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Ceppaloni, la nascita, il nome - di Simone Porcaro
di Simone Porcaro Nell'anno 847, per alcuni 849, le terre della "Longobardia Minor" vennero divise in principato di
Benevento e principato di Salerno. La suddivisione non fu affatto pacifica, anzi, si risolse, dopo dodici anni di lotte, con
la battaglia di Furculo (centro abitato posto nella valle del Sabato, ai piedi del costone di "Guardia" nel territorio
dell'attuale comune di Torrioni, comune autonomo dal 1922, mentre in precedenza apparteneva al Comune di
Montefusco): vinse il salernitano Siconolfo sul beneventano Radelchi e conseguentemente la cosa portò grossi vantaggi
territoriali al primo. Tutte le terre comprese tra il Sabato e la montagna di Cancello e fino a Chianchetelle (e più
precisamente fino al Triggio di Chianche, luogo attraversato dall'antichissima via per le Puglie), andarono a formare il
gastaldato di Furculo, mentre quelle di Barba, Altavilla e Prata furono aggregate al gastaldato di Rota: entrambi
gastaldati del territorio salernitano. Appena dopo la sistemazione dei confini tra le due parti, Salerno iniziò ad erigere,
nel punto più alto di Chianchetelle, un castello con cinta turrita, dal quale si dominava la via Antiqua Majore (di essa
così scrisse Olstenio: "Haec autem via Benevento, deflecto meridiem versus iuxta Sabatum fluvium ubi transit
angustiae Barbae, ut vocant; atque ita Abellinum perducit; atque inde pono Picentiam, quamvis nunc Salernum potius
catur") e l'intera valle del Sabato. A questo punto, Benevento fu costretta a fare altrettanto, ed eresse un suo castello
di fronte e in opposizione a quello salernitano, sul monte di Ceppaloni. Naturalmente, i due castelli avevano, prima di
tutto, una grossa importanza militare perché, oltre a poter controllare quanto avveniva sull'Antiqua Majore,
controllavano lo Stretto di Barba, allora giustamente ritenuto dagli storici "il passo più geloso del tempo". Ed ecco
quanto sui suddetti fatti scrisse Ferdinando Hirsch: "Dopo l'anno 849, si decise di fondare un castello importante per
guardare i territori beneventani, di fronte la montagna di Cancello che era salernitana, quindi sul monte di CeppaIoni.
E' un castello di pari potenza di quello sulla montagna di Cancello, quest'ultimo a guardia della sottostante Antiqua
Majore e della frontale fortezza (nemica), dove ora sorge Chianchetelle". Sulle colline poste sulla destra e sulla sinistra
della "forcula Valvis", sì ripeté, insomma, ciò che era accaduto oltre un millennio prima, quando i Romani, occupate le
terre sannite del Beneventano, ma non quelle dell'Irpinia, eressero, dove oggi c'è Chianche, un "castrum" (campo
militare fortificato a difesa del territorio) con numerosa guarnigione (tanto numerosa da meritare un impianto termale
nel vallone di Bagnara) in opposizione alla potente roccaforte sannita di Barba, tenuta dagli Irpini. Il "burgus", ossia le
case dei popolani intorno al castello, stentò parecchio a crescere, a causa di più fatti negativi, che si ebbero l'uno dopo
l'altro nella zona. In primo luogo, il castello nacque per adempiere funzioni di carattere militare e, quindi, la
popolazione civile non trovò facile accoglienza; in secondo luogo, influirono negativamente le concessioni fatte ai
Beneventani dai vari governanti, per l'uso gratuito della "facoltà di pascolare e tagliare legna nel demanio regio, nel
territorio circostante la città, sino alla distanza di mezza giornata di cammino", cosa che favorì la presenza continua dei
Beneventani nel Ceppalonese, e quindi senza possibilità di fermarvisi per altri. Tali concessioni incominciarono con il
normanno Guglielmo II il Buono, intorno al 1260, e questo è l'atto originale relativo: "Concedimus etiam omnibus
supradictis locis et personis ut per dimidiam dietam in circuitu Beneventi in demanio nostro pascua habeant et cedua
ligna incidant", in pratica, i cittadini beneventani, con tale atto, venivano esentati dal pagamento, a seconda della
qualifica del terreno: del "boscatico", del "legnatico", dello "Stirpatico" o del "diritto di pastura". Le concessioni fatte da
Guglielmo II furono rinnovate anche da Enrico VI, figlio del Barbarossa e, infine, da Federico II, nel 1209. In terzo luogo
contribuì, anche se in misura minore, pure la natura selvosa del terreno del colle e delle sue pendici che non
permetteva un'agricoltura capace di dare alla popolazione i prodotti necessari all'alimentazione: ai piedi della
collinetta, infatti, avemmo la prima "starza" (grosso podere coltivato in un feudo e con casa colonica) solamente agli
inizi del secolo XIII, con la messa in coltura delle terre delle località Parisi e Taranguli. Con lo sviluppo dell'agricoltura,
cominciò a crescere di numero anche la popolazione e, finalmente, possiamo dire che essa nella "Terra di Corpo"
(Ceppaloni capoluogo), nel 1686, contava 51 famiglie (notizia dai Registri parrocchiali di S. Nicola). Il termine
Ceppaloni, noi lo abbiamo letto per la prima volta ne "II ducato di Benevento" di Ferdinando Kirsch, sotto il titolo di
"monte di Ceppaloni" e sul quale, poi, è sorto un castello e, quindi, un abitato. Abbiamo attentamente cercato nella
descrizione del tracciato dell'antichissima via per le Puglie (la Calatia-Luceria) e di Ceppaloni non si trova alcun
cenno; infatti, questo è quanto è riferito al tratto che attraversava le nostre zone: "Da monte Pino scende al Corvo e
continua per monte Tiglio, per il vallone di San Giovanni de lu Pinu, per l'una Petra (Barba) e l'altra Petra
(Monterocchetto) e giunge ad Eclanum". Abbiamo attentamente esaminato le notizie relative al diverticolo (via Aquilia)
che dalla via Appia, dopo aver superato il Corvo, attraversava il Corbulo di San Leucio, l'attuale Masseria Alfieri e
terminava confluendo nell'Antiqua Majore, nei pressi dello Stretto di Barba, ma nemmeno qui abbiamo trovato alcun
riferimento. Tenuto conto che i tracciati delle due suddette strade correvano l'uno a nord e l'altro a sud della collina,
dobbiamo ritenere che il nome "Ceppaloni", prima dell'anno 849, si riferiva solo al monticello boscoso e non ad alcuni
insediamenti. Sulle ragioni del nome si sono fatte diverse ipotesi, ma noi crediamo che solo due siano le più attendibili:
L' “Ara Cibelis” e le “grosse ceppaie di castagno”. Circa l'Ara di Cibele, Fra Arcangelo da
Montesarchio, nella sua “Cronistoria”, riferisce che i Romani, dopo la vittoria di Boviarum sui Sanniti,
eressero a gloria dei loro Numi, nelle terre conquistate, sei are e, tra le quali, quella a Cibale su un monte della valle
del Sabato. Da Cibele, il colle prese il nome e Cepalones, che poi divenne Ceppaloni. La seconda ipotesi, ossia quella
relativa alle ceppaie, ha le stesse probabilità della prima, perché è certo che la zona tutta, nel passato, era ricca di
alberi, specialmente di castagno, al taglio dei quali si ebbe la formazione di numerose ceppaie che tuttora vegetano
nelle nostre terre. Il termine “ceppa o ceppula” è voce assai comune del nostro dialetto, e siccome la
parlata degli avi è la migliore via attraverso la quale si scopre gran parte del passato di un popolo, è da ritenere molto
probabile che le "ceppule" che venivano a formarsi per il taglio di castagni, ceppule che col tempo diventavano sempre
più ingrossate, tanto da determinare l'accrescitivo "ceppuloni", abbiano dato il nome alla collina, nome che, col
passare del tempo, venne ammodernato in "Ceppaloni" e attribuito anche al suo castello e al suo burgus.
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Ceppaloni la nascita e il nome

  • 1. Ceppaloni, la nascita, il nome - di Simone Porcaro di Simone Porcaro Nell'anno 847, per alcuni 849, le terre della "Longobardia Minor" vennero divise in principato di Benevento e principato di Salerno. La suddivisione non fu affatto pacifica, anzi, si risolse, dopo dodici anni di lotte, con la battaglia di Furculo (centro abitato posto nella valle del Sabato, ai piedi del costone di "Guardia" nel territorio dell'attuale comune di Torrioni, comune autonomo dal 1922, mentre in precedenza apparteneva al Comune di Montefusco): vinse il salernitano Siconolfo sul beneventano Radelchi e conseguentemente la cosa portò grossi vantaggi territoriali al primo. Tutte le terre comprese tra il Sabato e la montagna di Cancello e fino a Chianchetelle (e più precisamente fino al Triggio di Chianche, luogo attraversato dall'antichissima via per le Puglie), andarono a formare il gastaldato di Furculo, mentre quelle di Barba, Altavilla e Prata furono aggregate al gastaldato di Rota: entrambi gastaldati del territorio salernitano. Appena dopo la sistemazione dei confini tra le due parti, Salerno iniziò ad erigere, nel punto più alto di Chianchetelle, un castello con cinta turrita, dal quale si dominava la via Antiqua Majore (di essa così scrisse Olstenio: "Haec autem via Benevento, deflecto meridiem versus iuxta Sabatum fluvium ubi transit angustiae Barbae, ut vocant; atque ita Abellinum perducit; atque inde pono Picentiam, quamvis nunc Salernum potius catur") e l'intera valle del Sabato. A questo punto, Benevento fu costretta a fare altrettanto, ed eresse un suo castello di fronte e in opposizione a quello salernitano, sul monte di Ceppaloni. Naturalmente, i due castelli avevano, prima di tutto, una grossa importanza militare perché, oltre a poter controllare quanto avveniva sull'Antiqua Majore, controllavano lo Stretto di Barba, allora giustamente ritenuto dagli storici "il passo più geloso del tempo". Ed ecco quanto sui suddetti fatti scrisse Ferdinando Hirsch: "Dopo l'anno 849, si decise di fondare un castello importante per guardare i territori beneventani, di fronte la montagna di Cancello che era salernitana, quindi sul monte di CeppaIoni. E' un castello di pari potenza di quello sulla montagna di Cancello, quest'ultimo a guardia della sottostante Antiqua Majore e della frontale fortezza (nemica), dove ora sorge Chianchetelle". Sulle colline poste sulla destra e sulla sinistra della "forcula Valvis", sì ripeté, insomma, ciò che era accaduto oltre un millennio prima, quando i Romani, occupate le terre sannite del Beneventano, ma non quelle dell'Irpinia, eressero, dove oggi c'è Chianche, un "castrum" (campo militare fortificato a difesa del territorio) con numerosa guarnigione (tanto numerosa da meritare un impianto termale nel vallone di Bagnara) in opposizione alla potente roccaforte sannita di Barba, tenuta dagli Irpini. Il "burgus", ossia le case dei popolani intorno al castello, stentò parecchio a crescere, a causa di più fatti negativi, che si ebbero l'uno dopo l'altro nella zona. In primo luogo, il castello nacque per adempiere funzioni di carattere militare e, quindi, la popolazione civile non trovò facile accoglienza; in secondo luogo, influirono negativamente le concessioni fatte ai Beneventani dai vari governanti, per l'uso gratuito della "facoltà di pascolare e tagliare legna nel demanio regio, nel territorio circostante la città, sino alla distanza di mezza giornata di cammino", cosa che favorì la presenza continua dei Beneventani nel Ceppalonese, e quindi senza possibilità di fermarvisi per altri. Tali concessioni incominciarono con il normanno Guglielmo II il Buono, intorno al 1260, e questo è l'atto originale relativo: "Concedimus etiam omnibus supradictis locis et personis ut per dimidiam dietam in circuitu Beneventi in demanio nostro pascua habeant et cedua ligna incidant", in pratica, i cittadini beneventani, con tale atto, venivano esentati dal pagamento, a seconda della qualifica del terreno: del "boscatico", del "legnatico", dello "Stirpatico" o del "diritto di pastura". Le concessioni fatte da Guglielmo II furono rinnovate anche da Enrico VI, figlio del Barbarossa e, infine, da Federico II, nel 1209. In terzo luogo contribuì, anche se in misura minore, pure la natura selvosa del terreno del colle e delle sue pendici che non permetteva un'agricoltura capace di dare alla popolazione i prodotti necessari all'alimentazione: ai piedi della collinetta, infatti, avemmo la prima "starza" (grosso podere coltivato in un feudo e con casa colonica) solamente agli inizi del secolo XIII, con la messa in coltura delle terre delle località Parisi e Taranguli. Con lo sviluppo dell'agricoltura, cominciò a crescere di numero anche la popolazione e, finalmente, possiamo dire che essa nella "Terra di Corpo" (Ceppaloni capoluogo), nel 1686, contava 51 famiglie (notizia dai Registri parrocchiali di S. Nicola). Il termine Ceppaloni, noi lo abbiamo letto per la prima volta ne "II ducato di Benevento" di Ferdinando Kirsch, sotto il titolo di "monte di Ceppaloni" e sul quale, poi, è sorto un castello e, quindi, un abitato. Abbiamo attentamente cercato nella descrizione del tracciato dell'antichissima via per le Puglie (la Calatia-Luceria) e di Ceppaloni non si trova alcun cenno; infatti, questo è quanto è riferito al tratto che attraversava le nostre zone: "Da monte Pino scende al Corvo e continua per monte Tiglio, per il vallone di San Giovanni de lu Pinu, per l'una Petra (Barba) e l'altra Petra (Monterocchetto) e giunge ad Eclanum". Abbiamo attentamente esaminato le notizie relative al diverticolo (via Aquilia) che dalla via Appia, dopo aver superato il Corvo, attraversava il Corbulo di San Leucio, l'attuale Masseria Alfieri e terminava confluendo nell'Antiqua Majore, nei pressi dello Stretto di Barba, ma nemmeno qui abbiamo trovato alcun riferimento. Tenuto conto che i tracciati delle due suddette strade correvano l'uno a nord e l'altro a sud della collina, dobbiamo ritenere che il nome "Ceppaloni", prima dell'anno 849, si riferiva solo al monticello boscoso e non ad alcuni insediamenti. Sulle ragioni del nome si sono fatte diverse ipotesi, ma noi crediamo che solo due siano le più attendibili: L' “Ara Cibelis” e le “grosse ceppaie di castagno”. Circa l'Ara di Cibele, Fra Arcangelo da Montesarchio, nella sua “Cronistoria”, riferisce che i Romani, dopo la vittoria di Boviarum sui Sanniti, eressero a gloria dei loro Numi, nelle terre conquistate, sei are e, tra le quali, quella a Cibale su un monte della valle del Sabato. Da Cibele, il colle prese il nome e Cepalones, che poi divenne Ceppaloni. La seconda ipotesi, ossia quella relativa alle ceppaie, ha le stesse probabilità della prima, perché è certo che la zona tutta, nel passato, era ricca di alberi, specialmente di castagno, al taglio dei quali si ebbe la formazione di numerose ceppaie che tuttora vegetano nelle nostre terre. Il termine “ceppa o ceppula” è voce assai comune del nostro dialetto, e siccome la parlata degli avi è la migliore via attraverso la quale si scopre gran parte del passato di un popolo, è da ritenere molto probabile che le "ceppule" che venivano a formarsi per il taglio di castagni, ceppule che col tempo diventavano sempre più ingrossate, tanto da determinare l'accrescitivo "ceppuloni", abbiano dato il nome alla collina, nome che, col passare del tempo, venne ammodernato in "Ceppaloni" e attribuito anche al suo castello e al suo burgus. Ceppaloni.net - Ceppaloni in Rete http://www.ceppaloni.net Realizzata con Joomla! Generata: 9 March, 2008, 22:17
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