1. La proposta del CeRM: i fondi aperti per il welfare
Fabio Pammolli e Nicola C. Salerno
La spesa sanitaria è, tra le voci del welfare system, quella che pone i più urgenti problemi di
sostenibilità finanziaria di medio-lungo termine. Alcuni esempi, a partire dalle più recenti proiezioni
Ecofin, Ocse e Fmi, ne danno percezione.
Per stabilizzare l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Pil al livello attuale, nel 2050 il
coverage del Ssn italiano dovrebbe ridursi dall’attuale 75% circa al 50% se si fa riferimento allo
scenario centrale di Ecofin, oppure significativamente al di sotto del 50% se si fa riferimento allo
scenario a più intensa crescita tracciato da Ocse/Fmi.
Secondo le proiezioni Ocse/Fmi o quelle dello scenario «tecnologico» di Ecofin, per ricondurre il
debito pubblico italiano al 60% del Pil nel 2050, sarebbe necessario far partire oggi profilo di avanzi
di bilancio continuamente crescente sino a superare il 10% del Pil, con conseguente totale
«ingessamento» della politica di bilancio.
In Italia, oggi, ogni persona occupata finanzia la spesa pubblica per pensioni e sanità dedicata ai 65+
con risorse equivalenti ad oltre il 52,6% del Pil pro-capite. Al 2050, questo valore sarà del 62,3% se
si considerano le proiezioni per pensioni e sanità dello scenario centrale di Ecofin; e del 71,5% se le
proiezioni della sanitaria sono quelle dello scenario a più intensa crescita di Ocse/Fmi. Nella media
Ue-15, i tre valori sono rispettivamente 36,2, 51,5 e 60,4%.
Le risorse da dedicare al finanziamento della sanità non potranno più derivare unicamente dai redditi
prodotti anno per anno (la ripartizione o pay-as-you-go), se si vogliono evitare effetti depressivi
sull’occupazione, gli investimenti, la produttività; effetti che, oltre che bloccare lo sviluppo
economico, si ripercuoterebbero sulla stessa sanità con risorse disponibili sempre più scarse rispetto
alle esigenze. Ma non sarà solo il pay-as-you-go pubblico a dimostrarsi incapace di sostenere, da
solo, il peso del finanziamento. Per le stesse ragioni, si dimostreranno insufficienti anche i criteri di
finanziamento oggi prevalenti in ambito privato, ovvero la mutualità diretta tra gruppi (quella delle
società di mutuo soccorso) e il pooling delle coperture assicurative (ancorché assistito da screaming e
da strumenti di separazione tra categorie di assistiti).
Se è ormai chiara la necessità di costruire un assetto multipillar, non è invece altrettanto chiaro che
l’unica maniera per complementare e bilanciare il pay-as-you-go è l’introduzione di canale privato a
capitalizzazione reale, l’unico in grado di valorizzare i risparmi, sostenere gli investimenti produttivi
e generare risorse da dedicare alla sanità.
Pammolli e Salerno, sul sito del CeRM (www.cermlab.it), avanzano una proposta operativa concreta
su come strutturare il pilastro privato. Suggeriscono il disegno di fondi aperti a capitalizzazione
coprenti prestazioni sia pensionistiche che sanitarie. Li battezzano fondi welfare. Tali fondi
opererebbero attraverso l’accumulazione dei contributi su conti individuali, e tra i loro asset si
munirebbero di coperture assicurative collettive per i rischi sanitari maggiori e la Ltc.
Sono numerose la caratteristiche positive che questi nuovi strumenti potrebbe esprimere, sia rispetto
al monopillar pubblico, sia rispetto ad un multipillar in cui la componente privata si sostanziasse
esclusivamente o principalmente di coperture assicurative in senso stretto. Sul sito del CeRM queste
caratteristiche sono descritte in dettaglio, per stimolare un dibattito il più possibile concludente sulle
scelte.
CeRM (Roma) – www.cermlab.it | cermlab@cermlab.it