Ride the Storm: Navigating Through Unstable Periods / Katerina Rudko (Belka G...
Focus tunisia Africa & Affari - novembre 2016
1. Sommario — Pag. 1
Africa
e Affari
Rivista mensile
sul continente del futuro
Novembre 2016
AfricaeAffari/anno4numero9/novembre2016/€15/ISSN2465-2490
Approfondimenti e interviste verso la Conferenza sugli investimenti di Tunisi
Egitto
La strategia Eni
per le rinnovabili
Agricoltura
Il cacao del Ghana
alla scoperta di Modica
Intervista / Laura Frigenti
Una cooperazione
strutturata e vincente
#Tunisia2020
Un Paese in marcia per diventare hub di sviluppo in cinque anni
Focus / Nord Africa
3. Indice
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6
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Editoriale
Focus,tunisia
A cinque anni dalla rivoluzione, sfide e risposte
Un governo giovane e un obiettivo: riforme
Un nuovo codice sugli investimenti apre ai privati
Energia eolica e solare per il futuro
Intervista / Yassine Brahim
Tunisia 2020: ecco la road map
Discriminazione positiva come chiave di sviluppo
Turismo, una sofferenza che dura da tempo
La storia della Germanetti
Intervista / Raimondo de Cardona
Morsettitalia, i pendolari del Mediterraneo
Equilibri
Aics, missione ad Addis Abeba
Intervista / Laura Frigenti (Aics)
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DENTRO L’AFRICA
Energia / Strategia Eni per le rinnovabili in Egitto
Agricoltura / Il cacao del Ghana e il cioccolato di Modica
Industria / Boeing sceglie il Marocco
Infrastrutture / Ferrovie, inaugurata la Addis Abeba/Gibuti
Commercio / Export italiano in Marocco a doppia cifra
Economia e finanza / Sudafrica fuori dalla tempesta?
Sviluppo / Più cooperazione con il Centrafrica
VIAGGIARE IN AFRICA / Tunisia, in rally tra le meraviglie
del deserto
Appuntamenti
Blue Sea Land, Expo nel segno di dialogo e affari
Intervista / Giovanni Ottati (Assafrica)
37
47
8
AfricaeAffari—Pag.26
I fattI dI ottobre 2016
rwanda
GIbUtI
Gabon
reP.
CentrafrICana
Costa
d'avorIo
CaPo
verde
Ex ministro degli Esteri
Franck Emmanuel Issoze
Ngondet forma nuovo
governo
Combattimenti nel nord,
decine le vittime prima
dell’intervento dei caschi blu
Rimpasto di governo dopo
allargamento maggioranza
presidenziale
Esteso per tre mesi lo
stato d’emergenza nel
Sinai del Nord
Attacchi e sabotaggi
nella regione meridionale
del Pool
Elezioni parlamentari: riaffer-
mazione per il partito del primo
ministro uscente Benkirane
Referendum per
adottare modifiche
costituzionali
Tensione tra ex ribelli
tuareg e governo su
composizione Autorità
di transizione nel nord
Presidente Fonseca
rieletto al primo turno
capo dello Stato
reP.
ConGo
nIGer
eGItto
MaroCCo
MaLI
4
2
2
1
3
ZaMbIa
Leader dell’opposizione
arrestati con l’accusa di
pratiche sediziose
Parziale rimpasto di
governo, accorpati
alcuni dicasteri e
soppressi altri
Il Giappone vuole
espandere la pro-
pria base militare,
aperta nel 2011
KenYa
etIoPIa
tanZanIa
MadaGasCar
Dispiegamento di
truppe al confine con
la Somalia per aumen-
tare sorveglianza
Dichiarato lo stato d’e-
mergenza per sei mesi
Comincia il trasloco degli
uffici governativi da Dar
es Salaam alla capitale
Dodoma
Siccità, appello dalla Fao
per gli “allarmanti” livelli di
malnutrizione
Ifattidelmese—Pag.27
4321
sudafrica
Il governo notifica all’onu ritiro dalla Corte
penale internazionale
Il governo di Pretoria ha notificato ufficialmente
alle Nazioni Unite la decisione di ritirare la
propria adesione allo Statuto di Roma e quindi
ritirarsi dalla Corte penale internazionale (Cpi).
“I nostri doveri relativi alla risoluzione pacifica
dei conflitti erano troppe volte incompatibili con
lw strade seguite dalla Cpi”, ha detto il ministro
degli Affari esteri, Maite Nkoama-Mashabane,
specificando che l’uscita diventerà effettiva
trascorso un anno dalla notifica al Segretario
generale dell’Onu. Secondo diversi osservatori
altri Paesi africani potrebbero fare lo stesso.
niger e Guinea
roma apre nuove ambasciate a niamey
e Conakry
Il governo italiano ha approvato l’apertura di
due nuove ambasciate nel continente africano,
a Niamey in Niger e a Conakry in Guinea. Se-
condo la Farnesina, “un’ambasciata a Niamey
assicura all’Italia un rilevante vantaggio opera-
tivo, alla luce delle dinamiche che interessano
il Sahel, con ripercussioni sotto il profilo della
sicurezza in Italia e in Europa, e del ruolo svol-
to dal Niger per la stabilità regionale”. L’apertura
di un’ambasciata a Conakry è conseguenza
del rinnovato dinamismo della Guinea e delle
potenzialità di sviluppo della cooperazione.
repubblica democratica del Congo
rinviate ad aprile 2018 le elezioni generali,
critiche dall’opposizione
La decisione di posticipare le elezioni generali,
previste per questo dicembre, è stata appro-
vata dalla Corte Costituzionale. A suggerire
il rinvio è stata la Commissione elettorale
nazionale indipendente (Ceni) per consentire
la revisione della lista degli aventi diritto al
voto e superare gli ostacoli logistici e finanziari
esistenti. Aspre critiche sono giunte dall’oppo-
sizione, secondo cui il rinvio autorizza di fatto
l’attuale presidente Joseph Kabila a rimanere
al governo oltre il termine di quello che dovreb-
be essere il suo secondo e ultimo mandato.
Mozambico
Una donna scelta alla guida del ministero
dell’energia
Dopo la rimozione improvvisa di Pedro Con-
ceição Couto dall’incarico di ministro delle
Risorse minerarie e dell’Energia, il presiden-
te Nyusi ha nominato al suo posto Letícia
Deusina da Silva Klemens. Già presidente del
consiglio d’amministrazione della banca Mil-
lennium Bim e a capo dell’Associazione delle
donne d’affari e delle imprenditrici del Mozam-
bico (Femme),da Silva Klemens è ritenuta
una stretta alleata dell’ex presidente Armando
Guebuza e di Alberto Chipande, membro del
Comitato centrale del Frelimo.
26
4. anno 4 numero 9
novembre 2016
Direttore responsabile
Massimo Zaurrini
Direttore editoriale
Gianfranco Belgrano
Hanno collaborato: Céline Camoin,
Ilenia Cassetta, Klaus Eisner,
Claudia Quadruccio, Maria Scaffidi,
Ernesto Sii, Giuseppe Taibi,
Michele Vollaro
Progetto grafico
Antonella Belgrano
Pubblicità
Maria Quaranta
maria.quaranta@internationalia.org
Editore
Internationalia Srl
Registro degli Operatori
di Comunicazione
iscrizione del 26/04/2013
numero 23474
Questa testata è registrata al Tribunale
di Roma (n. 232 del 28/12/2015)
ISSN 2465-2490
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Chiuso in redazione
il 25 ottobre 2016
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www.africaeaffari.it
Una copia 15 euro
Sommario — Pag. 1
Africa
e Affari
Rivista mensile
sul continente del futuro
Novembre 2016
AfricaeAffari/anno4numero9/novembre2016/€15/ISSN2465-2490
Approfondimenti e interviste verso la Conferenza sugli investimenti di Tunisi
Egitto
La strategia Eni
per le rinnovabili
Agricoltura
Il cacao del Ghana
alla scoperta di Modica
Intervista / Laura Frigenti
Una cooperazione
strutturata e vincente
#Tunisia2020
Un Paese in marcia per diventare hub di sviluppo in cinque anni
Focus / Nord Africa
In copertina, un’elaborazione grafica
dedicata al Focus di questo numero
Africa inascoltata
ma non più paziente
Dismettere i panni del subalterno.
Sono accomunate da questo concet-
to due notizie che a ottobre hanno
fatto molto discutere. La prima è il
rapporto di Amnesty International
che denuncia l’uso di armi chimiche
da parte del governo sudanese in
Darfur. La seconda è che il Sudafrica
ha avviato le procedure per uscire
dalla Corte penale internazionale
(Cpi/Icc). Il rapporto di Amnesty ha
fatto il giro del mondo e ha conqui-
stato le prime pagine di molti media
internazionali. Nessuna traccia però
si è trovata nei giorni successivi della
reazione del governo sudanese, che
accusa Amnesty di aver fatto il gioco
dell’unico gruppo ribelle ancora in
attività e che continua a rifiutare i
negoziati di pace, ma soprattutto
della indiretta smentita sui presunti
fatti contenuti nel rapporto da parte
della Missione delle Nazioni Unite in
Darfur (Unamid). Unamid ha detto
senza giri di parole che nessuno
dei suoi 20.000 uomini presenti sul
posto è stato contattato da Amnesty
e che in nessuno dei centri sanitari
gestiti si è presentato qualcuno con
ferite causate da armi chimiche. In
attesa di capire e verificare ulterior-
mente i contenuti della denuncia di
Amnesty, quello che appare chiaro è
che nel racconto africano l’Occiden-
te decide di dare spazio solo a quelle
voci che confermano le proprie idee
e, a volte, i propri pregiudizi. Sulla
stessa linea d’onda anche la scelta
del Sudafrica di avviare le procedure
per uscire dallo Statuto di Roma e
lasciare la Cpi. Una scelta che tradu-
ce in fatti le critiche espresse nei mesi
scorsi dall’Unione Africana e da qua-
si tutti i Paesi del continente, stanchi
di veder giudicati solo casi africani
e ormai convinti che la Cpi non sia
altro che uno strumento neocolonia-
le per portare avanti agende nascoste
di Paesi ben più potenti. Piegare i
diritti umani o la giustizia a logiche
politiche, però, non è un danno solo
per i Paesi africani (non più dispo-
nibili a essere visti come subalterni
e in cerca di una nuova dignità sugli
scenari internazionali) ma anche per
tutti quelli che all’importanza dei Di-
ritti Umani o della Giustizia credono
in maniera vera e profonda.
In questo concetto di voglia di
emersione rientra in maniera diversa
la Tunisia, Paese a cui dedichiamo
questo numero della rivista. Alla
fine di novembre Tunisi ospiterà una
grande conferenza sugli investimenti,
considerata un punto da cui ripartire
dopo la fine della transizione politi-
ca e dopo gli attentati che nel 2015
hanno messo in ginocchio l’industria
turistica. La Tunisia non ha pagato
soltanto il costo diretto di quegli
attentati; ha pagato anche un’atten-
zione mediatica andata spesso oltre
l’informazione. è stata dipinta come
un luogo da evitare, quando in realtà
è stata vittima di azioni cruente
come Parigi e Bruxelles in Europa.
Ma nessuno, giustamente, ha mai
scritto di evitare Francia e Belgio.
[di Massimo Zaurrini e Gianfranco Belgrano]
InfoAfrica accanto alle
Piccole e medie imprese
Africa e Affari è un mensile frutto del lavoro quotidiano portato avanti ormai
da anni dalla redazione di InfoAfrica, agenzia di stampa specializzata in servizi
di informazione economica e politica relativi all’Africa. InfoAfrica è stata
oggetto di una grande rivoluzione che l’ha trasformata di recente da strumento
a disposizione di grandi imprese e istituzioni a strumento con costi sostenibili
anche per piccole e medie imprese, ovvero il fulcro economico dell’Italia. Un’o-
perazione resa possibile da un complesso lavoro tecnico che consente adesso
di acquistare da una singola notizia all’intero notiziario. Un modo per rendere
questo prodotto disponibile anche a chi ha le spalle meno grosse ma che ha
probabilmente interessi molto specifici in Africa come le Pmi. Per conoscere le
tariffe e saperne di più: www.infoafrica.it
5. Sommario — Pag. 5
FOCUSFocus A cinque anni dalla rivoluzione, tante sfide e molte risposte da dare pag. 6 — Focus
Un governo giovane e un obiettivo: avviare le riforme pag. 9 — Focus Un nuovo codice sugli
investimenti apre le porte ai privati pag. 10 — Focus Energia eolica e solare per il futuro della
Tunisia pag. 11 — Focus Intervista / Yassine Brahim pag. 12 — Focus Tunisia 2020, ecco la
road map pag. 14 — Focus Discriminazione positiva: questa la chiave di sviluppo pag. 15 —
Focus Turismo, una sofferenza che dura da tempo pag. 16 — Focus La storia della Germa-
netti pag. 18 — Focus Intervista / Raimondo de Cardona pag. 20 — Focus Morsettitalia,
i pendolari del Mediterraneo pag. 22
6. Africa e Affari — Pag. 6
A cinque anni dalla rivoluzione
tante sfide e molte risposte da dare
Superata la fase di transizione politica e i momenti più bui di insicurezza, Tunisi
si mette in marcia per elaborare strategie che facciano ripartire economia e mercato
occupazionale. Fondamentale è secondo molti il coinvolgimento del settore privato.
— di Ernesto Sii
— Tunisia / Quadro economico
A cinque anni dalla rivoluzione, l’economia
della Tunisia è ancora fragile. La crescita
c’è ma non sembra sufficientemente forte
per riuscire a intaccare fenomeni quali la
disoccupazione, la povertà e l’ineguaglian-
za. Tuttavia molti segnali di speranza arri-
vano soprattutto dalla politica tunisina che
appare realmente determinata ad affronta-
re in maniera congiunta le sfide che atten-
dono il Paese. Recentemente il presidente
tunisino ha convocato un governo di uni-
tà nazionale sostenuto da tutti i principali
partiti e dalla società civile che ha portato
alla fine di agosto 2016 alla nascita di una
compagine governativa di scopo in cui tut-
te le maggiori forze del Paese sono presen-
ti. Una risposta con cui la politica intende
dare un nuovo slancio alle riforme necessa-
rie per rafforzare la sicurezza, migliorare il
clima degli affari e far ripartire la crescita.
Recenti sviluppi economici
L’economia tunisina ha mostrato un signi-
ficativo rallentamento nel 2015 a causa
dell’effetto combinato di forti tensioni so-
ciali e di alcuni gravi attentati terroristici,
che hanno messo in ginocchio a lungo l’in-
dustria del turismo, fondamentale per il Pa-
ese. La crescita ha segnato appena lo 0,8%
(contro il 2,3% del 2013 e 2014), facendo
registrare dei cali notevoli nel manifatturie-
ro, nel minerario (petrolio, gas, e industrie
dei fosfati) e nel turismo. I dati del primo
semestre 2016, tuttavia, indicano una certa
Avenue Habib Bourguiba, il cuore di Tunisi / InfoAfrica
7. Focus — Pag. 7
inversione di tendenza e un moderato mi-
glioramento delle condizioni economiche.
Nei primi due trimestri del 2016, l’econo-
mia tunisina è cresciuta, rispettivamente,
dell’1 e dell’1,4% su base annua. Questa
nuova tendenza riflette il miglioramento
delle prestazioni all’interno delle industrie
manifatturiere e nei settori diversi dal com-
mercio, che hanno mostrato un incremento,
rispettivamente, del 2 e del 3,3% (su base
annua) nel 1° semestre 2016.
Tendenza opposta per agricoltura e pesca, e
per le industrie non manifatturiere che nei
primi sei mesi dell’anno hanno subito, in-
vece, una contrazione del 2,8 e dello 0,8%.
Nel settore turistico, gli arrivi di visitatori
nel primo semestre del 2016 sono diminuiti
del 25% rispetto allo stesso periodo dello
scorso anno. Va comunque ricordato che le
difficoltà nel settore turistico sono comin-
ciate all’inizio del secondo trimestre 2015
(alla fine di marzo 2015 si consumò il grave
attentato al museo del Bardo di Tunisi) e
che l’impegno mostrato delle istituzioni nel
rispondere alle sfide sulla sicurezza interna
sta gradualmente riportando la Tunisia a
prendere il posto che le spetta tra le mete
turistiche del Mediterraneo. Un segnale ine-
quivocabile è il ritorno, ai primi di ottobre
2016, delle navi da crociera nel porto di
Tunisi. La nave da crociera tedesca Europa
ha attraccato il 6 ottobre 2016 al porto di
La Goulette, il porto turistico di Tunisi, e
le autorità del settore tunisine hanno fatto
sapere che a dicembre e a gennaio sono at-
tese altre 10 navi da crociera (vedi il box a
pagina 8). È importante sottolineare infine
che le importazioni di macchinari e attrez-
zature e di materie prime sono aumentate
del 10%, come anche il fatto che i miglio-
ramenti fatti registrare sul fronte della sicu-
rezza interna stanno favorendo e sostenen-
do il ritorno degli investimenti.
Turismo e investimenti sono fondamentali
anche per far tornare a crescere le riserve
di moneta pregiata, la cui continua erosio-
ne sta portando a un deprezzamento del
dinaro tunisino. Nel mese di giugno 2016,
le riserve estere sono state stimate in 6,5
miliardi di dollari, pari a 3,5 mesi di im-
portazioni.
Il tasso di disoccupazione rimane elevato e
fissato ufficialmente al 15,4%. La mancan-
za di un lavoro formale colpisce in partico-
lare le donne (22,6%), i laureati (31,2%)
e i giovani (31,8%). L’inflazione è invece
contenuta (4%) grazie a una politica mone-
taria che rimane prudente.
Previsioni
Ma se il quadro economico attuale risente
ancora del periodo negativo che la Tunisia
sembra intenzionata a lasciarsi alle spalle,
le previsioni indicano una graduale ripre-
sa nel prossimo biennio. Secondo l’ultimo
rapporto della Banca Mondiale, l’econo-
mia locale crescerà del 2% nel 2016 gui-
data da un aumento del consumo pubblico
(10,1%), a sua volta trainato dall’entrata in
vigore degli aumenti salariali per gli statali
e dal ritorno alla crescita degli investimenti
(+4,5%).
Nel medio termine, la crescita economica
dovrebbe innestare un’altra marcia e, sem-
pre secondo le prudenti stime della Banca
Mondiale, l’economia tunisina conoscerà
una crescita del 3 e 3,7%, rispettivamente,
nel 2017 e 2018, in uno scenario che unisce
l’accelerazione delle riforme strutturali, il
miglioramento della sicurezza a livello na-
zionale e regionale (in particolare un inizio
di normalizzazione in Libia), una maggiore
stabilità sociale, e un moderato aumento
della domanda esterna.
Migliora anche il tasso d’inflazione, secon-
do gli esperti del Fondo monetario interna-
zionale (Fmi), che prevedono un livello del
3,7% nel 2016 e del 3,9% nel 2017, contro
il 4,9% nel 2015. La popolazione tunisina
lamenta un aumento generale dei prezzi che
nella vita quotidiana pesa molto. Per alcuni
generi di prima necessità, tra cui beni ali-
mentari, i prezzi sono triplicati negli ultimi
cinque anni.
Anche il deficit di bilancio dovrebbe miglio-
rare rispetto al 2015 e raggiungere l’8%,
contro l’8,9% nel 2015, mentre per il 2017
la previsione è del 6,7%.
Secondo le prospettive diffuse a settembre
15,4%
2%
— Il livello di disoc-
cupazione. L’indice
aumenta per donne e
laureati
— Il tasso di crescita
del pil per il 2016 secon-
do le stime elaborate
dalla Banca Mondiale
Turismo, agricoltura
e manifatturiero
chiamati a spingere
Via di ingresso a Sidi Bou Said / InfoAfrica
8. Africa e Affari — Pag. 8
dalla Banca centrale di Tunisi, l’economia
tunisina è incamminata verso un ritorno
graduale ai livelli di crescita pre-2015. In
base alle proprie stime, la Banca centrale,
escludendo il settore agricolo, si aspetta
una crescita del pil che potrebbe arrivare al
2,6% durante l’anno in corso e al 3,4% nel
prossimo anno, contro il +0,3% del 2015.
Il ritorno ai valori positivi di crescita è mo-
tivato dall’aumento della produttività delle
imprese esportatrici, in particolare nel set-
tore chimico, dei fosfati e dell’energia. Tutti
settori che, per motivi differenti, nel 2015
avevano subito un arresto. Sempre secon-
do l’istituto di credito nazionale tunisino, il
2017 dovrebbe poi sancire definitivamente
l’inversione di tendenza sia nel settore tu-
ristico che in quello agricolo. L’agricoltura
nel 2016 ha subito le conseguenze di con-
dizioni meteorologiche particolari legate al
fenomeno del Nino, che ha portato a una
inconsueta scarsità di piogge, ma è certa-
mente destinata a rimanere uno dei settori
fondamentali, soprattutto in termini di po-
sti di lavoro.
I principali rischi per le prospettive eco-
nomiche della Tunisia, secondo la Banca
Mondiale, restano legati all’alto livello di
disoccupazione giovanile, ai possibili disor-
dini sociali e alla sicurezza, tanto interna
quanto regionale. Gli economisti interna-
zionali ritengono che per contrastare questi
rischi sia fondamentale stimolare il settore
privato, ritenuto un partner imprescindibile
per rilanciare il Paese, la crescita e la crea-
zione di occupazione.
Il 2017 dovrebbe
sancire definitivamente
l’inversione di tendenza
Dopo gli attentati del 2015, a La Goulette
ritorna una prima nave da crociera
La nave da crociera tedesca Europa ha attraccato lo scorso
6 ottobre a La Goulette, il porto turistico di Tunisi. Si tratta del
primo ritorno di un’imbarcazione da crociera dall’attentato al
museo nazionale del Bardo, gioiello della capitale tunisina.
Europa è una nave di lusso che dopo lo scalo tunisino si è
diretta in Algeria, Marocco e Spagna. Dei 310 passeggeri,
196 hanno deciso di scendere a Cartagine, a Sidi Bou Said
e al mercato della Medina di Tunisi. Lo ha annunciato Mu-
stapha Jabeur, il direttore generale del terminal di crociera di
La Goulette, aggiungendo che a dicembre e a gennaio sono
attese altre 10 navi da crociera. “è una buona notizia per le
agenzie di viaggio, per il settore turistico in generale e per
l’artigianato del nostro Paese” ha aggiunto il responsabile. Il
turismo tunisino è afflitto da una grave crisi legata agli atten-
tati. Il 18 marzo 2015, il museo del Bardo fu preso d’assalto
da terroristi che uccisero 22 persone.
La nuova Tunisia
vista da Afef Jnifen
[‘Africa e Affari’ ha incontrato Afef Jnifen a Milano, in occasio-
ne del Roadshow (vedi pag. 14) di presentazione della Confe-
renza Tunisia 2020. Le abbiamo chiesto della nuova Tunisia...]
“Nella Tunisia del dopo 2011 si respira aria di libertà, di de-
mocrazia e di cammino verso una nuova era, un cammino già
cominciato. Chiunque ha pregi e difetti, noi abbiamo un bel
Paese, abbiamo ospitalità, abbiamo la gente che vuole lavo-
rare, una Costituzione che fa invidia a molti…
Siamo così vicini che a volte lo dimentichiamo. Basterebbe
leggere la storia e i tanti episodi di incontro fra Italia e Tuni-
sia: durante il fascismo moltissimi italiani trovarono riparo in
Tunisia, molti ebrei italiani di Livorno vennero da noi, Gari-
baldi stesso visse per diversi mesi in Tunisia... C’è un legame
che resta vivo anche nel nostro linguaggio. Una marea di
cose che ci legano, una sensibilità molto simile.
Conclusa la transizione politica, conta molto dare risposte con-
crete alla gente e alle esigenze della vita quotidiana, partendo
dal lavoro. Questo conta tantissimo per dare stabilità sociale.
A causa degli attentati abbiamo avuto una flessione nel turi-
smo, ma è successa una cosa incredibile: sono arrivati tantis-
simi russi e algerini e tutto è andato benissimo. Ora spero che
tornino presto anche gli italiani!”.
9. Focus — Pag. 9
Un governo giovane e tecnico
con un obiettivo: avviare le riforme
Lo scorso agosto a Habib Essid è subentrato il 41enne Youssef Chahed che ha potuto
varare un esecutivo sostenuto da un ampio fronte parlamentare. Il neo primo ministro
avrà il compito di seguire e implementare varie riforme, con un occhio alla sicurezza.
— di Maria Scaffidi
— Tunisia / Quadro politico
Avvicendamenti di governo, due parlamenti, grandi co-
alizioni. La Tunisia del dopo Ben Ali ha sperimentato
tutto quello che prima non aveva conosciuto. Resasi
indipendente dalla Francia nel 1956, fino al 2011 la
Tunisia ha avuto due soli presidenti: Habib Bourguiba,
il padre dell’indipendenza, e Zine al Abidine Ben Ali,
che esautorò lo stesso Bourguiba nel 1987 con un gol-
pe di velluto.
Negli ultimi due anni, la Tunisia si è dotata di una nuo-
va Costituzione e Habib Essid è stato il primo capo di
governo a essere nominato dopo l’entrata in vigore di
questa Carta fondamentale. In precedenza, Ennahda,
il partito islamista moderato che aveva vinto le prime
elezioni, aveva dovuto cedere lo scettro nella seconda
tornata elettorale a Nidaa Tounes, la formazione gui-
data dall’attuale capo di Stato Beji Caid Essebsi. Ma
proprio la necessità di allargare lo spettro di sostegno
necessario per far passare una serie di riforme ha por-
tato al voto di sfiducia nei confronti di Essid e alla no-
mina di un nuovo capo di governo.
Così dallo scorso agosto la guida del Paese è stata as-
sunta da un giovane, il 41enne Youssef Chahed, un fi-
glio dell’alta borghesia progressista tunisina che non
ha legami diretti con il vecchio governo di Ben Ali. Lo
stesso Essebsi d’altra parte rappresenta il legame con
il vecchio Bourguiba (scomparso nel 2000) di cui era
stato consigliere e più volte ministro.
Un passaggio di timone ‘ideale’ quello tra Essebsi e
Chahed, che consente un salto a pie’ pari degli ultimi
30 anni, ma allo stesso tempo senza scossoni.
Di scossoni la Tunisia non ne ha bisogno. Paese da cui
sono partiti migliaia di combattenti jihadisti in dire-
zione dei vari fronti caldi di questi anni, la Tunisia ha
subito la violenza degli attentati di matrice estremista
e ne ha sperimentato i contraccolpi economici. Gli at-
tentati a Tunisi e alla spiaggia di Sousse del 2015 han-
no colpito pesantemente un’industria che fino al 2010
dava lavoro a oltre 400.000 persone (la Tunisia conta
11 milioni di abitanti) contribuendo al 7% del prodot-
to interno loro e a circa il 20% delle rimesse in valuta.
La Tunisia deve recuperare il gap nel settore turisti-
co - importante soprattutto in termini occupazionali
- e deve avviare riforme in grado di attrarre i capitali
stranieri. Un amalgama la cui malta è data dalla ne-
cessità di garantire sicurezza anche rispetto a quanto
sta avvenendo nella vicina Libia. Non sono pochi gli
osservatori che prospettano per la Tunisia un futuro
da piattaforma logistica quando servirà avviare la ri-
costruzione della Libia. Ma è sul fronte manifatturiero,
sullo sviluppo ulteriore dell’agricoltura e sull’energia
che a Tunisi si aspettano il vero valore aggiunto.
La conferenza sugli investimenti in programma a fine
novembre di quest’anno a Tunisi rappresenterà quindi
un giro di boa importante insieme al nuovo codice de-
gli investimenti approvato dal Parlamento a settembre
e in vigore dal 2017. Una legge pensata dal governo
precedente, ma approvata alla luce di una compagine
di governo adesso allargata.
Lo scorso 26 agosto, infatti, il neo primo ministro
Chahed - il settimo capo di governo dalla caduta di
Ben Ali - ha potuto varare il suo governo grazie non
soltanto ai voti di Nidaa Tounes, ma anche di Ennah-
da, dell’Unione patriottica libera, di Afek Tounes e del
blocco Al Horra: in termini di voti, Chahed ha così rac-
colto 167 preferenze, con cinque astensioni e 22 voti
contrari (su 194 deputati presenti). Una maggioranza
qualificata per rimettere il Paese lungo la corsia dello
sviluppo.
Chahed (a sinistra) con il capo dello Stato Essebsi
10. Africa e Affari — Pag. 10
Un nuovo codice sugli investimenti
apre le porte agli investitori privati
Approvato dal Parlamento lo scorso 17 settembre dopo mesi di discussioni, il codice
prevede la creazione di un Consiglio superiore per gli investimenti, semplificazioni,
riduzione del carico fiscale per i progetti infrastrutturali, una tassazione unica al 15%.
— di Céline Camoin
— Riforme
Il Parlamento tunisino ha adottato lo scor-
so settembre il nuovo codice sugli investi-
menti, un documento voluto per aiutare
a rilanciare l’economia locale facilitando
l’accesso al mercato tunisino agli investitori
internazionali.
L’Assemblea dei rappresentanti del popolo
(il Parlamento di Tunisi) ha adottato il testo
sabato 17 settembre con 114 voti a favore,
14 astensioni e 4 contrari, a circa due mesi
dalla grande conferenza internazionale sugli
investimenti convocata il 29 e 30 novembre.
Le riforme introdotte dal nuovo codice pre-
vedono tra l’altro la creazione di un Con-
siglio superiore per gli investimenti, una
semplificazione delle pratiche amministra-
tive, una riduzione dei tempi per le forma-
lità, una riduzione delle tasse per i grandi
progetti di infrastrutture, una tassazione
unica al 15% per tutte le aziende installate
in Tunisia ad eccezione del settore delle te-
lecomunicazioni, o ancora facilitazioni per
il trasferimento all’estero del capitale delle
aziende che vanno a operare nel Paese. Agli
investitori stranieri sarà anche consentito
possedere beni immobiliari.
Il mercato tunisino ha perso attrattiva a
partire dalla rivoluzione del 2011, seguita
da un periodo di instabilità politica e di vio-
lenze, inclusi gravi attentati attribuiti al ter-
rorismo internazionale.
Alcune parti del codice rispondono alle ri-
chieste dei creditori, in particolare il Fondo
monetario internazionale, in cambio del so-
stegno al governo di Tunisi per far ripartire
la crescita economica.
La stesura del codice è stata lunga e oggetto
di molte controversie. Nato inizialmente an-
che prima della caduta del presidente Zine
el Abidine Ben Ali, il progetto di codice è
stato contestato da una parte dell’opposi-
zione perché considerato eccessivamente
liberale. Il codice sugli investimenti entrerà
in vigore il 1° gennaio 2017.
11. Focus — Pag. 11
La sicurezza
determinante
Elisa Salazar, direttrice di Ice
a Tunisi: cresce la fiducia
dopo le tragedie del 2015
— Ice
“Speriamo che sia un testo che vada incon-
tro alle aspettative”: questo l’auspicio di
Elisa Salazar, direttrice dell’ufficio tunisino
di Ice, l’Agenzia per la promozione all’este-
ro e l’internazionalizzazione delle imprese
italiane, incontrata nel suo ufficio di Tunisi
lo scorso settempre. “L’approvazione del
codice - spiega Salazar - è stata travagliata
e molti interlocutori locali, tra cui la no-
stra camera di commercio italo-tunisina,
si sono attivati per cercare di fare pressio-
ne per ottenere cambiamenti. Se la Tunisia
vuole proporsi come meta d’investimenti
deve avere una normativa favorevole, men-
tre quello che era venuto fuori inizialmente
non sembrava esattamente così”.
In questo momento secondo Salazar, al di
là degli aspetti burocratici, per gli investi-
tori “la remora maggiore è la sicurezza. La
Tunisia deve dare la sensazione di essere
un Paese sicuro. Il governo si è attrezzato
per presidiare meglio il territorio, le forze
di sicurezza si sono mosse, hanno imposto
provvedimenti che hanno consentito di agi-
re contro possibili atti di terrorismo o sem-
plici atti di vandalismo. In realtà non molti
imprenditori hanno abbandonato, la mag-
gior parte degli italiani ha deciso di rimane-
re, e dopo un periodo di relativa tranquilli-
tà la fiducia potrà tornare pienamente”.
Secondo i dati Ice, l’interscambio della
Tunisia è prevalentemente realizzato con i
Paesi dell’Unione Europea che nel 2015, in
termini di importazioni, hanno pesato per
il 55,7% mentre nelle esportazioni circa il
75%. Per Paese, l’interscambio è dominato
dalla Francia con una quota del 17,80% del
totale delle importazioni tunisine, seguita
dall’Italia con il 14,9% e, in terza posizione
con l’8,4%, dalla Cina, che ha scavalcato
la Germania, quarta con il 7,3% (ma terza
destinazione dell’export tunisino).
Le esportazioni della Tunisia verso l’Italia
sono state di 5093,6 milioni di dinari tuni-
sini (circa 2291,8 milioni di euro) con un
saldo a favore dell’Italia pari a 817 milioni
di dinari (circa 367,6 milioni di euro).
Energia eolica e solare
per il futuro della Tunisia
Uno dei cinque pilastri del Piano Tunisia 2020 è attinente alla
Green economy ovvero a uno sviluppo declinato in chiave so-
stenibile in tutte le sue componenti a partire da quelle energe-
tiche. Secondo uno studio elaborato da Laure Detoc, strategy
energy analyst di RES4Med - associazione che riunisce imprese,
istituti di ricerca e università impegnate nella promozione delle
energie rinnovabili nei Paesi del Mediterraneo orientale e meri-
dionale ma che di recente ha lanciato anche un programma per
l’Africa subsahariana - la Tunisia ha grandi potenzialità per lo
sviluppo di eolico e solare, che se sviluppate possono consen-
tire al Paese di raggiungere gli obiettivi in tal senso posti per i
prossimi 15 anni.
Nel 2013, la Tunisia aveva una capacità installata di 243 MW
di energia dall’eolico e 66 MW dall’idroelettrico. Ma è la com-
binazione sole-vento che dovrebbe riservare le sorprese migliori
a fronte però di un’espansione della rete nazionale, in particola-
re a partire dal 2020. Fino ad allora l’attuale rete è in grado di
assorbire nuovi progetti, ma fra cinque anni servirà espanderla
ed è anche per questo motivo che la Tunisia ha cominciato a
pensare a un nuovo cavo di connessione con l’Italia.
Per il prossimo futuro - si legge nel documento di RES4Med
che ‘Africa e Affari’ ha potuto leggere in anticipo e che sarà
presentato alla Conferenza di Tunisi di fine novembre - la Steg
(la Società tunisina dell’elettricità e del gas) ha già pianificato
lo sviluppo di 300 MW di energia eolica e di 60 MW di ener-
gia solare. Tuttavia, la Tunisia spera che i progetti finanziati
da investitori stranieri giochino un ruolo importante in questo
particolare ambito.
Proprio per attrarre investimenti dall’estero, il governo ha fi-
nalizzato il nuovo quadro legale all’interno del quale si muo-
veranno gli investitori. L’ultimo gradino da superare riguarda
l’elaborazione di una tariffa energetica per i progetti sulle fonti
rinnovabili.
L’obiettivo fissato da tempo è raggiungere con le rinnovabili
una quota del 30% della produzione energetica nazionale entro
il 2030.
12. Africa e Affari — Pag. 12
La Tunisia ripartirà anche con l’Italia
per una crescita inclusiva
‘Africa e Affari’ ha incontrato l’ex ministro dello Sviluppo economico, uno dei ‘padri’
del codice sugli investimenti. Secondo Brahim Italia e Tunisia hanno davanti grandi
spazi di cooperazione in più settori, favoriti anche da vicinanza geografica e culturale.
— di Gianfranco Belgrano
— Intervista / Yassine Brahim
La legge sugli investimenti appro-
vata dal Parlamento è stato uno dei
progetti su cui si è impegnato l’ex
ministro dello Sviluppo, dell’Investi-
mento e della Cooperazione interna-
zionale Yassine Brahim. “Per capire
fino in fondo questa nuova legge - ci
dice a margine della manifestazione
Blue Sea Land ospitata di recente a
Mazara del Vallo - dobbiamo par-
tire dalla situazione odierna di par-
tenza, con un codice di incentivi per
gli investimenti del 1993, pertanto
invecchiato, emendato a più ripre-
se, con 130 decreti relativi... in altre
parole diventato illeggibile. Da qui
uno dei primi obiettivi nella defini-
zione di una nuova legge consisteva
nel semplificare e chiarire, tenendo
conto soprattutto dell’evoluzione
dell’economia tunisina nell’ultimo
ventennio”.
Presidente del partito Afek Tounes
(di tendenza social liberale), Brahim
ha lasciato da agosto il suo incarico
alla guida del ministero, ma il suo
partito è comunque rimasto all’in-
terno della coalizione che sostiene
il governo di Youssef Chahed. Di
fatto è considerato uno dei padri di
questa legge che da gennaio regole-
rà gli investimenti in Tunisia.
Presidente, in Tunisia il 40% degli
investimenti è ancora oggi rappre-
sentato dallo Stato o da aziende
pubbliche…
È vero e fino a poco tempo fa - so-
prattutto negli ultimi anni dell’era
Ben Ali - il nostro Paese era anche
sottoposto a una cleptocrazia al-
quanto chiusa in termini di concor-
renza. Per cui, uno dei vettori prin-
cipali di questa nuova legge è di fa-
cilitare l’accesso al mercato, incenti-
vando la competizione tra operatori
privati tunisini, ma anche stranieri,
in tutti i settori in cui la Tunisia è
aperta all’estero. Per questo motivo,
abbiamo ridotto il numero dei per-
messi necessari per poter esercitare
tale o tal’altra attività in modo da
consentire agli investimenti la mas-
sima libertà.
Abbiamo anche concesso diritti e
adeguato le nostre leggi in termini
di norme anticoncorrenza, di leggi
di apertura, di procedimenti arbi-
trali presso istanze internazionali
per gli stranieri.
Allo stesso tempo nel campo del
trasferimento tecnologico sono sta-
te massimizzate le possibilità per
assumere stranieri da parte delle
imprese, in particolare a livello diri-
genziale, al fine di facilitare il trasfe-
rimento delle tecnologie e spingere
la Tunisia verso un profilo di hub
economico e non di un’economia a
basso costo per gli investitori.
Dopo quelli dell’accesso al mercato
e dei diritti e libertà, il terzo pilastro
della legge riguarda gli incentivi e la
gestione degli investimenti.
Nella fattispecie, la legge prevede
un’istanza che si impegnerà - io la
chiamo ‘unità di guerra contro la
burocrazia’ - a eliminare più au-
torizzazioni possibili e nel caso di
un’autorizzazione obbligatoria, im-
partire un preciso tempo di risposta.
Quest’istanza fungerà da garante
per gli investitori: se un’amministra-
zione non rilascia l’autorizzazione
entro il limite previsto, l’esito viene
considerato positivo e il richiedente
è legittimato a inoltrarsi nella prassi
successiva.
Altri obiettivi?
Il secondo obiettivo associato agli
incentivi è - come in Italia o in tutta
Europa nelle regioni più svantag-
giate - di incoraggiare gli investitori
ad andare incontro alle regioni più
arretrate. In Tunisia, 7 milioni degli
11 milioni di abitanti vivono nelle
zone costiere mentre le regioni più
svantaggiate sono quelle occidentali
e meridionali, cioè quelle più lon-
tane dal mare. Da un lato, lo Stato
investe nello sviluppo delle infra-
strutture, dell’elettricità, della logi-
stica per collegare i porti con strade
e ferrovie migliori - anche perché le
coste cominciano a risentire dell’im-
patto ambientale - e attrae dall’al-
tro gli investimenti nell’entroterra e
13. Focus — Pag. 13
nel sud del Paese così da generare
lavoro direttamente in quelle regio-
ni perché lo sviluppo locale si riveli
più veloce di quello delle zone co-
stiere ma soprattutto si colmi un
gap abissale. Altro elemento fonda-
mentale è l’innovazione. La Tunisia
si inserisce nella globalizzazione e la
sua economia deve essere competiti-
va. Alcune industrie tunisine comin-
ciano a dimostrarsi molto avanzate
nel campo tecnologico, farmaceuti-
co, o anche biotecnologico. Voglia-
mo incoraggiare queste industrie e
questi servizi. Le filiere economiche
saranno incentivate dalla nuova leg-
ge. Se le risorse naturali disponibili,
sia la pietra che i prodotti agricoli a
seconda delle regioni, saranno svi-
luppate in loco, lo Stato interverrà
attraverso incentivi.
Infine, la formazione: lo Stato sarà
presente in materia di soft-skills,
formazione dei dirigenti o forma-
zione dei giovani.
Quali saranno i passi che concreta-
mente verranno attuati dal governo
e i suoi tempi per rendere operativa
la legge?
La legge è stata votata il 17 settem-
bre scorso. Siccome il Parlamento
aveva impiegato troppo tempo per
adottarla - era stata sottoposta a
ottobre del 2015 - avevamo già
preparato i decreti di applicazione,
i quali sono pronti. Tutta la proce-
dura legale c’è e il codice entrerà in
vigore in quanto legge a partire dal
1° gennaio. Naturalmente, abbiamo
inserito articoli di transizione affin-
ché gli individui che hanno investito
ora possano avvalersi degli stessi
vantaggi. Dopo di ché, a partire dal
1° gennaio 2017, ogni investimento
verrà effettuato ai sensi della nuova
legge.
Sta di fatto che tutte le istanze di go-
verno previste saranno gradualmen-
te istituite, dopo l’assunzione del
personale richiesto e l’impostazione
dei diversi uffici nelle regioni. È sta-
to preparato un piano triennale in
modo da fornire la massima garan-
zia agli investitori.
In partenza, la legge sarà avviata in
modo più o meno centralizzato nei
grandi distretti, poi si diffonderà
nelle 24 regioni della Tunisia.
L’Italia è attualmente il secondo
partner commerciale della Tunisia,
dopo la Francia. Ci sono almeno
800 imprese italiane che operano in
Tunisia. Questa legge potrà aprire
strade nuove per una presenza più
forte dell’Italia?
Questo è l’obiettivo ricercato. Cre-
do che l’Italia possa fare molto di
più oggi con la Tunisia e viceversa.
Con la sua vicinanza geografica, l’I-
talia è il secondo partner della Tu-
nisia. Inoltre, l’Italia è un Paese più
decentrato rispetto alla Francia. La
Tunisia era una colonia della Fran-
cia, pertanto è naturale che essa sia
ad oggi il primo partner, anche per
inerzia della storia. Ma con l’Italia
molto più decentrata e la Tunisia
avviata in un processo di decentra-
mento abbastanza forte, nasce una
vera opportunità per fare ancora di
più tra la Tunisia e l’Italia.
Questa stessa prossimità si tradur-
rà sul piano economico, in quanto
il futuro in economia sono gli spazi
comunitari, l’artigianato, la piccola
industria, la specificità locale. Le
tendenze sono anche questo e non
necessariamente le grandi industrie
o le grandi specialità.
Con la tecnologia diventa facile
esportare la creatività locale global-
mente e se esiste per di più un vero
legame storico - ed esistono profon-
di legami storici per esempio tra la
Sicilia e alcune regioni della Tunisia
- il legame economico può farsi an-
cora più forte.
Quali possono essere secondo lei i
settori nei quali l’Italia può collabo-
rare di più con la Tunisia?
Ci sono una moltitudine di settori
per l’Italia. Sul piano agricolo, la
Tunisia deve recuperare il suo ri-
tardo, c’è molto da fare. Anche se
ambiamo all’autosufficienza ali-
mentare, rientriamo più nel campo
di un’agricoltura sociale che di un’e-
conomia. Invece la Sicilia ha com-
piuto molti progressi in campo agri-
colo nell’ultimo ventennio. Quando
parlo di agricoltura, intendo la terra
ma anche la gestione di uffici, tutta
la tecnologia intorno alla gestione
delle risorse. Certo la Tunisia è più
sviluppata rispetto ad altri Paesi
africani, ma ha anche fatto passi in-
dietro nel corso dello scorso decen-
nio a causa della mancanza di mezzi
e innovazioni.
Poi il campo dell’energia non è af-
fatto da sottovalutare. L’agricoltura
italiana ha sviluppato processi di
riutilizzo dei rifiuti, mentre la Tuni-
sia è molto indietro, e anche in quel
campo, con le tecnologie e l’inno-
vazione, ci sarà una quantità di op-
portunità di investimenti in Tunisia,
sia per le biomasse che per le energie
rinnovabili. Qui si assiste allo svi-
luppo dell’eolico e del solare mentre
la Tunisia ha appena iniziato. Solo
il 3% della nostra energia proviene
dalle rinnovabili. Con l’obiettivo
che ci siamo posti di raggiungere il
12% entro il 2020 e il 30% entro il
2030, le opportunità saranno tante
per le imprese che sceglieranno di
impiantarsi in Tunisia.
Poi c’è sia in Francia che in Italia
tutto quel che rientra nel campo
dell’artigianato, della specificità lo-
cale. L’Italia è conosciuta nel mon-
do intero per questo aspetto ed è in
quest’ottica che diventa interessan-
te la prossimità inter-città e inte-
regione. Anche la Tunisia possiede
un’infinità di specificità e una parte
di storia in comune. Ma seppur nu-
merosi, i nostri creatori non com-
mercializzano bene i loro prodotti.
Non dimentichiamo poi l’industria:
siamo un Paese con 11 milioni di
abitanti e con delle esigenze, così
come nell’ambito delle esportazioni,
e soprattutto nelle regioni dell’en-
troterra dove ci sono delle zone of-
fshore interamente defiscalizzate, in
cui lo Stato si fa carico di tante spe-
se sia per il tessile che per i prodotti
farmaceutici e tecnologici.
Le opportunità possono nascere dai
giovani. Bisogna ricordare che se
l’età media in Italia è di 44 anni, in
Tunisia è di 31 anni. Questa gioven-
tù rappresenta un forte potenziale
capace di rivelarsi produttivo anche
per un’area più vasta del mercato
tunisino in quei settori.
Al di là di questo, nei settori del tu-
rismo e dei servizi, la Tunisia può
ormai avvalersi della presenza e
della competenza di catene interna-
zionali che operano nel Paese ormai
da qualche tempo. Stiamo passando
a un turismo di lusso più lucrativo,
con un valore aggiunto maggiore.
Infine c’è la filiera marittima, tutto
quel che gira intorno al mare.
Sul piano agricolo
si deve recuperare
un grosso ritardo
14. Africa e Affari — Pag. 14
Tunisia 2020,
ecco la road map
Appuntamento il 29 e 30 novembre a Tunisi
dove si terrà una Conferenza internazionale
sugli investimenti legati ai grandi progetti.
— Piani di sviluppo
Un piano di sviluppo sociale ed
economico inclusivo e sostenibi-
le, da costruire con il contributo
della comunità internazionale:
questa è la base di riferimento
del Piano di sviluppo 2016-2020
che sarà al centro di una Confe-
renza internazionale in program-
ma a Tunisi il 29 e 30 novembre.
Il piano, usando le parole dei
promotori dell’iniziativa - tra
cui l’investment banking Arjil & Associes, la tunisina Comete En-
gineering e la Africa Communication Events - intende migliorare
l’attrattività dell’economia tunisina e rafforzare il ruolo del settore
privato nella crescita economica del Paese.
Scopi che il governo tunisino si prefigge di raggiungere con una
serie di riforme strutturali (alcune già avviate) e con una raccolta
di 60 miliardi di dollari. All’interno di questa cifra, 25 miliardi
saranno destinati a progetti di società statali o a partecipazione
pubblica. Obiettivo finale è quello di una crescita che proceda a
un ritmo del 4% all’anno con la contemporanea creazione di 400
mila posti di lavoro.
Cinque sono i pilastri individuati per il piano già denominato Tu-
nisia 2020: buon governo, riforma della pubblica amministrazione
e misure anticorruzione; transizione da un Paese low-cost a un hub
economico; sviluppo umano e inclusione sociale; raggiungimento
di ambizioni regionali; la green economy quale pilastro dello svi-
luppo sostenibile. Il piano prevede la realizzazione di un centinaio
di progetti che saranno per lo più indirizzati da un punto di vista
finanziario attraverso public-private partnership (Ppp).
Il roadshow
a Milano
“Passati cinque anni (dalla caduta dell’ex
presidente Ben Ali, ndr) la Tunisia ha
completato la sua transizione politica.
Non è stato semplice ma oggi sentiamo
il profumo della libertà ed è bellissimo.
Adesso però che la transizione politica è
conclusa, dobbiamo avviare un parallelo
processo economico e il Paese è pronto
ad accogliere investimenti stranieri”:
davanti a una platea composta essenzial-
mente di imprese, lo scorso 20 ottobre a
Milano, il nuovo ministro tunisino dello
Sviluppo, dell’Investimento e della Co-
operazione Mohamed Fadhel Abdelkefi
ha portato il messaggio del suo Paese in
casa di quello che è il secondo partner
commerciale per un invito diretto alle
imprese italiane a partecipare alla Con-
ferenza di fine novembre.
L’appuntamento di Milano, nella Sala
Pirelli del Palazzo delle Stelline, non ha
deluso i rappresentanti tunisini che già
erano stati a Washington e in altre ca-
pitali europee per un roadshow che do-
vrebbe poi concludersi con un’ultima
tappa in Medio Oriente. Soddisfazione
è stata espressa dal ministro, dal presi-
dente di Utica (la Confindustria tunisi-
na) Chakib Nouira, e da Mourad Fradi,
commissario generale della conferenza.
Parlando in italiano - così come Nouira e
il nuovo ambasciatore di Tunisi a Roma
Moez Sinaoui - Fradi ha sottolineato
l’importanza di avere più imprese italia-
ne in Tunisia e ha criticato un approccio
mediatico che è costato molto al suo Pa-
ese in termini di immagine e a fronte di
una realtà diversa da quella reale.
Info sulla conferenza e sul Piano Tunisia
2020: www.tunisia2020.com
Ambasciatore Sinaoui: “C’è una percezione del mio Paese da cambiare”
Da pochi giorni insediatosi nella rappresentanza diplomatica di Tunisi a Roma, Moez Sinaoui pronuncia il
suo primo discorso pubblico da ambasciatore a Milano, in occasione del Roadshow dedicato alla Confe-
renza di novembre.
Lo fa nella capitale economica italiana e questo è quanto meno simbolico di quello che potrebbe essere
il passo della Tunisia con l’Italia nei prossimi anni. La Tunisia chiede investimenti, vuole più Italia benché
l’Italia sia già il secondo partner commerciale subito dopo la Francia.
“C’è una percezione del mio Paese da cambiare - dice alla platea partendo da un aneddoto - vogliamo
far passare il messaggio di una Tunisia come luogo sicuro e in movimento. Non è stata una sfida facile,
tuttavia il mio Paese ha avuto la saggezza di scegliere la via della concertazione. Purtroppo gli attentati
del 2015 ci hanno danneggiato, ma da allora sono stati fatti molti sforzi contro terrorismo e reti criminali”.
“La Tunisia - ha detto ancora l’ambasciatore - è oggi un modello politico-sociale per il Medio Oriente e per
l’Africa, stiamo lavorando perché diventi anche modello di sviluppo economico. Per raggiungere questo
obiettivo ci siamo dotati di un nuovo codice per gli investimenti e in Parlamento è in discussione un pro-
getto di legge sull’economia”.
15. Focus — Pag. 15
“Discriminazione positiva”,
sarà questa la chiave di sviluppo
Secondo l’Agenzia per la promozione degli investimenti esteri, nei prossimi 10 anni
le istituzioni tunisine concentreranno l’80% degli investimenti pubblici nelle regioni
più disagiate per abbassare il divario esistente e trainare così il mercato occupazionale.
— di Céline Camoin
— Fipa / Beligh Ben Soltane
Basato su un approccio partecipativo, il nuovo piano di
sviluppo tunisino 2016-2020 mira a trovare soluzioni
alle due principali difficoltà riscontrate dalla Tunisia
da tanto tempo: la disoccupazione, che colpisce il 15%
della popolazione attiva, in particolare i giovani diplo-
mati e laureati, e il divario nello sviluppo tra le diverse
regioni della Tunisia.
A spiegare nei dettagli le componenti di questo piano
di sviluppo è stato Beligh Ben Soltane, Direttore mar-
keting internazionale della Fipa, l’Agenzia per la pro-
mozione degli investimenti esteri, incontrato da ‘Africa
e Affari’ presso la sede della Fipa nel moderno quartie-
re del Centro Urbano Nord della capitale, Tunisi.
“La base del piano è il concetto della ‘discriminazio-
ne positiva’ nei prossimi anni: circa l’80% delle risorse
del bilancio dello Stato saranno dedicate alle regioni
più svantaggiate” spiega Ben Soltane, precisando che
la strategia è articolata attorno a cinque assi principali.
“Il primo consiste nell’instaurare la trasparenza nella
gestione degli affari pubblici e lottare contro la corru-
zione, che costituiva un freno allo sviluppo”. In ognuna
delle regioni svantaggiate sono stati ascoltati i respon-
sabili locali e sono stati individuati progetti precisi.
Dirigenti amministrativi, imprenditori, società civile,
popolazione, la maratona delle trattative ha coinvolto
tutti per giungere a un consenso.
Il secondo asse, spiega Ben Soltane, consiste nel “cam-
biare l’immagine e la percezione della Tunisia per quan-
to riguarda il suo modello di sviluppo. Vista dall’ester-
no, la Tunisia è essenzialmente un Paese turistico, e
negli ultimi tempi è anche descritto dai media come
un Paese ‘esportatore di terroristi’. Dobbiamo ribaltare
questi schemi”. Altra percezione da cambiare, quella
che vede la Tunisia come Paese in cui le imprese euro-
pee possono venire per sfruttare la manodopera, arric-
chendosi sulle spalle dei tunisini.“Vogliamo migliorare
la qualità nella catena di produzione. La qualità tuni-
sina - sottolinea l’esponente della Fipa - è molto rico-
nosciuta in Africa e godiamo di un capitale di simpatia
considerevole nella regione subsahariana”.
Il terzo asse è quello che aiuterà le aziende tunisine a
internazionalizzarsi: sostenerle sul piano logistico, fi-
nanziario, assicurativo, amministrativo e condividere le
esperienze positive, in tutti i settori.
Il quarto riguarda l’aiuto alle regioni per concretizza-
re le ambizioni di sviluppo, cominciando da un inve-
stimento pubblico. “Dobbiamo dare il massimo alle
regioni più svantaggiate, almeno per i cinque o dieci
prossimi anni” sostiene ancora Ben Soltane.
Il quinto e ultimo asse è quello che riguarda l’economia
verde: “l’ambiente tunisino si sta degradando, è stato
trascurato, e per questo dobbiamo fare molti sforzi e
incoraggiare alcuni settori in questo senso”.
Beligh Ben Soltane / InfoAfrica
A Milano l’ufficio italiano della Fipa
Far conoscere meglio la Tunisia e organizzare
programmi di visita molto specifici per le im-
prese. Questo uno dei compiti più significativi
assunti dall’ufficio di Milano della Fipa. “Siamo
a Milano dal 1991 - dice Zied Lahbib, direttore
della rappresentanza in Italia della Fipa - e ogni
anno portiamo una ventina di aziende italiane
in Tunisia. I settori che più degli altri attraggono
in questo momento le aziende italiane sono l’a-
groindustria, il tessile, il calzaturiero, l’automoti-
ve, l’aeronautica”. La Fipa di Milano ha sede in
via Maurizio Gonzaga, 5: tel. 02.809297, e-mail
fipa.milan@investintunisia.it
16. Africa e Affari — Pag. 16
Una sofferenza che dura da troppo
per resort turistici e hotel di lusso
Prima la rivoluzione e la fase di instabilità poi gli attentati, hanno inferto
un duro colpo all’industria dell’ospitalità. Il direttore del Carthage Thalasso Resort
esprime una posizione comune a molti operatori ma crede in una prossima ripresa.
— di Céline Camoin
— Turismo
Albelwahib Khechini è il direttore com-
merciale del Carthage Thalasso Resort,
uno dei più lussuosi alberghi della costa di
Cartagine-La Marsa, a due passi da Tunisi.
Costruito su 2000 m2
, l’hotel dispone di
236 camere, di un centro di talassoterapia
- il Maya Thalasso - e di 12 sale congres-
suali, motivo per cui è molto apprezzato
dalla clientela d’affari.
Nel corso di una visita del complesso a
5 stelle, Khechini risponde ad alcune do-
mande sulle difficoltà riscontrate dal set-
tore alberghiero e turistico in generale, già
motore dell’economia, insieme all’agricol-
tura, e primaria fonte occupazionale.
Direttore, come stanno andando le attività
al Carthage Thalasso Resort?
Negli ultimi cinque anni il settore del turi-
smo ha registrato un calo importante legato
soprattutto al mercato europeo. Abbiamo
perso molti visitatori a causa degli attentati
di Sousse e del museo del Bardo. Ma a par-
te gli attentati, ci ha danneggiato molto la
copertura mediatica che è stata fatta degli
eventi. Abbiamo sofferto tanto, non solo
per la drammaticità di quanto è avvenuto,
ma anche per la maniera con cui queste vi-
cende sono state enfatizzate a oltranza dai
media. Purtroppo il messaggio che arriva al
grande pubblico non è quello dei turisti che
Un’immagine del Carthage Thalasso Resort / InfoAfrica
17. soggiornano qui e si trovano bene all’inter-
no delle nostre strutture, ma è quello della
violenza e del rischio attentati.
Riceve visitatori italiani? Ed europei?
Gli italiani sono totalmente assenti, ma ci
auguriamo, con i progressi in atto dal pun-
to di vista della sicurezza, di riallacciare i
rapporti con i tour operator italiani, fran-
cesi, inglesi. La Tunisia è molto vicina e la
porta è aperta per i turisti italiani, la sicu-
rezza c’è e possono venire a visitare e a in-
vestire senza problemi.
Le nostre autorità hanno un ruolo impor-
tante da giocare in questa partita, dobbia-
mo essere in grado di dimostrare all’Unione
Europea e alle ambasciate presenti qui sul
posto, che le condizioni sono di nuovo buo-
ne per il ritorno dei turisti.
Una stagione salvata dai russi e dalla vicina Algeria
Algerini e russi hanno salvato ‘a sorpresa’ la stagione turistica della Tunisia con una
presenza massiccia che ha reso meno pesanti le assenze di italiani e francesi. Se-
condo dati forniti dal ministero delle Finanze, alla fine del mese di agosto di quest’an-
no le entrate del settore turistico sono ammontate a 1,594 miliardi di dinari, in calo di
216 milioni rispetto al 2015 e di 712,4 milioni rispetto al 2014. Ad abbassarsi è stato
anche il dato sulla media delle notti trascorse in hotel dai turisti (-16,5%) e il numero
degli ingressi (-1,6%)
Nonostante il calo, la situazione sarebbe stata peggiore se mezzo milione di russi
(rispetto ai 46 mila dell’anno precedente) non avesse deciso di scegliere la Tunisia
come meta delle proprie vacanze e se il numero delle presenze algerine non fosse
salito del 35%. In calo invece le presenze dai più tradizionali mercati europei: note-
vole quello registrato per l’Inghilterra (-92,3%), significativo quello di italiani (-21,4%),
tedeschi (-52,6%) e francesi (-23,8%).
Per il prossimo anno le stime correnti suggeriscono che la situazione dovrebbe mi-
gliorare anche grazie a un incremento nell’afflusso dei tunisini residenti all’estero.
L’estate del 2016, fortunatamente, ha visto
nuovi arrivi, una grande mano, infatti, ci è
stata data dal turismo algerino che in qual-
che modo ha salvato la situazione.
Cosa sta facendo il governo per sostenervi?
Il governo è presente e cerca di garantir-
ci sicurezza e stabilità. Siamo un albergo
d’affari, che riceve molti eventi, molti or-
ganizzati da ong internazionali. Oggi stesso
abbiamo un congresso organizzato dalle
Nazioni Unite (il 21 settembre 2016, ndr),
e questo è un buon segnale, a testimonianza
che la sicurezza è presente.
Dallo scorso maggio comunque abbiamo
notato un netto miglioramento: se il 2016
si concluderà senza particolari problemi, il
2017 dovrebbe essere l’anno della ripresa
per il comparto turistico.
Sidi Bou Said, vicino Tunisi / InfoAfrica
Focus — Pag. 17
18. Africa e Affari — Pag. 18
L
a storia della Germanetti Transport Internatio-
nal comincia nel 1927 a Bra con il trasporto di
due merci essenziali per le aziende e la gente del
tempo, il carbone e il sale. Dopo il consolida-
mento in Piemonte e in Italia, i primi mezzi della ditta a
conduzione familiare sbarcano sulle coste nordafricane
nel 1930, dando inizio alle attività oltre confine.
Circa quindici anni fa, la Germanetti decide di investire
in maniera massiccia in Tunisia, operando una svolta
che ha portato l’azienda a diventare leader sul posto
nel proprio settore e a fare della Tunisia la propria prin-
cipale base all’estero.
“La Tunisia è un trampolino di lancio per qualsiasi
azienda. Le porte sono ancora aperte per della sana
competizione, della sana concorrenza” dice un convin-
to Francesco Germanetti, che ‘Africa e Affari’ incontra
negli uffici della Germanetti Tunisie Srl. La filiale locale
del gruppo, di cui Germanetti è amministratore unico,
ha a disposizione un’area di 15.000 m2
di superficie
nella zona industriale di Rades, il porto commerciale
di Tunisi, vicino al ponte che collega la zona nord della
Tunisia alle principali autostrade verso il sud.
La scelta di investire in Tunisia è stata determinata da
fattori significativi per qualsiasi azienda desiderosa di
tentare l’esperienza dell’internazionalizzazione: “È ser-
vita benissimo rispetto ad altri Paesi del bacino Me-
diterraneo - spiega Germanetti - e con la svalutazione
del dinaro tunisino il peso della manodopera, peraltro
qualificata ed efficiente, è molto interessante. Fatti due
conti, non so quanto sia conveniente delocalizzare in
Bangladesh o in Cina o in India… Prendendo l’esem-
pio della moda, qui si può trovare la rapidità di cui il
settore ha bisogno. La merce che si carica il venerdì, si
spedisce il sabato e il lunedì siamo in consegna su tutta
la Tunisia. È anche molto interessante per le aziende
esportatrici la possibilità di lavorare sotto dogana”.
A chi teme che l’investimento in Tunisia sia rischioso a
causa dei problemi di sicurezza verificatisi nel passato
recente, Germanetti risponde raccontando la propria
esperienza: “Soprattutto uno è stato il problema che
abbiamo avuto con la rivoluzione, il 14 gennaio del
2011: quel giorno, che ha segnato la caduta del gover-
no di Ben Ali, è stata attaccata la zona industriale, ed
essendo la prima azienda che si trovava sulla strada, i
nostri magazzini sono stati attaccati per primi”. I più
— di Céline Camoin
facinorosi - ricorda il dirigente - hanno rubato molte
cose, tra cui i computer ma non sono stati toccati né
server né centralino: “Volevano incendiare tutto, c’era-
no migliaia di persone qui all’interno. Ma finito quello,
è finito tutto. In pochi giorni ci siamo rimessi all’opera,
lavorando nel cortile. Siamo stati attaccati il venerdì e
il martedì siamo ripartiti con 40 export. Ci siamo rim-
boccati le maniche, grazie a tutto il personale e abbia-
mo ripreso le attività. Tra la concorrenza qualcuno ci
dava già in ginocchio, ma questo ci ha dato una grande
forza per fare in fretta ed essere più competitivi”.
Quanto al popolo tunisino, “non ha nulla a che vede-
re con gli attentati subiti, anzi li condanna fortemente,
essendo lontani anni luce dalla voglia di crescere, di
andare avanti, di cercare di crearsi una collocazione,
un futuro nel Mediterraneo” sostiene ancora Francesco
Germanetti. Dopo la cacciata del precedente regime è
nata la democrazia, lasciando spazio inizialmente a un
periodo di lassismo e di eccessiva libertà. “Poi hanno
tirato il freno a mano, hanno chiuso determinate por-
te aperte e sono andati avanti. Ora c’è sicurezza, sono
presenti molti poliziotti per vigilare e fare in modo che
tutto funzioni” osserva l’amministratore.
Con circa 400 dipendenti complessivi, tra l’Italia e le
sedi all’estero, la Germanetti fa parte delle 800 aziende
italiane stabilmente impiantate in Tunisia. Il prossimo
obiettivo è la ripresa delle operazioni anche con la Li-
bia, fino a sei mesi fa servita proprio attraverso la sede
tunisina.
Francesco Germanetti / InfoAfrica
Dal Piemonte alle coste nordafricane,
una storia cominciata 90 anni fa
I primi mezzi della Germanetti Transport International sono sbarcati in Nord Africa
nel 1930: oggi l’azienda italiana è leader nel proprio settore e gestisce un’area
di 15mila m2
nella zona industriale di Rades, il porto commerciale della capitale.
— Storie / Germanetti
20. Africa e Affari — Pag. 20
La Tunisia vista dalla residenza
dell’Ambasciatore italiano, Rai-
mondo de Cardona, è un Paese
che sta stringendo i denti per risol-
levarsi, ma è anche un Paese che
resta un importante partner com-
merciale dell’Italia e con il quale il
governo di Roma si sta impegnan-
do a collaborare in questa fase di
sviluppo e di transizione.
Ambasciatore, qual è lo stato attua-
le delle relazioni bilaterali tra l’Italia
e la Tunisia?
L’Italia è il secondo partner com-
merciale e direi in generale il secon-
do partner della Tunisia. Guardan-
do ai dati numerici, noi abbiamo
un interscambio di circa 5 miliardi
e mezzo l’anno, cioè il 16% dell’in-
terscambio tunisino; la Francia è al
22% e la Germania all’11% circa.
La nostra collocazione nel grande
panorama della partnership com-
merciale costituita dall’Unione Eu-
ropea - con l’Ue si forma l’80%
dell’interscambio tunisino - figura
stabilmente al secondo posto, anche
per quanto riguarda gli investimen-
ti. Sono presenti società e aziende
con impianti produttivi, con un’at-
tività ampia e articolata in molti
settori, a partire dal manifatturiero,
poiché la Tunisia è tradizionalmente
una base manifatturiera.
Il collocamento dell’Italia è variato
negli ultimi cinque anni, dalla rivo-
luzione del 2011 fino ai vari atten-
tati terroristici subiti dalla Tunisia?
Relativizzando e mettendoci a con-
fronto con gli altri partner concor-
renti, direi di no. In senso assoluto
invece direi di sì, perché le attività
commerciali ed economiche si sono
senza dubbio contratte subito dopo
la caduta del regime di Ben Ali. La
transizione ha comportato inevita-
bilmente una difficoltà nel far girare
la macchina amministrativa e quin-
di l’economia in generale del Paese.
Se parliamo di investitori italiani,
questi sono rimasti. I numeri delle
presenze stabili in Tunisia sono più
o meno gli stessi di cinque anni fa.
Calcoliamo circa 800 società a ca-
pitale italiano, di cui alcune con im-
pianti produttivi, altre sono società
di servizi. Si stima che tra 50.000 e
60.000 tunisini lavorino per queste
società, che danno pertanto un con-
tributo importante all’occupazione.
Certamente, fino alla transizione il
Paese cresceva tra il 4 e il 6% l’an-
no, dopo la transizione per vari mo-
tivi, tra cui gli attacchi terroristici
che hanno provocato il crollo del
turismo, l’economia è molto rallen-
tata. Non è entrata in recessione nel
2015 solo grazie al grande contri-
buto dell’agricoltura, che è andata
molto bene. Ora ci troviamo davan-
ti a un’economia in affanno, il go-
verno del neo primo ministro Yous-
sef Chahed ha messo in cima alle
priorità il rilancio dell’economia e
noi siamo al fianco della Tunisia in
questa importante sfida.
Come si sta preparando l’Italia alla
grande Conferenza sugli investi-
menti che si terrà il 29 e 30 novem-
bre 2016 a Tunisi?
Siamo al fianco della Tunisia
in questa fase della sua storia
L’ambasciatore italiano a Tunisi ricorda le difficoltà attraversate dal Paese e sottolinea
l’impegno dell’Italia e il contributo del governo di Roma in termini economici
e di sostegno politico. Per gli imprenditori un messaggio: da qui la Libia è più vicina.
— di Céline Camoin
— Intervista / Raimondo de Cardona
Raimondo de Cardona, nella foto al centro
21. Focus — Pag. 21
Siamo al fianco della Tunisia in que-
sta operazione. Il sottosegretario di
StatoVincenzoAmendola è stato qui
il 5 e 6 settembre, ed è stato il pri-
mo rappresentante di governo stra-
niero a far visita al nuovo governo
Chahed. Ha assicurato il forte im-
pegno dell’Italia a sostenere la con-
ferenza. Ci proponiamo da un lato
di reperire risorse supplementari da
destinare alla Tunisia - abbiamo già
un pacchetto di cooperazione su-
periore ai 300 milioni di euro, ma
vorremmo incrementarlo - e dall’al-
tro di stimolare il comparto privato
nazionale affinché grandi aziende
interessate all’internazionalizzazio-
ne siano pronte a venire e a parte-
cipare alla conferenza di novembre.
I tunisini auspicano di coinvolgere
1200-1400 aziende straniere. Sono
numeri ambiziosi e noi siamo pronti
a fare la nostra parte per dare un
contributo importante.
Pensando agli imprenditori italiani,
cosa offre la Tunisia rispetto ad altri
mercati?
Consiglierei agli imprenditori di ve-
nire qui in Tunisia e dedicare il tem-
po necessario a un approfondimen-
to vero. La Tunisia viene presentata
dai media internazionali e non solo
italiani come un Paese problemati-
co per via delle vicende attraversate,
soprattutto l’anno scorso. La logica
contemporanea dei media fa sì che
l’evento clamoroso occupi più spa-
zio di tutto il resto.
La Tunisia è molto vicina, a un’ora
da Roma, un’ora e mezza da Mila-
no, è ben collegata. È opportuno poi
analizzare a fondo i nuovi provvedi-
menti normativi, che sono estrema-
mente favorevoli agli investimenti
esteri, e prendere contatto con gli
uffici istituzionali, con il cosiddetto
Sistema Italia, che qui è in grado di
fornire tutte le informazioni neces-
sarie. Il governo Chahed ha iniziato
il proprio mandato con una politica
dinamica, mirata all’introduzione di
riforme incisive, che, ne sono con-
vinto, agevoleranno più che in pas-
sato le aziende straniere.
I tunisini vedono di buon occhio
una maggiore presenza di investi-
menti stranieri?
Il governo Chahed sta dando pro-
va di grande coraggio in questo
senso. È consapevole della necessi-
tà di aprire la Tunisia alle aziende
straniere. La protezione di interessi
di parte, localizzati, non può essere
una strategia vincente nel lungo ter-
mine. Se ne rendono conto, il Paese è
in difficoltà, le tensioni sociali sono
in aumento, tutto questo rischia di
produrre una situazione ingestibile.
L’investimento straniero deve essere
riproposto in una chiave ancora più
favorevole che in passato.
Quali sono i settori in cui il Made in
Italy trova più spazio?
Il settore manifatturiero è uno dei
più significativi, ricordiamo per
esempio che la Benetton ha in Tuni-
sia la sua principale base di produ-
zione. Ma i settori interessanti sono
un po’ tutti: le costruzioni, l’agricol-
tura, il commercio, l’energia.
La Tunisia è poi un’importante
porta d’accesso verso altri mercati
nordafricani. Se i prossimi sviluppi
in Libia lo consentiranno, si potrà
avere accesso al mercato libico, che
promette molto bene per l’avvenire.
Le grandi commesse che si vanno
profilando in Libia potrebbero in-
dubbiamente essere favorite da una
triangolazione con la Tunisia.
C’è spazio sia per le Pmi che per le
grandi imprese?
La Tunisia rappresenta una base
produttiva molto interessante, ha
una prevalenza di piccole e medie
imprese nazionali, per una serie di
caratteristiche, tra cui la legge sulle
società offshore e per certi versi la
vicinanza, e quindi la facilità di con-
tatto, con l’Italia. C’è ovviamente
spazio anche per le grandi aziende,
come nel caso di Eni, presente qui
da oltre 60 anni e in fase di espan-
sione verso il sud del Paese. Todini,
Ansaldo e Colacem sono altri nomi
di grandi aziende italiane stabilmen-
te presenti qui in Tunisia.
Cosa direbbe per rassicurare chi si
fa condizionare un po’ troppo dai
media nei confronti della Tunisia e
per questo motivo rinuncia magari
a venire?
È un Paese estremamente tranquil-
lo, in cui purtroppo in due occasioni
nel 2015 ci siamo svegliati improv-
visamente accorgendoci che i turisti
erano sotto attacco. È stato un trau-
ma per tutti noi che abbiamo vis-
suto quelle giornate drammatiche
ed è stato un trauma per i tunisini,
caratterialmente miti e accoglienti.
Chiunque viene qui se ne accorge
subito, non è un Paese in cui si av-
vertono tensioni, è un Paese con una
società serena.
Trovarsi trascinati nel dramma del
terrorismo è un fatto traumatizzan-
te. Ma non lo si avverte certo nel-
la vita quotidiana. Oggi si avverte
piuttosto una maggiore consape-
volezza dell’importanza di battere
questo fenomeno, tradottasi anche
nell’impegno delle forze di sicurezza
che nell’ultimo anno hanno ottenu-
to considerevoli risultati.
Le imprese italiane
danno lavoro
a 60 mila persone
Paese tranquillo
purtroppo colpito
in due occasioni
A Gammarth l’Italia
dell’economia del mare
Si è svolta con un grande
successo di pubblico e sod-
disfazione degli operatori in-
tervenuti la prima edizione
dello Yacht Med Festival Blue
Tunisia Lazio International, te-
nutosi tra il 12 e il 17 ottobre
scorsi nella Marina del porto di
Gammarth, in Tunisia.
A darne notizia è la Regione
Lazio, ricordando che la mani-
festazione è nata su iniziativa
del sistema produttivo laziale,
nell’ambito delle politiche di in-
ternazionalizzazione adottate
dalla stessa Regione e attuate
da Lazio Innova.
Alla manifestazione erano
presenti le principali realtà
tunisine e italiane legate all’e-
conomia del mare: Utap, Api,
Cepex, Apia, Fipa, Utica, mi-
nistero tunisino del Commer-
cio, dei Trasporti e degli Affari
locali, Camera di Commercio
tunisino-italiana, Camera di
commercio di Latina. Oltre 100
gli espositori, 40 gli stand per
le aziende laziali, centinaia gli
incontri b2b e istituzionali.
22. Africa e Affari — Pag. 22
Morsettitalia,10 anni in Tunisia:
pendolari del Mediterraneo
Morsettitalia nasce nel cuore di Milano, come società specializzata nella distribuzione di
morsetti elettrici.
Fondata nel 1972, dopo circa 10 anni, forte dell’esperienza maturata, sviluppa una sua
propria gamma di dispositivi di connessione,‘morsetti’ appunto, per quadri elettrici, com-
ponenti non molto appariscenti ma non per questo poco importanti, atti a collegare tra
loro 2 o più fili elettrici. Trascorrono più o meno 20 anni di crescita e affermazione sul
mercato italiano quando, al giro di boa del millennio, MORSETTITALIA inizia un lento
ma continuo processo di trasformazione sia organizzativa che commerciale.
“Avevamo intuito che la globalizzazione in atto ci spingeva a guardare oltre gli italici
confini: la sfida commerciale era ed è planetaria. La parola d’ordine: INTERNAZIONA-
LIZZAZIONE”.
Si apriva così per noi in quegli anni il primo sbocco internazionale negli USA, mercato non
facile ma ghiotto di Made in Italy. E gli Stati Uniti sono ancora oggi il nostro più impor-
tante mercato di riferimento.
Ma la competizione in atto, soprattutto con le tradizionali multinazionali tedesche e/o con
le new entry cinesi e turche, ci obbligava a ripensare anche il processo produttivo.
Proprio l’occasione di un confronto con un grosso concorrente cinese (confronto risolto a
cena...in perfetto stile italiano) ci dava lo spunto per ridefinire le nostre strategie e ripen-
sare il nostro lavoro.
Ristrutturata l’azienda in ‘outsourcing’, abbiamo puntato sempre più a custodire e far cre-
scere il nostro know-how, potenziando la parte tecnica, puntando ad innovare e imparare,
a mettere a frutto poi nuove idee e conoscenze, competenze e abilità, fino a depositare
numerosi brevetti.
Delocalizzare parte del processo produttivo è stato il passo successivo, logica conseguen-
za per poter competere con una concorrenza che già aveva spostato le produzioni fuori
dall’Europa e comunque poteva e può vantarsi di mirate politiche industriali nazionali tali
da mettere a chiunque… il ‘turbo’!
La Tunisia nel 2006 è stata così per noi, oltre che casuale opportunità, obiettivo strategico.
Morsettitalia nel Mediterraneo diventa così MIMED (MI nel Mediterraneo), ma anche,
letto dalla sponda opposta, Montage Industriels Méditerranéens.
Di quei primi anni nel Maghreb vorremmo ricordare soprattutto l’affascinante scoperta
del popolo tunisino sia dal punto di vista lavorativo che umano e gli emozionanti viaggi
aerei mensili in compagnia di occasionali compagni di viaggio, imprenditori e manager
italiani, coi quali condividere fatiche, successi, esperienze e sogni! E ancora, la ristruttura-
Publiredazionale
23. Focus — Pag. 23
zione dell’immobile, l’organizzazione del processo di lavora-
zione, l’elemento femminile. Tutto con uno sguardo partico-
lare alle risorse umane: uomini e donne tunisini senza i quali
non ci sarebbe stata, come di consueto, nessuna impresa!
E poi, per una prossimità umana che ha radici molto lontane
nel tempo e che unisce le genti nel Mediterraneo, l’incontro
di due culture ma di una sola umanità: “siamo tutti pesci
dello stesso mare”.
Ma ecco alcuni dati “curiosi” ma interessanti sul Mediter-
raneo, per sottolineare la vicinanza tra le due sponde, così
come noi abbiamo imparato ad osservarle e a viverle, da
entrambi i punti di vista: vicinanza logistica, culturale e stra-
tegica: 167 km di mare che non dividono…
- Sul Mediterraneo viaggiano ogni giorno 2 mila traghetti, 2
mila navi commerciali e 1.500 cargo.
- Ogni anno sul Mediterraneo passano 10 milioni di croceri-
sti e vengono movimentati 20 milioni di container.
- In superficie l’acqua del Mediterraneo si rinnova ogni 80
anni, ma ne occorrono 7 mila per un ricambio completo.
La Tunisia oggi è ovviamente cambiata, soprattutto dopo
la rivoluzione dei Gelsomini o Primavera Araba, durante la
quale non abbiamo comunque sofferto particolari problemi.
Anzi siamo stati tra quelle molte realtà dove i tunisini stessi
hanno presidiato i posti di lavoro per tutelarli e difenderli.
Tunisia è oggi un paese di circa 11 milioni di abitanti, con
moltissimi giovani ormai anche scolasticamente preparati,
alle prese con un faticoso processo di democratizzazione che
accompagna quello non meno impegnativo di sviluppo eco-
nomico. Ma la Tunisia ci sta riuscendo e ci riuscirà grazie
innanzitutto al suo popolo e, perché no, all’aiuto della co-
munità internazionale.
Freedom House, secondo il suo rapporto “Freedom in the
World 2015”, classifica la Tunisia come uno stato politi-
camente libero, unico caso nel mondo arabo! Nel 2015 il
Quartetto per il dialogo nazionale tunisino ha ricevuto il
premio Nobel per la pace per essere riuscito a trovare un
accordo tra i partiti d'opposizione e per aver redatto una
costituzione dal carattere democratico, prima costituzione
che sancisce la libertà di culto e la libertà della donna nel
mondo arabo.
E Morsettitalia oggi?
Ci piace definire Morsettitalia come una piccola multinazio-
nale mignon, con un fatturato export nel 2015 pari al 75% e
un aumento dell’occupazione in Italia di circa il 20%.
Una multinazionale tascabile dalle profonde radici Made in
Italy, con una storia e un’eredità culturale tipicamente ita-
liane, che, grazie anche alla sua componente tunisina, può
competere su tutti i mercati proponendo prodotti di qualità,
con una gamma composta oggi da 4 famiglie di prodotti,
con molte soluzioni innovative.
Morsettitalia quindi come realtà oggi con una forte voca-
zione all’innovazione e all’internazionalizzazione, ma anche
a conservare le proprie radici tipicamente italiane di eccellenza, qualità e, perché no, bel-
lezza, cercando di essere portatrice non solo di Made in Italy ma anche e soprattutto di
Brand Italia.
MORSETTITALIA SPA
Via F. Santi 13/1 - 20037 - Paderno Dugnano (MILANO)
morsettitalia@morsettitalia.com
www.morsettitaliaweb.eu
Tel. 02 9919911
Fax 02 91082022
24. Africa e Affari — Pag. 24Africa e Affari — Pag. 24
Missione ad Addis Abeba per l’Aics
con attenzione all’agricoltura
La direttrice dell’Agenzia italiana per la cooperazione ha preso parte al primo Forum
internazionale sugli investimenti nell’agroindustria organizzato da Unido. è stata
l’occasione per fare il punto sui progetti condotti dall’Italia e sui parchi industriali.
— di Michele Vollaro
— Cooperazione
È stata la prima visita a una sede estera,
quella che nella prima settimana di ottobre
ha portato la direttrice dell’Agenzia italia-
na per la cooperazione allo sviluppo (Aics)
Laura Frigenti ad Addis Abeba. Due giorni
intensi, occasione non soltanto per parte-
cipare al primo Forum internazionale sugli
investimenti nell’agro-industria promosso
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite
per lo sviluppo industriale (Unido), ma an-
che per incontrare i principali attori dello
sviluppo in Etiopia e visitare alcuni proget-
EQUILIBRI
L’intervento di Laura Frigenti ad Addis Abeba
25. Equilibri — Pag. 25
ti sviluppati con fondi della stessa Agenzia.
La visita, dopo con un saluto a tutto lo staff
dell’ufficio di Addis Abeba, è cominciata
con un incontro con il viceministro etiopico
delle Finanze e della Cooperazione econo-
mica, Ahmed Shide, che ha espresso forte
apprezzamento per il sostegno dell’Italia ai
piani di sviluppo nazionali, ed è proseguita
al complesso della Commissione economi-
ca delle Nazioni Unite per l’Africa (Une-
ca) con il Gruppo dei donatori presenti in
Etiopia, composto da 29 Paesi riuniti per
assicurare un coordinamento efficiente in
tutti i settori dello sviluppo e una copertura
capillare delle necessità della popolazione.
Frigenti è intervenuta alla sessione di aper-
tura del Forum sugli investimenti ponendo
l’accento sull’importanza di contribuire nel
settore dell’agricoltura, per il potenziamen-
to e la modernizzazione delle necessarie in-
frastrutture e per lo sviluppo della catena di
creazione del valore.
“Negli ultimi tre anni in collaborazione con
Unido e Fao - ha detto la direttrice dell’Aics
- abbiamo sostenuto il ministero dell’Indu-
stria etiopico nella realizzazione dei primi
quattro parchi agroindustriali nel Paese e
in particolare il parco agroindustriale nella
regione di Oromia. Questi quattro parchi
integrati attireranno investimenti per 700
milioni di dollari nei prossimi cinque anni:
è nostra intenzione contribuire alla prepa-
razione delle necessarie infrastrutture e allo
sviluppo della catena di creazione del valo-
re nel settore dell’agricoltura, in particolare
dei piccoli agricoltori”.
Tra i progetti visitati da Laura Frigenti nel
corso della sua missione anche la visita a
un cluster produttivo nel distretto di Yeka,
ad Addis Abeba, che riunisce 173 micro
e piccole imprese del settore della pelle e
della produzione di scarpe. Finanziato e
sostenuto dalla Cooperazione italiana, l’as-
sistenza tecnica a questo progetto si inse-
risce nel quadro di un’iniziativa promossa
dalla stessa Unido per garantire supporto
diretto alle Pmi etiopiche attive nella pro-
duzione di calzature e altri prodotti in pelle,
identificando oltre a quello di Yeka anche
altri due cluster, nei quartieri di Merkato
e Kirkos, sempre ad Addis Abeba. Dello
stesso cluster fanno anche parte le impren-
ditrici del Lomi Group, un’associazione di
10 donne che producono prodotti in pelle
e accessori che erano esposti alla Fashion
Week svoltasi proprio in quei giorni nella
capitale etiopica. Nel corso della sua mis-
sione la direttrice dell’Aics ha anche incon-
trato i rappresentanti delle organizzazioni
non governative italiane presenti nel Paese
e che collaborano direttamente con l’ufficio
di Addis Abeba.
In quest’occasione, le ong hanno illustrato
le attività svolte, sottolineando i successi
ottenuti e le criticità riscontrate, in un col-
loquio in cui è stata data particolare rile-
vanza alla collaborazione con il governo sia
a livello locale sia regionale.
I primi quattro parchi
attrarranno investimenti
per circa 700 milioni
Stato d’emergenza in Etiopia
Il governo di Addis Abeba ha dichiarato lo
scorso 9 ottobre lo stato d’emergenza per
una durata di sei mesi per far fronte a un’on-
data di proteste antigovernative nelle regioni
di Oromia e Amhara. Tra le misure previste
figurano restrizioni al movimento dei diplo-
matici, coprifuoco notturno nei pressi delle
principali istituzioni economiche come par-
chi industriali e centrali elettriche, maggiori
poteri alle forze di sicurezza e limitazioni
alle manifestazioni pubbliche. Lo stato d’e-
mergenza definisce fuori legge qualunque
riunione e manifestazione tenuta senza per-
messi e concede alle forze di sicurezza il di-
ritto di detenere e perquisire sospetti senza
alcun ordine preventivo della magistratura.
Le misure prese dal governo seguono una
serie di manifestazioni che hanno interes-
sato in particolare oromo e amhara, le due
principali etnie dell’Etiopia, durante alcune
delle quali sono stati registrati scontri e re-
pressioni cruente da parte delle forze di si-
curezza con un numero imprecisato di morti.
Uno dei progetti finanziati dall’Italia / InfoAfrica
26. Africa e Affari — Pag. 26
Ifattidiottobre2016
Rwanda
GIBUTI
GABON
REP.
CENTRAFRICANA
costa
d'avorio
CAPO
VERDE
ExministrodegliEsteri
FranckEmmanuelIssoze
Ngondetformanuovo
governo
Combattimentinelnord,
decinelevittimeprima
dell’interventodeicaschiblu
Rimpastodigovernodopo
allargamentomaggioranza
presidenziale
Estesopertremesilo
statod’emergenzanel
SinaidelNord
Attacchiesabotaggi
nellaregionemeridionale
delPool
Elezioniparlamentari:riaffer-
mazioneperilpartitodelprimo
ministrouscenteBenkirane
Referendumper
adottaremodifiche
costituzionali
Tensionetraexribelli
tuaregegovernosu
composizioneAutorità
ditransizionenelnord
PresidenteFonseca
rielettoalprimoturno
capodelloStato
REP.
CONGO
niger
EGITTO
MAROCCO
MALI
2
2
Parzialerimpastodi
governo,accorpati
alcunidicasterie
soppressialtri
IlGiapponevuole
espanderelapro-
priabasemilitare,
apertanel2011
KENYA
etiopia
Dispiegamentodi
truppealconfinecon
laSomaliaperaumen-
taresorveglianza
Dichiaratolostatod’e-
mergenzaperseimesi
28. Africa e Affari — Pag. 28
In Etiopia per il primo viaggio all’estero dall’inizio del suo mandato, la direttrice
dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo sottolinea gli spazi di manovra
garantiti dalla riforma e utili a impostare un lavoro più programmatico e di visione.
— di Michele Vollaro
Una cooperazione strutturata
è il modello che vogliamo seguire
— Intervista / Laura Frigenti
‘Africa e Affari’ ha incontrato la di-
rettrice dell’Agenzia italiana per la
Cooperazione allo sviluppo, Laura
Frigenti, a margine del Forum inter-
nazionale sugli investimenti nell’a-
gro-industria di Addis Abeba.
Direttrice, perché l’Etiopia come
sua prima missione all’estero?
L’Etiopia è tra i Paesi prioritari dove
l’Italia ha uno dei suoi programmi
più importanti. Tra tutti i Paesi è
quello dove forse nel corso degli
anni siamo riusciti a strutturare
meglio il nostro programma, arti-
colandolo sulla base di negoziati
con le autorità locali. È un modello
che vorremmo espandere anche ad
altri Paesi, invece di continuare con
una programmazione basata solo
sull’anno in corso. Grazie alla rifor-
ma della cooperazione ora possia-
mo operare su un quadro triennale,
cosa che prima invece era difficile
avendo contezza soltanto delle allo-
cazioni date per l’esercizio fiscale in
corso.
Su quali linee si svilupperà il pro-
gramma dell’Aics in Etiopia per il
prossimo triennio?
Seguirà sicuramente le priorità del
programma di sviluppo del governo
e manterrà la tradizione di interven-
ti che da anni portiamo avanti e che
sono stati più volte valutati come
positivi. Sarà una combinazione tra
interventi per migliorare gli indi-
catori sociali di base e progetti per
diversificare i comparti produttivi e
sostenere il processo di crescita. Le
autorità etiopiche esprimono co-
stantemente l’ambizione di passare
in un tempo molto rapido dall’esse-
re un Paese a basso reddito a uno a
medio reddito. Abbiamo visto mo-
delli di urbanizzazione rapida che
hanno creato gravi problemi nell’ac-
cesso ai servizi sociali e nel garantire
sviluppo sostenibile e uso bilanciato
delle risorse. È un tema che non ri-
guarda solo l’Etiopia ma tutti i Paesi
che cercano di accelerare il loro pro-
cesso di industrializzazione. Bisogna
trovare modelli che sviluppino le
aree rurali, non soltanto dal punto
di vista della produttività. Oggi tutti
vogliono andare via dalle aree rurali
non solo perché hanno redditi più
bassi, ma perché non hanno servi-
zi degni di tale nome, non ci sono
29. Equilibri — Pag. 29
opportunità e in fondo neanche la
possibilità di una vita sociale. Il mo-
dello dei parchi agroindustriali di
cui abbiamo parlato qui al Forum
va in questa direzione. Crea oppor-
tunità e al tempo stesso guarda a
tutta l’area delle piccole città e delle
zone rurali. Si tratta di un aspetto
importante per la sostenibilità gene-
rale, soprattutto in regioni con tassi
di crescita così alti.
Come può collaborare l’Agenzia
agli sforzi del governo per la trasfor-
mazione industriale?
Esiste una complementarietà tra i
settori che il governo ha identificato
come elementi del processo di cre-
scita e settori in cui il nostro Paese
è leader globale. Agribusiness, pel-
lame, calzature e tessile hanno tutti
contribuito alla reputazione dell’I-
talia nel mondo. Possiamo fare mol-
to per favorire il trasferimento di
tecnologie e creare incentivi per gli
imprenditori italiani affinché effetti-
vamente si sentano attratti a venire
a lavorare in Etiopia. Come Agen-
zia vogliamo anche creare un tavolo
dove tutti i vari segmenti del Paese
interessati a lavorare con l’Etiopia
possano confluire in un quadro di
sviluppo più organico.
Torna il tema della collaborazione
tra settore profit e settore non profit
nell’ambito della cooperazione.
La grande novità della legge 125
è che si passa da un concetto anni
Ottanta di un Paese donatore e di
un Paese beneficiario a uno scambio
di rapporti tra due sistemi, quello di
un Paese industrializzato e quello di
un Paese emergente. In Italia ades-
so questo sistema è fatto da tantis-
sime iniziative, ciascuna scollegata
dalle altre. Va bene, ma c’è bisogno
di un raccordo tra le varie inizia-
tive. All’Agenzia è affidato questo
ruolo di coordinamento, che non
è assolutamente prescrittivo ma ha
piuttosto come obiettivo quello di
stabilire momenti di raccordo e for-
se anche offrire degli incentivi per
lavorare insieme.
Può farmi un esempio?
Parliamo dell’energia, che è il setto-
re sul quale siamo più avanti. Ab-
biamo creato una piattaforma di
lavoro in cui c’è una grande società
partecipata come Enel Green Power,
tante società più piccole che sono
parte della filiera, gli organismi non
governativi che lavorano già nel
settore dell’energia in tanti Paesi in
via di sviluppo, due università come
il Politecnico di Milano e il Politec-
nico di Torino e infine l’Agenzia.
Abbiamo pensato di lavorare in-
sieme e proporre così ad altri Paesi
un modello di Sistema Italia, pre-
sentando un prodotto più coerente,
dove ognuno non se ne andasse per
conto proprio. Vogliamo replicare
questo approccio anche in altri set-
tori. Questa è un’opportunità che la
riforma ci dà per valorizzare le tan-
te singole iniziative che già esistono
e che accorpate possono creare un
modello più coerente e sinergico.
Il memorandum d’intesa firmato
qui ad Addis Abeba con Adf e Bei
(vedi box) è anche questo un esem-
pio dello stesso modello?
Le due cose non si escludono ma
il memorandum risponde a un’esi-
genza diversa. In questi ultimi anni
ci sono state gravi emergenze che
hanno per ragioni assolutamente
giuste sottratto risorse già scarse
dall’agenda sviluppo. In una si-
tuazione di scarsezza di risorse a
livello globale è importantissimo
che i vari donatori si coordinino
per massimizzare l’impatto delle
risorse. Dobbiamo però ottimizza-
re le risorse, non solo da un pun-
to di vista finanziario, ma anche di
armonizzazione delle procedure. È
imperativo cercare di vedere se pos-
siamo avere un impatto maggio-
Un memorandum per il Wash Program
Prevede un finanziamento comune di 81,4 milioni di euro il memorandum fir-
mato ad Addis Abeba dalla direttrice dell’Aics Laura Frigenti con l’Agenzia
francese di sviluppo (Afd) e la Banca europea per gli investimenti (Bei) per
un programma di sostegno allo sviluppo delle infrastrutture idriche e sanitarie
nelle piccole e medie città in Etiopia (Wash Program). In particolare, l’intesa
stanzia 75 milioni di euro in prestiti a tasso agevolato per la realizzazione di
infrastrutture per la gestione delle risorse idriche e donazioni a fondo perdu-
to per 6,4 milioni di euro per finanziare programmi di capacity-building per i
funzionari del Wrdf del ministero dell’Acqua di Addis Abeba e per i dipendenti
degli Uffici dell’Acqua delle amministrazioni regionali etiopiche e delle compa-
gnie idriche comunali coinvolte nel progetto.
re spendendo meno. D’altra parte
spesso ci sono duplicazioni. Diventa
molto importante cercare di capire
a livello macro, tutti insieme, come
possiamo effettivamente ottimizza-
re l’uso delle risorse e questo si fa
lavorando insieme. Credo che ci sia
un modo per lavorare insieme e il
memorandum firmato qui ad Addis
Abeba è un passo avanti in questa
direzione: uniformiamo le procedu-
re, mettiamo insieme i finanziamenti
e cerchiamo di vedere se insieme c’è
spazio per fare di più.
Vorrei chiudere sul tema delle mi-
grazioni, che è al centro delle agende
politiche a nord e sud del Mediterra-
neo: cosa può fare la Cooperazione?
Ovviamente premettendo che tutto
quello che riguarda la gestione dei
migranti una volta che essi raggiun-
gono il nostro territorio nazionale
è una competenza che esula asso-
lutamente dalla Cooperazione, noi
riteniamo - e forse essendo italiani
ed essendo un Paese di migranti lo
capiamo meglio di altri - che le per-
sone partono dal loro posto di origi-
ne perché costrette, perché non rie-
scono a sopravvivere e non riescono
a sostenere la famiglia, perché non
ci sono opportunità. Non si parte
tanto per partire, forse qualcuno lo
farà per andare all’avventura ma la
stragrande maggioranza parte in ra-
gione dei bisogni. Ora noi crediamo
che questa agenda Jobs and Oppor-
tunity (che come Cooperazione ita-
liana mettiamo al centro della no-
stra azione in tutti i Paesi in cui ope-
riamo) sia una risposta esattamente
a questo. Vediamo la Cooperazione
proprio come un motore per questo
processo di creazione: lavorare con
i governi degli altri Paesi per creare
opportunità economiche, di svilup-
po e crescita professionale.
Siamo il raccordo
di tante iniziative
adesso scollegate
30. Africa e Affari — Pag. 30
Blue Sea Land, un’Expo nel segno
del dialogo e della Blue economy
Successo di partecipazione e di qualità per la quinta edizione di Blue Sea Land,
la manifestazione dedicata alla Blue economy e organizzata dal Distretto della Pesca
di Mazara del Vallo. Nella cittadina siciliana si è parlato di affari ma anche di pace.
— di Giuseppe Taibi
— Africa/Italia
Si è conclusa con un invito alla pace, la 5a
edizione di
Blue Sea Land, manifestazione dedicata alla Blue Eco-
nomy e organizzata dal Distretto della Pesca di Mazara
del Vallo. Dal 5 al 9 ottobre scorso, nella cittadina sici-
liana si sono alternati sette ministri, due vicepresidenti
di parlamenti, 31 ambasciatori di Paesi del Mediterra-
neo, Africa e Medio Oriente; e ancora tre assessori re-
gionali; 24 sindaci, tre presidenti di Camere di commer-
cio, 27 direttori generali, oltre 350 imprese che hanno
svolto 1500 incontri b2b. Oltre centomila i visitatori.
“L’obiettivo di Blue Sea Land è di aggregare i popoli e
di farli dialogare - ha dichiarato Giovanni Tumbiolo,
presidente del Distretto della Pesca e della Crescita Blu
- e la Casbah di Mazara del Vallo, ove convivono pacifi-
camente maghrebini, slavi e italiani, è il luogo ideale dal
quale lanciare un messaggio di pace e di fratellanza”.
Dialogo, partnership, confronto costruttivo anche di
fronte a temi delicati e importanti sono stati al centro
delle riflessioni delle delegazioni diplomatiche dei Paesi
africani che sono intervenute a Mazara del Vallo.
“Spero che la collaborazione con gli italiani funzioni,
la nostra intenzione è lavorare assieme ai vostri im-
prenditori: siamo pronti e interessati a ricevere gli in-
vestimenti del vostro Paese”, ha detto Cecilia Obono
Ndong, ambasciatore della Guinea a Roma, lanciando
un messaggio agli imprenditori italiani e manifestando
l’interesse del governo della Guinea ad attrarre nuovi
investimenti.
Anche gli altri diplomatici africani, intervenuti a un fo-
rum moderato dal direttore editoriale di ‘Africa e Af-
fari’ Gianfranco Belgrano, hanno espresso l’intenzione
dei propri Paesi a intessere una serie di relazioni com-
merciali con gli operatori economici dello Stivale. E la
chiave del rinnovato sviluppo dell’Africa sono la Blue e
la Green economy.
Agricoltura e sicurezza alimentare sono i settori sui
quali si potrà investire in Uganda, secondo quanto af-
fermato dalla rappresentante di Kampala Mumtaz Kas-
sam: “La nostra è una terra straordinaria, che possiede
grosse quantità di acqua, il cui pil è tra i più alti del
continente. L’economia si basa sull’agricoltura, ma è
anche ricca di petrolio e risorse naturali. Abbiamo un
grosso potenziale rappresentato dall’acquacoltura. Un
settore sul quale potrebbe instaurarsi la collaborazione
con l’Italia”.
Acquacoltura strategica nella crescita delle relazioni
commerciali con l’Europa pure per il console generale
del Sudafrica Titti Nuxamalo: “Il nostro governo sta in-
vestendo milioni di dollari per le infrastrutture a soste-
gno della pesca, nel trasporto marittimo e nello svilup-
po dei porti. Questo porterà alla creazione di migliaia
di posti di lavoro”.
Tra le sfide del futuro per il continente africano vi è
la prevista crescita demografica, come sottolineato dal
vice capo missione del governo sudanese a Roma El-
Ghazali: “La popolazione africana raddoppierà entro il
2050. Bisognerà investire sull’agricoltura. D’altronde il
nostro Paese ha un potenziale immenso, grazie all’enor-
mità di terre incolte e di risorse idriche sia sotterranee
che fluviali”.
I Paesi partner di questa quinta edizione di Blue Sea
Land erano Marocco e Guinea Equatoriale. “Nel Medi-
terraneo - ha detto l’ambasciatore marocchino a Roma,
Hassan Abouyoub - non sono tanti gli spazi del gene-
re per dare speranza al dialogo. Solidarietà e umanità
sono ancora elementi vivi a Mazara del Vallo, come a
Lampedusa, e sono l’esempio più bello dell’Europa. La
sfida è quella di condividere saggezza e voglia per supe-
rare insieme minacce alla stabilità e alla sicurezza”.
31. Equilibri — Pag. 31
Un nuovo presidente per Assafrica,
con Ottati l’esperienza di VueTel
Il presidente di VueTel Italia è stato eletto nuovo presidente di Confindustria Assafrica
e ha già chiare le direttrici su cui intende muoversi nei prossimi due anni: un asse
strategico con la Tunisia, un partenariato tecnologico con Israele, poi Iran e Africa.
— Intervista / Giovanni Ottati
Una grande esperienza di Africa, sia nel nord che nell’a-
rea subsahariana, dove la sua azienda VueTel Italia ha
costruito la propria fortuna in pochissimi anni: è questa
la dote che il neo eletto presidente di Assafrica e Me-
diterraneo, Giovanni Ottati, porterà all’associazione di
Confindustria, che accompagna e affianca le aziende
interessate ai mercati di Africa e Medio Oriente.
Presidente, lei conosce bene il continente e i limiti,
sia italiani che africani, con cui un’impresa si scontra
quando sceglie tali mercati. Arriverà questa esperienza
nella nuova gestione di Assafrica?
Proprio grazie alle mie esperienze, essendo l’area molto
diversificata e complessa, ho cercato di sintetizzare gli
scenari di riferimento internazionali, perché oggi non
puoi ragionare su un’area senza avere una visione a
360 gradi. Così ho identificato quattro linee di svilup-
po strategico per il sistema dei soci di Assafrica.
La prima linea di sviluppo riguarda la costruzione di
un asse strategico con la Tunisia. Credo che l’Italia
debba arrivare a costruire con la Tunisia un’integra-
zione industriale, commerciale, infrastrutturale forte
come quella che c’è con la Francia. Pensare a un asse
strategico e allo sviluppo di un’integrazione fortissima
con la Tunisia significa pensare a fare delle ‘autostra-
de’ che leghino la Tunisia all’Italia, a cominciare dalla
Sicilia. Quando parlo di ‘autostrade’ intendo creare le
condizioni perché le vie di comunicazione logistiche,
dei trasporti, delle comunicazioni siano fortemente svi-
luppate e integrate. Significa coinvolgere intorno a que-
sto tavolo, tutte le imprese che operano nel campo dei
servizi strategici: elettricità, telecomunicazioni, costru-
zioni, infrastrutture, ma anche tessile e agroalimentare.
Il secondo punto di sviluppo della mia presidenza sarà
quello per la costruzione di partenariati tecnologici con
Israele. Noi abbiamo un’impresa manifatturiera che ha
bisogno di evolversi dal punto di vista delle tecnolo-
gie utilizzate, che ha bisogno di introdurre processi di
automazione, di automatizzare i processi produttivi,
di migliorare le performance. In questo contesto pro-
— di Massimo Zaurrini