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Sospensione delle ordinanze anti-degrado: panico nell’aristocrazia bolognese

Posted on 14 marzo 2012 by danji
Pubblichiamo di seguito una lettera aperta inviataci in redazione da un onesto cittadino
bolognese, coinvolto dalla abolizione delle ordinanze anti-degrado in quanto residente in
una delle vie maggiormente colpite.

Gent.mi redattori di (this),
chi vi scrive è innanzitutto un uomo. Un essere umano. Un essere creato da Iddio e come
tale frutto del suo incondizionato amore verso questa splendida terra che Egli ci donò
migliaia di anni or sono. Mi chiamo Arthur Pusey-Hamilton e sono il capofamiglia
dell’antica e nobile casata dei Pusey-Hamilton. Da ormai 150 anni la mia stirpe ha trovato
nella Vostra amata città il luogo ideale dove crescere la propria prole, e con essa le Nostre
speranze di una vita più appagante di quanto non fosse nelle lontane highland britanniche
da dove i miei padri partirono, delusi da una corruzione morale ed etica ormai
insanabile. Quando i miei padri arrivarono nella Vostra adorabile città, al tempo ancora
rigogliosa di canali urbani e animata da uno stimolante fervore culturale, trovarono nel
centro storico il luogo ideale dove dimenticare lo spregevole spettacolo di degenerazione
morale che al tempo caraterizzava la Terra di Albione.
L’antico palazzo nel quale risiediamo, sito in Via dei Bibiena e dunque attiguo a Via
Petroni, ci fu donato dai Bentivoglio nel lontano 1912, in seguito ad un matrimonio che
legò la mia adorata bisnonna al più giovane erede della casata bolognese. Da allora il
nostro scudo araldico fa mostra di sé orgoglioso e fiero nel principale portone d’ingresso, a
mostrare a tutti i concittadini la caratura di coloro che risiedono in tal antico loco.
Negli anni, la casata dei Pusey-Hamilton si è contraddistinta per la florida attività
commerciale imbastita con gli altri ducati presenti nella Regione, trattando in particolar
modo spezie pregiate e sete rare provenienti dall’Estremo Oriente. L’avvento
dell’industrializzazione, delle Grandi Guerre e delle crisi econimiche a esse correlate, ha
tuttavia costretto i miei avi a rivedere le proprie strategie commerciali, dedicandosi
attivamente alla ricostruzione della città, umiliata dai vili bombardamenti teutonici e alleati,
e abbandonata dai suoi cittadini più illustri, corsi ad arruolarsi in un sedizioso esercito
illegale e disorganizzato come quello dei partigiani. La mia famiglia, cari lettori, ha
ricostruito la città nella quale abitate, ha ridato lustro ad un progetto urbano ormai fallito
in seguito al vigliacco trattamento riservatoci dai nemici di guerra, e ha permesso a chi ha
finto di combattere con la guerriglia di poter tornare in una città rinata e pronta per lo
sviluppo economico che meritava. Date le circostanze, sarebbe stato onere di ogni
cittadino benpensante fare tutto ciò che era in proprio potere per dare sostegno alla
rinascita, ma così non fu. Noi costruimmo palazzi e case, bonificammo zone paludose e
iniziammo attività commerciali che nobilitassero l’animo dei nostri concittadini. E
soprattutto affittammo i nostri nuovi palazzi agli studenti di tutto il mondo, affinchè
potessero venire in città e ridare linfa all’economia e al fervore culturale locale.
Da quasi 100 anni offriamo alloggio ai volenterosi dell’arricchimento culturale e, per quanto
i palazzi non versino più nelle condizioni originali ma comincino ad accusare l’inarrestabile
avanzare del tempo, consideriamo le numerose cantine e mansarde date in gestione a
questi bravi ragazzi uno spazio di crescita personale impagabile, o al massimo
pagabile con comode rate mensili da quantificare in base all’andamento del mercato.
Tuttavia, da ormai diversi decenni, questa situazione è francamente degenerata. I
sedicenti movimenti di tutela civica ci accusano di “sfruttamento delle minoranze e di
concussione”, come se gli studenti erasmus asiatici avessero diritti pari a quelli di noi figli
dell’Antica e Onorata Europa. I prezzi scendono grazie a orride sistemazioni in strutture
precarie offerte dalla decadente Alma Mater Studiorum, e le strade del centro urbano sono
oggetto di quotidiane guerriglie urbane e celebrazioni goliardiche.
Il degrado e la degenerazione morale sono ahimè al fin giunti anche nella Nostra
(concedetemi di definirmi vostro concittadino) amata città. La nostra lotta contro questo
fardello insopportabile è stata ascoltata solo parzialmente dai tutori del’ordine cittadino.
Addirittura, non mi crederete, mentre vi scrivo un sobillatore sta espletando le sue funzioni
corporali proprio sopra il nostro araldico portone. Possiamo forse tollerare ancora tutto
ciò? Permettetemi di dire che tutto ciò è quantomeno riprovevole.

Il cancellare le ordinanze imposte dopo tanto sudore mi pare un atto di inspiegabile
demagogia strumentale, e in quanto membro attivo della comunità mi sento in dovere di
protestare. Non offriamo i nostri alloggi a studenti per permettere loro di deturpare il
decoro cittadino, e pretendiamo giustizia. La mia buona madre direbbe che ciò è frutto di
una immigrazione senza restrizioni come è stata quella di Venezia nel sedicesimo secolo.
Io credo che il problema sia più grande. La deturpazione incondizionata non nasce certo
dai nostri amati concittadini, sia chiaro, ma in buona parte da barbari provenienti da zone
disagiate quali Granducato di Toscana e Regno delle Due Sicilie. Vorrei dunque fare
appello, affinchè tutto ciò finisca, ai nostri rappresentanti pubblici, acciocchè si possa
tornare a restrizioni coercitive, e l’ordine torni a caratterizzare il nostro amato centro
cittadino. M rivolgo a loro perchè prendano provvedimenti, e cancellino ogni traccia di
questo morbo degradante e di questo turpe flagello che ci minaccia.
Siate risoluti a riguardo, Vi imploro! Come dicevamo sotto le armi: “Forza, Signore, si
comporti da uomo bianco!”
Distinti saluti,
il vostro più leale e obbediente servitore, Arthur Pusey-Hamilton, Mbe




Sigillata con l’antico e nobile sigillo dei Pusey-Hamilton
“HIC HAEC HOC”

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  • 1. Sospensione delle ordinanze anti-degrado: panico nell’aristocrazia bolognese Posted on 14 marzo 2012 by danji Pubblichiamo di seguito una lettera aperta inviataci in redazione da un onesto cittadino bolognese, coinvolto dalla abolizione delle ordinanze anti-degrado in quanto residente in una delle vie maggiormente colpite. Gent.mi redattori di (this), chi vi scrive è innanzitutto un uomo. Un essere umano. Un essere creato da Iddio e come tale frutto del suo incondizionato amore verso questa splendida terra che Egli ci donò migliaia di anni or sono. Mi chiamo Arthur Pusey-Hamilton e sono il capofamiglia dell’antica e nobile casata dei Pusey-Hamilton. Da ormai 150 anni la mia stirpe ha trovato nella Vostra amata città il luogo ideale dove crescere la propria prole, e con essa le Nostre speranze di una vita più appagante di quanto non fosse nelle lontane highland britanniche da dove i miei padri partirono, delusi da una corruzione morale ed etica ormai insanabile. Quando i miei padri arrivarono nella Vostra adorabile città, al tempo ancora rigogliosa di canali urbani e animata da uno stimolante fervore culturale, trovarono nel centro storico il luogo ideale dove dimenticare lo spregevole spettacolo di degenerazione morale che al tempo caraterizzava la Terra di Albione. L’antico palazzo nel quale risiediamo, sito in Via dei Bibiena e dunque attiguo a Via Petroni, ci fu donato dai Bentivoglio nel lontano 1912, in seguito ad un matrimonio che legò la mia adorata bisnonna al più giovane erede della casata bolognese. Da allora il nostro scudo araldico fa mostra di sé orgoglioso e fiero nel principale portone d’ingresso, a mostrare a tutti i concittadini la caratura di coloro che risiedono in tal antico loco. Negli anni, la casata dei Pusey-Hamilton si è contraddistinta per la florida attività commerciale imbastita con gli altri ducati presenti nella Regione, trattando in particolar modo spezie pregiate e sete rare provenienti dall’Estremo Oriente. L’avvento dell’industrializzazione, delle Grandi Guerre e delle crisi econimiche a esse correlate, ha tuttavia costretto i miei avi a rivedere le proprie strategie commerciali, dedicandosi attivamente alla ricostruzione della città, umiliata dai vili bombardamenti teutonici e alleati, e abbandonata dai suoi cittadini più illustri, corsi ad arruolarsi in un sedizioso esercito illegale e disorganizzato come quello dei partigiani. La mia famiglia, cari lettori, ha ricostruito la città nella quale abitate, ha ridato lustro ad un progetto urbano ormai fallito in seguito al vigliacco trattamento riservatoci dai nemici di guerra, e ha permesso a chi ha finto di combattere con la guerriglia di poter tornare in una città rinata e pronta per lo sviluppo economico che meritava. Date le circostanze, sarebbe stato onere di ogni cittadino benpensante fare tutto ciò che era in proprio potere per dare sostegno alla rinascita, ma così non fu. Noi costruimmo palazzi e case, bonificammo zone paludose e iniziammo attività commerciali che nobilitassero l’animo dei nostri concittadini. E soprattutto affittammo i nostri nuovi palazzi agli studenti di tutto il mondo, affinchè potessero venire in città e ridare linfa all’economia e al fervore culturale locale. Da quasi 100 anni offriamo alloggio ai volenterosi dell’arricchimento culturale e, per quanto i palazzi non versino più nelle condizioni originali ma comincino ad accusare l’inarrestabile avanzare del tempo, consideriamo le numerose cantine e mansarde date in gestione a questi bravi ragazzi uno spazio di crescita personale impagabile, o al massimo pagabile con comode rate mensili da quantificare in base all’andamento del mercato. Tuttavia, da ormai diversi decenni, questa situazione è francamente degenerata. I sedicenti movimenti di tutela civica ci accusano di “sfruttamento delle minoranze e di concussione”, come se gli studenti erasmus asiatici avessero diritti pari a quelli di noi figli dell’Antica e Onorata Europa. I prezzi scendono grazie a orride sistemazioni in strutture precarie offerte dalla decadente Alma Mater Studiorum, e le strade del centro urbano sono oggetto di quotidiane guerriglie urbane e celebrazioni goliardiche.
  • 2. Il degrado e la degenerazione morale sono ahimè al fin giunti anche nella Nostra (concedetemi di definirmi vostro concittadino) amata città. La nostra lotta contro questo fardello insopportabile è stata ascoltata solo parzialmente dai tutori del’ordine cittadino. Addirittura, non mi crederete, mentre vi scrivo un sobillatore sta espletando le sue funzioni corporali proprio sopra il nostro araldico portone. Possiamo forse tollerare ancora tutto ciò? Permettetemi di dire che tutto ciò è quantomeno riprovevole. Il cancellare le ordinanze imposte dopo tanto sudore mi pare un atto di inspiegabile demagogia strumentale, e in quanto membro attivo della comunità mi sento in dovere di protestare. Non offriamo i nostri alloggi a studenti per permettere loro di deturpare il decoro cittadino, e pretendiamo giustizia. La mia buona madre direbbe che ciò è frutto di una immigrazione senza restrizioni come è stata quella di Venezia nel sedicesimo secolo. Io credo che il problema sia più grande. La deturpazione incondizionata non nasce certo dai nostri amati concittadini, sia chiaro, ma in buona parte da barbari provenienti da zone disagiate quali Granducato di Toscana e Regno delle Due Sicilie. Vorrei dunque fare appello, affinchè tutto ciò finisca, ai nostri rappresentanti pubblici, acciocchè si possa tornare a restrizioni coercitive, e l’ordine torni a caratterizzare il nostro amato centro cittadino. M rivolgo a loro perchè prendano provvedimenti, e cancellino ogni traccia di questo morbo degradante e di questo turpe flagello che ci minaccia. Siate risoluti a riguardo, Vi imploro! Come dicevamo sotto le armi: “Forza, Signore, si comporti da uomo bianco!” Distinti saluti, il vostro più leale e obbediente servitore, Arthur Pusey-Hamilton, Mbe Sigillata con l’antico e nobile sigillo dei Pusey-Hamilton “HIC HAEC HOC”