aasdfadfadf

1. Anni Novanta à il migrante è un clandestino, che invade i confini
nazionali, spesso non lavora perché delinque e, se lavora, sottrae il lavoro
ai nazionali à retorica securitaria.
La rappresentazione del lavoro migrante

2. Tra la metà degli anni Novanta e il 2011 à il migrante è un lavoratore
emerso, sanato, a cui si concede il beneficio della regolarizzazione perché
è già qui e ne abbiamo bisogno.

4. Dal 2011 a oggi à il migrante è un lavoratore stagionale, quindi
temporaneo o…

5. … un profugo, a cui si chiede di prestare lavoro volontario come
“risarcimento” per l’accoglienza prestata (Intervista M. Morcone –
Ministero dell’Interno).

6. Ciclicamente nel corso degli anni à episodi di denuncia dello
sfruttamento lavorativo dei migranti, della riduzione in condizioni di
servitù e del rafforzamento del lavoro nero.
1999
Ion Cazacu, 40 anni, ingegnere
r u m e n o i m p i e g a t o d a
manovale, morì in ospedale
dopo un mese di agonia. La sua
colpa era essersi ribellato alle
disumane condizioni di lavoro a
cui era sottoposto, insieme ai
suoi colleghi.

7. Dossier Repubblica
“A Rosarno 20 anni di soprusi sui neri
Spari nel '90, duplice omicidio due anni dopo”

8. Altrettanto ciclici i richiami alle eccezioni à “boom di negozi etnici” o
“boom di lavoratori autonomi”.

9. Dimensione progettuale e processuale della migrazione
“Migrare non significa che masse di indigenti svuotino una
regione per saturarne un’altra […] ma che una pluralità di
individui, provvisti di progettualità e di aspettative diverse, sono
disponibili a crearsi delle chanches di vita dove queste sono
possibili o promesse” (A. Dal Lago).
à clandestino/lavoratore emerso/profugo
à “migrazione come fatto sociale totale”
à emigrato/immigrato
La dimensione progettuale/attiva che passa attraverso il lavoro
scompare dalla narrazione mainstream.
Appigli teorici