “Il coraggio è un angelo che fa la differenza tra una vita decente e una vita fantastica.” 50 50. Kate Reed (interpretata da Sarah Shahi), nella serie televisiva Fairly Legal.
  • 93. - 91 - IL TERZO VIAGGIO Quando mi accorgo che l'aereo allunga la sua corsa e supera Conakry, il mio cuore per un istante cessa di battere. Era prima che la voce rassicurante del comandante ci informasse che un temporale di grande intensità imper- versava sulla capitale e ci costringeva allo scalo ad A- bidjan, in Costa d'Avorio. Finalmente, dopo 21 ore dalla nostra partenza, possia- mo ricongiungerci nuovamente a Mamady in terra gui- neana. Conakry ormai non la sopporto più, sono un po’ distur- bato da questo tipo di città costruite senza senso e at- torno al nulla. Domenica: in mezzo a un diluvio universale che ha riempito d’acqua le strade, faccio shopping a Madina.51 Devo fare scorta di scarpe Nike (a 10-15 euro il paio!). Poi decido per una capatina allo stadio, anche se la pioggia è continua. Qui sembra non ci facciano caso, l’acqua è ben sopra le caviglie ma tutto è normale e continua imperterrito a scorrere. Lunedì: visita alla Federazione Calcio, con ricevimento ufficiale e consegna del permesso di svolgere l'attività calcistica, solita trafila burocratica ma siamo solo all'i- nizio, spero siano un po’ veloci ma è solo un'illusione. Martedì: una giornataccia. Colpa mia. 51. Il Grande Mercato di Madina, a Conakry, è il più grande dell’Africa Occidentale.
  • 94. - 92 - La sera prima, per far piacere a un amico conosciuto durante il soggiorno precedente, ceno in un ristorante tipico africano e, fra le varie pietanze, ho assaggiato anche la carne di pipistrello essiccata. Ahia!, grave dimenticanza: la volta precedente ero stato male, ma ormai è fatta. Bene, la nottata di martedì e tutta la giornata di merco- ledì ho steso un'autostrada andando avanti e indietro tra il letto e il bagno. Però giovedì mi sono ripreso e la mattina, durante la colazione con vista sull'oceano (le cui onde impazzite arrivavano fino alla vetrata), ecco una delle poche note positive di queste giornate in capitale: la conoscenza con il cantante reggae e guru del popolo guineano, Ta- kana Zion. Mi ha invitato al suo concerto del venerdì. Una meraviglia! Sabato, nella prima giornata soleggiata dopo il diluvio, sono invece stato ospite di Malin Kebe, facoltoso ma- gnate dello spettacolo e presidente del Santoba (squadra di calcio della serie A guineana) che ospitava, per l'ul- tima partita di campionato, la squadra fresca vincitrice del titolo, l’Orehja. Sugli spalti magnifici canti e balli ininterrotti per tutta la durata della partita. Alla fine sono entrato prima in campo e poi negli spo- gliatoi, dove tutti pensavano che fossi il nuovo allenato- re e non c'è stato modo di far loro cambiare idea. Domenica, mentre passiamo vicino allo stadio, mi sem- bra di vedere alcuni giocatori della nostra squadra, il Milo. Con me c’è Zidane e glielo faccio notare: grandi ab- bracci e feste e poi via con loro ad assistere alla partita decisiva per non retrocedere.
  • 95. - 93 - Purtroppo il risultato dice 2 a 1, vale a dire sconfitta e retrocessione. Lunedì finalmente sono pronte le targhe e l'immatrico- lazione delle vetture e sono pronte anche le nostre pa- tenti, la partenza si avvicina. Martedì il fatidico giorno, caricato il convoglio rotta, ed è proprio il caso di usare un termine marinaro visto il diluvio che imperversa da una settimana, verso casa, a Kankan. I 12 giorni trascorsi qui sono di piena e frenetica attivi- tà, però con un dolore lancinante alla schiena che mi perseguita e che non mi permette di camminare Ma gli obbiettivi sono tanti e il tempo non molto, la te- sta deve essere più forte di questo dolore che puoi senti- re ma non devi ascoltare, che può piegarti ma non deve spezzarti. Sono altre le cose che possono spezzarti.
  • 97. - 95 - GLI SCAFISTI Oggi è come fossi salito anch’io su uno di quei barconi, è come fossi lì a osservare gli sforzi assurdi di quei na- vigatori che, sospinti da illusioni effimere, arric- chiscono faccendieri, associazioni, stampa, governanti, tutti complici ingordi a spartirsi i milioni di chi in acqua muore con i suoi sogni. Aprendo la porta di casa scardinata e vedendo tutto in disordine, capiamo (esperienza insegna) che abbiamo avuto visite indesiderate. Il nascondiglio del nostro milione di Fgn (circa 120 eu- ro) che ci serve per vivere è aperto, logico pensare che qualcuno sapesse. I gendarmi fanno le solite domande di rito su chi fre- quenta la casa, chiamano la donna delle pulizie (ma non può essere!) chiamano il ragazzino che ci lava la mac- china, che ci aiuta nei lavori e che mangia con noi e che per noi è come un figlio: no, lui proprio no, ci metto la mano sul fuoco! I gendarmi ritornano con lui. E con i soldi. Ma come … sei come un figlio … bastava che chiedes- si … Mi sento morire dentro. Qui non scherzano: sono da 5 a 10 anni. Senza avvocati, condizionale, rinvii, buona condotta, niente. Oggi ti prendono e da domani cominci la tua pena. Ha 18 anni, una sorella inferma, il padre all'ospedale, la mamma che lavora nei villaggi lì intorno. “Hai rubato per fame? Per la tua famiglia? Per com- prarti il cellulare? Spiega!” Niente di tutto ciò.
  • 98. - 96 - “I miei amici l'anno scorso hanno rubato circa 1900 euro e sono partiti senza di me: Guinea, Mali, Costa d'Avorio, su fino alla Libia. Una volta ai barconi ave- vano ancora 300 euro. Volevano entrare clandestini in Italia ma gli scafisti hanno chiesto 10.000 dollari a te- sta. Sono stati picchiati e derubati e non si sa come so- no riusciti a tornare a casa. Quest'anno ci riprovano e volevo partire anch'io. Ho visto i soldi. Erano tre gior- ni che ci pensavo, anche quando ce n'erano di più. Stamattina mi sono deciso. Ecco, è tutto.” Lo portano via e lo vedo allontanarsi e anche i miei so- gni e le mie illusioni sembrano affondare. La notte passa scandita dalla processione di parenti che chiedono perdono. E se fossimo anche noi a chiedere scusa per avere fal- samente alimentato le speranze di questi popoli, di que- sti giovani? La mattina dopo faccio un disperato tentativo presso la gendarmeria, chiedo perdono per lui, dico che non im- porta, per quei pochi soldi. Alla fine, come sempre, il denaro vince: lascio in rega- lo la refurtiva e ritengono sufficiente fargli firmare una dichiarazione per cui, se nei prossimi mesi sparisce qualcosa, prendono lui. Uscendo cerca di dirmi qualcosa, ma lo fermo dicendo- gli: “Vai a casa e guarda negli occhi tua mamma e se ne leggerai la sofferenza, forse ti salverai.”
  • 99. - 97 - AH, IL CALCIO. Adesso grande partita di pallone, ci sono Mauro e Zi- dane. Le squadre: Milo (3a divisione), la nostra squadra; Si- guirini (1a divisione), l’avversaria. Il polveroso e sconnesso terreno di gioco è senza linee, le porte, quasi quadrate, sono senza le reti. In compenso c’è una stradina, dove ogni tanto passa una moto, che attraversa il campo e c’è pure un albero maestoso in una delle zona del calcio d’angolo. E adesso ci sono 22 giocatori con una moltitudine di maglie di colori diversi che fanno riscaldamento insie- me e ci sono gli occhi di un centinaio di spettatori fe- stanti, la maggior parte bambini. Cosa che mi ricorda che il divertimento è dentro di noi, la felicità stessa è in ogni cosa che facciamo. Mentre il primo pallone viene giocato, da dentro il cuo- re mi torna il brivido datomi dalla felicità di assistere a una delle 10 finali di coppa campioni del Milan (dal vi- vo: l’undicesima, quella con il Real Madrid, ero troppo piccolo). “Saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che in- cuteremo agli avversari!”52 Questo, in francese, dico a un piccolo tifoso in maglia rossonera vicino a me. 52. Frase di Herbert Kilpin (nato a Nottingham nel 1870 e morto a Milano nel 1916). Fondatore il 16.12.1899 del Milan Football and Cricket Club, tra i suoi meriti anche quello di aver scelto i colori rossoneri della maglia.
  • 100. - 98 - Arrivano altri tifosi, ora saranno circa 300 gli spettatori assiepati: incitano, commentano, litigano. Ah, il calcio, la palla. Già, tutto il mondo è paese. Torna alla memoria il nostro campetto, pieno di sassi, le porte costruite da noi con i legni di un falegname, il porticato laterale con le sue colonne era una linea, il magazzino di un ferramenta con il suo muro era l’altra, il cesso del Consorzio erano gli spogliatoi. Un pallone con centinaia di forature aggiustate, gli a- mici del cuore, le prime maglie comprate con il lavoro estivo. Milan, Inter, qualche Juventino: quel nostro campetto per noi era San Siro. Qui nella polvere rossa di Kankan, nell’Impero dell’oro e dei diamanti, delle ricchezze smisurate e nella povertà infinita, dove ogni essere umano vale meno di zero, quasi 50 anni dopo riprovo le stesse emozioni di allora: un pallone che rotola su un campo polveroso, tutti all’inseguimento di un sogno che, se non si realizza, va bene lo stesso. Purché si giochi! Ieri pomeriggio, al campo di calcio dove assisto all’allenamento della mia squadra, il Kankan, come o- gni volta i mister locali e i giocatori mi chiedono consi- gli e tattiche e io, come sempre, nel mio strampalato francese distribuisco delle cagate pazzesche che, col sorriso sulle labbra e l’atten-zione massima, dimostrano comunque di apprezzare. Non riesco tuttavia a spiegare loro la mia visione del gioco del calcio: la palla che si deve amare come la propria compagna, quella sfera rotonda che, anche quando chiudi gli occhi, deve essere tua, che devi senti-
  • 101. - 99 - re come il volto della persona che ami, che devi deside- rare. Allora lei capirà. Facendosi largo tra i più grandi, mi si avvicina un ra- gazzino. Si chiama Djiame, talento mancino allo stato puro, ma- glia di Messi riciclata. Con occhi di un cerbiatto ferito velati da una lacrimuc- cia mi chiede se può parlarmi. Che strana richiesta: “Certo che puoi!” Tutto in francese, fate un po’ voi “Trainer, domani abbiamo una partita decisiva per la coppa ma non abbiamo né il trasporto, né il trainer, che è a Conakry per lavoro. Puoi aiutarci?” Alcuni accompagnatori della squadra dei grandi pensa- no che mi infastidisca e cercano di allontanarlo, ma lo prendo in braccio e gli chiedo cosa posso fare. “Facci da allenatore e accompagna i miei compagni a Siguirini, ti prego.” Non ci penso su due volte e dico sì a una delle giornate più emozionanti di questo mio soggiorno guineano. “Ma tu non vieni?” “No, non ho le scarpe per giocare.” E voi già immaginate: Adidas nuove e partenza di buon’ora l’indomani mattina. Noleggio un furgone con autista (io qui non posso tra- sportare più di due passeggeri). Solo che il furgone ha più cerotti di una farmacia: na- stro per i fanali, nastro per la carrozzeria, ovunque. Arriva alle sette davanti a casa mia, la strada è deserta, c’è una leggera nebbiolina ma comunque è rosseggiante la palla di fuoco che ci osserva e, forse, ride di noi. Il nostro mezzo di trasporto ha 7 posti, oltre a quello dell’autista, ma siamo in 23
  • 102. - 100 - Allora: tutti ammassati dentro, già in divisa, qualcuno in sulla cappotte e altri dietro, sul parafango. In effetti la scena può apparire divertente. Si parte. Pur sapendo che sarebbero stati 540 km, tra andata e ri- torno, di probabili guai, sono felice: per quei bimbi, per quel sogno valeva la pena. Che importanza può avere? Rischiare per qualcosa o qualcuno, ti rende vivo. L’ammasso di ferraglie su quattro ruote sfreccia su strade tortuose e piene di buche, la prima ora di viaggio è trascorsa e abbiamo fatto appena 40 km. Lo stomaco è a pezzi, i ragazzini (sono già scafati) can- tano e ridono a squarciagola. Merendina: una baguette in 20 e sacchettini di acqua. Le buche mi fanno sobbalzare e sbattere tra l’ilarità dei piccoli. Alle 10 e mezza decido di fermarmi e che è il momento di mangiare qualcosa. I ragazzi mi guardano stupiti: non sono abituati a man- giare spesso, ma un’ovazione, al canto di “tobabu ole ale babouli indina indina” mi fa capire che apprezzano. Riso e carne e poi via, verso la meta, passando tra can- yon, colline rocciose e bei villaggi in argilla con basso- rilievi colorati. Mezzogiorno, ancora un’ora e siamo arrivati. Al canto festoso dei leggo il cartello Siguirini, meta del nostro viaggio. Il pullmino mi sembra la curva Sud di rossonera fede. Partita, risultato, coppa … Vi chiederete com’ è finita. Ma cosa importa? Quelle scarpette nuove, lui che gioca, quegli occhi feli- ci per un pallone che rotola, quella foto che tutti hanno
  • 103. - 101 - fortemente voluto, quegli abbracci sentiti e all’una di notte il cartello Kankan, fine di una meravigliosa odis- sea, ecco cosa importa. Oggi, dopo più di un anno, mi chiedo che fine hanno fatto quelle scarpette Adidas rosse comprate veloce- mente e altrettanto velocemente pronte a insaccare il goal vittoria della finale (ebbene, sì: abbiamo vinto!). Saranno riposte in qualche capanna di paglia, in una maison di pietra 4 x 4, oppure calcano i campi erbosi di qualche dorato sogno europeo? Il bimbo era forte, molto forte, ma qui conta poco, non è un equivalenza matematica. I fattori sono troppi. Bisogna fare i conti con la povertà, la denutrizione, le ricchezze a disposizione, l'istruzione … Poi, un giorno, lo vengo a sapere: il suo sogno si è av- verato. Lo hanno preso al Bologna Calcio, dove suo fratello era già in avanscoperta.
  • 105. - 103 - ET VOILA! Ieri in un'intervista, ospite di una radio guineana di Kankan, la domanda rivoltami più volte dai conduttori è stata: “Perché una scuola calcio a Kankan, in un Pa- ese così difficile?” Ripetei più volte che i sogni prima bisogna averli, poi costruirli e infine realizzarli. Ma non sono ancora riuscito ad avere la concessione per l’utilizzo di un campo. È molto difficile aiutare chi non vuole farsi aiutare, ma se possibile è ancora più difficile aiutare te stesso in questi frangenti. Qui non riescono a scrollarsi di dosso secoli di aiuti in- teressati del tipo “ti dò uno e prendo cento”. Finalmente, il Prefetto mi consegna stadio e strutture. Inaugurazione domenica 24 con stampa, televisione, autorità e consegna di tre mute complete da calcio, frut- to del buon cuore di qualche amico che conservo anco- ra dentro alle varie Società in cui sono transitato e di qualche amico di vecchia data che gentilmente mi con- cede anche la possibilità di fare bella figura con delle maglie professionistiche del Chievo. Tutto questo qui, nel cuore dell’Africa!
  • 106. - 104 - … “Perché una scuola calcio a Kankan, in un Paese così difficile?”
  • 107. - 105 - TORNO IN ITALIA, FORSE Sono le 2 e 57. Stanotte sarà l’ultima della mia avventura guineana. Non riesco a dormire, mentre le immagini di questi due ultimi mesi mi scorrono davanti impietose e il cuore è combattuto da sentimenti contrastanti. Così … partenza per Bamako, la capitale del Mali, ap- pena oltre il confine con la Guinea, dove ci attende il nostro volo. Siamo senza soldi, 67 euro in due (che neanche sape- vamo di avere), con il visto scaduto, il visto Maliano da fare e una macchina che non si sa se può passare la frontiera. Ma la decisione è presa: 7000 km ci separano da quel biglietto, 200 km di paesaggi bucati dallo scavare dei minatori e finalmente, dopo almeno tre ore, si giunge in frontiera Non si passa: manca il visto e il nostro lasser-passer 53 non vale. Con 100.000 Fng, come d’incanto, diventa valido. Altra dogana, la macchina non passa, niente da fare. Giù i bagagli e via, due km a piedi e siamo in frontiera. Mali, dogana, manca il visto, siamo morti, azzardiamo e chiediamo il costo: 60 €. Il colonnello ci invita gentilmente a pagare oppure a re- stare volontariamente in prigione finché non ci sono i soldi. Dentro in una cella comodissima e lussuosa in compa- gnia di belle ragazze, televisione, aria condizionata, mangiare e bere a volontà come in Italia? 53. Lascia-passare.
  • 108. - 106 - No. Latrina di 4 metri x 4 con la compagnia non esattamen- te gradevole di altri cinque segregati. Il fetore è insopportabile, bisogna fare attenzione a non addormentarsi, altrimenti si cade nella fogna. Passano tre interminabili ore, non sappiamo cosa fare, non si può telefonare e un po’ di paura serpeggia. Ma il destino dà e il destino toglie; questa volta dà. Entra un tenente e vede Mauro con il cellulare in mano. Lo vuole comprare. La trattativa è lunga ma alla fine arriva il corrisponden- te di 50 euro, ne mancano ancora dieci. Ma non so come, frugando nella borsa, mi ricordo che avevo messo 5 euro dentro la patente e Mauro dentro il beauty case ha delle monete: altri 8 euro. Dopo 4 ore ci liberano, fine di un incubo. Rimaniamo con 3 euro, dobbiamo prendere un taxi. Appena di là della frontiera ne sta partendo uno, Ma- mady ha 6 franchi shefa 54 e riesce a farci salire: io, Mauro e l’autista davanti, dietro sono in 16 ammassati, ma sono abituati L’ennesimo furgone, pure questo da vedere, uno spetta- colo: ruote lisce, sterzo rotto, balestre e sospensioni che non esistono. Si parte. Il fumo sembra la nuvola grigia di un temporale borea- le, il nostro stato d’animo è contraddittorio, ma che spettacolo. Dopo due km, sosta: terzo controllo ebola. Termometro, dati, telefono … vai, riparti. 54 Modo comune di chiamare la moneta ufficiale del Mali, il Franco CFA.
  • 109. - 107 - La sete è terribile, la fame anche, ma sette euro sono preziosi per il dopo. Senza soldi. Mi vengono in mente le parole di un mio amico frater- no, il Jimmy: “Aguzza l’ingegno!” Prendo un paio di jeans mai indossati dalla valigia e chiedo a due ragazzi che viaggiano con noi se lo vo- gliono comprare. Spiego loro la situazione, mi guardano stupiti e tirano fuori dalle tasche 4 Franchi (circa 4€) che per loro sono tanti. Porgo i jeans ma niente da fare, non li vogliono. I soldi li devo prendere lo stesso, mi obbligano, Incredibile! Però siamo salvi, per il momento: due coche e un pani- no da un bimbo affacciato al finestrino per un totale di 3,60 franchi I 40 centesimi di resto? Mancia, a noi non servono più e la catena solidale non deve spezzarsi. Dopo tre ore di gimkane stradali arriviamo alle porte di Bamako: altro controllo ebola, uomini e donne in tute bianche anti contagio. Infine, ecco il parcheggio dei taxi, a 25 km dall’ae- roporto. I tassisti locali ci assediano: i blanc sono ricchi. Ma noi abbiamo solo 7 €, niente da fare. Giustamente, per la distanza, il costo è elevato. “Aguzza l’ingegno.” Spiego a uno più loquace che siamo io un trainer 55 e Mauro un jouer 56 di football. Vai, il calcio italiano fa impazzire qui. 55. Allenatore. 56. Giocatore.
  • 110. - 108 - Roberto Bassi Baggio ... è fatta. Ho in valigia una maglia del Chievo che un mio amico, con grande (e provvidenziale …) generosità, mi aveva donato per i ragazzi locali. Metto insieme i sette euro e la maglia e si parte. Alle 21 e 08, dopo 11 ore di avventure, eccoci all’aeroporto di Bamako. Il volo è alle 2 e 05, sono cinque ore di attesa e la fame e la sete sono terribili. Mi avvicino alla macchina dei caffè per vedere il costo, ma tanto non abbiamo soldi. Mi avvicina una ragazza, l’addetto alla macchina. Il suo datore di lavoro, un francese, le corrisponde un mensile di 40 €. Ha 25 anni, l’età di mio figlio, si chiama Mariam Cone, ha gli occhi profondi e scuri e sa leggere l’anima. Ha anche una profonda cicatrice sul volto: mentre tor- nava dal lavoro l’hanno aggredita per rubarle la moto. Tira fuori due monetine e ci offre un tea. Per ringraziarla posso solo regalarle un sorriso e un merci 57 mentre si allontana, silenziosa come era arri- vata. Quando l’aereo prende quota rivedo il suo volto e forse anche la sua anima che ci accompagna nel cielo buio del Mali. Mariam, lo stipendio è di 40 € ma il suo cuore è senza prezzo. 57. Grazie.
  • 111. - 109 - LA MUSICA NEL CUORE Se dovessi scegliere una definizione per il mio amico Andrea,58 potrei prendere la trama di questo film: La musica nel cuore.59 Magari vi chiedete cosa accomuni lui, allenatore come me, che ama il calcio come me (parlo al presente: non ho mai preso in considerazione l'ipotesi che lui sia dav- vero partito), padre eccellente ed esemplare, di una bontà d'animo che puoi leggere guardandolo negli oc- chi, di una disponibilità che non si può pesare perché non esiste unità di misura che la quantifichi, a un film con delizie musicali a volte inarrivabili. Ecco: durante la sua vita, e in particolare attraverso il calcio, lui emanava una forma speciale di musicalità. Non ho conosciuto uno solo dei suoi allievi che possa aver detto (o anche solo pensato) qualcosa di negativo su di lui. Vuol dire che il suo messaggio, come fosse il suono di uno Stradivari,60 diretto e dolce e allo stesso tempo con ritmi bassi e incalzanti, lavorava dentro i cuori e dentro le teste dei suoi ragazzi. Mi aveva promesso che un giorno, forse, mi avrebbe accompagnato in questo mio sogno afro-calcistico. 58. Andrea Alfonsini, caro amico di Roberto e stimato collega nell’ambito sportivo. 59. Titolo originale August Rush. Film del 2007 diretto da Kirsten Sheridan. 60. Antonio Stradivari (1644-1737) è stato un liutaio italiano e vie- ne considerato uno dei migliori di sempre. Famosi soprattutto i violini da lui costruiti che vengono semplicemente indicati co- me Stradivari.
  • 112. - 110 - Dunque, come quei pensieri belli che ogni tanto ti tor- nano alla memoria, come i suoni notturni che ti cullano nel tuo dolce dormire, come i profumi che senti nell'a- ria anche se non ci sono, l’ho costretto a essere qui con me, dentro al mio cuore, con la sua foto che sorveglia amorevolmente ciò che abbiamo costruito ... “… con la sua foto che sorveglia amorevolmente ciò che abbiamo costruito ...”
  • 113. - 111 - IL CORAGGIO È UN ANGELO … Cosa (o chi ...) ti accompagna, silenzioso nei momenti belli e deciso nei momenti difficili, lungo il percorso della tua vita? La vita è un viaggio. All'inizio non sai nemmeno dove questo viaggio ti por- terà, neanche sai che sei in viaggio e soprattutto perché. … mia madre. Da piccolo hai le persone care che ti aiutano ad affron- tare il percorso e ti aggrappi a loro, al loro amore. E questo ti da coraggio e forza. Guardo una stella, simile a tante altre che illuminano e rendono splendente questa nottata africana. L’emozione che mi pervade è il brivido dell’amore ma- terno. Quante volte in questi quattro anni ho cercato di carpire in qualsiasi cosa, sensazione, profumo, quella scintilla che mi provocava il suo sguardo, ma sono solo illusioni temporanee. Lei è lassù e posso solo pensarla felice che mi osserva, proprio come quella stella. Ma i pensieri si susseguono: che differenza c’è, grande o piccola, se non quella materiale fra il distacco per il naturale evento della vita e quella per la momentanea lontananza? In questo frangente nessuna. Coloro che ti hanno permesso di avere un punto di rife- rimento, che ti hanno fatto da guida, che guardavi am- mirato condurti per mano lungo il percorso, che ti han- no organizzato gli strumenti e i mezzi per poter prose-
  • 114. - 112 - guire da solo, che crescendo hanno potuto essere i tuoi confidenti, ora sono lontani, in luoghi presenti ma tal- mente vicini quasi a sostenerti. … mia moglie. In seguito giunge un momento in cui non ti va più di essere solo a percorrere questo viaggio e allora cerchi una persona che abbia voglia di viaggiare con te e quando la trovi senti che il tuo percorso può arricchirsi, hai la sensazione che una luce nuova lo illumini. Il tuo viaggio cambia, si aggiungono scenari e paesaggi verdeggianti e rigogliosi come questa foresta Guineana. Alle volte puoi anche trovare delle terre aride, degli e- venti naturali tempestosi ma la complicità e la fusione dei due passeggeri rende tutto più facile da superare. Loro sono estemporaneamente la lei, il mio amore. E sempre qui. … i miei figli. Un giorno, però, ti accorgi che tutto ciò che hai impara- to, ciò che stai vedendo, le sensazioni che provi merita- no di essere condivisi con qualcun'altro e di essere an- che tu una guida, costruire una famiglia. Trentacinque e ventisette anni possono sembrare lunghi ma osservando il Niger scorrere lento hai la sensazione che sono solo una minuscola goccia d’acqua nell’ocea- no della vita. È in questi momenti che ti accorgi che, con il passare del tempo, i tuoi passeggeri scendono cercando nuovi viaggi e nuove avventure ma per te sono sempre al tuo fianco con i loro sguardi, a volte severi, tante volte be-
  • 115. - 113 - nevoli che ti danno quel carburante, come linfa vitale, necessario per continuare il tuo incedere. La vita continua, il suo viaggio ti porta nuove gioie, nuovi dolori, fai posto per nuovi passeggeri a cui attin- gere insegnamenti necessari per cercare nuovi percorsi, alle volte illusori, magari carichi di insidie, qualche vol- ta fioriti come giardini reali, ma come petali di fiore per un ape pronti per lasciarti gustare il nettare di un viag- gio fatto per vivere.