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MARCO KROGH
NOTAIO
Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di
impresa sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno
2016, n. 106. (GU Serie Generale n.167 del 19-07-2017) note: Entrata in vigore del
provvedimento: 20/07/2017
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
Vista la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma
del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile
universale;
Visto in particolare l'articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del
2016 che prevede l'adozione di un decreto legislativo per la revisione della
disciplina in materia di impresa sociale;
Visto l'articolo 6 della legge n. 106 del 2016, recante il criterio di delega
relativo al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa
sociale, tenuto conto di quanto previsto dagli articoli 2, 4 e 9 della
medesima legge;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella
riunione del 12 maggio 2017;
Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28
giugno 2017;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
art. 1, D.Lgs. 3 .7.2017, n. 112
Nozione e qualifica di impresa sociale
1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi
quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformita'
alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e
principale un'attivita' d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e
per finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale, adottando modalita' di
gestione responsabili e trasparenti e favorendo il piu' ampio
coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle
loro attivita'.
2. Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le societa'
costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
MARCO KROGH
NOTAIO
n. 165, e successive modificazioni, e gli enti i cui atti costitutivi limitino,
anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli
soci o associati.
3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente
decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui
all'articolo 2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in
forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non
diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle
finalita' di tali enti, recepisca le norme del presente decreto. Per lo
svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e
devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui
all'articolo 9.
4. Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre
1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Alle
cooperative sociali e ai loro consorzi, le disposizioni del presente decreto si
applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in
quanto compatibili, fermo restando l'ambito di attivita' di cui all'articolo 1
della citata legge n. 381 del 1991, come modificato ai sensi dell'articolo 17,
comma 1.
5. Alle imprese sociali si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni
del presente decreto, le norme del codice del Terzo settore di cui all'articolo
1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, e, in
mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le
relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui
l'impresa sociale e' costituita.
6. Le disposizioni del presente decreto si applicano in quanto compatibili
con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
7. Le disposizioni del presente decreto non si applicano agli enti di cui al
decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.
art. 2, D.Lgs. 3 .7.2017, n. 112
Attività d’impresa di interesse generale
1. L'impresa sociale esercita in via stabile e principale una o piu' attivita'
d'impresa di interesse generale per il perseguimento di finalita' civiche,
solidaristiche e di utilita' sociale. Ai fini del presente decreto, si considerano di
interesse generale, se svolte in conformita' alle norme particolari che ne
disciplinano l'esercizio, le attivita' d'impresa aventi ad oggetto:
MARCO KROGH
NOTAIO
a) interventi e servizi sociali ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge
8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, ed interventi, servizi e
prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive
modificazioni, e di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive
modificazioni;
b) interventi e prestazioni sanitarie;
c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri del 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;
d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge
28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche' le attivita' culturali
di interesse sociale con finalita' educativa;
e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento
delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle
risorse naturali, con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di
raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del
paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive
modificazioni;
g) formazione universitaria e post-universitaria;
h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
i) organizzazione e gestione di attivita' culturali, artistiche o ricreative di
interesse sociale, incluse attivita', anche editoriali, di promozione e diffusione
della cultura e della pratica del volontariato, e delle attivita' di interesse
generale di cui al presente articolo;
j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell'articolo
16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive
modificazioni;
k) organizzazione e gestione di attivita' turistiche di interesse sociale,
culturale o religioso;
l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della
dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione
del bullismo ed al contrasto della poverta' educativa;
m) servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore
resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da
imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;
MARCO KROGH
NOTAIO
n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n.
125, e successive modificazioni;
o) attivita' commerciali, produttive, di educazione e informazione,
di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di
certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e
solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore
operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese
in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a
promuovere l'accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento
di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo
del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle
normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di
condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali,
nonche' di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;
p) servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del
lavoro dei lavoratori e delle persone di cui al comma 4;
q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture
22 aprile 2008, e successive modificazioni nonche' ogni altra attivita' di
carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali,
sanitari, culturali, formativi o
lavorativi;
r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
s) microcredito, ai sensi dell'articolo 111 del decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
t) agricoltura sociale, ai sensi dell'articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n.
141, e successive modificazioni;
u) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
v) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla
criminalita' organizzata.
2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilita' sociale di
cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, nonché delle finalità
e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del codice del Terzo settore di cui
all'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106,
l'elenco delle attività d'impresa di interesse generale di cui al comma 1
puo' essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
MARCO KROGH
NOTAIO
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa
intesa in sede di Conferenza unificata, acquisito il parere delle commissioni
parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di
trasmissione del decreto, decorsi i quali quest'ultimo puo' essere comunque
adottato.
3. Ai fini di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l'attivita' per
la quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi
complessivi dell'impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali.
4. Ai fini del presente decreto, si considera comunque di interesse generale,
indipendentemente dal suo oggetto, l'attività d'impresa nella quale, per
il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono
occupati:
a) lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, numero 99), del
regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e
successive modificazioni;
b) persone svantaggiate o con disabilita' ai sensi dell'articolo 112, comma
2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni,
nonché persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto
legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e
persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all'articolo 2, quarto
comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una
condizione di povertà' tale da non poter reperire e mantenere un'abitazione in
autonomia.
5. Ai fini di cui al comma 4, l'impresa sociale impiega alle sue dipendenze
un numero di persone di cui alle lettere a) e b) non inferiore al trenta per
cento dei lavoratori. Ai fini del computo di questa percentuale minima, i
lavoratori di cui alla lettera a) non possono contare per piu' di un terzo «e
per piu' di ventiquattro mesi dall'assunzione» (n.d.r.: inciso aggiunto con
D.Lgs. 20 luglio 2018 n. 95). La situazione dei lavoratori di cui al comma 4
deve essere attestata ai sensi della normativa vigente.
6. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3
e 5 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente
articolo.
MARCO KROGH
NOTAIO
Nascondi bibliografia
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Convegno di studi in onore di P. RESCIGNO, a cura di D. Carusi, MILANO
Mostra riferimenti
MARCO KROGH
NOTAIO
L’Impresa sociale
di Marco Krogh
Sommario: 1. Cenni introduttivi: Il terzo settore. 2. Gli enti “no profit”. 3.
Definizioni di “no profit”. 4. Documenti: Lo stato dell’arte sulla riforma del
Terzo settore. Il commento del servizio Studi della Camera dei Deputati – XVIII
Legislatura (8 marzo 2019). 5. Definizione di impresa sociale e nozione di
utilità sociale. 6. Enti ecclesiastici ed enti delle confessioni religiose
1. Cenni introduttivi: Il terzo settore.
L’interesse pubblico per il settore no profit nasce dalla presa di coscienza della
crescente difficoltà del settore pubblico alla realizzazione dei cd. servizi sociali
ed in una conseguente crisi del cd. welfare State, per l’insostenibile aumento
dei costi legati alla gestione della spesa pubblica e per un’incapacità strutturale
di realizzare, nel settore pubblico, validi modelli organizzativi in grado di
produrre beni e servizi idonei a soddisfare le molteplici aspettative sociali via
via cresciute nella società contemporanea.
Il rapido mutamento dei costumi sociali ha comportato, da un lato, una crescita
della domanda di intervento “sociale” in aree che, in epoche passate, o erano
di minor impatto sociale (si pensi ai numerosi problemi legati al fenomeno della
droga) o trovavano la loro risposta all’interno della famiglia (si pensi, ad
esempio, all’assistenza agli anziani ed agli asili nido) e, da altro lato, ha
determinato una maggiore attenzione e sensibilità, in termini solidaristici,
verso i bisogni di cui sono portatori i disabili mentali, i senza tetto, i
tossicodipendenti, gli immigrati ed i disoccupati di lungo periodo. Cfr.
sull’evoluzione e la crescita del settore A. Fusaro, Dalle formazioni di
volontariato alle associazioni di promozione sociale: un decennio di leggi
speciali, in Gli enti non profit tra codice civile e legislazione speciale, a cura di
G. Visintini., Edizioni Scientifiche Italiane, 2003).
A ciò si aggiunga un sottosviluppo del settore no profit confinato,
probabilmente per ragioni storiche, troppo spesso all’interno delle aree della
mutualità e del volontariato (M. Capecchi, Evoluzione del terzo settore e
disciplina civilistica, CEDAM, 2005, pag. 25 e segg) ed incapace di trovare
percorsi alternativi capaci di coniugare in termini di efficienza costi, benefici ed
equità sociale.
Gli obiettivi fondamentali che il welfare State si propone di realizzare
attraverso il sistema politico e amministrativo, nel tentativo di emendare
l’azione delle forze di mercato, vanno in almeno tre direzioni:
a) assicurare a tutti i cittadini, senza distinzione di stato o di classe,
una gamma socialmente concordata di beni e servizi meritori;
MARCO KROGH
NOTAIO
b) restringere l’impatto dell’incertezza che impedisce ad individui e
famiglie ad affrontare alcune contingenze sociali quali la malattia, la
vecchiaia e la disoccupazione;
c) garantire agli individui e alle famiglie un reddito minimo che
assicuri una esistenza dignitosa (In tal senso G. Malerba, Meccanismi di
mercato e ruolo delle istituzioni, GIUFFRE’, 1994, pag.386.)
Di conseguenza, agli individui, all’interno del welfare State, si riconoscono
specifici “diritti sociali “, intendendosi per tali quei diritti che spettano ad un
soggetto, direttamente riconosciuti dalla legge, indipendentemente dalla
capacità economica del soggetto stesso (sul punto cfr. G.U. Rescigno, Principio
di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali,in Dir. Pubb. 2002, pag. 25). Diritti,
quindi, che lo Stato, in via tendenziale, si impegna a garantire a ciascun
soggetto svincolando la loro fruizione allo status economico e dalle capacità
patrimoniali dei fruitori stessi.
La crescente difficoltà, da parte dello Stato, a fronteggiare in modo efficiente la
realizzazione di questi “diritti sociali”, sotto il duplice aspetto dei notevoli e
crescenti costi richiesti e della difficoltà ad assicurare una prestazione
qualitativamente apprezzabile, ha aperto lo spazio al fenomeno generalmente
inquadrato come “terzo settore”, ossia un settore sociale intermedio tra “Stato”
e “mercato”, all'interno del quale troviamo tutta una serie di enti collettivi a
struttura privata, aventi finalità sociali che concorrono, in modo diverso tra
loro, alla realizzazione di quelle funzioni sociali normalmente rientranti nel
welfare State, come sopra definito.
L’importanza del terzo settore è aumentata in modo direttamente
proporzionale alla presa di coscienza della incapacità dello Stato, e delle sue
strutture pubbliche, a far fronte ai crescenti bisogni di una società che chiede
risposte concrete e complete alle molteplici esigenze poste da fasce sociali
emarginate o, comunque, incapaci a soddisfare in modo dignitoso i bisogni
primari della propria esistenza.
Una spinta fondamentale, al terzo settore è poi venuta, nel 2001, dalla riforma
del titolo V della Costituzione e soprattutto dell’art. 118 comma IV, laddove è
stato espressamente previsto che “Stato, Regioni, Città metropolitane,
Provincie e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà”; sicché è introdotto un nuovo modello che prevede la
collaborazione tra il settore pubblico ed il settore privato nella realizzazione di
finalità che per lungo tempo si ritenevano riservate al solo settore pubblico.
L’innovazione costituisce il punto di arrivo di un percorso che parte dalla
sentenza 24 marzo 1988, n. 396 che riconosce l’incostituzionalità della cd.
legge Crispi del 1890 che imponeva a tutte le organizzazione operanti nel
campo dei servizi sociali uno status pubblicistico in violazione al principio della
libertà di assistenza privata sancito nell’art. 38 della Costituzione.
Il superamento delle prescrizioni contenute nella legge Crispi consentì al terzo
settore una forte evoluzione ed innovazione approdata nel nuovo schema
organizzativo di integrazione tra il pubblico ed il privato previsto nell’art. 118
della Costituzione che ha definitivamente affermato il ruolo primario
dell’iniziativa privata nel soddisfacimento dei cd. diritti sociali, superando il
binomio “Stato” – “mercato” e riconoscendo l’esistenza di un’area intermedia,
MARCO KROGH
NOTAIO
convenzionalmente denominata “terzo settore”, alimentata da iniziative che si
collocano al di fuori delle due aree tradizionali per rispondere a logiche e
motivazioni né “burocratiche“ né “capitalistiche”.
Un’evoluzione dunque da welfare State a welfare society, secondo un angolo
prospettico che vede lo Stato cedere il suo ruolo di interprete e gestore delle
istanze sociali a quei privati che, da meri utenti, vogliono diventare
protagonisti dell’offerta nei settori sociali (M. Capecchi, op. cit., pag. 51 e
segg.) assecondando e non trascurando una combinazione di istanze, iniziative
e contributi, tutte meritevoli di considerazione all’interno del fenomeno del
terzo settore e da coordinare e programmare secondo una politica di rete,
sensibile ad attrarre entro il proprio ambito tutte ciò che sia finalizzato al ben-
essere, in una prospettiva aperta al welfare mix, diretto a regolamentare ed
attrarre, in una diversa combinazione, Stato, mercato ed auto-organizzazione.
Il nuovo principio generale che governa l’intervento pubblico nel settore delle
attività sociali è quello della sussidiarietà orizzontale, ossia una preferenza
assoluta per gli interventi dei privati nell’erogazione di beni e servizi sociali ed
un compito residuale dello Stato chiamato ad intervenire nelle limitate ipotesi
in cui non ci sia un privato disposto ad assumere l’iniziativa, ovvero nei casi in
cui il privato non è in grado di offrire un servizio di apprezzabile qualità (M.
Capecchi, op. cit, pag.43 e segg.).
A sostegno di tale principio è attribuita allo Stato la competenza legislativa
esclusiva per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale quale mezzo per la salvaguardia dell’unità del sistema
nell’area del welfare (art. 117, comma 2°, lett. m, Cost.); è istituito un fondo
perequativo, senza vincolo di destinazione, per i territori conm minore capacità
fiscale per abitante (art. 119, comma 3°, Cost.); è previsto l’intervento
sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni e degli Enti locali per
garantire l’unità giuridica ed economica e per assicurare il pieno dispiegamento
della tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e
civili (art. 120, comma 2, Cost.) (sugli aspetti della riforma costituzionale cfr.
“Relazione del CNEL Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali 24
Novembre 2004”).
2. Gli enti “no profit” .
Come accennato, la realizzazione delle finalità sociali, proprie del terzo settore,
non avviene attraverso un unico modello organizzativo normativamente fissato
dalla legge, al contrario, all’interno del fenomeno, troviamo una pluralità di enti
collettivi che perseguono finalità sociali, ciascuno caratterizzato da una diversa
struttura che condiziona l’efficacia dell’azione svolta.
Troviamo, peraltro, all’interno dell’area deputata a soddisfare nella più ampia
accezione i cd. “bisogni sociali”, sia organizzazioni for profit che organizzazioni
no profit.
Alle prime, corrispondono quegli enti di natura privata che producono beni o
servizi all’interno del settore “sociale”, pur non rinunziando alla remunerazione
del capitale investito (sotto forma sia di lucro oggettivo che di lucro soggettivo)
e, quindi, per finalità speculative; si pensi ad esempio ad una società di
gestione di una casa di riposo ovvero ad una clinica privata: si tratta di attività
MARCO KROGH
NOTAIO
svolte secondo modelli organizzativi privati che proiettano la loro attività in
settori ad alto contenuto sociale, secondo le logiche delle società lucrative.
Alle seconde (enti no profit) corrispondono quegli enti che, invece, intendono
perseguire finalità sociali e solidaristiche attraverso modelli organizzativi
privatistici, al di fuori di qualunque intento speculativo e di profitto. In
generale, sono organizzazioni che presentano caratteristiche strutturali idonee
ad assicurare un’organizzazione democratica (coinvolgimento paritario nella
governance di tutti gli associati) ed una naturale apertura al coinvolgimento
nell’organizzazione di tutti coloro che siano portatori dei medesimi interessi
perseguiti dall’ente (cd. porta aperta), secondo un modello organizzativo
mutuato principalmente dalle cooperative.
Il riferimento alle cooperative, all’interno del terzo settore, è particolarmente
significativo perché questo tipo di società ha rappresentato il fondamentale
modello di riferimento per il Legislatore di ente in grado di coniugare finalità
sociali, efficienza d’impresa, organizzazione democratica e partecipazione.
Invero, il primo modello organizzativo d’impresa con una mission sociale è
rappresentato dalla cooperativa sociale che, pur perseguendo interessi di
carattere generale, riconosce un limitato lucro soggettivo ai suoi soci e si pone,
sotto questo profilo, come ente for profit (anche se limitato) caratterizzato da
alcuni specificità che ne salvaguardano la funzione sociale, accostandola per
molti aspetti agli enti no profit.
La cooperativa sociale, di fondamentale importanza nell’evoluzione del settore
della produzione di beni e servizi sociali, tuttavia, è una delle risposte e non la
sola risposta alle nuove esigenze nascenti dalla welfare society.
Verosimilmente, il Legislatore, come primo passaggio verso una
regolamentazione delle imprese che operano nell’area del welfare, ha scelto il
modello della cooperativa per la sua naturale vocazione al sociale ed è stato,
quindi, agevole adeguare un modello organizzativo già collaudato ed adattarlo
alla realizzazione di nuovi obiettivi sociali.
Il panorama degli enti con vocazione sociale, lungi dall’esaurirsi nelle
cooperativa sociale, è popolato da una molteplicità di enti che possono, per
comodità espositiva, raggrupparsi in tre principali categorie:
1) - gli enti di tutela (advocacy) e promozione di interessi di singoli gruppi o
della collettività; ruolo tradizionalmente proprio delle associazioni; all’interno
di questo fenomeno l’attività economica volta alla produzione di beni e servizi
sociali è, in genere, marginale ed è presa in considerazione nei limiti in cui
vanno conciliate le diverse norme che rappresentano lo statuto
dell’imprenditore con la struttura non imprenditoriale di questa tipologia di
enti;
2) - gli enti di redistribuzione di risorse tra individui o tra comunità; funzione
svolta da organizzazioni con finalità di gestione di un capitale di solito
proveniente da un atto di liberalità o, comunque, formato all’interno di logiche
non speculative ed il cui modello organizzativo corrisponde per lo più alle
fondazioni. Anche questi enti spesso svolgono un’attività economica in modo
marginale e strumentale rispetto alle finalità che intendono perseguire;
3) - enti che intendono perseguire finalità altruistiche, attraverso lo
svolgimento di un’attività economica (di produzione o scambio di beni o servizi
di utilità sociale), non adottando la forma della società. All’interno di questo
MARCO KROGH
NOTAIO
terzo gruppo rientrano quegli enti, quali le associazioni di volontariato e le
organizzazioni di promozione sociale, che costituiscono un primo sviluppo
embrionale, normativamente disciplinato, dell’esercizio di attività economica,
attraverso, organizzazioni strutturate secondo gli schemi del libri I del codice
civile, con specifiche limitazioni, attraverso la previsione di norme imperative
dirette a limitare l’autonomia privata a salvaguardia di deviazioni di carattere
speculativo o egoistico.
Pur non volendo entrare nell’esame delle complesse problematiche che
attengono ai tratti differenziali delle associazioni rispetto alle società, può
evidenziarsi che l’attività economica svolta dalle associazioni è
tradizionalmente occasionale e/o marginale e, fondamentalmente, strumentale
rispetto alla funzione “altruistica” normalmente svolta dall’ente. L’attività
d’impresa svolta da questi enti, sebbene oggi sia pacificamente legittima, in
passato ha proposto problematiche riguardanti l’adattamento delle norme
relative allo statuto dell’imprenditore a questi enti con vocazione non
imprenditoriale.
Questo il quadro normativo che ha fatto da sfondo al dibattito, in generale,
sulla riforma degli enti del “terzo settore” ed, in modo più specifico, sulla
riforma dell’impresa sociale ossia di un ente volto alla produzione di beni e
servizi sociali che riuscisse a coniugare tre obiettivi principali:
- rendere economicamente sostenibile un’attività imprenditoriale svolta in
assenza di finalità speculative;
- configurare un modello organizzativo efficiente pur in assenza di una
governance formata dai meri investitori in capitale di rischio, normalmente
presenti nelle imprese capitalistiche;
- assicurare un livello di prestazioni qualitativamente apprezzabile.
3. Le definizioni di “no profit”.
Da un punto di vista scientifico e di elaborazione delle idee e degli obiettivi che
hanno alimentato il dibattito politico sull’organizzazione di questo segmento del
welfare, è utile dar conto delle definizioni di maggior pregio scientifico tendenti
ad individuare ciò che rientra nel terzo settore o, più precisamente, ciò che
rientra in un ampia definizione di no profit secondo una ricostruzione contenuta
nella relazione del CNEL Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali 24
Novembre 2004:
A) Una prima definizione del settore “no profit” è quella fornita dalla John
Hopkins University (JHU) che prevede quali requisiti essenziali delle suddette
organizzazioni:
1. Formalità. L’organizzazione deve essere formalmente costituita, deve cioè
essere dotata di uno statuto, di un atto costitutivo o di qualunque altro
documento che regoli l’ingresso dei membri, i loro comportamenti e le relazioni
reciproche, evidenziando così la consistenza organizzativa dell’istituzione e la
sua stabilità nel
tempo.
2. Natura giuridica privata. L’organizzazione non deve far parte del settore
pubblico.
MARCO KROGH
NOTAIO
3. Assenza di distribuzione di profitto. L’organizzazione non deve distribuire, in
nessuna forma, ai propri soci, membri o dipendenti, i profitti derivanti dalla
propria attività; ciò non significa in alcun modo che l’organizzazione non possa
realizzare profitti, ma solo che gli stessi devono essere reinvestiti nell’attività
“sociale”.
4. Presenza di una certa quantità di lavoro volontario. I volontari possono
svolgere sia funzioni operative che funzioni dirigenziali o di indirizzo delle
attività delle organizzazioni (tipicamente membri di consigli di
amministrazione). La presenza di attività volontaria può riscontrarsi anche
nella forma di retribuzioni inferiori alla media del mercato per posizioni
professionali omogenee.
5. Autogoverno. L’organizzazione non deve essere controllata, nello
svolgimento dei propri processi decisionali, da altre organizzazioni che non
siano a loro volta comprese nel settore non profit (cioè che non rispettino tutte
le caratteristiche precedenti). La verifica del rispetto di questo criterio viene
principalmente dall’osservazione della composizione dei consigli di
amministrazione: nel caso in cui il numero dei soggetti nominati da enti
pubblici o imprese a scopo di lucro sia prevalente, l’organizzazione viene
esclusa dal settore non profit.
All’interno di questa definizione non c’è spazio per “quelle attività del settore
non profit che non tendono a beneficiare soggetti esterni rispetto ai membri
delle organizzazioni”, quali i partiti politici e le Chiese ed anche le mutual
benefit organization (associazioni e cooperative), anche se l’attività di queste
ultime non sembra meno apprezzabile di quella delle public benefit
organization.
La critica mossa a questa definizione concettuale è proprio quella relativa
all’esclusione o, comunque, al diverso rilievo, in negativo, assegnato alle
mutual benefit organization, trascurando di includere nella definizione, a pari
titolo, le mutual e le benefit organization nella rappresentazione del “settore”.
Del pari, la presenza essenziale di una certa quantità di lavoro volontario,
sebbene costituisca una caratteristica molto significativa, non va considerata
una condizione imprescindibile.
B) Una seconda definizione del fenomeno è data dall’Istat che adotta quella
proposta dal System of National Accounts (SNA), in base alla quale le
istituzioni non profit “sono enti giuridici o sociali creati allo scopo di produrre
beni e servizi, il cui status non permette loro di essere fonte di reddito, profitto
o altro guadagno per le unità che le costituiscono, controllano o finanziano”.
In questa definizione, sicuramente più flessibile rispetto alla precedente,
rientrano anche le mutual benefit organization, assecondando un idea di lucro
soggettivo che consenta di distribuire ai soci il surplus prodotto nel corso della
loro attività, in forma di specifiche “utilità concrete”, piuttosto che di somme
monetarie. In un ottica di ammissibilità di uno scopo satisfativo, coincidente
con quello mutualistico e di esclusione, invece di uno scopo meramente di
lucro, ossia diretto alla remunerazione finanziaria del capitale.
Altra caratteristica che si riscontra in questa definizione rispetto alla
precedente è quella di una maggior flessibilità nel rispetto dei requisiti attinenti
la democrazia interna: "voto capitario” e “porta aperta”; infatti si ritiene che le
istituzioni non profit “possono – non “devono” – essere controllate da
MARCO KROGH
NOTAIO
associazioni i cui membri hanno uguali diritti e analoghi poteri di decisione
nell’amministrazione delle stesse, e che la loro direzione è generalmente
affidata a un organo elettivo. Ciò che è fondamentale, comunque, anche in
questa definizione ed in questa “possibilità” e non “essenzialità” di democrazia
interna “assoluta” è la considerazione che, comunque, per tutti questi enti
l’organizzazione sia almeno improntata ad un principio di “democrazia interna”,
in linea con le tendenze emergenti anche negli altri stati europei, ogni qual
volta si vogliano circoscrivere gli attori dell’economia sociale.
C) Una terza definizione è offerta da Lunaria (Lunaria è un'associazione senza
fini di lucro, che si definisce: laica, indipendente e autonoma dai partiti nata
nel 1992 che svolge attività di ricerca, formazione e comunicazione sui temi
dell'economia solidale e del terzo settore, delle migrazioni e della
globalizzazione e promuove iniziative di volontariato internazionale e di
politiche giovanili. attraverso le sue attività lunaria sperimenta nuove forme di
partecipazione attiva e di trasformazione sociale ispirate ai principi della
giustizia e della solidarietà sociale, della partecipazione democratica alla vita
della comunità, della garanzia dei diritti civili, sociali e umani in ambito
nazionale e internazionale. E’ attiva con un progetto sul terzo settore la cui
operazione di redifinizione del fenomeno consiste, in sostanza, nell’aggiungere
altri due requisiti ai cinque già stabiliti dalla JHU:
a) perseguire fini di utilità sociale, nel senso che l’intento deve essere di tipo
solidaristico e l’azione svolta deve rivestire un interesse pubblico;
b) raccogliere buona parte dei finanziamenti attraverso fonti volontarie.
Sicuramente di estremo interesse, soprattutto, per l’organo da cui proviene e
la definizione di “economia sociale” secondo la Conference Européenne
Permanente des Coopératives, Mutualités, Association et Fondations (CEP-
CMAF):
- primato degli individui e degli obiettivi sociali sul capitale;
- partecipazione volontaria e aperta;
- controllo democratico da parte dei soci;
- combinazione dell’interesse dei membri/utenti e/o dell’interesse
generale;
- difesa e applicazione del principio della solidarietà e della responsabilità;
- gestione autonoma e indipendenza dalle autorità pubbliche;
- utilizzo del surplus per realizzare obiettivi di sviluppo sostenibile, servizi
di interesse dei membri o di interesse generale.
E’ da notare che si tratta più che di indicazioni operative od organizzative per
gli enti ed i soggetti protagonisti del terzo settore, di enunciazioni con forte
connotazione idealistica e di principio, pur riscontrandosi come venga ritenuto
essenziale nell’individuazione del fenomeno il carattere aperto e volontario
della partecipazione e, soprattutto, del “controllo democratico da parte dei
soci”, requisiti attinenti la cd. “porta aperta” e “voto capitario”, di portata
attenuata in altre definizioni concettuali ed anche, come vedremo nel d.lgs
155/2006.
D) L’ultima definizione, su cui peraltro, si tornerà più diffusamente in seguito è
quella proposta dal professor Zamagni (S. Zamagni, Dell’identità delle imprese
sociali e civili: perché prendere la relazionalità sul serio, in S. Zamagni (a cura
di), Il no profit italiano al bivio, Egea, 2002.) che prevede come requisito
MARCO KROGH
NOTAIO
aggiuntivo ed essenziale per gli enti no profit: la multistakeholdership, con
specifico riferimento, non a qualunque stakeholder ma ai soli consumatori,
ovvero i destinatari finali delle attività poste in essere i quali, in un sistema di
governance delle organizzazioni, devono poter partecipare attraverso la
presenza di rappresentanti nei consigli di amministrazione, oppure i diritti di
accesso alle informazioni rilevanti; e così via. La ragione sostanziale del rilievo
accordato al tema della multistakeholdership, e soprattutto alla qualificazione
che ne viene proposta, sta nella particolarità e dalla complessità della
prestazione fornita dalle imprese sociali il cui livello qualitativo non può essere
assicurato dalla mera assenza di lucro soggettivo (nella sua più ampia
accezione) ma deve accompagnarsi ad un sistema di partecipazione al governo
dei fruitori del servizio. Per evitare il rischio di comportamenti autoreferenziali
sempre presenti nell’agire delle organizzazioni, pur in assenza di finalità
egoistiche.
Va ricordato, altresì, che la scelta dello schema organizzativo più adatto
doveva superare l’ulteriore ostacolo rappresentato dal pregiudizio di fondo
tendente a guardare con scetticismo al fenomeno dell’impresa no profit, quale
mezzo “per aggirare i vincoli all’assunzione di personale imposti alle
amministrazioni locali dalle esigenze di risanamento dei conti pubblici, oppure
un mezzo per eludere la normativa fiscale e del lavoro (sul punto, Borzaga e
Santuari, in Defourny e Borzaga (a cura di) L’impresa sociale, pag. 70 e segg.
Cfr. altresì lo studio realizzato dall’ Istituto Studi Sviluppo Aziende Non Profit -
Università degli Studi di Trento - Sull’impresa sociale, a cura di Carlo Borzaga,
pag.1 e segg. che propone un’analisi economica in positivo e non in negativo
dell’impresa sociale: “Solo una minoranza di economisti si è posta alla ricerca
di spiegazioni ‘in positivo’ del fenomeno, cercando di capire se l’esistenza e lo
sviluppo di organizzazioni nonprofit siano, invece, conseguenza del possesso di
specifici vantaggi competitivi.” (sul punto cfr. altresì, A. Santuari, L’impresa
sociale: un concetto giuridico? “sulla riforma del libro i del codice civile in
materia di enti non profit”, Rivista Il Diritto delle Famiglie e delle Persone,
2000, pag. 897 il quale osserva che “Gli attuali processi di destatalizzazione o
depubblicizzazione hanno sollecitato l’emersione di numerose realtà senza
scopo di lucro. Tuttavia, sembra ormai un dato acquisito che la progressiva
affermazione delle organizzazioni not-for-profit non sia sorretta da un’adeguata
e chiara cornice legislativa. Da ciò, inevitabilmente, discende la necessità di
interrogarsi, da un lato, sull’evoluzione delle forme giuridiche e, dall’altro, circa
l’adeguatezza di quelle oggi consentite dagli ordinamenti giuridici per svolgere
attività not-for-profit, che (…) non sono più confinabili alle iniziative che
tradizionalmente erano attribuite agli enti non lucrativi.
4. Documenti: Lo stato dell’arte sulla riforma del Terzo settore. Il
commento del servizio Studi della Camera dei Deputati – XVIII
Legislatura (8 marzo 2019).
Riforma del Terzo settore - 8 marzo 2019
Nel corso della XVIII Legislatura, sono stati esaminati dalle competenti
Commissioni parlamentari gli schemi dei decreti integrativi e correttivi del
Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 117/2017), modificato dal D.Lgs. n. 105 del
MARCO KROGH
NOTAIO
3 agosto 2018 e del decreto sulla revisione dell'impresa sociale (D.Lgs.
112/2017), poi modificato dal D.Lgs. 20 luglio 2018. Di specifico interesse per
il Terzo settore, le modifiche introdotte al Codice dal decreto legge 119/2018
che, fra l'altro, forniscono un nuovo criterio per la determinazione della natura
commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore e intervengono
sulla disciplina per le deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a
favore di enti del Terzo settore. In ultimo, si segnalano le modifiche alla
normativa di settore introdotte dal Decreto semplificazioni (D.L. 135/2018)
che, dopo l'innalzamento previsto dalla legge di Bilancio 2019, ha ripristinato
l'aliquota IRES al 12% per le attività del Terzo settore e ha incluso le
associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di
istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") nel novero degli enti
del Terzo settore.
La legge delega 106/2016 per la riforma del Terzo settore,
dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale
La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso
degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale
che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse
generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di
produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei
rispettivi statuti o atti costitutivi. Più in particolare:
- nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i
sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche;
- le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa
discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie;
- i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso
la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la
normativa precedentemente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però
escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti
del lavoro di specifici enti del Terzo settore. Inoltre è stato previsto che
l'aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia
effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari
competenti.
Tra le finalità perseguite dalla delega, all'articolo 4, vi è revisione della
disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da
attuare secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
- semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della
personalità giuridica;
- individuazione delle disposizioni generali e comuni applicabili agli enti del
Terzo settore;
- individuazione delle attività di interesse generale che caratterizzano gli
enti del Terzo settore;
- prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o
degli avanzi di gestione e del patrimonio, salva la specifica previsione per
l'impresa sociale;
MARCO KROGH
NOTAIO
- garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a
quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative definizione delle
informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi;
- distinzione, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, della diversa
natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto
sociale e definizione dei criteri e vincoli in base ai quali l'attività
d'impresa svolta dall'ente in forma non prevalente e non stabile risulta
finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali;
- previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di
pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente nonché
attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale;
disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche;
garanzia del rispetto dei diritti degli associati;
- applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente
attività di impresa, delle norme del codice civile in materia di società e di
cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in
quanto compatibili; disciplina del procedimento per ottenere la
trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel
rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi
diversi introdotto dalla riforma del diritto societario;
- riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti (e degli atti
gestionali rilevanti), attraverso la messa a punto di un Registro unico
nazionale del Terzo settore (da istituirsi presso il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali), l'iscrizione al quale sia obbligatoria per tutti gli
enti che si avvalgano "prevalentemente o stabilmente" di fondi pubblici,
privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei
L'articolo 5 della legge 106/2016 ha fornito criteri e principi direttivi per
una precisa definizione delle attività di volontariato, di promozione sociale e di
mutuo soccorso. In particolare:
- armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato
e di promozione sociale e riconoscimento delle tutele dello status di
volontario e della specificità delle organizzazioni di volontariato e di
quelle operanti nella protezione civile;
- introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese delle attività dei
volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla
prestazione lavorativa;
- revisione dei Centri di servizio per il volontariato - CSV;
- superamento del sistema degli osservatori nazionali per il volontariato e
per l'associazionismo di promozione sociale;
- istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore quale organismo di
consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore;
L'articolo 6 specifica le caratteristiche necessarie affinché l'impresa
sociale possa essere ricompresa tra gli enti del Terzo settore. In particolare
deve:
- svolgere attività d'impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità
sociale;
MARCO KROGH
NOTAIO
- individuare settori di attività propri dell'impresa sociale nell'ambito delle
attività di interesse generale comprese nell'elenco unico comune a tutti
gli enti del Terzo settore;
- prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la
prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale,
da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per
le cooperative a mutualità prevalente adottare modalità di gestione
responsabili e trasparenti;
- favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti
i soggetti interessati alle sue attività;
- prevedere l'obbligo di redigere il bilancio;
- coordinare la disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di
impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
- prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci
con funzioni di vigilanza.
Ai sensi dell'articolo 7 della legge delega, le funzioni di vigilanza,
monitoraggio e controllo sono svolte il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, con il coordinamento del Presidente del Consiglio, e il coinvolgimento
del Consiglio nazionale del Terzo settore, nonché, per quanto concerne gli
aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione
civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio
dei ministri.
L'articolo 8 ha per oggetto la delega al Governo per il riordino e la
revisione della disciplina del Servizio civile nazionale. L'intento è giungere
all'istituzione di un Servizio civile universale volto alla difesa non armata della
patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, primo fra tutti
quello della solidarietà. Questi i principali criteri direttivi:
- previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei
contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti di età
compresa tra 18 e i 28 anni che possono essere ammessi, tramite bando
pubblico, al servizio civile universale;
- definizione dello status giuridico dei soggetti che prestano il servizio con
riconoscimento di uno specifico rapporto di Servizio civile con lo Stato,
esente da ogni imposizione tributaria e non assimilabile ad un rapporto
di lavoro;
- previsione di un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi
complessivi, e comunque, non superiore ad un anno, che contemperi le
finalità dello stesso con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani
coinvolti ed il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze
acquisite dai giovani durante l'espletamento del servizio civile, nei
percorsi di istruzione e in ambito lavorativo;
- riordino e la revisione della Consulta nazionale per il Servizio civile, quale
organismo di consultazione, riferimento e confronto per
l'amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli
enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza
per ciascun settore di intervento.
MARCO KROGH
NOTAIO
E' infine previsto il riordino della disciplina tributaria e delle varie forme
di fiscalità di vantaggio a favore degli enti del Terzo settore, da attuare in base
ai seguenti principi e criteri:
- revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini
fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite
dall'ente;
- razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di
risorse al terzo settore;
- riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere
noto l'utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo;
- razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore;
introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in
generale, per il finanziamento del Terzo settore;
- assegnazione di immobili pubblici inutilizzati.
Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017)
Il D. Lgs. 117/2017 Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 (qui l'iter
parlamentare), entrato in vigore il 3 agosto 2017, provvede "al riordino e alla
revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti
relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile
a tali enti" configurandosi come uno strumento unitario in grado di garantire la
"coerenza giuridica, logica e sistematica" di tutte le componenti del Terzo
settore al fine di "sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono,
anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di
cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la
partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il
potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi
costituzionali".
Il Codice:
- delimita il perimetro del Terzo settore enumerando gli enti che ne fanno
parte individuati in: organizzazioni di volontariato (ODV), associazioni di
promozione sociale (APS), enti filantropici, imprese sociali, incluse le
cooperative sociali, reti associative e società di mutuo soccorso. Viene
inserita in tale perimetro la nozione di ente del terzo settore definito
come "ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non
riconosciuta, o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro,
di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo
svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria
e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di
produzione o scambio di beni o servizi" e prevede l'obbligo, ponendo un
temine di 18 mesi (fino a febbraio 2019), affinché tutti gli enti di terzo
settore modifichino i loro statuti inserendovi l'indicazione di ente del
Terzo settore o l'acronimo ETS;
- definisce lo status di volontario e reca norme volte a favorire la
promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato in ambito
scolastico e lavorativo;
MARCO KROGH
NOTAIO
- razionalizza i settori delle attività di interesse generale attraverso la
compilazione di un elenco unico, con il tentativo di fondere la normativa
attualmente prevista ai fini fiscali con quella prevista ai fini civilistici.
Introduce nuovi settori di attività, fra i quali si segnalano: commercio
equo e solidale; comunicazione a carattere comunitario; alloggio sociale;
accoglienza umanitaria ed integrazione sociale di stranieri; agricoltura
sociale; adozioni internazionali; riqualificazione di beni pubblici
inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata. Viene inoltre
prevista la possibilità di aggiornare l'elenco delle attività di interesse
generale con D.P.C.M. da adottarsi su proposta dei ministri lavoro/MEF,
acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti. Infine, le
attività di interesse generale potranno essere finanziate anche attraverso
la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non
corrispettiva;
- prevede, accanto all'esercizio delle attività di interesse generale,
l'esercizio di attività diverse e la possibilità di costituire uno o più
patrimoni destinati ad uno specifico affare;
- integra la nozione vigente di distribuzione indiretta;
- fornisce dettagliati criteri per determinare la natura commerciale o non
commerciale degli ETS, tenendo conto delle attività da essi svolte e delle
modalità operative concretamente impiegate;
- dispone l'applicazione agli ETS, diversi dalle imprese sociali, del regime
fiscale previsto dal Titolo X del Codice, che reca specifiche misure di
sostegno. Agli stessi enti applica le norme del TUIR relative all'IRES, in
quanto compatibili; - introduce un regime fiscale opzionale per la
determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del
Terzo settore (vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o
prevalente attività di interesse generale) basato sui coefficienti di
redditività (una percentuale variabile che si applica al reddito imponibile
su cui viene poi calcolata l'imposta). Il nuovo regime è costruito sulla
falsariga del regime forfetario degli enti non commerciali, disciplinato
dall'articolo 145 del Tuir;
- opera il rafforzamento della lotta al dumping contrattuale a danno del
settore cooperativo e garantisce l'assenza degli scopi lucrativi attraverso
il principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici dei
lavoratori dipendenti;
- prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, qualificati nello statuto
come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore e di
indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle
comunicazioni al pubblico. A questo proposito, prevede che il Registro sia
pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto concede un anno di
tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale e
ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria
competenza. Nel periodo transitorio, continua a valere l'iscrizione ad uno
dei registri attualmente previsti dalle normative di settore (Registro delle
associazioni di promozione sociale, il Registro delle organizzazioni di
volontariato, Albi regionali delle cooperative sociali). Più precisamente,
disciplina l'istituzione ed il funzionamento a regime, presso il Ministero
MARCO KROGH
NOTAIO
del lavoro e delle politiche sociali, del Registro unico nazionale del Terzo
settore, suddiviso in specifiche sezioni, ciascuna delle quali è dedicata ad
una delle categorie di enti definite dal Codice. Il Registro è gestito
operativamente e con modalità informatiche su base territoriale, da
ciascuna Regione e Provincia autonoma. Oltre alle modalità di iscrizione,
aggiornamento dei dati, cancellazione e migrazione in altra sezione degli
enti interessati, la disciplina assoggetta ciascuno degli enti iscritti al
Registro ad una revisione periodica almeno triennale finalizzata alla
verifica della permanenza dei requisiti richiesti. L'attuazione completa del
Registro è prevista entro un anno dall'entrata in vigore del Codice. Entro
tale termine, un decreto ministeriale, previa intesa in Conferenza Stato-
regioni, definisce la procedura per l'iscrizione nel Registro e individua i
documenti da presentare e le modalità di deposito degli atti, unitamente
alle regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la
gestione del Registro nonché le sue modalità di comunicazione con il
Registro delle Imprese con riferimento alle imprese sociali e agli altri enti
del Terzo settore iscritti in quest'ultimo. Le Regioni e le Province
autonome entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del
decreto ministeriale disciplinano con proprie leggi i procedimenti per
l'emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli enti
del Terzo settore, e sulla base della struttura informatica unitaria
rendono operativo il Registro unico;
- introduce l'obbligo, per tutti gli enti del Terzo settore, di redazione del
bilancio. Fanno eccezione gli enti con ricavi/entrate/rendite o proventi al
di sotto dei 220.000 euro che possono redigere il rendiconto di cassa;
- prevede l'adozione, con decreto, di Linee guida in materia di bilancio
sociale e di valutazione di impatto sociale dell'attività svolta dagli enti del
Terzo settore;
- obbliga gli enti del Terzo settore con ricavi/rendite/proventi o entrate
superiori ad 1 milione di euro a depositare presso il Registro unico
nazionale del Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il
bilancio sociale, tenendo conto della natura dell'attività esercitata e delle
dimensioni dell'ente, anche ai fini della valutazione dell'impatto sociale
delle attività svolte;
- vincola gli enti del Terzo settore con ricavi/rendite/proventi o entrate
superiori a cinquantamila euro a pubblicare annualmente ed aggiornare
nel proprio sito Internet, o nel sito Internet della rete associativa cui
aderiscono, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi
titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo,
ai dirigenti nonché agli associati;
- dispone dei rapporti degli enti del Terzo settore con gli enti pubblici;
- istituisce il Consiglio nazionale del Terzo settore presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali;
- disciplina i Centri di servizio per il volontariato (CSV), dando attuazione
alla revisione del sistema di tali centri, prevedendo per essi specifiche
forme di finanziamento e determinati compiti e funzioni. Viene inoltre
disposto per il sistema dei CSV un nuovo modello di governance, che
prevede una revisione dell'attività di programmazione e controllo di
MARCO KROGH
NOTAIO
compiti e gestione dei CSV, svolta mediante organismi regionali o
sovraregionali (OTC) tra loro coordinati sul piano nazionale (ONC);
- disciplina i titoli di solidarietà degli enti del terzo settore nonché le altre
forme di finanza sociale;
- prevede il "social bonus" ovvero un credito di imposta a favore di coloro
che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore di ODS e APS che
hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un
progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati o di
beni mobili o immobili confiscati alla criminalità organizzata;
- disegna specifici regimi fiscali agevolati per gli ETS che si iscrivono al
Registro unico nazionale. Resta inteso che tale normativa si applica agli
ETS a decorrere dal periodo successivo all'intervenuta autorizzazione da
parte della Commissione europea, e non prima del periodo di imposta
successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale. A tale
regola generale, derogano alcune agevolazioni fiscali per le quali non è
prevista l'autorizzazione comunitaria, ed è quindi concessa una
anticipata entrata in vigore al 1° gennaio 2018 (deducibilità/detraibilità
delle erogazioni liberali effettuate a favore degli ETS; social bonus;
esenzioni e agevolazioni riconosciute ai fini dei tributi locali e delle
imposte indirette; regime di esenzione IRES dei redditi immobiliari
riconosciuto alle ODV e alle APS);
- detta le norme in materia di controlli e coordinamento. Più precisamente,
assegna all'Ufficio del Registro Unico nazionale del Terzo settore il
compito di esercitare controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore;
dispone in tema di sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei
componenti degli organi amministrativi; demanda al Ministero del lavoro
e delle politiche sociali lo svolgimento di una serie di attività di
monitoraggio, vigilanza e controllo, miranti a garantire l'uniforme
applicazione della disciplina degli enti del Terzo Settore e l'effettuazione
dei relativi controlli, identificandone e disciplinandone il relativo oggetto;
disciplina i controlli di natura fiscale.
Come detto, le disposizioni del Codice saranno pienamente operative a
partire dal febbraio 2019 (termini per la modifica degli statuti con l'indicazione
della denominazione ETS; messa a regime del Registro unico nazionale del
Terzo settore).
Successivamente, il D. L.gs. 3 agosto 2018, n. 105 ha apportato
disposizioni integrative e correttive al Codice del Terzo settore (AG 33. Qui il
dossier di documentazione predisposto per l'esame della Commissione XII-
Affari sociali) . Tra le questioni emerse, oggetto dell'intervento in esame, si
segnalano:
• l'elenco delle attività di interesse generale esercitabili dagli Enti del
Terzo Settore (ETS) viene integrato con la tutela degli animali e la prevenzione
del randagismo (art. 3);
• la proporzionalità degli obblighi contabili degli ETS: sale da 100mila a
220mila euro annui il limite di entrate per gli obblighi di trasparenza sui
compensi erogati (art. 5);
• il perimetro entro cui possono muoversi i lavoratori degli ETS. Vengono
introdotte deroghe al principio in base al quale la differenza retributiva tra i
MARCO KROGH
NOTAIO
lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto e viene
riconosciuto il diritto a forme di flessibilità oraria per i lavoratori subordinati
che svolgono attività volontariato presso un ETS (art. 6);
• l'assetto civilistico in relazione all'iscrizione degli enti (art. 8);
• la revisione legale dei conti: si chiarisce che, fermo restando il controllo
contabile già previsto, l'obbligo di sottoporsi a revisione legale dei conti
sussiste solo per gli ETS di maggiori dimensioni e che, per previsione
statutaria, l'ETS può affidare la revisione legale dei conti, quando essa sia
obbligatoria, all'organo di controllo interno, a condizione che in tale organo di
controllo sia presente un revisore legale iscritto nell'apposito registro (art. 10);
• la previsione che le organizzazioni di volontariato di secondo livello
devono avvalersi in modo prevalente dell'attività di volontariato delle persone
fisiche associate alle organizzazioni di primo livello che ne compongono la base
sociale (art. 11);
• l'aumento di quattro unità del numero dei componenti del Consiglio
nazionale del Terzo settore, al fine di assicurare una più ampia rappresentanza
degli enti, comprese le reti associative (art. 15);
• la previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per la definizione
annuale dell'atto di indirizzo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che
determina gli obiettivi di finanziamento del Fondo per il sostegno dei progetti e
delle attività di interesse generale nel Terzo settore (art. 19);
• l'estensione anche alle organizzazioni di volontariato – e non alle sole
fondazioni – delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali per attività
di interesse generale (art. 20);
• l'estensione a tutti gli enti iscritti al Registro unico nazionale, inclusi gli
enti del Terzo settore commerciali, della possibilità di emettere titoli di
solidarietà, ovvero obbligazioni e altri titoli di debito, nonché certificati di
deposito, con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali degli enti del Terzo
settore (art. 21);
• l'aggiornamento della denominazione dei soggetti che svolgono attività
di social lending, facendo riferimento ai gestori delle piattaforme di prestiti per
soggetti finanziatori non professionali; le cosiddette piattaforme di peer to peer
lending (art. 22);
• l'individuazione delle attività svolte dagli enti del Terzo settore che si
caratterizzano per essere non commerciali, prevedendo una presunzione in
base alla quale tali attività si considerano non commerciali qualora i ricavi non
superino di oltre il 10 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e
per non oltre due periodi di imposta consecutivi (art. 23);
• la modifica del regime fiscale opzionale per la determinazione del
reddito di impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, prevedendo
che tra i ricavi cui applicare il coefficiente di redditività siano aggiunti anche i
ricavi conseguiti attraverso la raccolta di fondi, oltre a quelli conseguiti
nell'esercizio delle attività di interesse generale e delle attività diverse,
secondarie e strumentali (art. 24);
• l'esclusività delle attività di interesse generale svolte con modalità non
commerciali, ai fini del cosiddetto social bonus (art. 25);
MARCO KROGH
NOTAIO
• l'estensione della detrazione maggiorata del 35 per cento alle
erogazioni liberali eseguite a favore delle organizzazioni di volontariato (art.
26);
• l'esenzione dall'imposta di registro per gli atti costitutivi e quelli
connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato e
dall'IRES per i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento
di attività non commerciali (art. 27);
• le correzioni di coordinamento relative agli indici sintetici di affidabilità
fiscale che non si applicano per gli enti che utilizzano il regime forfetario (art.
28);
• la modifica degli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture
contabili per gli enti non commerciali del Terzo settore che non applicano il
regime forfetario (art. 29);
• il coordinamento normativo della disciplina del Terzo settore con la
normativa prevista nel Testo unico delle imposte sui 11 redditi, con la
disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, nonché con le disposizioni in
materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del
sostegno familiare (art. 30).
Tra i recenti interventi normativi di revisione della normativa sul Terzo
settore si segnalano:
- il decreto legge 119/2018 (L. 136/2018), all'art. 24-ter, che ha fornito
un nuovo criterio per la determinazione della natura commerciale o non
commerciale degli enti del Terzo settore ed è intervenuto sulla disciplina per le
deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo
settore. Rispetto alle organizzazioni di volontariato (ODV), viene confermata la
disciplina previgente del rimborso spese per l'attività di interesse generale
prestata (art. 33, co. 3), ma si prevede una deroga al limite del solo rimborso
delle spese per le attività svolte come attività secondarie e strumentali. Sul
punto, si ricorda che non è stato ancora emanato il decreto interministeriale
(di cui all'art. 6 del Codice), che dovrà definire "criteri e limiti" alla stregua dei
quali le attività devono considerarsi "secondarie e strumentali". Ulteriori
modifiche al Codice riguardano l'estensione dell'utilizzo dei titoli di solidarietà a
tutti enti del TS (art. 77 ). Inoltre, nel caso in cui, entro dodici mesi dal loro
collocamento, gli istituti emittenti non utilizzino i titoli di solidarietà in favore
degli enti del TS, le somme corrispondenti dovranno essere utilizzate per la
sottoscrizione o per l'acquisto di titoli di Stato italiani aventi durata pari a
quella originaria dei relativi titoli;
- la legge di bilancio 2019 (commi 82 e 83, art. 1, L. 145/2018) in base
alla quale si prevede, mediante una novella al Codice (art. 79, comma 3,
D.Lgs. 3 luglio 2017), in favore delle fondazioni ex Ipab che svolgano attività
in ambito sociale, sanitario e socio-sanitario, che tali attività, ai fini delle
imposte sui redditi, siano considerate non commerciali, a condizione che gli
utili siano reinvestiti interamente nelle attività di natura sanitaria o socio-
sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso in favore degli organi
amministrativi. È fatto salvo il rispetto della disciplina europea sugli aiuti di
Stato in regime cosiddetto di de minimis.
MARCO KROGH
NOTAIO
Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (D. Lgs.
112/2017)
L'impresa sociale è specificamente regolata dal D. Lgs. 112/2017,
attuativo della legge delega 106/2016, anche se occorre ricordare che tale
decreto non esaurisce la disciplina dell'impresa sociale. A tale ente si
applicano, se compatibili, le norme di cui al D. Lgs. 117/2017 recante il Codice
del terzo settore, nonché, per gli aspetti che rimangono ancora non disciplinati,
le disposizioni del Codice civile concernenti la forma giuridica in cui l'impresa
sociale è costituita (art. 1, comma 5, D.Lgs. 112/2017).
Il D. Lgs. 112/2017 (Revisione della disciplina in materia di impresa
sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c della legge 6 giugno 2016,
n. 106) ha definito imprese sociali "tutti gli enti privati che esercitano in via
stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di
lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità
di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento
dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività". Non
possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un
unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (incluse le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni e gli enti
locali e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti pubblici non economici,
nazionali regionali locali), e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche
indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o
associati. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Decreto
112/2017 si applicano a particolari condizioni. Le cooperative sociali e i loro
consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ad esse le
disposizioni del Decreto 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa
specifica delle cooperative ed in quanto compatibili.
Si allargano i settori di attività dell'impresa sociale. Di nuova
introduzione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006) sono,
fra le altre, le attività ascrivibili a: ricerca scientifica di particolare interesse
sociale; organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di
particolare interesse sociale; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di
beni confiscati alla criminalità organizzata; alloggio sociale; microcredito;
agricoltura sociale.
Quale ente del Terzo settore, l'impresa sociale non può avere come
scopo principale quello di distribuire ai propri soci, amministratori, dipendenti,
ecc., gli utili ed avanzi di gestione, i quali devono essere destinati allo
svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio. In deroga
al generale divieto, il decreto consente - innovando rispetto alla disciplina
previgente - la distribuzione di una quota degli utili e degli Codice del Terzo
settore: avanzi di gestione annuali. Tale quota deve comunque essere inferiore
al cinquanta per cento degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali
perdite maturate negli esercizi precedenti. La distribuzione di tale quota è
ammessa per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice
civile, solo nelle seguenti modalità:
- aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei
limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al
consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall'ISTAT per
MARCO KROGH
NOTAIO
il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli
avanzi di gestione sono stati prodotti;
- distribuzione di dividendi ai soci, anche mediante aumento gratuito del
capitale sociale o l'emissione di strumenti finanziari, in misura comunque
non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi,
aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente
versato.
Per quanto riguarda le scritture contabili, le imprese sociali hanno
l'obbligo di:
- tenere il libro giornale e il libro degli inventari;
- redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di
esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti,
2435-bis o 2435-ter del codice civile, in quanto compatibili;
- depositare presso il registro delle imprese e pubblicare nel proprio sito
internet il bilancio sociale.
Il decreto prevede disposizioni dirette a favorire il coinvolgimento dei
lavoratori, degli utenti e degli stakeholders di riferimento. Tali disposizioni non
si applicano alle cooperative a mutualità prevalente e agli enti ecclesiastici. Il
coinvolgimento si attua attraverso strumenti di consultazione o partecipazione,
onde esercitare un'influenza sulle decisioni dell'impresa sociale, con specifico
(ma non esclusivo) riguardo alle condizioni di lavoro ed alla qualità dei beni e
servizi prodotti o scambiati.
Per quanto riguarda la disciplina del lavoro, il decreto ribadisce il
principio della non inferiorità del trattamento economico e normativo dei
lavoratori dell'impresa sociale rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi.
Aggiunge un limite all'eventuale divario salariale tra i lavoratori dipendenti
dell'impresa sociale. Tale divario non può essere superiore al rapporto
(calcolato sulla retribuzione annuale lorda) di uno ad otto. È ribadita
l'ammissione della prestazione di attività di volontariato all'interno dell'impresa
sociale (i volontari non possono superare i lavoratori).
Si ricorda infine che le imprese sociali possono destinare una quota non
superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite
maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni
(anche enti associativi riconosciuti), nonché dalla Fondazione Italia Sociale,
specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo
delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il
finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di
attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della
costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di
specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi.
Per quanto riguarda le disposizioni fiscali, è prevista la defiscalizzazione
degli utili se investiti per intero nell'attività dell'impresa sociale nonché la
detrazione IRPEF del 30% delle somme investite dai privati ( fino ad un milione
di euro) e mantenute per un limite di tre anni, nonché la deduzione IRES del
30% sulle somme delle somme investite da imprese e mantenute per almeno
tre anni.
Successivamente, nel corso di incontri del Governo con attori istituzionali
(Commissione politiche sociali della Conferenza Stato – Regioni,
MARCO KROGH
NOTAIO
Amministrazione finanziaria, rappresentanti del Notariato) e a seguito di
riunioni con il Consiglio nazionale del Terzo settore, è emersa l'esigenza di
apportare correzioni alla nuova normativa sulla impresa sociale. Il 21 marzo
2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare lo Schema di
decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. 3
luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa
sociale. Lo schema di decreto (A.G. 019) è stato quindi trasmesso alle Camere
per l'espressione del parere.
Le questioni emerse, oggetto dell'intervento in esame, riguardano:
- l'aggiornamento del calcolo della quota di lavoratori qualificati come
"molto svantaggiati" dipendenti dell'impresa sociale;
- l'esplicitazione della disciplina applicabile in materia di cooperative, con
specifico riguardo ai ristorni ed alle operazioni straordinarie;
- il rapporto tra imprese sociali e pubbliche amministrazioni: il divieto per
queste ultime di assumere la direzione, il coordinamento o il controllo di
un'impresa sociale potrebbe risultare impeditivo dell'acquisto della
qualifica di impresa sociale per quegli enti privati (ex IPAB) per i quali la
preposizione alla presidenza dell'organo di amministrazione di un
rappresentante della P.A. non è associata ad un effettivo potere di
direzione;
- l'adeguamento degli statuti delle imprese sociali alle novità legislative
con la maggioranza prevista per l'assemblea ordinaria, che non dovrebbe
essere utilizzata per approvare ulteriori modifiche non richieste;
- la previsione di forme di collaborazione tra le diverse amministrazioni
competenti in materia di controlli sulle imprese sociali;
- la previsione di un limite temporale volto a circoscrivere le agevolazioni
fiscali sugli investimenti a favore delle imprese sociali, unitamente al
ridotto limite temporale di mantenimento dell'investimento.
Le Commissioni speciali di Camera e Senato hanno espresso parere sul
provvedimento: al Senato il 22 maggio 2018 (parere favorevole condizionato)
e il 7 giugno alla Camera (parere favorevole con osservazioni).
Sulla G.U 185 del 10 agosto 2018, è stato infine pubblicato il D. Lgs. 20
luglio 2018, n. 95, Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3
luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa
sociale, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106.
Tassazione degli enti del Terzo settore
Dopo l'innalzamento dell'aliquota IRES per gli enti del Terzo settore che
svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali
(innalzamento previsto dalla legge di bilancio 2019 - art. 1, comma 52, della
legge 145/2018), il Decreto semplificazioni (art. 1, commi 8-bis e 8-ter del
decreto legge 135/2018) ha posticipato l'abrogazione della riduzione a metà
dell'IRES per alcuni enti del Terzo settore; tale riduzione trova infatti
applicazione non più dal 1° gennaio 2019, ma a decorrere dal periodo
d'imposta di prima applicazione di ulteriori misure di favore (da emanare, con
provvedimenti compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei
soggetti che svolgono attività aventi finalità sociale). Pertanto, la riduzione a
MARCO KROGH
NOTAIO
metà dell'IRES per tali enti (al 12%) permane fino all'emanazione di dette
misure.
Istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB")
Il Decreto semplificazioni (art. 11-sexies del decreto legge 135/2018) ha
stabilito, modificando la disciplina in materia di impresa sociale, che le società
costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le
amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e
coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o
indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice
civile. Il divieto non vale per le associazioni o fondazioni di diritto privato
originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza
(cd. "ex IPAB"), che con una modifica del Codice del Terzo settore, sono state
incluse fra gli enti del Terzo settore.
Disposizioni particolari su alcuni enti del Terzo settore
Con l'articolo 11-sexies, commi 1 e 2 del D.L.135/2018 (L. 12/2019) è
stata modificata la normativa riguardante le associazioni o fondazioni di diritto
privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e
beneficenza (cd. "ex IPAB"), stabilendo che le stesse siano da considerarsi
incluse nell'ambito del Terzo Settore. In proposito si ricorda che l'art. 10 della
legge n. 328/2000 ha previsto la una delega al Governo (poi attuata con il D.
Lgs. n. 207/2001) con la quale riformare la disciplina di tali istituti, a seguito
della quale le IPAB che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi
assistenziali sono state accorpate e trasformate in Aziende pubbliche di Servizi
alla Persona (ASP). In particolare, la novella interviene sulla disposizione di cui
all'articolo 4, comma 3, del D. Lgs. n. 112 del 2017, che ha revisionato la
disciplina in materia di impresa sociale, con particolare riferimento alle attività
di coordinamento, direzione e controllo, prevedendo che a tal fine le ex IPAB
fanno eccezione alla disciplina ivi prevista. Tale norma stabilisce che le società
costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le
amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e
coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o
indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice
civile ad eccezione delle associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab
derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza
o beneficenza, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16
febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, e
del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in quanto la nomina da parte
della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura
come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della
cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza,
sicché è sempre esclusa qualsiasi norma di controllo da parte di quest'ultima»..
Un ulteriore intervento modifica inoltre l'articolo 4, comma 2, del Codice del
Terzo settore (D.Lgs 117/2017), il quale prevede l'elenco degli enti che non
ricadono nell'ambito di applicazione del Codice, escludendo le associazioni o
MARCO KROGH
NOTAIO
fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di
assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB"), che pertanto risultano in tal modo
incluse fra gli enti del Terzo settore. Si ricorda che non sono enti del terzo
settore le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i
sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie
economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a
direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei
soggetti operanti nel settore della protezione civile (disciplinati dall'articolo 32,
comma 4 del Codice). Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente
comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e
di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d'Aosta. Entrambi i predetti
interventi normativi relativi agli istituti ex IPAB sono motivati dal fatto che la
nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori degli enti
ex IPAB si configura come mera designazione, intesa come espressione della
rappresentanza della cittadinanza, non configurandosi pertanto come mandato
fiduciario con rappresentanza ed escludendo sempre qualsiasi forma di
controllo da parte della stessa rappresentanza. In proposito si deve richiamare
la sentenza. del Consiglio di Stato (Sent. Cons. Stato Sez. V, n. 6691/09) con
la quale è stato sancito il principio che la nomina dei rappresentanti di un
istituto ex IPAB da parte del Sindaco ex art. 50, comma 8 del Tuel (D. Lgs. n.
267/2000) non presuppone un rapporto fiduciario come "coincidenza di
orientamento politico (o, addirittura, di opinione politica), in quanto tale
relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o
meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell'Ente di riferimento". Non
sussisterebbe infatti, ad esempio, potestà di revoca (cd. spoil system) di tali
rappresentanti da parte della nuova carica di sindaco a seguito di eventuali
elezioni amministrative comunali.
Disciplina del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche (D.Lgs. 111/2017)
Il D. Lgs. 111/2017 Disciplina dell'istituto del cinque per mille
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche si propone il completamento della
riforma strutturale dell'istituto del 5 per mille, mediante: la razionalizzazione e
revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per
l'accesso al beneficio; la semplificazione e accelerazione delle procedure per il
calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti; l'introduzione di obblighi di
pubblicità delle risorse erogate; la revisione della disciplina sanzionatoria.
Statuto della Fondazione Italia sociale (D.P.R. 28 luglio 2017)
Il D.P.R. 28 luglio 2017 Approvazione dello statuto della Fondazione
Italia sociale (qui l'iter parlamentare del provvedimento) definisce la
Fondazione Italia sociale una persona giuridica privata che risponde ai princìpi
e allo schema giuridico della fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro
e con durata illimitata. Scopo della Fondazione quello di sostenere la
realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo
settore, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento
pubblico. Il patrimonio della Fondazione è costituito da una dotazione iniziale,
conferita dallo Stato, pari a un milione di euro. La Fondazione dovrà
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2019 krogh impresa sociale commentario1

  • 1. MARCO KROGH NOTAIO Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106. (GU Serie Generale n.167 del 19-07-2017) note: Entrata in vigore del provvedimento: 20/07/2017 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione; Visto l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione; Vista la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale; Visto in particolare l'articolo 1, comma 2, lettera c), della legge n. 106 del 2016 che prevede l'adozione di un decreto legislativo per la revisione della disciplina in materia di impresa sociale; Visto l'articolo 6 della legge n. 106 del 2016, recante il criterio di delega relativo al riordino e alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale, tenuto conto di quanto previsto dagli articoli 2, 4 e 9 della medesima legge; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 12 maggio 2017; Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28 giugno 2017; Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; Emana il seguente decreto legislativo: art. 1, D.Lgs. 3 .7.2017, n. 112 Nozione e qualifica di impresa sociale 1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformita' alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale un'attivita' d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale, adottando modalita' di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il piu' ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attivita'. 2. Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le societa' costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
  • 2. MARCO KROGH NOTAIO n. 165, e successive modificazioni, e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. 3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalita' di tali enti, recepisca le norme del presente decreto. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all'articolo 9. 4. Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Alle cooperative sociali e ai loro consorzi, le disposizioni del presente decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l'ambito di attivita' di cui all'articolo 1 della citata legge n. 381 del 1991, come modificato ai sensi dell'articolo 17, comma 1. 5. Alle imprese sociali si applicano, in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto, le norme del codice del Terzo settore di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, e, in mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l'impresa sociale e' costituita. 6. Le disposizioni del presente decreto si applicano in quanto compatibili con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. 7. Le disposizioni del presente decreto non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. art. 2, D.Lgs. 3 .7.2017, n. 112 Attività d’impresa di interesse generale 1. L'impresa sociale esercita in via stabile e principale una o piu' attivita' d'impresa di interesse generale per il perseguimento di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale. Ai fini del presente decreto, si considerano di interesse generale, se svolte in conformita' alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attivita' d'impresa aventi ad oggetto:
  • 3. MARCO KROGH NOTAIO a) interventi e servizi sociali ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, ed interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni; b) interventi e prestazioni sanitarie; c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni; d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche' le attivita' culturali di interesse sociale con finalita' educativa; e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni; g) formazione universitaria e post-universitaria; h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale; i) organizzazione e gestione di attivita' culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attivita', anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, e delle attivita' di interesse generale di cui al presente articolo; j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell'articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni; k) organizzazione e gestione di attivita' turistiche di interesse sociale, culturale o religioso; l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo ed al contrasto della poverta' educativa; m) servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;
  • 4. MARCO KROGH NOTAIO n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni; o) attivita' commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l'accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonche' di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile; p) servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui al comma 4; q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, e successive modificazioni nonche' ogni altra attivita' di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi; r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti; s) microcredito, ai sensi dell'articolo 111 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; t) agricoltura sociale, ai sensi dell'articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni; u) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche; v) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalita' organizzata. 2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilita' sociale di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, nonché delle finalità e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del codice del Terzo settore di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, l'elenco delle attività d'impresa di interesse generale di cui al comma 1 puo' essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
  • 5. MARCO KROGH NOTAIO sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del decreto, decorsi i quali quest'ultimo puo' essere comunque adottato. 3. Ai fini di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l'attivita' per la quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. 4. Ai fini del presente decreto, si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l'attività d'impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono occupati: a) lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni; b) persone svantaggiate o con disabilita' ai sensi dell'articolo 112, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, nonché persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all'articolo 2, quarto comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di povertà' tale da non poter reperire e mantenere un'abitazione in autonomia. 5. Ai fini di cui al comma 4, l'impresa sociale impiega alle sue dipendenze un numero di persone di cui alle lettere a) e b) non inferiore al trenta per cento dei lavoratori. Ai fini del computo di questa percentuale minima, i lavoratori di cui alla lettera a) non possono contare per piu' di un terzo «e per piu' di ventiquattro mesi dall'assunzione» (n.d.r.: inciso aggiunto con D.Lgs. 20 luglio 2018 n. 95). La situazione dei lavoratori di cui al comma 4 deve essere attestata ai sensi della normativa vigente. 6. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente articolo.
  • 6. MARCO KROGH NOTAIO Nascondi bibliografia Bibliografia: ALBANESE Alessandra, Pubblico e privato nella gestione dei servizi sociali: dalla legge 328/2000 alla riforma del titolo V della Costituzione, in Impresa sociale, vol. 74, 1, 2005 ALLEVA Francesco, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 ALLEVA Francesco – BANO Fabrizio, Coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007, ARENA Gregorio, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, c. 4 della Costituzione, in AA. VV. Studi in onore di Giorgio Berti, I, Jovene, Napoli, 2005 BAGNOLI Luca, Scritture contabili, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 BANO Fabrizio, Lavoro nell’impresa sociale, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 BANO Fabrizio - ALLEVA Francesco, Coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari delle attività, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 BASSI Amedeo, Principi generali della riforma delle società cooperative, GIUFFRE’, 2004 BASSI Andrea – COLOZZI Ivo, Da terzo settore a imprese sociali, COROCCI, 2003 BASSI V. – PISCHETOLA Adriano, Società lucrative e destinazione degli utili , Società, 2003, 3, pag.423 BENFATTO Simone, Ancora sulle cooperative sociali: un modello atipico della cooperazione, per la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi. Nuova rass., 1993, 528 BOGGIALI Daniela – RUOTOLO Antonio, La nuova disciplina dell’impresa sociale (Approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 19/04/2018), in Studi del Consiglio nazionale del Notariato, studio 91-2018/I BORZAGA Carlo - SANTUARI Alceste, in Defourny e Borzaga (a cura di) L’impresa sociale, realizzato dall’ Istituto Studi Sviluppo Aziende Non Profit - Università degli Studi di Trento
  • 7. MARCO KROGH NOTAIO BORZAGA Carlo – ZANDONAI Flavio (a cura di), L’impresa sociale in Italia, economia e istituzione dei beni comuni, Rapporti Iris network, DONZELLI EDITORE, 2009 BORZAGA Carlo, “Impresa sociale”, in L.Bruni, S. Zamagni (a cura di), Dizionario di Economia Civile, Roma, CITTA’ NUOVA EDITRICE, 2009, p. 516-526 BORZAGA Carlo, Impresa sociale. Verso una definizione, in “Impresa sociale”, 67, pagg. 14 – 28 BORZAGA Carlo – DEFOURNY J., (a cura di) L’impresa sociale in prospettiva europea, EDIZIONI 31, TTRENTO, 2001 BRUNELLI Cinzia, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 864 bis del 1° luglio 1999, al sito http://www.notariato.it/it/primo-piano/studi- materiali/studi-materiali/enti-ecclesiastici-in-genere/864.pdf BRUNI Luigino, L’impresa sociale. Una via italiana all’economia di mercato, Università Bocconi Editore, Milano, 2009 BUCELLI Andrea, Utilità sociale: le nuove frontiere del non profit, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 BUCELLI Andrea - GREGGI Marco, Norme di coordinamento, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 BUCELLI Andrea, Funzioni di monitoraggio e ricerca, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007, BUCELLI Andrea, Disposizioni di carattere finanziario, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007, BUONOCORE Vincenzo, Un nuovo tipo di cooperativa? A proposito della nuova legge sulle cooperative sociali. Riv. cooperazione, 1992, fasc. 2, 44 BUONOCORE Vincenzo, Un nuovo tipo di cooperativa? A proposito della nuova legge sulle cooperative sociali. Riv. dir. impresa, 1992, 249 Cooperative sociali - Istruzioni (Circ. Min. lav., dir. gen. cooperaz., 9 ottobre 1992, n. 116/534/F/21), in Corriere trib., 1992, 320. CAPECCHI Marco, Evoluzione del terzo settore e disciplina civilistica, CEDAM, 2005 CAPECCHI Marco, Assenza dello scopo di lucro, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 CAPOBIANCO Ernesto, Cooperative sociali e associazioni di volontariato: verso il tramonto della neutralità?. Notariato, 1996, 559
  • 8. MARCO KROGH NOTAIO CARABBA Achille, Lo scopo delle associazioni e fondazioni, in Rivista del Notariato, 2001, pag. 764 CETRA Antonio, Responsabilità patrimoniale, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 CETRA Antonio, Trasformazione, fusione, scissione e cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 CETRA Antonio, Procedure concorsuali, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007, COEN Leopoldo – FUSARO Andrea – FUCCILLO Antonio, Nozione, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 COLOZZI Ivo – BASSI Andrea, Da terzo settore a imprese sociali, COROCCI, 2003 DEL BENE Francesco, L'organizzazione di volontariato e le cooperative sociali. Dir. famiglia, 1237, 1995 DE MAIO Grazia Teresa, Ad evitare applicazioni improprie della legge sulle cooperative sociali. Riv. cooperazione, 1992, fasc. 2, 49 DEFOURNY Jacques., Dal terzo settore all’impresa sociale, in BORZAGA e DEFOURNY (a cura di) , L’impresa sociale in prospettiva europea, TRENTO, 2001, pag. 28 e segg. DEFOURNY Jacques. – BORZAGA Carlo, (a cura di) L’impresa sociale in prospettiva europea, EDIZIONI 31, TRENTO, 2001 DI SABATO Franco, Diritto delle Società, GIUFFRE’, 2005 FALANGA Ciro, Discussione del disegno di legge: Delega al Governo concernente la disciplina dell'impresa sociale - Approvato dalla Camera e modificato dal Senato. Seduta del 25 maggio 2005 - Discussione sulle linee generali - A.C. 3045-B- relatore On. Ciro Falanga FAZZI Luca, Governance per le imprese sociali e il non profit, CAROCCI, 2007 FUCCILLO Antonio, Enti Religiosi e Impresa sociale, in Lavori del Convegno di Studi “Enti Religiosi e Riforma del terzo settore, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Giurisprudenza, file:///F:/AAAA%20Personale%20lavoro %20e%20scritti/Studi%20e%20pubblicazioni/2018%20Impresa %20sociale/ENTI_RELIGIOSI_E_IMPRESA_SOCIALE.pdf, Piacenza 2018 FUCCILLO Antonio - FUSARO Andrea – COEN Leopoldo, Nozione, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007
  • 9. MARCO KROGH NOTAIO FUSARO Andrea, Dalle formazioni di volontariato alle associazioni di promozione sociale: un decennio di leggi speciali, in Gli enti non profit tra codice civile e legislazione speciale, a cura di G.Visintini., EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE, 2003. FUSARO Andrea – COEN Leopoldo – FUCCILLO Antonio, Nozione, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 FUSARO Andrea, Costituzione, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007, FUSARO Arianna, Denominazione, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 GENNA Maria, Cooperative sociali ed organizzazioni di volontariato. Studium iuris, 1998, 1103 GREGGI Marco - BUCELLI Andrea, Norme di coordinamento, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 HANSMANN Henry, The Role of the Non profit Enterprise, in The Yale Law Journal, 1980, vol.89, n.5, 835 HANSMANN Henry, The Owneship of Enterprise, Cambridge, Mass., The Belknap Press of Harvard Univerity Press, 1996, Edizione Italiana a cura di A.ZOPPINI, La proprietà dell’impresa, IL MULINO, 2005 IACCARINO Giancarlo, Attribuzione del diritto di voto non proporzionale alla partecipazione sociale, Le Società, IPSOA 1/2008 KROGH Marco, L’impresa sociale. Prime riflessioni sul d.lgs. 24 marzo 2006 n. 155, studio 429-2006/C del Consiglio Nazionale del Notariato del 14 luglio 2006, in Studi e Materiali, quaderni del Consiglio Nazionale del Notariato, GIUFFRE’, 2006 LEPRI Stefano - MARTINELLI Livia, Le cooperative sociali, Il Sole-24 Ore-PIROLA, MILANO, 1996 LUCARINI ORTOLANI Didia, Organizzazioni di volontariato, cooperative sociali e sistema codicistico dei fenomeni associativi. Riv. dir. comm., 1993, I, 561 MARIANI Michele, La l. 8 novembre 1991, n. 381 sulle cooperative sociali. Riv. it. dir. lav., 1992, I, 209 MARTINELLI Livia - LEPRI Stefano, Le cooperative sociali, Il Sole-24 Ore-PIROLA, Milano, 1996 MELE Eugenio, Disciplina delle cooperative sociali: evoluzione e prospettive del convenzionamento a seguito della l. n. 381 del 1991. Nuova rass., 1993, 521
  • 10. MARCO KROGH NOTAIO MERZ Sandro, Manuale pratico delle società cooperative - Commentato con riferimento al diritto civile, fallimentare, penale e fiscale - Cooperative edilizie, di produzione e lavoro, di consumo, agricole, sociali, femminili, con la collaborazione di BUSON M. Teresa, CESCON Renza, LUCCHESE M. Teresa, MADONNA Roberto, SCOCCA Vincenzo e SGUOTTI Paolo, CEDAM, PADOVA, 1995 MALERBA Giuseppina, Meccanismi di mercato e ruolo delle istituzioni, GIUFFRE’, 1994 NARDUZZI Edoardo, Nuova disciplina delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale: le cooperative sociali. Tributi, 1405, 1995 PETRELLI Gaetano, “L’indagine della volontà delle parti e la “sostanza” dell’atto pubblico notarile”, in Rivista del Notariato, 2006, n.1. PETRELLI Gaetano, Ancora su atto costitutivo e statuto: il contenuto dell'atto pubblico e l'essenza della funzione notarile in Riv. Dir. Priv. n.2 del 2006 PISCHETOLA Adriano – V. BASSI, Società lucrative e destinazione degli utili , Società, 2003, 3, pag.423 POLLICE Paolo, Schemi della soggettività giuridica e nuovi bisogni sociali: le cooperative di «solidarietà sociale» (Nota a A. Napoli, 5 giugno 1987, Soc. coop. Centro giovanile riferimento e T. Napoli, 30 aprile 1986, Soc. coop. Centro giovanile riferimento). PONZANELLI Giulio, Impresa sociale: le nuove frontiere del non profit, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 RESCIGNO G.U., Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali,in Dir. Pubb. 2002 RESCIO G.A., “Sulla natura e sulla forma degli statuti societari”, studio n. 5557/S, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, GIUFFRE’, 2005 RUOTOLO Antonio - BOGGIALI Daniela, La nuova disciplina dell’impresa sociale (Approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 19/04/2018), in Studi del Consiglio nazionale del Notariato, studio 91-2018/I SANTUARI Alceste, L’impresa sociale: un concetto giuridico? “sulla riforma del libro I del codice civile in materia di enti non profit”, Rivista Il Diritto delle Famiglie e delle Persone, 2000, pag. 897 studio realizzato dall’ Istituto Studi Sviluppo Aziende non profit - Università degli Studi di Trento - Sull’impresa sociale, a cura di Carlo Borzaga SANTUARI Alceste, L’impresa sociale: un concetto giuridico? (sulla riforma del libro i del codice civile in materia di enti non profit), Rivista Il Diritto delle Famiglie e delle Persone, 2000 SANTUARI Alceste – BORZAGA Carlo, in Defourny e Borzaga (a cura di) L’impresa sociale, realizzato dall’ Istituto Studi Sviluppo Aziende Non Profit - Università degli Studi di Trento
  • 11. MARCO KROGH NOTAIO SCHIANO PEPE Giorgio, Cariche sociali, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 SCHIANO PEPE Giorgio, Organi di controllo, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 SCHIUMA Laura, Struttura societaria e disciplina dei gruppi, in La nuova disciplina dell’impresa sociale, commentario al D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, a cura di Maria Vita De Giorgi, Le nuove leggi commentate, CEDAM, 2007 STELLA RICHTER Jr. M., Il controllo sugli atti costitutivi e sulle deliberazioni modificative non ricevuti da notai, studio n. 5823/I del 15 dicembre 2005, IN Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, GIUFFRE’, 2005 TONDO S., Sul possibile rapporto formale fra atto costitutivo e statuto nelle spa”, studio n. 5022/I approvato dalla Commissione scientifica il 15 gennaio 2005, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, Giuffré, 2005 TOTOLA Maria Grazia, Il contributo delle cooperative sociali alla formazione del capitale relazionale. Riv. cooperazione, 1998, fasc. 3, 110 Disciplina delle cooperative sociali (l. 8 novembre 1991 n. 381), commento di PAOLUCCI Luigi Filippo, Nuove leggi civ., 1997, 1352 VENDITTI Carlo, Causa e scopo mutualistico delle cooperative sociali. Dir. e giur., 1994 ZAMAGNI Stefano, Dell’identità delle imprese sociali e civili: perché prendere la relazionalità sul serio, in S. Zamagni (a cura di), Il no profit italiano al bivio, EGEA, 2002 ZANDONAI Flavio – BORZAGA Carlo (a cura di), L’impresa sociale in Italia, economia e istituzione dei beni comuni, Rapporti Iris network, DONZELLI EDITORE, 2009 ZANDONAI Flavio, L’impresa sociale nelle metamorfosi dei mercati”, in J.L. Laville, M. La Rosa, Impresa sociale e capitalismo contemporaneo, Ed. SAPERE 2000, MILANO, 2009,. 175-195 ZOPPINI Andrea, Presentazione dell’edizione italiana, in H.HANSMANN, La proprietà dell’impresa, IL MULINO, 2005 ZOPPINI Andrea, Una proposta per la disciplina dell’impresa sociale, ROMA, 2001 ZOPPINI Andrea, Relazione, Dal codice civile alle riforme annunciate, Convegno di studi in onore di P. RESCIGNO, a cura di D. Carusi, MILANO Mostra riferimenti
  • 12. MARCO KROGH NOTAIO L’Impresa sociale di Marco Krogh Sommario: 1. Cenni introduttivi: Il terzo settore. 2. Gli enti “no profit”. 3. Definizioni di “no profit”. 4. Documenti: Lo stato dell’arte sulla riforma del Terzo settore. Il commento del servizio Studi della Camera dei Deputati – XVIII Legislatura (8 marzo 2019). 5. Definizione di impresa sociale e nozione di utilità sociale. 6. Enti ecclesiastici ed enti delle confessioni religiose 1. Cenni introduttivi: Il terzo settore. L’interesse pubblico per il settore no profit nasce dalla presa di coscienza della crescente difficoltà del settore pubblico alla realizzazione dei cd. servizi sociali ed in una conseguente crisi del cd. welfare State, per l’insostenibile aumento dei costi legati alla gestione della spesa pubblica e per un’incapacità strutturale di realizzare, nel settore pubblico, validi modelli organizzativi in grado di produrre beni e servizi idonei a soddisfare le molteplici aspettative sociali via via cresciute nella società contemporanea. Il rapido mutamento dei costumi sociali ha comportato, da un lato, una crescita della domanda di intervento “sociale” in aree che, in epoche passate, o erano di minor impatto sociale (si pensi ai numerosi problemi legati al fenomeno della droga) o trovavano la loro risposta all’interno della famiglia (si pensi, ad esempio, all’assistenza agli anziani ed agli asili nido) e, da altro lato, ha determinato una maggiore attenzione e sensibilità, in termini solidaristici, verso i bisogni di cui sono portatori i disabili mentali, i senza tetto, i tossicodipendenti, gli immigrati ed i disoccupati di lungo periodo. Cfr. sull’evoluzione e la crescita del settore A. Fusaro, Dalle formazioni di volontariato alle associazioni di promozione sociale: un decennio di leggi speciali, in Gli enti non profit tra codice civile e legislazione speciale, a cura di G. Visintini., Edizioni Scientifiche Italiane, 2003). A ciò si aggiunga un sottosviluppo del settore no profit confinato, probabilmente per ragioni storiche, troppo spesso all’interno delle aree della mutualità e del volontariato (M. Capecchi, Evoluzione del terzo settore e disciplina civilistica, CEDAM, 2005, pag. 25 e segg) ed incapace di trovare percorsi alternativi capaci di coniugare in termini di efficienza costi, benefici ed equità sociale. Gli obiettivi fondamentali che il welfare State si propone di realizzare attraverso il sistema politico e amministrativo, nel tentativo di emendare l’azione delle forze di mercato, vanno in almeno tre direzioni: a) assicurare a tutti i cittadini, senza distinzione di stato o di classe, una gamma socialmente concordata di beni e servizi meritori;
  • 13. MARCO KROGH NOTAIO b) restringere l’impatto dell’incertezza che impedisce ad individui e famiglie ad affrontare alcune contingenze sociali quali la malattia, la vecchiaia e la disoccupazione; c) garantire agli individui e alle famiglie un reddito minimo che assicuri una esistenza dignitosa (In tal senso G. Malerba, Meccanismi di mercato e ruolo delle istituzioni, GIUFFRE’, 1994, pag.386.) Di conseguenza, agli individui, all’interno del welfare State, si riconoscono specifici “diritti sociali “, intendendosi per tali quei diritti che spettano ad un soggetto, direttamente riconosciuti dalla legge, indipendentemente dalla capacità economica del soggetto stesso (sul punto cfr. G.U. Rescigno, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali,in Dir. Pubb. 2002, pag. 25). Diritti, quindi, che lo Stato, in via tendenziale, si impegna a garantire a ciascun soggetto svincolando la loro fruizione allo status economico e dalle capacità patrimoniali dei fruitori stessi. La crescente difficoltà, da parte dello Stato, a fronteggiare in modo efficiente la realizzazione di questi “diritti sociali”, sotto il duplice aspetto dei notevoli e crescenti costi richiesti e della difficoltà ad assicurare una prestazione qualitativamente apprezzabile, ha aperto lo spazio al fenomeno generalmente inquadrato come “terzo settore”, ossia un settore sociale intermedio tra “Stato” e “mercato”, all'interno del quale troviamo tutta una serie di enti collettivi a struttura privata, aventi finalità sociali che concorrono, in modo diverso tra loro, alla realizzazione di quelle funzioni sociali normalmente rientranti nel welfare State, come sopra definito. L’importanza del terzo settore è aumentata in modo direttamente proporzionale alla presa di coscienza della incapacità dello Stato, e delle sue strutture pubbliche, a far fronte ai crescenti bisogni di una società che chiede risposte concrete e complete alle molteplici esigenze poste da fasce sociali emarginate o, comunque, incapaci a soddisfare in modo dignitoso i bisogni primari della propria esistenza. Una spinta fondamentale, al terzo settore è poi venuta, nel 2001, dalla riforma del titolo V della Costituzione e soprattutto dell’art. 118 comma IV, laddove è stato espressamente previsto che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Provincie e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”; sicché è introdotto un nuovo modello che prevede la collaborazione tra il settore pubblico ed il settore privato nella realizzazione di finalità che per lungo tempo si ritenevano riservate al solo settore pubblico. L’innovazione costituisce il punto di arrivo di un percorso che parte dalla sentenza 24 marzo 1988, n. 396 che riconosce l’incostituzionalità della cd. legge Crispi del 1890 che imponeva a tutte le organizzazione operanti nel campo dei servizi sociali uno status pubblicistico in violazione al principio della libertà di assistenza privata sancito nell’art. 38 della Costituzione. Il superamento delle prescrizioni contenute nella legge Crispi consentì al terzo settore una forte evoluzione ed innovazione approdata nel nuovo schema organizzativo di integrazione tra il pubblico ed il privato previsto nell’art. 118 della Costituzione che ha definitivamente affermato il ruolo primario dell’iniziativa privata nel soddisfacimento dei cd. diritti sociali, superando il binomio “Stato” – “mercato” e riconoscendo l’esistenza di un’area intermedia,
  • 14. MARCO KROGH NOTAIO convenzionalmente denominata “terzo settore”, alimentata da iniziative che si collocano al di fuori delle due aree tradizionali per rispondere a logiche e motivazioni né “burocratiche“ né “capitalistiche”. Un’evoluzione dunque da welfare State a welfare society, secondo un angolo prospettico che vede lo Stato cedere il suo ruolo di interprete e gestore delle istanze sociali a quei privati che, da meri utenti, vogliono diventare protagonisti dell’offerta nei settori sociali (M. Capecchi, op. cit., pag. 51 e segg.) assecondando e non trascurando una combinazione di istanze, iniziative e contributi, tutte meritevoli di considerazione all’interno del fenomeno del terzo settore e da coordinare e programmare secondo una politica di rete, sensibile ad attrarre entro il proprio ambito tutte ciò che sia finalizzato al ben- essere, in una prospettiva aperta al welfare mix, diretto a regolamentare ed attrarre, in una diversa combinazione, Stato, mercato ed auto-organizzazione. Il nuovo principio generale che governa l’intervento pubblico nel settore delle attività sociali è quello della sussidiarietà orizzontale, ossia una preferenza assoluta per gli interventi dei privati nell’erogazione di beni e servizi sociali ed un compito residuale dello Stato chiamato ad intervenire nelle limitate ipotesi in cui non ci sia un privato disposto ad assumere l’iniziativa, ovvero nei casi in cui il privato non è in grado di offrire un servizio di apprezzabile qualità (M. Capecchi, op. cit, pag.43 e segg.). A sostegno di tale principio è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale quale mezzo per la salvaguardia dell’unità del sistema nell’area del welfare (art. 117, comma 2°, lett. m, Cost.); è istituito un fondo perequativo, senza vincolo di destinazione, per i territori conm minore capacità fiscale per abitante (art. 119, comma 3°, Cost.); è previsto l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti delle Regioni e degli Enti locali per garantire l’unità giuridica ed economica e per assicurare il pieno dispiegamento della tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili (art. 120, comma 2, Cost.) (sugli aspetti della riforma costituzionale cfr. “Relazione del CNEL Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali 24 Novembre 2004”). 2. Gli enti “no profit” . Come accennato, la realizzazione delle finalità sociali, proprie del terzo settore, non avviene attraverso un unico modello organizzativo normativamente fissato dalla legge, al contrario, all’interno del fenomeno, troviamo una pluralità di enti collettivi che perseguono finalità sociali, ciascuno caratterizzato da una diversa struttura che condiziona l’efficacia dell’azione svolta. Troviamo, peraltro, all’interno dell’area deputata a soddisfare nella più ampia accezione i cd. “bisogni sociali”, sia organizzazioni for profit che organizzazioni no profit. Alle prime, corrispondono quegli enti di natura privata che producono beni o servizi all’interno del settore “sociale”, pur non rinunziando alla remunerazione del capitale investito (sotto forma sia di lucro oggettivo che di lucro soggettivo) e, quindi, per finalità speculative; si pensi ad esempio ad una società di gestione di una casa di riposo ovvero ad una clinica privata: si tratta di attività
  • 15. MARCO KROGH NOTAIO svolte secondo modelli organizzativi privati che proiettano la loro attività in settori ad alto contenuto sociale, secondo le logiche delle società lucrative. Alle seconde (enti no profit) corrispondono quegli enti che, invece, intendono perseguire finalità sociali e solidaristiche attraverso modelli organizzativi privatistici, al di fuori di qualunque intento speculativo e di profitto. In generale, sono organizzazioni che presentano caratteristiche strutturali idonee ad assicurare un’organizzazione democratica (coinvolgimento paritario nella governance di tutti gli associati) ed una naturale apertura al coinvolgimento nell’organizzazione di tutti coloro che siano portatori dei medesimi interessi perseguiti dall’ente (cd. porta aperta), secondo un modello organizzativo mutuato principalmente dalle cooperative. Il riferimento alle cooperative, all’interno del terzo settore, è particolarmente significativo perché questo tipo di società ha rappresentato il fondamentale modello di riferimento per il Legislatore di ente in grado di coniugare finalità sociali, efficienza d’impresa, organizzazione democratica e partecipazione. Invero, il primo modello organizzativo d’impresa con una mission sociale è rappresentato dalla cooperativa sociale che, pur perseguendo interessi di carattere generale, riconosce un limitato lucro soggettivo ai suoi soci e si pone, sotto questo profilo, come ente for profit (anche se limitato) caratterizzato da alcuni specificità che ne salvaguardano la funzione sociale, accostandola per molti aspetti agli enti no profit. La cooperativa sociale, di fondamentale importanza nell’evoluzione del settore della produzione di beni e servizi sociali, tuttavia, è una delle risposte e non la sola risposta alle nuove esigenze nascenti dalla welfare society. Verosimilmente, il Legislatore, come primo passaggio verso una regolamentazione delle imprese che operano nell’area del welfare, ha scelto il modello della cooperativa per la sua naturale vocazione al sociale ed è stato, quindi, agevole adeguare un modello organizzativo già collaudato ed adattarlo alla realizzazione di nuovi obiettivi sociali. Il panorama degli enti con vocazione sociale, lungi dall’esaurirsi nelle cooperativa sociale, è popolato da una molteplicità di enti che possono, per comodità espositiva, raggrupparsi in tre principali categorie: 1) - gli enti di tutela (advocacy) e promozione di interessi di singoli gruppi o della collettività; ruolo tradizionalmente proprio delle associazioni; all’interno di questo fenomeno l’attività economica volta alla produzione di beni e servizi sociali è, in genere, marginale ed è presa in considerazione nei limiti in cui vanno conciliate le diverse norme che rappresentano lo statuto dell’imprenditore con la struttura non imprenditoriale di questa tipologia di enti; 2) - gli enti di redistribuzione di risorse tra individui o tra comunità; funzione svolta da organizzazioni con finalità di gestione di un capitale di solito proveniente da un atto di liberalità o, comunque, formato all’interno di logiche non speculative ed il cui modello organizzativo corrisponde per lo più alle fondazioni. Anche questi enti spesso svolgono un’attività economica in modo marginale e strumentale rispetto alle finalità che intendono perseguire; 3) - enti che intendono perseguire finalità altruistiche, attraverso lo svolgimento di un’attività economica (di produzione o scambio di beni o servizi di utilità sociale), non adottando la forma della società. All’interno di questo
  • 16. MARCO KROGH NOTAIO terzo gruppo rientrano quegli enti, quali le associazioni di volontariato e le organizzazioni di promozione sociale, che costituiscono un primo sviluppo embrionale, normativamente disciplinato, dell’esercizio di attività economica, attraverso, organizzazioni strutturate secondo gli schemi del libri I del codice civile, con specifiche limitazioni, attraverso la previsione di norme imperative dirette a limitare l’autonomia privata a salvaguardia di deviazioni di carattere speculativo o egoistico. Pur non volendo entrare nell’esame delle complesse problematiche che attengono ai tratti differenziali delle associazioni rispetto alle società, può evidenziarsi che l’attività economica svolta dalle associazioni è tradizionalmente occasionale e/o marginale e, fondamentalmente, strumentale rispetto alla funzione “altruistica” normalmente svolta dall’ente. L’attività d’impresa svolta da questi enti, sebbene oggi sia pacificamente legittima, in passato ha proposto problematiche riguardanti l’adattamento delle norme relative allo statuto dell’imprenditore a questi enti con vocazione non imprenditoriale. Questo il quadro normativo che ha fatto da sfondo al dibattito, in generale, sulla riforma degli enti del “terzo settore” ed, in modo più specifico, sulla riforma dell’impresa sociale ossia di un ente volto alla produzione di beni e servizi sociali che riuscisse a coniugare tre obiettivi principali: - rendere economicamente sostenibile un’attività imprenditoriale svolta in assenza di finalità speculative; - configurare un modello organizzativo efficiente pur in assenza di una governance formata dai meri investitori in capitale di rischio, normalmente presenti nelle imprese capitalistiche; - assicurare un livello di prestazioni qualitativamente apprezzabile. 3. Le definizioni di “no profit”. Da un punto di vista scientifico e di elaborazione delle idee e degli obiettivi che hanno alimentato il dibattito politico sull’organizzazione di questo segmento del welfare, è utile dar conto delle definizioni di maggior pregio scientifico tendenti ad individuare ciò che rientra nel terzo settore o, più precisamente, ciò che rientra in un ampia definizione di no profit secondo una ricostruzione contenuta nella relazione del CNEL Commissione Politiche del Lavoro e Politiche Sociali 24 Novembre 2004: A) Una prima definizione del settore “no profit” è quella fornita dalla John Hopkins University (JHU) che prevede quali requisiti essenziali delle suddette organizzazioni: 1. Formalità. L’organizzazione deve essere formalmente costituita, deve cioè essere dotata di uno statuto, di un atto costitutivo o di qualunque altro documento che regoli l’ingresso dei membri, i loro comportamenti e le relazioni reciproche, evidenziando così la consistenza organizzativa dell’istituzione e la sua stabilità nel tempo. 2. Natura giuridica privata. L’organizzazione non deve far parte del settore pubblico.
  • 17. MARCO KROGH NOTAIO 3. Assenza di distribuzione di profitto. L’organizzazione non deve distribuire, in nessuna forma, ai propri soci, membri o dipendenti, i profitti derivanti dalla propria attività; ciò non significa in alcun modo che l’organizzazione non possa realizzare profitti, ma solo che gli stessi devono essere reinvestiti nell’attività “sociale”. 4. Presenza di una certa quantità di lavoro volontario. I volontari possono svolgere sia funzioni operative che funzioni dirigenziali o di indirizzo delle attività delle organizzazioni (tipicamente membri di consigli di amministrazione). La presenza di attività volontaria può riscontrarsi anche nella forma di retribuzioni inferiori alla media del mercato per posizioni professionali omogenee. 5. Autogoverno. L’organizzazione non deve essere controllata, nello svolgimento dei propri processi decisionali, da altre organizzazioni che non siano a loro volta comprese nel settore non profit (cioè che non rispettino tutte le caratteristiche precedenti). La verifica del rispetto di questo criterio viene principalmente dall’osservazione della composizione dei consigli di amministrazione: nel caso in cui il numero dei soggetti nominati da enti pubblici o imprese a scopo di lucro sia prevalente, l’organizzazione viene esclusa dal settore non profit. All’interno di questa definizione non c’è spazio per “quelle attività del settore non profit che non tendono a beneficiare soggetti esterni rispetto ai membri delle organizzazioni”, quali i partiti politici e le Chiese ed anche le mutual benefit organization (associazioni e cooperative), anche se l’attività di queste ultime non sembra meno apprezzabile di quella delle public benefit organization. La critica mossa a questa definizione concettuale è proprio quella relativa all’esclusione o, comunque, al diverso rilievo, in negativo, assegnato alle mutual benefit organization, trascurando di includere nella definizione, a pari titolo, le mutual e le benefit organization nella rappresentazione del “settore”. Del pari, la presenza essenziale di una certa quantità di lavoro volontario, sebbene costituisca una caratteristica molto significativa, non va considerata una condizione imprescindibile. B) Una seconda definizione del fenomeno è data dall’Istat che adotta quella proposta dal System of National Accounts (SNA), in base alla quale le istituzioni non profit “sono enti giuridici o sociali creati allo scopo di produrre beni e servizi, il cui status non permette loro di essere fonte di reddito, profitto o altro guadagno per le unità che le costituiscono, controllano o finanziano”. In questa definizione, sicuramente più flessibile rispetto alla precedente, rientrano anche le mutual benefit organization, assecondando un idea di lucro soggettivo che consenta di distribuire ai soci il surplus prodotto nel corso della loro attività, in forma di specifiche “utilità concrete”, piuttosto che di somme monetarie. In un ottica di ammissibilità di uno scopo satisfativo, coincidente con quello mutualistico e di esclusione, invece di uno scopo meramente di lucro, ossia diretto alla remunerazione finanziaria del capitale. Altra caratteristica che si riscontra in questa definizione rispetto alla precedente è quella di una maggior flessibilità nel rispetto dei requisiti attinenti la democrazia interna: "voto capitario” e “porta aperta”; infatti si ritiene che le istituzioni non profit “possono – non “devono” – essere controllate da
  • 18. MARCO KROGH NOTAIO associazioni i cui membri hanno uguali diritti e analoghi poteri di decisione nell’amministrazione delle stesse, e che la loro direzione è generalmente affidata a un organo elettivo. Ciò che è fondamentale, comunque, anche in questa definizione ed in questa “possibilità” e non “essenzialità” di democrazia interna “assoluta” è la considerazione che, comunque, per tutti questi enti l’organizzazione sia almeno improntata ad un principio di “democrazia interna”, in linea con le tendenze emergenti anche negli altri stati europei, ogni qual volta si vogliano circoscrivere gli attori dell’economia sociale. C) Una terza definizione è offerta da Lunaria (Lunaria è un'associazione senza fini di lucro, che si definisce: laica, indipendente e autonoma dai partiti nata nel 1992 che svolge attività di ricerca, formazione e comunicazione sui temi dell'economia solidale e del terzo settore, delle migrazioni e della globalizzazione e promuove iniziative di volontariato internazionale e di politiche giovanili. attraverso le sue attività lunaria sperimenta nuove forme di partecipazione attiva e di trasformazione sociale ispirate ai principi della giustizia e della solidarietà sociale, della partecipazione democratica alla vita della comunità, della garanzia dei diritti civili, sociali e umani in ambito nazionale e internazionale. E’ attiva con un progetto sul terzo settore la cui operazione di redifinizione del fenomeno consiste, in sostanza, nell’aggiungere altri due requisiti ai cinque già stabiliti dalla JHU: a) perseguire fini di utilità sociale, nel senso che l’intento deve essere di tipo solidaristico e l’azione svolta deve rivestire un interesse pubblico; b) raccogliere buona parte dei finanziamenti attraverso fonti volontarie. Sicuramente di estremo interesse, soprattutto, per l’organo da cui proviene e la definizione di “economia sociale” secondo la Conference Européenne Permanente des Coopératives, Mutualités, Association et Fondations (CEP- CMAF): - primato degli individui e degli obiettivi sociali sul capitale; - partecipazione volontaria e aperta; - controllo democratico da parte dei soci; - combinazione dell’interesse dei membri/utenti e/o dell’interesse generale; - difesa e applicazione del principio della solidarietà e della responsabilità; - gestione autonoma e indipendenza dalle autorità pubbliche; - utilizzo del surplus per realizzare obiettivi di sviluppo sostenibile, servizi di interesse dei membri o di interesse generale. E’ da notare che si tratta più che di indicazioni operative od organizzative per gli enti ed i soggetti protagonisti del terzo settore, di enunciazioni con forte connotazione idealistica e di principio, pur riscontrandosi come venga ritenuto essenziale nell’individuazione del fenomeno il carattere aperto e volontario della partecipazione e, soprattutto, del “controllo democratico da parte dei soci”, requisiti attinenti la cd. “porta aperta” e “voto capitario”, di portata attenuata in altre definizioni concettuali ed anche, come vedremo nel d.lgs 155/2006. D) L’ultima definizione, su cui peraltro, si tornerà più diffusamente in seguito è quella proposta dal professor Zamagni (S. Zamagni, Dell’identità delle imprese sociali e civili: perché prendere la relazionalità sul serio, in S. Zamagni (a cura di), Il no profit italiano al bivio, Egea, 2002.) che prevede come requisito
  • 19. MARCO KROGH NOTAIO aggiuntivo ed essenziale per gli enti no profit: la multistakeholdership, con specifico riferimento, non a qualunque stakeholder ma ai soli consumatori, ovvero i destinatari finali delle attività poste in essere i quali, in un sistema di governance delle organizzazioni, devono poter partecipare attraverso la presenza di rappresentanti nei consigli di amministrazione, oppure i diritti di accesso alle informazioni rilevanti; e così via. La ragione sostanziale del rilievo accordato al tema della multistakeholdership, e soprattutto alla qualificazione che ne viene proposta, sta nella particolarità e dalla complessità della prestazione fornita dalle imprese sociali il cui livello qualitativo non può essere assicurato dalla mera assenza di lucro soggettivo (nella sua più ampia accezione) ma deve accompagnarsi ad un sistema di partecipazione al governo dei fruitori del servizio. Per evitare il rischio di comportamenti autoreferenziali sempre presenti nell’agire delle organizzazioni, pur in assenza di finalità egoistiche. Va ricordato, altresì, che la scelta dello schema organizzativo più adatto doveva superare l’ulteriore ostacolo rappresentato dal pregiudizio di fondo tendente a guardare con scetticismo al fenomeno dell’impresa no profit, quale mezzo “per aggirare i vincoli all’assunzione di personale imposti alle amministrazioni locali dalle esigenze di risanamento dei conti pubblici, oppure un mezzo per eludere la normativa fiscale e del lavoro (sul punto, Borzaga e Santuari, in Defourny e Borzaga (a cura di) L’impresa sociale, pag. 70 e segg. Cfr. altresì lo studio realizzato dall’ Istituto Studi Sviluppo Aziende Non Profit - Università degli Studi di Trento - Sull’impresa sociale, a cura di Carlo Borzaga, pag.1 e segg. che propone un’analisi economica in positivo e non in negativo dell’impresa sociale: “Solo una minoranza di economisti si è posta alla ricerca di spiegazioni ‘in positivo’ del fenomeno, cercando di capire se l’esistenza e lo sviluppo di organizzazioni nonprofit siano, invece, conseguenza del possesso di specifici vantaggi competitivi.” (sul punto cfr. altresì, A. Santuari, L’impresa sociale: un concetto giuridico? “sulla riforma del libro i del codice civile in materia di enti non profit”, Rivista Il Diritto delle Famiglie e delle Persone, 2000, pag. 897 il quale osserva che “Gli attuali processi di destatalizzazione o depubblicizzazione hanno sollecitato l’emersione di numerose realtà senza scopo di lucro. Tuttavia, sembra ormai un dato acquisito che la progressiva affermazione delle organizzazioni not-for-profit non sia sorretta da un’adeguata e chiara cornice legislativa. Da ciò, inevitabilmente, discende la necessità di interrogarsi, da un lato, sull’evoluzione delle forme giuridiche e, dall’altro, circa l’adeguatezza di quelle oggi consentite dagli ordinamenti giuridici per svolgere attività not-for-profit, che (…) non sono più confinabili alle iniziative che tradizionalmente erano attribuite agli enti non lucrativi. 4. Documenti: Lo stato dell’arte sulla riforma del Terzo settore. Il commento del servizio Studi della Camera dei Deputati – XVIII Legislatura (8 marzo 2019). Riforma del Terzo settore - 8 marzo 2019 Nel corso della XVIII Legislatura, sono stati esaminati dalle competenti Commissioni parlamentari gli schemi dei decreti integrativi e correttivi del Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 117/2017), modificato dal D.Lgs. n. 105 del
  • 20. MARCO KROGH NOTAIO 3 agosto 2018 e del decreto sulla revisione dell'impresa sociale (D.Lgs. 112/2017), poi modificato dal D.Lgs. 20 luglio 2018. Di specifico interesse per il Terzo settore, le modifiche introdotte al Codice dal decreto legge 119/2018 che, fra l'altro, forniscono un nuovo criterio per la determinazione della natura commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore e intervengono sulla disciplina per le deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore. In ultimo, si segnalano le modifiche alla normativa di settore introdotte dal Decreto semplificazioni (D.L. 135/2018) che, dopo l'innalzamento previsto dalla legge di Bilancio 2019, ha ripristinato l'aliquota IRES al 12% per le attività del Terzo settore e ha incluso le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") nel novero degli enti del Terzo settore. La legge delega 106/2016 per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale La legge delega 106/2016 definisce il Terzo settore come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Più in particolare: - nel Terzo settore non rientrano le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche; - le disposizioni della legge delega e dei decreti attuativi da questa discendenti non si applicano alle fondazioni bancarie; - i settori delle attività di interesse generale sono razionalizzati attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa precedentemente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore. Inoltre è stato previsto che l'aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti. Tra le finalità perseguite dalla delega, all'articolo 4, vi è revisione della disciplina contenuta nel codice civile in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo i seguenti principi e criteri direttivi: - semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica; - individuazione delle disposizioni generali e comuni applicabili agli enti del Terzo settore; - individuazione delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore; - prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio, salva la specifica previsione per l'impresa sociale;
  • 21. MARCO KROGH NOTAIO - garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi; - distinzione, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, della diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale e definizione dei criteri e vincoli in base ai quali l'attività d'impresa svolta dall'ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali; - previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente nonché attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale; disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche; garanzia del rispetto dei diritti degli associati; - applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa, delle norme del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in quanto compatibili; disciplina del procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario; - riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti (e degli atti gestionali rilevanti), attraverso la messa a punto di un Registro unico nazionale del Terzo settore (da istituirsi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali), l'iscrizione al quale sia obbligatoria per tutti gli enti che si avvalgano "prevalentemente o stabilmente" di fondi pubblici, privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei L'articolo 5 della legge 106/2016 ha fornito criteri e principi direttivi per una precisa definizione delle attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. In particolare: - armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale e riconoscimento delle tutele dello status di volontario e della specificità delle organizzazioni di volontariato e di quelle operanti nella protezione civile; - introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese delle attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa; - revisione dei Centri di servizio per il volontariato - CSV; - superamento del sistema degli osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale; - istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore quale organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore; L'articolo 6 specifica le caratteristiche necessarie affinché l'impresa sociale possa essere ricompresa tra gli enti del Terzo settore. In particolare deve: - svolgere attività d'impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • 22. MARCO KROGH NOTAIO - individuare settori di attività propri dell'impresa sociale nell'ambito delle attività di interesse generale comprese nell'elenco unico comune a tutti gli enti del Terzo settore; - prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti; - favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività; - prevedere l'obbligo di redigere il bilancio; - coordinare la disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale; - prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza. Ai sensi dell'articolo 7 della legge delega, le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sono svolte il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il coordinamento del Presidente del Consiglio, e il coinvolgimento del Consiglio nazionale del Terzo settore, nonché, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'articolo 8 ha per oggetto la delega al Governo per il riordino e la revisione della disciplina del Servizio civile nazionale. L'intento è giungere all'istituzione di un Servizio civile universale volto alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, primo fra tutti quello della solidarietà. Questi i principali criteri direttivi: - previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti di età compresa tra 18 e i 28 anni che possono essere ammessi, tramite bando pubblico, al servizio civile universale; - definizione dello status giuridico dei soggetti che prestano il servizio con riconoscimento di uno specifico rapporto di Servizio civile con lo Stato, esente da ogni imposizione tributaria e non assimilabile ad un rapporto di lavoro; - previsione di un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi complessivi, e comunque, non superiore ad un anno, che contemperi le finalità dello stesso con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti ed il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani durante l'espletamento del servizio civile, nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo; - riordino e la revisione della Consulta nazionale per il Servizio civile, quale organismo di consultazione, riferimento e confronto per l'amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento.
  • 23. MARCO KROGH NOTAIO E' infine previsto il riordino della disciplina tributaria e delle varie forme di fiscalità di vantaggio a favore degli enti del Terzo settore, da attuare in base ai seguenti principi e criteri: - revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente; - razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di risorse al terzo settore; - riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l'utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo; - razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore; introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in generale, per il finanziamento del Terzo settore; - assegnazione di immobili pubblici inutilizzati. Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017) Il D. Lgs. 117/2017 Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 (qui l'iter parlamentare), entrato in vigore il 3 agosto 2017, provvede "al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti" configurandosi come uno strumento unitario in grado di garantire la "coerenza giuridica, logica e sistematica" di tutte le componenti del Terzo settore al fine di "sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione dei principi costituzionali". Il Codice: - delimita il perimetro del Terzo settore enumerando gli enti che ne fanno parte individuati in: organizzazioni di volontariato (ODV), associazioni di promozione sociale (APS), enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative e società di mutuo soccorso. Viene inserita in tale perimetro la nozione di ente del terzo settore definito come "ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi" e prevede l'obbligo, ponendo un temine di 18 mesi (fino a febbraio 2019), affinché tutti gli enti di terzo settore modifichino i loro statuti inserendovi l'indicazione di ente del Terzo settore o l'acronimo ETS; - definisce lo status di volontario e reca norme volte a favorire la promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato in ambito scolastico e lavorativo;
  • 24. MARCO KROGH NOTAIO - razionalizza i settori delle attività di interesse generale attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di fondere la normativa attualmente prevista ai fini fiscali con quella prevista ai fini civilistici. Introduce nuovi settori di attività, fra i quali si segnalano: commercio equo e solidale; comunicazione a carattere comunitario; alloggio sociale; accoglienza umanitaria ed integrazione sociale di stranieri; agricoltura sociale; adozioni internazionali; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata. Viene inoltre prevista la possibilità di aggiornare l'elenco delle attività di interesse generale con D.P.C.M. da adottarsi su proposta dei ministri lavoro/MEF, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti. Infine, le attività di interesse generale potranno essere finanziate anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva; - prevede, accanto all'esercizio delle attività di interesse generale, l'esercizio di attività diverse e la possibilità di costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare; - integra la nozione vigente di distribuzione indiretta; - fornisce dettagliati criteri per determinare la natura commerciale o non commerciale degli ETS, tenendo conto delle attività da essi svolte e delle modalità operative concretamente impiegate; - dispone l'applicazione agli ETS, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice, che reca specifiche misure di sostegno. Agli stessi enti applica le norme del TUIR relative all'IRES, in quanto compatibili; - introduce un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d'impresa degli enti non commerciali del Terzo settore (vale a dire quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale) basato sui coefficienti di redditività (una percentuale variabile che si applica al reddito imponibile su cui viene poi calcolata l'imposta). Il nuovo regime è costruito sulla falsariga del regime forfetario degli enti non commerciali, disciplinato dall'articolo 145 del Tuir; - opera il rafforzamento della lotta al dumping contrattuale a danno del settore cooperativo e garantisce l'assenza degli scopi lucrativi attraverso il principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici dei lavoratori dipendenti; - prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. A questo proposito, prevede che il Registro sia pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto concede un anno di tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza. Nel periodo transitorio, continua a valere l'iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore (Registro delle associazioni di promozione sociale, il Registro delle organizzazioni di volontariato, Albi regionali delle cooperative sociali). Più precisamente, disciplina l'istituzione ed il funzionamento a regime, presso il Ministero
  • 25. MARCO KROGH NOTAIO del lavoro e delle politiche sociali, del Registro unico nazionale del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, ciascuna delle quali è dedicata ad una delle categorie di enti definite dal Codice. Il Registro è gestito operativamente e con modalità informatiche su base territoriale, da ciascuna Regione e Provincia autonoma. Oltre alle modalità di iscrizione, aggiornamento dei dati, cancellazione e migrazione in altra sezione degli enti interessati, la disciplina assoggetta ciascuno degli enti iscritti al Registro ad una revisione periodica almeno triennale finalizzata alla verifica della permanenza dei requisiti richiesti. L'attuazione completa del Registro è prevista entro un anno dall'entrata in vigore del Codice. Entro tale termine, un decreto ministeriale, previa intesa in Conferenza Stato- regioni, definisce la procedura per l'iscrizione nel Registro e individua i documenti da presentare e le modalità di deposito degli atti, unitamente alle regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro nonché le sue modalità di comunicazione con il Registro delle Imprese con riferimento alle imprese sociali e agli altri enti del Terzo settore iscritti in quest'ultimo. Le Regioni e le Province autonome entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale disciplinano con proprie leggi i procedimenti per l'emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli enti del Terzo settore, e sulla base della struttura informatica unitaria rendono operativo il Registro unico; - introduce l'obbligo, per tutti gli enti del Terzo settore, di redazione del bilancio. Fanno eccezione gli enti con ricavi/entrate/rendite o proventi al di sotto dei 220.000 euro che possono redigere il rendiconto di cassa; - prevede l'adozione, con decreto, di Linee guida in materia di bilancio sociale e di valutazione di impatto sociale dell'attività svolta dagli enti del Terzo settore; - obbliga gli enti del Terzo settore con ricavi/rendite/proventi o entrate superiori ad 1 milione di euro a depositare presso il Registro unico nazionale del Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale, tenendo conto della natura dell'attività esercitata e delle dimensioni dell'ente, anche ai fini della valutazione dell'impatto sociale delle attività svolte; - vincola gli enti del Terzo settore con ricavi/rendite/proventi o entrate superiori a cinquantamila euro a pubblicare annualmente ed aggiornare nel proprio sito Internet, o nel sito Internet della rete associativa cui aderiscono, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati; - dispone dei rapporti degli enti del Terzo settore con gli enti pubblici; - istituisce il Consiglio nazionale del Terzo settore presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; - disciplina i Centri di servizio per il volontariato (CSV), dando attuazione alla revisione del sistema di tali centri, prevedendo per essi specifiche forme di finanziamento e determinati compiti e funzioni. Viene inoltre disposto per il sistema dei CSV un nuovo modello di governance, che prevede una revisione dell'attività di programmazione e controllo di
  • 26. MARCO KROGH NOTAIO compiti e gestione dei CSV, svolta mediante organismi regionali o sovraregionali (OTC) tra loro coordinati sul piano nazionale (ONC); - disciplina i titoli di solidarietà degli enti del terzo settore nonché le altre forme di finanza sociale; - prevede il "social bonus" ovvero un credito di imposta a favore di coloro che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore di ODS e APS che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati o di beni mobili o immobili confiscati alla criminalità organizzata; - disegna specifici regimi fiscali agevolati per gli ETS che si iscrivono al Registro unico nazionale. Resta inteso che tale normativa si applica agli ETS a decorrere dal periodo successivo all'intervenuta autorizzazione da parte della Commissione europea, e non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale. A tale regola generale, derogano alcune agevolazioni fiscali per le quali non è prevista l'autorizzazione comunitaria, ed è quindi concessa una anticipata entrata in vigore al 1° gennaio 2018 (deducibilità/detraibilità delle erogazioni liberali effettuate a favore degli ETS; social bonus; esenzioni e agevolazioni riconosciute ai fini dei tributi locali e delle imposte indirette; regime di esenzione IRES dei redditi immobiliari riconosciuto alle ODV e alle APS); - detta le norme in materia di controlli e coordinamento. Più precisamente, assegna all'Ufficio del Registro Unico nazionale del Terzo settore il compito di esercitare controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore; dispone in tema di sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi; demanda al Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo svolgimento di una serie di attività di monitoraggio, vigilanza e controllo, miranti a garantire l'uniforme applicazione della disciplina degli enti del Terzo Settore e l'effettuazione dei relativi controlli, identificandone e disciplinandone il relativo oggetto; disciplina i controlli di natura fiscale. Come detto, le disposizioni del Codice saranno pienamente operative a partire dal febbraio 2019 (termini per la modifica degli statuti con l'indicazione della denominazione ETS; messa a regime del Registro unico nazionale del Terzo settore). Successivamente, il D. L.gs. 3 agosto 2018, n. 105 ha apportato disposizioni integrative e correttive al Codice del Terzo settore (AG 33. Qui il dossier di documentazione predisposto per l'esame della Commissione XII- Affari sociali) . Tra le questioni emerse, oggetto dell'intervento in esame, si segnalano: • l'elenco delle attività di interesse generale esercitabili dagli Enti del Terzo Settore (ETS) viene integrato con la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo (art. 3); • la proporzionalità degli obblighi contabili degli ETS: sale da 100mila a 220mila euro annui il limite di entrate per gli obblighi di trasparenza sui compensi erogati (art. 5); • il perimetro entro cui possono muoversi i lavoratori degli ETS. Vengono introdotte deroghe al principio in base al quale la differenza retributiva tra i
  • 27. MARCO KROGH NOTAIO lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto e viene riconosciuto il diritto a forme di flessibilità oraria per i lavoratori subordinati che svolgono attività volontariato presso un ETS (art. 6); • l'assetto civilistico in relazione all'iscrizione degli enti (art. 8); • la revisione legale dei conti: si chiarisce che, fermo restando il controllo contabile già previsto, l'obbligo di sottoporsi a revisione legale dei conti sussiste solo per gli ETS di maggiori dimensioni e che, per previsione statutaria, l'ETS può affidare la revisione legale dei conti, quando essa sia obbligatoria, all'organo di controllo interno, a condizione che in tale organo di controllo sia presente un revisore legale iscritto nell'apposito registro (art. 10); • la previsione che le organizzazioni di volontariato di secondo livello devono avvalersi in modo prevalente dell'attività di volontariato delle persone fisiche associate alle organizzazioni di primo livello che ne compongono la base sociale (art. 11); • l'aumento di quattro unità del numero dei componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore, al fine di assicurare una più ampia rappresentanza degli enti, comprese le reti associative (art. 15); • la previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per la definizione annuale dell'atto di indirizzo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che determina gli obiettivi di finanziamento del Fondo per il sostegno dei progetti e delle attività di interesse generale nel Terzo settore (art. 19); • l'estensione anche alle organizzazioni di volontariato – e non alle sole fondazioni – delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali per attività di interesse generale (art. 20); • l'estensione a tutti gli enti iscritti al Registro unico nazionale, inclusi gli enti del Terzo settore commerciali, della possibilità di emettere titoli di solidarietà, ovvero obbligazioni e altri titoli di debito, nonché certificati di deposito, con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali degli enti del Terzo settore (art. 21); • l'aggiornamento della denominazione dei soggetti che svolgono attività di social lending, facendo riferimento ai gestori delle piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali; le cosiddette piattaforme di peer to peer lending (art. 22); • l'individuazione delle attività svolte dagli enti del Terzo settore che si caratterizzano per essere non commerciali, prevedendo una presunzione in base alla quale tali attività si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 10 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre due periodi di imposta consecutivi (art. 23); • la modifica del regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito di impresa degli enti non commerciali del Terzo settore, prevedendo che tra i ricavi cui applicare il coefficiente di redditività siano aggiunti anche i ricavi conseguiti attraverso la raccolta di fondi, oltre a quelli conseguiti nell'esercizio delle attività di interesse generale e delle attività diverse, secondarie e strumentali (art. 24); • l'esclusività delle attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali, ai fini del cosiddetto social bonus (art. 25);
  • 28. MARCO KROGH NOTAIO • l'estensione della detrazione maggiorata del 35 per cento alle erogazioni liberali eseguite a favore delle organizzazioni di volontariato (art. 26); • l'esenzione dall'imposta di registro per gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato e dall'IRES per i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali (art. 27); • le correzioni di coordinamento relative agli indici sintetici di affidabilità fiscale che non si applicano per gli enti che utilizzano il regime forfetario (art. 28); • la modifica degli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili per gli enti non commerciali del Terzo settore che non applicano il regime forfetario (art. 29); • il coordinamento normativo della disciplina del Terzo settore con la normativa prevista nel Testo unico delle imposte sui 11 redditi, con la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, nonché con le disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (art. 30). Tra i recenti interventi normativi di revisione della normativa sul Terzo settore si segnalano: - il decreto legge 119/2018 (L. 136/2018), all'art. 24-ter, che ha fornito un nuovo criterio per la determinazione della natura commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore ed è intervenuto sulla disciplina per le deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore. Rispetto alle organizzazioni di volontariato (ODV), viene confermata la disciplina previgente del rimborso spese per l'attività di interesse generale prestata (art. 33, co. 3), ma si prevede una deroga al limite del solo rimborso delle spese per le attività svolte come attività secondarie e strumentali. Sul punto, si ricorda che non è stato ancora emanato il decreto interministeriale (di cui all'art. 6 del Codice), che dovrà definire "criteri e limiti" alla stregua dei quali le attività devono considerarsi "secondarie e strumentali". Ulteriori modifiche al Codice riguardano l'estensione dell'utilizzo dei titoli di solidarietà a tutti enti del TS (art. 77 ). Inoltre, nel caso in cui, entro dodici mesi dal loro collocamento, gli istituti emittenti non utilizzino i titoli di solidarietà in favore degli enti del TS, le somme corrispondenti dovranno essere utilizzate per la sottoscrizione o per l'acquisto di titoli di Stato italiani aventi durata pari a quella originaria dei relativi titoli; - la legge di bilancio 2019 (commi 82 e 83, art. 1, L. 145/2018) in base alla quale si prevede, mediante una novella al Codice (art. 79, comma 3, D.Lgs. 3 luglio 2017), in favore delle fondazioni ex Ipab che svolgano attività in ambito sociale, sanitario e socio-sanitario, che tali attività, ai fini delle imposte sui redditi, siano considerate non commerciali, a condizione che gli utili siano reinvestiti interamente nelle attività di natura sanitaria o socio- sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso in favore degli organi amministrativi. È fatto salvo il rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato in regime cosiddetto di de minimis.
  • 29. MARCO KROGH NOTAIO Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (D. Lgs. 112/2017) L'impresa sociale è specificamente regolata dal D. Lgs. 112/2017, attuativo della legge delega 106/2016, anche se occorre ricordare che tale decreto non esaurisce la disciplina dell'impresa sociale. A tale ente si applicano, se compatibili, le norme di cui al D. Lgs. 117/2017 recante il Codice del terzo settore, nonché, per gli aspetti che rimangono ancora non disciplinati, le disposizioni del Codice civile concernenti la forma giuridica in cui l'impresa sociale è costituita (art. 1, comma 5, D.Lgs. 112/2017). Il D. Lgs. 112/2017 (Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c della legge 6 giugno 2016, n. 106) ha definito imprese sociali "tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività". Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (incluse le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti pubblici non economici, nazionali regionali locali), e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Decreto 112/2017 si applicano a particolari condizioni. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ad esse le disposizioni del Decreto 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili. Si allargano i settori di attività dell'impresa sociale. Di nuova introduzione (rispetto al dettato del decreto legislativo n. 155 del 2006) sono, fra le altre, le attività ascrivibili a: ricerca scientifica di particolare interesse sociale; organizzazione e gestione di attività culturali, turistiche o ricreative di particolare interesse sociale; riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata; alloggio sociale; microcredito; agricoltura sociale. Quale ente del Terzo settore, l'impresa sociale non può avere come scopo principale quello di distribuire ai propri soci, amministratori, dipendenti, ecc., gli utili ed avanzi di gestione, i quali devono essere destinati allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio. In deroga al generale divieto, il decreto consente - innovando rispetto alla disciplina previgente - la distribuzione di una quota degli utili e degli Codice del Terzo settore: avanzi di gestione annuali. Tale quota deve comunque essere inferiore al cinquanta per cento degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti. La distribuzione di tale quota è ammessa per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, solo nelle seguenti modalità: - aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall'ISTAT per
  • 30. MARCO KROGH NOTAIO il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti; - distribuzione di dividendi ai soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l'emissione di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato. Per quanto riguarda le scritture contabili, le imprese sociali hanno l'obbligo di: - tenere il libro giornale e il libro degli inventari; - redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile, in quanto compatibili; - depositare presso il registro delle imprese e pubblicare nel proprio sito internet il bilancio sociale. Il decreto prevede disposizioni dirette a favorire il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli stakeholders di riferimento. Tali disposizioni non si applicano alle cooperative a mutualità prevalente e agli enti ecclesiastici. Il coinvolgimento si attua attraverso strumenti di consultazione o partecipazione, onde esercitare un'influenza sulle decisioni dell'impresa sociale, con specifico (ma non esclusivo) riguardo alle condizioni di lavoro ed alla qualità dei beni e servizi prodotti o scambiati. Per quanto riguarda la disciplina del lavoro, il decreto ribadisce il principio della non inferiorità del trattamento economico e normativo dei lavoratori dell'impresa sociale rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi. Aggiunge un limite all'eventuale divario salariale tra i lavoratori dipendenti dell'impresa sociale. Tale divario non può essere superiore al rapporto (calcolato sulla retribuzione annuale lorda) di uno ad otto. È ribadita l'ammissione della prestazione di attività di volontariato all'interno dell'impresa sociale (i volontari non possono superare i lavoratori). Si ricorda infine che le imprese sociali possono destinare una quota non superiore al tre per cento degli utili netti annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, a fondi istituiti dagli enti e dalle associazioni (anche enti associativi riconosciuti), nonché dalla Fondazione Italia Sociale, specificamente ed esclusivamente destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali attraverso azioni ed iniziative di varia natura, quali il finanziamento di progetti di studio e di ricerca in tema di impresa sociale o di attività di formazione dei lavoratori dell'impresa sociale, la promozione della costituzione di imprese sociali o di loro enti associativi, o il finanziamento di specifici programmi di sviluppo di imprese sociali o di loro enti associativi. Per quanto riguarda le disposizioni fiscali, è prevista la defiscalizzazione degli utili se investiti per intero nell'attività dell'impresa sociale nonché la detrazione IRPEF del 30% delle somme investite dai privati ( fino ad un milione di euro) e mantenute per un limite di tre anni, nonché la deduzione IRES del 30% sulle somme delle somme investite da imprese e mantenute per almeno tre anni. Successivamente, nel corso di incontri del Governo con attori istituzionali (Commissione politiche sociali della Conferenza Stato – Regioni,
  • 31. MARCO KROGH NOTAIO Amministrazione finanziaria, rappresentanti del Notariato) e a seguito di riunioni con il Consiglio nazionale del Terzo settore, è emersa l'esigenza di apportare correzioni alla nuova normativa sulla impresa sociale. Il 21 marzo 2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale. Lo schema di decreto (A.G. 019) è stato quindi trasmesso alle Camere per l'espressione del parere. Le questioni emerse, oggetto dell'intervento in esame, riguardano: - l'aggiornamento del calcolo della quota di lavoratori qualificati come "molto svantaggiati" dipendenti dell'impresa sociale; - l'esplicitazione della disciplina applicabile in materia di cooperative, con specifico riguardo ai ristorni ed alle operazioni straordinarie; - il rapporto tra imprese sociali e pubbliche amministrazioni: il divieto per queste ultime di assumere la direzione, il coordinamento o il controllo di un'impresa sociale potrebbe risultare impeditivo dell'acquisto della qualifica di impresa sociale per quegli enti privati (ex IPAB) per i quali la preposizione alla presidenza dell'organo di amministrazione di un rappresentante della P.A. non è associata ad un effettivo potere di direzione; - l'adeguamento degli statuti delle imprese sociali alle novità legislative con la maggioranza prevista per l'assemblea ordinaria, che non dovrebbe essere utilizzata per approvare ulteriori modifiche non richieste; - la previsione di forme di collaborazione tra le diverse amministrazioni competenti in materia di controlli sulle imprese sociali; - la previsione di un limite temporale volto a circoscrivere le agevolazioni fiscali sugli investimenti a favore delle imprese sociali, unitamente al ridotto limite temporale di mantenimento dell'investimento. Le Commissioni speciali di Camera e Senato hanno espresso parere sul provvedimento: al Senato il 22 maggio 2018 (parere favorevole condizionato) e il 7 giugno alla Camera (parere favorevole con osservazioni). Sulla G.U 185 del 10 agosto 2018, è stato infine pubblicato il D. Lgs. 20 luglio 2018, n. 95, Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106. Tassazione degli enti del Terzo settore Dopo l'innalzamento dell'aliquota IRES per gli enti del Terzo settore che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali (innalzamento previsto dalla legge di bilancio 2019 - art. 1, comma 52, della legge 145/2018), il Decreto semplificazioni (art. 1, commi 8-bis e 8-ter del decreto legge 135/2018) ha posticipato l'abrogazione della riduzione a metà dell'IRES per alcuni enti del Terzo settore; tale riduzione trova infatti applicazione non più dal 1° gennaio 2019, ma a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione di ulteriori misure di favore (da emanare, con provvedimenti compatibili con il diritto dell'Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono attività aventi finalità sociale). Pertanto, la riduzione a
  • 32. MARCO KROGH NOTAIO metà dell'IRES per tali enti (al 12%) permane fino all'emanazione di dette misure. Istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB") Il Decreto semplificazioni (art. 11-sexies del decreto legge 135/2018) ha stabilito, modificando la disciplina in materia di impresa sociale, che le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. Il divieto non vale per le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB"), che con una modifica del Codice del Terzo settore, sono state incluse fra gli enti del Terzo settore. Disposizioni particolari su alcuni enti del Terzo settore Con l'articolo 11-sexies, commi 1 e 2 del D.L.135/2018 (L. 12/2019) è stata modificata la normativa riguardante le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB"), stabilendo che le stesse siano da considerarsi incluse nell'ambito del Terzo Settore. In proposito si ricorda che l'art. 10 della legge n. 328/2000 ha previsto la una delega al Governo (poi attuata con il D. Lgs. n. 207/2001) con la quale riformare la disciplina di tali istituti, a seguito della quale le IPAB che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali sono state accorpate e trasformate in Aziende pubbliche di Servizi alla Persona (ASP). In particolare, la novella interviene sulla disposizione di cui all'articolo 4, comma 3, del D. Lgs. n. 112 del 2017, che ha revisionato la disciplina in materia di impresa sociale, con particolare riferimento alle attività di coordinamento, direzione e controllo, prevedendo che a tal fine le ex IPAB fanno eccezione alla disciplina ivi prevista. Tale norma stabilisce che le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un'impresa sociale ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile ad eccezione delle associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, e del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in quanto la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza, sicché è sempre esclusa qualsiasi norma di controllo da parte di quest'ultima».. Un ulteriore intervento modifica inoltre l'articolo 4, comma 2, del Codice del Terzo settore (D.Lgs 117/2017), il quale prevede l'elenco degli enti che non ricadono nell'ambito di applicazione del Codice, escludendo le associazioni o
  • 33. MARCO KROGH NOTAIO fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. "ex IPAB"), che pertanto risultano in tal modo incluse fra gli enti del Terzo settore. Si ricorda che non sono enti del terzo settore le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile (disciplinati dall'articolo 32, comma 4 del Codice). Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d'Aosta. Entrambi i predetti interventi normativi relativi agli istituti ex IPAB sono motivati dal fatto che la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori degli enti ex IPAB si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, non configurandosi pertanto come mandato fiduciario con rappresentanza ed escludendo sempre qualsiasi forma di controllo da parte della stessa rappresentanza. In proposito si deve richiamare la sentenza. del Consiglio di Stato (Sent. Cons. Stato Sez. V, n. 6691/09) con la quale è stato sancito il principio che la nomina dei rappresentanti di un istituto ex IPAB da parte del Sindaco ex art. 50, comma 8 del Tuel (D. Lgs. n. 267/2000) non presuppone un rapporto fiduciario come "coincidenza di orientamento politico (o, addirittura, di opinione politica), in quanto tale relazione si deve misurare nel campo delle scelte concrete e nella adesione o meno agli indirizzi amministrativi e di gestione dell'Ente di riferimento". Non sussisterebbe infatti, ad esempio, potestà di revoca (cd. spoil system) di tali rappresentanti da parte della nuova carica di sindaco a seguito di eventuali elezioni amministrative comunali. Disciplina del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (D.Lgs. 111/2017) Il D. Lgs. 111/2017 Disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche si propone il completamento della riforma strutturale dell'istituto del 5 per mille, mediante: la razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio; la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti; l'introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate; la revisione della disciplina sanzionatoria. Statuto della Fondazione Italia sociale (D.P.R. 28 luglio 2017) Il D.P.R. 28 luglio 2017 Approvazione dello statuto della Fondazione Italia sociale (qui l'iter parlamentare del provvedimento) definisce la Fondazione Italia sociale una persona giuridica privata che risponde ai princìpi e allo schema giuridico della fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro e con durata illimitata. Scopo della Fondazione quello di sostenere la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento pubblico. Il patrimonio della Fondazione è costituito da una dotazione iniziale, conferita dallo Stato, pari a un milione di euro. La Fondazione dovrà