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Don't
panicCLIMA E CORONA VIRUS:
LE SOLUZIONI POSSIBILI
Anno 2 - Numero 1 2020www.ecofuturo.eu Bimestrale
UN VIAGGIO NEL MONDO TRA PROGETTI VIRTUOSI, ECOTECNOLOGIE E SCELTE CONSAPEVOLI
ENERGIA
PROSUMER AL
DEBUTTO
ALIMENTAZIONE
IL FORNELLO
SOSTENIBILE
CAMPAGNE
GREEN NEW
DEAL
CONSAPEVOLI
RINNOVABILI
SCONTATE
EDUCAZIONE
AUTOCURA
ENERGETICA
NELLE SCUOLE
LA RIVOLUZIONE DEL
CROWDFUNDING
ECOLOGIA: UNA MANO
CONTRO IL CORONA VIRUS
29L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2019 37
QUESTO NUMERO
7
EDITORIALE
Emergenze e scelte: clima e corona virus
di Michele Dotti
9
COMUNI VIRTUOSI
Storia di un gigante col cuore da sindaco
di Marco Boschini
11
ITALIA CHE CAMBIA
Il cambiamento clandestino
di Daniel Tarozzi
13
ENERGIA
Prosumer al debutto
di Sergio Ferraris
15
AUTOPRODUZIONE
Igienizzare fai date: missione possibile
di Lucia Cuffaro
16
SALUTE
Dall’ecologia una mano contro il coronavirus
di Sergio Ferraris
18
PERSONAGGI
Futuro Comune. Intervista a Gianni Girotto
e Dario Tamburrano
di Sergio Ferraris
22
LA CORNICE
Adattarsi al clima
di Sergio Ferraris
30
AGRICOLTURA
Organico è il suolo
di Stefano Bozzetto e Lorella Rossi
28
ALIMENTAZIONE
Sostenibile è il fornello
di Fabio Buccolini
34
ABITARE
Abitare pensando al clima
di Giorgia Marino
38
MOBILITÀ
Trasporti futuri: basse emissioni e condivisi
di Rudi Bressa
IN COPERTINA
Don't Panic illustrazione di
David - Gofy - De Angelis
Numero 1-2020
41
SCENARI
Gas indispensabile. Ma bio
di Fabio Roggiolani
42
CAMPAGNE
Un Green New Deal
di Stefania Romano
45
L’AMBIENTE IN NUMERI
Il clima dà i numeri
di Sergio Ferraris
46
IL PUNTO
La sfida climatica da vincere su più fronti
di Gianni Silvestrini
47
TECNOLOGIE
Ecomondo ecoinnova
di Sauro Secci
50
PARLIAMONE CON
Andrea Grigoletto. Ecologia e crowdfunding
di Nicola Mazzucato
52
LA RIVOLUZIONE DELL'ORTO
L’orto ha una ragione
di Andrea Battiata
54
CONSAPEVOLI
Rinnovabili scontate
di Alessandro Giubilo
56
IL MONDO CHE CAMMINA
Africa rinnovabile
di Ivan Manzo
58
EDUCAZIONE
Autocura energetica nelle scuole
di Michele Dotti
60
GRAPHIC NOVEL
Don’t panic
di Jacopo Fo
62
VIAGGI
L’Italia è bella dentro
di Luca Martinelli
67
RUBRICHE
Libri, Musica, Cinema
di Giordano Sangiorgi, Sauro Secci, Stefano Visani e redazione
70
SPAZIO BAMBINI
Gaia, la Terra. Uffa che afa!
di Moreno Tomasetig
72
RUBRICHE
EcoAppuntamenti, EcoNews, EcoApp
Vogliamo ringraziare di cuore tutti gli amici che condividendo i nostri valori e obiettivi stanno contribuendo, come me-
dia partner, a diffondere –in pieno spirito collaborativo- questa rivista attraverso i loro canali di comunicazione: siti, so-
cial, newsletter. La portata delle sfide ambientali che abbiamo dinanzi è tale che richiede il massimo della collabora-
zione fra di noi, per cercare di raggiungere, informare e sensibilizzare il maggior numero di persone possibile.
Sevolestecontribuireanchevoiadiffondere“L’EcofuturoMagazine”attraversounvostrocanalediinforma-
zione, contattateci: redazione@ecofuturo.eu. Saremo lieti di accogliervi nella nostra “grande famiglia” di
eco-innovatori che si impegnano ogni giorno per costruire un mondo migliore.
La “grande famiglia” di
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 7
Immaginiamo di essere su un’auto in corsa, lanciata a 100 km/h ver-
so un muro, del quale ci siamo accorti tardi. Insieme a noi ci sono quat-
tro passeggeri. Il pilota non si accorge del muro (oppure sta fingendo), tut-
to preso a compiacersi per la sua auto e a mostrarne le prestazioni.	
Il passeggero al suo fianco è distratto dalla musica. Al nostro fianco, sul sedile po-
steriore, c’è un passeggero che è in preda al panico per il rischio d’impatto che pro-
pone di sterzare bruscamente, senza rendersi conto del rischio che ciò comporta.
L’ultimo passeggero, sempre al nostro fianco, si è reso conto da tempo di quanto sta
per accadere, «ve l’avevo detto che poteva esserci un muro in quel punto, ma non
mi avete voluto ascoltare». È quindi consapevole del rischio, ma è rassegnato poiché
convinto che sia tardi e anche se frenassimo finiremmo per andare a sbattere.	
La situazione non è delle più semplici, ammettiamolo. A noi tocca l’arduo compito di
risvegliare l’attenzione del pilota invitandolo a togliere il piede dall’acceleratore, ancor
prima che frenare e del passeggero al suo fianco. Al contempo dobbiamo spiegare al
passeggero in preda al panico che se sterzassimo a quella velocità finiremmo per capot-
tare e moriremmo tutti, prima di schiantarci contro il muro. E ci tocca anche invitare a
riflettere il passeggero consapevole ma rassegnato, mostrandogli che frenare ha anco-
ra un senso, nonostante l’inerzia del veicolo, sia perché sbattere a una velocità ridotta
contro il muro è meno dannoso che a 100 km all’ora, sia perché frenando potremmo
arrivare a un punto in cui è possibile cambiare direzione ed evitare l’impatto col muro.	
Questa è la situazione in cui ci troviamo rispetto all’emergenza climatica, per molti
aspetti simile a quella in cui ci siamo appena trovati dovendo affrontare il coronavirus.
Un’emergenza climatica che ormai mostra i suoi effetti devastanti in modo ancor più
evidente di quanto ci si potesse aspettare, con lo scioglimento del permafrost in anticipo
di 70 anni rispetto a tutte le previsioni, con Venezia (come Matera) che si allaga rovino-
samente e l’Australia che brucia, con un milione di sfollati in Sudan per una alluvione
devastante e molti altri segnali di allarme
Come comportarsi, in questa situazione? Occorre una capacità di comunicare in modo
complesso e articolato su più livelli. Dobbiamo richiamare con forza il pilota del veicolo (i
decisori politici) alla realtà e alla responsabilità. Dobbiamo risvegliare chi dorme, distratto
dal luccichio del consumismo e convinto che tutto possa continuare come oggi. Occorre
invitare alla calma chi, preso dal panico, rischia di compiere gesti inconsulti e controprodu-
centi. E infine riportare quanti sono ormai rassegnati al peggio all’idea che esiste la possibi-
lità di salvarsi, se iniziamo da subito ad agire. Contenere l’aumento della temperatura entro
limiti accettabili (non dico ottimali, per questo forse è davvero tardi) è possibile.
Abbiamo le tecnologie per farlo e conosciamo le scelte da compiere a tutti i livelli. Ma
questa consapevolezza è ancora patrimonio di un numero troppo ridotto di persone.
La vera sfida è uscire dalla nicchia e raggiungere un vasto pubblico, attivandolo con-
cretamente. Non solo a livello della protesta -pur essenziale e decisiva- nei confronti
della politica, ma anche a livello delle scelte individuali e collettive che determineranno il
nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti. In questo numero della nostra rivista cer-
chiamo di farci carico di questa complessità, non banalizzando il tema attraverso facili
slogan, ma presentando le possibili scelte -sui vari fronti- che possiamo compiere per
rallentare, ma poi anche per cambiare direzione ed evitare l’impatto col muro. Teniamo
le cinture ben allacciate e gli ben occhi aperti. Siamo ancora in viaggio.
Emergenze e scelte:
clima e coronavirus
Questo periodico è aperto a quanti desi-
derino collaborarvi ai sensi dell’art. 21
della Costituzione della Repubblica Ita-
liana. Notizie, articoli, fotografie, compo-
sizioni artistiche e materiali redazionali
inviati al giornale, anche se non pubbli-
cati, non vengono restituiti.
www.ecofuturo.eu
Direttore editoriale e responsabile:
Michele Dotti
Caporedattore:
Sergio Ferraris
Grafica e impaginazione:
David Gofy De Angelis
Edito da
Econnection: La comunicazione
che innova
Società cooperativa
Piazza Francesco Donnetti 18
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Registrazione al Tribunale di Ravenna:
Num. R.G. 2265/2019 - Num. Reg. Stam-
pa 1456 del 20/05/2019
29L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2019 37
COMUNI VIRTUOSI
A cura di Marco Boschini*
9L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020* Coordinatore Nazionale Associazione Comuni Virtuosi
Storia di un gigante
con il cuore da sindaco
A Racale si racconta di un gigante che salvò il paese,
ma oggi il vero gigante è la cooperazione tra i cittadini
Si narra che durante una delle tante
scorrerie dei Saraceni in terra puglie-
se, gli abitanti di Racale inscenarono l’e-
spulsione dal paese del loro gigante: il
più forzuto, il più alto, il più astuto. L’uo-
mo se ne stava seduto appena fuori le
mura, con l’aria sconsolata. Al loro arri-
vo i Saraceni lo avvicinarono per chie-
dergli il motivo della sua cacciata. Il gi-
gante srotolò una litania degna di un
grande attore, facendo credere loro di es-
sere il più piccolo e debole del suo popo-
lo, immeritevole di restare in paese.
All’udire queste parole i Saraceni fuggi-
rono impauriti e i racalini vinsero la
guerra senza nemmeno combatterla.
Si narra che alla chiusura del cantiere del-
la nuova scuola materna ed elementare di
Racale, nel 2013, mancasse all’elenco del-
le opere realizzate la tinteggiatura dei mu-
ri esterni, per oltre 4.000 mq di superficie.
Il sindaco del paese, eletto da un anno e
poco più, prese pittura e pennello e iniziò
a lavorare. Nel corso di un giorno decine
di cittadini si rimboccarono le maniche,
attirati dal passaparola. Tutti si fermava-
no a dare una mano, in un gioco di squa-
dra spontaneo.
Racale, in fondo, è la città della follia, “do-
ve si esplora l’altro, il diverso, l’ignoto”,
come recita il manifesto dell’omonimo
Festival diretto nel 2018 dal grande Ro-
berto Vecchioni. Qui a governare è la po-
litica che amiamo: bella, pulita, concreta,
visionaria. Non è un caso che il sindaco
Donato Metallo sia stato insignito un an-
no fa del Premio intitolato alla memoria
di Angelo Vassallo, sindaco pescatore di
Pollica. Da quando governa la città di
10mila abitanti, Metallo ha saputo valo-
rizzare la ricchezza più grande di questa
terra: il patrimonio immateriale, fatto di
storie e di persone.
Da qui nasce una vitalità e una partecipa-
zione a ogni evento, che rende Racale uno
dei posti più attivi e attrattivi del Salento.
Ci sono le buone pratiche, ed è il motivo
che ha reso la città un comune virtuoso: la
raccolta differenziata all’80%, la riqualifi-
cazione energetica e la messa in sicurezza
di tutte le scuole, la pubblica illuminazio-
ne a basso consumo energetico, i km di
piste ciclabili e le aree sottratte all’asfalto
per far posto al verde di giardini ben cura-
ti. Ma quello che rende questo posto uni-
co sono le persone. Stefania Manzo è la
dirigente scolastica dell’istituto compren-
sivo, una forza della natura, con il fuoco
negli occhi e la voglia di lottare per scava-
re dentro i suoi ragazzi e insieme a loro
costruire un’idea di società altra. Pietro
Ferrarese è il sindaco del Consiglio Co-
munale dei ragazzi, un giovanotto dolce e
sempre attivo, consapevole del ruolo che
sta svolgendo per conto dei suoi coetanei.
Racale finanzia le nuove opere pubbliche
e i servizi che prima sembravano pura
utopia vincendo un bando dietro l’altro,
grazie all’impegno di amministratori e di-
pendenti che a volte fanno notte per as-
semblare i progetti in tempo utile.
A Racale c’è la bibliocabina per scambiare
libri in prestito, e un parco pubblico at-
trezzato per accogliere tutti, grazie a una
consulta istituita per affrontare il tema
delle abilità differenti. C’è la casa delle as-
sociazioni, l’Agorà Follia, dove una danza
tra anziani e bambini mischia il mazzo
della contaminazione generazionale. Nel
vecchio archivio comunale, a Palazzo Ip-
polito, è nata la biblioteca comunale, che
offre corsi di teatro, incontri pubblici, la-
boratori. Eunmuseodell’emigranteperri-
cordarcichisiamoedadoveveniamo.Do-
ve siamo andati, anche. Da Racale, ogni
anno, parte il Treno della Memoria che ha
già portato ad Auschwitz settanta ragazzi,
perché chi ricorda pompa ossigeno a un
futuro diverso.
Oggi le mura non ci sono più e nemme-
no i Saraceni pronti all’invasione. È ri-
masto un gigante d’uomo con il cuore da
sindaco, e lo sguardo folle di chi sa leg-
gere le persone. E insieme a loro, sempli-
cemente, cambiare tutto. ▲
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202010
SUI SOCIAL DEL CONSORZIO ITALIANO BIOGAS
PARLIAMO DI AGRICOLTURA, DI BIOENERGIA, DI MOBILITÀ
GREEN, DI BIOFERTILIZZANTI, DI AZIENDE AGRICOLE
VIRTUOSE, DI PRODOTTI AGRICOLI SOSTENIBILI.
E DI BIOGASFATTOBENE®
VIENI A DIRE LA TUA.
A seguire i social del CIB, #cibeneficianotutti
consorziobiogas.it
Il cambiamento
clandestino
Flaviano Bianchini fonda nel 2012 Source International un'organizzazione che raccoglie dati
contro lo sfruttamento di multinazionali minerarie e aiuta le comunità a vincere le loro battaglie
O
ggi voglio raccontarvi la
storia di Flaviano Bianchini,
un uomo che ha innestato
cambiamenti profondi in
diverse parti del globo. Tutto ha inizio nel
2005quandoFlavianoincontraun'attivista
guatemalteca che si occupa di diritti
indigeni legati al territorio, allo
sfruttamento delle risorse e che si batte
contro una impresa mineraria. La sua
presentazione alle conferenze era
emotivamente molto forte, ma le
mancavano i dati, i numeri.
L'idea fu immediata: Flaviano decise di
partire per il Guatemala con un biglietto
di sola andata per raccogliere dati
scientifici a supporto della ricerca in
questione.
Ci vollero due anni, ma ci riuscì:
“Costruimmo il primo caso nel 2007 – ci
spiega Flaviano – e questo fu il primo
esempio di crimine ambientale portato
alla corte americana dei diritti umani, che
poi quattro anni dopo nel 2011
'convinse' lo stato del
Guatemala a obbligare la
compagnia mineraria a
cambiare sistema
estrattivo”. Fu solo
l'inizio. In seguito fu
la volta di analisi
dell’acqua, del suolo
e del sangue in
Honduras ed El
Salvador.
Dopo alcuni anni e molti
progetti, nel 2012 Flaviano viene
nominato “Ashoka Fellow” e con il
sostegno di questa organizzazione fonda
l’associazioneSourceInternational,cheda
alloraportaavantiquestogenerediattività
in modo più costante e strutturato,
occupandosi di difendere le popolazioni
che soffrono dello sfruttamento delle
risorse: “la comunità indigena nel mezzo
dell’Amazzonia che si trova invasa dalla
grande compagnia di turno ci chiama, noi
raccogliamo i dati ma insegniamo anche
alla popolazione a raccogliere i dati e
monitorare la situazione - una sorta di
cittadinanza attiva - e poi portiamo la cosa
sul piano legale.
Oggi abbiamo in corso molte cause con
diverse compagnie, minerarie ma non
solo. Ci occupiamo di tutto ciò che è
sfruttamento delle risorse”. Oggi Source
International ha sede in Italia e ha alcuni
dipendenti fissi e molti collaboratori. Al
momento ci sono 39 progetti i corso.
Tra questi solo uno è stato proposto
“dall’alto”, dalle Nazioni Unite, tutti gli
altri sono partiti da segnalazioni e
passaparola.
“Quando abbiamo iniziato – ci
confida - mi sentivo Don
Chisciotte... oggi posso
dire che abbiamo
ottenuto tantissimi
risultati.L’Honduras
ha dichiarato 13
articoli della legge
mineraria
anticostituzionali
perché violavano il
diritto alla salute grazie
ai nostri studi, salvando
così milioni di persone; in
Messico abbiamo speso 25.000
euro ottenendo un risarcimento per la
comunitàdi50milionididollari;abbiamo
ottenutocheilsecondouomopiùriccodel
Messico arrivasse alla corte suprema di
giustizia; in Perù grazie al nostro lavoro è
stata dichiarata l’emergenza sanitaria e
ambientale e la miniera ha deciso di
chiudere e bonificare l’area; in Mongolia
abbiamo ottenuto che venissero liberati i
prigionieri di coscienza, arrestati per le
protestecontrolaminiera,perchéabbiamo
dimostrato che le loro proteste erano
valide. E così via. Certo, per una che ne
vinci cinque ne perdi, ma intanto qualcosa
si è portato a casa”.
La storia di Flaviano ancora una volta
dimostra che abbiamo un potere enorme
di cambiare le cose, persino di fronte a
grandimultinazionalioagovernicomplici.
La differenza tra chi si attiva e ottiene
risultati e chi si limita a lamentarsi è tutta
qui: si può aspettare che qualcuno cambi il
mondo o ci si può attivare per farlo in
prima persona. ▲
ITALIA CHE CAMBIA
A cura di Daniel Tarozzi*
11L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020* Fondatore di Italia che cambia, giornalista e scrittore
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202012
Siamo leader mondiali nella produzione di pannelli solari ultraleggeri ed ultrasottili in
materiale plastico. I nostri pannelli fotovoltaici sono caratterizzati da alta efficienza e
facilità di installazione. Ecco perché molti costruttori di camper e caravan, cantieri
navali, costruttori di contenitori per i rifiuti, di apparecchiature per la sicurezza, di
tensostrutture, architetti e progettisti scelgono di integrare i moduli PV Enecom
direttamente in fase di design e progettazione delle loro realizzazioni. Ed ecco perché
ENECOM INSIDE è diventato un marchio dstintivo di qualità e innovazione, Made in Italy
ENECOM Srl - Via Siena, 16 59013 Montemurlo Italy - +39.334.1444084
info@enecompower.com www.enecompower.com
P
rosumer. Chi è costui? Sarà con
ogni probabilità il protagonista
della scena energetica dei
prossimi anni, se non lo si
soffocherà prima. Ossia il produttore/
consumatore di energie, ovviamente,
rinnovabili. È una figura già presente da
tempo in altri paesi come la Francia, la
Germania e la Gran Bretagna e che ora,
grazie alla Strategia energetica nazionale
e alle nuove direttive europee, arriverà
anche in Italia.
Si tratta di una modalità di
comportamento che è stata resa possibile
dalla digitalizzazione della rete elettrica,
campo nel quale l’Italia è all’avanguardia,
che sfruttando sistemi intelligenti di
contabilizzazione, le smart grid e in un
prossimo futuro anche le blockchain,
consente da un lato la possibilità
all’utenza di essere protagonista
bidirezionale della rete, dall’altro
permette di bilanciare la produzione
e i consumi anche con le rinnovabili
e i piccoli soggetti, come le famiglie e
le Pmi. E un grande ruolo lo giocherà
l’accumulo che consente una flessibilità e
un bilanciamento ancora maggiore della
dialettica tra produzione e consumo.
E su ciò c’è da registrare un ritardo
dell’Italia. Il nostro paese, infatti, non ha
mai varato un programma d’incentivi per
l’accumulo da fotovoltaico domestico,
come invece fa la Germania da alcuni
anni, mettendo una seria ipoteca sia sulla
manifattura degli accumulatori - nella
quale avevamo fino a qualche anno fa
una buona leadership - sia sullo sviluppo
delle reti intelligenti. L’incentivo
messo a punto dalla Germania è una
piccola cosa, circa 200 milioni di euro
l’anno, e non si capisce come mai un
provvedimento analogo non sia mai stato
preso in considerazione dal Governo
italiano, al punto che due regioni,
Lombardia e Veneto hanno provveduto
autonomamente a incentivare l’accumulo
domestico per le rinnovabili.
Una riflessione da fare in questo quadro è
quella relativa agli aspetti sociali andando
oltre la produzione di reddito aggiuntivo
attraverso la produzione energetica, o di
risparmio grazie all’efficienza energetica
indotta da questi sistemi. E come aspetti
sociali si intendono, per esempio, quelli
motivazionali, etici e la tensione tra
libertà e vincolo. Si tratta di aspetti
squisitamente antropologici e sociologici
e che per questa loro caratteristica sono
stati affrontati molto raramente nel
mondo dell’energia. Per affrontarli è
necessario prendere in prestito alcune
dinamiche proprie di un altro tipo di
prosumer: quello attivo sul web. In
questo campo l’asimmetria informativa
tra i media e gli utenti è molto
diminuita, se non addirittura azzerata
quando entrano in gioco “aggregatori
informativi” come i social network.
All’interno dei social network, infatti,
trovano posto dinamiche di produzione,
modifica e consumo dell’informazione,
mentre negli aggregatori energetici ci
sono produzione, accumulo e consumo
d’energia ed entrambi i modelli
possiedono dinamiche sociali simili.
La presenza delle persone in queste
dinamiche, per esempio, è legata al
concetto d’autonomia sia energetica sia
informativa, mentre quello che prima era
solo un consumatore, oggi diventando
un prosumer, assurge a un ruolo attivo.
E che dire della convergenza d’interesse?
Il prosumer informativo si aggrega
a seconda di interessi specifici, come
per esempio la mobilità o la cucina.
Quello energetico trova il proprio punto
d’aggregazione, per esempio, nelle
questioni etiche e/o ambientali. O anche
più semplicemente nel risparmio. Si
tratta, come abbiamo detto, di aspetti
comportamentali che sarà fondamentale
affrontare nell’immediato futuro
perché da queste analisi potrebbero
dipendere le sorti di fenomeni quali le
comunità energetiche, le rinnovabili sul
territorio, per non parlare della lotta ai
cambiamenti climatici. ▲
* giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine
Prosumer al debutto
Avanza una nuova figura. Parliamo del prosumer dell'energia,
ossia il produttore/consumatore, di energie. Rinnovabili
ENERGIA
A cura di Sergio Ferraris*
13L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
15L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
Disinfettante mani fai da te:
ricetta diffusa dall’OMS
Igienizzare fai da te: missione possibile
C
orse all’acquisto degli
igienizzanti mani, scaffali
svuotati e prezzi alle stelle: tutti
i media hanno documentato
scene del genere in concomitanza con
la diffusione delle informazioni sul
Coronavirus. Per questo l’Organizzazione
mondiale della Sanità ha diffuso
subito una ricetta per autoprodurre il
disinfettante mani ricordando però, che
per una corretta igiene, è sufficiente lavarle
con acqua e sapone, dedicando a questa
operazione non meno di un minuto.
Solo in assenza di acqua e sapone si può
ricorrere ai cosiddetti igienizzanti per le
mani a base alcolica, facendo attenzione
a non abusarne.
IGIENIZZANTE PER
MANI FAI DA TE
Ricetta dell’OMS
Occorrente per un litro:
•	833 ml di alcol etilico al 96%
•	110 ml di acqua distillata
•	42 ml di acqua ossigenata
(o perossido di idrogeno) al 3%
•	15 ml di glicerina (o glicerolo)
al 98%
* scrittrice e conduttrice tv, Presidente Movimento per la Decrescita Felice
Questo disinfettante per mani
prevede alcuni ingredienti che
combinati assieme nelle giuste quantità
sono efficaci contro i virus, che vengono
velocemente eliminati. È importante
avere recipienti adeguatamente puliti
e disinfettati e lavorare velocemente
per evitare che i prodotti evaporino.
Nel contenitore si travasano 833 ml di
alcol etilico (etanolo) al 96%, che si può
acquistare nei negozi alimentari, e 42 ml di
acqua ossigenata (3% di concentrazione),
che ha il compito di inattivare le spore
di eventuali batteri contaminanti e che si
può reperire in farmacia.
Si aggiungono poi 15 ml di glicerina
al 98%, recuperabile in erboristeria
o farmacia a pochi euro. Essendo
molto viscosa è utile aiutarsi con una
parte dell’acqua distillata bollente, per
scioglierla e miscelarla meglio. È da tenere
presente che il glicerolo ha una funzione
umettante, e può essere sostituito con
altri emollienti, come sottolinea lo stesso
OMS.Si arriva a un litro complessivo di
preparazione aggiungendo anche 110 ml
di acqua distillata (sempre in farmacia),
sostituibile con acqua bollita, filtrata e
poi riportata a temperatura ambiente.
Si deve agitare per bene il contenitore
in modo che il composto sia omogeneo.
Infine, si travasa immediatamente in
contenitori più piccoli come flaconi
dosatori ben puliti e sterilizzati. Sempre
meglio etichettare indicando sia la data
di preparazione e che ingredienti. Dopo
72 ore l’igienizzante può essere usato, in
modo che le eventuali spore batteriche
siano uccise dall’acqua ossigenata. Data
la presenza dell’alcol è importante
ogni tanto idratare le mani per evitare
la secchezza. Basta qualche goccia di
olio extravergine di oliva sulla pelle
precedentemente inumidita.
Dopo aver applicato o spruzzato la
soluzione sulle mani asciutte, queste
vanno strofinate per almeno 40 secondi
o fino a che risulteranno asciutte.
Alcune avvertenze sono da tenere in
considerazione. Questa soluzione,
potenzialmente infiammabile, non
va ingerita, e per questo motivo deve
essere conservata fuori dalla portata dei
bambini e occorre evitare il contatto con
gli occhi e le mucose.
L’uso prolungato potrebbe favorire
lo sviluppo di resistenze e un
indebolimento della naturale protezione
della pelle, aumentando il rischio di
infezioni. È sempre meglio chiedere al
proprio medico di fiducia un consiglio
sull’utilizzo e sul dosaggio, soprattutto
nel caso di bambini o di pelli delicate,
e seguire le indicazioni del Ministero
della Salute e dell'OMS in continuo
aggiornamento sugli igienizzanti. ▲
AUTOPRODUZIONE
A cura di Lucia Cuffaro*
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202016
N
on intendiamo qui ripe-
tere le indicazioni che in
questi giorni tutti i media
stanno dando per preve-
nire il coronavirus, ma piuttosto offrire
alcuni spunti di riflessione su come l’e-
cologia possa venirci incontro per tra-
sformare questo periodo di fermo for-
zato - che porterà con sé tanti problemi,
per tutti- in un’occasione per cambiare
alcuni aspetti della nostra vita, in modo
da poter gestire e ammortizzare quegli
stessi problemi. E trasformarne alcuni
in vere e proprie opportunità.
Una mano contro
il coronavirus
L’ecologia in tutte le sue declinazioni può aiutarci a superare questa difficile crisi
SALUTE / a cura di Ecofuturo*
17L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
Salute al primo posto
L’inquinamento delle pianure e delle
città è dovuto al traffico, alle attività
economiche inquinanti e ai riscalda-
menti. Il confronto con le foto dal sa-
tellite dopo i provvedimenti di blocco
dimostrano che è possibile vivere non
inquinati. E qualcosa con questa crisi
sta cambiando. Il position paper della
Società Italiana di Medicina ambientale
inizia ad affrontare quanto sostenuto
da anni dal nostro coordinatore scien-
tifico Prof Giuliano Gabbani ovvero
che le poveri sottili fanno da carrier
(trasporto) degli inquinanti, di batteri,
muffe e probabilmente anche virus.
Le aree commerciali in cui concentria-
mo tutti, come locali pubblici, ospe-
dali o sale attesa degli studi medici
sono luoghi di diffusione e amplifica-
zione dei virus influenzali che causa-
no 8.000 morti anticipate ogni anno.
Ma oggi esistono tecnologie – ne ave-
vamo presentate molte con la nostra
campagna “Spolveriamoci”- in grado
non solo di salvarci la vita, ma anche
di tenerci in salute.
Innanzi tutto riconvertire il traffico,
puntando sul car sharing elettrico, sui
veicoli e sulle auto elettriche e sulla
riconversione a dual fuel col metano
di tutto il circolante, a metano/bio-
metano o ibrido plug in (ricaricabile a
spina). Per riscaldamento e raffresca-
mento puntare su pompe di calore ge-
otermiche o con sonde e impianti pun-
tuali oppure reti di teleriscaldamento
freddo, fotovoltaico con gli accumuli,
cogenerazione ad alta efficienza con
metano/biometano/idrogeno e anche
sulla sostituzione delle stufe a pellet e
legna con quelle a 4 stelle. Per le attività
produttive è possibile puntare in ma-
niera massiccia sull’efficienza energe-
tica e sull’autoproduzione dell’energia
da rinnovabili.
Ripulire gli ambienti da CO2 e
polveri
Le classi scolastiche o gli uffici pur non
essendo “inquinati” costringono a sof-
focare di CO2 e a scambiarsi influen-
ze o raffreddori solo perché non sono
stati installati sistemi di Ventilazione
Meccanica Controllata che scambiano
l’aria in continuazione e la ionizzano
rendendo la vita migliore per tutti. La
misurazione di questi parametri
è possibile con senso-
ri complessi ma di
semplice applica-
zione e lettura,
oltre che dal
costo contenu-
to. Ogni scuola
potrebbe averne
uno per tenere la
situazione sempre
sotto controllo.
Ma se in un’aula scolastica il ri-
schio è quello di assenze a raffica e
preoccupazioni per genitori con per-
dite economiche e di produttività,
provate a pensare a uffici, call center,
sale di attesa degli ospedali, o alle case
di riposo per anziani.
Non proponiamo sanificazione con
ozono o chimica, che dopo essere fatta
richiede l’arieggiamento dei locali, ma
quelle in continuo che si possono ot-
tenere con difese passive oppure con
tecniche come l’abbattimento elettrico
ad alta tensione ottenuto da apparecchi
che in Cina nella fase del corona virus
sono stati installati a centinaia mentre
da noi sembrano ancora scatole magi-
che. (https://bit.ly/2JsYPpP)
Ci sono soluzioni ecotecnologiche che
richiedono la svolta dei decisori men-
tre altre richiedono scelte consapevoli
dei singoli cittadini.
La dimensione economica
Scelte attente da un punto di vista eco-
logico possono offrirci enormi rispar-
mi nelle bollette di casa. L’installazione
di un impianto fotovoltaico abbinato
a una pompa di calore oppure un im-
pianto geotermico a bassa entalpia sono
scelte in grado di ridurre i costi non
solo per il riscaldamento ma anche per
il raffrescamento estivo. Se le conside-
riamo sull’arco di 30 anni il risparmio è
paragonabile a una vincita alla lotteria.
E ci sono altre piccole scelte, molto
economiche, che possono produrre
importanti benefici. Pensate all’impor-
tanza di aerare i locali in cui viviamo.
L’ideale sarebbe avere pareti traspiran-
ti, come per le case in legno o in paglia,
per evitare muffe e le possibili malattie
che comportano. In alternativa, spe-
cie per chi ha pareti e infissi mol-
to isolanti, è necessario
cambiare l’aria di fre-
quente, o con un
piccolo impianto
di circolazione
forzata dell’aria
oppure aprendo
manualmente le
finestre. Ma come
farlo? C’è chi pensa:
“Non apro le finestre per
evitare che esca il calore”. Un’idea
bislacca. Quanto risparmiato in ener-
gia lo spenderemmo raddoppiato in
farmaci. Molti però sbagliano nella
modalità di areazione, lasciando tutto il
tempo una finestra leggermente aper-
ta. È meglio invece, dal punto di vista
del risparmio energetico, aprire tutte le
finestre e le porte per 5-10 minuti e poi
richiuderle.
Altre scelte interessanti possono es-
sere l’introduzione di valvole termo-
statiche, che possono portare a un
risparmio fino a 350 euro/anno per
un appartamento di 100mq riscalda-
to a gas, oppure l’uso delle lampadine
a LED che durano oltre 20 volte le
lampadine tradizionali e ci permet-
tono un risparmio di 15 euro/anno
ciascuna. Fate il conto per i corpi il-
luminanti della vostra abitazione. Lo
stesso discorso vale per tutti gli elet-
trodomestici di casa, per i quali è sag-
gio preferire senza alcuna esitazione
quelli nelle classi energetiche più alte,
che si ripagano col loro uso.
Altri risparmi importanti possono venire
dall’uso della doccia al posto della vasca
dabagno(anchediacquanonsolod’ener-
gia), dallo spegnimento degli apparecchi
elettronici lasciati in standby e dall’atten-
zione a non esagerare col riscaldamento/
raffrescamento. Basti pensare che alzare la
temperatura di 2° costa 150 euro all’anno.
Comunicazione e lavoro: nuovi
strumenti
Già in tempi non sospetti con Eco-
futuro abbiamo puntato sulla tra-
smissione web del Festival, arrivando
nell’ultima edizione a raggiungere
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202018
complessivamente 300.000 persone in
diretta streaming e a veicolare i conte-
nuti registrati sulle varie piattaforme a
3 milioni di persone all’anno, che di-
vengono 12 milioni a livello di ingressi
nei due siti connessi - Ecquologia.com
e Peopleforplanet.it - a un costo con-
tatto molto inferiore a qualsiasi altro
tipo di investimento in comunicazione
perché facciamo risparmiare sui costi
di carburante, logistica, trasferte. Du-
rante il corona virus abbiamo prose-
guito a produrre contenuti e confronti
(https://bit.ly/2UrAgQL) - ospitando
gratuitamente, con spirito di servizio,
centinaia di relatori - unendo la diret-
ta Facebook con la videoconferenza
della piattaforma ZOOM, cosa che
intendiamo riproporre anche durante il
prossimo festival per favorire un’ampia
partecipazione anche da casa. Più volte
abbiamo suggerito che anche i summit
climatici, così come i confronti scien-
tifici, potrebbero svolgersi on line gra-
zie a questi moderni sistemi elettronici
che permettono di recuperare anche
l’espressività dei volti. E con un rispar-
mio economico che permetterebbe di
democratizzare la partecipazione.
Occupazione rinnovabile
Ancora non sappiamo quali saran-
no i risvolti, negativi, sull’occupazio-
ne del Coronavirus, ma siamo certi
che l’unica ricetta che ci porterà fuo-
ri dalla crisi sarà un vero Green New
Deal, concreto e non fatto di soli slo-
gan, come abbiamo chiesto -come
Econfuturo- con lo “Sblocca cantie-
ri delle rinnovabili e dell’efficienza”
(https://bit.ly/2vVRkVm).	
Il raggiungimento degli obiettivi eu-
ropei (vincolanti) per le rinnovabili al
2030 sblocca 80 miliardi di euro d’inve-
stimento ai quali devono essere messi
in parallelo sia politiche industriali co-
erenti per tenere il più possibile la ma-
nifattura sostenibile in Italia, sia inve-
stimenti nella ricerca. Il traguardo del
100% di rinnovabili al 2050, secondo
una ricerca dell’Università di Stanford,
produrrà in Italia 650 mila posti di la-
voro full time e permanenti, mentre
gli addetti alla generazione fossile che
perderanno il lavoro saranno 164 mila.
Saldo netto 486 mila nuovi posti di la-
voro. Tutto ciò si tradurrà in un guada-
gno annuale, per il paese, di 45,7 miliar-
di di euro, ai quali deve essere sottratto
il valore delle perdite di posti di lavoro
nel settore fossile che è di 11,56 miliar-
di di euro. Saldo netto 34,16 miliardi di
euro: 2 punti abbondanti di Pil. E tutto
ciò solo per l’energia.
Avremo nuovi posti di lavoro anche
per tutti i settori “investiti” dalla con-
versione ecologica e da un efficienta-
mento serio (https://bit.ly/3bKNtKj)
della pubblica amministrazione. ▲
* Michele Dotti, Sergio Ferraris,
Jacopo Fo, Fabio Roggiolani
F
inalmente si apre, grazie
a una direttiva europea, la
possibilità anche in Italia di
fare comunità energetiche
Mettersi assieme per produrre energia rin-
novabile. In altri paesi europei ciò è pos-
sibile da decenni, ma in Italia era illegale.
Ora non più, grazie a una nuova direttiva
europea, e sta partendo un periodo di spe-
rimentazione concreta, fino al recepimento
della direttiva, che consentirà ai cittadini
riuniti in comunità di autoprodurre e au-
toconsumare energia pulita. Aiutando il
clima e il portafogli. Abbiamo discusso
di ciò con il Presidente della Commis-
sione attività produttive, commercio e
turismo, del Senato, Onorevole Gianni
Girotto (M5S) che ha fortemente volu-
to, assieme a uno dei protagonisti della
direttiva a Bruxelles, Dario Tamburrano,
già europarlamentare l’introduzione del-
le comunità energetiche anche in Italia.
 
Oggi stiamo partendo con una
sperimentazione circa le comu-
nità energetiche. Perché è neces-
saria una sperimentazione e in
cosa si traduce nel concreto?	
«Consideriamo l’autoconsumo collettivo
una rivoluzione innovativa del sistema
energetico del Paese capace di alimentare
benefici ed opportunità che dobbiamo
cogliere in fretta, in particolare in questo
momento storico nel quale dobbiamo
tenere iniziative di politica economica
rivolte a fronteggiare la crisi creata dal
covid-19. Abbiamo voluto anticipare al
massimo il recepimento della direttiva
europea che è in iter e arriverà a
conclusione nel giro di un anno, forse
qualcosa di più, per arrivare preparati a
questo traguardo grazie ad informazioni
tecniche e pratiche sulle modalità di
funzionamento che verranno acquisite già
in questa fase. Con il nuovo quadro norma-
19L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
PERSONAGGI / di Sergio Ferraris
Siamo in paese dove in un attimo
complichiamo cose semplici. Siamo
sicurichechisiattivagiàogginonavrà
impedimenti normativi domani?	
«Si c›è una ragionevole certezza che ciò non
accada. La norma è stata messa a punto con
un allargato processo di partecipazione di
tutte le parti interessate e il ministro dello
Sviluppo Economico Stefano Patuanelli è
convergente sull’attuazione di questa nor-
ma e ci ha già dato ampie garanzie  che
saranno rispettati i 60 giorni di tempo che
il Mise ha per trovare la formula ottima-
le per l’incentivazione sull’energia auto-
prodotta e consumata istantaneamente.
 
Se domani un gruppo di cittadini vo-
lesse fondare una comunità energe-
tica cosa dovrebbero fare?	
«Ora devono ancora aspettare un attimo
perché ci sono i sessanta giorni che ha a di-
sposizione il Mise per la realizzare la norma
sull’incentivo, poi c’è l’Arera che ha tren-
ta giorni per mettere a punto altri dettagli
di regolazione, ma una volta uscite queste
norme il consiglio è quello di rivolgersi a
cooperative energetiche o altre entità che
stanno già sperimentando queste forme, o
anuovipromotorichenasceranno inmodo
da avere consigli pratici sul da farsi. Nelle
prossime settimane è mia intenzione spie-
gare diffusamente le opportunità legate alla
comunità energetiche. Bisogna tenere pre-
sente che di sicuro ci saranno molte azien-
de di servizi che offriranno consulenze, sia
per l’apertura, sia per la manutenzione delle
comunità energetiche. Sono abbastanza ot-
timista circa il fatto che ci saranno diver-
se  imprese che si offriranno per il sostegno
della realizzazione di queste comunità. 
Credo che si creeranno parecchie
realtà che offriranno supporto, servizi o
addirittura il pacchetto chiavi in mano,
comprensivo anche della parte burocratica
relativa alla costituzione della comunità».
Tutto bene. Ma come si posso-
no tutelare i cittadini da eventuali
truffe legate a questa nuova atti-
vità che pochi conoscono?	
«Si tratta un problema che è trasversale
a tutte le attività specialmente quelle
nuove. Ciò che possiamo fare è invitare
i cittadini ad affidarsi ad aziende di
comprovata esperienza nelle rinnovabili
e magari un›attività da lungo tempo nel
settore delle rinnovabili. È necessario
che non si facciano scelte affrettate
lasciandosi abbagliare da offerte che
promettono miracoli. Personalmente sto
spingendo  affinché  gli enti pubblici
preposti facciano comunicazione e
consulenza sul territorio e anche online,
ma ad attivarsi devono essere soprattutto
le organizzazioni d›impresa: hanno solo
da guadagnare da queste nuove attività». 
Per finire le comunità energeti-
che quanto possono contribuire
al raggiungimento degli obiettivi
che ci siamo dati al 2030?	
«È complicato fare delle previsioni di
questo tipo, in particolare in questo nuovo
scenario di crisi.Di sicuro le potenziali-
tà per dare un contributo importante ci
sono. Contando solo i tetti dei condomini
e degli altri edifici, ci si rende conto che a
disposizione abbiamo decine di Giga Watt
e quindi le potenzialità ci sono. Come sem-
pre la differenza la fanno gli strumenti a
disposizione, specialmente la conoscenza
di questi strumenti. Per cui anziché fare
previsioni, io mi impegno a rendere perva-
siva questa possibilità, perché il solo fatto
che abbiamo un milione di condomini che
possono realisticamente dimezzare la bol-
letta ci dovrebbe consentire di creare mol-
te comunità e di conseguenza una grande
quantità di energia pulita». ▲
tivo saranno realizzate nuove configurazio-
ni di produzione e consumo di energia fino
ai 200 kW che prima non potevano essere
realizzate. Potremo far partire da subito
una serie di cantieri e lavori su condomini
e attività produttive per ridurre in maniera
sensibile le bollette energetiche e la neces-
sità di approvvigionamento verso l’estero».
Tutto bene ma in quale maniera?	
«L’autoconsumo collettivo comporta una
minore spesa in bolletta per un diverso
utilizzo della rete elettrica. Inoltre si avrà
un sostegno diretto con un incentivo che
deve essere stabilito nei prossimi mesi
dal Ministero dello Sviluppo. Questi stru-
menti potranno essere impiegati in com-
binato disposto delle detrazioni fiscali
che già esistono e il Ministro Patuanelli ha
già dichiarato di voler rafforzare, ossia gli
ecobonus, e la possibilità di fare autopro-
duzione di elettricità, che per esempio può
servire ad alimentare le pompe di calore,
cambiando così il sistema termico di un
condominio e passando dalle caldaie alle
pompe di calore che sono molto più effi-
cienti. Così abbiamo la possibilità reale di
dimezzare la bolletta per centinaia di mi-
gliaia di italiani e stimolare l’economia reale
con la creazione di nuovi posti di lavoro. ».
Quali sono le questioni	
tecniche aperte? 	
«C’è la necessità di scelte chiare. Già il
fatto di aver utilizzato la modalità virtuale
rispetto a quella fisica è una prima scelta
che potrebbe confermare la validità del
modello. E non è cosa da poco perché con
la modalità virtuale non sarà necessario du-
plicare intere porzioni di reti con dei cavi
fisici e si renderà più snello il modello. Poi
ci sarà da mettere a punto il meccanismo
alternativo allo scambio sul posto che vada
a incentivare tutto l’autoconsumato. Si
tratta di un passaggio chiave perché oggi
il meccanismo dello scambio sul posto re-
munera l’energia autoprodotta sul nostro
tetto nel momento in cui viene inviata in
rete. Noi invece dobbiamo incentivare
l’autoconsumo e il meccanismo previsto
nella normativa premia tutto l’autoconsu-
mo istantaneo, anche quello con i sistemi
di accumulo. Quindi saremo in grado di
mettere a punto una tariffa incentivante
che incrementi l’autoconsumo e lo stoc-
caggio. In modo che nei momenti di ne-
cessità l’utente può usare l’energia autopro-
dotta e stoccata prima prelevarla dalla rete».
L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202020
Mr. Prosumer
La democrazia energetica oggi ha un nuovo
protagonista: il prosumer
21L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
D
ario Tamburrano, già
europarlamentare esperto
in energie rinnovabili e
transazione ecologica è
stato il protagonista della creazione in
Europa della figura del prosumer, cosa
che aveva nella testa da 10 anni. Ossia
da quando il proprio condominio, nel
2005,glinegòilpermessod’installazione
dei pannelli fotovoltaici per prodursi
elettricità da solo. Tamburrano ci
ha raccontato come ha costruito, a
Bruxelles, la figura del prosumer che
sarà il soggetto protagonista della
democrazia energetica.
In Europa come è nata l’idea
delle comunità energetiche?	
«A Bruxelles la cosa è nata nel 2015 con
una comunicazione della Commissione
europea che si chiamava "New deal for
energy consumer" (https://bit.ly/2xz1J9Q),
sulla quale il Parlamento era chiamato a
esprimersi. Da qui mi sono reso conto
che la Commissione citava il termine
prosumer, - il produttore/consumatore,
N.d.R. - ma non ne dava alcun tipo di
definizione giuridica, per cui questi
soggetti non avevano in sostanza alcun
tipo di diritto. Visto ciò ho proposto,
con una serie di emendamenti, al
Parlamento, una definizione giuridica
e legale del prosumer, essendo questa
una figura chiave imprescindibile nel
contesto della transizione energetica.
E bisogna tenere conto che definendo
in questo contesto i diritti dei singoli,
si apriva la strada alle comunità
dell’energia, ossia un gruppo di
prosumer. E la proposta ha convinto».
E quindi cosa è successo?	
«Anche grazie al supporto della relatrice
Laburista, Thersa Griffin il mio testo
è stato subito accettato dai Socialisti
dai Verdi, e dalla Gue (il gruppo più a
sinistra nel Parlamento Europeo). Ma
anche così non avevamo la maggioranza
e per avere con noi i Liberali ho limato
il testo e questi ultimi si sono rivelati
“Liberali” di nome e di fatto. Hanno,
infatti, sostenuto i prosumer perchè
si tratta di una questione di libertà del
singolo cittadino. Il termine prosumer,
poneva poi una questione di tipo legale,
perchè nel momento in cui il cittadino
diventava anche produttore d’energia vi
era la conseguenza inevitabile, sotto il
profilo giuridico, che dovesse assumersi
anche tutti gli obblighi del produttore
d’energia tradizionale, cosa che avrebbe
bloccato di fatto tutto il processo.
E come avete risolto?	
«Una delle difficoltà è stata quella di
dare ai prosumer, che infatti poi nei
documenti successivi si sono chiamati
self-consumer, i diritti dei consumatori
senza avere gli obblighi dei produttori
tradizionali. I prosumer sono quindi una
categoriaibrida.Eilpassaggiosuccessivo
èstatoquellodellecomunitàenergetiche.
Su questo schema complessivo abbiamo
ottenuto la maggioranza, per cui la
posizione del Parlamento, in merito
alla comunicazione della Commissione,
includeva la richiesta di proporre un
quadro regolatorio per i prosumer con
una serie di suggerimenti molto chiari.
Dopo di che la Commissione europea
ha inserito all’interno delle direttive del
“Clean energy package” sia i prosumer,
sia le comunità energetiche».
E sul fronte degli
oneri di sistema
come è andata?	
«Uno degli obiettivi
che mi sono posto,
oltre a tutto ciò, è
stato quello di non
assoggettare agli
oneri di rete l’energia
prodotta e consumata
direttamente dai
prosumer e su questo
fronte è stata dura, perchè si andava
a toccare tutta una serie di interessi
che avrebbero avuto tutto da perdere
di fronte all’energia rinnovabile,
a basso costo e prodotta a livello
diffuso. «Tassare l’energia rinnovabile
autoprodotta che cade dal cielo con il
sole o portata dal vento e consumata in
casa, è come tassare i pomodori dell’orto
di casa”, questa era il mio slogan nelle
roventi sedute di confronto con chi si
opponeva a questa piccola rivoluzione».
E qui devo dire che ho avuto fortuna
perché il relatore spagnolo socialista
della direttiva José Blanco López
ha “subappaltato” a me e ai Verdi la
gestione dell’articolato sui prosumer ed
energy communities e in questa maniera
siamo riuscito a gestirlo al meglio,
riuscendo a strappare, alle tre e mezzo
del mattino, che l’autoconsumo senza
oneri di rete passasse da 3 a 30 kWe di
potenza produttiva e che non ci fosse
nessun tipo di limitazione. Quando
tutto ciò è arrivato al Consiglio UE a
mettersi di traverso è stata la Germania
che voleva dei limiti più stringenti
sull’autoconsumo, minacciando di far
saltare tutto l’accordo sulla direttiva.
A quel punto, avendo raggiunto un
accordomoltoambiziosoabbiamopotuto
trovare un punto di mediazione dando ai
cittadini UE dei diritti come prosumer
(e quindi come comunità dell’energia)
estremamente vantaggiosi. ▲
22 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
LA CORNICE / di Sergio Ferraris
Adattarsi al clima
La partita della mitigazione potrebbe essere persa, ma quella sull’adattamento,
meno nota, potrà essere vincente. Anche alla luce della crisi Coronavirus
C
lima. Da due anni è tor-
nata alla ribalta l’emer-
genza legata ai cambia-
menti climatici. Il primo
allarme lo ha lanciato l’Ipcc che con un
proprio report periodico dell’ottobre
2018 ha fissato come limite inderogabi-
le gli 1,5°C al 2100 e non i 2°C dell’Ac-
cordo di Parigi.	
In contemporanea una giovane ragazza
svedese e un sociologo inglese, Greta
Thundberg e Roger Hallam davano vi-
ta a due movimenti per la difesa del cli-
ma: Fridays For Future ed Extinction
Rebellion. Nello stesso periodo arriva-
vano a un giro di boa molti studi sul cli-
ma che affrontavano i tipping point, os-
sia i punti considerati dai climatologi di
non ritorno.
Tradotto quegli eventi di cui si hanno i
sintomi e che non sono mai stati osser-
vati prima nella storia dell’uomo, come
la riduzione della produzione d’ossige-
no degli oceani dovuta all’acidificazio-
ne provocata dall’eccesso di CO2, lo
scioglimento del permafrost e il rilascio
di metano - 25 volte più potente della
CO2 sul fronte del clima - e lo sciogli-
mento dei ghiacciai della Groenlandia
al ritmo di 8mila litri d’acqua al secon-
do. Sul fronte opposto, quello delle
emissioni, si è registrato un continuo
aumento sia della CO2 presente in at-
mosfera, sia di quella emessa pro capite
a livello mondiale, mentre il lavoro per
l’attuazione dell’Accordo di Parigi, che
con i livelli volontari di riduzione delle
DianaBagnoli
23L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020*giornalista scientifico, caporedattore Ecofuturo Magazine
La Iea vede al 2040 un
aumento dei consumi di
petrolio e gas metano fossile,
con una lieve diminuzione del
carbone e un aumento delle
rinnovabili, insufficiente
rispetto alle necessità.
Il problema di fondo è che il
2040 è, sul fronte energetico,
dietro l’angolo, meno di un
ciclo energetico standard che
è di 25 anni
nazioni firmatarie ci porterebbe co-
munque a più 3,2°C al 2100, mostra
evidenti segni di stallo. Nel frattempo
proseguono gli investimenti fossili. Un
grafico Iea presentato nel recente Word
Energy Outlook 2019 vede al 2040 un au-
mento dei consumi di petrolio e gas meta-
no fossile, con una lieve diminuzione del
carbone e un aumento delle rinnovabili si-
gnificativo in termini percentuali, ma in-
sufficiente rispetto alle necessità.
Il problema di fondo è che il 2040 è, sul
fronte energetico, dietro all’angolo, meno
di un ciclo energetico standard che è di 25
anni minimo. Tradotto: le centrali fossili
che stiamo realizzando ora, come i 250
GW a carbone cinesi, rimarranno in fun-
zione per un bel pezzo, facendoci superare
gli 1,5°C al 2100. E si tratta di grandi scel-
te di politica energetica sulle quali l’in-
fluenza dell’opinione pubblica dal basso
ha poca presa, visto che le nazioni cardine
di tutto ciò - Cina, India, Russia e Stati
Uniti - hanno una bassa democrazia ener-
geticaesembranoignorareneifattilepres-
sioni dei movimenti per il clima. 	
Parola d’ordine adattamento
Ma se la partita legata alla mitigazione
appare in stallo, non lo potrebbe essere
quella dell’adattamento ai cambiamenti
climatici che saranno necessari per
affrontare la crisi climatica, così
come saranno necessarie politiche
d’adattamento sociali. Se da un lato
stanno arrivando, già ora, gli effetti
dei cambiamenti climatici anche e
specialmente alle nostre latitudini -
ghiacciai alpini ridotti del 50%, il Po al
minimo idrometrico annuale a febbraio
anziché agosto e la capacità dei bacini
montani ridotta del 50% in pieno
inverno - sul fronte sociale sta arrivando
lo tsunami, per il lavoro, rappresentato
dalla robotica e dall’intelligenza
artificiale per il quale avremo al 2040 -
secondo l’istituto di ricerca economica
McKinsey - una riduzione mondiale
tra il 45% e il 52% dei posti di lavoro.
E non si creda che la “green economy”
sia una panacea per tutto ciò, visto
che le nuove lavorazioni dell’economia
circolare funzioneranno tutte secondo
i dettami di Industria 4.0 con un
alto tasso di robotica e intelligenza
artificiale, a partire dalla selezione dei
rifiuti che renderà a breve obsoleta la
raccolta differenziata, rendendo inutili
persino gli addetti anche in questo
settore. Clima e occupazione come
doppia tenaglia rispetto al futuro?
Non è detto che sia così, ma sarà
necessario trasformare le crisi in
opportunità, prima di tutto non
negandole, ne rifugiandosi, specialmente
per quanto riguarda il clima, in un
incauto eco-ottimismo che spesso sa
di green washing ed è utile solo a non
identificare le dinamiche. In secondo
luogo sarà necessario abbandonare la
visione individualista delle dinamiche
sociali, per “tornare” a quella
collettiva che troppo spesso è stata
stigmatizzata come “del secolo scorso”.
Contemporaneamente è necessario che
l’opinione pubblica, dal basso, faccia
pressione non tanto sulle industrie
che hanno ampiamente dimostrato
-tranne poche eccezioni- di “ricattare” i
consumatori proponendo solo soluzioni
costose e ambientalmente insostenibili
al solo fine di drenare valore dai corpi
sociali, ma sulla politica che deve
tornare a essere il vero game changer.
Cambiamenti nel Mix Energetico Globale
2018 a confronto con le politiche
dichiarate al 2040 Misurato in Mtep*
Sulla base dei
quadri politici attuali
e annunciati nel
2040 il petrolio
costituirà circa il
28% del mix
energetico globale
Petrolio Gas NaturaleCarboneAltre RinnovabiliBioenergia
Nucleare
Biomassa solida
Idroelettrico
Il consumo di
gas aumenterà
di quasi il 30%
rendendolo
quasi altrettan-
to importante
del petrolio nel
mix energetico
Nonostante la
costante
diminuzione nel
consumo di
carbone nei
paesi occiden-
tali, la domanda
sarà sostenuta
dall'Asia
L'uso di energia
rinnovabile, inclusi
solare ed eolico,
aumenterà di oltre il
300%
L'uso delle
moderne bioener-
gie raddoppierà
quasi, mentre la
biomassa tradizio-
nale (vale a dire
legno, carbone,
ecc.) cadrà in
disgrazia
2018
2040 2018
2040
2018
20402018
2040
2018
20402018
2040
2018
20402018
2040
550
1300
3850
4500
650
4500 3500
700
700
350
4900
300
3750
1300
900
500
* Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2019
David-Gofy-DeAngelis
25L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
E una dimostrazione di ciò arriva dalla
crisidelCoronavirus.Difronteaunacrisi
biologica che ha scagliato l’Italia nella
più grave emergenza dal dopoguerra si
è rivalutato il ruolo della dimensione
collettiva, che è tipico delle crisi sanitarie,
e il protagonismo del pubblico. Sono le
strutture pubbliche, in primis quelle
sanitarie ma anche il Governo, ad avere
la gestione della crisi con un settore
privato che è letteralmente “evaporato”
il cui unico ruolo è quello di subire i colpi
economici di questa crisi. E infatti il
giorno dopo la dichiarazione dello stato
di emergenza in Italia le borse europee
hanno visto un calo del 10% secco con
un crollo del prezzo del petrolio del
25% dovuto all’avidità dei paesi Opec
che a fronte del blocco della produzione
di Cina, Corea del Sud e Italia, non
hanno voluto diminuire la produzione.
Oltre a ciò il Coronavirus sta testando
la tenuta dei sistemi sanitari nazionali
pubblici alle crisi, cosa che servirà
nel prossimo futuro per le politiche
d’adattamento. E anche nel settore
sanitario ciò che spicca è l’assenza del
privato che dove c’è anche la sola ipotesi
di diminuzione, o assenza dei profitti
– come nel caso della unità di terapia
intensiva – “evapora” immediatamente.
E in questo quadro potrebbero essere
messi alle corde anche sistemi liberisti
come quello degli Stati Uniti di Trump,
dove per negare l’evidenza sia del clima,
sia del Coronavirus, si arriva a censurare
impedendo agli scienziati del settore
pubblico di avere liberi rapporti con
la stampa. E non si creda che i sistemi
sanitari pubblici non giocheranno un
ruolo fondamentale nell’adattamento
al clima. Nel suo volume “Catastrofi
climatiche e disastri sociali” il sociologo
Pascal Acot è molto chiaro. Analizzando
gli effetti dell’ondata di calore del 2003
in Francia Acot mette in luce che la
mortalità nella zona Nord della Francia
fu doppia rispetto a quella del vicino
Belgio, a parità di densità di popolazioni,
abitudini e temperatura. La differenza?
Il sistema sanitario belga è migliore
di quello francese e il suo sistema di
comunicazione è più efficiente per
una fascia a rischio come quella degli
anziani. E l’ondata di calore del 2003
per la Francia non fu una passeggiata
con i suoi oltre 20mila decessi. Per cui
cari lettori – che siete anche elettori – nel
leggere i prossimi programmi sarà il caso
di prestare attenzione ai capitoli clima,
lavoro e salute. E sottolineare ai propri
politici di riferimento che il pubblico
avrà un ruolo essenziale nel salvare il
nostro futuro. ▲
Clima e Coronavirus
26 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
La concimazione organica è uno strumento concreto per
un' agricoltura resiliente e carbon negative
Organico è il suolo
AGRICOLTURA / di Stefano Bozzetto* e Lorella Rossi**
P
arliamo di agricoltura e di
cambiamenti climatici: il cuo-
re di tutto è il bene più pre-
zioso nelle mani dei nostri
agricoltori: la terra, il suolo agrario. È
ora di renderesene conto. Lo scorso ot-
tobre l’Ipcc Report on Climate Change
and Land Use è arrivato a una conclu-
sione per noi fondamentale: «La terra
è sottoposta a una crescente pressione
umana. La terra è una parte della solu-
zione. Ma la terra non può fare tutto».
Definito “Cambiamenti climatici e terra”,
il Rapporto afferma che mantenere il ri-
scaldamento globale sotto i 2° C può esse-
re raggiunto solo riducendo le emissioni di
gas a effetto serra di tutti i settori, compre-
si i terreni e gli alimenti. «L’agricoltura,
la silvicoltura e altri tipi di uso del suolo
rappresentano il 23% delle emissioni di
gas a effetto serra di origine umana, - ha
affermato Jim Skea, copresidente del grup-
po di lavoro IPCC III. - Allo stesso tem-
po, i processi naturali terrestri assorbono
l’anidride carbonica equivalente a quasi
un terzo delle emissioni di anidride car-
bonica prodotte dai combustibili fossili e
dall’industria».
Il Suolo agricolo e la Natura in generale, le
cosiddette“naturalclimatesolutions”,han-
no secondo il premio Nobel Rattan Lal un
potenziale di sequestro capace di ridurre
la concentrazione atmosferica in questo
secolo di circa 150 ppm. Le emissioni ne-
gative non sono una “scusa” per continuare
a emettere carbonio fossile dalla geosfera
nell’atmosfera. Ciò che dobbiamo fare
è molto chiaro: ridurre le emissioni da
fonti fossili il più rapidamente possibile
incominciando dal carbone e dal petro-
lio, sostituendoli con fonti rinnovabili
e nel contempo ridurre attivamente le
concentrazione di CO2 nell’atmosfera
catturandola e sequestrandola dove non
è dannosa: nel suoli agricoli, nel costru-
ito, nel sottosuolo.
Sequestro di carbonio nei suoli
agricoli	
Il sequestro di carbonio nei suoli agricoli, a
partire da quelli coltivati, è tra le soluzioni
più efficaci da attuare in quanto ne miglio-
ra nel contempo la fertilità. Dopo anni di
concimazione chimica, i suoli agricoli si
sono impoveriti sino a raggiungere in mol-
ti casi anche nella fertile pianura padana,
meno dell’1% di sostanza organica. Con
questi contenuti in sostanza organica non
c’è vita nel suolo che possa definirsi tale.
La produzione agricola è completamente
dipendente dagli apporti di fertilizzanti
esterni.Più il terreno è “vuoto di carbonio”,
impoverito di sostanza organica, maggiore
è il potenziale di sequestro; «Circa 135
miliardi di tonnellate di carbonio sono
state perse nell›atmosfera, in parte a causa
delle pratiche agricole che hanno rimosso
il carbonio dal suolo» ha affermato Lal.
«Tali pratiche includono lasciare il terre-
no nudo dopo il raccolto, arare la terra e
bruciare i residui del raccolto, piuttosto
27L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
che lasciarlo disintegrare attraverso il lavo-
ro dei microrganismi nel suolo. Utilizzan-
do pratiche agricole rigenerative, il suolo
può rimuovere dalle 65 alle 75 parti per mi-
lione di anidride carbonica dall’atmosfera.
Ciò significherebbe che tra 25 e 50 anni, i
135 miliardi di tonnellate di carbonio persi
nell’atmosfera possono essere ripristinati
nel terreno di appartenenza».
Il suolo non è una miniera, non è un am-
biente confinato in cui “stoccare della
CO2”. La sostanza organica cresce nel terre-
no in funzione della quantità degli appor-
ti, che a loro volta devono essere maggiori
delle perdite, che comunque possono essere
ridotte, ma mai azzerate del tutto.
Dobbiamo quindi fare in modo di aumen-
tare gli apporti di sostanza organica e fare
sì che il carbonio nel suolo resti il più a
lungo possibile, creando un bilancio posi-
tivo. Passare cioè da tecniche di fertilizza-
zione che si basano solo sugli apporti degli
elementi chimici a una tecnica di “Integra-
ted Soil Nutrient Management” (Gestione
integrata dei nutrienti del suolo) che con-
sideri anche gli apporti di carbonio, privi-
legiando quindi la concimazione organica.
Agroecologia al servizio 	
del clima che cambia	
L’interesse per il potenziale di stoccaggio
nei suoli è legato al fatto che il suolo costi-
tuisce il più grande serbatoio di carbonio
terrestre, pari a circa tre volte il contenuto
attuale di carbonio dell’atmosfera, quattro
volte l’ammontare delle emissioni antro-
pogeniche cumulate sino a oggi dagli inizi
della rivoluzione industriale e 250 volte
l’ammontare delle emissioni da combusti-
bile fossile annuali. Incrementare il conte-
nuto di carbonio nel suolo, anche di poco
in termini percentuali, può rappresentare
un sostanziale contributo alla sottrazione
di CO2 dall’atmosfera; allo stesso modo
una perdita di carbonio costituisce un
ostacolo a obiettivi ambiziosi di mitiga-
zione del cambiamento climatico.
I principi fondamentali della “soil carbon
sequestration” (sequestro del carbonio
nel suolo) sono due, tra loro correlati:
Aumentare gli input di sostanza organica
al terreno attraverso una intensificazio-
ne ecologica delle produzioni agricole
al fine di aumentare l’apporto di resi-
dui agricoli e ripristinare o incrementa-
re la concimazione organica dei suoli;
ridurre il disturbo della vita biologica
dei suoli agricoli riducendo al minimo
le lavorazioni ricorrendo alle minime la-
vorazioni, sino alla semina su coltura di
copertura vivente.
La cosiddetta agricoltura intensiva non ha
proprio nulla di “intensivo” in termini di
conversione fotosintetica dell’energia sola-
re in biomassa: una rotazione soia – mais
biennale, garantisce una copertura vegetale
degna di tale nome solo per 8-10 mesi su
24. Nessun proprietario di un impianto fo-
tovoltaico si sognerebbe di tener spento il
proprio pannello per 14 mesi su 24. Eppu-
reinagricolturaadottiamoquesterotazioni
per mancanza di convenienza economica a
praticare le colture di copertura.
Produrre di più dallo stesso campo, più
carbonio da fotosintesi ottenuto in modo
ecologico migliorando l’efficienza nell’u-
tilizzo dell’azoto, dell’acqua e del carbo-
nio con una copertura prolungata del ter-
reno grazie a colture di copertura invernali
ed estive, è quanto dobbiamo sforzarci di
fare unitamente a minime lavorazioni e
agricoltura di precisione grazie alla diffu-
sione di supporti digitali GPS ottimizzan-
do l’efficienza dell’uso dell’acqua e dei nu-
trienti, riducendo al contempo i fenomeni
di respirazione e perdita della sostanza or-
ganica. Un digestore anaerobico inserito
in un’azienda agricola può servire proprio
a fare tutto questo.
28 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
Biogas fatto bene al servizio	
dell’agroecologia 	
A differenza di altre bioenergie, con la
digestione anaerobica grazie alla trasfor-
mazione biochimica restano disponibili
“riciclati” nel digestato il 100% dei nu-
trienti, azoto in primis e circa il 40-50%
del carbonio in ingresso, rimasto indige-
rito. La digestione anaerobica per questo
non è una bioenergia come le altre ma un
vero e proprio facilitatore della conversio-
ne agroecologica delle aziende agricole.
“Spontaneamente” un agricoltore del bio-
gas fatto bene efficiente adotta le seguenti
pratiche agronomiche:
•	 aumento sostenibile della produzione
fotosintetica con le doppie colture;
•	 sviluppo della concimazione orga-
nica con riduzione netta dell’uso di
concimi chimici;
•	 adozione delle tecnologie del pre-
cision farming e dei contributi della
digitalizzazione (e robotica) al mi-
glioramento della sostenibilità delle
pratiche agricole;
•	 riduzione delle emissioni derivanti
dalla produzione di effluenti zootec-
nici e sottoprodotti agroindustriali;
•	 rapida sostituzione di fonti rinno-
vabili, solare e biometano in primis,
negli usi finali dell’energia.
Il sistema ha un valore nel suo complesso;
per esempio l’utilizzo del digestato rispet-
to alla concimazione organica con effluen-
ti bovini, comporta un miglioramento
dell’indice di umificazione degli apporti
organici esterni; a questo riguardo il bio-
gas fatto bene da tempo sostiene l’impor-
tanza dell’utilizzo delle doppie colture in
digestione anaerobica invece che del sove-
scio, previa una restituzione del digestato
in occasione della semina del secondo rac-
colto. Il bilancio del carbonio è nettamen-
te migliore nel caso di sistemi colturali che
prevedono la doppia coltura per il biogas
e restituzione del digestato in presemina,
rispetto al sovescio.
Il digestore anaerobico in un’azienda agri-
cola è quindi come se fosse un secondo ru-
mine, il biogas come un facilitatore della
concimazione organica e della conversio-
ne agroecologica delle pratiche agricole
convenzionali. Attraverso una sempre più
estesa adozione di queste pratiche è possi-
bile per un azienda dedita all’allevamento
di bovini diventare sempre più indipen-
dente dall’utilizzo di proteine di acquisto
(per esempio soia brasiliana) mediante la
diffusione di colture di copertura a base
di cereali ed azoto fissatrici seguite da una
coltura estiva per il digestore (per esem-
pio il mais), riducendo sino a eliminare
il costo di concimazione chimica attra-
verso una aumento della disponibilità di
sostanza organica non limitata solo agli
effluenti della propria stalla ma al digesta-
to prodotto con questi e con colture di
secondo raccolto.
Il digestato è una nuova risorsa per disac-
coppiare lo sviluppo della concimazione
organica dalla crescita indefinita del patri-
monio zootecnico.
Il ruolo dei ruminanti nelle aziende agri-
cole è stato quello di “bioreattori a quattro
zampe” in grado di trasformare risorse li-
gnocellulosiche non commestibili in pro-
teine nobili e amminoacidi essenziali.
I ruminanti sono spesso considerati tra i
principali responsabili della crescita delle
emissioni di gas serra. In realtà, se consi-
deriamo il patrimonio bovino attuale de-
gli Stati Uniti, in peso è sostanzialmente
analogo a quello delle mandrie di bisonti
presenti nelle praterie del Mid West prima
della colonizzazione degli europei.. L’ado-
zione di razze altamente produttive per
latte e carne e il miglioramento delle con-
dizioni di allevamento, è stata il miglior
modo per ridurre le emissioni per unità di
capo allevato, in particolare di quelle ente-
riche di metano.
Ma una diffusione della concimazione or-
ganica supportata da un’indefinita cresci-
ta del patrimonio zootecnico non sarebbe
possibile poiché il fabbisogno di superfi-
cie e di nutrienti in particolare di azoto,
per la produzione di foraggi renderebbe
questa prospettiva non sostenibile dalle
risorse del Pianeta. La digestione anae-
robica nelle aziende agricole, è allora
un modo concreto per disaccoppiare la
diffusione della concimazione organica
dalla crescita indefinita del patrimonio
zootecnico ovvero per poter disporre
di nuovo concime organico dove la zo-
otecnia non è diffusa.
Il digestore in un’azienda agricola diventa
quindi uno strumento senza alternative
per la diffusione della concimazione orga-
nica e delle migliori pratiche per il seque-
stro del carbonio nei suoli e per il ripri-
stino della fertilità biologica dei terreni;
è questo il modo in cui pensare alla dige-
stione anaerobica in un’azienda agricola,
prima ancora di considerarlo una fonte di
gas rinnovabile. ▲
* Dottore agronomo, imprenditore,
membro Comitato esecutivo CIB e
consigliere EBA
** Dottore Agronomo, Responsabile
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30 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
ALIMENTAZIONE / di Fabio Buccolini*
Fornello
sostenibile
Il clima deve essere messo a dieta vista l'importanza dell'a-
gricoltura per le emissioni
V
isto il rischio di ingrassare
che questo periodo di qua-
rantena porta con sé, scri-
vere di diete è un’opportu-
nità favorevole, specialmente ai fini della
popolarità individuale. Prima di tutto
voglio tranquillizzare circa il fatto che
non voglio interpretare la parola “dieta”
come evocatrice di privazioni e sacrifici.
La dieta di cui parleremo, infatti, non è
“dimagrante e/o disintossicante” ma è
amica dell’ambiente e quindi sostenibile;
concetto in netto contrasto con le libagio-
ni del periodo appena trascorso. Con la
dieta sostenibile a essere “disintossicato” è
l’ambiente, e la “cura dimagrante” è a cari-
co delle emissioni favorendo (non poco) il
rallentamento dei cambiamenti climatici.
Proprio i cambiamenti climatici infatti
possono essere considerati contempora-
neamente vittime e carnefici dei processi
agro-industriali connessi all’alimentazio-
ne umana in quanto provocano e sempre
più provocheranno delle modificazioni
a comportamenti e metodi consolidati:
dalle scelte individuali ai modelli socio-
economici. Il cambiamento climatico im-
31L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
patta sulla nostra dieta e sull’agricoltura
ed è quindi un concetto consolidato che
un’alimentazione umana sostenibile sia la
nuova frontiera per “salvarci” degli effetti
del riscaldamento globale. La produzione
di cibo infatti, secondo Garnett (2014)
contribuisce al cambiamento climatico
per circa un 20-30%, eguagliando il riscal-
damento degli edifici (23,6%) e dei mezzi
di trasporto (18,5%), che per altro, sono
essi stessi abbondantemente coinvolti nel-
la filiera agro-alimentare.
Ma in termini pratici che cos’è una dieta
sostenibile? In accordo con la definizione
della FAO è “una dieta a basso impatto
ambientale che contribuisce alla sicurezza
alimentare e nutrizionale e alla vita sana
per le generazioni presenti e future. È una
dieta sostenibile quella che protegge e ri-
spetta la biodiversità e gli ecosistemi ed
è culturalmente accettabile, accessibile,
economicamente equa e conveniente ol-
tre che nutrizionalmente adeguata, sicura,
sana e in grado di ottimizzare le risorse na-
turali e umane”.
Questa affermazione, difficilmente con-
futabile, ci pone molti interrogativi e sa-
rebbe già molto chiederci se sia possibile
rispettarla e attuarla quotidianamente nel-
le nostre città; forse più semplice in area
rurale, ma anche in questo caso dobbiamo
registrare dei paradossi.
Clima rurale
Le aree rurali infatti subiscono un pro-
gressivo spopolamento e per prime ven-
gono colpite dal cambiamento climatico
che in tali luoghi trasforma la vegeta-
zione e le colture in “prodotti” non più
adatti per l’uomo acuendo ancor di più
il processo di spopolamento per motivi
socio-economici, giungendo in molti
casi a fenomeni migratori di massa.
Le aree rurali quindi sono un “laborato-
rio” importante se non fondamentale per
la dieta sostenibile perché è in tali luoghi
che le azioni di inversione di rotta possono
e devono avere inizio. Ciò è altresì confer-
mato dalle stime ONU che prevedono al
2050 una popolazione mondiale di 9 mi-
liardi di persone, le quali saranno residenti
nei centri urbani per il 66%.
Con città sempre più entropiche quindi, il
settore agro-alimentare e la relativa filiera
produttiva diviene un settore strategico
per poter raggiungere qualsiasi obiettivo
di sostenibilità e poter (ri)disegnare un
modello di società che dovrebbe interro-
garsi sul progresso che genera piuttosto
che su uno sviluppo asservito esclusiva-
mente al “profitto”.
È noto infatti che sviluppo e
progresso sono concetti molto
diversi e molto spesso confusi alla
pari di come avviene per i mezzi
e i fini generando, grazie alla
“comunicazione”, un gioco spesso
scellerato a vantaggio di pochi.
Con tali considerazioni la complessità di
scenario del sistema alimentare è indubbia
ed è estremamente suscettibile a crisi socio-
economiche, politiche, finanziarie e da tem-
po anche climatiche in quanto un sistema
alimentare va considerato come un “Sistema
Adattivo Complesso” poiché in continua
evoluzione in risposta alle mutevoli richieste
della società (Collona et al., 2013).
Occorre una nuova visione e con essa for-
se un nuovo “umanesimo”. Le scelte indi-
viduali devono andare oltre le canoniche
contrapposizioni tra coloro che hanno e
coloro che non hanno, applicando il prin-
cipio delle tre “E” derivante dalla lingua
inglese : Ethical (Etico), Environmental
(Ambientale), Economic (Economico).
Può sembrare un’affermazione da
Enciclica Papale ma già nell’incontro
di Davos 2019, anche i capitalisti più
convinti pare si siano resi conto della dura
realtà, ovvero che livelli di disuguaglianza
insostenibili finiranno per condannare
l’intero modello e il cambiamento
climatico rende ciò ancor più vero,
tangibile e rapido. Con approccio molto
pragmatico però, facendo il dovuto
“zoom” su cibo e gastronomia, ancora
una volta il Mediterraneo è protagonista
assoluto con la Dieta Mediterranea non a
caso patrimonio dell’Umanità e che, dati
alla mano, oltre ad essere la più “sana”, è
anche la più sostenibile.
Salute e clima	
Interessanti studi (Sáez-Almendros et
al 2014 – Dernini et al. 2016) hanno
mostratocomeoltreaibeneficiperlasalute,
la Dieta Mediterranea sia caratterizzata
da un basso impatto ambientale, dalla
ricchezza della biodiversità e da alti valori
alimentari socioculturali oltre che positivi
ritorni economici locali (Tavola 1 MDP
= Mediterranean Diet Pattern – SCP=
Spanish Diet Pattern – WDP = World
Diet Pattern).
In agricoltura la combinazione di
approcci "orientati al produttore"
incentrati su un'intensa produzione volta
all'esportazione, unita all'adozione di una
dieta sempre più "occidentalizzata", ha
avuto e sta avendo un impatto ambientale
importante sulla sicurezza alimentare e
nutrizionale nonché sullo stress idrico
mondiale. Infatti a livello sanitario e di
DM DSS DSC DM
Pressione
Reale
Uso suolo agricolo - 103
Ha anno -1
8.365 19.874 12.342 33.162 15.400
Consumo di Energia - Tj anno -1
239.042 493.829 285.968 611.314 229.178
Consumo d'Acqua - Km3
anno -1 13,2 19,7 13,4 22,0 19,4
Emissioni Gas serra - Gg CO2-eq anno-1
35.510 125.913 72.758 217.128 62.389
Impronta ambientale delle diverse diete
Dieta Mediterranea (DM), Dieta Spagnola Standard (DSS), Dieta Spagnola da indagine sui consumi (DSC), Dieta Mondiale (DM)
32 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
Famose presso i nostri cugini francesi, è
bene però ricordare che siamo noi a dar-
ne la prima traccia gastronomica perché
si codificano ricette con le lumache ai
tempi dell’impero romano sul “De Re
Coquinaria” di Apicio.
Piatti a base di lumache sono presenti
nei volumi su cui basa la nostra italica
cultura gastronomica come “La scienza
in cucina e l’arte di mangiare bene” di
Pellegrino Artusi, “L’arte di utilizzare
gli avanzi della mensa” di Olindo Guer-
rini o “Il cucchiaio d’argento” perché
ogni regione italiana possiede almeno
un piatto di lumache.
A margine, se poi nel processo di bolli-
tura, ricordandoci un po’ di fisica, evi-
tassimo anche di continuare a lasciar
bollire l’acqua, pensando ai soli effetti
della temperatura piuttosto che all’ef-
fetto visivo delle bolle, scopriremmo che
non solo per le lumache ma anche per un
piatto di pasta potremmo usare almeno
il 20-30% di gas/energia in meno dive-
nendo ancor più sostenibili.
Certo ripensando ai pranzi e ai cenoni
trascorsi è difficile riflettere su tutto ciò,
porsi “domande” o meglio darsi delle ri-
sposte. È proprio a partire dai nostri com-
portamenti basati su una profonda con-
sapevolezza dei nostri tanti piccoli gesti
che si generano azioni sistemiche nei
confronti del cibo più che in altri settori.
Non fatevi spaventare dalla presunta
difficoltà perché nei prossimi numeri
cercheremo di evidenziare con suggeri-
menti pratici, gastronomici e di tecnica
di cucina come si possano trovare op-
portunità e soluzioni per (ri)dare soste-
nibilità ambientale all’antica e millena-
ria arte culinaria. ▲
Piccoli e dimenticati
salubrità nutrizionale è scientificamente
sempre più inequivocabile l’aforismo
del gastronomo-politico-magistrato e
letterato Jean Anthelme Brillat-Savarin
“Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei”
nel suo celebre testo Physiologie du goût
(1826).
Ovviamente, come già richiamato,
queste tendenze insostenibili sono
particolarmente forti negli insediamenti
urbani perché lo stile di vita della città si
basa su alimenti ad alta intensità di acqua
come zucchero, carne e grasso animale,
tendendo a eludere alimenti più sani e
sostenibili come frutta e verdura. Ad
esempio, la sola riduzione dei consumi di
carne ai livelli della dieta mediterranea
(150 grammi settimana circa) porta a
riduzioni significative dell’impronta
idrica, pari dal 30 al 50% nelle grandi città.
In termini di energia invece le differenze
tra la produzione in serre e la coltivazione
all’aperto oppure l’uso di prodotti in
scatola e surgelati rispetto a quelli freschi
sono sostanziali.
Se nel perdurare il consumo di carne si
optasse almeno per le migliori pratiche
di gestione del letame animale attraverso
l’uso delle attuali tecnologie per biogas,
una parte dell’impronta ambientale della
filiera carnivora sarebbe attenuata. Sempre
in ottica di filiera, il perfezionamento delle
tecniche di raccolta e stoccaggio delle ma-
terie prime, le infrastrutture, il trasporto,
il confezionamento, la vendita al dettaglio
e l’istruzione del consumatore possono
ridurre le perdite e gli sprechi alimentari
lungo l’intera catena di approvvigiona-
mento.
Anche in questo caso noi consumatori
giochiamo un ruolo fondamentale poi-
ché (re)imparando a usare gli “scarti” e
gli “avanzi” delle nostre cucine riducendo
sprechi e rifiuti, oppure (ri)scoprendo in-
gredienti (quasi) scomparsi, indirizzerem-
mo gli “Stakeholder” ad agire fattivamente
nel cambio di rotta come ad esempio acca-
duto nel caso dell’Olio di Palma.
Proprio su ingredienti e nuovi alimenti,
se pensiamo a tutto il dibattito sollevato
dagli insetti e dall’urgenza di trovare ali-
menti proteici, economici e a basso impat-
to ambientale, credo che tutti, ad esempio,
stiamo dimenticando piccoli “animali”
come le rane, oppure un altro che genera
economie in cosmetica piuttosto che in
cucina: le lumache. * Ricercatore e
project manager gastronomico
33L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
34 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
F
ra dieci anni, secondo le
stime dell’Onu, nel mondo
ci saranno oltre 8,6 miliardi
di persone e il 67% vivrà in
città.Ladomandadicementononfache
aumentare e solo negli ultimi vent’anni
è cresciuta del 60%. Il settore edile, da
solo, consuma più del 40% dell’energia
primaria complessiva e il 40% delle
materie prime utilizzate globalmente.
E ancora, come si legge in un recente
report del World Green Building
Council, il 39% delle emissioni di CO2
globali provengono dall’ambiente
costruito: in parte (il 28%) dalle
attività di gestione di case ed edifici,
come riscaldamento, raffreddamento
e illuminazione; in parte – le
cosiddette emissioni “incorporate” -
da materiali e processi di costruzione.
I dati parlano chiaro: per guardare al
futuro pensando al clima, oggi, non si
può che cominciare dalle pareti di casa.
E non solo per fare la nostra parte
risparmiando risorse, ottimizzando
i consumi, efficientando l’energia.
Abitare con il cambiamento climatico
in testa, significa anche essere in grado
di proteggersi da quelli che saranno,
e sono già in molti casi, gli effetti
ormai inevitabili del surriscaldamento
globale: eventi meteorologici estremi
sempre più frequenti, caldo intenso,
incendi boschivi, piogge torrenziali e
bombe d’acqua.
Le parole d’ordine, allora, sono tre:
risparmiare energia, acqua e materiali,
per tagliare le emissioni di gas
climalteranti e ridurre gli impatti sul
clima; ridisegnare gli edifici, le comunità,
i processi di costruzione e i sistemi di
gestione, così da renderli insieme più
efficienti e più resilienti; riqualificare
l’esistente, per non rubare altro suolo
all’ambiente naturale e preservare gli
ecosistemi, ma anche per conservare il
valore storico-culturale del patrimonio
architettonico e non sprecare il lavoro
(e l’energia) già investiti per crearlo.
Isolare e ottimizzare
per risparmiare
«Il settore delle costruzioni è il più gran-
de consumatore di energia e di materie
prime al mondo e anche il maggior pro-
duttore di rifiuti e di emissioni di CO2.
A differenza di tanti altri settori, però,
in edilizia abbiamo a disposizione già
oggi tutte le risposte per decarbonizza-
re il comparto in modo non solo effica-
ce, ma anche economico».	
Così spiega a Ecofuturo Ulrich Santa, di-
rettoredell’agenziaCasaClima,l’entealto-
atesinoperlacertificazioneenergeticade-
ABITARE / di Giorgia Marino
Abitare
pensando
al clima
Ripensare l'edilizia significa non solo ridurre le emissioni,
ma anche adattarsi al clima che cambia
35L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
gli edifici. In occasione di Klimahouse, la
fierainternazionalesull’efficienzaenerge-
tica in edilizia che ogni anno porta a Bol-
zano le avanguardie del settore, Santa ri-
flettesuitraguardigiàraggiunti:«Unamo-
derna CasaClima consuma solo il 10%
dell’energia di un edificio medio esistente
e copre buona parte del suo fabbisogno
energetico da fonti rinnovabili».
Impianti fotovoltaici, pavimenti
radianti,caldaieacondensazioneostufe
a pellet di ultima generazione, pulite
ed efficienti, sono alcuni dei sistemi
adottati per ridurre i consumi energetici
per la climatizzazione della casa.
Il primo passo, però, è sempre un
buon isolamento termico. Se si tratta
di costruire da zero, il legno è oggi
considerato uno dei materiali più
performanti da questo punto di vista:
con un buon progetto, riducendo
le dispersioni termiche in inverno
e il passaggio di calore in estate,
si può arrivare a un risparmio del
60% di energia rispetto alle normali
costruzioni in muratura. Un sistema
costruttivo come LinaHAUS, premiato
come miglior prodotto emergente
all’ultima edizione di Klimahouse,
permette ad esempio di realizzare
edifici in legno massiccio senza
coibentazione o strati di rivestimento
aggiuntivi, semplificando dunque la
posa ed evitando l’utilizzo di materiali
derivati dal petrolio.
Per chi, invece, la casa l’ha già (e
non di legno) la soluzione è farle un
cappotto. Quello esterno è in genere
un intervento piuttosto costoso e
che richiede l’allestimento di un vero
e proprio cantiere, ma si stanno oggi
diffondendo innovativi sistemi rapidi
come il Rhinoceros Wall di Woodbeton:
un esoscheletro multifunzionale che,
applicato come un guscio sulle facciate
degli edifici, permette di isolarli
termicamente e nello stesso tempo
renderli antisismici; il tutto senza far
uscire i proprietari da casa e senza
produrre macerie. Altra soluzione
veloce e decisamente economica
è l’applicazione di un “cappotto
invisibile” attraverso l’insufflaggio di
materiale isolante (ottenuto da carta da
macero) nelle intercapedini dei muri:
un’operazione che potrebbe riguardare
dieci milioni di abitazioni in Italia,
tutte quelle dotate di intercapedine, e
che consentirebbe un miglioramento
dell’efficienza energetica del 25%.
In campo di efficienza e taglio dei
consumi vengono infine in aiuto
anche le nuove tecnologie, con le varie
applicazioni domestiche di Intelligenza
ArtificialeeInternetof Things.“Grazie
all’IoT e alla crescente diffusione della
domotica – spiega Ulrich Santa -
diventa possibile ottimizzare consumi
e livelli di comfort, collegandosi a
servizi web per la previsione meteo
o l’approvvigionamento energetico.
Così i nostri edifici diventano sempre
più efficienti, confortevoli, funzionali
e smart. Allo stesso tempo, però,
tecnologie molto spinte tendono a
introdurre un’ulteriore complessità e
con questo un ulteriore probabilità di
errore e necessità di manutenzione,
che non vanno dimenticati”.
Progettare per la resilienza
Risparmio energetico e ottimizzazione
dei consumi sono un mantra che è
ormai entrato nella nostra quotidianità.
Sipensameno,invece,acomedovranno
essere le abitazioni del prossimo futuro
per proteggerci dagli effetti più vicini
del cambiamento climatico. Nelle
aree temperate, come l’Europa, il
problema maggiore è, e sarà sempre
più, l’aumento delle temperature
nelle stagioni calde. “Se da un lato
diminuisce il fabbisogno d’energia per
il riscaldamento invernale, aumentano
dall’altra parte i giorni di discomfort
a causa del surriscaldamento estivo.
- osserva Ulrich Santa - La domanda
energetica degli edifici si sposterà
dunque verso il raffrescamento estivo,
se non si sfruttano le possibilità
Il settore delle
costruzioni è il più
grande consumatore
di energia e di materie
prime al mondo e
anche il maggior
produttore di rifiuti e
di emissioni di CO2
36 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
di rendere l’edificio più resiliente
attraverso l’impiego di soluzioni per
il raffrescamento passivo”. Tra le
soluzioni possibili c’è, ad esempio, la
ventilazione meccanica controllata, che
favorisce il ricambio d’aria e migliora
anche la salubrità degli ambienti interni,
al contrario dei classici ed energivori
impianti per l’aria condizionata.
Fondamentali sono poi le schermature
solari, i sistemi di ombreggiamento e,
ancora meglio, le coperture a verde, i
giardini pensili e i tetti vegetali, utili sia
per la regimazione dell’acqua piovana
che per il raffrescamento, interno ed
esterno: la temperatura della soletta si
può ridurre anche di 20 gradi, mentre
nell’intorno si arriva ad abbassamenti
di calore di 2 gradi. Il verde urbano
in generale andrebbe valorizzato
proprio per combattere il fenomeno
delle “isole di calore”, che diventerà
sempre più intenso rendendo invivibili
le città in estate. “In combinazione
con altre misure, come il passaggio da
colori scuri a colori chiari dell’asfalto
e dei tetti e una riduzione del traffico
convenzionale, si può arrivare a un
abbassamento di temperatura di diversi
gradi”, precisa Santa.
Recuperare l’esistente
Due metri quadrati al secondo: è il
suolo consumato in Italia secondo
l’ultimo rapporto Ispra. L’edilizia
continua a mangiare terreno fertile,
e questo nonostante la popolazione
italiana diminuisca e ci siano su tutto
il territorio nazionale ben 7 milioni di
abitazionivuoteoabbandonate.Pensare
al clima significa anche conservare il
suolo, proteggere gli ecosistemi e non
sprecare risorse: insomma, recuperare
invece di costruire da zero. E già che si
recupera, farlo bene, seguendo i criteri
della sostenibilità e dell’efficienza.
Principio che non vale solo per le case
abbandonate, ma per tutti gli asset
immobiliari vetusti, che consumano
come un colabrodo. Thomas
Miorin, presidente e fondatore di
Rebuild, la piattaforma che raccoglie
le avanguardie del settore delle
costruzioni e ristrutturazioni in Italia,
ha fatto i conti: “Il patrimonio edilizio
italiano è il più vecchio al mondo dopo
quello della Germania, con 17 milioni
di unità immobiliari da riqualificare”.
C’è tanto lavoro da fare, eppure il
mercato della deep renovation rimane
ancora troppo ristretto: colpa dei costi
degli interventi di riqualificazione,
spesso proibitivi per le famiglie.
Ma se il mercato non si allarga, i costi
non potranno scendere. A sbloccare
l’impasse ci stanno provando, ad
esempio, in Olanda con un’iniziativa
“di cordata” di recente approdata
anche in Italia attraverso Habitech.
“Energiesprong – si legge sul sito
- è un team di sviluppo no profit
indipendente, incaricato dal governo
nazionale olandese di sviluppare
soluzioni per l’efficientamento
energetico per gli edifici destinati al
mercato immobiliare”. Non quindi
una compagnia di costruzioni, ma un
gruppo di esperti in varie materie che si
occupa dinegoziarecondizionicollettive
favorevoli per la riqualificazione delle
abitazioni. Il progetto più importante
è al momento la conversione in case a
consumo zero di oltre 100mila alloggi,
che si realizzerà grazie a un accordo tra
società di social housing e costruttori.
L’idea è di replicare il sistema nel resto
d’Europa e ad oggi il team è al lavoro per
farlo in Inghilterra, Francia e Italia. ▲
LINK:
Report World GBC
https://bit.ly/2QU5GwZ
Klimahouse
fierabolzano.it/it/klimahouse/home
Agenzia CasaClima
agenziacasaclima.it/it/home-1.html
LinaHaus
linahaus.com/
ReBuild
rebuilditalia.it/it/
Energiesprong
energiesprong.org/ VIDEO
Rhinoceros Wall
youtube.com/watch?v=_IBym_0aGO8
Tetti verdi in città
youtube.com/watch?v=FlJoBhLnqko
VIDEO
37L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
Modello
Genano
350
I tradizionali sistemi di depurazione
dell’aria utilizzano filtri che trattengono
le particelle senza debellarle,
diventando così ricettacolo di germi.
La differenza della tecnologia Genano
rispetto alle altre consiste proprio nella
capacità di uccidere e trattenere
particelle nanometriche fino a
3 nanometri (= 0,003 micrometri = 3
milionesimi di millimetro) senza alcun
utilizzo di filtri Hepa o Ulpa.
All’interno delle strutture sanitarie, delle
case di cura e di riabilitazione, degli
uffici aperti al pubblico, delle scuole,
dei centri commerciali e delle
abitazioni private la qualità dell’aria è
un fattore fondamentale per prevenire
epidemie e garantire la salute della
popolazione.
La Tecnologia brevettata da Genano,
già utilizzata per le stanze di
isolamento degli ospedali, è la
medesima dei depuratori concepiti
per gli alloggi.
Aria pura, nient’altro
I depuratori d’aria certificati Genano®
permettono il completo trattamento
dell’aria in maniera economica
debellando virus, batteri, spore di
muffa, COV e odori, cioè tutte le nano-
particelle aeree che possono nuocere
alla salute, al fine di garantire un
trattamento efficace dell’aria indoor
non solo in ambienti ospedalieri.
Tutelate la vostra salute e quella delle persone che amate!
Nessun’altra
tecnologia può
competere con
l’efficienza raggiunta
da Genano…
…chiedeteci perché
Per informazioni
scientifiche e per il
distributore di zona
scrivere direttamente a:
info@genano-italia.com
Referenze su www.genano.com/it/referenze
38 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
fonti fossili per far circolare quintali di
acciaio, plastica e componenti varie non
produce solo anidride carbonica, ma an-
che parte del cosiddetto “particolato”,
le micro particelle che rendono ogni in-
verno l’aria di parte d’Italia irrespirabile,
se non altamente nociva. Solfuri, ossidi
d’azoto, particolato fine sono gli ultimi e
più pericolosi residui prodotti dallo spo-
stamento di persone e merci.
Ve ne sarete accorti guardando la tele-
visione, ascoltando la radio o leggendo
qualche quotidiano. Ormai tutte le case
automobilistiche propongono all’interno
della propria gamma l’alternativa elet-
trica o ibrida, sia essa una semplice city
car o l’ultimo modello di Suv. Complice
Trasporti futuri:
basse emissioni
e condivisi
L'intero settore dei trasporti sta cambiando profondamente, puntando decisamente
sull'elettrico. Ma per proteggere il clima dovremo ripensare al nostro modo di muoverci
MOBILITÀ / di Rudi Bressa
Auto, mezzi pesanti, treni,
aerei. Oggi solo in Euro-
pa il settore dei trasporti
contribuisce per circa il 27
per cento delle emissioni totali di CO2
dell’Unione, con le automobili che rap-
presentano da sole il 45 per cento. I tra-
sporti sono anche l’unico settore in cui
le emissioni sono cresciute dal 1990,
determinando un aumento delle emis-
sioni complessive registrate nel 2017. Se
l’Europa vorrà raggiungere gli obietti-
vi dell’accordo di Parigi e perseguire gli
sforzi per limitare l’aumento della tem-
peratura globale a 1,5°C, le emissioni dei
trasporti dovranno essere ridotte a zero
entro metà secolo. Ma la combustione di
39L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
sicuramente l’aumento della domanda,
ma determinanti anche le nuove diret-
tive europee che impongono alle case
automobilistiche di ridurre le emissioni
di CO2 dell’intero listino presente sul
mercato ad almeno 95 g/km. È tanto?
È poco? Attualmente gli ultimi model-
li di ibrida sul mercato emettono cir-
ca 90 g/km, mentre i recenti Euro 6d
Standard dovranno stare sotto gli 85
g/km. Non solo, ma la tabella di mar-
cia di riduzione delle emissioni per i
veicoli decisa dall’Unione europea pas-
sa attraverso gli 80 g/km previsti nel
2025 per giungere ai 59 g/km nel 2030.
Il flighskam e il rilancio dei treni
Ovviamente non si tratta solo di auto-
mobili. Tutto il settore dei trasporti an-
drà ripensato. A partire dall’aviazione
civile. Con la nascita del “flygskam”, che
tradotto dallo svedese suona più o meno
“vergogna di volare”, l’attenzione si è
spostata verso l’uso più o meno sensato
dell’aereo come mezzo di trasporto. È
l’effetto Greta, che sta portando
molti a rinunciare all’aereo
per ridurre le proprie
emissioni. Una con-
sapevolezza che
ha portato
alcune
società ferroviarie a rispolverare i treni
notturni. Dallo scorso gennaio infatti sia
le ferrovie austriache Obb, che la Tra-
fikverket svedese (l’azienda pubblica che
gestisce i trasporti su rotaia), hanno atti-
vato nuove linee notturne che collegano
Vienna a Bruxelles e la tratta Malmo-
Londra, passando per Colonia. La ten-
denza è sottolineata anche da un recente
sondaggio condotto dalla Banca europea
degli investimenti (Bei) che mostra come
la maggior parte dei cittadini cinesi, eu-
ropei e statunitensi abbia in programma
di volare di meno per le vacanze. Deci-
sione dettata dalla volontà di limitare le
proprie emissioni di CO2. Sarà anche
per questo che alcune compagnie stan-
no dando un forte impulso per la ricerca
di soluzioni alternative per i velivoli del
futuro. E non si esclude potranno essere
alimentati anch’essi dall’elettricità.
Il settore ferroviario resta comunque la
soluzione a minor impatto ambientale e
di più facile applicazione in tempi rapidi.
Ha infatti una delle più basse percentua-
li di emissioni ed è anche l’unico le cui
emissioni complessive sono in calo,
nonostante l’aumento dei volumi
di trasporto. Secondo Pascal
Mangin, consiglie-
re regionale del
Grand Est
e mem-
bro
d e l
Comitato
europeo del-
le regioni (CdR):
“Le ferrovie offrono
una buona combinazione
di velocità, sicurezza, comfort,
efficienza e prestazioni ambientali.
Il trasporto ferroviario, tuttavia, rap-
presenta ancora solo il 12 per cento
del trasporto merci e meno del 10 per
cento del trasporto di passeggeri”.
Per questo motivo sarà necessario investi-
re sull’infrastruttura regionale in modo tale
chequesta“nonsolocollegheràmegliocittà,
aree periurbane e zone rurali, ma ri-
durrà anche le disparità economi-
che e sociali tra di esse, rafforzerà
il mercato interno e migliorerà la libera
circolazione delle persone e delle merci”.
Elettrico diffuso
Secondo l’associazione Transport & En-
viroment questo sarebbe l’unico modo
per raggiungere la neutralità in fatto di
emissioni entro il 2050. Ma per arriva-
re a questo, spiega la stessa associazione
nella roadmap per “Decarbonizzare
le automobili in Europa”, sarà
necessaria un’intera flotta di
veicoli a emissioni zero
(Zev). Ciò richie-
derà la ven-
dita di
nuo-
vi veicoli
elettrici entro i
primi anni del 2030
o al più tardi dal 2035.
Tuttavia, ciò non sarebbe an-
cora sufficiente per raggiungere le
emissioni zero nel 2050 e significa che
l’uso dei veicoli a combustione interna
(benzina, diesel e a gas) venduti prima
del 2035 dovrebbe essere limitato e infi-
ne vietato. Ed è ciò che sta già accaden-
do in molti paesi europei. A partire dalla
Norvegia, forse la nazione più avanzata
per quanto riguarda la mobilità elettrica,
che già a partire dal 2025 vieterà la vendi-
ta di nuove auto alimentate da fonti fos-
sili. Seguiranno i Paesi Bassi, nel 2030, il
Regno Unito (2035) e la Francia (2040).
Anche il settore del trasporto pesante sta
lavorando all’elettrico e molti produttori
stanno testando nuovi modelli da affian-
care ai classici motori diesel. Scania, ad
esempio, ha in corso dei test in Svezia
e Germania di “austostrade elettriche”,
dove i camion vengono alimentati ad
elettricità tramite pantografo. Inoltre sta
lavorando per introdurre veicoli com-
pletamente elettrici a batteria per la di-
stribuzione in ambito urbano. Con la
40 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
tecnologia delle batterie attualmente di-
sponibile, i veicoli elettrici possono per-
correre distanze più brevi e richiedono la
ricarica delle batterie, che può avvenire
durate il carico e scarico delle merci. I
veicoli in fase di test garantiscono un’au-
tonomia di 120 km. Il piano di Volvo
invece si sta focalizzando sul trasporto
pesante per l’edilizia e la distribuzione
regionale. In questo caso migliorereb-
bero anche le condizioni di lavoro per i
conducenti e gli operai, grazie al basso
livello di rumorosità e alle emissioni di
scarico zero durante il funzionamento.
Ma l’ondata di elettrificazione avrà bi-
sogno di un’adeguata infrastruttura di
ricarica. Sempre secondo T&E saranno
necessari circa 3 milioni di punti di rica-
rica pubblici per i 44 milioni di veicoli
elettrici previsti nel 2030. Ad oggi sono
circa 185mila i punti di ricarica pubblici
in Europa, numero che dovrà aumen-
tare di quindici volte per soddisfare la
domanda. Per finanziare l’infrastruttura
necessaria, l’analisi stima che l’Europa
avrà bisogno di 20 miliardi di euro
nei prossimi 11 anni, o in media
1,8 miliardi di euro all’anno, in
investimenti pubblici e privati.
Via libera all’inter-
modalità e allo
sharing
Certamente è inve-
rosimile pensare di
sostituire tutto il par-
co circolante, mezzi
pesanti inclusi, con
nuovi veicoli elettrici.
Per ridurre le emis-
sioni del comparto e
tentare di raggiungere
il tanto agognato obiet-
tivo delle “emissioni
zero”, sarà necessario
lavorare sull’intermo-
dalità, sull’ampliamento
dell’offerta dello sha-
ring, del trasporto pub-
blico e su tutte le altre
fonti rinnovabili come il
biometano ora e l’idro-
geno successivamente.
Il biometano può so-
stituire rapidamente
i combustibili fossili
in due settori come
il trasporto merci su
gomma e quello na-
vale. Oltre a ciò il biometano può es-
sere a filiera corta visto che può esse-
re prodotto dalle aziende agricole per
poi venire distribuito a poca distanza
attraverso dei compressori locali. E
comunque il futuro sarà rappresen-
tato dall’equazione meno veicoli pri-
vati e più servizi, anche per le merci,
che possono andare dall’auto in con-
divisione al monopattino elettrico
per l’ultimo miglio, passando per bi-
ciclette e scooter elettrici. Il tutto a
stretto contatto e interconnesso con
il trasporto pubblico.
Solo così si potrà rimodulare la mo-
bilità urbana in ottica sostenibile.
A confermarlo arriva un recentissi-
mo studio condotto da Pvt Group,
società che sviluppa software per la
pianificazione dei trasporti e della
logistica, e commissionato dal Go-
verno federale tedesco, che mostra
come scooter elettrici, servizi di car-
sharing e gli altri servizi on-demand
saranno realmente sostenibili solo
se saranno integrati con i mezzi
pubblici. Lo studio ha esaminato
due scenari diversi, e in entrambi si
vede un calo dell’auto privata come
mezzo di spostamento, una ridu-
zione del numero di chilometri
percorsi in media e una positiva
riduzione delle emissioni che
va da circa il 2 per cen-
to (scenario peggiore)
a circa il 13 per cento
(scenario più ottimista).
	 Quel che è certo è
che dovremo cambiare il
modo in cui pensiamo
la mobilità e il tra-
sporto privato. Non
più l’auto come sta-
tus sociale e mezzo
a cui non poter
rinunciare, ma
una serie di
servizi e mezzi
diversi da sce-
gliere in base
alle necessità. 	
Ovviamente
il singolo cit-
tadino non
potrà avviare
questa rivolu-
zione da solo, ma
dovranno essere
le amministrazioni
pubbliche ad aver il
coraggio di proporre e
sviluppare nuove forme di
mobilità, con investimenti e
infrastrutture. Ne va della nostra
“libertà” di movimento. ▲
Ecofuturo Magazine n. 3
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  • 4. QUESTO NUMERO 7 EDITORIALE Emergenze e scelte: clima e corona virus di Michele Dotti 9 COMUNI VIRTUOSI Storia di un gigante col cuore da sindaco di Marco Boschini 11 ITALIA CHE CAMBIA Il cambiamento clandestino di Daniel Tarozzi 13 ENERGIA Prosumer al debutto di Sergio Ferraris 15 AUTOPRODUZIONE Igienizzare fai date: missione possibile di Lucia Cuffaro 16 SALUTE Dall’ecologia una mano contro il coronavirus di Sergio Ferraris 18 PERSONAGGI Futuro Comune. Intervista a Gianni Girotto e Dario Tamburrano di Sergio Ferraris 22 LA CORNICE Adattarsi al clima di Sergio Ferraris 30 AGRICOLTURA Organico è il suolo di Stefano Bozzetto e Lorella Rossi 28 ALIMENTAZIONE Sostenibile è il fornello di Fabio Buccolini 34 ABITARE Abitare pensando al clima di Giorgia Marino 38 MOBILITÀ Trasporti futuri: basse emissioni e condivisi di Rudi Bressa IN COPERTINA Don't Panic illustrazione di David - Gofy - De Angelis Numero 1-2020
  • 5. 41 SCENARI Gas indispensabile. Ma bio di Fabio Roggiolani 42 CAMPAGNE Un Green New Deal di Stefania Romano 45 L’AMBIENTE IN NUMERI Il clima dà i numeri di Sergio Ferraris 46 IL PUNTO La sfida climatica da vincere su più fronti di Gianni Silvestrini 47 TECNOLOGIE Ecomondo ecoinnova di Sauro Secci 50 PARLIAMONE CON Andrea Grigoletto. Ecologia e crowdfunding di Nicola Mazzucato 52 LA RIVOLUZIONE DELL'ORTO L’orto ha una ragione di Andrea Battiata 54 CONSAPEVOLI Rinnovabili scontate di Alessandro Giubilo 56 IL MONDO CHE CAMMINA Africa rinnovabile di Ivan Manzo 58 EDUCAZIONE Autocura energetica nelle scuole di Michele Dotti 60 GRAPHIC NOVEL Don’t panic di Jacopo Fo 62 VIAGGI L’Italia è bella dentro di Luca Martinelli 67 RUBRICHE Libri, Musica, Cinema di Giordano Sangiorgi, Sauro Secci, Stefano Visani e redazione 70 SPAZIO BAMBINI Gaia, la Terra. Uffa che afa! di Moreno Tomasetig 72 RUBRICHE EcoAppuntamenti, EcoNews, EcoApp
  • 6. Vogliamo ringraziare di cuore tutti gli amici che condividendo i nostri valori e obiettivi stanno contribuendo, come me- dia partner, a diffondere –in pieno spirito collaborativo- questa rivista attraverso i loro canali di comunicazione: siti, so- cial, newsletter. La portata delle sfide ambientali che abbiamo dinanzi è tale che richiede il massimo della collabora- zione fra di noi, per cercare di raggiungere, informare e sensibilizzare il maggior numero di persone possibile. Sevolestecontribuireanchevoiadiffondere“L’EcofuturoMagazine”attraversounvostrocanalediinforma- zione, contattateci: redazione@ecofuturo.eu. Saremo lieti di accogliervi nella nostra “grande famiglia” di eco-innovatori che si impegnano ogni giorno per costruire un mondo migliore. La “grande famiglia” di
  • 7. L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 7 Immaginiamo di essere su un’auto in corsa, lanciata a 100 km/h ver- so un muro, del quale ci siamo accorti tardi. Insieme a noi ci sono quat- tro passeggeri. Il pilota non si accorge del muro (oppure sta fingendo), tut- to preso a compiacersi per la sua auto e a mostrarne le prestazioni. Il passeggero al suo fianco è distratto dalla musica. Al nostro fianco, sul sedile po- steriore, c’è un passeggero che è in preda al panico per il rischio d’impatto che pro- pone di sterzare bruscamente, senza rendersi conto del rischio che ciò comporta. L’ultimo passeggero, sempre al nostro fianco, si è reso conto da tempo di quanto sta per accadere, «ve l’avevo detto che poteva esserci un muro in quel punto, ma non mi avete voluto ascoltare». È quindi consapevole del rischio, ma è rassegnato poiché convinto che sia tardi e anche se frenassimo finiremmo per andare a sbattere. La situazione non è delle più semplici, ammettiamolo. A noi tocca l’arduo compito di risvegliare l’attenzione del pilota invitandolo a togliere il piede dall’acceleratore, ancor prima che frenare e del passeggero al suo fianco. Al contempo dobbiamo spiegare al passeggero in preda al panico che se sterzassimo a quella velocità finiremmo per capot- tare e moriremmo tutti, prima di schiantarci contro il muro. E ci tocca anche invitare a riflettere il passeggero consapevole ma rassegnato, mostrandogli che frenare ha anco- ra un senso, nonostante l’inerzia del veicolo, sia perché sbattere a una velocità ridotta contro il muro è meno dannoso che a 100 km all’ora, sia perché frenando potremmo arrivare a un punto in cui è possibile cambiare direzione ed evitare l’impatto col muro. Questa è la situazione in cui ci troviamo rispetto all’emergenza climatica, per molti aspetti simile a quella in cui ci siamo appena trovati dovendo affrontare il coronavirus. Un’emergenza climatica che ormai mostra i suoi effetti devastanti in modo ancor più evidente di quanto ci si potesse aspettare, con lo scioglimento del permafrost in anticipo di 70 anni rispetto a tutte le previsioni, con Venezia (come Matera) che si allaga rovino- samente e l’Australia che brucia, con un milione di sfollati in Sudan per una alluvione devastante e molti altri segnali di allarme Come comportarsi, in questa situazione? Occorre una capacità di comunicare in modo complesso e articolato su più livelli. Dobbiamo richiamare con forza il pilota del veicolo (i decisori politici) alla realtà e alla responsabilità. Dobbiamo risvegliare chi dorme, distratto dal luccichio del consumismo e convinto che tutto possa continuare come oggi. Occorre invitare alla calma chi, preso dal panico, rischia di compiere gesti inconsulti e controprodu- centi. E infine riportare quanti sono ormai rassegnati al peggio all’idea che esiste la possibi- lità di salvarsi, se iniziamo da subito ad agire. Contenere l’aumento della temperatura entro limiti accettabili (non dico ottimali, per questo forse è davvero tardi) è possibile. Abbiamo le tecnologie per farlo e conosciamo le scelte da compiere a tutti i livelli. Ma questa consapevolezza è ancora patrimonio di un numero troppo ridotto di persone. La vera sfida è uscire dalla nicchia e raggiungere un vasto pubblico, attivandolo con- cretamente. Non solo a livello della protesta -pur essenziale e decisiva- nei confronti della politica, ma anche a livello delle scelte individuali e collettive che determineranno il nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti. In questo numero della nostra rivista cer- chiamo di farci carico di questa complessità, non banalizzando il tema attraverso facili slogan, ma presentando le possibili scelte -sui vari fronti- che possiamo compiere per rallentare, ma poi anche per cambiare direzione ed evitare l’impatto col muro. Teniamo le cinture ben allacciate e gli ben occhi aperti. Siamo ancora in viaggio. Emergenze e scelte: clima e coronavirus Questo periodico è aperto a quanti desi- derino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica Ita- liana. Notizie, articoli, fotografie, compo- sizioni artistiche e materiali redazionali inviati al giornale, anche se non pubbli- cati, non vengono restituiti. www.ecofuturo.eu Direttore editoriale e responsabile: Michele Dotti Caporedattore: Sergio Ferraris Grafica e impaginazione: David Gofy De Angelis Edito da Econnection: La comunicazione che innova Società cooperativa Piazza Francesco Donnetti 18 00145 Roma info@econnection.it P.iva 12260851006 D.USC. 10-05-19 Registrazione al Tribunale di Ravenna: Num. R.G. 2265/2019 - Num. Reg. Stam- pa 1456 del 20/05/2019
  • 9. COMUNI VIRTUOSI A cura di Marco Boschini* 9L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020* Coordinatore Nazionale Associazione Comuni Virtuosi Storia di un gigante con il cuore da sindaco A Racale si racconta di un gigante che salvò il paese, ma oggi il vero gigante è la cooperazione tra i cittadini Si narra che durante una delle tante scorrerie dei Saraceni in terra puglie- se, gli abitanti di Racale inscenarono l’e- spulsione dal paese del loro gigante: il più forzuto, il più alto, il più astuto. L’uo- mo se ne stava seduto appena fuori le mura, con l’aria sconsolata. Al loro arri- vo i Saraceni lo avvicinarono per chie- dergli il motivo della sua cacciata. Il gi- gante srotolò una litania degna di un grande attore, facendo credere loro di es- sere il più piccolo e debole del suo popo- lo, immeritevole di restare in paese. All’udire queste parole i Saraceni fuggi- rono impauriti e i racalini vinsero la guerra senza nemmeno combatterla. Si narra che alla chiusura del cantiere del- la nuova scuola materna ed elementare di Racale, nel 2013, mancasse all’elenco del- le opere realizzate la tinteggiatura dei mu- ri esterni, per oltre 4.000 mq di superficie. Il sindaco del paese, eletto da un anno e poco più, prese pittura e pennello e iniziò a lavorare. Nel corso di un giorno decine di cittadini si rimboccarono le maniche, attirati dal passaparola. Tutti si fermava- no a dare una mano, in un gioco di squa- dra spontaneo. Racale, in fondo, è la città della follia, “do- ve si esplora l’altro, il diverso, l’ignoto”, come recita il manifesto dell’omonimo Festival diretto nel 2018 dal grande Ro- berto Vecchioni. Qui a governare è la po- litica che amiamo: bella, pulita, concreta, visionaria. Non è un caso che il sindaco Donato Metallo sia stato insignito un an- no fa del Premio intitolato alla memoria di Angelo Vassallo, sindaco pescatore di Pollica. Da quando governa la città di 10mila abitanti, Metallo ha saputo valo- rizzare la ricchezza più grande di questa terra: il patrimonio immateriale, fatto di storie e di persone. Da qui nasce una vitalità e una partecipa- zione a ogni evento, che rende Racale uno dei posti più attivi e attrattivi del Salento. Ci sono le buone pratiche, ed è il motivo che ha reso la città un comune virtuoso: la raccolta differenziata all’80%, la riqualifi- cazione energetica e la messa in sicurezza di tutte le scuole, la pubblica illuminazio- ne a basso consumo energetico, i km di piste ciclabili e le aree sottratte all’asfalto per far posto al verde di giardini ben cura- ti. Ma quello che rende questo posto uni- co sono le persone. Stefania Manzo è la dirigente scolastica dell’istituto compren- sivo, una forza della natura, con il fuoco negli occhi e la voglia di lottare per scava- re dentro i suoi ragazzi e insieme a loro costruire un’idea di società altra. Pietro Ferrarese è il sindaco del Consiglio Co- munale dei ragazzi, un giovanotto dolce e sempre attivo, consapevole del ruolo che sta svolgendo per conto dei suoi coetanei. Racale finanzia le nuove opere pubbliche e i servizi che prima sembravano pura utopia vincendo un bando dietro l’altro, grazie all’impegno di amministratori e di- pendenti che a volte fanno notte per as- semblare i progetti in tempo utile. A Racale c’è la bibliocabina per scambiare libri in prestito, e un parco pubblico at- trezzato per accogliere tutti, grazie a una consulta istituita per affrontare il tema delle abilità differenti. C’è la casa delle as- sociazioni, l’Agorà Follia, dove una danza tra anziani e bambini mischia il mazzo della contaminazione generazionale. Nel vecchio archivio comunale, a Palazzo Ip- polito, è nata la biblioteca comunale, che offre corsi di teatro, incontri pubblici, la- boratori. Eunmuseodell’emigranteperri- cordarcichisiamoedadoveveniamo.Do- ve siamo andati, anche. Da Racale, ogni anno, parte il Treno della Memoria che ha già portato ad Auschwitz settanta ragazzi, perché chi ricorda pompa ossigeno a un futuro diverso. Oggi le mura non ci sono più e nemme- no i Saraceni pronti all’invasione. È ri- masto un gigante d’uomo con il cuore da sindaco, e lo sguardo folle di chi sa leg- gere le persone. E insieme a loro, sempli- cemente, cambiare tutto. ▲
  • 10. L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202010 SUI SOCIAL DEL CONSORZIO ITALIANO BIOGAS PARLIAMO DI AGRICOLTURA, DI BIOENERGIA, DI MOBILITÀ GREEN, DI BIOFERTILIZZANTI, DI AZIENDE AGRICOLE VIRTUOSE, DI PRODOTTI AGRICOLI SOSTENIBILI. E DI BIOGASFATTOBENE® VIENI A DIRE LA TUA. A seguire i social del CIB, #cibeneficianotutti consorziobiogas.it
  • 11. Il cambiamento clandestino Flaviano Bianchini fonda nel 2012 Source International un'organizzazione che raccoglie dati contro lo sfruttamento di multinazionali minerarie e aiuta le comunità a vincere le loro battaglie O ggi voglio raccontarvi la storia di Flaviano Bianchini, un uomo che ha innestato cambiamenti profondi in diverse parti del globo. Tutto ha inizio nel 2005quandoFlavianoincontraun'attivista guatemalteca che si occupa di diritti indigeni legati al territorio, allo sfruttamento delle risorse e che si batte contro una impresa mineraria. La sua presentazione alle conferenze era emotivamente molto forte, ma le mancavano i dati, i numeri. L'idea fu immediata: Flaviano decise di partire per il Guatemala con un biglietto di sola andata per raccogliere dati scientifici a supporto della ricerca in questione. Ci vollero due anni, ma ci riuscì: “Costruimmo il primo caso nel 2007 – ci spiega Flaviano – e questo fu il primo esempio di crimine ambientale portato alla corte americana dei diritti umani, che poi quattro anni dopo nel 2011 'convinse' lo stato del Guatemala a obbligare la compagnia mineraria a cambiare sistema estrattivo”. Fu solo l'inizio. In seguito fu la volta di analisi dell’acqua, del suolo e del sangue in Honduras ed El Salvador. Dopo alcuni anni e molti progetti, nel 2012 Flaviano viene nominato “Ashoka Fellow” e con il sostegno di questa organizzazione fonda l’associazioneSourceInternational,cheda alloraportaavantiquestogenerediattività in modo più costante e strutturato, occupandosi di difendere le popolazioni che soffrono dello sfruttamento delle risorse: “la comunità indigena nel mezzo dell’Amazzonia che si trova invasa dalla grande compagnia di turno ci chiama, noi raccogliamo i dati ma insegniamo anche alla popolazione a raccogliere i dati e monitorare la situazione - una sorta di cittadinanza attiva - e poi portiamo la cosa sul piano legale. Oggi abbiamo in corso molte cause con diverse compagnie, minerarie ma non solo. Ci occupiamo di tutto ciò che è sfruttamento delle risorse”. Oggi Source International ha sede in Italia e ha alcuni dipendenti fissi e molti collaboratori. Al momento ci sono 39 progetti i corso. Tra questi solo uno è stato proposto “dall’alto”, dalle Nazioni Unite, tutti gli altri sono partiti da segnalazioni e passaparola. “Quando abbiamo iniziato – ci confida - mi sentivo Don Chisciotte... oggi posso dire che abbiamo ottenuto tantissimi risultati.L’Honduras ha dichiarato 13 articoli della legge mineraria anticostituzionali perché violavano il diritto alla salute grazie ai nostri studi, salvando così milioni di persone; in Messico abbiamo speso 25.000 euro ottenendo un risarcimento per la comunitàdi50milionididollari;abbiamo ottenutocheilsecondouomopiùriccodel Messico arrivasse alla corte suprema di giustizia; in Perù grazie al nostro lavoro è stata dichiarata l’emergenza sanitaria e ambientale e la miniera ha deciso di chiudere e bonificare l’area; in Mongolia abbiamo ottenuto che venissero liberati i prigionieri di coscienza, arrestati per le protestecontrolaminiera,perchéabbiamo dimostrato che le loro proteste erano valide. E così via. Certo, per una che ne vinci cinque ne perdi, ma intanto qualcosa si è portato a casa”. La storia di Flaviano ancora una volta dimostra che abbiamo un potere enorme di cambiare le cose, persino di fronte a grandimultinazionalioagovernicomplici. La differenza tra chi si attiva e ottiene risultati e chi si limita a lamentarsi è tutta qui: si può aspettare che qualcuno cambi il mondo o ci si può attivare per farlo in prima persona. ▲ ITALIA CHE CAMBIA A cura di Daniel Tarozzi* 11L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020* Fondatore di Italia che cambia, giornalista e scrittore
  • 12. L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202012 Siamo leader mondiali nella produzione di pannelli solari ultraleggeri ed ultrasottili in materiale plastico. I nostri pannelli fotovoltaici sono caratterizzati da alta efficienza e facilità di installazione. Ecco perché molti costruttori di camper e caravan, cantieri navali, costruttori di contenitori per i rifiuti, di apparecchiature per la sicurezza, di tensostrutture, architetti e progettisti scelgono di integrare i moduli PV Enecom direttamente in fase di design e progettazione delle loro realizzazioni. Ed ecco perché ENECOM INSIDE è diventato un marchio dstintivo di qualità e innovazione, Made in Italy ENECOM Srl - Via Siena, 16 59013 Montemurlo Italy - +39.334.1444084 info@enecompower.com www.enecompower.com
  • 13. P rosumer. Chi è costui? Sarà con ogni probabilità il protagonista della scena energetica dei prossimi anni, se non lo si soffocherà prima. Ossia il produttore/ consumatore di energie, ovviamente, rinnovabili. È una figura già presente da tempo in altri paesi come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna e che ora, grazie alla Strategia energetica nazionale e alle nuove direttive europee, arriverà anche in Italia. Si tratta di una modalità di comportamento che è stata resa possibile dalla digitalizzazione della rete elettrica, campo nel quale l’Italia è all’avanguardia, che sfruttando sistemi intelligenti di contabilizzazione, le smart grid e in un prossimo futuro anche le blockchain, consente da un lato la possibilità all’utenza di essere protagonista bidirezionale della rete, dall’altro permette di bilanciare la produzione e i consumi anche con le rinnovabili e i piccoli soggetti, come le famiglie e le Pmi. E un grande ruolo lo giocherà l’accumulo che consente una flessibilità e un bilanciamento ancora maggiore della dialettica tra produzione e consumo. E su ciò c’è da registrare un ritardo dell’Italia. Il nostro paese, infatti, non ha mai varato un programma d’incentivi per l’accumulo da fotovoltaico domestico, come invece fa la Germania da alcuni anni, mettendo una seria ipoteca sia sulla manifattura degli accumulatori - nella quale avevamo fino a qualche anno fa una buona leadership - sia sullo sviluppo delle reti intelligenti. L’incentivo messo a punto dalla Germania è una piccola cosa, circa 200 milioni di euro l’anno, e non si capisce come mai un provvedimento analogo non sia mai stato preso in considerazione dal Governo italiano, al punto che due regioni, Lombardia e Veneto hanno provveduto autonomamente a incentivare l’accumulo domestico per le rinnovabili. Una riflessione da fare in questo quadro è quella relativa agli aspetti sociali andando oltre la produzione di reddito aggiuntivo attraverso la produzione energetica, o di risparmio grazie all’efficienza energetica indotta da questi sistemi. E come aspetti sociali si intendono, per esempio, quelli motivazionali, etici e la tensione tra libertà e vincolo. Si tratta di aspetti squisitamente antropologici e sociologici e che per questa loro caratteristica sono stati affrontati molto raramente nel mondo dell’energia. Per affrontarli è necessario prendere in prestito alcune dinamiche proprie di un altro tipo di prosumer: quello attivo sul web. In questo campo l’asimmetria informativa tra i media e gli utenti è molto diminuita, se non addirittura azzerata quando entrano in gioco “aggregatori informativi” come i social network. All’interno dei social network, infatti, trovano posto dinamiche di produzione, modifica e consumo dell’informazione, mentre negli aggregatori energetici ci sono produzione, accumulo e consumo d’energia ed entrambi i modelli possiedono dinamiche sociali simili. La presenza delle persone in queste dinamiche, per esempio, è legata al concetto d’autonomia sia energetica sia informativa, mentre quello che prima era solo un consumatore, oggi diventando un prosumer, assurge a un ruolo attivo. E che dire della convergenza d’interesse? Il prosumer informativo si aggrega a seconda di interessi specifici, come per esempio la mobilità o la cucina. Quello energetico trova il proprio punto d’aggregazione, per esempio, nelle questioni etiche e/o ambientali. O anche più semplicemente nel risparmio. Si tratta, come abbiamo detto, di aspetti comportamentali che sarà fondamentale affrontare nell’immediato futuro perché da queste analisi potrebbero dipendere le sorti di fenomeni quali le comunità energetiche, le rinnovabili sul territorio, per non parlare della lotta ai cambiamenti climatici. ▲ * giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine Prosumer al debutto Avanza una nuova figura. Parliamo del prosumer dell'energia, ossia il produttore/consumatore, di energie. Rinnovabili ENERGIA A cura di Sergio Ferraris* 13L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020
  • 14.
  • 15. 15L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 Disinfettante mani fai da te: ricetta diffusa dall’OMS Igienizzare fai da te: missione possibile C orse all’acquisto degli igienizzanti mani, scaffali svuotati e prezzi alle stelle: tutti i media hanno documentato scene del genere in concomitanza con la diffusione delle informazioni sul Coronavirus. Per questo l’Organizzazione mondiale della Sanità ha diffuso subito una ricetta per autoprodurre il disinfettante mani ricordando però, che per una corretta igiene, è sufficiente lavarle con acqua e sapone, dedicando a questa operazione non meno di un minuto. Solo in assenza di acqua e sapone si può ricorrere ai cosiddetti igienizzanti per le mani a base alcolica, facendo attenzione a non abusarne. IGIENIZZANTE PER MANI FAI DA TE Ricetta dell’OMS Occorrente per un litro: • 833 ml di alcol etilico al 96% • 110 ml di acqua distillata • 42 ml di acqua ossigenata (o perossido di idrogeno) al 3% • 15 ml di glicerina (o glicerolo) al 98% * scrittrice e conduttrice tv, Presidente Movimento per la Decrescita Felice Questo disinfettante per mani prevede alcuni ingredienti che combinati assieme nelle giuste quantità sono efficaci contro i virus, che vengono velocemente eliminati. È importante avere recipienti adeguatamente puliti e disinfettati e lavorare velocemente per evitare che i prodotti evaporino. Nel contenitore si travasano 833 ml di alcol etilico (etanolo) al 96%, che si può acquistare nei negozi alimentari, e 42 ml di acqua ossigenata (3% di concentrazione), che ha il compito di inattivare le spore di eventuali batteri contaminanti e che si può reperire in farmacia. Si aggiungono poi 15 ml di glicerina al 98%, recuperabile in erboristeria o farmacia a pochi euro. Essendo molto viscosa è utile aiutarsi con una parte dell’acqua distillata bollente, per scioglierla e miscelarla meglio. È da tenere presente che il glicerolo ha una funzione umettante, e può essere sostituito con altri emollienti, come sottolinea lo stesso OMS.Si arriva a un litro complessivo di preparazione aggiungendo anche 110 ml di acqua distillata (sempre in farmacia), sostituibile con acqua bollita, filtrata e poi riportata a temperatura ambiente. Si deve agitare per bene il contenitore in modo che il composto sia omogeneo. Infine, si travasa immediatamente in contenitori più piccoli come flaconi dosatori ben puliti e sterilizzati. Sempre meglio etichettare indicando sia la data di preparazione e che ingredienti. Dopo 72 ore l’igienizzante può essere usato, in modo che le eventuali spore batteriche siano uccise dall’acqua ossigenata. Data la presenza dell’alcol è importante ogni tanto idratare le mani per evitare la secchezza. Basta qualche goccia di olio extravergine di oliva sulla pelle precedentemente inumidita. Dopo aver applicato o spruzzato la soluzione sulle mani asciutte, queste vanno strofinate per almeno 40 secondi o fino a che risulteranno asciutte. Alcune avvertenze sono da tenere in considerazione. Questa soluzione, potenzialmente infiammabile, non va ingerita, e per questo motivo deve essere conservata fuori dalla portata dei bambini e occorre evitare il contatto con gli occhi e le mucose. L’uso prolungato potrebbe favorire lo sviluppo di resistenze e un indebolimento della naturale protezione della pelle, aumentando il rischio di infezioni. È sempre meglio chiedere al proprio medico di fiducia un consiglio sull’utilizzo e sul dosaggio, soprattutto nel caso di bambini o di pelli delicate, e seguire le indicazioni del Ministero della Salute e dell'OMS in continuo aggiornamento sugli igienizzanti. ▲ AUTOPRODUZIONE A cura di Lucia Cuffaro*
  • 16. L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202016 N on intendiamo qui ripe- tere le indicazioni che in questi giorni tutti i media stanno dando per preve- nire il coronavirus, ma piuttosto offrire alcuni spunti di riflessione su come l’e- cologia possa venirci incontro per tra- sformare questo periodo di fermo for- zato - che porterà con sé tanti problemi, per tutti- in un’occasione per cambiare alcuni aspetti della nostra vita, in modo da poter gestire e ammortizzare quegli stessi problemi. E trasformarne alcuni in vere e proprie opportunità. Una mano contro il coronavirus L’ecologia in tutte le sue declinazioni può aiutarci a superare questa difficile crisi SALUTE / a cura di Ecofuturo*
  • 17. 17L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 Salute al primo posto L’inquinamento delle pianure e delle città è dovuto al traffico, alle attività economiche inquinanti e ai riscalda- menti. Il confronto con le foto dal sa- tellite dopo i provvedimenti di blocco dimostrano che è possibile vivere non inquinati. E qualcosa con questa crisi sta cambiando. Il position paper della Società Italiana di Medicina ambientale inizia ad affrontare quanto sostenuto da anni dal nostro coordinatore scien- tifico Prof Giuliano Gabbani ovvero che le poveri sottili fanno da carrier (trasporto) degli inquinanti, di batteri, muffe e probabilmente anche virus. Le aree commerciali in cui concentria- mo tutti, come locali pubblici, ospe- dali o sale attesa degli studi medici sono luoghi di diffusione e amplifica- zione dei virus influenzali che causa- no 8.000 morti anticipate ogni anno. Ma oggi esistono tecnologie – ne ave- vamo presentate molte con la nostra campagna “Spolveriamoci”- in grado non solo di salvarci la vita, ma anche di tenerci in salute. Innanzi tutto riconvertire il traffico, puntando sul car sharing elettrico, sui veicoli e sulle auto elettriche e sulla riconversione a dual fuel col metano di tutto il circolante, a metano/bio- metano o ibrido plug in (ricaricabile a spina). Per riscaldamento e raffresca- mento puntare su pompe di calore ge- otermiche o con sonde e impianti pun- tuali oppure reti di teleriscaldamento freddo, fotovoltaico con gli accumuli, cogenerazione ad alta efficienza con metano/biometano/idrogeno e anche sulla sostituzione delle stufe a pellet e legna con quelle a 4 stelle. Per le attività produttive è possibile puntare in ma- niera massiccia sull’efficienza energe- tica e sull’autoproduzione dell’energia da rinnovabili. Ripulire gli ambienti da CO2 e polveri Le classi scolastiche o gli uffici pur non essendo “inquinati” costringono a sof- focare di CO2 e a scambiarsi influen- ze o raffreddori solo perché non sono stati installati sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata che scambiano l’aria in continuazione e la ionizzano rendendo la vita migliore per tutti. La misurazione di questi parametri è possibile con senso- ri complessi ma di semplice applica- zione e lettura, oltre che dal costo contenu- to. Ogni scuola potrebbe averne uno per tenere la situazione sempre sotto controllo. Ma se in un’aula scolastica il ri- schio è quello di assenze a raffica e preoccupazioni per genitori con per- dite economiche e di produttività, provate a pensare a uffici, call center, sale di attesa degli ospedali, o alle case di riposo per anziani. Non proponiamo sanificazione con ozono o chimica, che dopo essere fatta richiede l’arieggiamento dei locali, ma quelle in continuo che si possono ot- tenere con difese passive oppure con tecniche come l’abbattimento elettrico ad alta tensione ottenuto da apparecchi che in Cina nella fase del corona virus sono stati installati a centinaia mentre da noi sembrano ancora scatole magi- che. (https://bit.ly/2JsYPpP) Ci sono soluzioni ecotecnologiche che richiedono la svolta dei decisori men- tre altre richiedono scelte consapevoli dei singoli cittadini. La dimensione economica Scelte attente da un punto di vista eco- logico possono offrirci enormi rispar- mi nelle bollette di casa. L’installazione di un impianto fotovoltaico abbinato a una pompa di calore oppure un im- pianto geotermico a bassa entalpia sono scelte in grado di ridurre i costi non solo per il riscaldamento ma anche per il raffrescamento estivo. Se le conside- riamo sull’arco di 30 anni il risparmio è paragonabile a una vincita alla lotteria. E ci sono altre piccole scelte, molto economiche, che possono produrre importanti benefici. Pensate all’impor- tanza di aerare i locali in cui viviamo. L’ideale sarebbe avere pareti traspiran- ti, come per le case in legno o in paglia, per evitare muffe e le possibili malattie che comportano. In alternativa, spe- cie per chi ha pareti e infissi mol- to isolanti, è necessario cambiare l’aria di fre- quente, o con un piccolo impianto di circolazione forzata dell’aria oppure aprendo manualmente le finestre. Ma come farlo? C’è chi pensa: “Non apro le finestre per evitare che esca il calore”. Un’idea bislacca. Quanto risparmiato in ener- gia lo spenderemmo raddoppiato in farmaci. Molti però sbagliano nella modalità di areazione, lasciando tutto il tempo una finestra leggermente aper- ta. È meglio invece, dal punto di vista del risparmio energetico, aprire tutte le finestre e le porte per 5-10 minuti e poi richiuderle. Altre scelte interessanti possono es- sere l’introduzione di valvole termo- statiche, che possono portare a un risparmio fino a 350 euro/anno per un appartamento di 100mq riscalda- to a gas, oppure l’uso delle lampadine a LED che durano oltre 20 volte le lampadine tradizionali e ci permet- tono un risparmio di 15 euro/anno ciascuna. Fate il conto per i corpi il- luminanti della vostra abitazione. Lo stesso discorso vale per tutti gli elet- trodomestici di casa, per i quali è sag- gio preferire senza alcuna esitazione quelli nelle classi energetiche più alte, che si ripagano col loro uso. Altri risparmi importanti possono venire dall’uso della doccia al posto della vasca dabagno(anchediacquanonsolod’ener- gia), dallo spegnimento degli apparecchi elettronici lasciati in standby e dall’atten- zione a non esagerare col riscaldamento/ raffrescamento. Basti pensare che alzare la temperatura di 2° costa 150 euro all’anno. Comunicazione e lavoro: nuovi strumenti Già in tempi non sospetti con Eco- futuro abbiamo puntato sulla tra- smissione web del Festival, arrivando nell’ultima edizione a raggiungere
  • 18. L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202018 complessivamente 300.000 persone in diretta streaming e a veicolare i conte- nuti registrati sulle varie piattaforme a 3 milioni di persone all’anno, che di- vengono 12 milioni a livello di ingressi nei due siti connessi - Ecquologia.com e Peopleforplanet.it - a un costo con- tatto molto inferiore a qualsiasi altro tipo di investimento in comunicazione perché facciamo risparmiare sui costi di carburante, logistica, trasferte. Du- rante il corona virus abbiamo prose- guito a produrre contenuti e confronti (https://bit.ly/2UrAgQL) - ospitando gratuitamente, con spirito di servizio, centinaia di relatori - unendo la diret- ta Facebook con la videoconferenza della piattaforma ZOOM, cosa che intendiamo riproporre anche durante il prossimo festival per favorire un’ampia partecipazione anche da casa. Più volte abbiamo suggerito che anche i summit climatici, così come i confronti scien- tifici, potrebbero svolgersi on line gra- zie a questi moderni sistemi elettronici che permettono di recuperare anche l’espressività dei volti. E con un rispar- mio economico che permetterebbe di democratizzare la partecipazione. Occupazione rinnovabile Ancora non sappiamo quali saran- no i risvolti, negativi, sull’occupazio- ne del Coronavirus, ma siamo certi che l’unica ricetta che ci porterà fuo- ri dalla crisi sarà un vero Green New Deal, concreto e non fatto di soli slo- gan, come abbiamo chiesto -come Econfuturo- con lo “Sblocca cantie- ri delle rinnovabili e dell’efficienza” (https://bit.ly/2vVRkVm). Il raggiungimento degli obiettivi eu- ropei (vincolanti) per le rinnovabili al 2030 sblocca 80 miliardi di euro d’inve- stimento ai quali devono essere messi in parallelo sia politiche industriali co- erenti per tenere il più possibile la ma- nifattura sostenibile in Italia, sia inve- stimenti nella ricerca. Il traguardo del 100% di rinnovabili al 2050, secondo una ricerca dell’Università di Stanford, produrrà in Italia 650 mila posti di la- voro full time e permanenti, mentre gli addetti alla generazione fossile che perderanno il lavoro saranno 164 mila. Saldo netto 486 mila nuovi posti di la- voro. Tutto ciò si tradurrà in un guada- gno annuale, per il paese, di 45,7 miliar- di di euro, ai quali deve essere sottratto il valore delle perdite di posti di lavoro nel settore fossile che è di 11,56 miliar- di di euro. Saldo netto 34,16 miliardi di euro: 2 punti abbondanti di Pil. E tutto ciò solo per l’energia. Avremo nuovi posti di lavoro anche per tutti i settori “investiti” dalla con- versione ecologica e da un efficienta- mento serio (https://bit.ly/3bKNtKj) della pubblica amministrazione. ▲ * Michele Dotti, Sergio Ferraris, Jacopo Fo, Fabio Roggiolani
  • 19. F inalmente si apre, grazie a una direttiva europea, la possibilità anche in Italia di fare comunità energetiche Mettersi assieme per produrre energia rin- novabile. In altri paesi europei ciò è pos- sibile da decenni, ma in Italia era illegale. Ora non più, grazie a una nuova direttiva europea, e sta partendo un periodo di spe- rimentazione concreta, fino al recepimento della direttiva, che consentirà ai cittadini riuniti in comunità di autoprodurre e au- toconsumare energia pulita. Aiutando il clima e il portafogli. Abbiamo discusso di ciò con il Presidente della Commis- sione attività produttive, commercio e turismo, del Senato, Onorevole Gianni Girotto (M5S) che ha fortemente volu- to, assieme a uno dei protagonisti della direttiva a Bruxelles, Dario Tamburrano, già europarlamentare l’introduzione del- le comunità energetiche anche in Italia.   Oggi stiamo partendo con una sperimentazione circa le comu- nità energetiche. Perché è neces- saria una sperimentazione e in cosa si traduce nel concreto? «Consideriamo l’autoconsumo collettivo una rivoluzione innovativa del sistema energetico del Paese capace di alimentare benefici ed opportunità che dobbiamo cogliere in fretta, in particolare in questo momento storico nel quale dobbiamo tenere iniziative di politica economica rivolte a fronteggiare la crisi creata dal covid-19. Abbiamo voluto anticipare al massimo il recepimento della direttiva europea che è in iter e arriverà a conclusione nel giro di un anno, forse qualcosa di più, per arrivare preparati a questo traguardo grazie ad informazioni tecniche e pratiche sulle modalità di funzionamento che verranno acquisite già in questa fase. Con il nuovo quadro norma- 19L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 PERSONAGGI / di Sergio Ferraris
  • 20. Siamo in paese dove in un attimo complichiamo cose semplici. Siamo sicurichechisiattivagiàogginonavrà impedimenti normativi domani? «Si c›è una ragionevole certezza che ciò non accada. La norma è stata messa a punto con un allargato processo di partecipazione di tutte le parti interessate e il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli è convergente sull’attuazione di questa nor- ma e ci ha già dato ampie garanzie  che saranno rispettati i 60 giorni di tempo che il Mise ha per trovare la formula ottima- le per l’incentivazione sull’energia auto- prodotta e consumata istantaneamente.   Se domani un gruppo di cittadini vo- lesse fondare una comunità energe- tica cosa dovrebbero fare? «Ora devono ancora aspettare un attimo perché ci sono i sessanta giorni che ha a di- sposizione il Mise per la realizzare la norma sull’incentivo, poi c’è l’Arera che ha tren- ta giorni per mettere a punto altri dettagli di regolazione, ma una volta uscite queste norme il consiglio è quello di rivolgersi a cooperative energetiche o altre entità che stanno già sperimentando queste forme, o anuovipromotorichenasceranno inmodo da avere consigli pratici sul da farsi. Nelle prossime settimane è mia intenzione spie- gare diffusamente le opportunità legate alla comunità energetiche. Bisogna tenere pre- sente che di sicuro ci saranno molte azien- de di servizi che offriranno consulenze, sia per l’apertura, sia per la manutenzione delle comunità energetiche. Sono abbastanza ot- timista circa il fatto che ci saranno diver- se  imprese che si offriranno per il sostegno della realizzazione di queste comunità.  Credo che si creeranno parecchie realtà che offriranno supporto, servizi o addirittura il pacchetto chiavi in mano, comprensivo anche della parte burocratica relativa alla costituzione della comunità». Tutto bene. Ma come si posso- no tutelare i cittadini da eventuali truffe legate a questa nuova atti- vità che pochi conoscono? «Si tratta un problema che è trasversale a tutte le attività specialmente quelle nuove. Ciò che possiamo fare è invitare i cittadini ad affidarsi ad aziende di comprovata esperienza nelle rinnovabili e magari un›attività da lungo tempo nel settore delle rinnovabili. È necessario che non si facciano scelte affrettate lasciandosi abbagliare da offerte che promettono miracoli. Personalmente sto spingendo  affinché  gli enti pubblici preposti facciano comunicazione e consulenza sul territorio e anche online, ma ad attivarsi devono essere soprattutto le organizzazioni d›impresa: hanno solo da guadagnare da queste nuove attività».  Per finire le comunità energeti- che quanto possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati al 2030? «È complicato fare delle previsioni di questo tipo, in particolare in questo nuovo scenario di crisi.Di sicuro le potenziali- tà per dare un contributo importante ci sono. Contando solo i tetti dei condomini e degli altri edifici, ci si rende conto che a disposizione abbiamo decine di Giga Watt e quindi le potenzialità ci sono. Come sem- pre la differenza la fanno gli strumenti a disposizione, specialmente la conoscenza di questi strumenti. Per cui anziché fare previsioni, io mi impegno a rendere perva- siva questa possibilità, perché il solo fatto che abbiamo un milione di condomini che possono realisticamente dimezzare la bol- letta ci dovrebbe consentire di creare mol- te comunità e di conseguenza una grande quantità di energia pulita». ▲ tivo saranno realizzate nuove configurazio- ni di produzione e consumo di energia fino ai 200 kW che prima non potevano essere realizzate. Potremo far partire da subito una serie di cantieri e lavori su condomini e attività produttive per ridurre in maniera sensibile le bollette energetiche e la neces- sità di approvvigionamento verso l’estero». Tutto bene ma in quale maniera? «L’autoconsumo collettivo comporta una minore spesa in bolletta per un diverso utilizzo della rete elettrica. Inoltre si avrà un sostegno diretto con un incentivo che deve essere stabilito nei prossimi mesi dal Ministero dello Sviluppo. Questi stru- menti potranno essere impiegati in com- binato disposto delle detrazioni fiscali che già esistono e il Ministro Patuanelli ha già dichiarato di voler rafforzare, ossia gli ecobonus, e la possibilità di fare autopro- duzione di elettricità, che per esempio può servire ad alimentare le pompe di calore, cambiando così il sistema termico di un condominio e passando dalle caldaie alle pompe di calore che sono molto più effi- cienti. Così abbiamo la possibilità reale di dimezzare la bolletta per centinaia di mi- gliaia di italiani e stimolare l’economia reale con la creazione di nuovi posti di lavoro. ». Quali sono le questioni tecniche aperte? «C’è la necessità di scelte chiare. Già il fatto di aver utilizzato la modalità virtuale rispetto a quella fisica è una prima scelta che potrebbe confermare la validità del modello. E non è cosa da poco perché con la modalità virtuale non sarà necessario du- plicare intere porzioni di reti con dei cavi fisici e si renderà più snello il modello. Poi ci sarà da mettere a punto il meccanismo alternativo allo scambio sul posto che vada a incentivare tutto l’autoconsumato. Si tratta di un passaggio chiave perché oggi il meccanismo dello scambio sul posto re- munera l’energia autoprodotta sul nostro tetto nel momento in cui viene inviata in rete. Noi invece dobbiamo incentivare l’autoconsumo e il meccanismo previsto nella normativa premia tutto l’autoconsu- mo istantaneo, anche quello con i sistemi di accumulo. Quindi saremo in grado di mettere a punto una tariffa incentivante che incrementi l’autoconsumo e lo stoc- caggio. In modo che nei momenti di ne- cessità l’utente può usare l’energia autopro- dotta e stoccata prima prelevarla dalla rete». L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 202020
  • 21. Mr. Prosumer La democrazia energetica oggi ha un nuovo protagonista: il prosumer 21L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 D ario Tamburrano, già europarlamentare esperto in energie rinnovabili e transazione ecologica è stato il protagonista della creazione in Europa della figura del prosumer, cosa che aveva nella testa da 10 anni. Ossia da quando il proprio condominio, nel 2005,glinegòilpermessod’installazione dei pannelli fotovoltaici per prodursi elettricità da solo. Tamburrano ci ha raccontato come ha costruito, a Bruxelles, la figura del prosumer che sarà il soggetto protagonista della democrazia energetica. In Europa come è nata l’idea delle comunità energetiche? «A Bruxelles la cosa è nata nel 2015 con una comunicazione della Commissione europea che si chiamava "New deal for energy consumer" (https://bit.ly/2xz1J9Q), sulla quale il Parlamento era chiamato a esprimersi. Da qui mi sono reso conto che la Commissione citava il termine prosumer, - il produttore/consumatore, N.d.R. - ma non ne dava alcun tipo di definizione giuridica, per cui questi soggetti non avevano in sostanza alcun tipo di diritto. Visto ciò ho proposto, con una serie di emendamenti, al Parlamento, una definizione giuridica e legale del prosumer, essendo questa una figura chiave imprescindibile nel contesto della transizione energetica. E bisogna tenere conto che definendo in questo contesto i diritti dei singoli, si apriva la strada alle comunità dell’energia, ossia un gruppo di prosumer. E la proposta ha convinto». E quindi cosa è successo? «Anche grazie al supporto della relatrice Laburista, Thersa Griffin il mio testo è stato subito accettato dai Socialisti dai Verdi, e dalla Gue (il gruppo più a sinistra nel Parlamento Europeo). Ma anche così non avevamo la maggioranza e per avere con noi i Liberali ho limato il testo e questi ultimi si sono rivelati “Liberali” di nome e di fatto. Hanno, infatti, sostenuto i prosumer perchè si tratta di una questione di libertà del singolo cittadino. Il termine prosumer, poneva poi una questione di tipo legale, perchè nel momento in cui il cittadino diventava anche produttore d’energia vi era la conseguenza inevitabile, sotto il profilo giuridico, che dovesse assumersi anche tutti gli obblighi del produttore d’energia tradizionale, cosa che avrebbe bloccato di fatto tutto il processo. E come avete risolto? «Una delle difficoltà è stata quella di dare ai prosumer, che infatti poi nei documenti successivi si sono chiamati self-consumer, i diritti dei consumatori senza avere gli obblighi dei produttori tradizionali. I prosumer sono quindi una categoriaibrida.Eilpassaggiosuccessivo èstatoquellodellecomunitàenergetiche. Su questo schema complessivo abbiamo ottenuto la maggioranza, per cui la posizione del Parlamento, in merito alla comunicazione della Commissione, includeva la richiesta di proporre un quadro regolatorio per i prosumer con una serie di suggerimenti molto chiari. Dopo di che la Commissione europea ha inserito all’interno delle direttive del “Clean energy package” sia i prosumer, sia le comunità energetiche». E sul fronte degli oneri di sistema come è andata? «Uno degli obiettivi che mi sono posto, oltre a tutto ciò, è stato quello di non assoggettare agli oneri di rete l’energia prodotta e consumata direttamente dai prosumer e su questo fronte è stata dura, perchè si andava a toccare tutta una serie di interessi che avrebbero avuto tutto da perdere di fronte all’energia rinnovabile, a basso costo e prodotta a livello diffuso. «Tassare l’energia rinnovabile autoprodotta che cade dal cielo con il sole o portata dal vento e consumata in casa, è come tassare i pomodori dell’orto di casa”, questa era il mio slogan nelle roventi sedute di confronto con chi si opponeva a questa piccola rivoluzione». E qui devo dire che ho avuto fortuna perché il relatore spagnolo socialista della direttiva José Blanco López ha “subappaltato” a me e ai Verdi la gestione dell’articolato sui prosumer ed energy communities e in questa maniera siamo riuscito a gestirlo al meglio, riuscendo a strappare, alle tre e mezzo del mattino, che l’autoconsumo senza oneri di rete passasse da 3 a 30 kWe di potenza produttiva e che non ci fosse nessun tipo di limitazione. Quando tutto ciò è arrivato al Consiglio UE a mettersi di traverso è stata la Germania che voleva dei limiti più stringenti sull’autoconsumo, minacciando di far saltare tutto l’accordo sulla direttiva. A quel punto, avendo raggiunto un accordomoltoambiziosoabbiamopotuto trovare un punto di mediazione dando ai cittadini UE dei diritti come prosumer (e quindi come comunità dell’energia) estremamente vantaggiosi. ▲
  • 22. 22 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 LA CORNICE / di Sergio Ferraris Adattarsi al clima La partita della mitigazione potrebbe essere persa, ma quella sull’adattamento, meno nota, potrà essere vincente. Anche alla luce della crisi Coronavirus C lima. Da due anni è tor- nata alla ribalta l’emer- genza legata ai cambia- menti climatici. Il primo allarme lo ha lanciato l’Ipcc che con un proprio report periodico dell’ottobre 2018 ha fissato come limite inderogabi- le gli 1,5°C al 2100 e non i 2°C dell’Ac- cordo di Parigi. In contemporanea una giovane ragazza svedese e un sociologo inglese, Greta Thundberg e Roger Hallam davano vi- ta a due movimenti per la difesa del cli- ma: Fridays For Future ed Extinction Rebellion. Nello stesso periodo arriva- vano a un giro di boa molti studi sul cli- ma che affrontavano i tipping point, os- sia i punti considerati dai climatologi di non ritorno. Tradotto quegli eventi di cui si hanno i sintomi e che non sono mai stati osser- vati prima nella storia dell’uomo, come la riduzione della produzione d’ossige- no degli oceani dovuta all’acidificazio- ne provocata dall’eccesso di CO2, lo scioglimento del permafrost e il rilascio di metano - 25 volte più potente della CO2 sul fronte del clima - e lo sciogli- mento dei ghiacciai della Groenlandia al ritmo di 8mila litri d’acqua al secon- do. Sul fronte opposto, quello delle emissioni, si è registrato un continuo aumento sia della CO2 presente in at- mosfera, sia di quella emessa pro capite a livello mondiale, mentre il lavoro per l’attuazione dell’Accordo di Parigi, che con i livelli volontari di riduzione delle DianaBagnoli
  • 23. 23L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020*giornalista scientifico, caporedattore Ecofuturo Magazine La Iea vede al 2040 un aumento dei consumi di petrolio e gas metano fossile, con una lieve diminuzione del carbone e un aumento delle rinnovabili, insufficiente rispetto alle necessità. Il problema di fondo è che il 2040 è, sul fronte energetico, dietro l’angolo, meno di un ciclo energetico standard che è di 25 anni nazioni firmatarie ci porterebbe co- munque a più 3,2°C al 2100, mostra evidenti segni di stallo. Nel frattempo proseguono gli investimenti fossili. Un grafico Iea presentato nel recente Word Energy Outlook 2019 vede al 2040 un au- mento dei consumi di petrolio e gas meta- no fossile, con una lieve diminuzione del carbone e un aumento delle rinnovabili si- gnificativo in termini percentuali, ma in- sufficiente rispetto alle necessità. Il problema di fondo è che il 2040 è, sul fronte energetico, dietro all’angolo, meno di un ciclo energetico standard che è di 25 anni minimo. Tradotto: le centrali fossili che stiamo realizzando ora, come i 250 GW a carbone cinesi, rimarranno in fun- zione per un bel pezzo, facendoci superare gli 1,5°C al 2100. E si tratta di grandi scel- te di politica energetica sulle quali l’in- fluenza dell’opinione pubblica dal basso ha poca presa, visto che le nazioni cardine di tutto ciò - Cina, India, Russia e Stati Uniti - hanno una bassa democrazia ener- geticaesembranoignorareneifattilepres- sioni dei movimenti per il clima. Parola d’ordine adattamento Ma se la partita legata alla mitigazione appare in stallo, non lo potrebbe essere quella dell’adattamento ai cambiamenti climatici che saranno necessari per affrontare la crisi climatica, così come saranno necessarie politiche d’adattamento sociali. Se da un lato stanno arrivando, già ora, gli effetti dei cambiamenti climatici anche e specialmente alle nostre latitudini - ghiacciai alpini ridotti del 50%, il Po al minimo idrometrico annuale a febbraio anziché agosto e la capacità dei bacini montani ridotta del 50% in pieno inverno - sul fronte sociale sta arrivando lo tsunami, per il lavoro, rappresentato dalla robotica e dall’intelligenza artificiale per il quale avremo al 2040 - secondo l’istituto di ricerca economica McKinsey - una riduzione mondiale tra il 45% e il 52% dei posti di lavoro. E non si creda che la “green economy” sia una panacea per tutto ciò, visto che le nuove lavorazioni dell’economia circolare funzioneranno tutte secondo i dettami di Industria 4.0 con un alto tasso di robotica e intelligenza artificiale, a partire dalla selezione dei rifiuti che renderà a breve obsoleta la raccolta differenziata, rendendo inutili persino gli addetti anche in questo settore. Clima e occupazione come doppia tenaglia rispetto al futuro? Non è detto che sia così, ma sarà necessario trasformare le crisi in opportunità, prima di tutto non negandole, ne rifugiandosi, specialmente per quanto riguarda il clima, in un incauto eco-ottimismo che spesso sa di green washing ed è utile solo a non identificare le dinamiche. In secondo luogo sarà necessario abbandonare la visione individualista delle dinamiche sociali, per “tornare” a quella collettiva che troppo spesso è stata stigmatizzata come “del secolo scorso”. Contemporaneamente è necessario che l’opinione pubblica, dal basso, faccia pressione non tanto sulle industrie che hanno ampiamente dimostrato -tranne poche eccezioni- di “ricattare” i consumatori proponendo solo soluzioni costose e ambientalmente insostenibili al solo fine di drenare valore dai corpi sociali, ma sulla politica che deve tornare a essere il vero game changer.
  • 24. Cambiamenti nel Mix Energetico Globale 2018 a confronto con le politiche dichiarate al 2040 Misurato in Mtep* Sulla base dei quadri politici attuali e annunciati nel 2040 il petrolio costituirà circa il 28% del mix energetico globale Petrolio Gas NaturaleCarboneAltre RinnovabiliBioenergia Nucleare Biomassa solida Idroelettrico Il consumo di gas aumenterà di quasi il 30% rendendolo quasi altrettan- to importante del petrolio nel mix energetico Nonostante la costante diminuzione nel consumo di carbone nei paesi occiden- tali, la domanda sarà sostenuta dall'Asia L'uso di energia rinnovabile, inclusi solare ed eolico, aumenterà di oltre il 300% L'uso delle moderne bioener- gie raddoppierà quasi, mentre la biomassa tradizio- nale (vale a dire legno, carbone, ecc.) cadrà in disgrazia 2018 2040 2018 2040 2018 20402018 2040 2018 20402018 2040 2018 20402018 2040 550 1300 3850 4500 650 4500 3500 700 700 350 4900 300 3750 1300 900 500 * Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio Fonte: IEA, World Energy Outlook 2019 David-Gofy-DeAngelis
  • 25. 25L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 E una dimostrazione di ciò arriva dalla crisidelCoronavirus.Difronteaunacrisi biologica che ha scagliato l’Italia nella più grave emergenza dal dopoguerra si è rivalutato il ruolo della dimensione collettiva, che è tipico delle crisi sanitarie, e il protagonismo del pubblico. Sono le strutture pubbliche, in primis quelle sanitarie ma anche il Governo, ad avere la gestione della crisi con un settore privato che è letteralmente “evaporato” il cui unico ruolo è quello di subire i colpi economici di questa crisi. E infatti il giorno dopo la dichiarazione dello stato di emergenza in Italia le borse europee hanno visto un calo del 10% secco con un crollo del prezzo del petrolio del 25% dovuto all’avidità dei paesi Opec che a fronte del blocco della produzione di Cina, Corea del Sud e Italia, non hanno voluto diminuire la produzione. Oltre a ciò il Coronavirus sta testando la tenuta dei sistemi sanitari nazionali pubblici alle crisi, cosa che servirà nel prossimo futuro per le politiche d’adattamento. E anche nel settore sanitario ciò che spicca è l’assenza del privato che dove c’è anche la sola ipotesi di diminuzione, o assenza dei profitti – come nel caso della unità di terapia intensiva – “evapora” immediatamente. E in questo quadro potrebbero essere messi alle corde anche sistemi liberisti come quello degli Stati Uniti di Trump, dove per negare l’evidenza sia del clima, sia del Coronavirus, si arriva a censurare impedendo agli scienziati del settore pubblico di avere liberi rapporti con la stampa. E non si creda che i sistemi sanitari pubblici non giocheranno un ruolo fondamentale nell’adattamento al clima. Nel suo volume “Catastrofi climatiche e disastri sociali” il sociologo Pascal Acot è molto chiaro. Analizzando gli effetti dell’ondata di calore del 2003 in Francia Acot mette in luce che la mortalità nella zona Nord della Francia fu doppia rispetto a quella del vicino Belgio, a parità di densità di popolazioni, abitudini e temperatura. La differenza? Il sistema sanitario belga è migliore di quello francese e il suo sistema di comunicazione è più efficiente per una fascia a rischio come quella degli anziani. E l’ondata di calore del 2003 per la Francia non fu una passeggiata con i suoi oltre 20mila decessi. Per cui cari lettori – che siete anche elettori – nel leggere i prossimi programmi sarà il caso di prestare attenzione ai capitoli clima, lavoro e salute. E sottolineare ai propri politici di riferimento che il pubblico avrà un ruolo essenziale nel salvare il nostro futuro. ▲ Clima e Coronavirus
  • 26. 26 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 La concimazione organica è uno strumento concreto per un' agricoltura resiliente e carbon negative Organico è il suolo AGRICOLTURA / di Stefano Bozzetto* e Lorella Rossi** P arliamo di agricoltura e di cambiamenti climatici: il cuo- re di tutto è il bene più pre- zioso nelle mani dei nostri agricoltori: la terra, il suolo agrario. È ora di renderesene conto. Lo scorso ot- tobre l’Ipcc Report on Climate Change and Land Use è arrivato a una conclu- sione per noi fondamentale: «La terra è sottoposta a una crescente pressione umana. La terra è una parte della solu- zione. Ma la terra non può fare tutto». Definito “Cambiamenti climatici e terra”, il Rapporto afferma che mantenere il ri- scaldamento globale sotto i 2° C può esse- re raggiunto solo riducendo le emissioni di gas a effetto serra di tutti i settori, compre- si i terreni e gli alimenti. «L’agricoltura, la silvicoltura e altri tipi di uso del suolo rappresentano il 23% delle emissioni di gas a effetto serra di origine umana, - ha affermato Jim Skea, copresidente del grup- po di lavoro IPCC III. - Allo stesso tem- po, i processi naturali terrestri assorbono l’anidride carbonica equivalente a quasi un terzo delle emissioni di anidride car- bonica prodotte dai combustibili fossili e dall’industria». Il Suolo agricolo e la Natura in generale, le cosiddette“naturalclimatesolutions”,han- no secondo il premio Nobel Rattan Lal un potenziale di sequestro capace di ridurre la concentrazione atmosferica in questo secolo di circa 150 ppm. Le emissioni ne- gative non sono una “scusa” per continuare a emettere carbonio fossile dalla geosfera nell’atmosfera. Ciò che dobbiamo fare è molto chiaro: ridurre le emissioni da fonti fossili il più rapidamente possibile incominciando dal carbone e dal petro- lio, sostituendoli con fonti rinnovabili e nel contempo ridurre attivamente le concentrazione di CO2 nell’atmosfera catturandola e sequestrandola dove non è dannosa: nel suoli agricoli, nel costru- ito, nel sottosuolo. Sequestro di carbonio nei suoli agricoli Il sequestro di carbonio nei suoli agricoli, a partire da quelli coltivati, è tra le soluzioni più efficaci da attuare in quanto ne miglio- ra nel contempo la fertilità. Dopo anni di concimazione chimica, i suoli agricoli si sono impoveriti sino a raggiungere in mol- ti casi anche nella fertile pianura padana, meno dell’1% di sostanza organica. Con questi contenuti in sostanza organica non c’è vita nel suolo che possa definirsi tale. La produzione agricola è completamente dipendente dagli apporti di fertilizzanti esterni.Più il terreno è “vuoto di carbonio”, impoverito di sostanza organica, maggiore è il potenziale di sequestro; «Circa 135 miliardi di tonnellate di carbonio sono state perse nell›atmosfera, in parte a causa delle pratiche agricole che hanno rimosso il carbonio dal suolo» ha affermato Lal. «Tali pratiche includono lasciare il terre- no nudo dopo il raccolto, arare la terra e bruciare i residui del raccolto, piuttosto
  • 27. 27L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 che lasciarlo disintegrare attraverso il lavo- ro dei microrganismi nel suolo. Utilizzan- do pratiche agricole rigenerative, il suolo può rimuovere dalle 65 alle 75 parti per mi- lione di anidride carbonica dall’atmosfera. Ciò significherebbe che tra 25 e 50 anni, i 135 miliardi di tonnellate di carbonio persi nell’atmosfera possono essere ripristinati nel terreno di appartenenza». Il suolo non è una miniera, non è un am- biente confinato in cui “stoccare della CO2”. La sostanza organica cresce nel terre- no in funzione della quantità degli appor- ti, che a loro volta devono essere maggiori delle perdite, che comunque possono essere ridotte, ma mai azzerate del tutto. Dobbiamo quindi fare in modo di aumen- tare gli apporti di sostanza organica e fare sì che il carbonio nel suolo resti il più a lungo possibile, creando un bilancio posi- tivo. Passare cioè da tecniche di fertilizza- zione che si basano solo sugli apporti degli elementi chimici a una tecnica di “Integra- ted Soil Nutrient Management” (Gestione integrata dei nutrienti del suolo) che con- sideri anche gli apporti di carbonio, privi- legiando quindi la concimazione organica. Agroecologia al servizio del clima che cambia L’interesse per il potenziale di stoccaggio nei suoli è legato al fatto che il suolo costi- tuisce il più grande serbatoio di carbonio terrestre, pari a circa tre volte il contenuto attuale di carbonio dell’atmosfera, quattro volte l’ammontare delle emissioni antro- pogeniche cumulate sino a oggi dagli inizi della rivoluzione industriale e 250 volte l’ammontare delle emissioni da combusti- bile fossile annuali. Incrementare il conte- nuto di carbonio nel suolo, anche di poco in termini percentuali, può rappresentare un sostanziale contributo alla sottrazione di CO2 dall’atmosfera; allo stesso modo una perdita di carbonio costituisce un ostacolo a obiettivi ambiziosi di mitiga- zione del cambiamento climatico. I principi fondamentali della “soil carbon sequestration” (sequestro del carbonio nel suolo) sono due, tra loro correlati: Aumentare gli input di sostanza organica al terreno attraverso una intensificazio- ne ecologica delle produzioni agricole al fine di aumentare l’apporto di resi- dui agricoli e ripristinare o incrementa- re la concimazione organica dei suoli; ridurre il disturbo della vita biologica dei suoli agricoli riducendo al minimo le lavorazioni ricorrendo alle minime la- vorazioni, sino alla semina su coltura di copertura vivente. La cosiddetta agricoltura intensiva non ha proprio nulla di “intensivo” in termini di conversione fotosintetica dell’energia sola- re in biomassa: una rotazione soia – mais biennale, garantisce una copertura vegetale degna di tale nome solo per 8-10 mesi su 24. Nessun proprietario di un impianto fo- tovoltaico si sognerebbe di tener spento il proprio pannello per 14 mesi su 24. Eppu- reinagricolturaadottiamoquesterotazioni per mancanza di convenienza economica a praticare le colture di copertura. Produrre di più dallo stesso campo, più carbonio da fotosintesi ottenuto in modo ecologico migliorando l’efficienza nell’u- tilizzo dell’azoto, dell’acqua e del carbo- nio con una copertura prolungata del ter- reno grazie a colture di copertura invernali ed estive, è quanto dobbiamo sforzarci di fare unitamente a minime lavorazioni e agricoltura di precisione grazie alla diffu- sione di supporti digitali GPS ottimizzan- do l’efficienza dell’uso dell’acqua e dei nu- trienti, riducendo al contempo i fenomeni di respirazione e perdita della sostanza or- ganica. Un digestore anaerobico inserito in un’azienda agricola può servire proprio a fare tutto questo.
  • 28. 28 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 Biogas fatto bene al servizio dell’agroecologia A differenza di altre bioenergie, con la digestione anaerobica grazie alla trasfor- mazione biochimica restano disponibili “riciclati” nel digestato il 100% dei nu- trienti, azoto in primis e circa il 40-50% del carbonio in ingresso, rimasto indige- rito. La digestione anaerobica per questo non è una bioenergia come le altre ma un vero e proprio facilitatore della conversio- ne agroecologica delle aziende agricole. “Spontaneamente” un agricoltore del bio- gas fatto bene efficiente adotta le seguenti pratiche agronomiche: • aumento sostenibile della produzione fotosintetica con le doppie colture; • sviluppo della concimazione orga- nica con riduzione netta dell’uso di concimi chimici; • adozione delle tecnologie del pre- cision farming e dei contributi della digitalizzazione (e robotica) al mi- glioramento della sostenibilità delle pratiche agricole; • riduzione delle emissioni derivanti dalla produzione di effluenti zootec- nici e sottoprodotti agroindustriali; • rapida sostituzione di fonti rinno- vabili, solare e biometano in primis, negli usi finali dell’energia. Il sistema ha un valore nel suo complesso; per esempio l’utilizzo del digestato rispet- to alla concimazione organica con effluen- ti bovini, comporta un miglioramento dell’indice di umificazione degli apporti organici esterni; a questo riguardo il bio- gas fatto bene da tempo sostiene l’impor- tanza dell’utilizzo delle doppie colture in digestione anaerobica invece che del sove- scio, previa una restituzione del digestato in occasione della semina del secondo rac- colto. Il bilancio del carbonio è nettamen- te migliore nel caso di sistemi colturali che prevedono la doppia coltura per il biogas e restituzione del digestato in presemina, rispetto al sovescio. Il digestore anaerobico in un’azienda agri- cola è quindi come se fosse un secondo ru- mine, il biogas come un facilitatore della concimazione organica e della conversio- ne agroecologica delle pratiche agricole convenzionali. Attraverso una sempre più estesa adozione di queste pratiche è possi- bile per un azienda dedita all’allevamento di bovini diventare sempre più indipen- dente dall’utilizzo di proteine di acquisto (per esempio soia brasiliana) mediante la diffusione di colture di copertura a base di cereali ed azoto fissatrici seguite da una coltura estiva per il digestore (per esem- pio il mais), riducendo sino a eliminare il costo di concimazione chimica attra- verso una aumento della disponibilità di sostanza organica non limitata solo agli effluenti della propria stalla ma al digesta- to prodotto con questi e con colture di secondo raccolto. Il digestato è una nuova risorsa per disac- coppiare lo sviluppo della concimazione organica dalla crescita indefinita del patri- monio zootecnico. Il ruolo dei ruminanti nelle aziende agri- cole è stato quello di “bioreattori a quattro zampe” in grado di trasformare risorse li- gnocellulosiche non commestibili in pro- teine nobili e amminoacidi essenziali. I ruminanti sono spesso considerati tra i principali responsabili della crescita delle emissioni di gas serra. In realtà, se consi- deriamo il patrimonio bovino attuale de- gli Stati Uniti, in peso è sostanzialmente analogo a quello delle mandrie di bisonti presenti nelle praterie del Mid West prima della colonizzazione degli europei.. L’ado- zione di razze altamente produttive per latte e carne e il miglioramento delle con- dizioni di allevamento, è stata il miglior modo per ridurre le emissioni per unità di capo allevato, in particolare di quelle ente- riche di metano. Ma una diffusione della concimazione or- ganica supportata da un’indefinita cresci- ta del patrimonio zootecnico non sarebbe possibile poiché il fabbisogno di superfi- cie e di nutrienti in particolare di azoto, per la produzione di foraggi renderebbe questa prospettiva non sostenibile dalle risorse del Pianeta. La digestione anae- robica nelle aziende agricole, è allora un modo concreto per disaccoppiare la diffusione della concimazione organica dalla crescita indefinita del patrimonio zootecnico ovvero per poter disporre di nuovo concime organico dove la zo- otecnia non è diffusa. Il digestore in un’azienda agricola diventa quindi uno strumento senza alternative per la diffusione della concimazione orga- nica e delle migliori pratiche per il seque- stro del carbonio nei suoli e per il ripri- stino della fertilità biologica dei terreni; è questo il modo in cui pensare alla dige- stione anaerobica in un’azienda agricola, prima ancora di considerarlo una fonte di gas rinnovabile. ▲ * Dottore agronomo, imprenditore, membro Comitato esecutivo CIB e consigliere EBA ** Dottore Agronomo, Responsabile Area Tecnica CIB
  • 29. BENVENUTI NEL FUTURO DISINFETTA DISTRUGGE MIGLIORA ELIMINA simultaneamente Aria e Superfici gli agenti batterici, chimici e allergenici la sicurezza e la qualità della vita definitivamente i cattivi odori Utilizzata in ambito aerospaziale, sanitario, alimentare, sportivo e ovunque siano richiesti i più elevati standard di purificazione e sanificazione ambientale, la tecnologia AIRsteril garantisce livelli di efficacia e sicurezza fino ad oggi inarrivabili. Eliminando costantemente e regolarmente ogni sostanza nociva di origine batterica, chimica, biologica e allergenica, mantiene Aria e Superfici sempre salubri, pulite e inodori, trasferendo un’immediata percezione di pulizia, benessere e ricercatezza. Senza necessità di filtri, regolare manutenzione o sostanze chimiche. Scopri di più su: www.medicalcareitalia.it Protezione Totale e Continua
  • 30. 30 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 ALIMENTAZIONE / di Fabio Buccolini* Fornello sostenibile Il clima deve essere messo a dieta vista l'importanza dell'a- gricoltura per le emissioni V isto il rischio di ingrassare che questo periodo di qua- rantena porta con sé, scri- vere di diete è un’opportu- nità favorevole, specialmente ai fini della popolarità individuale. Prima di tutto voglio tranquillizzare circa il fatto che non voglio interpretare la parola “dieta” come evocatrice di privazioni e sacrifici. La dieta di cui parleremo, infatti, non è “dimagrante e/o disintossicante” ma è amica dell’ambiente e quindi sostenibile; concetto in netto contrasto con le libagio- ni del periodo appena trascorso. Con la dieta sostenibile a essere “disintossicato” è l’ambiente, e la “cura dimagrante” è a cari- co delle emissioni favorendo (non poco) il rallentamento dei cambiamenti climatici. Proprio i cambiamenti climatici infatti possono essere considerati contempora- neamente vittime e carnefici dei processi agro-industriali connessi all’alimentazio- ne umana in quanto provocano e sempre più provocheranno delle modificazioni a comportamenti e metodi consolidati: dalle scelte individuali ai modelli socio- economici. Il cambiamento climatico im-
  • 31. 31L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 patta sulla nostra dieta e sull’agricoltura ed è quindi un concetto consolidato che un’alimentazione umana sostenibile sia la nuova frontiera per “salvarci” degli effetti del riscaldamento globale. La produzione di cibo infatti, secondo Garnett (2014) contribuisce al cambiamento climatico per circa un 20-30%, eguagliando il riscal- damento degli edifici (23,6%) e dei mezzi di trasporto (18,5%), che per altro, sono essi stessi abbondantemente coinvolti nel- la filiera agro-alimentare. Ma in termini pratici che cos’è una dieta sostenibile? In accordo con la definizione della FAO è “una dieta a basso impatto ambientale che contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale e alla vita sana per le generazioni presenti e future. È una dieta sostenibile quella che protegge e ri- spetta la biodiversità e gli ecosistemi ed è culturalmente accettabile, accessibile, economicamente equa e conveniente ol- tre che nutrizionalmente adeguata, sicura, sana e in grado di ottimizzare le risorse na- turali e umane”. Questa affermazione, difficilmente con- futabile, ci pone molti interrogativi e sa- rebbe già molto chiederci se sia possibile rispettarla e attuarla quotidianamente nel- le nostre città; forse più semplice in area rurale, ma anche in questo caso dobbiamo registrare dei paradossi. Clima rurale Le aree rurali infatti subiscono un pro- gressivo spopolamento e per prime ven- gono colpite dal cambiamento climatico che in tali luoghi trasforma la vegeta- zione e le colture in “prodotti” non più adatti per l’uomo acuendo ancor di più il processo di spopolamento per motivi socio-economici, giungendo in molti casi a fenomeni migratori di massa. Le aree rurali quindi sono un “laborato- rio” importante se non fondamentale per la dieta sostenibile perché è in tali luoghi che le azioni di inversione di rotta possono e devono avere inizio. Ciò è altresì confer- mato dalle stime ONU che prevedono al 2050 una popolazione mondiale di 9 mi- liardi di persone, le quali saranno residenti nei centri urbani per il 66%. Con città sempre più entropiche quindi, il settore agro-alimentare e la relativa filiera produttiva diviene un settore strategico per poter raggiungere qualsiasi obiettivo di sostenibilità e poter (ri)disegnare un modello di società che dovrebbe interro- garsi sul progresso che genera piuttosto che su uno sviluppo asservito esclusiva- mente al “profitto”. È noto infatti che sviluppo e progresso sono concetti molto diversi e molto spesso confusi alla pari di come avviene per i mezzi e i fini generando, grazie alla “comunicazione”, un gioco spesso scellerato a vantaggio di pochi. Con tali considerazioni la complessità di scenario del sistema alimentare è indubbia ed è estremamente suscettibile a crisi socio- economiche, politiche, finanziarie e da tem- po anche climatiche in quanto un sistema alimentare va considerato come un “Sistema Adattivo Complesso” poiché in continua evoluzione in risposta alle mutevoli richieste della società (Collona et al., 2013). Occorre una nuova visione e con essa for- se un nuovo “umanesimo”. Le scelte indi- viduali devono andare oltre le canoniche contrapposizioni tra coloro che hanno e coloro che non hanno, applicando il prin- cipio delle tre “E” derivante dalla lingua inglese : Ethical (Etico), Environmental (Ambientale), Economic (Economico). Può sembrare un’affermazione da Enciclica Papale ma già nell’incontro di Davos 2019, anche i capitalisti più convinti pare si siano resi conto della dura realtà, ovvero che livelli di disuguaglianza insostenibili finiranno per condannare l’intero modello e il cambiamento climatico rende ciò ancor più vero, tangibile e rapido. Con approccio molto pragmatico però, facendo il dovuto “zoom” su cibo e gastronomia, ancora una volta il Mediterraneo è protagonista assoluto con la Dieta Mediterranea non a caso patrimonio dell’Umanità e che, dati alla mano, oltre ad essere la più “sana”, è anche la più sostenibile. Salute e clima Interessanti studi (Sáez-Almendros et al 2014 – Dernini et al. 2016) hanno mostratocomeoltreaibeneficiperlasalute, la Dieta Mediterranea sia caratterizzata da un basso impatto ambientale, dalla ricchezza della biodiversità e da alti valori alimentari socioculturali oltre che positivi ritorni economici locali (Tavola 1 MDP = Mediterranean Diet Pattern – SCP= Spanish Diet Pattern – WDP = World Diet Pattern). In agricoltura la combinazione di approcci "orientati al produttore" incentrati su un'intensa produzione volta all'esportazione, unita all'adozione di una dieta sempre più "occidentalizzata", ha avuto e sta avendo un impatto ambientale importante sulla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché sullo stress idrico mondiale. Infatti a livello sanitario e di DM DSS DSC DM Pressione Reale Uso suolo agricolo - 103 Ha anno -1 8.365 19.874 12.342 33.162 15.400 Consumo di Energia - Tj anno -1 239.042 493.829 285.968 611.314 229.178 Consumo d'Acqua - Km3 anno -1 13,2 19,7 13,4 22,0 19,4 Emissioni Gas serra - Gg CO2-eq anno-1 35.510 125.913 72.758 217.128 62.389 Impronta ambientale delle diverse diete Dieta Mediterranea (DM), Dieta Spagnola Standard (DSS), Dieta Spagnola da indagine sui consumi (DSC), Dieta Mondiale (DM)
  • 32. 32 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 Famose presso i nostri cugini francesi, è bene però ricordare che siamo noi a dar- ne la prima traccia gastronomica perché si codificano ricette con le lumache ai tempi dell’impero romano sul “De Re Coquinaria” di Apicio. Piatti a base di lumache sono presenti nei volumi su cui basa la nostra italica cultura gastronomica come “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi, “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa” di Olindo Guer- rini o “Il cucchiaio d’argento” perché ogni regione italiana possiede almeno un piatto di lumache. A margine, se poi nel processo di bolli- tura, ricordandoci un po’ di fisica, evi- tassimo anche di continuare a lasciar bollire l’acqua, pensando ai soli effetti della temperatura piuttosto che all’ef- fetto visivo delle bolle, scopriremmo che non solo per le lumache ma anche per un piatto di pasta potremmo usare almeno il 20-30% di gas/energia in meno dive- nendo ancor più sostenibili. Certo ripensando ai pranzi e ai cenoni trascorsi è difficile riflettere su tutto ciò, porsi “domande” o meglio darsi delle ri- sposte. È proprio a partire dai nostri com- portamenti basati su una profonda con- sapevolezza dei nostri tanti piccoli gesti che si generano azioni sistemiche nei confronti del cibo più che in altri settori. Non fatevi spaventare dalla presunta difficoltà perché nei prossimi numeri cercheremo di evidenziare con suggeri- menti pratici, gastronomici e di tecnica di cucina come si possano trovare op- portunità e soluzioni per (ri)dare soste- nibilità ambientale all’antica e millena- ria arte culinaria. ▲ Piccoli e dimenticati salubrità nutrizionale è scientificamente sempre più inequivocabile l’aforismo del gastronomo-politico-magistrato e letterato Jean Anthelme Brillat-Savarin “Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei” nel suo celebre testo Physiologie du goût (1826). Ovviamente, come già richiamato, queste tendenze insostenibili sono particolarmente forti negli insediamenti urbani perché lo stile di vita della città si basa su alimenti ad alta intensità di acqua come zucchero, carne e grasso animale, tendendo a eludere alimenti più sani e sostenibili come frutta e verdura. Ad esempio, la sola riduzione dei consumi di carne ai livelli della dieta mediterranea (150 grammi settimana circa) porta a riduzioni significative dell’impronta idrica, pari dal 30 al 50% nelle grandi città. In termini di energia invece le differenze tra la produzione in serre e la coltivazione all’aperto oppure l’uso di prodotti in scatola e surgelati rispetto a quelli freschi sono sostanziali. Se nel perdurare il consumo di carne si optasse almeno per le migliori pratiche di gestione del letame animale attraverso l’uso delle attuali tecnologie per biogas, una parte dell’impronta ambientale della filiera carnivora sarebbe attenuata. Sempre in ottica di filiera, il perfezionamento delle tecniche di raccolta e stoccaggio delle ma- terie prime, le infrastrutture, il trasporto, il confezionamento, la vendita al dettaglio e l’istruzione del consumatore possono ridurre le perdite e gli sprechi alimentari lungo l’intera catena di approvvigiona- mento. Anche in questo caso noi consumatori giochiamo un ruolo fondamentale poi- ché (re)imparando a usare gli “scarti” e gli “avanzi” delle nostre cucine riducendo sprechi e rifiuti, oppure (ri)scoprendo in- gredienti (quasi) scomparsi, indirizzerem- mo gli “Stakeholder” ad agire fattivamente nel cambio di rotta come ad esempio acca- duto nel caso dell’Olio di Palma. Proprio su ingredienti e nuovi alimenti, se pensiamo a tutto il dibattito sollevato dagli insetti e dall’urgenza di trovare ali- menti proteici, economici e a basso impat- to ambientale, credo che tutti, ad esempio, stiamo dimenticando piccoli “animali” come le rane, oppure un altro che genera economie in cosmetica piuttosto che in cucina: le lumache. * Ricercatore e project manager gastronomico
  • 34. 34 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 F ra dieci anni, secondo le stime dell’Onu, nel mondo ci saranno oltre 8,6 miliardi di persone e il 67% vivrà in città.Ladomandadicementononfache aumentare e solo negli ultimi vent’anni è cresciuta del 60%. Il settore edile, da solo, consuma più del 40% dell’energia primaria complessiva e il 40% delle materie prime utilizzate globalmente. E ancora, come si legge in un recente report del World Green Building Council, il 39% delle emissioni di CO2 globali provengono dall’ambiente costruito: in parte (il 28%) dalle attività di gestione di case ed edifici, come riscaldamento, raffreddamento e illuminazione; in parte – le cosiddette emissioni “incorporate” - da materiali e processi di costruzione. I dati parlano chiaro: per guardare al futuro pensando al clima, oggi, non si può che cominciare dalle pareti di casa. E non solo per fare la nostra parte risparmiando risorse, ottimizzando i consumi, efficientando l’energia. Abitare con il cambiamento climatico in testa, significa anche essere in grado di proteggersi da quelli che saranno, e sono già in molti casi, gli effetti ormai inevitabili del surriscaldamento globale: eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, caldo intenso, incendi boschivi, piogge torrenziali e bombe d’acqua. Le parole d’ordine, allora, sono tre: risparmiare energia, acqua e materiali, per tagliare le emissioni di gas climalteranti e ridurre gli impatti sul clima; ridisegnare gli edifici, le comunità, i processi di costruzione e i sistemi di gestione, così da renderli insieme più efficienti e più resilienti; riqualificare l’esistente, per non rubare altro suolo all’ambiente naturale e preservare gli ecosistemi, ma anche per conservare il valore storico-culturale del patrimonio architettonico e non sprecare il lavoro (e l’energia) già investiti per crearlo. Isolare e ottimizzare per risparmiare «Il settore delle costruzioni è il più gran- de consumatore di energia e di materie prime al mondo e anche il maggior pro- duttore di rifiuti e di emissioni di CO2. A differenza di tanti altri settori, però, in edilizia abbiamo a disposizione già oggi tutte le risposte per decarbonizza- re il comparto in modo non solo effica- ce, ma anche economico». Così spiega a Ecofuturo Ulrich Santa, di- rettoredell’agenziaCasaClima,l’entealto- atesinoperlacertificazioneenergeticade- ABITARE / di Giorgia Marino Abitare pensando al clima Ripensare l'edilizia significa non solo ridurre le emissioni, ma anche adattarsi al clima che cambia
  • 35. 35L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 gli edifici. In occasione di Klimahouse, la fierainternazionalesull’efficienzaenerge- tica in edilizia che ogni anno porta a Bol- zano le avanguardie del settore, Santa ri- flettesuitraguardigiàraggiunti:«Unamo- derna CasaClima consuma solo il 10% dell’energia di un edificio medio esistente e copre buona parte del suo fabbisogno energetico da fonti rinnovabili». Impianti fotovoltaici, pavimenti radianti,caldaieacondensazioneostufe a pellet di ultima generazione, pulite ed efficienti, sono alcuni dei sistemi adottati per ridurre i consumi energetici per la climatizzazione della casa. Il primo passo, però, è sempre un buon isolamento termico. Se si tratta di costruire da zero, il legno è oggi considerato uno dei materiali più performanti da questo punto di vista: con un buon progetto, riducendo le dispersioni termiche in inverno e il passaggio di calore in estate, si può arrivare a un risparmio del 60% di energia rispetto alle normali costruzioni in muratura. Un sistema costruttivo come LinaHAUS, premiato come miglior prodotto emergente all’ultima edizione di Klimahouse, permette ad esempio di realizzare edifici in legno massiccio senza coibentazione o strati di rivestimento aggiuntivi, semplificando dunque la posa ed evitando l’utilizzo di materiali derivati dal petrolio. Per chi, invece, la casa l’ha già (e non di legno) la soluzione è farle un cappotto. Quello esterno è in genere un intervento piuttosto costoso e che richiede l’allestimento di un vero e proprio cantiere, ma si stanno oggi diffondendo innovativi sistemi rapidi come il Rhinoceros Wall di Woodbeton: un esoscheletro multifunzionale che, applicato come un guscio sulle facciate degli edifici, permette di isolarli termicamente e nello stesso tempo renderli antisismici; il tutto senza far uscire i proprietari da casa e senza produrre macerie. Altra soluzione veloce e decisamente economica è l’applicazione di un “cappotto invisibile” attraverso l’insufflaggio di materiale isolante (ottenuto da carta da macero) nelle intercapedini dei muri: un’operazione che potrebbe riguardare dieci milioni di abitazioni in Italia, tutte quelle dotate di intercapedine, e che consentirebbe un miglioramento dell’efficienza energetica del 25%. In campo di efficienza e taglio dei consumi vengono infine in aiuto anche le nuove tecnologie, con le varie applicazioni domestiche di Intelligenza ArtificialeeInternetof Things.“Grazie all’IoT e alla crescente diffusione della domotica – spiega Ulrich Santa - diventa possibile ottimizzare consumi e livelli di comfort, collegandosi a servizi web per la previsione meteo o l’approvvigionamento energetico. Così i nostri edifici diventano sempre più efficienti, confortevoli, funzionali e smart. Allo stesso tempo, però, tecnologie molto spinte tendono a introdurre un’ulteriore complessità e con questo un ulteriore probabilità di errore e necessità di manutenzione, che non vanno dimenticati”. Progettare per la resilienza Risparmio energetico e ottimizzazione dei consumi sono un mantra che è ormai entrato nella nostra quotidianità. Sipensameno,invece,acomedovranno essere le abitazioni del prossimo futuro per proteggerci dagli effetti più vicini del cambiamento climatico. Nelle aree temperate, come l’Europa, il problema maggiore è, e sarà sempre più, l’aumento delle temperature nelle stagioni calde. “Se da un lato diminuisce il fabbisogno d’energia per il riscaldamento invernale, aumentano dall’altra parte i giorni di discomfort a causa del surriscaldamento estivo. - osserva Ulrich Santa - La domanda energetica degli edifici si sposterà dunque verso il raffrescamento estivo, se non si sfruttano le possibilità Il settore delle costruzioni è il più grande consumatore di energia e di materie prime al mondo e anche il maggior produttore di rifiuti e di emissioni di CO2
  • 36. 36 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 di rendere l’edificio più resiliente attraverso l’impiego di soluzioni per il raffrescamento passivo”. Tra le soluzioni possibili c’è, ad esempio, la ventilazione meccanica controllata, che favorisce il ricambio d’aria e migliora anche la salubrità degli ambienti interni, al contrario dei classici ed energivori impianti per l’aria condizionata. Fondamentali sono poi le schermature solari, i sistemi di ombreggiamento e, ancora meglio, le coperture a verde, i giardini pensili e i tetti vegetali, utili sia per la regimazione dell’acqua piovana che per il raffrescamento, interno ed esterno: la temperatura della soletta si può ridurre anche di 20 gradi, mentre nell’intorno si arriva ad abbassamenti di calore di 2 gradi. Il verde urbano in generale andrebbe valorizzato proprio per combattere il fenomeno delle “isole di calore”, che diventerà sempre più intenso rendendo invivibili le città in estate. “In combinazione con altre misure, come il passaggio da colori scuri a colori chiari dell’asfalto e dei tetti e una riduzione del traffico convenzionale, si può arrivare a un abbassamento di temperatura di diversi gradi”, precisa Santa. Recuperare l’esistente Due metri quadrati al secondo: è il suolo consumato in Italia secondo l’ultimo rapporto Ispra. L’edilizia continua a mangiare terreno fertile, e questo nonostante la popolazione italiana diminuisca e ci siano su tutto il territorio nazionale ben 7 milioni di abitazionivuoteoabbandonate.Pensare al clima significa anche conservare il suolo, proteggere gli ecosistemi e non sprecare risorse: insomma, recuperare invece di costruire da zero. E già che si recupera, farlo bene, seguendo i criteri della sostenibilità e dell’efficienza. Principio che non vale solo per le case abbandonate, ma per tutti gli asset immobiliari vetusti, che consumano come un colabrodo. Thomas Miorin, presidente e fondatore di Rebuild, la piattaforma che raccoglie le avanguardie del settore delle costruzioni e ristrutturazioni in Italia, ha fatto i conti: “Il patrimonio edilizio italiano è il più vecchio al mondo dopo quello della Germania, con 17 milioni di unità immobiliari da riqualificare”. C’è tanto lavoro da fare, eppure il mercato della deep renovation rimane ancora troppo ristretto: colpa dei costi degli interventi di riqualificazione, spesso proibitivi per le famiglie. Ma se il mercato non si allarga, i costi non potranno scendere. A sbloccare l’impasse ci stanno provando, ad esempio, in Olanda con un’iniziativa “di cordata” di recente approdata anche in Italia attraverso Habitech. “Energiesprong – si legge sul sito - è un team di sviluppo no profit indipendente, incaricato dal governo nazionale olandese di sviluppare soluzioni per l’efficientamento energetico per gli edifici destinati al mercato immobiliare”. Non quindi una compagnia di costruzioni, ma un gruppo di esperti in varie materie che si occupa dinegoziarecondizionicollettive favorevoli per la riqualificazione delle abitazioni. Il progetto più importante è al momento la conversione in case a consumo zero di oltre 100mila alloggi, che si realizzerà grazie a un accordo tra società di social housing e costruttori. L’idea è di replicare il sistema nel resto d’Europa e ad oggi il team è al lavoro per farlo in Inghilterra, Francia e Italia. ▲ LINK: Report World GBC https://bit.ly/2QU5GwZ Klimahouse fierabolzano.it/it/klimahouse/home Agenzia CasaClima agenziacasaclima.it/it/home-1.html LinaHaus linahaus.com/ ReBuild rebuilditalia.it/it/ Energiesprong energiesprong.org/ VIDEO Rhinoceros Wall youtube.com/watch?v=_IBym_0aGO8 Tetti verdi in città youtube.com/watch?v=FlJoBhLnqko VIDEO
  • 37. 37L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 Modello Genano 350 I tradizionali sistemi di depurazione dell’aria utilizzano filtri che trattengono le particelle senza debellarle, diventando così ricettacolo di germi. La differenza della tecnologia Genano rispetto alle altre consiste proprio nella capacità di uccidere e trattenere particelle nanometriche fino a 3 nanometri (= 0,003 micrometri = 3 milionesimi di millimetro) senza alcun utilizzo di filtri Hepa o Ulpa. All’interno delle strutture sanitarie, delle case di cura e di riabilitazione, degli uffici aperti al pubblico, delle scuole, dei centri commerciali e delle abitazioni private la qualità dell’aria è un fattore fondamentale per prevenire epidemie e garantire la salute della popolazione. La Tecnologia brevettata da Genano, già utilizzata per le stanze di isolamento degli ospedali, è la medesima dei depuratori concepiti per gli alloggi. Aria pura, nient’altro I depuratori d’aria certificati Genano® permettono il completo trattamento dell’aria in maniera economica debellando virus, batteri, spore di muffa, COV e odori, cioè tutte le nano- particelle aeree che possono nuocere alla salute, al fine di garantire un trattamento efficace dell’aria indoor non solo in ambienti ospedalieri. Tutelate la vostra salute e quella delle persone che amate! Nessun’altra tecnologia può competere con l’efficienza raggiunta da Genano… …chiedeteci perché Per informazioni scientifiche e per il distributore di zona scrivere direttamente a: info@genano-italia.com Referenze su www.genano.com/it/referenze
  • 38. 38 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 fonti fossili per far circolare quintali di acciaio, plastica e componenti varie non produce solo anidride carbonica, ma an- che parte del cosiddetto “particolato”, le micro particelle che rendono ogni in- verno l’aria di parte d’Italia irrespirabile, se non altamente nociva. Solfuri, ossidi d’azoto, particolato fine sono gli ultimi e più pericolosi residui prodotti dallo spo- stamento di persone e merci. Ve ne sarete accorti guardando la tele- visione, ascoltando la radio o leggendo qualche quotidiano. Ormai tutte le case automobilistiche propongono all’interno della propria gamma l’alternativa elet- trica o ibrida, sia essa una semplice city car o l’ultimo modello di Suv. Complice Trasporti futuri: basse emissioni e condivisi L'intero settore dei trasporti sta cambiando profondamente, puntando decisamente sull'elettrico. Ma per proteggere il clima dovremo ripensare al nostro modo di muoverci MOBILITÀ / di Rudi Bressa Auto, mezzi pesanti, treni, aerei. Oggi solo in Euro- pa il settore dei trasporti contribuisce per circa il 27 per cento delle emissioni totali di CO2 dell’Unione, con le automobili che rap- presentano da sole il 45 per cento. I tra- sporti sono anche l’unico settore in cui le emissioni sono cresciute dal 1990, determinando un aumento delle emis- sioni complessive registrate nel 2017. Se l’Europa vorrà raggiungere gli obietti- vi dell’accordo di Parigi e perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della tem- peratura globale a 1,5°C, le emissioni dei trasporti dovranno essere ridotte a zero entro metà secolo. Ma la combustione di
  • 39. 39L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 sicuramente l’aumento della domanda, ma determinanti anche le nuove diret- tive europee che impongono alle case automobilistiche di ridurre le emissioni di CO2 dell’intero listino presente sul mercato ad almeno 95 g/km. È tanto? È poco? Attualmente gli ultimi model- li di ibrida sul mercato emettono cir- ca 90 g/km, mentre i recenti Euro 6d Standard dovranno stare sotto gli 85 g/km. Non solo, ma la tabella di mar- cia di riduzione delle emissioni per i veicoli decisa dall’Unione europea pas- sa attraverso gli 80 g/km previsti nel 2025 per giungere ai 59 g/km nel 2030. Il flighskam e il rilancio dei treni Ovviamente non si tratta solo di auto- mobili. Tutto il settore dei trasporti an- drà ripensato. A partire dall’aviazione civile. Con la nascita del “flygskam”, che tradotto dallo svedese suona più o meno “vergogna di volare”, l’attenzione si è spostata verso l’uso più o meno sensato dell’aereo come mezzo di trasporto. È l’effetto Greta, che sta portando molti a rinunciare all’aereo per ridurre le proprie emissioni. Una con- sapevolezza che ha portato alcune società ferroviarie a rispolverare i treni notturni. Dallo scorso gennaio infatti sia le ferrovie austriache Obb, che la Tra- fikverket svedese (l’azienda pubblica che gestisce i trasporti su rotaia), hanno atti- vato nuove linee notturne che collegano Vienna a Bruxelles e la tratta Malmo- Londra, passando per Colonia. La ten- denza è sottolineata anche da un recente sondaggio condotto dalla Banca europea degli investimenti (Bei) che mostra come la maggior parte dei cittadini cinesi, eu- ropei e statunitensi abbia in programma di volare di meno per le vacanze. Deci- sione dettata dalla volontà di limitare le proprie emissioni di CO2. Sarà anche per questo che alcune compagnie stan- no dando un forte impulso per la ricerca di soluzioni alternative per i velivoli del futuro. E non si esclude potranno essere alimentati anch’essi dall’elettricità. Il settore ferroviario resta comunque la soluzione a minor impatto ambientale e di più facile applicazione in tempi rapidi. Ha infatti una delle più basse percentua- li di emissioni ed è anche l’unico le cui emissioni complessive sono in calo, nonostante l’aumento dei volumi di trasporto. Secondo Pascal Mangin, consiglie- re regionale del Grand Est e mem- bro d e l Comitato europeo del- le regioni (CdR): “Le ferrovie offrono una buona combinazione di velocità, sicurezza, comfort, efficienza e prestazioni ambientali. Il trasporto ferroviario, tuttavia, rap- presenta ancora solo il 12 per cento del trasporto merci e meno del 10 per cento del trasporto di passeggeri”. Per questo motivo sarà necessario investi- re sull’infrastruttura regionale in modo tale chequesta“nonsolocollegheràmegliocittà, aree periurbane e zone rurali, ma ri- durrà anche le disparità economi- che e sociali tra di esse, rafforzerà il mercato interno e migliorerà la libera circolazione delle persone e delle merci”. Elettrico diffuso Secondo l’associazione Transport & En- viroment questo sarebbe l’unico modo per raggiungere la neutralità in fatto di emissioni entro il 2050. Ma per arriva- re a questo, spiega la stessa associazione nella roadmap per “Decarbonizzare le automobili in Europa”, sarà necessaria un’intera flotta di veicoli a emissioni zero (Zev). Ciò richie- derà la ven- dita di nuo- vi veicoli elettrici entro i primi anni del 2030 o al più tardi dal 2035. Tuttavia, ciò non sarebbe an- cora sufficiente per raggiungere le emissioni zero nel 2050 e significa che l’uso dei veicoli a combustione interna (benzina, diesel e a gas) venduti prima del 2035 dovrebbe essere limitato e infi- ne vietato. Ed è ciò che sta già accaden- do in molti paesi europei. A partire dalla Norvegia, forse la nazione più avanzata per quanto riguarda la mobilità elettrica, che già a partire dal 2025 vieterà la vendi- ta di nuove auto alimentate da fonti fos- sili. Seguiranno i Paesi Bassi, nel 2030, il Regno Unito (2035) e la Francia (2040). Anche il settore del trasporto pesante sta lavorando all’elettrico e molti produttori stanno testando nuovi modelli da affian- care ai classici motori diesel. Scania, ad esempio, ha in corso dei test in Svezia e Germania di “austostrade elettriche”, dove i camion vengono alimentati ad elettricità tramite pantografo. Inoltre sta lavorando per introdurre veicoli com- pletamente elettrici a batteria per la di- stribuzione in ambito urbano. Con la
  • 40. 40 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 tecnologia delle batterie attualmente di- sponibile, i veicoli elettrici possono per- correre distanze più brevi e richiedono la ricarica delle batterie, che può avvenire durate il carico e scarico delle merci. I veicoli in fase di test garantiscono un’au- tonomia di 120 km. Il piano di Volvo invece si sta focalizzando sul trasporto pesante per l’edilizia e la distribuzione regionale. In questo caso migliorereb- bero anche le condizioni di lavoro per i conducenti e gli operai, grazie al basso livello di rumorosità e alle emissioni di scarico zero durante il funzionamento. Ma l’ondata di elettrificazione avrà bi- sogno di un’adeguata infrastruttura di ricarica. Sempre secondo T&E saranno necessari circa 3 milioni di punti di rica- rica pubblici per i 44 milioni di veicoli elettrici previsti nel 2030. Ad oggi sono circa 185mila i punti di ricarica pubblici in Europa, numero che dovrà aumen- tare di quindici volte per soddisfare la domanda. Per finanziare l’infrastruttura necessaria, l’analisi stima che l’Europa avrà bisogno di 20 miliardi di euro nei prossimi 11 anni, o in media 1,8 miliardi di euro all’anno, in investimenti pubblici e privati. Via libera all’inter- modalità e allo sharing Certamente è inve- rosimile pensare di sostituire tutto il par- co circolante, mezzi pesanti inclusi, con nuovi veicoli elettrici. Per ridurre le emis- sioni del comparto e tentare di raggiungere il tanto agognato obiet- tivo delle “emissioni zero”, sarà necessario lavorare sull’intermo- dalità, sull’ampliamento dell’offerta dello sha- ring, del trasporto pub- blico e su tutte le altre fonti rinnovabili come il biometano ora e l’idro- geno successivamente. Il biometano può so- stituire rapidamente i combustibili fossili in due settori come il trasporto merci su gomma e quello na- vale. Oltre a ciò il biometano può es- sere a filiera corta visto che può esse- re prodotto dalle aziende agricole per poi venire distribuito a poca distanza attraverso dei compressori locali. E comunque il futuro sarà rappresen- tato dall’equazione meno veicoli pri- vati e più servizi, anche per le merci, che possono andare dall’auto in con- divisione al monopattino elettrico per l’ultimo miglio, passando per bi- ciclette e scooter elettrici. Il tutto a stretto contatto e interconnesso con il trasporto pubblico. Solo così si potrà rimodulare la mo- bilità urbana in ottica sostenibile. A confermarlo arriva un recentissi- mo studio condotto da Pvt Group, società che sviluppa software per la pianificazione dei trasporti e della logistica, e commissionato dal Go- verno federale tedesco, che mostra come scooter elettrici, servizi di car- sharing e gli altri servizi on-demand saranno realmente sostenibili solo se saranno integrati con i mezzi pubblici. Lo studio ha esaminato due scenari diversi, e in entrambi si vede un calo dell’auto privata come mezzo di spostamento, una ridu- zione del numero di chilometri percorsi in media e una positiva riduzione delle emissioni che va da circa il 2 per cen- to (scenario peggiore) a circa il 13 per cento (scenario più ottimista). Quel che è certo è che dovremo cambiare il modo in cui pensiamo la mobilità e il tra- sporto privato. Non più l’auto come sta- tus sociale e mezzo a cui non poter rinunciare, ma una serie di servizi e mezzi diversi da sce- gliere in base alle necessità. Ovviamente il singolo cit- tadino non potrà avviare questa rivolu- zione da solo, ma dovranno essere le amministrazioni pubbliche ad aver il coraggio di proporre e sviluppare nuove forme di mobilità, con investimenti e infrastrutture. Ne va della nostra “libertà” di movimento. ▲