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Società estinte – Anche per la Cassazione, la norma non è retroattiva
La Corte di Cassazione si esprime in merito alla disposizione emanata dal Governo concernente gli
effetti della cancellazione delle società, dichiarando che si tratta di una norma che non ha efficacia
retroattiva.
La Cassazione (sentenza 6743 del 2 aprile 2015) si esprime, per la prima volta, relativamente alla
portata applicativa della norma contenuta nel Decreto Semplificazioni ed è una sonora bocciatura,
sia per il Governo che per l’Agenzia delle Entrate.
Ricordiamo che l’art. 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014, stabilisce che:
“Ai soli fini della validità ed efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e
riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495
del codice civile ha effetto trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro Imprese”.
Il tenore letterario del disposto legislativo pecca in molti punti, non prevedendo, nel contempo,
una normativa di transizione, né disciplinando le fattispecie già verificatesi prima dell’entrata in
vigore del decreto (13 dicembre 2014). E la S. C. non lesina rimproveri, tutt’altro che velati,
rimarcando espressamente come, oltre tutto: “Nella stesura delle leggi bisognerebbe osservare le
regole della grammatica italiana”.
Chissà come assorbirà lo smacco il Matteo nazionale, notoriamente allergico a ricevere lezioni e a
essere trattato da scolaretto. D’altronde, uno è quello che dimostra di essere con le azioni che
compie.
L’Agenzia delle Entrate, dal suo canto, si era già più volte espressa, al riguardo, dimostrando di non
voler nemmeno prendere in considerazione le fondate eccezioni di incostituzionalità cui sarebbe
incorsa tale legge, laddove se ne fosse affermata l’irretroattività.
Inizialmente (30/12/2014), nella circolare 31/E, scriveva:
“Sempre nell’ambito della semplificazione fiscale, il comma 4 dell’art. 28 del decreto stabilisce che
– ai soli fini della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e
interessi – l’estinzione della società, disciplinata dall’art. 2495 del codice civile, produce effetto
trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese. Trattandosi di
norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale
riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate
dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”.
Successivamente, dopo gli eventi nazionali di Videoforum Italia-Oggi, Telefisco Il Sole 24 Ore e
Forum Lavoro, nonostante gli Autorevoli pareri dottrinali espressi, l’Agenzia ribadiva (circolare 6/E
del 19 febbraio 2015) che:
“Trattandosi di una norma procedurale che disciplina le fasi di attuazione del tributo, a partire dal
13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del D.lgs. n. 175 del 2014), la stessa, per sua natura,
trova applicazione anche per le attività di controllo riferite a società che hanno già chiesto la
cancellazione dal Registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della predetta
data, nonché per attività di controllo riguardanti periodi precedenti a tale data (ovviamente nel
rispetto dei termini di prescrizione e decadenza previsti dalla legge). Di conseguenza, a seguito
dell’entrata in vigore della norma in esame tutti gli avvisi di accertamento saranno notificati alle
società cancellate secondo le nuove regole. Resta inteso che l’articolo 28 trova applicazione anche
con riguardo agli atti di accertamento, di liquidazione e della riscossione, ancorché interessati da
contenzioso, notificati prima dell’ entrata in vigore del decreto Semplificazioni e relativi a società
cancellate prima dell’entrata in vigore della norma in esame.”
Peraltro, fin da subito, la Giurisprudenza di Merito non era stata dello stesso avviso. Si Veda la
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia 5/2/2015, citata anche nel nostro precedente
post: “Cancellazione delle società estinte: retroattività?”, al seguente link:
http://paolosoro.softfobia.it/news/410/Cancellazione-delle-societa-estinte-retroattivita.html
Ora, arriva anche il sigillo della Cassazione a confermare che il Governo, nel legiferare (oltre ad
abusare della Delega) ha avuto le idee alquanto confuse e l’Agenzia delle Entrate, lo ha
inopinatamente seguito a ruota nel fornirne un’interpretazione illegittima.
Come noto, la cancellazione di una società di capitali dal Registro delle imprese ha efficacia
costitutiva, nel senso che determina l’immediata estinzione dell’ente, indipendentemente
dall’esaurimento dei rapporti giuridici a esso facenti capo. Alla cancellazione segue un fenomeno
di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni della società si trasferiscono in capo ai soci che
ne rispondono entro certi limiti.
Il Giudice di Legittimità ricorda che, secondo l’articolo 11 delle Preleggi:
“La legge non dispone che per l’avvenire”.
Oltre a ciò, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, dello Statuto dei Diritti del Contribuente (L.
212/2000):
“Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”, salvo i casi di interpretazione autentica.
I Giudici di Piazza Cavour, rilevano che il Legislatore Delegato non aveva il potere di derogare alla
Legge 212 del 2000, perché la legge di delegazione gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare
lo Statuto dei Diritti del Contribuente, quindi, anche il comma 3, dell’art. 1:
“Occorre prendere atto che, in concreto, il testo della disposizione non consente di individuare
alcun indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma 1, dell’art. 3, dello
Statuto dei Diritti del Contribuente. Più in dettaglio, l’enunciato della disposizione in esame non
autorizza ad attribuire effetti di sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le
quali la richiesta di cancellazione e l’estinzione siano intervenute anteriormente al 13 dicembre
2014. La stessa relazione illustrativa al decreto legislativo non affronta in alcun modo la questione
dell’eventuale efficacia retroattiva della norma”.
Conseguentemente:
“Il comma 4, dell’articolo 28, del decreto legislativo 175/2014, recante disposizioni di natura
sostanziale sulla capacità della società cancellata dal Registro delle Imprese, non ha efficacia
retroattiva e, pertanto, il differimento quinquennale (operante nei soli confronti
dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nello stesso
comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti
dall’art. 2495, secondo comma, codice civile si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di
cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di
tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13 dicembre
2014 o successivamente)”.
Altri elementi di notevole importanza che si ritrovano nella sentenza della Cassazione, sono:
1. La validità della norma in argomento, non solo per le società di capitali, ma anche per le
società di persone;
2. L’intuibile equiparazione degli effetti della disposizione pure nella fattispecie di
cancellazioni effettuate d’ufficio da parte delle Camere di Commercio, nel caso di mancato
deposito di tre bilanci di liquidazione;
3. I potenziali profili di incostituzionalità della norma per eccesso di Delega.
Il Fisco, insomma, perlomeno questa volta, dovrà mettersi l’anima in pace e limitarsi ad azionare
l’eventuale termine quinquennale esclusivamente nei confronti delle società che hanno richiesto
la cancellazione a decorrere dal 13 dicembre 2014.

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  • 1. Società estinte – Anche per la Cassazione, la norma non è retroattiva La Corte di Cassazione si esprime in merito alla disposizione emanata dal Governo concernente gli effetti della cancellazione delle società, dichiarando che si tratta di una norma che non ha efficacia retroattiva. La Cassazione (sentenza 6743 del 2 aprile 2015) si esprime, per la prima volta, relativamente alla portata applicativa della norma contenuta nel Decreto Semplificazioni ed è una sonora bocciatura, sia per il Governo che per l’Agenzia delle Entrate. Ricordiamo che l’art. 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014, stabilisce che: “Ai soli fini della validità ed efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile ha effetto trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro Imprese”. Il tenore letterario del disposto legislativo pecca in molti punti, non prevedendo, nel contempo, una normativa di transizione, né disciplinando le fattispecie già verificatesi prima dell’entrata in vigore del decreto (13 dicembre 2014). E la S. C. non lesina rimproveri, tutt’altro che velati, rimarcando espressamente come, oltre tutto: “Nella stesura delle leggi bisognerebbe osservare le regole della grammatica italiana”. Chissà come assorbirà lo smacco il Matteo nazionale, notoriamente allergico a ricevere lezioni e a essere trattato da scolaretto. D’altronde, uno è quello che dimostra di essere con le azioni che compie. L’Agenzia delle Entrate, dal suo canto, si era già più volte espressa, al riguardo, dimostrando di non voler nemmeno prendere in considerazione le fondate eccezioni di incostituzionalità cui sarebbe incorsa tale legge, laddove se ne fosse affermata l’irretroattività. Inizialmente (30/12/2014), nella circolare 31/E, scriveva: “Sempre nell’ambito della semplificazione fiscale, il comma 4 dell’art. 28 del decreto stabilisce che – ai soli fini della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi – l’estinzione della società, disciplinata dall’art. 2495 del codice civile, produce effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese. Trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”. Successivamente, dopo gli eventi nazionali di Videoforum Italia-Oggi, Telefisco Il Sole 24 Ore e Forum Lavoro, nonostante gli Autorevoli pareri dottrinali espressi, l’Agenzia ribadiva (circolare 6/E del 19 febbraio 2015) che: “Trattandosi di una norma procedurale che disciplina le fasi di attuazione del tributo, a partire dal 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del D.lgs. n. 175 del 2014), la stessa, per sua natura, trova applicazione anche per le attività di controllo riferite a società che hanno già chiesto la
  • 2. cancellazione dal Registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della predetta data, nonché per attività di controllo riguardanti periodi precedenti a tale data (ovviamente nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza previsti dalla legge). Di conseguenza, a seguito dell’entrata in vigore della norma in esame tutti gli avvisi di accertamento saranno notificati alle società cancellate secondo le nuove regole. Resta inteso che l’articolo 28 trova applicazione anche con riguardo agli atti di accertamento, di liquidazione e della riscossione, ancorché interessati da contenzioso, notificati prima dell’ entrata in vigore del decreto Semplificazioni e relativi a società cancellate prima dell’entrata in vigore della norma in esame.” Peraltro, fin da subito, la Giurisprudenza di Merito non era stata dello stesso avviso. Si Veda la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia 5/2/2015, citata anche nel nostro precedente post: “Cancellazione delle società estinte: retroattività?”, al seguente link: http://paolosoro.softfobia.it/news/410/Cancellazione-delle-societa-estinte-retroattivita.html Ora, arriva anche il sigillo della Cassazione a confermare che il Governo, nel legiferare (oltre ad abusare della Delega) ha avuto le idee alquanto confuse e l’Agenzia delle Entrate, lo ha inopinatamente seguito a ruota nel fornirne un’interpretazione illegittima. Come noto, la cancellazione di una società di capitali dal Registro delle imprese ha efficacia costitutiva, nel senso che determina l’immediata estinzione dell’ente, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici a esso facenti capo. Alla cancellazione segue un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni della società si trasferiscono in capo ai soci che ne rispondono entro certi limiti. Il Giudice di Legittimità ricorda che, secondo l’articolo 11 delle Preleggi: “La legge non dispone che per l’avvenire”. Oltre a ciò, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, dello Statuto dei Diritti del Contribuente (L. 212/2000): “Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”, salvo i casi di interpretazione autentica. I Giudici di Piazza Cavour, rilevano che il Legislatore Delegato non aveva il potere di derogare alla Legge 212 del 2000, perché la legge di delegazione gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare lo Statuto dei Diritti del Contribuente, quindi, anche il comma 3, dell’art. 1: “Occorre prendere atto che, in concreto, il testo della disposizione non consente di individuare alcun indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma 1, dell’art. 3, dello Statuto dei Diritti del Contribuente. Più in dettaglio, l’enunciato della disposizione in esame non autorizza ad attribuire effetti di sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le quali la richiesta di cancellazione e l’estinzione siano intervenute anteriormente al 13 dicembre 2014. La stessa relazione illustrativa al decreto legislativo non affronta in alcun modo la questione dell’eventuale efficacia retroattiva della norma”. Conseguentemente:
  • 3. “Il comma 4, dell’articolo 28, del decreto legislativo 175/2014, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal Registro delle Imprese, non ha efficacia retroattiva e, pertanto, il differimento quinquennale (operante nei soli confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, codice civile si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13 dicembre 2014 o successivamente)”. Altri elementi di notevole importanza che si ritrovano nella sentenza della Cassazione, sono: 1. La validità della norma in argomento, non solo per le società di capitali, ma anche per le società di persone; 2. L’intuibile equiparazione degli effetti della disposizione pure nella fattispecie di cancellazioni effettuate d’ufficio da parte delle Camere di Commercio, nel caso di mancato deposito di tre bilanci di liquidazione; 3. I potenziali profili di incostituzionalità della norma per eccesso di Delega. Il Fisco, insomma, perlomeno questa volta, dovrà mettersi l’anima in pace e limitarsi ad azionare l’eventuale termine quinquennale esclusivamente nei confronti delle società che hanno richiesto la cancellazione a decorrere dal 13 dicembre 2014.