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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
FEDERICO II
POLO DELLE SCIENZE UMANE E SOCIALI
FACOLTÀ DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA INTERFACOLTÀ IN
SCIENZE DEL TURISMO AD INDIRIZZO MANAGERIALE
in collaborazione con la
Facoltà di Lettere e Filosofia
TESI DI LAUREA
IN
TRASPORTI
TRASPORTI E LOGISTICA
NELL’ECONOMIA DEL GOLFO
PERSICO (CCG AREA)
Lo sviluppo dell’area e le opportunità per le
imprese italiane
Relatore: Candidato:
Ch.mo Prof. Ennio Forte Gianfranco Pastore
Mat: 693/000250
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
2
3
INDICE
INTRODUZIONE 4
1 Globalizzazione e impatto sull’economia degli stati CCG
1.1 Inquadramento geopolitico 8
1.2 CCG: Lo sviluppo delle reti di trasporto e la logistica 15
1.2.1 Introduzione 15
1.2.2 Lo sviluppo ferroviario 17
1.2.3 Lo sviluppo aeroportuale 25
1.2.4 Lo sviluppo portuale 34
2 UAE: performance logistiche e opportunità per il Made in Italy
2.1 Il quadro logistico 40
2.1.1 Emirates – Italia: sviluppo ed esportazione 42
2.2 Opportunità per il Made in Italy 48
2.2.1 Un caso di Made in Italy delocalizzato 58
3 Turismo: dalla lungimiranza di Dubai ai flussi Italia-UAE
3.1 Cenni storici 61
3.1.1 La prima fase di sviluppo 64
3.1.2 La seconda fase di sviluppo 66
3.1.3 La terza fase di sviluppo 71
3.2 I flussi Italia - UAE 79
Bibliografia 90
Sitografia 92
4
INTRODUZIONE
Mentre le economie Occidentali e Orientali giocano
a braccio di ferro per conquistare i mercati mondiali, al
centro di un medio oriente che tenta ancora di trovare un
assestamento politico e sociale, un gruppo di sei stati
riunitisi in Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia
Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain e
Oman) sfrutta la fortuna di “galleggiare” sul petrolio per
costruire una propria identità nello scacchiere mondiale.
Cosa faremmo se domani in Italia scoprissimo di avere
somme di denaro pari a riprogettare da zero tutto il
sistema di infrastrutture e della logistica? Probabilmente,
alla luce di quanto stiamo vivendo, adotteremmo le stesse
scelte di sviluppo dei paesi medio orientali; ma cosa
dovremmo fare dato che – a quanto pare – questi soldi
non li abbiamo? Questo studio, non ha la presunzione di
rappresentare innovazione nei sistemi economici, ma di
osservare quanto lo sviluppo delle infrastrutture e della
logistica del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG),
possa rappresentare un’opportunità per il nostro Paese ed
in particolare per le nostre PMI e per i prodotti Made in
Italy, proprio come i CCG stanno sfruttando il momento
5
favorevole dei BRIC1
. Quelli che verranno, saranno
anni decisivi per la costruzione di un futuro sostenibile
basato su un mercato che proprio di questi tempi si sta
assestando su nuove metodologie e su nuovi piani di
sviluppo che guardano principalmente all’individuazione
di nuove fonti energetiche, in vista dell’esaurirsi delle
scorte di energie non rinnovabili. Paesi come quelli del
golfo persico, rinomati per le ingenti quantità di petrolio
presenti nel sottosuolo, hanno fino ad oggi basato le loro
economie sulla vendita del greggio e dei suoi derivati
sviluppandosi come ben sappiamo in pochissimi anni,
fino a divenire una delle mete più ambite per le industrie
internazionali. Lo giovane sviluppo di questi stati,
inoltre, guarda già al futuro e alla diversificazione
dell’economia rispetto alla vendita di prodotti petroliferi
e per questo si sono previsti ingenti investimenti per la
realizzazione di nuove reti di trasporto e di
potenziamento dei sistemi logistici: dalla realizzazione di
nuove reti ferroviarie in Arabia Saudita (che dovrebbero
costituire la base di un ulteriore prolungamento in grado
di portare le merci provenienti o dirette verso il CCG dal
Kuwait fino alla Turchia attraverso l’Iraq, e dalla Turchia
1
BRIC è la sigla di Brasile, Russia, India, Cina; economie in ascesa nel
6
alle porte dell’Europa2
all’inaugurazione del nuovo porto
di Abu Dhabi (UAE) che trasporta gli Emirati Arabi in
una “nuova era” contribuendo considerevolmente alla
diversificazione dell'economia degli Emirati Arabi Uniti
finalizzata all'indipendenza dal petrolio, oltre a destare la
consapevolezza globale su Kizad, la nuova estesa area
industriale adiacente al porto.
Come questi Stati stanno crescendo e cambiando lo
vedremo nel primo capitolo, focalizzando l’obiettivo di
analisi principalmente sulle reti infrastrutturali di
trasporto che – come vedremo in seguito – rappresentano
modelli di innovazione sia in termini tecnologici che
architettonici, dato che grazie agli immensi spazi di cui
dispongono è stato possibile progettare una rete di
trasporto futuristica, avveniristica grazie alla
collaborazione delle migliori aziende e professionisti di
tutto il mondo tra le quali non sono mancate presenze
italiane.
Pianificare e costruire infrastrutture di trasporto ex
novo significa migliorare l’accessibilità del territorio e di
conseguenza aumentare le possibilità di crescita grazie
all’ottimizzazione dei flussi di persone e di beni, aspetto
fondamentale sia dal punto di vista delle economie legate
2
Dossier ISPI 2013
7
al commercio che da quello legato alla mero
sostentamento di intere nazioni. Gli stati del CCG di fatti
nascono in pieno deserto e questo pregiudica, per
esempio la produzione di beni alimentari e, se
consideriamo che gli UAE importano il 90% di alimenti,
possiamo renderci conto che il food & beverage è uno dei
settori che più utilizza l’organizzazione logistica e le
nuove infrastrutture. Di qui la riflessione nata nel
secondo capitolo, in cui dopo aver analizzato il mercato
delle importazioni italiane negli Emirati Arabi Uniti, si
indaga su come le nostre piccole e medie imprese
(soprattutto quelle legate a produzioni agroalimentari)
possano sfidare l’attuale crisi italiana sfruttando
l’esigenza degli emirati di importare alimenti,
l’organizzazione logistica ed un’attenzione crescente
verso il made in Italy. Non delocalizzare, dunque, ma
esportare, aggregandosi e superando il limite tutto
italiano di non saper fare sistema.
Il terzo capitolo, invece, è interamente dedicato a
Dubai emirato che prima di tutti ha avuto la visione di
uno sviluppo orientato al futuro ed alla sostenibilità,
sfruttando le risorse petrolifere per edificare il territorio
arido che lo ospita e sviluppare in trent’anni un nuovo
modello di città oggi simbolo del business, del lusso e
8
della stravaganza. Come scopriremo esaminando le tre
fasi del piano di sviluppo, tutto parte dal turismo e dalla
capacità, sin dai primi tempi in cui è stata scoperta la
presenza del petrolio, di attirare nel paese business man e
viaggiatori d’affari di tutto il mondo, adeguando le ferree
regole della religione mussulmana alle culture
occidentali, dando vita ad un sistema virtuoso che è stato
in grado fino ad ora - salvo un piccolo periodo di crisi -
di auto alimentarsi. Più Dubai costruisce infrastrutture
extralusso e stravaganti, più aumenta il suo appeal verso
un target con un alta capacità di spesa e propenso a
trasferire o a creare nuovi business nell’emirato.
Vedremo, così, come una popolazione (quella degli
Emirati Arabi uniti) con il settimo reddito pro capite più
alto del mondo ( 48.000 dollari)3
potrebbe inserire tra le
proprie scelte turistiche l’Italia ad oggi non ancora in
grado di accogliere e soddisfare le alte esigenze del
turista emiratino a causa di un’offerta turistica che non ha
ancora ben studiato il target preso in considerazione.
3
Fonte: Central intelligence Agency -
https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/ae.html
9
CAPITOLO I
GLOBALIZZAZIONE E IMPATTO
SULL’ECONOMIA DEL GOLFO PERSICO
1.1 Inquadramento geopolitico
Il processo mondiale di globalizzazione ha inciso
profondamente anche sui Paesi del Golfo Persico
influenzandone non solo l’economia, ma anche gli aspetti
sociali e culturali, aspetti che quotidianamente
contribuiscono a mutare, anche se impercettibilmente, lo
scenario economico e politico. La guerra in Iraq, la
“Primavera Araba”, le rivolte iraniane e quelle siriane, il
petrolio, una crescita eccentrica e veloce, sono solo
alcuni degli elementi che hanno contraddistinto la zona
del Golfo nello scenario internazionale degli ultimi dieci
anni. Sei Paesi spiccano come ‘eccellenze’ dell’area:
Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Oman, Kuwait e
Bahrain; insieme essi costituiscono il Consiglio di
Cooperazione del Golfo, comunemente individuato con
l’acronimo CCG.
Tale organizzazione nasce nel 1981, a seguito di forti
pressioni operate soprattutto da USA e Arabia Saudita,
con lo scopo di rafforzare ed istituzionalizzare la
cooperazione politica ed economica tra i Paesi più ricchi
10
dell’area, mirando a stabilire un dialogo e un’azione
sinergica per quanto riguarda le decisioni in merito a
settori di interesse comune (principalmente: commercio,
investimenti, industria e agricoltura); tale collaborazione
è infatti fondamentale per far fronte alla vulnerabilità
intrinseca alle economie fondate esclusivamente sulle
risorse naturali.
Nel panorama vastissimo (e variegato) del mondo
arabo, i Paesi membri del CCG rappresentano un
sottoinsieme omogeneo che negli ultimi cinquant’anni da
una parte ha goduto di tassi di crescita strepitosi,
imputabili principalmente alle abbondanti risorse
energetiche, e dall’altra ha visto il permanere di società
conservatrici e tradizionaliste.5
Proprio questo aspetto ha
portato gli Stati membri del CCG a guardare co sempre
maggiore attenzione alla propria immagine all’estero, in
particolare dopo gli attentati dell’11 settembre, che hanno
reso tesi, quando non critici, i rapporti tra Occidente e
Mondo Arabo.
Non è un caso che il CCG si ispiri in modo sempre
più evidente all’Unione Europea, ponendosi obiettivi
molto ambiziosi tra i quali il mercato unico e la moneta
5
Relazione Ministero degli Esteri - CCG e Prospettive politiche dell’area di
riferimento – http://www.esteri.it
11
unica,6
piano che avrebbe dovuto vedere l’attuazione nel
2010 e che è stato procrastinato a data da destinarsi a
causa di una defezione dell’Oman, della crisi che ha
colpito l’emirato di Dubai e del parere contrario espresso
dagli Emirati Arabi Uniti sull’istituzione dell’eventuale
sede di una banca centrale comune nella capitale saudita
Riyad.
A completare lo scacchiere geopolitico figurano due
Stati che negli ultimi anni sono stati al centro delle
cronache di guerra e della politica internazionale: da una
parte l’Iraq, ormai sotto il controllo postbellico degli Stati
Uniti d’America e dall’altra l’Iran oramai da trent’anni in
contrasto con le politiche filo occidentali adottate dai
restanti stati. Come sostiene Paolo Magri, direttore
dell’ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale,
“nell’ultimo decennio la regione del Golfo ha
conosciuto importanti trasformazioni geopolitiche
che ne hanno modificato gli equilibri e allo stesso
tempo hanno innescato in essi nuove dinamiche. È
nel Golfo che si concentrano, e da qui poi si
irradiano su scala regionale e internazionale, alcuni
tra i più critici e delicati dossier della politica
internazionale: dalla lunga, difficile e per diversi
aspetti incompiuta ricostruzione dell’Iraq, in cui
tensioni etnico-settarie si sono sovrapposte ai
tentativi di evitare lo smembramento territoriale del
Paese, ai contrasti tra Occidente e Iran sul
6
Ibidem
12
programma nucleare di Teheran, alle crisi in
Bahrein e Yemen scoppiate sulla scia della
Primavera araba. Ma l’importanza del Golfo nello
scacchiere internazionale continua a essere
strettamente collegata anche agli ingenti flussi
energetici (petrolio e gas) che alimentano
l’economia mondiale e che hanno attratto verso la
regione gli appetiti energetici delle economie
emergenti, in primis Cina e India.”7
Mettendo da parte per il momento l’Iran, player
atipico nello scenario politico ed economico della zona, e
l’Iraq, è bene concentrarsi sul ruolo strategico che
ricoprono a livello globale i Paesi del Consiglio di
Cooperazione del Golfo che, con la diversificazione
dell’economia volta a comprendere anche prodotti non
petroliferi e con grandi investimenti sulle infrastrutture,
stanno attirando l’attenzione di investimenti pubblici e
privati nei settori che determineranno la futura economia
del CCG e che la rivista economica “The Economist”, in
uno studio svolto per lo stato qatarino, ha individuto in:
fabbriche ad alta intensità energetica (quali l’industria
petrolchimica, della plastica e dell’alluminio); Industrie
minerarie; turismo e trasporti aereo; commercio e
logistica.
Ad oggi, i prodotti derivati dal petrolio influiscono
ancora per il 49% sul PIL complessivo dell’area, ma è
7
Cit: Paolo Magri - editoriale Quaderni di Relazioni Internazionali n. 16
Maggio 2012
13
proprio grazie ai proventi derivanti dalla vendita di
idrocarburi che i Paesi dell’intera zona possono dare il
via a grossi investimenti che vadano a supportare la
diversificazione dell’economia e la crescita (sempre più
necessaria) delle infrastrutture logistiche e di trasporto
che invece hanno un’influenza del solo 5% sul PIL
dell’area CCG.8
Figura 1 - PIL per settori economici (2011) - Fonte Qatar National statistical
authorities – 2012
Inoltre la crescente rilevanza occupata dai mercati
emergenti, quelli identificati oggi come BRIC (Brasile,
Russia, India, Cina), offre ai paesi del Golfo Persico un
8
Qatar National Bank – GCC Economic insight 2012
100	
  
1	
  
1	
  
5	
  
5	
  
7	
  
9	
  
10	
  
12	
  
49	
  
0%	
   20%	
   40%	
   60%	
   80%	
   100%	
  
Pil	
  Total	
  
Utilities	
  
Agricoltura	
  
Logistica	
  
Costruzioni	
  
Commercio	
  e	
  hospitality	
  
manifatturiero	
  
Servizi	
  Finanziari	
  
Servizi	
  Governativi	
  
Petrolio	
  e	
  gas	
  
14
nuovo ventaglio di opportunità. La prima considerazione
da fare è di ordine geografico: la penisola araba gode di
una posizione favorevole e centrale rispetto a tutti i
continenti, ponendosi come una terra di transito tra
l’estremo oriente e l’estremo occidente. Le rotte
marittime sono condensate in fasce di acque navigabili
che connettono i porti su scala locale, regionale e globale
e sono vincolate da particolari punti di passaggio
obbligatori dovuti a barriere fisiche e geomorfologica ed
a confini politici.9
Ne deriva che, al di là degli scambi
commerciali e dei benefici da essi comportati, i centri
logistici di cui il CCG è dotato (e di cui gli Emirati Arabi
Uniti rappresentano il punto di snodo), diventano veri e
propri centri strategici per i traffici intercontinentali.
9
Lucio Siviero – Economia dei trasporti intermodali e innovazione logistica
– Franco Angeli 2010
15
1.2 CCG: Lo sviluppo delle reti di trasporto e la
logistica
1.2.1 Introduzione
Prima di affrontare il tema e di arrivare ad avere un
quadro chiaro del sistema infrastrutturale logistico e di
trasporto della zona presa in analisi, è bene sottolineare
che la logistica economica si occupa delle attività e delle
decisioni attinenti ai flussi fisici e informativi che
partono dall'acquisizione di materie prime e componenti,
e si concludono con la distribuzione del prodotto finito e
con l’eventuale riciclo dello stesso.
In particolare, quando si parla di logistica economica
“si fa riferimento a un contesto composto da A)
infrastrutture specialistiche e B) un territorio pianificato e
con un mercato regolamentato, capace di attirare imprese
in cerca di opportunità di insediamento con un elevata
redditività”10
. A tale proposito si deve specificare che i
Paesi dell’area CCG, come già affermato nel precedente
paragrafo, non impongono dazi doganali elevati e si sono
dotati di free trade zones nelle quali transitano merci
provenienti da qualsiasi Paese che non fa parte del CCG
e che vengono rispedite in altrettanti Paesi extra CCG.
10
E. FORTE ( http://www.logisticaeconomica.unina.it)
16
I vantaggi di queste zone sono molteplici, ne
ricordiamo solo alcuni: costi di stoccaggio competitivi e
vantaggiosi, aspetti fiscali interessanti (fatturazioni non
soggette ad imposte), nessun limite di tempo nello
stoccaggio delle merci; un processo che conduce i tessuti
imprenditoriali dei Paesi industrializzati a delocalizzare
la produzione e ricollocare i processi di produzione.
Tuttavia queste politiche, se prese singolarmente, sono
sufficienti ad attirare solamente un determinato tipo di
aziende che lavorano con la fornitura di servizi
immateriali; occorre dunque focalizzare l’attenzione
sull’importanza che una regione deve porre nel rendere
quanto più completa la sua rete logistica, dotandosi delle
diverse modalità di trasporto e di tutte quelle
infrastrutture (come piattaforme logistiche e distripark )
in grado di generare un valore competitivo territoriale, di
dare nuovi impulsi all’economia manifatturiera locale e
di diventare polo attrattivo in quella che il WTO chiama
Global Value Chain, ovvero la ormai diffusa pratica delle
aziende di delocalizzare in diverse Nazioni i processi di
produzione partendo dal design, passando per la
costruzione dei componenti, fino ad arrivare
all’assemblaggio ed alla distribuzione.
17
L’offerta di infrastrutture, di servizi intermodali e di
logistica, rappresenta uno strumento strategico per
vincolare i traffici alle regioni, e i player devono tendere
sempre più a diventare “integratori di sistemi” al fine di
offrire al cliente un servizio integrato ad elevato valore
aggiunto, che comprenda il maggior numero di fasi
possibili della catena produttiva-logistico-distributiva.11
1.2.2 Lo sviluppo ferroviario
Il commercio è sempre stata una delle aree di forza dei
paesi CCG. Ben prima della scoperta del petrolio, il
Golfo è stato un hub per il commercio internazionale tra
il Medio Oriente e l'Asia e molte delle principali città
moderne erano originariamente sviluppate come città
porto. Oggi, il settore della logistica dei paesi CCG è
stimato complessivamente in un valore di circa 35
miliardi di dollari, di cui i principali investitori (che
ricoprono l’85% della spesa) sono Arabia Saudita,
Emirati Arabi Uniti ed Oman12
.
Data la storia e la tradizione locale, i porti sono
ancora oggi le infrastrutture di trasporto più sviluppate: i
11
Lucio Siviero – Economia dei trasporti intermodali e innovazione logistica
– Franco Angeli 2010
12
Frost & Sullivan - GIL 2012: Middle East – The global community of
growth, innovation and leadership – 19 Feb 2012 – Madinat Jumeirah,
Dubai, U.A.E.
18
Paesi del CCG ne contano trentacinque, alcuni dei quali
sono correntemente sottoposti a processi di ampliamento
per far fronte alla domanda crescente e all’emergere di
India e Cina (fattore, quest’ultimo, che ha presentato ai
Paesi del CCG interessanti opportunità di diventare hub
statregici per il commercio non soltanto tra Asia ed
Europa, ma anche per l’Africa Centrosettentrionale,
inclusa la Comunità degli Stati Indipendenti, Kazakistan,
Turkmenistan, Uzbekistan.13
)
Affermare oggi che il Golfo Persico sia una zona
dotata d’infrastrutture intermodali sviluppate non sarebbe
propriamente esatto, ma è certo che gli Stati membri
stanno mettendo in atto grossi sforzi economici per
progettare le nuove reti. Obiettivo principale della
Commissione dei ministri dei trasporti e delle
comunicazioni è quello di coordinare le politiche degli
Stati membri per favorire lo sviluppo di tutte le modalità
di trasporto.14
A tale proposito bisogna sottolineare che uno dei
motivi di rallentamento degli scambi commerciali
internazionali è proprio la mancanza del trasporto
ferroviario (in grado di spostare grandi volumi di carico
13
Ibidem
14
The cooperation council for the Arab States of the Gulf – Secretariat
general – The GCC process & achievement – fourth edition 2009
19
in modo sicuro ed economico), che costringe l’industria
dei trasporti ad affidarsi principalmente alle reti stradali
per la movimentazione delle merci; per questo nel 2003 il
CCG ha preso la decisione di affidare ad ogni Stato un
piano di sviluppo di reti ferroviarie interne.15
Un esempio pratico di questo disagio è il porto di
Jeddah il quale, nonostante uno sviluppo che lo vede
crescere di circa il 24% ogni anno16
e nonostante esso
costituisca la rotta di passaggio per tutti i carichi che
attraversano Suez e il Mediterraneo, vede sottrarsi
traffico dal conterraneo porto di Dammam, altra
infrastruttura saudita situata nel Golfo Persico. Spesso i
consegnatari preferiscono Dammam per la sua vicinanza
con la capitale Riyadh (distante 460 km contro i 1.000
km di Jeddah), ma soprattutto per la presenza di una
ferrovia che collega Dammam con la capitale. La
mancanza di una rete ferroviaria tra Jeddah e Riyadh
comporta dunque un ulteriore rallentamento delle
procedure di trasbordo dal momento che tutti i container
movimentati per strada devono essere svuotati, controllati
e riempiti nuovamente dalla dogana portuale al fine di
verificare che non siano trasportati pubblicazioni
15
Frost & Sullivan 2011
16
Dati Saudi ports authority (SEAPA) 2011
20
sovversive e alcolici. Il collegamento ferroviario
permetterebbe di sdoganare direttamente al Porto Interno
di Riyadh, riducendo tanto i costi quanto i giorni di
stazionamento delle navi nei porti.17
Secondo Frost e Sullivan18
, lo sviluppo del trasporto
ferroviario rappresenta il primo di cinque megatrend che
travolgeranno l’industria logistica dell’area CCG a
partire dal 2013. Difatti, le principali materie prime della
regione (prodotti chimici, petrolchimici, minerali,
minerari, metalli e materiali di base come la pietra e il
cemento) richiedono spostamenti di grandi masse di
materiali per le quali il trasporto ferroviario
rappresenterebbe il metodo ottimale, rivelandosi così un
obiettivo fondamentale da raggiungere. Entro il 2030,
secondo il Centro di Intelligence e Ricerca Zawya, i sei
stati CCG completeranno lavori ferroviari dal valore
complessivo di circa 149 miliardi di dollari, i quali
comprenderanno: sistemi di ferrovia urbana,
metropolitana, tram ed un progetto ferroviario che
collegherà Muscat (Oman) a Kuwait City, passando per
le principali città degli Emirati Arabi Uniti, Arabia
17
Giovanni Grasso – equilibri.net – 08 nov 2006
18
GIL 2012: Middle East – The global community of growth, innovation
and leadership – 19 Feb 2012 – Madinat Jumeirah, Dubai, U.A.E.
21
Saudita e Qatar, prevedendo, forse, un mega ponte sul
mare per includere lo stato del Baharein.
Secondo Arash Aghdam, manager in forza alla
Parsons Brinckerhoff, la spinta iniziale per tutti i progetti
ferroviari in Medio Oriente deriva dalla necessità di
diversificare l’economia attraverso lo scambio di merci.
In seconda battuta, l’obiettivo è quello di creare
collegamenti più veloci per lo spostamento di persone, in
un territorio che vedrà espandere la propria popolazione a
49 milioni di persone entro il 2016.
Il valore attuale stimato dei progetti ferroviari in CCG
è vede in testa l'Arabia Saudita, che sta sostenendo una
spesa di 40 miliardi di dollari per progetti che coprono
più di 4.000 km di lunghezza. Il Qatar segue con 25
miliardi di dollari, quindi gli Emirati Arabi Uniti che
annunciano una spesa di 11 miliardi di dollari. Seguono
Oman con 10 miliardi di dollari, il Kuwait con 7 miliardi
di dollari ed il più piccolo Bahrain che prevede una spesa
di 1 miliardo di dollari.
22
Figura 2 - Valore del progetto CCG Railways – fonte Zawya research
Le motivazioni che spingono i diversi Paesi a investire
nel trasporto ferroviario sono differenti. In Oman, si
progetta in favore dello sviluppo turistico, mentre gli
Emirati Arabi Uniti sono focalizzati sull’incremento di
trasporto di beni e di passeggeri. L'attenzione dell’Arabia
Saudita è incentrata sul trasporto di minerali e
passeggeri; il Qatar è concentrato sulla Coppa del mondo
di calcio che ospiterà nel 2022, mentre la metropolitana
del Kuwait e il National Railway alleggeriranno il
traffico cittadino e aumenteranno la connettività verso
l’Arabia Saudita e l’Iraq. Il Bahrein investirà invece nel
sistema LRT per alleviare i problemi di trasporto nella
42,63	
  
17,97	
  
41,8	
  
12,1	
  
17	
  
10	
  
8	
  
CCG	
  Railways	
  
KSA	
  
Qatar	
  
UAE	
  
Kuwait	
  
Oman	
  
Bahrain	
  
23
città.19
Ciò vuol dire che il CCG sta costruendo il futuro
di un mercato che oggi non esiste e che rappresenta una
sostanziosa opportunità di lavoro per tutte le aziende
specializzate nella costruzione di infrastrutture ferroviarie
e di materiale rotabile. I progetti vedono attualmente
impegnate eccellenze italiane come il consorzio Saipem –
Maire Tecnimont, al quale è stata affidata la costruzione
della prima tratta ferroviaria nazionale degli Emirati
Arabi Uniti, una linea lunga di 266 Km (sezione di Shah-
Habshan-Ruwais) nell’Emirato di Abu Dhabi volta a
spostare merci tra i giacimenti di zolfo e le aree di
estrazione di gas e petrolio. Troviamo inoltre Italferr (in
Oman) e Ansaldo (in Arabia Saudita).
19
Zawya.com
Figura 3 - Linea ferroviara CCG
24
Figura 4 - Principali progetti ferroviari in essere o pianificati
nell'area CCG - Fonte Zawya.com
25
1.2.3 Lo sviluppo aeroportuale
I Paesi del CCG possiedono un vantaggio competitivo
non trascurabile, ovvero quello di essere equidistanti dai
principali Paesi commerciali dell'Asia e dell'Europa,
all’interno di un bacino di utenza che conta circa 4.65
miliardi di persone che attualmente risiedono all'interno
di un raggio di volo di 8 ore dai principali aeroporti del
Golfo. Questo vantaggio geografico consente a molte
città di essere punto nevralgico della zona CCG inserito
in un sistema Hub & Spoke in grado di creare percorsi
multipli “virtuali” anche tra città che non sono collegate
con voli diretti. Il concetto di Hub & Spoke centrato sugli
aeroporti dei Paesi CCG è considerato una valida
strategia competitiva a lungo termine, motivo per cui si è
deciso di intervenire in forma massiccia sulle
infrastrutture esistenti, con ingenti investimenti,
appoggiati anche dai brand riconosciuti ormai a livello
internazionale come Fly Emirates per Dubai, Etihad per
Abu Dhabi e Qatar Airways per il Qatar.20
Ad oggi gli aeroporti della regione CCG sono 37, di
cui 30 si trovano tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi
Uniti, che costituiscono gli hub principali del territorio
20
IIS Research Paper Hub and Spoke Strategy in the GCC –
infrastrucutrestudies.com
26
nonché i maggiori investitori di fondi dedicati alle
strutture aeroprotuali.
Arabia Saudita:
La General Authority for Civil Aviation (Gaca) ha da
tempo avviato un piano di rilancio delle infrastrutture
aeroportuali saudite, che prevede, oltre all'ampliamento
degli scali esistenti, anche la costruzione di nuovi
aeroporti per un valore stimato di oltre 10 miliardi di
dollari entro il 2030. Inoltre, nel quadro della progressiva
privatizzazione degli aeroporti del Paese, l'Autorità ha
recentemente annunciato la costituzione di una holding -
alle cui consociate verrà affidata la proprietà degli scali
sauditi - nonché l'emissione di bond per il finanziamento
dei progetti di sviluppo degli aeroporti di Riad e Gedda.
L'obiettivo é quello di rendere più competitivo il settore
del trasporto aereo, facendo dell'Arabia Saudita un hub di
primo piano per il trasporto di passeggeri.21
Il piano di sviluppo, cominciato nel 2012 si articola in
tre fasi che prevedono la revisione e la costruzione di due
terminal per passeggeri, la costruzione di un terminal di
aviazione generale, un impianto di desalinizzazione e di
21
ministero affari esteri direzione generale per la promozione del sistema
paese
27
altre strutture commercali che saranno terminate nel
2035. I nuovi lavori inoltre comprenderanno 42 gate,
hangar aerei, una nuova torre di controllo, il
potenziamento della linea ferroviaria, le strutture di
manutenzione ed una metropolitana leggera.
Il progetto di ampliamento punta ad aumentarne la
capacità ricettiva annua dagli attuali 13 milioni di
passeggeri a 30 milioni in una prima fase fino ad arrivare,
entro il 2035, ad 80 milioni. A differenza del resto del
CCG, l’obiettivo primario dell’ Arabia Saudita è quello
di soddisfare la domanda di turismo religioso sui
pellegrinaggi Hajj e Umrah e lo Stato ha deciso di
puntare sulla città di Jeddah che funge da gateway per le
città sante di Mecca e Medina, le quali ospitano circa 2,5
milioni di visitatori durante il periodo Hajj
(pellegrinaggio maggiore del popolo mussulmano) e fino
a sette milioni durante il pellegrinaggio Umrah che si
estende per tutto l’anno. 22
Emirati Arabi Uniti:
Ad oggi, gli EAU investono strategicamente nel
mercato dell’aviazione civile per sostenere la crescita,
22
Aviation in the Gcc states. Industries trends and growth scenario – Nadd
Alshiba Pr & events in association with Dubai Airport Show organization
28
emulando il modello di alcuni loro partner commerciali
quali Cina, Singapore e Corea del Sud. Tale politica si
inserisce nel più ampio progetto di diversificazione
economica varato dagli Emirati per uscire da un sistema
economico basato sulla esportazione del greggio. In
particolare, il governo ha annunciato un piano di
investimenti di 136 miliardi di dollari nei prossimi dieci
anni con l’obiettivo di divenire l’hub aeroportuale piú
grande del mondo.
Il progetto prevede l’ampliamento della flotta per
cinque compagnie emiratine e piani di ampliamento per
gli aeroporti presenti in ciascuno dei sette emirati. Sul
territorio degli EAU sono presenti 16 aeroporti
commerciali, di cui 7 internazionali. I più rilevanti dal
punto di vista commerciale sono quelli situati presso le
due maggiori città del Paese. Questi sono: l’Abu Dhabi
International Airport; il Dubai International Airport; e
l’Al Maktoum International Airport. Gli altri aeroporti
internazionali sono: Al Ain International Airport;
Fujairah International Airport; Ras Al Khaimah
International Airport; Sharjah International Airport.23
23
Aviation in the Gcc states. Industries trends and growth scenario – Nadd
Alshiba Pr & events in association with Dubai Airport Show organization
29
Focalizzandosi sui lavori di ampliamento, vediamo
che la costruzione del Midfield Terminal Complex
(MTC) e l’intera espansione dell’Abu Dhabi
International Airport sono di vitale importanza per
conseguire il processo di diversificazione dell’economia
emiratina stimolando la crescita di altri settori industriali
attraverso una crescente connessione. Nei prossimi anni
si prevede che 20 milioni di persone all’anno
transiteranno dall’aeroporto tra arrivi, partenze e transiti
verso altre destinazioni sia nazionali che internazionali. Il
governo dell’emirato di Abu Dhabi pianifica di venire
incontro alla crescente domanda di voli per attuare una
strategia capace di catalizzare business e turismo. Il MTC
fornirà all’aeroporto un full terminal building sia
passeggeri che cargo e comprenderà negozi e ristoranti
duty free dalla capacità di 30-40 milioni di persone
Figura 5 - principali aeroporti in UAE
30
l’anno. L’edificio sarà il più grande presente negli EAU e
comprenderà 25 mila metri quadri di negozi e outlets, un
parco coperto e vista sul deserto. È inoltre previsto uno
spazio di 800 mila metri quadri destinato al posteggio di
20 velivoli cargo. ADAC e la joint venture formata dalla
turca TAV Construction, la Consolidated Contractors
Company con sede in Grecia e la emiratina Arabtec
hanno firmato un contrato da 2,94 miliardi di dollari a
giugno 2012 per la costruzione del Midfield Terminal
building (MTB) che sarà operativo a partire dal 2017. I
servizi ai passeggeri ed il duty free occuperanno un’area
commerciale pari a 18 km quadrati nel quale saranno
presenti i più prestigiosi marchi di beni di lusso e
designer outlet. Circa 10 km quadrati saranno riservati a
ristoranti e caffè internazionali. Infine, 27 km quadrati
ospiteranno sale lounge per i passeggeri, un hotel, ed un
museo sul patrimonio culturale. Le piste potranno
contenere fino a 65 aeromobili ed i banchi check-in
serviranno 8,500 passeggeri all’ora.
Il governo di Dubai, invece punta su un investimento
di circa 7,8 miliardi di dollari per lo sviluppo del progetto
di espansione del Dubai International Airport. Secondo
quanto pianificato, l’aeroporto, al termine dei lavori,
dovrebbe raggiungere il terzo posto al mondo per volume
31
passeggeri e capacità cargo. La Dubai Airports, societá
gestore degli aeroporti di Dubai, sostiene che entro il
2020 l’83% delle sue entrate proverrà da fonti
commerciali (dettaglio duty free, beni di lusso, cibi e
bevande), anziché dalle tasse aeroportuali che negli EAU
non sono previste. Il contributo del settore dell’aviazione
al PIL di Dubai salirà al 32% e sarà in buona parte
destinato a finanziare la seconda fase del progetto Dubai
World Central24
. Tale progetto, di cui è già stata
completata la fase 1, prevede la costruzione di un nuovo
aeroporto, l’Al Maktoum International Airport, su una
superficie di 140 km quadrati con collegamenti veloci
alla free zone del porto di Jebel Alí (sesto al mondo per
area container e più estesa free zone del Medio Oriente
ed Africa settentrionale). L’enorme progetto prevede la
realizzazione di sei piste passeggeri (comprendenti due
atri di lusso), 16 terminal cargo, speciali centri executive
ed un centro logistico. Nel complesso è anche prevista la
costruzione di un’area residenziale, alberghi,
24
Dubai world central-Al Maktoum International Airport vuole diventare il
primo aeroporto al mondo per numero di presenze e di rotte, muovendo
entro la metà del 2020 100 milioni di passeggeri l’anno e 12 milioni di
tonnellate di merci. Il progetto infrastrutturale che si trova a Jebel Alì,
giocherà un ruolo centrale nella Dubai World Central 2025, area
commerciale, business, e residenziale che sarà due volte più grande
dell’isola di Hong Kong. I lavori per la costruzione dell’aeroporto saranno
completati tra il 2025 e il 2030,
32
supermercati, aree espositive e commerciali con ampi
parcheggi sotterranei e collegamenti veloci con
l’International Airport di Dubai. Stando alle previsioni,
entro il 2020 il progetto sarà in grado di gestire un
traffico di 100 milioni di passeggeri l’anno ed un volume
di 12 milioni di tonnellate cargo, che renderà lo scalo
emiratino il più grande al mondo in assoluto. Tim Clark,
presidente della Emirates Airlines ha fatto sapere nello
scorso Settembre 2013 che il Pil di Dubai conta per il
28%, ovvero 22 miliardi di dollari, sul trasporto aereo,
attorno a cui ruotano 250 mila posti di lavoro.
Altri lavori.
Tra i tanti lavori aeroportuali in corso è giusto
menzionare quanto sta accadendo anche negli altri stati.
Per esempio il Kuwait ha avviato il “Kuwait
International Airport Expansion Plan” , progetto del
valore di 6 miliardi dollari grazie al quale sarà possibile
aumentare la capacità dei passeggeri, dagli attuali 8,5
milioni a 50 entro il 2048, costruendo un nuovo terminal
internazionale e uno dedicato alle compagnie low cost,
potenziando le piste esistenti e costruendone una terza,
facendo nascere una vera e propria cittadella dedicata
33
all’industria ed al commercio, chiamata “Kuwait Cargo
City”.
L’Oman, spende 78 miliardi di dollari e guarda
all’integrazione delle strutture aeroportuali con strade,
ferrovia e mare; protagonisti sono gli aeroporti di
Mascate e Salalah, soggetti ad un processo di
ampliamento, mentre nelle città di Sohar, Duqm, Ras Al
Hadd e Adam sorgeranno 4 nuovi aeroporti. L'aeroporto
di Sohar dovrebbe alleggerire il peso che attualmente
grava sulla capitale Mascate e favorire pertanto le attività
commerciali, avvalendosi della prossimità del porto di
Sohar, della la zona economica esclusiva e della
realizzazione della strada e della ferrovia nella regione
della Batinah, nel nord del paese. Analogamente, lo
sviluppo dell' aeroporto di Duqm va messo in relazione
con lo sviluppo del porto, a fini industriali e commerciali,
ma anche turistici. L'aeroporto di Ras al Hadd, vicino alla
città di Sur, avrebbe finalità prevalentemente turistiche
mentre quello di Adam sarebbe destinato a usi militari. Il
Qatar, invece, si prepara ad ospitare i mondiali di calcio
del 2022, in vista dei quali, ma anche a causa di un forte
sviluppo della compagnia di bandiera Qatar Airways,
investe 15 miliardi di dollari per la costruzione del nuovo
aeroporto Hamad International Airport, grazie al quale
34
sarà possibile gestire annualmente 50 milioni di
passeggeri, 320.000 voli e 2 milioni di tonnellate di
merci, per una capacità totale sei volte superiore a quella
dell'attuale aeroporto internazionale, estendendosi su una
superficie complessiva di circa 22 chilometri quadrati (in
gran parte, 60 per cento, terra di riporto). 25
1.2.4 Lo sviluppo portuale
Con un investimento annunciato di 36 miliardi di
dollari, anche i porti rientrano tra le strutture soggette ad
un potenziamento con la finalità di aumentare il
commercio con paesi esteri, basato sull’economia “non
oil”; la tematica è storicamente al centro di tensioni
geopolitiche per il controllo del Golfo Persico: da un lato
l’Arabia Saudita e l’Iran che si contendono lo stretto di
Hormuz (strategico per il passaggio delle navi) dall’altro
lato l’emergente Iraq post bellica che torna a fare i conti
con un Kuwait sempre più forte economicamente e unico
intralcio all’accesso diretto al mare. L’Iraq ha un accesso
limitato al Golfo Persico, con circa 58 km di costa e solo
due canali profondi abbastanza per il transito di navi di
grandi dimensioni: il Khor Abdullah e lo Shatt al-Arab.
In confronto, il Kuwait ha quasi 500 chilometri di costa e
25
Dati ministero affari esteri e ACI Airport Council International
35
nove isole. Iraq e Kuwait si dividono il Khor Abdullah
allo stesso modo, con il confine tracciato a metà, ma la
parte navigabile del canale è più vicino al lato del
Kuwait. Così, il Kuwait controlla efficacemente uno
degli unici due accessi marittimi all’Iraq meridionale.
Chiudendo la breve digressione geopolitica e tornando
agli investimenti previsti ed in atto sui porti, notiamo che
l'Arabia Saudita sta alimentando lo sviluppo delle
infrastrutture portuali con oltre 750 milioni di euro
stanziati per il porto Re Abdul Aziz di Dammam, che
prevede il lancio di un secondo terminal container hi-tech
nel 2015 con una capacità di 1,8 milioni di teu all'anno.
Il progetto “Jazan Economic City”26
includerà anche
piani di infrastrutture portuali, mentre il porto nord-
occidentale di Dhiba otterrà un nuovo terminal container
da 46,4 milioni di dollari. Due terminal aggiuntivi, del
valore di 38,4 milioni dollari, saranno costruiti al King
Fahd Industrial Port a Jubail, mentre Jeddah Islamic Port
prevede un aumento medio del 10,9 per cento fino al
2016.
Il nuovo progetto di mega-porto del Qatar, invece,
costerà 7,1 miliardi di dollari e sorgerà nei pressi della
trafficata zona industriale di Messaeid con la previsione
26
http://www.jazan-economic-city.com/
36
di aprire nel 2016 e di raggiungere la capictà di sei
milioni di TEU all’anno entro il 2028.
Negli Emirati Arabi Uniti, il porto Jebel Ali vedrà il
suo terminal ampliarsi a 19 milioni di TEU all’anno,
mentre il Khalifa Port Terminal di Abu Dhabi, potrà
godere dell'aggiunta di ulteriori 15 milioni di TEU l'anno
dopo il suo completamento nel 2030.27
Secondo l’autorità federale delle dogane degli Emirati
Arabi Uniti, nei primi otto mesi del 2012 le esportazioni
estere legate al commercio non petrolifero, sono salite
raggiungendo quasi 184.6 miliardi di dollari, in crescita
di 19 miliardi dollari rispetto allo stesso periodo del
2011; crescono anche le importazioni non petrolifere che
con 85,1 milioni di tonnellate di merci fatte entrare nel
Paese da gennaio ad agosto 2012, fanno registrare un più
11%, con un incremento di 11,8 miliardi dollari.28
In un’intervista alla Saudi Gazzette, il presidente di
Seatrade29
Chris Hayman afferma:
“Gli UAE e gli stati vicini stanno sempre più
diventando una potenza commerciale coesa sia per
quanto riguarda il trasporto marittimo che per quello
aereo, fornendo un collegamento vitale tra l’estremo
oriente e l’Australasia, Europa e Nord America; con
27
Saudi gazzette
28
Dati: Holland Gulf Chamber of Commerce
29
www.seatrade-middleeast.com - Seatrade è un’ organizzazione mondiale
di eventi sul tema del commercio via mare
37
un investimento di 36 miliardi di dollari sulle
principali strutture portuali del Golfo, il potenziale
futuro della crescita del commercio è illimitata. Con
la costruzione della linea ferroviaria che percorrerà
tutti gli stati CCG, inoltre, il cammino per costruire
una connettività intermodale terra-aria-mare è in
atto e sarà trampolino di lancio per uno scambio
interregionale e per lo sviluppo di futuri terminal di
nuova generazione.”
Intanto l’associazione dei più grandi armatori di tutto
il mondo BIMCO all’interno dell’evento “Seatrade
Middle East” tenutosi a Dubai nel 2012 fa sapere che
l’eccesso di offerta di navi, continuerà a portare verso il
basso le tariffe di spedizione e questo potrebbe
rappresentare un ulteriore impulso per tutte quelle
aziende che in maniera opportunistica vogliono allargare
gli orizzonti grazie a tassi di mercato che oscillano in
loro favore.
In conclusione, nell'ambito dei vasti piani di
ampliamento avviati, l’intero sviluppo del settore
logistico dei paesi del Golfo Persico, è di certo una
grande opportunità per tutte quelle aziende italiane che
guardano ai paesi emergenti per espandere i propri
confini di business. Le occasioni sono tante e non solo
per società di costruzione o di logistica, ma come
vedremo in seguito, anche per chi si occupa di food &
38
beverage, innovazione logistica, turismo, comunicazione
ed organizzazione di eventi. Probabilmente, salvo un
ulteriore studio approfondito sull’argomento, segmenti
che le compagnie italiane potrebbero esplorare sono
quelli del Ro-Ro e Ro-Pax, settori che ad oggi sembrano
ancora non avere un’esplosione economica e che
potrebbero offrire servizi di collegamento lungo la costa
del golfo persico e dai paesi del CCG verso gli stati vicini
quali Iran, India e Pakistan. Tuttavia, occorrerebbe
esplorare e approfondire regolamenti e leggi che
gravitano attorno a questo mercato nei precisi stati.
Figura 6 - Principali porti nell'area CCG30
30
Partendo da sinistra i principali porti sono i seguenti: Jeddah Islamic Port
(KSA), AL Duqm Port & Drydock (Oman), As Sultan Qaboos Port
(Oman), Fujairah port (UAE), Dubai Jebel Ali (UAE), Abu Dahbi Khalifa
Port (UAE), Doha Port (Qatar), Khalifa Bin Salman Port (Bahrain),
Dammam King Abdulazziz port (KSA), Shuwaik port (Kuwait)
39
Figura 7 - distanze in miglia nautiche tra i principali porti CCG
40
CAPITOLO II:
EMIRATI ARABI UNITI LEADER DI
MERCATO NEL SETTORE TRASPORTI TRA
I PAESI DEL CCG
2.1 Il quadro logistico
Con una posizione privilegiata sulla mappa globale,
non c'è dubbio che gli Emirati Arabi Uniti hanno
capitalizzato con successo il loro potenziale come hub di
livello mondiale della logistica, con miliardi di dollari
investiti per accelerare lo sviluppo di impianti di
stoccaggio e di infrastrutture di trasporto. Tuttavia,
poiché il potenziale logistico di paesi vicini come
l'Arabia Saudita, Oman e Bahrain continua a fiorire, gli
Emirati Arabi Uniti dovranno cercare di mantenere la
loro posizione redditizia cercando di non perdere il loro
primato di leader nella zona dei paesi del Golfo Persico,
anche se, secondo una recente analisi condotta da Frost &
Sullivan, i vantaggi da first mover, acquisiti da Dubai,
Sharjah e Abu Dhabi sarebbero difficili da replicare nel
breve termine. Infatti, i ricavi di mercato della logistica
degli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto nel 2012 uno
41
stimato di 9 miliardi di dollari58 anticipando la
previsione fatta dalla camera di commercio dubaina che
pronosticava il raggiungimento della cifra solo nel 2014.
Un impressionante salto dalla cifra del 2010 che
ammontava a 7,03 miliardi dollari ed un avvicinamento
al traguardo di 16 miliardi di dollari previsto per il 2020.
Il maggior contributo agli introiti della logistica
proviene dalla forte domanda nel settore alimentare, delle
bevande, di petrolio e di gas e di ingegneria elettronica
che contribuiscono al 63,1%. Srinath Manda, transport e
program manager della logistica di Frost & Sullivan
spiega:
"Essendo situato in prossimità delle economie
ad alta crescita di India e Cina, gli Emirati Arabi
Uniti importano circa il 60% dei prodotti di questi
paesi, per lo più in transito attraverso i confini di
Dubai. Così, il paese ha un vantaggio unico rispetto
ai suoi vicini del Medio Oriente ed è stata in grado
di affermarsi come centro per il commercio trans-
continentale."
Non è, quindi, una sorpresa che nella lista globale
“Doing Business” della Banca Mondiale, gli Emirati
Arabi Uniti si posizionino al 5° posto nel commercio
transfrontaliero considerando che il segmento logistico
contribuisce al 2,5% del prodotto interno lordo. I
58
Dati Jebel Ali Free Zone (Jafza) – Novembre 2012
42
trasporti sono il secondo contributore con il 18,6 %
tenendo conto che il trasporto su strada è quello più
utilizzato, quello su ferro è ancora inesistente, mentre le
modalità aeree e marittime acquisiscono sempre più
importanza grazie agli ultimi investimenti fatti.
Come ultimi due contributori economici del settore
logistico troviamo il deposito e lo stoccaggio che cuba
una quota di mercato del 14,2% e i servizi logistici a
valore aggiunto (VALS), come l'imballaggio e
l'etichettatura che contribuiscono per il 4,1%.
Sul lato competitivo aziendale, player multinazionali,
come DHL e Agility hanno una presenza molto forte,
soprattutto nel segmento trasporto merci, mentre i player
regionali e nazionali, come Aramex, GAC Logistics e Al-
Futtaim Logistics hanno una posizione favorevole nel
settore dei trasporti nazionali e nei segmenti di
stoccaggio e deposito; questi ultimi diventano
protagonisti nel momento in cui fornitori di servizi
logistici stranieri hanno necessariamente bisogno di un
partner locale per penetrare efficacemente il mercato
della logistica nazionale. Sempre Srinath Manda spiega
che grazie alla massiccia attività di commercio
internazionale fatto transitare attraverso il paese, gli
Emirati Arabi Uniti sono considerati una terra di
43
significativa opportunità per i fornitori di servizi logistici,
in particolare quelli coinvolti nei servizi di trasporto
merci e spedizioni; questo perché la maggior parte delle
tipiche industrie manifatturiere svolgono all’interno del
paese solamente attività commerciali necessitando
dunque di attività logistiche come quelle summenzionate.
Da queste parole, quindi, si deduce il perché la
maggior parte degli introiti logistici del paese
provengono dal trasporto di beni e che la capacità di
spesa per la funzione logistica varierà da settore a settore
a seconda dell’andamento del mercato e di quanto su
quest’ultimo influiscono fattori estrogeni come la crisi
mondiale che ha toccato molti stati del mondo e non ha
risparmiato nemmeno gli EAU.
Srinath Manda aggiunge che il costo dei servizi
logistici, invece, varierà in base alla natura delle
operazioni necessarie in ciascun settore ed alla
complessità della sua supply chain. Industrie come quella
food & beverage e come quella ingegneristica, per
esempio, dovranno sopportare spese maggiori per le loro
attività logistiche a causa della necessità di infrastrutture
e di attrezzature specializzate. Al contrario, le industrie
che producono beni di largo consumo, elettronica e
automotive spenderanno meno per le loro attività di
44
logistica grazie alla minore complessità delle operazioni
di trasporto.
2.1.1 Emirates – Italia: sviluppo ed esportazione
Quanto emerso nelle precedenti pagine, può dare vita
ad una riflessione su quelle che possono essere le
opportunità per il mercato italiano di rafforzare le proprie
economie sfruttando le leve positive dei paesi emiratini,
concetto che trova sostegno anche nelle parole di
Giovanni Favilli59
il quale sostiene che il clima
economico più sano di Dubai e quello di crisi in Italia
aprono opportunità al valore aggiunto che l'imprenditoria
italiana può contribuire a questi mercati. In termini di
logistica economica, dunque, gli EAU ed in particolare
l’emirato di Dubai, sono riusciti a creare un terreno
fertile in grado di offrire alle aziende di tutto il mondo
efficienza logistica e vantaggi economico fiscali. Essendo
territori ancora in costruzione e in via di sviluppo, come
ha affermato Hans-Peter Stabenau60
, gli Emirati Arabi
stanno riuscendo a dare vita ad un progetto da sogno
costruendo piattaforme di logistica integrata (terra, aria,
mare) che seguono perfettamente i piani di sviluppo;
59
Giovanni Favilli è il console generale italiano presso l’emirato di Dubai
60
Presidente della “German logistic Academy” di Brema
45
opportunità che abbiamo perso in Europa dato che non
esistono più territori così estesi per costruire nuove
piattaforme. Se è vero dunque, come sostiene il Prof.
Ennio Forte61
che “il futuro dei territori a scala regionale
dovrà quindi fondarsi su pianificazione, programmazione
e progettualità infrastrutturale e di servizi, cioè reti
sistemiche materiali ed immateriali per lo sviluppo
sostenibile di territori geo-economicamente caratterizzati
da fattori distintivi”, gli Emirati Arabi sono di sicuro un
territorio proiettato al futuro che ha saputo costruire un
habitat ideale di sostegno agli investimenti ed alla
imprenditoria, in linea con gli standard internazionali e in
grado di rafforzare la crescita economica e la sua
posizione mondiale. A testimonianza di ciò ci sono le 36
free trade zone62
che promettono burocrazia al minimo,
bassi fee d’ingresso, possibilità di intestarsi il 100% della
società oltre che servizi logistici suddivisi per segmenti
commerciali, territorio e attività di supporto63
; tutti
elementi a sostegno dell’ormai diffusa necessità delle
aziende a de-territorializzare il proprio lavoro per
assecondare le regole dettate dalla globalizzazione e
61
Ennio Forte è professore di Economia dei trasporti presso la facoltà di
Economia della Federico II di Napoli
62
Per un elenco dettagliato consultare il sito www.uaefreezones.com
63
Di notevole importanza ai fini dello studio è la Dubai Logistic City prima
vera piattaforma di logistica integrata al mondo - http://www.dwc.ae
46
garantire un flusso continuo di scambi internazionali a
fronte di una ricerca di ottimizzazione di spese sempre
più pesanti nel mondo occidentale ed in particolare nella
nostra nazione. Di fatto gli EAU si confermano il
principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in
Medio Oriente e Nord Africa, mentre l'Italia si posiziona
al settimo posto in assoluto tra i paesi fornitori e terzo tra
i partners europei. A partire dal 2011 si è registrato un
netto miglioramento nell’interscambio commerciale, con
il raggiungimento dei 4,735 miliardi di Euro di nostre
esportazioni, corrispondente ad un aumento del 28,5%
rispetto al 2010, ed un totale di 861 milioni di Euro di
importazioni, corrispondenti ad un incremento del 91%.64
Anche nel 2012 si è confermata una progressione
crescente nelle relazioni commerciali bilaterali. Nel
periodo infatti, le nostre esportazioni verso gli EAU
hanno raggiunto la cifra record di 5,517 miliardi di Euro,
con un incremento rispetto al 2011 del +16,7%, mentre le
nostre importazioni, in lieve flessione rispetto all’anno
precedente, si sono assestate sui 651 milioni di Euro, con
un calo rispetto al 2011 del -24,3%. L’incremento delle
nostre esportazioni nell'ultimo biennio ha dunque sfiorato
64
fonte ICE su dati Istat
47
complessivamente il 50%. La bilancia commerciale
continua a mantenere un saldo nettamente favorevole
all’Italia, per oltre 4,865 miliardi di Euro, mentre
l’interscambio bilaterale complessivo, mai così elevato in
passato, ha toccato i 6,169 miliradi di Euro (+9,4%
rispetto al 2011). Il settore della gioielleria è stato quello
con i maggiori indici di crescita (+44,69% rispetto al
2011), seguito da computer ed elettronica (+41,34%) e
metalli e lavorati (+29,65%). In termini assoluti, il settore
dei macchinari e strumentazioni ha registrato il piu' alto
volume di export, con oltre 1,3 miliardi di euro (+3,73%).
Il potenziale per le produzioni ed i servizi italiani sul
mercato potrà nel medio termine beneficiare della
presenza nel Paese di un elevato reddito pro-capite e di
una ricchezza petrolifera che durerà almeno per i
prossimi 100 anni. Giorgio Starace, ambasciatore italiano
ad Abu Dhabi, afferma che escludendo l’ “Oil & Gas”, i
tre settori in ordine di importanza su cui si
concentreranno gli investimenti delle risorse pubbliche e
che in prospettiva faranno anche crescere un mercato
locale interessante per le aziende italiane sono:
48
− Il turismo, in particolare la costruzione di hotel e
resort,
− Sanitario, con la realizzazione di numerosi centri
ospedalieri,
− Grandi infrastrutture come ferrovie, aeroporti,
trasporto su gomma (nelle quali sono molto attive
aziende italiane come Saipem, Maire Tecnimont,
Salini, Impregilo, Technit).
2.2 Opportunità per il “Made in Italy”
Il mercato UAE, come si evince anche dall’analisi
swot (figura 6) conserva molte opportunità e vantaggi per
le imprese, considerando che oltre a poter usufruire di
servizi e strutture logistiche avanzati tecnologicamente
ed in forte sviluppo, per queste delocalizzare la
produzione nei paesi arabi potrebbe significare
risparmiare molte economie data la bassa tassazione ed il
basso costo della mano d’opera.
49
Figura 8 - Analisi Swot
50
Volendo fare un esempio legato ad un brand
internazionale, potremmo prendere come riferimento
Canon, nota azienda giapponese produttrice di macchine
fotografiche e accessori per le riprese video. Con
l’apertura di un sito presso la Jebel Ali Free Trade Zone
di Dubai, Canon ha avviato un processo di
frammentazione internazionale della produzione (FIP)
grazie al quale riesce a soddisfare la domanda di 45 paesi
del medio oriente e dell’Africa, gestendo il 90% delle
esportazioni dal magazzino emiratino. Richie Cuthbert,
supply chain management director di Canon riferisce alla
rivista Arabian Supply Chain, che la maggior parte dei
prodotti trattati dal magazzino di Dubai arrivano dall’
estremo oriente, tranne alcuni piccoli accessori
provenienti dall’Europa; questi vengono stipati in un
magazzino con aria condizionata, impacchettati,
etichettati e smistati nei vari paesi. Assumono quindi
importanza i servizi logistici a valore aggiunto grazie ai
quali si riesce ad assemblare circa 55,000 unità al mese.
Stefania Brancaccio, presidente della ditta italiana
Coelmo65
, una delle più importanti produttrici ed
esportatrici di generatori elettrici, sostiene invece che per
65
La ditta Coelmo, è presente nel mercato arabo con un ufficio commerciale
sito presso l’emirato di Dubai.
51
un azienda italiana la delocalizzazione non è
conveniente. Le motivazione possono essere tante:
− Molti prodotti italiani, con riferimento ai suoi,
vengono venduti all’estero perché conservano al
loro interno il valore intangibile del “Made in
italy”, dunque assemblando le proprie macchine
all’estero, queste ultime perderebbero valore agli
occhi dei clienti e rispetto alla concorrenza
− Considerando il know how della manodopera, gli
Emirati Arabi Uniti non sono in grado di fornire
personale formato e questo pregiudicherebbe la
qualità dei prodotti, ed aumenterebbe i costi di
questi ultimi se si considera il costo aggiuntivo
della formazione
− Per le PMI italiane, i costi di accesso alle FTZ
sono molto elevati, mentre i servizi offerti al di
fuori di queste aree, non eccellono in qualità.
Potrebbe non essere un caso, quindi che le imprese
italiane attualmente attive negli emirati arabi si occupano
principalmente di affari legali, costruzioni, ingegneria,
progettazione, servizi legati alla comunicazione, servizi
sanitari, trasporti e logistica, food & beverage, vestiario e
52
gioielli, automobili;66
tutti settori in cui il “Made in Italy”
è intrinseco al servizio svolto o al bene offerto, che non
necessitano di servizi logistici a valore aggiunto
particolari o che per forza di cose è necessario che
vengano prodotti in territorio italiano, come per esempio
gli alimenti e le bevande sui quali sarebbe bene
soffermarsi maggiormente. Quello dell’ agroalimentare è
un comparto trainante dell’economia nazionale, in quanto
è uno dei settori che maggiormente contribuiscono
all’immagine positiva del “made in Italy” e dell’ “italian
way of life” nel mondo. La varietà delle tipologie di
prodotto offerte dal comparto agroalimentare italiano
coniugata alla qualità, alla cultura alimentare, ben
risponde alle esigenze della domanda del mercato
nazionale ed internazionale. Queste caratteristiche
assicurano da anni un buon segmento di mercato per
l’Italia. All’interno della filiera agroalimentare
l’ortofrutta rappresenta un settore significativo che
meglio caratterizza il Sistema Italia all’estero. Date le
caratteristiche geografiche delle regioni italiane, l’attività
produttiva agricola è molto sviluppata al Sud: infatti, in
quest’area gli ettari dedicati alla coltivazione di ortofrutta
66
L’edizione speciale di Milano Finanza “International – Golfo Italia” stila
una lista completa delle principali aziende italiane presenti nel golfo persico.
Pp 94-96
53
sono superiori rispetto alle altre due zone. Esiste inoltre,
da parte degli operatori,una generale difficoltà ad inserire
all’interno dei propri processi organizzativi componenti
quali la logistica e l’intermodalità, alla quale corrisponde,
da parte delle amministrazioni, una scarsa capacità di
pianificare ed accompagnare politiche di trasporto rivolte
all’integrazione delle differenti modalità di
movimentazione delle merci. Come riportato nel
precedente paragrafo, gli UAE importano circa il 90%
dei beni di consumo alimentare e questo potrebbe
significare molto per i piccoli produttori italiani di settore
dato che il prodotto alimentare italiano viene visto come
un’eccellenza, vi è una propensione di spesa maggiore da
parte della popolazione locale la cui spesa in prodotti
agroalimentari si aggira attorno ai 4 miliardi di dollari
l’anno ed è destinata ad aumentare, si sta assistendo a una
forte crescita demografica e a un nuovo modo di nutrirsi
più sano.67
Come ha spiegato Mauro Marzocchi,
segretario generale della camera di commercio italiana
degli EAU, a livello locale ci sono circa 250 grandi e
piccoli distributori che in molti casi sono anche
importatori specializzati in prodotti italiani quali pasta,
formaggio, oli, sughi e caffè; mentre dal punto di vista
67
Dati camera di commercio italiana negli EAU
54
logistico le strutture più utilizzate sono il porto Jebel Ali
di Dubai e gli aeroporti internazionali;68
ma soprattutto
Dubai è anche una piattaforma distributiva per poi
riesportare, stabilire contatti e crearne nuovi. Alla luce di
quanto riportato, dunque, sarebbe auspicabile che le PMI
italiane, portatrici sane di qualità e di un forte marketing
territoriale, trovassero la forza e la disponibilità per dare
vita ad organizzazioni di tipo bottom-up e costituire
consorzi per sfruttare al meglio e le opportunità di
mercato presenti negli Emirati Arabi e la loro
organizzazione logistica per conquistare nuovi mercati
più ad est. Di fatti costituendosi in consorzi le nostre
aziende potrebbero:
− Sfruttare al meglio le risorse economiche per la
promozione dei propri prodotti;
− Avere maggiore potere contrattuale per strutturare
partnership con 3PL presenti sia in Italia che nel
mercato emiratino per gestire tutte le operazioni
inerenti ai servizi a valore aggiunto e di
immagazzinaggio, oltre che sfruttare e unire i
propri know how per gestire la logistica in modo
autonomo;
68
Intervista rilasciata a Milano Finanza nello speciale Italia-Golfo
55
− Bypassare intermediari di distribuzione imposti
dalla GDO e logiche di trasporto “fai da te”
− Aggredire il mercato promuovendo percorsi di
outsourcing logistico favorendo nuovi modelli
che passino dal franco fabbrica al franco destino69
− Strutturare un centro logistico emiratino, fornito
di servizi a valore aggiunto (catena del freddo,
etichettatura e confezionamento), di una flotta di
trasporto per la distribuzione interna e utile per il
re-export nei paesi dell’estremo oriente come
Cina, Giappone, India.
In questo modo le opportunità di sviluppo non
sarebbero limitate alle sole aziende produttrici, ma anche
a tutti quegli operatori logistici che cercano o hanno già
avviato processi di internazionalizzazione nei paesi arabi
grazie ai quali è possibile accorciare ulteriormente il
canale distributivo rispetto a quelli già presenti nel
mercato degli Emirati Arabi. Passeremmo dunque da:
− Una struttura tradizionale composta da produttore
italiano → importatore degli emirati → grossisti e
69
L’incentivazione di outsourcing logistico è stato anche auspicato dal Piano
Nazionale della Logistica 2011/2020 del Ministero delle Infrastrutture e dei
trasporti
56
distributori degli emirati → rivenditori degli
Emirati
− Ad una struttura meno complessa composta da
produttore italiano → Principali rivenditori degli
Emirati → Altri rivenditori.70
Considerando inoltre che le principali produzioni
agroalimentari si trovano nel sud Italia, questo tipo di
organizzazione “spontanea” potrebbe rappresentare uno
sprone per continuare a ragionare sulle politiche di
sviluppo logistico delle aree del mezzogiorno e perché no
attirare nuovi investimenti e nuovi capitali direttamente
dalle terre arabe.
“Tradizione Italiana”, consorzio composto da
prestigiosi gruppi e aziende alimentari, con un fatturato
di 1,4 milioni di euro, potrebbe rappresentare un esempio
concreto di quanto scritto sopra. Strategicamente
posizionato presso il CIS di Nola (NA), al suo interno
compaiono marchi riconducibili al territorio campano ed
al sud Italia come le acque del gruppo Ferrarelle, il caffè
kimbo, olio Dante. A capo del consorzio vi è Antonio
Ferraioli, noto manager e amministratore delegato di
70
l’accorciamento di filiera risulta già presente secondo il sito
exportonline.org del gruppo promindustria
http://www.exportonline.org/info.php?idnews=1932
57
diverse realtà aziendali legate al settore alimentare, fermo
sostenitore della forma consortile come modello vincente
per l’export made in italy. “Tradizione Italiana” nasce da
un’idea di Banca Popolare di Sviluppo, con l’intento di
mettere assieme e creare sinergia tra tutte le realtà
meritevoli con cui lavorava o di cui deteneva delle
partecipazioni societarie; quello che ne è venuto fuori è
stato un consorzio variegato nella tipologia di offerta, in
cui nessuna azienda è diretta concorrente dell’altra, in cui
vigono delle regole ferree per garantire a tutti lo stesso ed
identico servizio. Il consorzio in questo momento guarda
principalmente ai paesi dell’area BRIC ma ha cominciato
a prendere in esame l’area GCC che rappresenta in
questo momento un mercato lungo e spezzettato in cui vi
sono ricche opportunità, ma presenta ancora tanta
disorganizzazione, soprattutto dal punto di vista
burocratico e legislativo, elemento che fa necessitare le
aziende di un partner introdotto nel tessuto governativo
di ogni stato; sicuramente va tenuto d’occhio e bisogna
cominciare a muovere i primi passi, sostiene Ferraioli e
“Tradizione Italiana” lo sta facendo partecipando alle
fiere dedicate al settore come per esempio il “Gulf Food”
di Dubai.
58
Sempre a Ferraioli è stata prospettata l’idea di un
“mega consorzio” che possa includere aziende
specializzate in logistica, interessate a loro volta
all’internazionalizzazione; una strategia adottabile per
tagliare ulteriormente i costi dedicati all’export ed alla
distribuzione. Nonostante il manager non creda che
questo modello sia utile per il suo consorzio, per via delle
regole ferree che si sono date, crede che per consorzi
nascenti possa essere un’idea percorribile, anche se
sostiene che il re-export possa creare problemi per il
made in italy e possa essere una pratica vincente per
un’azienda di grandi dimensioni capace di muoversi da
sola. D’altronde, aggiunge Ferraioli, l’impianto logistico
di “Tradizione Italiana” è ancora in fieri, ma in futuro si
prevede un hub personale capace di gestire l’export in
qualsiasi parte del mondo e di bypassare le regole
imposte dai canali della grande distribuzione organizzata.
2.2.1 Un caso di Made in Italy delocalizzato
Nel contesto produttivo alimentare italiano c’è anche
chi ha deciso di abbandonare del tutto il suolo italiano
per via dell’alta tassazione e dei costi eccessivi di energia
elettrica e mano d’opera, delocalizzando del tutto la
produzione in UAE. Esempio virtuoso di insediamento è
59
rappresentato dall’Italian Dairy Products, una fabbrica di
mozzarelle lanciata dall’imprenditore Pier Paolo
Rampino. Situata nella free trade zone di Shariah, 40 km
da Dubai, la fabbrica presenta il meglio della tecnologia
casearia italiana e viene alimentata dal latte delle vicine
stalle ad aria condizionata; il progetto, grazie alla
freschezza del prodotto (possibile solo grazie alla
produzione in loco) ha sin da subito guadagnato la
fiducia di ristoranti, pizzerie, grandi alberghi e da poco
delle due più grandi compagnie aree di bandiera come
Emirates e Ethiad. Anche la delocalizzazione produttiva,
considerando gli interessi dello stato arabo ad incentivare
le produzioni locali, potrebbe essere uno sbocco per le
imprese dello stivale, soprattutto nell’agroalimentare
settore in cui le terre arabe scarseggiano in innovazione
ed in tecnica.
In conclusione, lo sviluppo logistico dell’area GCC
rappresenta da una parte un’opportunità da tenere
sott’occhio, dall’altra una terra ancora carente di
manodopera specializzata e di uno stabile apparato
legislativo. Inoltre le circostanze favorevoli di un sistema
logistico eccellente e dei bassi costi di energia e
manodopera, sembrano non rappresentare un valore
60
aggiunto ai fini della delocalizzazione e dunque di una
razionalizzazione dei costi, in quanto per le PMI italiane
il vero valore aggiunto che le contraddistingue in tutto il
mondo è ancora il “made in italy”. Questo emerge anche
dal report “Dossier Emirati Arabi Uniti – L’impresa
verso i mercati internazionali”, redatto dal Ministero
dello Sviluppo Economico, in cui su dieci casi aziendali,
nessuna delle aziende esaminate presenta un polo
produttivo o di assemblaggio negli UAE, ma solamente
uffici commerciali.71
71
Le aziende prese in esame sono le seguenti: Alouk group spa, Artemide
spa, Balelli energy srl, Defranceschi spa Monfalcone, Faber spa, Gruppo
Iseo, Pedrollo spa, Pasta Zara spa, Gruppo interna spa, Doimo Contract
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/recuperi/Impresa_inter
nazionalizzazione/dossier_eau_emirati-arabi_2010.pdf
61
CAPITOLO III:
ANALISI DEL MERCATO TURISTICO.
DALLA LUNGIMIRANZA DI DUBAI AI
FLUSSI ITALIA - UAE
3.1 Cenni storici.
Nel 1966, Dubai scopre casualmente il petrolio ma a
differenza di Abu Dhabi, le cui riserve di petrolio sono
stimate essere sufficienti per altri 100 anni, le riserve di
Dubai dovrebbero durare ancora non più di un decennio.
Come secondo stato più grande degli Emirati Arabi Uniti
e, nel tentativo di trovare una via di uscita dalla propria
dipendenza dal petrolio, Dubai è emerso nel panorama
mondiale come un hub di servizi terziari come il
trasporto, i servizi finanziari e commerciali, media e il
turismo, aiutato non solo da una buona strategia di
sviluppo, ma anche, come già detto in precedenza, per la
sua posizione geografica strategica.
Nel 1990, il turismo è stato identificato come una
opzione di sviluppo economico sostenibile e lo sceicco
Mohammed Bin Rashid Al Maktoum impostò una
visione strategica per l'emirato: il turismo doveva fungere
da catalizzatore per gli investimenti diretti esteri e per un
più ampio sviluppo del business, oltre che creare una
vera e propria industria del turismo, promuovendo
62
l’emirato verso i viaggiatori d'affari dell’Europa
occidentale e dei paesi del Golfo limitrofi. Per avere
successo, questa strategia è stata sostenuta dalla
costruzione e dallo sviluppo di infrastrutture come la
compagnia aerea di bandiera Emirates Airlines e il Dubai
Commerce and Tourism Protection Board (DCTPB), poi
divenuto Department of Tourism and Commerce
Marketing (DTCM). Il ruolo iniziale della DCTPB
doveva essere quello di un’agenzia governativa incaricata
di promuovere attività di varie organizzazioni coinvolte
nel turismo - tra cui Emirates Airlines - e di gestire il
focus di sviluppo sui servizi di extra lusso che avrebbe
dovuto influenzare anche la costruzione di nuovi alberghi
di prima classe. Questa strategia iniziale di promuoversi
verso i viaggiatori d'affari fu di grande successo, e ha
portato ad una vera e propria svolta strategica.
L’obiettivo era "sviluppare un’industria del turismo
completamente nuova nella più ampia visione di fare di
Dubai un hub per il business e di servizi così come
definito dal piano di sviluppo trentennale72
. Il piano si
72
Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism
and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008)
63
articolava in tre fasi, ognuna con un suo preciso
obiettivo.
Prima Fase
1996 - 2000
Seconda Fase
2001 - 2010
Terza Fase
2011 - 2020
Investimenti guidati
Istituire un programma
politico per
incoraggiare gli
investimenti
Migliorare la
produttività e la
diversificazione
Investimenti guidati
Espansione della
produzione regionale
e della base di
mercato
Promuovere
investimenti selettivi
Ricerca di
professionalità
Innovazione guidata
Implementazione e
realizzazione di attività
a base tecnologica
Figura 9 – Piano sviluppo turistico Dubai
64
3.1.1 La prima fase di sviluppo
La prima fase, durata dal 1996 al 2000, ha avuto inizio
con la creazione del DTCM per “stabilire un’autorità
competente per la pianificazione, la supervisione e lo
sviluppo turistico nell’emirato”73
.; a differenza degli altri
paesi in via di sviluppo, Dubai ha preso coscienza della
mancanza interna di competenze e ha avuto la
lungimiranza di assumere consulenti esterni per impieghi
a lungo termine invece che coinvolgerli solamente per
brevi periodi e questo ci fa capire perché la classe
manageriale è costituita principalmente da non emiratini
e il perché di alcune scelte politiche più liberali rispetto
al resto del mondo arabo. Infatti, per favorire i flussi
turistici, l’emirato ha messo in atto politiche di libero
commercio, politiche di liberalizzazione di traffico aereo
che permettevano a qualsiasi compagnia aerea di
attraversare lo spazio aereo di Dubai e ha abolito il
divieto del consumo di alcolici e qualsiasi regola
attinente al modo di vestirsi, tenendo conto del fatto che
le restrizioni medio orientali, riguardanti il cibo e
l’abbigliamento, avrebbero potuto avere un impatto
negativo sul turismo e sullo sviluppo economico
internazionale. L’emirato e in particolare la famiglia
73
Ibidem
65
reale hanno investito in modo significativo in strutture e
attrazioni turistiche e nella prima fase sono stati
promotori della costruzione del primo hotel a sette stelle
Burj Al Arab, tuttora proprietà della famiglia reale e
facente parte di Jumeirah, la catena internazionale di
hotel, anch’essa di proprietà della famiglia. Gli analisti
finanziari dubitavano che questo progetto potesse mai
essere in grado di generare ricavi accettabili per gli
investitori; tuttavia dal punto di vista del turismo e delle
politiche pubbliche, può essere considerato un successo
sia perché l’albergo è ormai un’icona che identifica il
paesaggio di Dubai, sia perché ha aperto la strada per
altre catene internazionali nel campo dell’extra lusso.
Oltre alla partecipazione del governo, Dubai ha
riconosciuto che “uno dei fattori chiave per un’industria
del turismo di successo è la partnership tra investimenti
pubblici e privati”74
e per questo è stata incoraggiata la
collaborazione tra gli investitori locali ed internazionali
(sebbene la maggior parte provenissero dal medio
oriente) con l’obiettivo di dividere i costi di sviluppo di
progetti ed eventi promozionali75
. A prova del successo
74
Ibidem
75
Molti dei quali finalizzati alla destagionalizzazione, ossia di rendere il
territorio appetibile al turismo anche in periodo estivo in cui Dubai risulta
essere molto calda.
66
di queste iniziative, basta osservare come molti degli
eventi inizialmente creati e finanziati dal DTCM, sono
ormai interamente gestiti da fondi privati.
3.1.2 La seconda fase di sviluppo
La seconda fase dello sviluppo dell’emirato di Dubai
comprende il periodo dal 2001 al 2010 e aveva
l’obiettivo di portare le visite turistiche a 15 milioni entro
il 2010. Il DTCM si è concentrato principalmente su
attività di marketing e promozione turistica avvalendosi
del supporto di uffici esteri situati in 15 mercati chiave
internazionali; le mansioni del dipartimenti sono state
ampliate fino a comprendere la gestione delle licenze per
hotel, tour operator, guide turistiche e operatori di
trasporto. Gli obiettivi del DTCM in questa fase
comprendevano anche:
− favorire lo sviluppo del turismo sostenibile,
− incoraggiare la partnership pubblico/privato,
− gestire il quality management dell’industria del
turismo e migliorare le competenze e le
opportunità di lavoro.
Preso atto dell’importanza della cultura, in un paese
che vuole essere una meta turistica, il DTCM ha dato
inizio ad una politica di valorizzazione culturale che ha
67
portato allo sviluppo di vari eventi come per esempio le
cerimonie nunziali beduine, durante il Summer Surprise
Festival76
.
Le politiche per favorire il turismo, comprendevano la
liberalizzazione al possesso di carte di credito, terreni e la
semplificazione delle procedure visa dei turisti77
. Le
leggi di Dubai, non permettevano agli stranieri di
possedere delle terre e tali restrizioni sono state abbassate
in modo che investitori stranieri avessero la possibilità di
acquistare proprietà terriere in alcune aree di sviluppo
turistico. All’interno di queste aree, come nella Media e
nella Internet Cities, The Palms e Dubai Marina, la legge
permetteva la proprietà totale dei terreni agli stranieri
sebbene questa fosse concessa sotto forma di una
locazione della durata di 99 anni. Durante questo
periodo, l’ammontare degli alberghi è raddoppiato
assieme alla loro capacità ricettiva e la crescita maggiore
è stata realizzata nel settore dell’extra lusso (hotel a 4 e 5
stelle) che ha visto un tasso di crescita annuale medio del
16,5 % per gli alberghi 4 stelle e del 10,2% per quelli a 5
76
Il SSF è un festival istituito dal DTCM per incoraggiare il turismo nel
periodo estivo dedicato allo shopping delle famiglie ed al divertimento dei
bambini
77
Henderson Joan C., “Tourism in Dubai: Overcoming Barriers to
Destination Development.” International Journal of Tourism Research, 8
(2006)
68
stelle. La maggiore disponibilità di posti e la possibilità
di acquistare e consumare bevande alcoliche ha fatto si
che la maggior parte dei turisti (65%) alloggiasse in hotel
extra lusso e che Dubai diventasse un polo strategico per
le catene alberghiere più importanti del mondo.
Figura 10 - notti vendute per categoria d'albergo78
Oltre allo sviluppo degli alberghi è stato promosso lo
sviluppo di attrazioni ed infrastrutture, tra le quali le più
famose per la stravaganza del progetto, sono le Palms
Islands, tre isole artificiali costruite al largo del mare che
incrementeranno di 520 km le spiagge della città di
Dubai, ospitando nuovi alberghi, abitazioni residenziali,
appartamenti sulla spiaggia, lidi, parchi acquatici,
78
Fonte: Dubai Statics Center
40	
  
25	
  
16	
  
10	
  
9	
  
5	
  stelle	
  
4	
  stelle	
  
3	
  stelle	
  
2	
  stelle	
  
1	
  stella	
  
69
ristoranti, centri commerciali, impianti sportivi, centri
benessere e cinema. La creazione di Palma Jumeirah ha
avuto inizio nel giugno del 2001, mentre, poco dopo,
sono iniziati quelli di Palma Jebel Ali. I lavori di Palma
Deira, per la quale è prevista una superficie di 46.35 km²,
sono stati annunciati nell'ottobre del 2004: la sua
costruzione dovrebbe richiedere circa 10–15 anni,
pianificazione che però non tiene conto della stretta
creditizia che ha colpito Dubai. Altri lavori svolti con
fondi misti pubblico-privato, sono The World, un
arcipelago di 250 isole artificiali che rappresentano in
totale il planisfero e Ski Dubai, un impianto sciistico
coperto per favorire la destagionalizzazione turistica.
Inoltre, nella seconda fase, ha avuto avvio il progetto
Dubai Metro che prevedeva in un primo periodo
l’ammodernamento dell’aeroporto Dubai International e
in seguito l’avvio della costruzione del nuovo Dubai
World Central79
, progettato per esser il più grande
aeroporto del mondo80
. Essendo uno stato redditiere,
Dubai ha beneficiato “enormemente della continua
inclinazione degli sceicchi del petrolio ad investire
all’interno, invece che all’esterno, della regione” come i
79
Vedi cap. 1, paragrafo 1.2.3
80
Dal punto di vista dell’accessibilità Dubai possiede un porto interamente
dedicato alle navi da crociera simile a quello costruito a Singapore.
70
proventi derivanti dalla vendita del petrolio della regione,
sono stati destinati al programma di sviluppo delle
infrastrutture turistiche. Altra attrazione turistica avviata
in questa fase è il Dubailand district, la più grande opera
leisure costruita fino ad ora per rinforzare la posizione di
Dubai come un hub internazionale per il turismo delle
famiglie. La struttura cominciata nel 2003 e stoppata nel
2008 sempre a causa della crisi che ha colpito l’emirato,
vede comparire all’interno dei suoi ben 69 mila ettari di
terreno, strutture per l’intrattenimento culturale e per lo
sport (campi da golf, calcio, baseball etc.), un autodromo,
outlet dedicati allo shopping e diverse comunità
residenziali, riuscendo ad accogliere circa 200 mila
visitatori al giorno. Nonostante la battuta d’arresto
causata principalmente dalla crisi economica globale e
dalla recessione del 2008, Dubai è un esempio di
successo per lo sviluppo del turismo in medio oriente. I
fattori che hanno portato a questo successo, sono stati la
stabilità economica, le politiche di governo e
l’accessibilità geografica oltre che un periodo
relativamente lungo di ordine politico e di sviluppo
culturale:
“Dubai agisce come un entrepôt regionale e si
autopromuove come fulcro commerciale e
finanziario del Golfo, creando zone di libero
71
mercato e parchi industriali come uno degli ultimi
esempi è quello dedicato ad internet e media […]
Dubai è percepita come una società cosmopolita e
relativamente liberale a basso rischio di disordine
civile e un basso tasso di criminalità e dove gli
expats costituiscono circa l’80% di 1,2 milioni.
81
”
3.1.3 La terza fase di sviluppo
Nel momento in cui Dubai entra nella terza fase del
suo piano strategico per lo sviluppo del turismo, a conti
fatti, è chiaro che il suo successo è stato determinato
dalle sue ingenti risorse finanziarie e da quelle dei paesi
vicini, ma anche dalla sua capacità di gestire lo sviluppo
con strategie e pianificazioni derivanti da uno snello
potere decisionale (in UAE vige la monarchia assoluta)
che i Paesi democratici e basati sulle leggi del mercato
non sarebbero stati in grado di portare avanti.
Ciononostante, sussistono un certo numero di ambiti che
possono ancora essere migliorati.
Al momento al DTCM è stato assegnato il compito di
favorire le iniziative turistiche per mezzo di appositi
uffici di marketing, ma Il problema principale è la scarsa
autorità di cui il Dipartimento gode; il DTCM "non ha né
81
Henderson, Joan C., “Food Tourism Reviewed.” British Food Journal,
Vol. 111 Iss. 4 (2009)
72
l'autorità né i mezzi per gestire tale settore"82
. A Dubai,
tale potere è nelle mani del Dubai Executive Council, un
corpo governativo formato dai presidenti e
amministratori delegati di compagnie pubbliche, private e
quango83
; mentre è il governo centrale a possedere le
compagnie per lo sviluppo, i dipartimenti governativi si
occupano della pianificazione e della gestione del
turismo. Il DTCM non ha nemmeno né il riconoscimento
ufficiale né le possibilità tecniche per fungere da banca
dati e da fonte di diffusione di tali dati: il risultato è che i
dati relativi al turismo vengono diffusi principalmente dal
Dubai Statistic Centre e dalla Dubai Chamber of
Commerce, creando uno scompenso nella raccolta degli
stessi e ritardi di molti anni per la pubblicazione.84
Nessuna iniziativa per lo sviluppo turistico può essere
promossa previa approvazione di un' apposita legge e,
sebbene lo Sceicco stesso sia a capo del DTCM, il
Dipartimento è spesso escluso dalle decisioni in merito
alla pianificazione strategica dello sviluppo generale del
turismo, che spesso vengono discusse a porte chiuse
82
Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism
and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008)
83
I quango sono organizzazioni semi-statali (da quasi-governme) alle quali
il governo devolve i poteri in una data materia.
84
Ad oggi molte statistiche pubblicate sono ferme al 2006, mentre quelle
turistiche al 2011
73
nell'ambito del Dubai Executive Council. Il DTCM ha
visto il suo ruolo ridursi, e adesso si limita ad
incoraggiare gli investimenti e promuovere i prodotti
risultanti, piuttosto che avere un ruolo attivo nel dare
forma allo sviluppo e agli investimenti nei progetti
turistici. Sharpley ci fornisce un esempio di come le
proposte di investimento per lo sviluppo degli hotel deve
essere approvato dallo Sceicco, e una volta ottenuta
l'approvazione il progetto effettivo (design, scala, natura)
è lasciato nelle mani delle compagnie private, senza
alcun controllo centrale. Nel 2005, l'imprecisione, per
non dire la totale mancanza, di una supervisione generale
ha generato una carenza di posti letto, che a sua volta ha
causato un aumento dei prezzi del 35%. È chiaro che tali
discordanze esistono ancora, se consideriamo i dati
relativi al periodo 2002/2011, che vedono il tasso di
aumento degli arrivi turistici del 7.5%, accompagnato da
un tasso di crescita delle camere d’albergo del 10%.
Ci sono inoltre delle preoccupazioni riguardo
all’ammontare del capitale che il governo sta stanziando
per un’ industria dall’ andamento imprevedibile e spesso
ciclico, e riguardo al fatto che il turismo, generando una
spinta alla costruzione senza precedenti, possa
comportare il rischio di una nuova bolla dell’
74
immobiliare. Inoltre, bisogna considerare l’impatto
ambientale di tali operazioni in una zona che presenta un
innata scarsita' di risorse naturali.
Mentre Dubai ha già fatto molti passi avanti per
rendersi più appetibile agli investitori stranieri, potrebbe
migliorare le leggi in materia di proprietà terriera in vista
di sviluppi futuri. Al momento, la legge permette ai non
cittadini di possedere terreni e immobili solo a
condizione che almeno il 51% della proprietà sia in mano
a imprese o organizzazioni locali, cosa che invece non
accade nelle zone franche in quanto non sono soggette a
tali restrizioni dato che i commerci internazionali
operano sotto una campana di vetro legale e legislativa,
plasmata su misura per gli interessi specifici di capitali
esteri85
. Ne risulta che tutti gli impianti alberghieri sono
ancora nelle mani di proprietari locali, sebbene siano
generalmente gestite da grandi catene internazionali.
Inoltre, Dubai si è conquistata una fama in qualità di
meta turistica costosa, e non giova di un alto tasso di
turisti repeaters, circostanza che come mostrato dal
grafico in figura 9, limita il mercato a doversi ancora
85
Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism
and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008)
75
affidare a brevi permanenze e ai turisti di passaggio, con
una media di 3.2 pernottamenti a visitatore.
Figura 9 – Durata media del soggiorno per nazionalità – Fonte: Dubai
Statistic Center
La maggior parte delle attrazioni che il luogo offre
sono rivolte a un pubblico che presenta uno stile di vita
smaccatamente consumistico e questo si rispecchia nel
materiale di marketing nei quali Dubai si posiziona come
la patria delle marche di lusso. Per esempio, la media del
consumo privato giornaliero a Dubai di 26.80 $, in netto
contrasto con il 3.80$ del resto del mondo Arabo. I turisti
spendono più di 700 milioni di dollari all’anno al Dubai
Duty Free, superati solo da Heathrow Incheon. I festival
76
dello shopping organizzati nell’emirato e le celebrazioni
del ramadan hanno fatto si che quasi i due terzi delle
vendite annuali di oro e gioielli sono concentrate in
queste occasioni specifiche. I visitatori si recano a Dubai
più per lo shopping che per il tempo libero e lo svago.
Sebbene questo comporti dei benefici per l’emirato, la
focalizzazione sul lusso e sul consumismo potrebbero
causare l’allontanamento dei turisti con disponibilità
economica più modesta, i cui consumi sono degni di
uguale considerazione.86
Confrontata con destinazioni competitive come i
Caraibi, il Mediterraneo e il Sudest asiatico, Dubai
presenta un ventaglio meno ampio di attrattive culturali e
naturali e, molte delle strutture esistenti e in programma,
come centri commerciali e parchi tematici, presentano un
certo grado di sterilità e omogeneità che potrebbe
annoiare i turisti non appena svanisce la novità.
Gli Emirati Arabi ed in particolare l’emirato di Dubai,
hanno intravisto nel turismo una delle principali fonti
terziarie per diversificare l’economia dello stato dalla
vendita di prodotti petroliferi. Di conseguenza hanno da
sempre investito molto sul turismo che oggi rappresenta
86
Balankrishnan, Melodena Stephens, “Dubai – a Star in the East: A Case
Study in Strategic Destination Branding.” Journal of Place Management and
Development, Vol. 1 No.1 (2008)
77
il 6,5% del PIL nazionale e contribuisce in maniera
diretta all’occupazione di 166.000 posti di lavoro (4,6%
dell'occupazione totale), posizionandosi, secondo il
World Travel & Tourism Council (WTTC) al nono posto
nel rank mondiale delle destinazioni turistiche.
Ironia della sorte, mentre il turismo in Medio Oriente
negli ultimi due anni è stato influenzato negativamente
dalla primavera araba, gli UAE hanno avuto un impatto
positivo in quanto i turisti e le attività commerciali degli
altri paesi della regione sono stati dirottati proprio negli
Emirati.
UAE: Arrivi 2011 dal paese di origine UAE: Arrivi per propositi
di visita
Fonte: Euromonitor 2012
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il
principale motivo di vacanza in UAE è legato al settore
leisure che raccoglie il 76% degli ingressi, lasciando il
restante 24% al settore business; parliamo dunque di
78
un’offerta turistica basata non solo sullo sviluppo del
comparto MICE e di tutto ciò che riguarda gli eventi
aziendali, ma anche e soprattutto di un sistema che ha
fatto dell’economia della bellezza, del lusso e del
divertimento, uno dei principali traini per lo sviluppo del
turismo. Alberghi di lusso, piste da sci al chiuso in pieno
deserto, grandi centri commerciali, un porto dedicato solo
a navi da crociera87
e aeroporti in cui è possibile trovare
qualsiasi tipo di confort sono solo alcuni degli elementi
che sorreggono la destagionalizzazione dei flussi e
spingono giovani e famiglie a trascorrere le proprie
vacanze negli UAE. Inoltre, essendo Dubai un emirato
più liberale che ha eliminato dress code e divieti legati
alla religione mussulmana proprio per incentivare
l’incoming dai paesi occidentali, non è un caso che nel
2012 abbia accolto 1.500.000 turisti sauditi, che scelgono
di passare anche solo un week end per vivere in maniera
più rilassata e leggera, diventando la popolazione che più
visita l’emirato.
Quest’ultima fase del piano di sviluppo, si concluderà
nel 2020, data strategica per via dei numerosi obiettivi
che l’emirato di Dubai si sta ponendo, tra cui uno dei più
importanti, è l’aggiudicazione del Expo 2020 per il quale
87
Port Rashid di Dubai
79
tutto l’emirato sta lavorando alacremente sia a livello
manageriale che di marketing.88
3.2 I Flussi Italia – UAE
Ad un incremento degli scambi commerciali, sembra
inevitabile un incremento del turismo tra i due stati. Di
fatti, secondo l’ ENIT, il principale motivo per cui
italiani ed emiratini viaggiano da un paese all’altro è
proprio quello legato al business e dal 2005 al 2012 il
numero dei visti rilasciati dall’ambasciata italiana sono
cresciuti da 5.613 a 8.926, mentre le presenze di italiani
nei soli alberghi di Dubai si attestano a 105.523 nell’anno
2011; si presume dunque che il numero totale di Italiani
che viaggiano in tutta l’area GCC sia molto cospicuo.
La popolazione emiratina conta 5,1 milioni di abitanti
con un età media di 30 anni e formano una domanda
turistica caratterizzata da una clientela di lusso, con un
livello culturale medio alto ed una sempre crescente
propensione a viaggiare. Secondo i dati dei due principali
aeroporti di Dubai e Abu Dhabi, tra le top destination
preferite da emiratini o residenti in uno degli emirati,
88
La grafica con la scritta “Support Dubai Expo 2020” campeggia in ogni
dove a Dubai e in tutti gli EAU. Non solo nei luoghi fisici di incoming e
uffici pubblici, ma anche nelle mail e dei siti internet delle aziende.
80
compaiono in ordine di preferenza Londra (meta europea
preferita da tutti i target di turisti), Bangkok, Doha (uno
degli scali più utilizzati dalle compagnie aeree
emiratine), Manila (considerata l’alta presenza di
cittadini filippini nel paese) e Il Cairo (sede dei quartieri
generali di molte aziende e compagnie con filiali negli
Emirati). Solo queste cinque destinazioni rappresentano il
20% del totale traffico passeggeri. Altre destinazioni di
grande interesse da parte della clientela turistica locale
sono il Sud Africa (+42% del traffico), il Nord Africa
(+24%) e l’estremo Oriente (+14%) .
I risultati ottenuti dall’Italia come meta del turismo
emiratino sono principalmente da ricercarsi nel settore
economico-commerciale. Ne è conferma il fatto che, se
effettivamente vi è stato un aumento di passeggeri
emiratini verso il nostro paese, si tratta comunque di un
turismo focalizzato sul business. Le principali
destinazioni del nostro paese continuano ad essere quelle
più industrializzate ed economicamente sviluppate, dove
risiede l’enclave degli affari oltre allo shopping di lusso.
Vengono prediletti i grandi centri urbani, con hotel a 5
stelle, un alto livello nell’efficienza dei servizi oltre ad un
uso comune della lingua inglese che facilita il loro
ambientamento. Altre mete di grande attrazione sono le
81
strutture alberghiere di lusso su campi da golf, piuttosto
che zone termali con SPA modernamente attrezzate per
la cura della bellezza. L’Italia non è riuscita ancora ad
offrire tutto il suo patrimonio culturale a questo tipo di
clientela turistica. Questo va a vantaggio di altri
competitors, principalmente Inghilterra, Germania e
Svizzera. Gli emiratini sono legati agli inglesi da un
rapporto forte che si traduce soprattutto in un alto numero
di investimenti a Londra, meta prediletta dal turista degli
Emirati. Germania e Svizzera sono preferite per la qualità
e gli standard delle cure mediche, delle cliniche private e
delle spa. Riguardo il territorio extra europeo è divenuta
privilegiata la Thailandia. Oltre a ciò, bisogna anche
sottolineare che la scarsa propensione emiratina nei
riguardi di città d’arte o della riscoperta del territorio
risulta svantaggiosa per una nazione come l’Italia che fa
di questi aspetti i punti forti della propria propaganda
turistica. Secondo l’ENIT, Le principali regioni visitate
dai turisti emiratini sono il Lazio, la Toscana, il Veneto,
la Lombardia e l’Umbria. Roma, Firenze e Venezia oltre
alla loro bellezza e ricchezza dal punto di vista culturale
riescono a soddisfare anche altre esigenze considerata la
loro prossimità a località di mare.
82
La composizione demografica molto variegata del
Paese (gli emiratini sono appena circa il 20% della
popolazione residente che proviene invece da oltre 200
Paesi) ci impone di fare una distinzione non solo per
tipologia ma anche per nazionalità, o meglio, tra
emiratini e expats. Gli emiratini spendono circa 6,6
miliardi di dollari l'anno in viaggi vacanza internazionali,
divisi tra 4,0 miliardi in viaggi di piacere e di 2,6 miliardi
di dollari in viaggi per visitare amici e parenti89
; la loro
capacità di spesa è molto alta e si traduce in un numero
elevato di notti spese all’estero (sempre oltre le 7-10
contro le 3-4 del turista europeo)90
. Inoltre, gli emiratini
viaggiano (leisure) con la loro numerosa famiglia al
seguito (oltre alla servitù); non è raro che, nel caso
soggiornino in una struttura alberghiera, prenotino interi
piani per loro, garantendosi quindi comfort e soprattutto
privacy. È importante sottolineare che gli emiratini sono
solitamente dei turisti repeater, perciò una volta trovata
una destinazione di alto gradimento, difficilmente la
cambiano.
89
Gulf News, May 12, 2010 “UAE residents spend $6.6b a year on overseas
holiday trips”
90
Fonte: Rapporto Congiunto Ambasciata/Consolati/ENIT 2013
83
La popolazione residente di expats, invece, è giovane
e anch’essa molto variegata. L’expat risiede nel Paese per
motivi legati alla sua professione. Esiste una fascia “alta”
di expats, solitamente occidentali, che ha una forte
propensione al viaggio: viaggia molto per lavoro (verso
l’Europa o gli Stati Uniti, che spesso ospitano la sede
centrale dell’azienda per cui lavora, ma anche verso gli
altri Paesi del Golfo o della Regione mediorientale in
generale), viaggia almeno una volta l’anno per fare
ritorno nel suo Paese d’origine, e viaggia almeno una
volta l’anno per piacere.
Analizzando i due principali target singles e famiglie con
figli, secondo i dati rilasciati dall’ ENIT è possibile
22	
  
25	
  
30	
  
5	
  
18	
  
Giovani	
  e	
  studenti	
  
(età	
  15-­‐35	
  anni)	
  
Famiglie	
  con	
  Vigli	
  
Singles	
  
Seniors	
  
Figura 10. Composizione target. Fonte: Enit.
84
standardizzare la loro profilazione come nelle seguenti
tabelle:
Figura 11 - Target 1: Singles (expats occidentali e non)
85
Figura 12 – Target 2: Famiglie con figli
86
Passando ad analizzare il settore della domanda
organizzata, essendo gli E.A.U. un Paese molto piccolo
dove il turismo locale costituisce una grande risorsa, la
maggior parte degli operatori turistici del Paese nascono
in realtà come DMC (Destination Management
Companies) ossia compagnie che offrono servizi per il
turismo incoming. Molti di questi operatori hanno
sviluppato dipartimenti dedicati all’outbound ma operano
perlopiù come agenzie di viaggio o ticketing agencies,
acquistando pacchetti da altri T.O. internazionali.
Tuttavia, tra i 121 operatori autorizzati presenti nel paese
(comprese le agenzie di viaggio e le ticketing agencies),
81 di questi trattano la destinazione Italia e più
specificatamente 53 T.O. a Dubai, 26 T.O. ad Abu Dhabi
e 2 T.O. a Sharjah. Gli unici due tour operators con
capitale 100% emiratino sono Ethiad Holidays ed
Emirates Holidays entrambe di proprietà delle due
principali compagnie aeree (Emirates Airlines ed Ethiad
Airlines) le quali garantiscono 14 voli settimanali su
Roma Fiumicino, 19 voli settimanali da Milano e 5 voli
settimanali da Venezia; si aggiungono alle due
compagnie emiratine l’ Alitalia e Qatar Airways che oltre
alle tre città già servite dalle altre compagnie, stanno
pensando di collegare direttamente anche Firenze.
87
Sostanzialmente, per i viaggiatori emiratini la percezione
del brand turistico dell’Italia è abbastanza positiva,
nonostante ciò le mete più conosciute sono Roma,
Milano, Venezia, Firenze e la Sardegna ( e forse non è un
caso che proprio in questi territori si concentrano i
principali investimenti provenienti dai paesi dall’area
GCC ); non viene invece percepita l’ “Italia minore”
mentre le mete di montagna soffrono la concorrenza della
Svizzera e dell’Austria. Questo fenomeno probabilmente
è dovuto alla scarsa accessibilità di queste zone
accompagnata da un deficit linguistico e dall’assenza di
strutture extra lusso.
In conclusione, anche il settore turistico potrebbe
trarre giovamento dall’immensa espansione dei paesi
arabi, ma bisogna sicuramente lavorare ancora molto sia
sulle strategie di marketing che sul miglioramento delle
infrastrutture di trasporto e ricettive, oltre che
sull’accoglienza extra lusso che non può essere limitata
dalla mancanza di competenze linguistiche. Il made in
italy potrebbe rappresentare anche in questo settore un
traino importante per attirare il turista emiratino e si
dovrebbe puntare sulla promozione della gastronomia
italiana, diversificata da Regione a Regione ed
apprezzata in tutto il mondo oltre che sull’artigianato
88
locale, vini tipici, prodotti dolciari e prodotti caseari.
Un’idea potrebbe essere quella di creare un brand di
promozione turistica che si muove di pari passo alle
esportazioni dei prodotti tipici e che potrebbe essere
applicato su tutte le confezioni degli alimenti che partono
per l’estero.
Come visto, se le mete di montagna soffrono la forte
concorrenza degli stati del nord Europa, potrebbe
significare che l’Italia è vista come un paese da visitare
esclusivamente nei mesi caldi e questo rappresenta un
limite alla destagionalizzazione dei prodotti turistici. A
tal proposito potrebbe essere opportuno potenziare
l’indotto dei grandi eventi, soprattutto quelli a sfondo
sportivo come la Formula 1, il Moto GP, partite di calcio,
le internazionali di tennis e rugby, etc, creando dei
pacchetti che includano anche altre esperienze all’interno
del nostro Paese.
Stessa strategia potrebbe essere attuata per tutti quei
turisti emiratini che arrivano in Italia solo per affari,
creando assieme alle compagnie aeree più utilizzate o
alle agenzie MICE dei pacchetti che possano agevolare la
visita verso “l’Italia minore” e la diffusione della
conoscenza della cultura italiana.
TRASPORTI E LOGISTICA NELL'ECONOMIA DEL GOLFO PERSICO
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  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II POLO DELLE SCIENZE UMANE E SOCIALI FACOLTÀ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA INTERFACOLTÀ IN SCIENZE DEL TURISMO AD INDIRIZZO MANAGERIALE in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia TESI DI LAUREA IN TRASPORTI TRASPORTI E LOGISTICA NELL’ECONOMIA DEL GOLFO PERSICO (CCG AREA) Lo sviluppo dell’area e le opportunità per le imprese italiane Relatore: Candidato: Ch.mo Prof. Ennio Forte Gianfranco Pastore Mat: 693/000250 ANNO ACCADEMICO 2012/2013
  • 2. 2
  • 3. 3 INDICE INTRODUZIONE 4 1 Globalizzazione e impatto sull’economia degli stati CCG 1.1 Inquadramento geopolitico 8 1.2 CCG: Lo sviluppo delle reti di trasporto e la logistica 15 1.2.1 Introduzione 15 1.2.2 Lo sviluppo ferroviario 17 1.2.3 Lo sviluppo aeroportuale 25 1.2.4 Lo sviluppo portuale 34 2 UAE: performance logistiche e opportunità per il Made in Italy 2.1 Il quadro logistico 40 2.1.1 Emirates – Italia: sviluppo ed esportazione 42 2.2 Opportunità per il Made in Italy 48 2.2.1 Un caso di Made in Italy delocalizzato 58 3 Turismo: dalla lungimiranza di Dubai ai flussi Italia-UAE 3.1 Cenni storici 61 3.1.1 La prima fase di sviluppo 64 3.1.2 La seconda fase di sviluppo 66 3.1.3 La terza fase di sviluppo 71 3.2 I flussi Italia - UAE 79 Bibliografia 90 Sitografia 92
  • 4. 4 INTRODUZIONE Mentre le economie Occidentali e Orientali giocano a braccio di ferro per conquistare i mercati mondiali, al centro di un medio oriente che tenta ancora di trovare un assestamento politico e sociale, un gruppo di sei stati riunitisi in Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain e Oman) sfrutta la fortuna di “galleggiare” sul petrolio per costruire una propria identità nello scacchiere mondiale. Cosa faremmo se domani in Italia scoprissimo di avere somme di denaro pari a riprogettare da zero tutto il sistema di infrastrutture e della logistica? Probabilmente, alla luce di quanto stiamo vivendo, adotteremmo le stesse scelte di sviluppo dei paesi medio orientali; ma cosa dovremmo fare dato che – a quanto pare – questi soldi non li abbiamo? Questo studio, non ha la presunzione di rappresentare innovazione nei sistemi economici, ma di osservare quanto lo sviluppo delle infrastrutture e della logistica del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), possa rappresentare un’opportunità per il nostro Paese ed in particolare per le nostre PMI e per i prodotti Made in Italy, proprio come i CCG stanno sfruttando il momento
  • 5. 5 favorevole dei BRIC1 . Quelli che verranno, saranno anni decisivi per la costruzione di un futuro sostenibile basato su un mercato che proprio di questi tempi si sta assestando su nuove metodologie e su nuovi piani di sviluppo che guardano principalmente all’individuazione di nuove fonti energetiche, in vista dell’esaurirsi delle scorte di energie non rinnovabili. Paesi come quelli del golfo persico, rinomati per le ingenti quantità di petrolio presenti nel sottosuolo, hanno fino ad oggi basato le loro economie sulla vendita del greggio e dei suoi derivati sviluppandosi come ben sappiamo in pochissimi anni, fino a divenire una delle mete più ambite per le industrie internazionali. Lo giovane sviluppo di questi stati, inoltre, guarda già al futuro e alla diversificazione dell’economia rispetto alla vendita di prodotti petroliferi e per questo si sono previsti ingenti investimenti per la realizzazione di nuove reti di trasporto e di potenziamento dei sistemi logistici: dalla realizzazione di nuove reti ferroviarie in Arabia Saudita (che dovrebbero costituire la base di un ulteriore prolungamento in grado di portare le merci provenienti o dirette verso il CCG dal Kuwait fino alla Turchia attraverso l’Iraq, e dalla Turchia 1 BRIC è la sigla di Brasile, Russia, India, Cina; economie in ascesa nel
  • 6. 6 alle porte dell’Europa2 all’inaugurazione del nuovo porto di Abu Dhabi (UAE) che trasporta gli Emirati Arabi in una “nuova era” contribuendo considerevolmente alla diversificazione dell'economia degli Emirati Arabi Uniti finalizzata all'indipendenza dal petrolio, oltre a destare la consapevolezza globale su Kizad, la nuova estesa area industriale adiacente al porto. Come questi Stati stanno crescendo e cambiando lo vedremo nel primo capitolo, focalizzando l’obiettivo di analisi principalmente sulle reti infrastrutturali di trasporto che – come vedremo in seguito – rappresentano modelli di innovazione sia in termini tecnologici che architettonici, dato che grazie agli immensi spazi di cui dispongono è stato possibile progettare una rete di trasporto futuristica, avveniristica grazie alla collaborazione delle migliori aziende e professionisti di tutto il mondo tra le quali non sono mancate presenze italiane. Pianificare e costruire infrastrutture di trasporto ex novo significa migliorare l’accessibilità del territorio e di conseguenza aumentare le possibilità di crescita grazie all’ottimizzazione dei flussi di persone e di beni, aspetto fondamentale sia dal punto di vista delle economie legate 2 Dossier ISPI 2013
  • 7. 7 al commercio che da quello legato alla mero sostentamento di intere nazioni. Gli stati del CCG di fatti nascono in pieno deserto e questo pregiudica, per esempio la produzione di beni alimentari e, se consideriamo che gli UAE importano il 90% di alimenti, possiamo renderci conto che il food & beverage è uno dei settori che più utilizza l’organizzazione logistica e le nuove infrastrutture. Di qui la riflessione nata nel secondo capitolo, in cui dopo aver analizzato il mercato delle importazioni italiane negli Emirati Arabi Uniti, si indaga su come le nostre piccole e medie imprese (soprattutto quelle legate a produzioni agroalimentari) possano sfidare l’attuale crisi italiana sfruttando l’esigenza degli emirati di importare alimenti, l’organizzazione logistica ed un’attenzione crescente verso il made in Italy. Non delocalizzare, dunque, ma esportare, aggregandosi e superando il limite tutto italiano di non saper fare sistema. Il terzo capitolo, invece, è interamente dedicato a Dubai emirato che prima di tutti ha avuto la visione di uno sviluppo orientato al futuro ed alla sostenibilità, sfruttando le risorse petrolifere per edificare il territorio arido che lo ospita e sviluppare in trent’anni un nuovo modello di città oggi simbolo del business, del lusso e
  • 8. 8 della stravaganza. Come scopriremo esaminando le tre fasi del piano di sviluppo, tutto parte dal turismo e dalla capacità, sin dai primi tempi in cui è stata scoperta la presenza del petrolio, di attirare nel paese business man e viaggiatori d’affari di tutto il mondo, adeguando le ferree regole della religione mussulmana alle culture occidentali, dando vita ad un sistema virtuoso che è stato in grado fino ad ora - salvo un piccolo periodo di crisi - di auto alimentarsi. Più Dubai costruisce infrastrutture extralusso e stravaganti, più aumenta il suo appeal verso un target con un alta capacità di spesa e propenso a trasferire o a creare nuovi business nell’emirato. Vedremo, così, come una popolazione (quella degli Emirati Arabi uniti) con il settimo reddito pro capite più alto del mondo ( 48.000 dollari)3 potrebbe inserire tra le proprie scelte turistiche l’Italia ad oggi non ancora in grado di accogliere e soddisfare le alte esigenze del turista emiratino a causa di un’offerta turistica che non ha ancora ben studiato il target preso in considerazione. 3 Fonte: Central intelligence Agency - https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/ae.html
  • 9. 9 CAPITOLO I GLOBALIZZAZIONE E IMPATTO SULL’ECONOMIA DEL GOLFO PERSICO 1.1 Inquadramento geopolitico Il processo mondiale di globalizzazione ha inciso profondamente anche sui Paesi del Golfo Persico influenzandone non solo l’economia, ma anche gli aspetti sociali e culturali, aspetti che quotidianamente contribuiscono a mutare, anche se impercettibilmente, lo scenario economico e politico. La guerra in Iraq, la “Primavera Araba”, le rivolte iraniane e quelle siriane, il petrolio, una crescita eccentrica e veloce, sono solo alcuni degli elementi che hanno contraddistinto la zona del Golfo nello scenario internazionale degli ultimi dieci anni. Sei Paesi spiccano come ‘eccellenze’ dell’area: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Oman, Kuwait e Bahrain; insieme essi costituiscono il Consiglio di Cooperazione del Golfo, comunemente individuato con l’acronimo CCG. Tale organizzazione nasce nel 1981, a seguito di forti pressioni operate soprattutto da USA e Arabia Saudita, con lo scopo di rafforzare ed istituzionalizzare la cooperazione politica ed economica tra i Paesi più ricchi
  • 10. 10 dell’area, mirando a stabilire un dialogo e un’azione sinergica per quanto riguarda le decisioni in merito a settori di interesse comune (principalmente: commercio, investimenti, industria e agricoltura); tale collaborazione è infatti fondamentale per far fronte alla vulnerabilità intrinseca alle economie fondate esclusivamente sulle risorse naturali. Nel panorama vastissimo (e variegato) del mondo arabo, i Paesi membri del CCG rappresentano un sottoinsieme omogeneo che negli ultimi cinquant’anni da una parte ha goduto di tassi di crescita strepitosi, imputabili principalmente alle abbondanti risorse energetiche, e dall’altra ha visto il permanere di società conservatrici e tradizionaliste.5 Proprio questo aspetto ha portato gli Stati membri del CCG a guardare co sempre maggiore attenzione alla propria immagine all’estero, in particolare dopo gli attentati dell’11 settembre, che hanno reso tesi, quando non critici, i rapporti tra Occidente e Mondo Arabo. Non è un caso che il CCG si ispiri in modo sempre più evidente all’Unione Europea, ponendosi obiettivi molto ambiziosi tra i quali il mercato unico e la moneta 5 Relazione Ministero degli Esteri - CCG e Prospettive politiche dell’area di riferimento – http://www.esteri.it
  • 11. 11 unica,6 piano che avrebbe dovuto vedere l’attuazione nel 2010 e che è stato procrastinato a data da destinarsi a causa di una defezione dell’Oman, della crisi che ha colpito l’emirato di Dubai e del parere contrario espresso dagli Emirati Arabi Uniti sull’istituzione dell’eventuale sede di una banca centrale comune nella capitale saudita Riyad. A completare lo scacchiere geopolitico figurano due Stati che negli ultimi anni sono stati al centro delle cronache di guerra e della politica internazionale: da una parte l’Iraq, ormai sotto il controllo postbellico degli Stati Uniti d’America e dall’altra l’Iran oramai da trent’anni in contrasto con le politiche filo occidentali adottate dai restanti stati. Come sostiene Paolo Magri, direttore dell’ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale, “nell’ultimo decennio la regione del Golfo ha conosciuto importanti trasformazioni geopolitiche che ne hanno modificato gli equilibri e allo stesso tempo hanno innescato in essi nuove dinamiche. È nel Golfo che si concentrano, e da qui poi si irradiano su scala regionale e internazionale, alcuni tra i più critici e delicati dossier della politica internazionale: dalla lunga, difficile e per diversi aspetti incompiuta ricostruzione dell’Iraq, in cui tensioni etnico-settarie si sono sovrapposte ai tentativi di evitare lo smembramento territoriale del Paese, ai contrasti tra Occidente e Iran sul 6 Ibidem
  • 12. 12 programma nucleare di Teheran, alle crisi in Bahrein e Yemen scoppiate sulla scia della Primavera araba. Ma l’importanza del Golfo nello scacchiere internazionale continua a essere strettamente collegata anche agli ingenti flussi energetici (petrolio e gas) che alimentano l’economia mondiale e che hanno attratto verso la regione gli appetiti energetici delle economie emergenti, in primis Cina e India.”7 Mettendo da parte per il momento l’Iran, player atipico nello scenario politico ed economico della zona, e l’Iraq, è bene concentrarsi sul ruolo strategico che ricoprono a livello globale i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo che, con la diversificazione dell’economia volta a comprendere anche prodotti non petroliferi e con grandi investimenti sulle infrastrutture, stanno attirando l’attenzione di investimenti pubblici e privati nei settori che determineranno la futura economia del CCG e che la rivista economica “The Economist”, in uno studio svolto per lo stato qatarino, ha individuto in: fabbriche ad alta intensità energetica (quali l’industria petrolchimica, della plastica e dell’alluminio); Industrie minerarie; turismo e trasporti aereo; commercio e logistica. Ad oggi, i prodotti derivati dal petrolio influiscono ancora per il 49% sul PIL complessivo dell’area, ma è 7 Cit: Paolo Magri - editoriale Quaderni di Relazioni Internazionali n. 16 Maggio 2012
  • 13. 13 proprio grazie ai proventi derivanti dalla vendita di idrocarburi che i Paesi dell’intera zona possono dare il via a grossi investimenti che vadano a supportare la diversificazione dell’economia e la crescita (sempre più necessaria) delle infrastrutture logistiche e di trasporto che invece hanno un’influenza del solo 5% sul PIL dell’area CCG.8 Figura 1 - PIL per settori economici (2011) - Fonte Qatar National statistical authorities – 2012 Inoltre la crescente rilevanza occupata dai mercati emergenti, quelli identificati oggi come BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), offre ai paesi del Golfo Persico un 8 Qatar National Bank – GCC Economic insight 2012 100   1   1   5   5   7   9   10   12   49   0%   20%   40%   60%   80%   100%   Pil  Total   Utilities   Agricoltura   Logistica   Costruzioni   Commercio  e  hospitality   manifatturiero   Servizi  Finanziari   Servizi  Governativi   Petrolio  e  gas  
  • 14. 14 nuovo ventaglio di opportunità. La prima considerazione da fare è di ordine geografico: la penisola araba gode di una posizione favorevole e centrale rispetto a tutti i continenti, ponendosi come una terra di transito tra l’estremo oriente e l’estremo occidente. Le rotte marittime sono condensate in fasce di acque navigabili che connettono i porti su scala locale, regionale e globale e sono vincolate da particolari punti di passaggio obbligatori dovuti a barriere fisiche e geomorfologica ed a confini politici.9 Ne deriva che, al di là degli scambi commerciali e dei benefici da essi comportati, i centri logistici di cui il CCG è dotato (e di cui gli Emirati Arabi Uniti rappresentano il punto di snodo), diventano veri e propri centri strategici per i traffici intercontinentali. 9 Lucio Siviero – Economia dei trasporti intermodali e innovazione logistica – Franco Angeli 2010
  • 15. 15 1.2 CCG: Lo sviluppo delle reti di trasporto e la logistica 1.2.1 Introduzione Prima di affrontare il tema e di arrivare ad avere un quadro chiaro del sistema infrastrutturale logistico e di trasporto della zona presa in analisi, è bene sottolineare che la logistica economica si occupa delle attività e delle decisioni attinenti ai flussi fisici e informativi che partono dall'acquisizione di materie prime e componenti, e si concludono con la distribuzione del prodotto finito e con l’eventuale riciclo dello stesso. In particolare, quando si parla di logistica economica “si fa riferimento a un contesto composto da A) infrastrutture specialistiche e B) un territorio pianificato e con un mercato regolamentato, capace di attirare imprese in cerca di opportunità di insediamento con un elevata redditività”10 . A tale proposito si deve specificare che i Paesi dell’area CCG, come già affermato nel precedente paragrafo, non impongono dazi doganali elevati e si sono dotati di free trade zones nelle quali transitano merci provenienti da qualsiasi Paese che non fa parte del CCG e che vengono rispedite in altrettanti Paesi extra CCG. 10 E. FORTE ( http://www.logisticaeconomica.unina.it)
  • 16. 16 I vantaggi di queste zone sono molteplici, ne ricordiamo solo alcuni: costi di stoccaggio competitivi e vantaggiosi, aspetti fiscali interessanti (fatturazioni non soggette ad imposte), nessun limite di tempo nello stoccaggio delle merci; un processo che conduce i tessuti imprenditoriali dei Paesi industrializzati a delocalizzare la produzione e ricollocare i processi di produzione. Tuttavia queste politiche, se prese singolarmente, sono sufficienti ad attirare solamente un determinato tipo di aziende che lavorano con la fornitura di servizi immateriali; occorre dunque focalizzare l’attenzione sull’importanza che una regione deve porre nel rendere quanto più completa la sua rete logistica, dotandosi delle diverse modalità di trasporto e di tutte quelle infrastrutture (come piattaforme logistiche e distripark ) in grado di generare un valore competitivo territoriale, di dare nuovi impulsi all’economia manifatturiera locale e di diventare polo attrattivo in quella che il WTO chiama Global Value Chain, ovvero la ormai diffusa pratica delle aziende di delocalizzare in diverse Nazioni i processi di produzione partendo dal design, passando per la costruzione dei componenti, fino ad arrivare all’assemblaggio ed alla distribuzione.
  • 17. 17 L’offerta di infrastrutture, di servizi intermodali e di logistica, rappresenta uno strumento strategico per vincolare i traffici alle regioni, e i player devono tendere sempre più a diventare “integratori di sistemi” al fine di offrire al cliente un servizio integrato ad elevato valore aggiunto, che comprenda il maggior numero di fasi possibili della catena produttiva-logistico-distributiva.11 1.2.2 Lo sviluppo ferroviario Il commercio è sempre stata una delle aree di forza dei paesi CCG. Ben prima della scoperta del petrolio, il Golfo è stato un hub per il commercio internazionale tra il Medio Oriente e l'Asia e molte delle principali città moderne erano originariamente sviluppate come città porto. Oggi, il settore della logistica dei paesi CCG è stimato complessivamente in un valore di circa 35 miliardi di dollari, di cui i principali investitori (che ricoprono l’85% della spesa) sono Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Oman12 . Data la storia e la tradizione locale, i porti sono ancora oggi le infrastrutture di trasporto più sviluppate: i 11 Lucio Siviero – Economia dei trasporti intermodali e innovazione logistica – Franco Angeli 2010 12 Frost & Sullivan - GIL 2012: Middle East – The global community of growth, innovation and leadership – 19 Feb 2012 – Madinat Jumeirah, Dubai, U.A.E.
  • 18. 18 Paesi del CCG ne contano trentacinque, alcuni dei quali sono correntemente sottoposti a processi di ampliamento per far fronte alla domanda crescente e all’emergere di India e Cina (fattore, quest’ultimo, che ha presentato ai Paesi del CCG interessanti opportunità di diventare hub statregici per il commercio non soltanto tra Asia ed Europa, ma anche per l’Africa Centrosettentrionale, inclusa la Comunità degli Stati Indipendenti, Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan.13 ) Affermare oggi che il Golfo Persico sia una zona dotata d’infrastrutture intermodali sviluppate non sarebbe propriamente esatto, ma è certo che gli Stati membri stanno mettendo in atto grossi sforzi economici per progettare le nuove reti. Obiettivo principale della Commissione dei ministri dei trasporti e delle comunicazioni è quello di coordinare le politiche degli Stati membri per favorire lo sviluppo di tutte le modalità di trasporto.14 A tale proposito bisogna sottolineare che uno dei motivi di rallentamento degli scambi commerciali internazionali è proprio la mancanza del trasporto ferroviario (in grado di spostare grandi volumi di carico 13 Ibidem 14 The cooperation council for the Arab States of the Gulf – Secretariat general – The GCC process & achievement – fourth edition 2009
  • 19. 19 in modo sicuro ed economico), che costringe l’industria dei trasporti ad affidarsi principalmente alle reti stradali per la movimentazione delle merci; per questo nel 2003 il CCG ha preso la decisione di affidare ad ogni Stato un piano di sviluppo di reti ferroviarie interne.15 Un esempio pratico di questo disagio è il porto di Jeddah il quale, nonostante uno sviluppo che lo vede crescere di circa il 24% ogni anno16 e nonostante esso costituisca la rotta di passaggio per tutti i carichi che attraversano Suez e il Mediterraneo, vede sottrarsi traffico dal conterraneo porto di Dammam, altra infrastruttura saudita situata nel Golfo Persico. Spesso i consegnatari preferiscono Dammam per la sua vicinanza con la capitale Riyadh (distante 460 km contro i 1.000 km di Jeddah), ma soprattutto per la presenza di una ferrovia che collega Dammam con la capitale. La mancanza di una rete ferroviaria tra Jeddah e Riyadh comporta dunque un ulteriore rallentamento delle procedure di trasbordo dal momento che tutti i container movimentati per strada devono essere svuotati, controllati e riempiti nuovamente dalla dogana portuale al fine di verificare che non siano trasportati pubblicazioni 15 Frost & Sullivan 2011 16 Dati Saudi ports authority (SEAPA) 2011
  • 20. 20 sovversive e alcolici. Il collegamento ferroviario permetterebbe di sdoganare direttamente al Porto Interno di Riyadh, riducendo tanto i costi quanto i giorni di stazionamento delle navi nei porti.17 Secondo Frost e Sullivan18 , lo sviluppo del trasporto ferroviario rappresenta il primo di cinque megatrend che travolgeranno l’industria logistica dell’area CCG a partire dal 2013. Difatti, le principali materie prime della regione (prodotti chimici, petrolchimici, minerali, minerari, metalli e materiali di base come la pietra e il cemento) richiedono spostamenti di grandi masse di materiali per le quali il trasporto ferroviario rappresenterebbe il metodo ottimale, rivelandosi così un obiettivo fondamentale da raggiungere. Entro il 2030, secondo il Centro di Intelligence e Ricerca Zawya, i sei stati CCG completeranno lavori ferroviari dal valore complessivo di circa 149 miliardi di dollari, i quali comprenderanno: sistemi di ferrovia urbana, metropolitana, tram ed un progetto ferroviario che collegherà Muscat (Oman) a Kuwait City, passando per le principali città degli Emirati Arabi Uniti, Arabia 17 Giovanni Grasso – equilibri.net – 08 nov 2006 18 GIL 2012: Middle East – The global community of growth, innovation and leadership – 19 Feb 2012 – Madinat Jumeirah, Dubai, U.A.E.
  • 21. 21 Saudita e Qatar, prevedendo, forse, un mega ponte sul mare per includere lo stato del Baharein. Secondo Arash Aghdam, manager in forza alla Parsons Brinckerhoff, la spinta iniziale per tutti i progetti ferroviari in Medio Oriente deriva dalla necessità di diversificare l’economia attraverso lo scambio di merci. In seconda battuta, l’obiettivo è quello di creare collegamenti più veloci per lo spostamento di persone, in un territorio che vedrà espandere la propria popolazione a 49 milioni di persone entro il 2016. Il valore attuale stimato dei progetti ferroviari in CCG è vede in testa l'Arabia Saudita, che sta sostenendo una spesa di 40 miliardi di dollari per progetti che coprono più di 4.000 km di lunghezza. Il Qatar segue con 25 miliardi di dollari, quindi gli Emirati Arabi Uniti che annunciano una spesa di 11 miliardi di dollari. Seguono Oman con 10 miliardi di dollari, il Kuwait con 7 miliardi di dollari ed il più piccolo Bahrain che prevede una spesa di 1 miliardo di dollari.
  • 22. 22 Figura 2 - Valore del progetto CCG Railways – fonte Zawya research Le motivazioni che spingono i diversi Paesi a investire nel trasporto ferroviario sono differenti. In Oman, si progetta in favore dello sviluppo turistico, mentre gli Emirati Arabi Uniti sono focalizzati sull’incremento di trasporto di beni e di passeggeri. L'attenzione dell’Arabia Saudita è incentrata sul trasporto di minerali e passeggeri; il Qatar è concentrato sulla Coppa del mondo di calcio che ospiterà nel 2022, mentre la metropolitana del Kuwait e il National Railway alleggeriranno il traffico cittadino e aumenteranno la connettività verso l’Arabia Saudita e l’Iraq. Il Bahrein investirà invece nel sistema LRT per alleviare i problemi di trasporto nella 42,63   17,97   41,8   12,1   17   10   8   CCG  Railways   KSA   Qatar   UAE   Kuwait   Oman   Bahrain  
  • 23. 23 città.19 Ciò vuol dire che il CCG sta costruendo il futuro di un mercato che oggi non esiste e che rappresenta una sostanziosa opportunità di lavoro per tutte le aziende specializzate nella costruzione di infrastrutture ferroviarie e di materiale rotabile. I progetti vedono attualmente impegnate eccellenze italiane come il consorzio Saipem – Maire Tecnimont, al quale è stata affidata la costruzione della prima tratta ferroviaria nazionale degli Emirati Arabi Uniti, una linea lunga di 266 Km (sezione di Shah- Habshan-Ruwais) nell’Emirato di Abu Dhabi volta a spostare merci tra i giacimenti di zolfo e le aree di estrazione di gas e petrolio. Troviamo inoltre Italferr (in Oman) e Ansaldo (in Arabia Saudita). 19 Zawya.com Figura 3 - Linea ferroviara CCG
  • 24. 24 Figura 4 - Principali progetti ferroviari in essere o pianificati nell'area CCG - Fonte Zawya.com
  • 25. 25 1.2.3 Lo sviluppo aeroportuale I Paesi del CCG possiedono un vantaggio competitivo non trascurabile, ovvero quello di essere equidistanti dai principali Paesi commerciali dell'Asia e dell'Europa, all’interno di un bacino di utenza che conta circa 4.65 miliardi di persone che attualmente risiedono all'interno di un raggio di volo di 8 ore dai principali aeroporti del Golfo. Questo vantaggio geografico consente a molte città di essere punto nevralgico della zona CCG inserito in un sistema Hub & Spoke in grado di creare percorsi multipli “virtuali” anche tra città che non sono collegate con voli diretti. Il concetto di Hub & Spoke centrato sugli aeroporti dei Paesi CCG è considerato una valida strategia competitiva a lungo termine, motivo per cui si è deciso di intervenire in forma massiccia sulle infrastrutture esistenti, con ingenti investimenti, appoggiati anche dai brand riconosciuti ormai a livello internazionale come Fly Emirates per Dubai, Etihad per Abu Dhabi e Qatar Airways per il Qatar.20 Ad oggi gli aeroporti della regione CCG sono 37, di cui 30 si trovano tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che costituiscono gli hub principali del territorio 20 IIS Research Paper Hub and Spoke Strategy in the GCC – infrastrucutrestudies.com
  • 26. 26 nonché i maggiori investitori di fondi dedicati alle strutture aeroprotuali. Arabia Saudita: La General Authority for Civil Aviation (Gaca) ha da tempo avviato un piano di rilancio delle infrastrutture aeroportuali saudite, che prevede, oltre all'ampliamento degli scali esistenti, anche la costruzione di nuovi aeroporti per un valore stimato di oltre 10 miliardi di dollari entro il 2030. Inoltre, nel quadro della progressiva privatizzazione degli aeroporti del Paese, l'Autorità ha recentemente annunciato la costituzione di una holding - alle cui consociate verrà affidata la proprietà degli scali sauditi - nonché l'emissione di bond per il finanziamento dei progetti di sviluppo degli aeroporti di Riad e Gedda. L'obiettivo é quello di rendere più competitivo il settore del trasporto aereo, facendo dell'Arabia Saudita un hub di primo piano per il trasporto di passeggeri.21 Il piano di sviluppo, cominciato nel 2012 si articola in tre fasi che prevedono la revisione e la costruzione di due terminal per passeggeri, la costruzione di un terminal di aviazione generale, un impianto di desalinizzazione e di 21 ministero affari esteri direzione generale per la promozione del sistema paese
  • 27. 27 altre strutture commercali che saranno terminate nel 2035. I nuovi lavori inoltre comprenderanno 42 gate, hangar aerei, una nuova torre di controllo, il potenziamento della linea ferroviaria, le strutture di manutenzione ed una metropolitana leggera. Il progetto di ampliamento punta ad aumentarne la capacità ricettiva annua dagli attuali 13 milioni di passeggeri a 30 milioni in una prima fase fino ad arrivare, entro il 2035, ad 80 milioni. A differenza del resto del CCG, l’obiettivo primario dell’ Arabia Saudita è quello di soddisfare la domanda di turismo religioso sui pellegrinaggi Hajj e Umrah e lo Stato ha deciso di puntare sulla città di Jeddah che funge da gateway per le città sante di Mecca e Medina, le quali ospitano circa 2,5 milioni di visitatori durante il periodo Hajj (pellegrinaggio maggiore del popolo mussulmano) e fino a sette milioni durante il pellegrinaggio Umrah che si estende per tutto l’anno. 22 Emirati Arabi Uniti: Ad oggi, gli EAU investono strategicamente nel mercato dell’aviazione civile per sostenere la crescita, 22 Aviation in the Gcc states. Industries trends and growth scenario – Nadd Alshiba Pr & events in association with Dubai Airport Show organization
  • 28. 28 emulando il modello di alcuni loro partner commerciali quali Cina, Singapore e Corea del Sud. Tale politica si inserisce nel più ampio progetto di diversificazione economica varato dagli Emirati per uscire da un sistema economico basato sulla esportazione del greggio. In particolare, il governo ha annunciato un piano di investimenti di 136 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni con l’obiettivo di divenire l’hub aeroportuale piú grande del mondo. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta per cinque compagnie emiratine e piani di ampliamento per gli aeroporti presenti in ciascuno dei sette emirati. Sul territorio degli EAU sono presenti 16 aeroporti commerciali, di cui 7 internazionali. I più rilevanti dal punto di vista commerciale sono quelli situati presso le due maggiori città del Paese. Questi sono: l’Abu Dhabi International Airport; il Dubai International Airport; e l’Al Maktoum International Airport. Gli altri aeroporti internazionali sono: Al Ain International Airport; Fujairah International Airport; Ras Al Khaimah International Airport; Sharjah International Airport.23 23 Aviation in the Gcc states. Industries trends and growth scenario – Nadd Alshiba Pr & events in association with Dubai Airport Show organization
  • 29. 29 Focalizzandosi sui lavori di ampliamento, vediamo che la costruzione del Midfield Terminal Complex (MTC) e l’intera espansione dell’Abu Dhabi International Airport sono di vitale importanza per conseguire il processo di diversificazione dell’economia emiratina stimolando la crescita di altri settori industriali attraverso una crescente connessione. Nei prossimi anni si prevede che 20 milioni di persone all’anno transiteranno dall’aeroporto tra arrivi, partenze e transiti verso altre destinazioni sia nazionali che internazionali. Il governo dell’emirato di Abu Dhabi pianifica di venire incontro alla crescente domanda di voli per attuare una strategia capace di catalizzare business e turismo. Il MTC fornirà all’aeroporto un full terminal building sia passeggeri che cargo e comprenderà negozi e ristoranti duty free dalla capacità di 30-40 milioni di persone Figura 5 - principali aeroporti in UAE
  • 30. 30 l’anno. L’edificio sarà il più grande presente negli EAU e comprenderà 25 mila metri quadri di negozi e outlets, un parco coperto e vista sul deserto. È inoltre previsto uno spazio di 800 mila metri quadri destinato al posteggio di 20 velivoli cargo. ADAC e la joint venture formata dalla turca TAV Construction, la Consolidated Contractors Company con sede in Grecia e la emiratina Arabtec hanno firmato un contrato da 2,94 miliardi di dollari a giugno 2012 per la costruzione del Midfield Terminal building (MTB) che sarà operativo a partire dal 2017. I servizi ai passeggeri ed il duty free occuperanno un’area commerciale pari a 18 km quadrati nel quale saranno presenti i più prestigiosi marchi di beni di lusso e designer outlet. Circa 10 km quadrati saranno riservati a ristoranti e caffè internazionali. Infine, 27 km quadrati ospiteranno sale lounge per i passeggeri, un hotel, ed un museo sul patrimonio culturale. Le piste potranno contenere fino a 65 aeromobili ed i banchi check-in serviranno 8,500 passeggeri all’ora. Il governo di Dubai, invece punta su un investimento di circa 7,8 miliardi di dollari per lo sviluppo del progetto di espansione del Dubai International Airport. Secondo quanto pianificato, l’aeroporto, al termine dei lavori, dovrebbe raggiungere il terzo posto al mondo per volume
  • 31. 31 passeggeri e capacità cargo. La Dubai Airports, societá gestore degli aeroporti di Dubai, sostiene che entro il 2020 l’83% delle sue entrate proverrà da fonti commerciali (dettaglio duty free, beni di lusso, cibi e bevande), anziché dalle tasse aeroportuali che negli EAU non sono previste. Il contributo del settore dell’aviazione al PIL di Dubai salirà al 32% e sarà in buona parte destinato a finanziare la seconda fase del progetto Dubai World Central24 . Tale progetto, di cui è già stata completata la fase 1, prevede la costruzione di un nuovo aeroporto, l’Al Maktoum International Airport, su una superficie di 140 km quadrati con collegamenti veloci alla free zone del porto di Jebel Alí (sesto al mondo per area container e più estesa free zone del Medio Oriente ed Africa settentrionale). L’enorme progetto prevede la realizzazione di sei piste passeggeri (comprendenti due atri di lusso), 16 terminal cargo, speciali centri executive ed un centro logistico. Nel complesso è anche prevista la costruzione di un’area residenziale, alberghi, 24 Dubai world central-Al Maktoum International Airport vuole diventare il primo aeroporto al mondo per numero di presenze e di rotte, muovendo entro la metà del 2020 100 milioni di passeggeri l’anno e 12 milioni di tonnellate di merci. Il progetto infrastrutturale che si trova a Jebel Alì, giocherà un ruolo centrale nella Dubai World Central 2025, area commerciale, business, e residenziale che sarà due volte più grande dell’isola di Hong Kong. I lavori per la costruzione dell’aeroporto saranno completati tra il 2025 e il 2030,
  • 32. 32 supermercati, aree espositive e commerciali con ampi parcheggi sotterranei e collegamenti veloci con l’International Airport di Dubai. Stando alle previsioni, entro il 2020 il progetto sarà in grado di gestire un traffico di 100 milioni di passeggeri l’anno ed un volume di 12 milioni di tonnellate cargo, che renderà lo scalo emiratino il più grande al mondo in assoluto. Tim Clark, presidente della Emirates Airlines ha fatto sapere nello scorso Settembre 2013 che il Pil di Dubai conta per il 28%, ovvero 22 miliardi di dollari, sul trasporto aereo, attorno a cui ruotano 250 mila posti di lavoro. Altri lavori. Tra i tanti lavori aeroportuali in corso è giusto menzionare quanto sta accadendo anche negli altri stati. Per esempio il Kuwait ha avviato il “Kuwait International Airport Expansion Plan” , progetto del valore di 6 miliardi dollari grazie al quale sarà possibile aumentare la capacità dei passeggeri, dagli attuali 8,5 milioni a 50 entro il 2048, costruendo un nuovo terminal internazionale e uno dedicato alle compagnie low cost, potenziando le piste esistenti e costruendone una terza, facendo nascere una vera e propria cittadella dedicata
  • 33. 33 all’industria ed al commercio, chiamata “Kuwait Cargo City”. L’Oman, spende 78 miliardi di dollari e guarda all’integrazione delle strutture aeroportuali con strade, ferrovia e mare; protagonisti sono gli aeroporti di Mascate e Salalah, soggetti ad un processo di ampliamento, mentre nelle città di Sohar, Duqm, Ras Al Hadd e Adam sorgeranno 4 nuovi aeroporti. L'aeroporto di Sohar dovrebbe alleggerire il peso che attualmente grava sulla capitale Mascate e favorire pertanto le attività commerciali, avvalendosi della prossimità del porto di Sohar, della la zona economica esclusiva e della realizzazione della strada e della ferrovia nella regione della Batinah, nel nord del paese. Analogamente, lo sviluppo dell' aeroporto di Duqm va messo in relazione con lo sviluppo del porto, a fini industriali e commerciali, ma anche turistici. L'aeroporto di Ras al Hadd, vicino alla città di Sur, avrebbe finalità prevalentemente turistiche mentre quello di Adam sarebbe destinato a usi militari. Il Qatar, invece, si prepara ad ospitare i mondiali di calcio del 2022, in vista dei quali, ma anche a causa di un forte sviluppo della compagnia di bandiera Qatar Airways, investe 15 miliardi di dollari per la costruzione del nuovo aeroporto Hamad International Airport, grazie al quale
  • 34. 34 sarà possibile gestire annualmente 50 milioni di passeggeri, 320.000 voli e 2 milioni di tonnellate di merci, per una capacità totale sei volte superiore a quella dell'attuale aeroporto internazionale, estendendosi su una superficie complessiva di circa 22 chilometri quadrati (in gran parte, 60 per cento, terra di riporto). 25 1.2.4 Lo sviluppo portuale Con un investimento annunciato di 36 miliardi di dollari, anche i porti rientrano tra le strutture soggette ad un potenziamento con la finalità di aumentare il commercio con paesi esteri, basato sull’economia “non oil”; la tematica è storicamente al centro di tensioni geopolitiche per il controllo del Golfo Persico: da un lato l’Arabia Saudita e l’Iran che si contendono lo stretto di Hormuz (strategico per il passaggio delle navi) dall’altro lato l’emergente Iraq post bellica che torna a fare i conti con un Kuwait sempre più forte economicamente e unico intralcio all’accesso diretto al mare. L’Iraq ha un accesso limitato al Golfo Persico, con circa 58 km di costa e solo due canali profondi abbastanza per il transito di navi di grandi dimensioni: il Khor Abdullah e lo Shatt al-Arab. In confronto, il Kuwait ha quasi 500 chilometri di costa e 25 Dati ministero affari esteri e ACI Airport Council International
  • 35. 35 nove isole. Iraq e Kuwait si dividono il Khor Abdullah allo stesso modo, con il confine tracciato a metà, ma la parte navigabile del canale è più vicino al lato del Kuwait. Così, il Kuwait controlla efficacemente uno degli unici due accessi marittimi all’Iraq meridionale. Chiudendo la breve digressione geopolitica e tornando agli investimenti previsti ed in atto sui porti, notiamo che l'Arabia Saudita sta alimentando lo sviluppo delle infrastrutture portuali con oltre 750 milioni di euro stanziati per il porto Re Abdul Aziz di Dammam, che prevede il lancio di un secondo terminal container hi-tech nel 2015 con una capacità di 1,8 milioni di teu all'anno. Il progetto “Jazan Economic City”26 includerà anche piani di infrastrutture portuali, mentre il porto nord- occidentale di Dhiba otterrà un nuovo terminal container da 46,4 milioni di dollari. Due terminal aggiuntivi, del valore di 38,4 milioni dollari, saranno costruiti al King Fahd Industrial Port a Jubail, mentre Jeddah Islamic Port prevede un aumento medio del 10,9 per cento fino al 2016. Il nuovo progetto di mega-porto del Qatar, invece, costerà 7,1 miliardi di dollari e sorgerà nei pressi della trafficata zona industriale di Messaeid con la previsione 26 http://www.jazan-economic-city.com/
  • 36. 36 di aprire nel 2016 e di raggiungere la capictà di sei milioni di TEU all’anno entro il 2028. Negli Emirati Arabi Uniti, il porto Jebel Ali vedrà il suo terminal ampliarsi a 19 milioni di TEU all’anno, mentre il Khalifa Port Terminal di Abu Dhabi, potrà godere dell'aggiunta di ulteriori 15 milioni di TEU l'anno dopo il suo completamento nel 2030.27 Secondo l’autorità federale delle dogane degli Emirati Arabi Uniti, nei primi otto mesi del 2012 le esportazioni estere legate al commercio non petrolifero, sono salite raggiungendo quasi 184.6 miliardi di dollari, in crescita di 19 miliardi dollari rispetto allo stesso periodo del 2011; crescono anche le importazioni non petrolifere che con 85,1 milioni di tonnellate di merci fatte entrare nel Paese da gennaio ad agosto 2012, fanno registrare un più 11%, con un incremento di 11,8 miliardi dollari.28 In un’intervista alla Saudi Gazzette, il presidente di Seatrade29 Chris Hayman afferma: “Gli UAE e gli stati vicini stanno sempre più diventando una potenza commerciale coesa sia per quanto riguarda il trasporto marittimo che per quello aereo, fornendo un collegamento vitale tra l’estremo oriente e l’Australasia, Europa e Nord America; con 27 Saudi gazzette 28 Dati: Holland Gulf Chamber of Commerce 29 www.seatrade-middleeast.com - Seatrade è un’ organizzazione mondiale di eventi sul tema del commercio via mare
  • 37. 37 un investimento di 36 miliardi di dollari sulle principali strutture portuali del Golfo, il potenziale futuro della crescita del commercio è illimitata. Con la costruzione della linea ferroviaria che percorrerà tutti gli stati CCG, inoltre, il cammino per costruire una connettività intermodale terra-aria-mare è in atto e sarà trampolino di lancio per uno scambio interregionale e per lo sviluppo di futuri terminal di nuova generazione.” Intanto l’associazione dei più grandi armatori di tutto il mondo BIMCO all’interno dell’evento “Seatrade Middle East” tenutosi a Dubai nel 2012 fa sapere che l’eccesso di offerta di navi, continuerà a portare verso il basso le tariffe di spedizione e questo potrebbe rappresentare un ulteriore impulso per tutte quelle aziende che in maniera opportunistica vogliono allargare gli orizzonti grazie a tassi di mercato che oscillano in loro favore. In conclusione, nell'ambito dei vasti piani di ampliamento avviati, l’intero sviluppo del settore logistico dei paesi del Golfo Persico, è di certo una grande opportunità per tutte quelle aziende italiane che guardano ai paesi emergenti per espandere i propri confini di business. Le occasioni sono tante e non solo per società di costruzione o di logistica, ma come vedremo in seguito, anche per chi si occupa di food &
  • 38. 38 beverage, innovazione logistica, turismo, comunicazione ed organizzazione di eventi. Probabilmente, salvo un ulteriore studio approfondito sull’argomento, segmenti che le compagnie italiane potrebbero esplorare sono quelli del Ro-Ro e Ro-Pax, settori che ad oggi sembrano ancora non avere un’esplosione economica e che potrebbero offrire servizi di collegamento lungo la costa del golfo persico e dai paesi del CCG verso gli stati vicini quali Iran, India e Pakistan. Tuttavia, occorrerebbe esplorare e approfondire regolamenti e leggi che gravitano attorno a questo mercato nei precisi stati. Figura 6 - Principali porti nell'area CCG30 30 Partendo da sinistra i principali porti sono i seguenti: Jeddah Islamic Port (KSA), AL Duqm Port & Drydock (Oman), As Sultan Qaboos Port (Oman), Fujairah port (UAE), Dubai Jebel Ali (UAE), Abu Dahbi Khalifa Port (UAE), Doha Port (Qatar), Khalifa Bin Salman Port (Bahrain), Dammam King Abdulazziz port (KSA), Shuwaik port (Kuwait)
  • 39. 39 Figura 7 - distanze in miglia nautiche tra i principali porti CCG
  • 40. 40 CAPITOLO II: EMIRATI ARABI UNITI LEADER DI MERCATO NEL SETTORE TRASPORTI TRA I PAESI DEL CCG 2.1 Il quadro logistico Con una posizione privilegiata sulla mappa globale, non c'è dubbio che gli Emirati Arabi Uniti hanno capitalizzato con successo il loro potenziale come hub di livello mondiale della logistica, con miliardi di dollari investiti per accelerare lo sviluppo di impianti di stoccaggio e di infrastrutture di trasporto. Tuttavia, poiché il potenziale logistico di paesi vicini come l'Arabia Saudita, Oman e Bahrain continua a fiorire, gli Emirati Arabi Uniti dovranno cercare di mantenere la loro posizione redditizia cercando di non perdere il loro primato di leader nella zona dei paesi del Golfo Persico, anche se, secondo una recente analisi condotta da Frost & Sullivan, i vantaggi da first mover, acquisiti da Dubai, Sharjah e Abu Dhabi sarebbero difficili da replicare nel breve termine. Infatti, i ricavi di mercato della logistica degli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto nel 2012 uno
  • 41. 41 stimato di 9 miliardi di dollari58 anticipando la previsione fatta dalla camera di commercio dubaina che pronosticava il raggiungimento della cifra solo nel 2014. Un impressionante salto dalla cifra del 2010 che ammontava a 7,03 miliardi dollari ed un avvicinamento al traguardo di 16 miliardi di dollari previsto per il 2020. Il maggior contributo agli introiti della logistica proviene dalla forte domanda nel settore alimentare, delle bevande, di petrolio e di gas e di ingegneria elettronica che contribuiscono al 63,1%. Srinath Manda, transport e program manager della logistica di Frost & Sullivan spiega: "Essendo situato in prossimità delle economie ad alta crescita di India e Cina, gli Emirati Arabi Uniti importano circa il 60% dei prodotti di questi paesi, per lo più in transito attraverso i confini di Dubai. Così, il paese ha un vantaggio unico rispetto ai suoi vicini del Medio Oriente ed è stata in grado di affermarsi come centro per il commercio trans- continentale." Non è, quindi, una sorpresa che nella lista globale “Doing Business” della Banca Mondiale, gli Emirati Arabi Uniti si posizionino al 5° posto nel commercio transfrontaliero considerando che il segmento logistico contribuisce al 2,5% del prodotto interno lordo. I 58 Dati Jebel Ali Free Zone (Jafza) – Novembre 2012
  • 42. 42 trasporti sono il secondo contributore con il 18,6 % tenendo conto che il trasporto su strada è quello più utilizzato, quello su ferro è ancora inesistente, mentre le modalità aeree e marittime acquisiscono sempre più importanza grazie agli ultimi investimenti fatti. Come ultimi due contributori economici del settore logistico troviamo il deposito e lo stoccaggio che cuba una quota di mercato del 14,2% e i servizi logistici a valore aggiunto (VALS), come l'imballaggio e l'etichettatura che contribuiscono per il 4,1%. Sul lato competitivo aziendale, player multinazionali, come DHL e Agility hanno una presenza molto forte, soprattutto nel segmento trasporto merci, mentre i player regionali e nazionali, come Aramex, GAC Logistics e Al- Futtaim Logistics hanno una posizione favorevole nel settore dei trasporti nazionali e nei segmenti di stoccaggio e deposito; questi ultimi diventano protagonisti nel momento in cui fornitori di servizi logistici stranieri hanno necessariamente bisogno di un partner locale per penetrare efficacemente il mercato della logistica nazionale. Sempre Srinath Manda spiega che grazie alla massiccia attività di commercio internazionale fatto transitare attraverso il paese, gli Emirati Arabi Uniti sono considerati una terra di
  • 43. 43 significativa opportunità per i fornitori di servizi logistici, in particolare quelli coinvolti nei servizi di trasporto merci e spedizioni; questo perché la maggior parte delle tipiche industrie manifatturiere svolgono all’interno del paese solamente attività commerciali necessitando dunque di attività logistiche come quelle summenzionate. Da queste parole, quindi, si deduce il perché la maggior parte degli introiti logistici del paese provengono dal trasporto di beni e che la capacità di spesa per la funzione logistica varierà da settore a settore a seconda dell’andamento del mercato e di quanto su quest’ultimo influiscono fattori estrogeni come la crisi mondiale che ha toccato molti stati del mondo e non ha risparmiato nemmeno gli EAU. Srinath Manda aggiunge che il costo dei servizi logistici, invece, varierà in base alla natura delle operazioni necessarie in ciascun settore ed alla complessità della sua supply chain. Industrie come quella food & beverage e come quella ingegneristica, per esempio, dovranno sopportare spese maggiori per le loro attività logistiche a causa della necessità di infrastrutture e di attrezzature specializzate. Al contrario, le industrie che producono beni di largo consumo, elettronica e automotive spenderanno meno per le loro attività di
  • 44. 44 logistica grazie alla minore complessità delle operazioni di trasporto. 2.1.1 Emirates – Italia: sviluppo ed esportazione Quanto emerso nelle precedenti pagine, può dare vita ad una riflessione su quelle che possono essere le opportunità per il mercato italiano di rafforzare le proprie economie sfruttando le leve positive dei paesi emiratini, concetto che trova sostegno anche nelle parole di Giovanni Favilli59 il quale sostiene che il clima economico più sano di Dubai e quello di crisi in Italia aprono opportunità al valore aggiunto che l'imprenditoria italiana può contribuire a questi mercati. In termini di logistica economica, dunque, gli EAU ed in particolare l’emirato di Dubai, sono riusciti a creare un terreno fertile in grado di offrire alle aziende di tutto il mondo efficienza logistica e vantaggi economico fiscali. Essendo territori ancora in costruzione e in via di sviluppo, come ha affermato Hans-Peter Stabenau60 , gli Emirati Arabi stanno riuscendo a dare vita ad un progetto da sogno costruendo piattaforme di logistica integrata (terra, aria, mare) che seguono perfettamente i piani di sviluppo; 59 Giovanni Favilli è il console generale italiano presso l’emirato di Dubai 60 Presidente della “German logistic Academy” di Brema
  • 45. 45 opportunità che abbiamo perso in Europa dato che non esistono più territori così estesi per costruire nuove piattaforme. Se è vero dunque, come sostiene il Prof. Ennio Forte61 che “il futuro dei territori a scala regionale dovrà quindi fondarsi su pianificazione, programmazione e progettualità infrastrutturale e di servizi, cioè reti sistemiche materiali ed immateriali per lo sviluppo sostenibile di territori geo-economicamente caratterizzati da fattori distintivi”, gli Emirati Arabi sono di sicuro un territorio proiettato al futuro che ha saputo costruire un habitat ideale di sostegno agli investimenti ed alla imprenditoria, in linea con gli standard internazionali e in grado di rafforzare la crescita economica e la sua posizione mondiale. A testimonianza di ciò ci sono le 36 free trade zone62 che promettono burocrazia al minimo, bassi fee d’ingresso, possibilità di intestarsi il 100% della società oltre che servizi logistici suddivisi per segmenti commerciali, territorio e attività di supporto63 ; tutti elementi a sostegno dell’ormai diffusa necessità delle aziende a de-territorializzare il proprio lavoro per assecondare le regole dettate dalla globalizzazione e 61 Ennio Forte è professore di Economia dei trasporti presso la facoltà di Economia della Federico II di Napoli 62 Per un elenco dettagliato consultare il sito www.uaefreezones.com 63 Di notevole importanza ai fini dello studio è la Dubai Logistic City prima vera piattaforma di logistica integrata al mondo - http://www.dwc.ae
  • 46. 46 garantire un flusso continuo di scambi internazionali a fronte di una ricerca di ottimizzazione di spese sempre più pesanti nel mondo occidentale ed in particolare nella nostra nazione. Di fatto gli EAU si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Nord Africa, mentre l'Italia si posiziona al settimo posto in assoluto tra i paesi fornitori e terzo tra i partners europei. A partire dal 2011 si è registrato un netto miglioramento nell’interscambio commerciale, con il raggiungimento dei 4,735 miliardi di Euro di nostre esportazioni, corrispondente ad un aumento del 28,5% rispetto al 2010, ed un totale di 861 milioni di Euro di importazioni, corrispondenti ad un incremento del 91%.64 Anche nel 2012 si è confermata una progressione crescente nelle relazioni commerciali bilaterali. Nel periodo infatti, le nostre esportazioni verso gli EAU hanno raggiunto la cifra record di 5,517 miliardi di Euro, con un incremento rispetto al 2011 del +16,7%, mentre le nostre importazioni, in lieve flessione rispetto all’anno precedente, si sono assestate sui 651 milioni di Euro, con un calo rispetto al 2011 del -24,3%. L’incremento delle nostre esportazioni nell'ultimo biennio ha dunque sfiorato 64 fonte ICE su dati Istat
  • 47. 47 complessivamente il 50%. La bilancia commerciale continua a mantenere un saldo nettamente favorevole all’Italia, per oltre 4,865 miliardi di Euro, mentre l’interscambio bilaterale complessivo, mai così elevato in passato, ha toccato i 6,169 miliradi di Euro (+9,4% rispetto al 2011). Il settore della gioielleria è stato quello con i maggiori indici di crescita (+44,69% rispetto al 2011), seguito da computer ed elettronica (+41,34%) e metalli e lavorati (+29,65%). In termini assoluti, il settore dei macchinari e strumentazioni ha registrato il piu' alto volume di export, con oltre 1,3 miliardi di euro (+3,73%). Il potenziale per le produzioni ed i servizi italiani sul mercato potrà nel medio termine beneficiare della presenza nel Paese di un elevato reddito pro-capite e di una ricchezza petrolifera che durerà almeno per i prossimi 100 anni. Giorgio Starace, ambasciatore italiano ad Abu Dhabi, afferma che escludendo l’ “Oil & Gas”, i tre settori in ordine di importanza su cui si concentreranno gli investimenti delle risorse pubbliche e che in prospettiva faranno anche crescere un mercato locale interessante per le aziende italiane sono:
  • 48. 48 − Il turismo, in particolare la costruzione di hotel e resort, − Sanitario, con la realizzazione di numerosi centri ospedalieri, − Grandi infrastrutture come ferrovie, aeroporti, trasporto su gomma (nelle quali sono molto attive aziende italiane come Saipem, Maire Tecnimont, Salini, Impregilo, Technit). 2.2 Opportunità per il “Made in Italy” Il mercato UAE, come si evince anche dall’analisi swot (figura 6) conserva molte opportunità e vantaggi per le imprese, considerando che oltre a poter usufruire di servizi e strutture logistiche avanzati tecnologicamente ed in forte sviluppo, per queste delocalizzare la produzione nei paesi arabi potrebbe significare risparmiare molte economie data la bassa tassazione ed il basso costo della mano d’opera.
  • 49. 49 Figura 8 - Analisi Swot
  • 50. 50 Volendo fare un esempio legato ad un brand internazionale, potremmo prendere come riferimento Canon, nota azienda giapponese produttrice di macchine fotografiche e accessori per le riprese video. Con l’apertura di un sito presso la Jebel Ali Free Trade Zone di Dubai, Canon ha avviato un processo di frammentazione internazionale della produzione (FIP) grazie al quale riesce a soddisfare la domanda di 45 paesi del medio oriente e dell’Africa, gestendo il 90% delle esportazioni dal magazzino emiratino. Richie Cuthbert, supply chain management director di Canon riferisce alla rivista Arabian Supply Chain, che la maggior parte dei prodotti trattati dal magazzino di Dubai arrivano dall’ estremo oriente, tranne alcuni piccoli accessori provenienti dall’Europa; questi vengono stipati in un magazzino con aria condizionata, impacchettati, etichettati e smistati nei vari paesi. Assumono quindi importanza i servizi logistici a valore aggiunto grazie ai quali si riesce ad assemblare circa 55,000 unità al mese. Stefania Brancaccio, presidente della ditta italiana Coelmo65 , una delle più importanti produttrici ed esportatrici di generatori elettrici, sostiene invece che per 65 La ditta Coelmo, è presente nel mercato arabo con un ufficio commerciale sito presso l’emirato di Dubai.
  • 51. 51 un azienda italiana la delocalizzazione non è conveniente. Le motivazione possono essere tante: − Molti prodotti italiani, con riferimento ai suoi, vengono venduti all’estero perché conservano al loro interno il valore intangibile del “Made in italy”, dunque assemblando le proprie macchine all’estero, queste ultime perderebbero valore agli occhi dei clienti e rispetto alla concorrenza − Considerando il know how della manodopera, gli Emirati Arabi Uniti non sono in grado di fornire personale formato e questo pregiudicherebbe la qualità dei prodotti, ed aumenterebbe i costi di questi ultimi se si considera il costo aggiuntivo della formazione − Per le PMI italiane, i costi di accesso alle FTZ sono molto elevati, mentre i servizi offerti al di fuori di queste aree, non eccellono in qualità. Potrebbe non essere un caso, quindi che le imprese italiane attualmente attive negli emirati arabi si occupano principalmente di affari legali, costruzioni, ingegneria, progettazione, servizi legati alla comunicazione, servizi sanitari, trasporti e logistica, food & beverage, vestiario e
  • 52. 52 gioielli, automobili;66 tutti settori in cui il “Made in Italy” è intrinseco al servizio svolto o al bene offerto, che non necessitano di servizi logistici a valore aggiunto particolari o che per forza di cose è necessario che vengano prodotti in territorio italiano, come per esempio gli alimenti e le bevande sui quali sarebbe bene soffermarsi maggiormente. Quello dell’ agroalimentare è un comparto trainante dell’economia nazionale, in quanto è uno dei settori che maggiormente contribuiscono all’immagine positiva del “made in Italy” e dell’ “italian way of life” nel mondo. La varietà delle tipologie di prodotto offerte dal comparto agroalimentare italiano coniugata alla qualità, alla cultura alimentare, ben risponde alle esigenze della domanda del mercato nazionale ed internazionale. Queste caratteristiche assicurano da anni un buon segmento di mercato per l’Italia. All’interno della filiera agroalimentare l’ortofrutta rappresenta un settore significativo che meglio caratterizza il Sistema Italia all’estero. Date le caratteristiche geografiche delle regioni italiane, l’attività produttiva agricola è molto sviluppata al Sud: infatti, in quest’area gli ettari dedicati alla coltivazione di ortofrutta 66 L’edizione speciale di Milano Finanza “International – Golfo Italia” stila una lista completa delle principali aziende italiane presenti nel golfo persico. Pp 94-96
  • 53. 53 sono superiori rispetto alle altre due zone. Esiste inoltre, da parte degli operatori,una generale difficoltà ad inserire all’interno dei propri processi organizzativi componenti quali la logistica e l’intermodalità, alla quale corrisponde, da parte delle amministrazioni, una scarsa capacità di pianificare ed accompagnare politiche di trasporto rivolte all’integrazione delle differenti modalità di movimentazione delle merci. Come riportato nel precedente paragrafo, gli UAE importano circa il 90% dei beni di consumo alimentare e questo potrebbe significare molto per i piccoli produttori italiani di settore dato che il prodotto alimentare italiano viene visto come un’eccellenza, vi è una propensione di spesa maggiore da parte della popolazione locale la cui spesa in prodotti agroalimentari si aggira attorno ai 4 miliardi di dollari l’anno ed è destinata ad aumentare, si sta assistendo a una forte crescita demografica e a un nuovo modo di nutrirsi più sano.67 Come ha spiegato Mauro Marzocchi, segretario generale della camera di commercio italiana degli EAU, a livello locale ci sono circa 250 grandi e piccoli distributori che in molti casi sono anche importatori specializzati in prodotti italiani quali pasta, formaggio, oli, sughi e caffè; mentre dal punto di vista 67 Dati camera di commercio italiana negli EAU
  • 54. 54 logistico le strutture più utilizzate sono il porto Jebel Ali di Dubai e gli aeroporti internazionali;68 ma soprattutto Dubai è anche una piattaforma distributiva per poi riesportare, stabilire contatti e crearne nuovi. Alla luce di quanto riportato, dunque, sarebbe auspicabile che le PMI italiane, portatrici sane di qualità e di un forte marketing territoriale, trovassero la forza e la disponibilità per dare vita ad organizzazioni di tipo bottom-up e costituire consorzi per sfruttare al meglio e le opportunità di mercato presenti negli Emirati Arabi e la loro organizzazione logistica per conquistare nuovi mercati più ad est. Di fatti costituendosi in consorzi le nostre aziende potrebbero: − Sfruttare al meglio le risorse economiche per la promozione dei propri prodotti; − Avere maggiore potere contrattuale per strutturare partnership con 3PL presenti sia in Italia che nel mercato emiratino per gestire tutte le operazioni inerenti ai servizi a valore aggiunto e di immagazzinaggio, oltre che sfruttare e unire i propri know how per gestire la logistica in modo autonomo; 68 Intervista rilasciata a Milano Finanza nello speciale Italia-Golfo
  • 55. 55 − Bypassare intermediari di distribuzione imposti dalla GDO e logiche di trasporto “fai da te” − Aggredire il mercato promuovendo percorsi di outsourcing logistico favorendo nuovi modelli che passino dal franco fabbrica al franco destino69 − Strutturare un centro logistico emiratino, fornito di servizi a valore aggiunto (catena del freddo, etichettatura e confezionamento), di una flotta di trasporto per la distribuzione interna e utile per il re-export nei paesi dell’estremo oriente come Cina, Giappone, India. In questo modo le opportunità di sviluppo non sarebbero limitate alle sole aziende produttrici, ma anche a tutti quegli operatori logistici che cercano o hanno già avviato processi di internazionalizzazione nei paesi arabi grazie ai quali è possibile accorciare ulteriormente il canale distributivo rispetto a quelli già presenti nel mercato degli Emirati Arabi. Passeremmo dunque da: − Una struttura tradizionale composta da produttore italiano → importatore degli emirati → grossisti e 69 L’incentivazione di outsourcing logistico è stato anche auspicato dal Piano Nazionale della Logistica 2011/2020 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
  • 56. 56 distributori degli emirati → rivenditori degli Emirati − Ad una struttura meno complessa composta da produttore italiano → Principali rivenditori degli Emirati → Altri rivenditori.70 Considerando inoltre che le principali produzioni agroalimentari si trovano nel sud Italia, questo tipo di organizzazione “spontanea” potrebbe rappresentare uno sprone per continuare a ragionare sulle politiche di sviluppo logistico delle aree del mezzogiorno e perché no attirare nuovi investimenti e nuovi capitali direttamente dalle terre arabe. “Tradizione Italiana”, consorzio composto da prestigiosi gruppi e aziende alimentari, con un fatturato di 1,4 milioni di euro, potrebbe rappresentare un esempio concreto di quanto scritto sopra. Strategicamente posizionato presso il CIS di Nola (NA), al suo interno compaiono marchi riconducibili al territorio campano ed al sud Italia come le acque del gruppo Ferrarelle, il caffè kimbo, olio Dante. A capo del consorzio vi è Antonio Ferraioli, noto manager e amministratore delegato di 70 l’accorciamento di filiera risulta già presente secondo il sito exportonline.org del gruppo promindustria http://www.exportonline.org/info.php?idnews=1932
  • 57. 57 diverse realtà aziendali legate al settore alimentare, fermo sostenitore della forma consortile come modello vincente per l’export made in italy. “Tradizione Italiana” nasce da un’idea di Banca Popolare di Sviluppo, con l’intento di mettere assieme e creare sinergia tra tutte le realtà meritevoli con cui lavorava o di cui deteneva delle partecipazioni societarie; quello che ne è venuto fuori è stato un consorzio variegato nella tipologia di offerta, in cui nessuna azienda è diretta concorrente dell’altra, in cui vigono delle regole ferree per garantire a tutti lo stesso ed identico servizio. Il consorzio in questo momento guarda principalmente ai paesi dell’area BRIC ma ha cominciato a prendere in esame l’area GCC che rappresenta in questo momento un mercato lungo e spezzettato in cui vi sono ricche opportunità, ma presenta ancora tanta disorganizzazione, soprattutto dal punto di vista burocratico e legislativo, elemento che fa necessitare le aziende di un partner introdotto nel tessuto governativo di ogni stato; sicuramente va tenuto d’occhio e bisogna cominciare a muovere i primi passi, sostiene Ferraioli e “Tradizione Italiana” lo sta facendo partecipando alle fiere dedicate al settore come per esempio il “Gulf Food” di Dubai.
  • 58. 58 Sempre a Ferraioli è stata prospettata l’idea di un “mega consorzio” che possa includere aziende specializzate in logistica, interessate a loro volta all’internazionalizzazione; una strategia adottabile per tagliare ulteriormente i costi dedicati all’export ed alla distribuzione. Nonostante il manager non creda che questo modello sia utile per il suo consorzio, per via delle regole ferree che si sono date, crede che per consorzi nascenti possa essere un’idea percorribile, anche se sostiene che il re-export possa creare problemi per il made in italy e possa essere una pratica vincente per un’azienda di grandi dimensioni capace di muoversi da sola. D’altronde, aggiunge Ferraioli, l’impianto logistico di “Tradizione Italiana” è ancora in fieri, ma in futuro si prevede un hub personale capace di gestire l’export in qualsiasi parte del mondo e di bypassare le regole imposte dai canali della grande distribuzione organizzata. 2.2.1 Un caso di Made in Italy delocalizzato Nel contesto produttivo alimentare italiano c’è anche chi ha deciso di abbandonare del tutto il suolo italiano per via dell’alta tassazione e dei costi eccessivi di energia elettrica e mano d’opera, delocalizzando del tutto la produzione in UAE. Esempio virtuoso di insediamento è
  • 59. 59 rappresentato dall’Italian Dairy Products, una fabbrica di mozzarelle lanciata dall’imprenditore Pier Paolo Rampino. Situata nella free trade zone di Shariah, 40 km da Dubai, la fabbrica presenta il meglio della tecnologia casearia italiana e viene alimentata dal latte delle vicine stalle ad aria condizionata; il progetto, grazie alla freschezza del prodotto (possibile solo grazie alla produzione in loco) ha sin da subito guadagnato la fiducia di ristoranti, pizzerie, grandi alberghi e da poco delle due più grandi compagnie aree di bandiera come Emirates e Ethiad. Anche la delocalizzazione produttiva, considerando gli interessi dello stato arabo ad incentivare le produzioni locali, potrebbe essere uno sbocco per le imprese dello stivale, soprattutto nell’agroalimentare settore in cui le terre arabe scarseggiano in innovazione ed in tecnica. In conclusione, lo sviluppo logistico dell’area GCC rappresenta da una parte un’opportunità da tenere sott’occhio, dall’altra una terra ancora carente di manodopera specializzata e di uno stabile apparato legislativo. Inoltre le circostanze favorevoli di un sistema logistico eccellente e dei bassi costi di energia e manodopera, sembrano non rappresentare un valore
  • 60. 60 aggiunto ai fini della delocalizzazione e dunque di una razionalizzazione dei costi, in quanto per le PMI italiane il vero valore aggiunto che le contraddistingue in tutto il mondo è ancora il “made in italy”. Questo emerge anche dal report “Dossier Emirati Arabi Uniti – L’impresa verso i mercati internazionali”, redatto dal Ministero dello Sviluppo Economico, in cui su dieci casi aziendali, nessuna delle aziende esaminate presenta un polo produttivo o di assemblaggio negli UAE, ma solamente uffici commerciali.71 71 Le aziende prese in esame sono le seguenti: Alouk group spa, Artemide spa, Balelli energy srl, Defranceschi spa Monfalcone, Faber spa, Gruppo Iseo, Pedrollo spa, Pasta Zara spa, Gruppo interna spa, Doimo Contract http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/recuperi/Impresa_inter nazionalizzazione/dossier_eau_emirati-arabi_2010.pdf
  • 61. 61 CAPITOLO III: ANALISI DEL MERCATO TURISTICO. DALLA LUNGIMIRANZA DI DUBAI AI FLUSSI ITALIA - UAE 3.1 Cenni storici. Nel 1966, Dubai scopre casualmente il petrolio ma a differenza di Abu Dhabi, le cui riserve di petrolio sono stimate essere sufficienti per altri 100 anni, le riserve di Dubai dovrebbero durare ancora non più di un decennio. Come secondo stato più grande degli Emirati Arabi Uniti e, nel tentativo di trovare una via di uscita dalla propria dipendenza dal petrolio, Dubai è emerso nel panorama mondiale come un hub di servizi terziari come il trasporto, i servizi finanziari e commerciali, media e il turismo, aiutato non solo da una buona strategia di sviluppo, ma anche, come già detto in precedenza, per la sua posizione geografica strategica. Nel 1990, il turismo è stato identificato come una opzione di sviluppo economico sostenibile e lo sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum impostò una visione strategica per l'emirato: il turismo doveva fungere da catalizzatore per gli investimenti diretti esteri e per un più ampio sviluppo del business, oltre che creare una vera e propria industria del turismo, promuovendo
  • 62. 62 l’emirato verso i viaggiatori d'affari dell’Europa occidentale e dei paesi del Golfo limitrofi. Per avere successo, questa strategia è stata sostenuta dalla costruzione e dallo sviluppo di infrastrutture come la compagnia aerea di bandiera Emirates Airlines e il Dubai Commerce and Tourism Protection Board (DCTPB), poi divenuto Department of Tourism and Commerce Marketing (DTCM). Il ruolo iniziale della DCTPB doveva essere quello di un’agenzia governativa incaricata di promuovere attività di varie organizzazioni coinvolte nel turismo - tra cui Emirates Airlines - e di gestire il focus di sviluppo sui servizi di extra lusso che avrebbe dovuto influenzare anche la costruzione di nuovi alberghi di prima classe. Questa strategia iniziale di promuoversi verso i viaggiatori d'affari fu di grande successo, e ha portato ad una vera e propria svolta strategica. L’obiettivo era "sviluppare un’industria del turismo completamente nuova nella più ampia visione di fare di Dubai un hub per il business e di servizi così come definito dal piano di sviluppo trentennale72 . Il piano si 72 Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008)
  • 63. 63 articolava in tre fasi, ognuna con un suo preciso obiettivo. Prima Fase 1996 - 2000 Seconda Fase 2001 - 2010 Terza Fase 2011 - 2020 Investimenti guidati Istituire un programma politico per incoraggiare gli investimenti Migliorare la produttività e la diversificazione Investimenti guidati Espansione della produzione regionale e della base di mercato Promuovere investimenti selettivi Ricerca di professionalità Innovazione guidata Implementazione e realizzazione di attività a base tecnologica Figura 9 – Piano sviluppo turistico Dubai
  • 64. 64 3.1.1 La prima fase di sviluppo La prima fase, durata dal 1996 al 2000, ha avuto inizio con la creazione del DTCM per “stabilire un’autorità competente per la pianificazione, la supervisione e lo sviluppo turistico nell’emirato”73 .; a differenza degli altri paesi in via di sviluppo, Dubai ha preso coscienza della mancanza interna di competenze e ha avuto la lungimiranza di assumere consulenti esterni per impieghi a lungo termine invece che coinvolgerli solamente per brevi periodi e questo ci fa capire perché la classe manageriale è costituita principalmente da non emiratini e il perché di alcune scelte politiche più liberali rispetto al resto del mondo arabo. Infatti, per favorire i flussi turistici, l’emirato ha messo in atto politiche di libero commercio, politiche di liberalizzazione di traffico aereo che permettevano a qualsiasi compagnia aerea di attraversare lo spazio aereo di Dubai e ha abolito il divieto del consumo di alcolici e qualsiasi regola attinente al modo di vestirsi, tenendo conto del fatto che le restrizioni medio orientali, riguardanti il cibo e l’abbigliamento, avrebbero potuto avere un impatto negativo sul turismo e sullo sviluppo economico internazionale. L’emirato e in particolare la famiglia 73 Ibidem
  • 65. 65 reale hanno investito in modo significativo in strutture e attrazioni turistiche e nella prima fase sono stati promotori della costruzione del primo hotel a sette stelle Burj Al Arab, tuttora proprietà della famiglia reale e facente parte di Jumeirah, la catena internazionale di hotel, anch’essa di proprietà della famiglia. Gli analisti finanziari dubitavano che questo progetto potesse mai essere in grado di generare ricavi accettabili per gli investitori; tuttavia dal punto di vista del turismo e delle politiche pubbliche, può essere considerato un successo sia perché l’albergo è ormai un’icona che identifica il paesaggio di Dubai, sia perché ha aperto la strada per altre catene internazionali nel campo dell’extra lusso. Oltre alla partecipazione del governo, Dubai ha riconosciuto che “uno dei fattori chiave per un’industria del turismo di successo è la partnership tra investimenti pubblici e privati”74 e per questo è stata incoraggiata la collaborazione tra gli investitori locali ed internazionali (sebbene la maggior parte provenissero dal medio oriente) con l’obiettivo di dividere i costi di sviluppo di progetti ed eventi promozionali75 . A prova del successo 74 Ibidem 75 Molti dei quali finalizzati alla destagionalizzazione, ossia di rendere il territorio appetibile al turismo anche in periodo estivo in cui Dubai risulta essere molto calda.
  • 66. 66 di queste iniziative, basta osservare come molti degli eventi inizialmente creati e finanziati dal DTCM, sono ormai interamente gestiti da fondi privati. 3.1.2 La seconda fase di sviluppo La seconda fase dello sviluppo dell’emirato di Dubai comprende il periodo dal 2001 al 2010 e aveva l’obiettivo di portare le visite turistiche a 15 milioni entro il 2010. Il DTCM si è concentrato principalmente su attività di marketing e promozione turistica avvalendosi del supporto di uffici esteri situati in 15 mercati chiave internazionali; le mansioni del dipartimenti sono state ampliate fino a comprendere la gestione delle licenze per hotel, tour operator, guide turistiche e operatori di trasporto. Gli obiettivi del DTCM in questa fase comprendevano anche: − favorire lo sviluppo del turismo sostenibile, − incoraggiare la partnership pubblico/privato, − gestire il quality management dell’industria del turismo e migliorare le competenze e le opportunità di lavoro. Preso atto dell’importanza della cultura, in un paese che vuole essere una meta turistica, il DTCM ha dato inizio ad una politica di valorizzazione culturale che ha
  • 67. 67 portato allo sviluppo di vari eventi come per esempio le cerimonie nunziali beduine, durante il Summer Surprise Festival76 . Le politiche per favorire il turismo, comprendevano la liberalizzazione al possesso di carte di credito, terreni e la semplificazione delle procedure visa dei turisti77 . Le leggi di Dubai, non permettevano agli stranieri di possedere delle terre e tali restrizioni sono state abbassate in modo che investitori stranieri avessero la possibilità di acquistare proprietà terriere in alcune aree di sviluppo turistico. All’interno di queste aree, come nella Media e nella Internet Cities, The Palms e Dubai Marina, la legge permetteva la proprietà totale dei terreni agli stranieri sebbene questa fosse concessa sotto forma di una locazione della durata di 99 anni. Durante questo periodo, l’ammontare degli alberghi è raddoppiato assieme alla loro capacità ricettiva e la crescita maggiore è stata realizzata nel settore dell’extra lusso (hotel a 4 e 5 stelle) che ha visto un tasso di crescita annuale medio del 16,5 % per gli alberghi 4 stelle e del 10,2% per quelli a 5 76 Il SSF è un festival istituito dal DTCM per incoraggiare il turismo nel periodo estivo dedicato allo shopping delle famiglie ed al divertimento dei bambini 77 Henderson Joan C., “Tourism in Dubai: Overcoming Barriers to Destination Development.” International Journal of Tourism Research, 8 (2006)
  • 68. 68 stelle. La maggiore disponibilità di posti e la possibilità di acquistare e consumare bevande alcoliche ha fatto si che la maggior parte dei turisti (65%) alloggiasse in hotel extra lusso e che Dubai diventasse un polo strategico per le catene alberghiere più importanti del mondo. Figura 10 - notti vendute per categoria d'albergo78 Oltre allo sviluppo degli alberghi è stato promosso lo sviluppo di attrazioni ed infrastrutture, tra le quali le più famose per la stravaganza del progetto, sono le Palms Islands, tre isole artificiali costruite al largo del mare che incrementeranno di 520 km le spiagge della città di Dubai, ospitando nuovi alberghi, abitazioni residenziali, appartamenti sulla spiaggia, lidi, parchi acquatici, 78 Fonte: Dubai Statics Center 40   25   16   10   9   5  stelle   4  stelle   3  stelle   2  stelle   1  stella  
  • 69. 69 ristoranti, centri commerciali, impianti sportivi, centri benessere e cinema. La creazione di Palma Jumeirah ha avuto inizio nel giugno del 2001, mentre, poco dopo, sono iniziati quelli di Palma Jebel Ali. I lavori di Palma Deira, per la quale è prevista una superficie di 46.35 km², sono stati annunciati nell'ottobre del 2004: la sua costruzione dovrebbe richiedere circa 10–15 anni, pianificazione che però non tiene conto della stretta creditizia che ha colpito Dubai. Altri lavori svolti con fondi misti pubblico-privato, sono The World, un arcipelago di 250 isole artificiali che rappresentano in totale il planisfero e Ski Dubai, un impianto sciistico coperto per favorire la destagionalizzazione turistica. Inoltre, nella seconda fase, ha avuto avvio il progetto Dubai Metro che prevedeva in un primo periodo l’ammodernamento dell’aeroporto Dubai International e in seguito l’avvio della costruzione del nuovo Dubai World Central79 , progettato per esser il più grande aeroporto del mondo80 . Essendo uno stato redditiere, Dubai ha beneficiato “enormemente della continua inclinazione degli sceicchi del petrolio ad investire all’interno, invece che all’esterno, della regione” come i 79 Vedi cap. 1, paragrafo 1.2.3 80 Dal punto di vista dell’accessibilità Dubai possiede un porto interamente dedicato alle navi da crociera simile a quello costruito a Singapore.
  • 70. 70 proventi derivanti dalla vendita del petrolio della regione, sono stati destinati al programma di sviluppo delle infrastrutture turistiche. Altra attrazione turistica avviata in questa fase è il Dubailand district, la più grande opera leisure costruita fino ad ora per rinforzare la posizione di Dubai come un hub internazionale per il turismo delle famiglie. La struttura cominciata nel 2003 e stoppata nel 2008 sempre a causa della crisi che ha colpito l’emirato, vede comparire all’interno dei suoi ben 69 mila ettari di terreno, strutture per l’intrattenimento culturale e per lo sport (campi da golf, calcio, baseball etc.), un autodromo, outlet dedicati allo shopping e diverse comunità residenziali, riuscendo ad accogliere circa 200 mila visitatori al giorno. Nonostante la battuta d’arresto causata principalmente dalla crisi economica globale e dalla recessione del 2008, Dubai è un esempio di successo per lo sviluppo del turismo in medio oriente. I fattori che hanno portato a questo successo, sono stati la stabilità economica, le politiche di governo e l’accessibilità geografica oltre che un periodo relativamente lungo di ordine politico e di sviluppo culturale: “Dubai agisce come un entrepôt regionale e si autopromuove come fulcro commerciale e finanziario del Golfo, creando zone di libero
  • 71. 71 mercato e parchi industriali come uno degli ultimi esempi è quello dedicato ad internet e media […] Dubai è percepita come una società cosmopolita e relativamente liberale a basso rischio di disordine civile e un basso tasso di criminalità e dove gli expats costituiscono circa l’80% di 1,2 milioni. 81 ” 3.1.3 La terza fase di sviluppo Nel momento in cui Dubai entra nella terza fase del suo piano strategico per lo sviluppo del turismo, a conti fatti, è chiaro che il suo successo è stato determinato dalle sue ingenti risorse finanziarie e da quelle dei paesi vicini, ma anche dalla sua capacità di gestire lo sviluppo con strategie e pianificazioni derivanti da uno snello potere decisionale (in UAE vige la monarchia assoluta) che i Paesi democratici e basati sulle leggi del mercato non sarebbero stati in grado di portare avanti. Ciononostante, sussistono un certo numero di ambiti che possono ancora essere migliorati. Al momento al DTCM è stato assegnato il compito di favorire le iniziative turistiche per mezzo di appositi uffici di marketing, ma Il problema principale è la scarsa autorità di cui il Dipartimento gode; il DTCM "non ha né 81 Henderson, Joan C., “Food Tourism Reviewed.” British Food Journal, Vol. 111 Iss. 4 (2009)
  • 72. 72 l'autorità né i mezzi per gestire tale settore"82 . A Dubai, tale potere è nelle mani del Dubai Executive Council, un corpo governativo formato dai presidenti e amministratori delegati di compagnie pubbliche, private e quango83 ; mentre è il governo centrale a possedere le compagnie per lo sviluppo, i dipartimenti governativi si occupano della pianificazione e della gestione del turismo. Il DTCM non ha nemmeno né il riconoscimento ufficiale né le possibilità tecniche per fungere da banca dati e da fonte di diffusione di tali dati: il risultato è che i dati relativi al turismo vengono diffusi principalmente dal Dubai Statistic Centre e dalla Dubai Chamber of Commerce, creando uno scompenso nella raccolta degli stessi e ritardi di molti anni per la pubblicazione.84 Nessuna iniziativa per lo sviluppo turistico può essere promossa previa approvazione di un' apposita legge e, sebbene lo Sceicco stesso sia a capo del DTCM, il Dipartimento è spesso escluso dalle decisioni in merito alla pianificazione strategica dello sviluppo generale del turismo, che spesso vengono discusse a porte chiuse 82 Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008) 83 I quango sono organizzazioni semi-statali (da quasi-governme) alle quali il governo devolve i poteri in una data materia. 84 Ad oggi molte statistiche pubblicate sono ferme al 2006, mentre quelle turistiche al 2011
  • 73. 73 nell'ambito del Dubai Executive Council. Il DTCM ha visto il suo ruolo ridursi, e adesso si limita ad incoraggiare gli investimenti e promuovere i prodotti risultanti, piuttosto che avere un ruolo attivo nel dare forma allo sviluppo e agli investimenti nei progetti turistici. Sharpley ci fornisce un esempio di come le proposte di investimento per lo sviluppo degli hotel deve essere approvato dallo Sceicco, e una volta ottenuta l'approvazione il progetto effettivo (design, scala, natura) è lasciato nelle mani delle compagnie private, senza alcun controllo centrale. Nel 2005, l'imprecisione, per non dire la totale mancanza, di una supervisione generale ha generato una carenza di posti letto, che a sua volta ha causato un aumento dei prezzi del 35%. È chiaro che tali discordanze esistono ancora, se consideriamo i dati relativi al periodo 2002/2011, che vedono il tasso di aumento degli arrivi turistici del 7.5%, accompagnato da un tasso di crescita delle camere d’albergo del 10%. Ci sono inoltre delle preoccupazioni riguardo all’ammontare del capitale che il governo sta stanziando per un’ industria dall’ andamento imprevedibile e spesso ciclico, e riguardo al fatto che il turismo, generando una spinta alla costruzione senza precedenti, possa comportare il rischio di una nuova bolla dell’
  • 74. 74 immobiliare. Inoltre, bisogna considerare l’impatto ambientale di tali operazioni in una zona che presenta un innata scarsita' di risorse naturali. Mentre Dubai ha già fatto molti passi avanti per rendersi più appetibile agli investitori stranieri, potrebbe migliorare le leggi in materia di proprietà terriera in vista di sviluppi futuri. Al momento, la legge permette ai non cittadini di possedere terreni e immobili solo a condizione che almeno il 51% della proprietà sia in mano a imprese o organizzazioni locali, cosa che invece non accade nelle zone franche in quanto non sono soggette a tali restrizioni dato che i commerci internazionali operano sotto una campana di vetro legale e legislativa, plasmata su misura per gli interessi specifici di capitali esteri85 . Ne risulta che tutti gli impianti alberghieri sono ancora nelle mani di proprietari locali, sebbene siano generalmente gestite da grandi catene internazionali. Inoltre, Dubai si è conquistata una fama in qualità di meta turistica costosa, e non giova di un alto tasso di turisti repeaters, circostanza che come mostrato dal grafico in figura 9, limita il mercato a doversi ancora 85 Sharpley, Richard, “Planning for Tourism: the Case of Dubai.” Tourism and Hospitality Planning and Development, Vol. 5 Iss. 1 (2008)
  • 75. 75 affidare a brevi permanenze e ai turisti di passaggio, con una media di 3.2 pernottamenti a visitatore. Figura 9 – Durata media del soggiorno per nazionalità – Fonte: Dubai Statistic Center La maggior parte delle attrazioni che il luogo offre sono rivolte a un pubblico che presenta uno stile di vita smaccatamente consumistico e questo si rispecchia nel materiale di marketing nei quali Dubai si posiziona come la patria delle marche di lusso. Per esempio, la media del consumo privato giornaliero a Dubai di 26.80 $, in netto contrasto con il 3.80$ del resto del mondo Arabo. I turisti spendono più di 700 milioni di dollari all’anno al Dubai Duty Free, superati solo da Heathrow Incheon. I festival
  • 76. 76 dello shopping organizzati nell’emirato e le celebrazioni del ramadan hanno fatto si che quasi i due terzi delle vendite annuali di oro e gioielli sono concentrate in queste occasioni specifiche. I visitatori si recano a Dubai più per lo shopping che per il tempo libero e lo svago. Sebbene questo comporti dei benefici per l’emirato, la focalizzazione sul lusso e sul consumismo potrebbero causare l’allontanamento dei turisti con disponibilità economica più modesta, i cui consumi sono degni di uguale considerazione.86 Confrontata con destinazioni competitive come i Caraibi, il Mediterraneo e il Sudest asiatico, Dubai presenta un ventaglio meno ampio di attrattive culturali e naturali e, molte delle strutture esistenti e in programma, come centri commerciali e parchi tematici, presentano un certo grado di sterilità e omogeneità che potrebbe annoiare i turisti non appena svanisce la novità. Gli Emirati Arabi ed in particolare l’emirato di Dubai, hanno intravisto nel turismo una delle principali fonti terziarie per diversificare l’economia dello stato dalla vendita di prodotti petroliferi. Di conseguenza hanno da sempre investito molto sul turismo che oggi rappresenta 86 Balankrishnan, Melodena Stephens, “Dubai – a Star in the East: A Case Study in Strategic Destination Branding.” Journal of Place Management and Development, Vol. 1 No.1 (2008)
  • 77. 77 il 6,5% del PIL nazionale e contribuisce in maniera diretta all’occupazione di 166.000 posti di lavoro (4,6% dell'occupazione totale), posizionandosi, secondo il World Travel & Tourism Council (WTTC) al nono posto nel rank mondiale delle destinazioni turistiche. Ironia della sorte, mentre il turismo in Medio Oriente negli ultimi due anni è stato influenzato negativamente dalla primavera araba, gli UAE hanno avuto un impatto positivo in quanto i turisti e le attività commerciali degli altri paesi della regione sono stati dirottati proprio negli Emirati. UAE: Arrivi 2011 dal paese di origine UAE: Arrivi per propositi di visita Fonte: Euromonitor 2012 Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il principale motivo di vacanza in UAE è legato al settore leisure che raccoglie il 76% degli ingressi, lasciando il restante 24% al settore business; parliamo dunque di
  • 78. 78 un’offerta turistica basata non solo sullo sviluppo del comparto MICE e di tutto ciò che riguarda gli eventi aziendali, ma anche e soprattutto di un sistema che ha fatto dell’economia della bellezza, del lusso e del divertimento, uno dei principali traini per lo sviluppo del turismo. Alberghi di lusso, piste da sci al chiuso in pieno deserto, grandi centri commerciali, un porto dedicato solo a navi da crociera87 e aeroporti in cui è possibile trovare qualsiasi tipo di confort sono solo alcuni degli elementi che sorreggono la destagionalizzazione dei flussi e spingono giovani e famiglie a trascorrere le proprie vacanze negli UAE. Inoltre, essendo Dubai un emirato più liberale che ha eliminato dress code e divieti legati alla religione mussulmana proprio per incentivare l’incoming dai paesi occidentali, non è un caso che nel 2012 abbia accolto 1.500.000 turisti sauditi, che scelgono di passare anche solo un week end per vivere in maniera più rilassata e leggera, diventando la popolazione che più visita l’emirato. Quest’ultima fase del piano di sviluppo, si concluderà nel 2020, data strategica per via dei numerosi obiettivi che l’emirato di Dubai si sta ponendo, tra cui uno dei più importanti, è l’aggiudicazione del Expo 2020 per il quale 87 Port Rashid di Dubai
  • 79. 79 tutto l’emirato sta lavorando alacremente sia a livello manageriale che di marketing.88 3.2 I Flussi Italia – UAE Ad un incremento degli scambi commerciali, sembra inevitabile un incremento del turismo tra i due stati. Di fatti, secondo l’ ENIT, il principale motivo per cui italiani ed emiratini viaggiano da un paese all’altro è proprio quello legato al business e dal 2005 al 2012 il numero dei visti rilasciati dall’ambasciata italiana sono cresciuti da 5.613 a 8.926, mentre le presenze di italiani nei soli alberghi di Dubai si attestano a 105.523 nell’anno 2011; si presume dunque che il numero totale di Italiani che viaggiano in tutta l’area GCC sia molto cospicuo. La popolazione emiratina conta 5,1 milioni di abitanti con un età media di 30 anni e formano una domanda turistica caratterizzata da una clientela di lusso, con un livello culturale medio alto ed una sempre crescente propensione a viaggiare. Secondo i dati dei due principali aeroporti di Dubai e Abu Dhabi, tra le top destination preferite da emiratini o residenti in uno degli emirati, 88 La grafica con la scritta “Support Dubai Expo 2020” campeggia in ogni dove a Dubai e in tutti gli EAU. Non solo nei luoghi fisici di incoming e uffici pubblici, ma anche nelle mail e dei siti internet delle aziende.
  • 80. 80 compaiono in ordine di preferenza Londra (meta europea preferita da tutti i target di turisti), Bangkok, Doha (uno degli scali più utilizzati dalle compagnie aeree emiratine), Manila (considerata l’alta presenza di cittadini filippini nel paese) e Il Cairo (sede dei quartieri generali di molte aziende e compagnie con filiali negli Emirati). Solo queste cinque destinazioni rappresentano il 20% del totale traffico passeggeri. Altre destinazioni di grande interesse da parte della clientela turistica locale sono il Sud Africa (+42% del traffico), il Nord Africa (+24%) e l’estremo Oriente (+14%) . I risultati ottenuti dall’Italia come meta del turismo emiratino sono principalmente da ricercarsi nel settore economico-commerciale. Ne è conferma il fatto che, se effettivamente vi è stato un aumento di passeggeri emiratini verso il nostro paese, si tratta comunque di un turismo focalizzato sul business. Le principali destinazioni del nostro paese continuano ad essere quelle più industrializzate ed economicamente sviluppate, dove risiede l’enclave degli affari oltre allo shopping di lusso. Vengono prediletti i grandi centri urbani, con hotel a 5 stelle, un alto livello nell’efficienza dei servizi oltre ad un uso comune della lingua inglese che facilita il loro ambientamento. Altre mete di grande attrazione sono le
  • 81. 81 strutture alberghiere di lusso su campi da golf, piuttosto che zone termali con SPA modernamente attrezzate per la cura della bellezza. L’Italia non è riuscita ancora ad offrire tutto il suo patrimonio culturale a questo tipo di clientela turistica. Questo va a vantaggio di altri competitors, principalmente Inghilterra, Germania e Svizzera. Gli emiratini sono legati agli inglesi da un rapporto forte che si traduce soprattutto in un alto numero di investimenti a Londra, meta prediletta dal turista degli Emirati. Germania e Svizzera sono preferite per la qualità e gli standard delle cure mediche, delle cliniche private e delle spa. Riguardo il territorio extra europeo è divenuta privilegiata la Thailandia. Oltre a ciò, bisogna anche sottolineare che la scarsa propensione emiratina nei riguardi di città d’arte o della riscoperta del territorio risulta svantaggiosa per una nazione come l’Italia che fa di questi aspetti i punti forti della propria propaganda turistica. Secondo l’ENIT, Le principali regioni visitate dai turisti emiratini sono il Lazio, la Toscana, il Veneto, la Lombardia e l’Umbria. Roma, Firenze e Venezia oltre alla loro bellezza e ricchezza dal punto di vista culturale riescono a soddisfare anche altre esigenze considerata la loro prossimità a località di mare.
  • 82. 82 La composizione demografica molto variegata del Paese (gli emiratini sono appena circa il 20% della popolazione residente che proviene invece da oltre 200 Paesi) ci impone di fare una distinzione non solo per tipologia ma anche per nazionalità, o meglio, tra emiratini e expats. Gli emiratini spendono circa 6,6 miliardi di dollari l'anno in viaggi vacanza internazionali, divisi tra 4,0 miliardi in viaggi di piacere e di 2,6 miliardi di dollari in viaggi per visitare amici e parenti89 ; la loro capacità di spesa è molto alta e si traduce in un numero elevato di notti spese all’estero (sempre oltre le 7-10 contro le 3-4 del turista europeo)90 . Inoltre, gli emiratini viaggiano (leisure) con la loro numerosa famiglia al seguito (oltre alla servitù); non è raro che, nel caso soggiornino in una struttura alberghiera, prenotino interi piani per loro, garantendosi quindi comfort e soprattutto privacy. È importante sottolineare che gli emiratini sono solitamente dei turisti repeater, perciò una volta trovata una destinazione di alto gradimento, difficilmente la cambiano. 89 Gulf News, May 12, 2010 “UAE residents spend $6.6b a year on overseas holiday trips” 90 Fonte: Rapporto Congiunto Ambasciata/Consolati/ENIT 2013
  • 83. 83 La popolazione residente di expats, invece, è giovane e anch’essa molto variegata. L’expat risiede nel Paese per motivi legati alla sua professione. Esiste una fascia “alta” di expats, solitamente occidentali, che ha una forte propensione al viaggio: viaggia molto per lavoro (verso l’Europa o gli Stati Uniti, che spesso ospitano la sede centrale dell’azienda per cui lavora, ma anche verso gli altri Paesi del Golfo o della Regione mediorientale in generale), viaggia almeno una volta l’anno per fare ritorno nel suo Paese d’origine, e viaggia almeno una volta l’anno per piacere. Analizzando i due principali target singles e famiglie con figli, secondo i dati rilasciati dall’ ENIT è possibile 22   25   30   5   18   Giovani  e  studenti   (età  15-­‐35  anni)   Famiglie  con  Vigli   Singles   Seniors   Figura 10. Composizione target. Fonte: Enit.
  • 84. 84 standardizzare la loro profilazione come nelle seguenti tabelle: Figura 11 - Target 1: Singles (expats occidentali e non)
  • 85. 85 Figura 12 – Target 2: Famiglie con figli
  • 86. 86 Passando ad analizzare il settore della domanda organizzata, essendo gli E.A.U. un Paese molto piccolo dove il turismo locale costituisce una grande risorsa, la maggior parte degli operatori turistici del Paese nascono in realtà come DMC (Destination Management Companies) ossia compagnie che offrono servizi per il turismo incoming. Molti di questi operatori hanno sviluppato dipartimenti dedicati all’outbound ma operano perlopiù come agenzie di viaggio o ticketing agencies, acquistando pacchetti da altri T.O. internazionali. Tuttavia, tra i 121 operatori autorizzati presenti nel paese (comprese le agenzie di viaggio e le ticketing agencies), 81 di questi trattano la destinazione Italia e più specificatamente 53 T.O. a Dubai, 26 T.O. ad Abu Dhabi e 2 T.O. a Sharjah. Gli unici due tour operators con capitale 100% emiratino sono Ethiad Holidays ed Emirates Holidays entrambe di proprietà delle due principali compagnie aeree (Emirates Airlines ed Ethiad Airlines) le quali garantiscono 14 voli settimanali su Roma Fiumicino, 19 voli settimanali da Milano e 5 voli settimanali da Venezia; si aggiungono alle due compagnie emiratine l’ Alitalia e Qatar Airways che oltre alle tre città già servite dalle altre compagnie, stanno pensando di collegare direttamente anche Firenze.
  • 87. 87 Sostanzialmente, per i viaggiatori emiratini la percezione del brand turistico dell’Italia è abbastanza positiva, nonostante ciò le mete più conosciute sono Roma, Milano, Venezia, Firenze e la Sardegna ( e forse non è un caso che proprio in questi territori si concentrano i principali investimenti provenienti dai paesi dall’area GCC ); non viene invece percepita l’ “Italia minore” mentre le mete di montagna soffrono la concorrenza della Svizzera e dell’Austria. Questo fenomeno probabilmente è dovuto alla scarsa accessibilità di queste zone accompagnata da un deficit linguistico e dall’assenza di strutture extra lusso. In conclusione, anche il settore turistico potrebbe trarre giovamento dall’immensa espansione dei paesi arabi, ma bisogna sicuramente lavorare ancora molto sia sulle strategie di marketing che sul miglioramento delle infrastrutture di trasporto e ricettive, oltre che sull’accoglienza extra lusso che non può essere limitata dalla mancanza di competenze linguistiche. Il made in italy potrebbe rappresentare anche in questo settore un traino importante per attirare il turista emiratino e si dovrebbe puntare sulla promozione della gastronomia italiana, diversificata da Regione a Regione ed apprezzata in tutto il mondo oltre che sull’artigianato
  • 88. 88 locale, vini tipici, prodotti dolciari e prodotti caseari. Un’idea potrebbe essere quella di creare un brand di promozione turistica che si muove di pari passo alle esportazioni dei prodotti tipici e che potrebbe essere applicato su tutte le confezioni degli alimenti che partono per l’estero. Come visto, se le mete di montagna soffrono la forte concorrenza degli stati del nord Europa, potrebbe significare che l’Italia è vista come un paese da visitare esclusivamente nei mesi caldi e questo rappresenta un limite alla destagionalizzazione dei prodotti turistici. A tal proposito potrebbe essere opportuno potenziare l’indotto dei grandi eventi, soprattutto quelli a sfondo sportivo come la Formula 1, il Moto GP, partite di calcio, le internazionali di tennis e rugby, etc, creando dei pacchetti che includano anche altre esperienze all’interno del nostro Paese. Stessa strategia potrebbe essere attuata per tutti quei turisti emiratini che arrivano in Italia solo per affari, creando assieme alle compagnie aeree più utilizzate o alle agenzie MICE dei pacchetti che possano agevolare la visita verso “l’Italia minore” e la diffusione della conoscenza della cultura italiana.