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6 Mercoledì 4 Maggio 2011
COMMENTI &ANALISI
NEL RAMO RC AUTO
LOTTA A COLPI DI RINCARI
PER LA SOPRAVVIVENZA
Nell’intervistarilasciataaE MilanoFinanza
del23aprile,EnricoTommasoCucchiani,il
manageritalianocuiilcolossotedescoAllianzha
affidatoresponsabilitàinareemondiali,imputava
allariformaBersanilacolpadelfattochealle
compagnieitalianedaalcunianniicontinon
torninopiù.Econcludevacheperdarelorola
possibilitàdirisollevarsieranecessariocambiare
metodo.Èilpensierochegiàunpaiod’anni
primaerastatoespressodall’exnumerounodi
FonSai,FaustoMarchionni,ilqualefacevanotare
chenelramoRc(Responsabilitàcivile)autola
conseguenzadell’introduzionedelbonus/malus
famiglia,checonsentel’applicazioneatuttele
vetturefacenticapoalnucleofamiliaredella
migliorclassedibonus/malusdelcapofamiglia,
stavaavendoripercussioniassaipesantisulconto
economicodellecompagnieitaliane.Selecose
incasaFonSaihannocominciatoadandaremale
negliultimiannilosideveinqualchemisura
ancheallariformaBersani(nelcasospecifico
insiemeaun’altranonbreveseriedifattori),cheha
sollevatoicostidelle
polizzeavantaggio
degliautomobilisti
mahagravatonon
pocosuibilancidelle
compagnie.Chi
scrivepuòportareuna
piccolatestimonianza
dicomealcune
compagniecerchino
diturarelafalla
apertaneiloroconto
dallaBersani.Conin
manounpreventivodipolizzastilatoonlineincui
dichiaravodinonessermiavvalsoditalelegge
(ritenevosifacesseriferimentoall’annoincorso),
hoprecisatoinseguitoall’operatoretelefonicoche
mihacontattatocheinrealtàditaleleggemiero
avvalsonel2007,annod’acquistodiunaseconda
vetturadautilizzarenell’ambitofamiliare.La
solavariazionediquestodatohaavutol’effetto
diaumentarel’importodelpremiofinalediun
buon20%,peraltrofacendogliperderel’iniziale,
apparentecompetitività.Unasituazioneallimite
delparadosso,cheperòfacapirefinoachepuntole
assicurazionisianostatemesseindifficoltàecosa
sianocostretteainventarsiperusciredall’angolo.
Nonc’eraforsedaaspettarsicheleassicurazioni
studiasserolecontromisureperevitaredilavorare
conmarginiall’ossosenoninperdita?Cosìsi
èassistito,annodopoanno,aunprogressivo
innalzarsidelletariffeassicurative.Edifronteaun
fenomenomoltoitalianocomequellodelletruffe
(particolarmenteestesoinalcuneareedelPaese)
leassicurazionistannocompiendounsistematico
passoindietro,preferendorinunciareafirmare
uncontrattoquandolecondizionidirischiosono
ritenutealquantoaldisopradallanorma.Unpaio
dinumeri:l’annoscorsolecompagniehanno
effettuatorisarcimentidannipercirca15miliardi;
diquesti,1,2miliardisonoandatiarisarcirele
piccoleinvaliditàperimportimedidiquasi4mila
euro.Lastessamedia,inFrancia,èinferioredi
unmigliaiodieuro.Inquestesettimanesiassiste
auncorogeneralizzatodiprotestedapartedei
consumatoriedeiloromovimenticontroqueste
nuovecondottedellecompagnie.Silamenta
ilfattochedifronteauncalodellasinistralità
del22%nel2010icostidellepolizzeabbiano
subitofortirincari.L’abusoèevidente,masideve
riconoscerecheinmolticasiaimporregliaumenti
èunasortadiistintodisopravvivenzadapartedi
chiafineannodevefartornareicontiavantaggio
deisoci.CheancheinItalia,inbuonamisura,
sonorappresentatidainvestitoriistituzionalie
piccolirisparmiatorichehannosceltoleazioni
assicurativeperchépiùdialtreingradodigarantire
rivalutazionedelcapitaleebuoneremunerazioni.
CONTRARIAN
A
proposito della Bce, finora si è
parlato e scritto della successione
a Jean-Claude Trichet e, poi, delle
conseguenze per il vertice della Banca
d’Italia, considerato ormai il carattere
«inarrestabile», per ripetere un’espres-
sione del presidente dell’Eurogruppo
Jean-Claude Juncker, della candidatura
diMarioDraghi.Pochihannoperòriflet-
tuto sul ruolo degli istituti in questione,
spesso confusi con organi quasi di va-
lenza politica o, nel caso della Bce, con
organismi nazionali di altro tipo. Ma, so-
prattutto, se ne è rilevato il loro carattere
di contraltare di governi e parlamenti.
Le banche centrali, in un contesto di pesi
e contrappesi costituzionali e istituzio-
nali, sono, devono essere autonome e
indipendenti perché, diversamente, la
gestione della moneta diventa funzione
del principe che la governa secondo i
propriimmediatiinteressi,inunamiscela
di commistioni e conflitti tra funzioni.
Esse traggono la loro legittimazione dai
rispettivi ordinamenti nei quali centrale
è il mandato che la legge conferisce lo-
ro. Proprio per la loro autonomia, esse
hanno il dovere di rendere conto agli or-
gani costituzionali e ai cittadini del loro
operato. Riferiscono periodicamente in
parlamento, sede della sovranità popola-
re. Si sviluppano le occasioni di rilascio
di dichiarazioni alla stampa - si veda la
recente innovazione adottata dalla Fede-
ral Reserve - proprio come uno dei modi
per rispondere all’accountability, da par-
te degli istituti in questione.
Tra le banche centrali e i governi esiste
una fisiologica discordia concors. La
convergenza negli obiettivi dovrebbe
esserepresupposta;neimezzipuòinvece
sussistereancheun’ampiadivaricazione.
Le scelte finali di politica economica ap-
partengono poi a governi e parlamenti.
Dalla politica monetaria, il cui eserci-
zio è la funzione-principe di una banca
centrale, si è poi progressivamente pas-
sati,soventenellacostituzionemateriale,
all’analisi dell’economia e della finanza,
essenziale per un corretto governo della
moneta, all’esternazione di tali analisi e
alla formulazione di proposte nell’eser-
cizio di quella funzione di fidato sogget-
to di alta consulenza agli organi costi-
tuzionali che, spesso, le banche centrali
sono andate acquisendo.
A questi compiti si aggiungono, come
nel caso della Banca d’Italia, le attribu-
zioni in materia di vigilanza bancaria e
finanziaria, di sistema dei pagamenti,
di sorveglianza dei mercati, di tesoreria
statale, eccetera. Esiste, in questo caso,
una connessione tra tutela della stabilità
monetaria e tutela della stabilità finan-
ziaria.Comeènoto,ilmandatoconferito
dal Trattato alla Bce riguarda il mante-
nimento della stabilità dei prezzi e, fatto
salvo questo obiettivo, il sostegno alle
politiche dell’Unione europea.
L’importanza delle scelte per i vertici
delle due banche centrali, quella na-
zionale e quella continentale, discende
dall’incisività del ruolo da esse svolto
e, poi, dalla debolezza degli altri organi
istituzionali, per non dire del vuoto che
spesso si determina a livello europeo in
presenza del quale, pur non volendolo in
alcun modo, la Bce è a volte costretta a
compiere una funzione di supplenza: il
che segnala l’inappropriato operare del
sistema. In Italia, in alcune aree mini-
steriali - e la cosa si ripete anche nelle
alternanze delle diverse maggioranze di
governo - è visto con una certa preoccu-
pazione il ruolo di diffusione di analisi
e ricerche che contengono dati e consi-
derazioni inoppugnabili e che, in alcune
circostanze, possono essere di conferma
della validità delle politiche seguite da-
gli esecutivi, in altre, invece, possono
togliere fondamento a queste ultime.
Sono, queste, le conseguenze dell’ap-
plicazione delle regole del gioco, come
lo è l’autonomia anche nell’esercizio
della vigilanza. Non si può immaginare
mai una banca centrale addomesticata,
essendo la reputazione e la credibilità le
risorse più preziose di una tale istituzio-
ne. Chi lo pensasse dal lato governativo
dimostrerebbe implicitamente carenze
nel proprio operare.
Se si accettassero da tutti queste
semplici ma fondamentali regole e se
ogni soggetto istituzionale facesse la
propria parte, si renderebbe normale
un’operazione pur importante, quale
la nomina del successore di Draghi se
questi, come ormai tutto lascia preve-
dere, meritatamente approderà al ver-
tice della Bce. E si capirebbe anche
che la soluzione interna a Via Nazio-
nale rappresenta la sola via giusta da
percorrere. (riproduzione riservata)
Draghihapochierediall’esternodiPalazzoKoch
di Angelo De Mattia
N
el dibattito che in questi gior-
ni intrattiene il mondo italiano
dell’aviazione rispetto al con-
tratto di programma fra Enac e Sea e
al relativo aumento delle tariffe aero-
portuali, va sgombrato il campo da un
equivoco di fondo. La grande novità, ci
si dice, della nuova struttura tariffaria
presentata da Sea a Enac, oggetto di
consultazione fra vettori, associazioni
di categoria, Aviazione civile italiana
e Società esercizio aeroportuale mi-
lanese, sarebbe il ribasso dei costi a
carico del vettore (i diritti di sosta e
atterraggio) e l’aumento dei diritti di
imbarco passeggeri. In sostanza, se-
condo i fautori di questo meccanismo,
le compagnie aeree sarebbero libere di
caricare il passeggero con aumenti che
sarebbero a livelli senza precedenti.
Poco importa la crisi di settore, che no-
nostante gli ottimisti dichiarino finita
l’anno scorso, subito dopo i ruggiti del
vulcano islandese, continua a mietere
vittime nel comparto (bancarotta, licen-
ze ritirate da Enac e società sull’orlo
della sparizione). Poco importa che il
carburante sia arrivato a 1.064 dollari
la tonnellata e pesi ormai per il 40% dei
costi interni delle compagnie.
Il salvataggio di aeroporti e aviolinee
in Italia, secondo alcuni, arriverà dalle
capienti tasche dei passeggeri italiani.
Non ce ne eravamo accorti. Non se ne
erano accorte quelle poche compagnie
fra cui Easyjet che, con 5,5 milioni di
passeggeri previsti sulla sola Malpensa
nel 2011, garantiscono mobilità a buo-
na parte del Nordovest d’Italia appli-
cando prezzi che, andando al principio
fondante del Contratto di Programma
proposto da Sea, si basano sul semplice
meccanismo dell’elasticità di domanda
e offerta. Oggi basta vedere i trend di
mercato per capire che la domanda va
stimolata, non bastonata.
Altro mito da sfatare: gli aeroporti ita-
liani sono meno cari di quelli europei.
Fosse così semplice forse gli aeroporti
di Parigi o di Copenaghen non esiste-
rebbero. In realtà gli investimenti di
un’aviolinea sono sì basati sui costi
aeroportuali, ma anche sulla capacità
di un territorio di attirare passeggeri e
generare profitti per le compagnie che
vi volano. E allora è bene ricordare che
Sea, dopo la virtuosa opera di recupero
traffico messa in piedi da un intelligen-
te cda, dopo il buco creato da Alitalia
su Malpensa nel 2008, è ancora una
creatura debole, che non ha bisogno
di forzature sulle tariffe. Moderazione,
prudenza e capacità di tornare ai livel-
li di traffico precedenti al de-hubbing
Alitalia con politiche che favoriscano
gli investimenti delle compagnie do-
vrebbero caratterizzare la programma-
zione degli aeroporti milanesi.
Non è con terze piste e investimenti
che superano la verosimile crescita del
mercato che si rilanciano gli aeropor-
ti di Milano. Servono investimenti a
basso contenuto di capitale e occorre
continuare a spingere su un sistema ae-
roportuale del Nordovest (cosa che Sea
ha compreso già qualche anno fa) che
possa fare da piattaforma efficace, per
costi e infrastrutture, alla scommessa di
Expo 2015. (riproduzione riservata)
*European procurement manager
del gruppo EasyJet
Non pesi sui passeggeri il rilancio degli aeroporti
di Vincenzo Zangrilli*
3 mag ’10 3 mag ’11
FONDIARIA SAI
quotazioni in euro
4
9
8
7
6
5
10
11
6,14 €
-1,21%
IERI
7Mercoledì 4 Maggio 2011
COMMENTI &ANALISI
S
ono passati ormai quattro anni
dall’esplosione della crisi banca-
ria più grave dell’ultimo secolo
ed è possibile tentare di fare un primo
seppur approssimativo bilancio di ciò
che è accaduto e, soprattutto, di vedere
qual è oggi la situazione delle banche
nel mondo e quali sono gli scenari che
stanno loro di fronte.
Dirò subito che, a mio avviso, la crisi
è ormai in buona parte superata. Gra-
zie ai consistenti interventi statali e
alle violente, ma positive, reazioni dei
manager delle banche, specialmente
di quelle che si sono trovate sull’orlo
del fallimento, la relativa situazione
economica, finanziaria e patrimoniale
è nettamente migliorata. Soprattutto
i grandi conglomerati finanziari, nei
quali sono confluite anche diverse
banche di investimento dissestate,
hanno ripreso slancio e stanno di-
mostrando, tra l’altro, una maggiore
attenzione ai rischi dell’attività eser-
citata, agli aspetti qualitativi e quan-
titativi delle rimunerazioni variabili
dei loro manager e anche alla desti-
nazione degli utili di bilancio.
Con questo non voglio dire che i pro-
blemi siano finiti. Mi sembra però che
essi non siano più generalizzati come
qualche anno fa, bensì siano concen-
trati su alcune aree ben definite e per
certi aspetti marginali, e comunque
non hanno dimensioni preoccupanti.
Rilevo pertanto che esistono ancora
problemi gravi nelle banche irlandesi,
nonché nelle casse di risparmio spa-
gnole e in quelle tedesche. A propo-
sito di tali istituti è forse giunta la
resa dei conti e gli organi competenti
(pubblici e privati) devono finalmente
decidere sul loro futuro assetto, con
particolare riferimento alla proprie-
tà, alle attività svolte e agli obiettivi
aziendali che ne dovrebbero conse-
guire. Una cosa è certa: non si può
più andare avanti con l’equivoco in
cui le casse spagnole e quelle tede-
sche si sono barcamenate negli ultimi
anni, divorando colossali risorse dei
governi centrali e regionali.
Permane poi il caso dell’Islanda, dove
non è ancora stato risolto il drammati-
co problema della sorte dei risparmia-
tori olandesi e inglesi che avevano affi-
dato le loro fortune alle banche locali.
Permane anche il meno drammatico,
ma non per questo meno importante,
problema di alcune banche portoghe-
si, strettamente legate alle sorti dello
Stato in cui hanno sede. Esse hanno
bisogno di nuovi fondi statali, ma il
governo aspetta a risolvere i problemi
nazionali per dirottare a loro favore
parte degli aiuti che puntualmente ar-
riveranno da Bruxelles.
In linea generale si può quindi confer-
mare che la maggior parte della crisi
delle banche è alle spalle. Ciò che non
è lo affatto sono le conseguenze della
crisi, che riguardano essenzialmente
le reazioni delle autorità politiche e
monetarie sia nei singoli Paesi che a
livello sovranazionale.
Nell’ambito delle prime cito soprat-
tutto la nuova legge bancaria, varata
ormai da quasi un anno negli Stati Uni-
ti, che tuttavia non è ancora entrata in
vigore dato che le competenti autorità
non hanno provveduto ad emanare i
relativi regolamenti attuativi. Molti
ritengono che le lobby bancarie ame-
ricane, notoriamente assai potenti, non
abbiano potuto contrastare più di tanto
l’azione del legislatore specie quando
l’immagine delle banche era compro-
messa e la fiducia del pubblico nei loro
riguardi era ai minimi storici, con un
presidente molto deciso a punirle per
aver scaricato sui contribuenti ameri-
cani le colpe di manager incapaci e per
giunta profumatamente pagati.
Ora che le cose si sono in gran parte
calmate, l’azione delle suddette lobby,
mirante a rivedere in qualche modo la
legge appena varata che introdurrebbe
troppi vincoli all’attività delle banche
americane, ha ripreso vigore e cerca
di guadagnare il tempo necessario a
ottenere regolamen-
ti attuativi che ne
attenuino la portata.
Come andrà a finire
è difficile prevede-
re. Tutto dipenderà
non solo dall’esito
del confronto di po-
tere fra banche, autorità di vigilanza
e legislatore, ma anche dall’esito del
confronto teorico fra i sostenitori della
tesi secondo la quale i rischi dell’at-
tività bancaria possano essere ridotti
da norme più severe e quelli che la
pensano esattamente in senso opposto.
Cioè che l’inasprimento dei suddetti
vincoli potrebbe indurre le banche a
prendere in un modo o nell’altro rischi
più elevati di quelli esistenti.
In una situazione simile si trova la
Gran Bretagna, dove le ire del governo
hanno portato alla costituzione di una
Indipendent commission on banking,
incaricata di progettare una nuova
legge bancaria nazionale. Tale com-
missione ha pubblicato nelle settima-
ne scorse il suo rapporto, attualmente
in fase di analisi e consultazione nel
Paese, al fine di convertirlo in seguito
eventualmente in progetto di legge e
avviare così l’iter parlamentare che po-
trebbe dare al Regno Unito una nuova
disciplina dell’attività bancaria.
Anche qui il dialogo fra i poteri è stato
intenso, così come quello teorico fra gli
specialisti. Non appena si ebbe notizia
di alcuni orientamenti della commissio-
ne, che sembrava voler scindere anche
giuridicamente l’attività bancaria com-
merciale da quella d’investimento, le
reazioni dei maggiori gruppi bancari
inglesi (a cominciare da Barclays e
Hsbc) non si sono fatte attendere e si
sono anche tradotte nella minaccia di
trasferire al di fuori del Regno Unito
la sede legale dei gruppi.
Il testo del rapporto si è quindi addol-
cito rispetto all’impostazione origina-
ria e l’insoddisfazione delle banche
(sempre contrarie a nuove regolamen-
tazioni) si è attenuata, ma anche qui
è assai difficile, per non dire impossi-
bile, prevedere come finirà. Del resto
non è neppure semplice dire quale
delle due opinioni di fondo prima ri-
cordate sia quella migliore. Personal-
mente sono sempre stato dalla parte di
coloro che ritengono che un eccesso
di regolamentazione sia dannoso e
abbia aspetti più negativi che positi-
vi. L’esperienza insegna che la forza
innovativa (che porta all’evasione o
all’elusione) delle banche è sempre
riuscita a prevalere su quella dei re-
golatori e mi sembrerebbe strano che
accadesse diversamente con le nuove
regole. Ma questa è solo una teoria e
non è detto che prevarrà.
Sullo sfondo stanno le numerose
elaborazioni di provvedimenti con
valenza internazionale
miranti a modificare
alcune norme contabi-
li cui sono sottoposte
le banche, a introdur-
re nuove procedure di
liquidazione di queste
ultime, a disciplinare i
compensi di amministratori e dirigenti
e via dicendo. Tra tali provvedimen-
ti spicca quello riguardante le nuove
norme di vigilanza prudenziale inter-
nazionale note come Basilea 3, prin-
cipale risultato dell’attività delle au-
torità monetarie sovranazionali di cui
ormai si sa quasi tutto e su cui quindi
non mi dilungo, ricordando solo che
esse avranno un impatto considerevo-
le sulla struttura e sul funzionamento
delle banche. L’affanno che molte di
esse – anche nel nostro Paese – stan-
no dimostrando nella ricerca di fondi
patrimoniali aggiuntivi ne è una ripro-
va. Ma anche se questa azione dovesse
andare a buon fine, Basilea 3 imporrà
una revisione drastica della politica di
investimento, raccolta e gestione della
liquidità delle banche.
Tutto ciò è senz’altro benvenuto sul
piano della stabilità delle banche stes-
se, ma pone una serie di altri problemi
soprattutto in materia di rapporti fra
attività bancaria e andamento dell’eco-
nomia reale, sui quali non posso qui
diffondermi ma che rappresenteran-
no importanti conseguenze della cri-
si, sulle quali tutti coloro che hanno a
cuore lo sviluppo ordinato dell’econo-
mia e della società non possono non
concentrarsi. (riproduzione riservata)
Laveraconseguenzadellacrisi?Tropperegole
di Roberto Ruozi
PROVACI ANCORATWITTER
FACEBOOK È LONTANA
Larivoluzionedelleemittentiall-newsviaE
cavofuannunciatadalleripresedellaprimaguerra
delGolfotrasmesseindirettadaCnn.Oggi,
alcuniaficionadosfesteggianolarivoluzionedel
microbloggingbasatasuitweetchehannodato
notiziadellamortediBinLadenmoltoprimadei
principalimedia.L’episodiopotràancherafforzare
lafiguradiTwitter,mailmodellodibusiness
rimanediscutibileelasocietànonmeritaancora
levalutazionimultimiliardariechecircolanosul
mercato.eMarketerstimachenel2011Twitter
negliUsaavràinmedia21milionidiutential
mese,controi133milionidiFacebook.Ilminore
bacinod’utenzasignificachefarepubblicitàsul
sitononèancoraunmustpergliinserzionisti.
Ungrossoproblemaèilfattochepermoltiutenti
dellarete,Twitterèancoraunagiungladipost
caoticiespessosenzasenso.Ciòlimitaipotenziali
guadagnidiTwitter.eMarketerhaprevistonel
2011ricavipersoli150milionididollari,controi4
miliardistimatiperFacebooknellostessoperiodo.
EilfallimentodiiniziativecomelaQuickbardi
Twitter,cheoscuravainparteifeeddegliutentisui
dispositivimobili,dimostraledifficoltàincontrate
nell’aumentareiricavi.Ilcambiodimanagement
mostrainveceiproblemiincontratidaTwitter
nelcombinarel’esperienzaoffertaagliutenticon
lafinalitàlucrativa.IlcofondatoreJackDorsey,
tornatodirecentenellasocietà,dovràsudaremolto.
DI STARBUCKS PIACE
SOLO IL CAFFÈ RISTRETTO
Il titolo Starbucks è ai massimi storici eE
tratta 25 volte gli utili stimati per l’esercizio che
chiude a settembre. Uno dei motivi della recente
impennata è il recupero del controllo sui prodotti
venduti fuori dalla sua rete di caffetterie e gestiti
in precedenza da Kraft Foods. Inoltre, un accordo
con Green Mountain Coffee Roasters (partecipata
dall’italiana Lavazza) darà a Starbucks l’esclusiva
sulle capsule K-cup, il segmento dalla crescita
più rapida nel mercato del caffè statunitense. Ma
anche con questi elementi positivi, gli investitori
hanno bisogno di stabilità presso i punti vendita
statunitensi, che rappresentano il 70% circa dei
ricavi. Nell’ultimo anno, il prezzo di riferimento
del caffè è più che raddoppiato, ma il gruppo si
è detto «molto cauto» su un aumento dei prezzi
nelle caffetterie, in antitesi rispetto a quanto
deciso per il caffè venduto nei supermercati, di cui
a marzo è stato annunciato un rincaro del 12%.
La salita del prezzo del caffè è certo una minaccia
meno grave per i punti vendita di Starbucks.
Secondo John Glass di Morgan Stanley, i costi
del caffè crudo incidono solo sul 7% del prezzo di
vendita di una tazzina, percentuale che aumenta
molto per il caffè confezionato. Pochi punti
percentuali di inflazione possono comunque
intaccare i margini.Agli investitori la settimana
scorsa Starbucks ha detto che i clienti dei punti
vendita stanno molto attenti allo scontrino.
Secondo uno studio di Morgan Stanley, il cliente
medio di Starbucks guadagna oltre 75 mila dollari
l’anno, ma il 17% della clientela resta sotto 30
mila dollari. Ciò significa che la crescita delle
vendite di caffè dipenderà molto dalla capacità di
attirare clienti, compito non facile. Starbucks ha
tentato di aumentare la clientela nei propri punti
vendita con nuovi prodotti e macchinette per
preparare il caffè, ma la tazza resta il prodotto
di punta. Le bevande coprono il 75% delle
vendite in caffetteria. Starbucks ha fatto bene
a puntare sulle capsule ma deve dimostrare
di saper gestire il rincaro del caffè senza
penalizzare clientela e margini. (© 2011 Dow
Jones & Company, Inc.All rights reserved)
Per abbonarsi a WALL STREET JOURNAL EUROPE
visitate il sito: www.wsjesubs.com
Basilea 3 imporrà seri
vincoli all’erogazione
di risorse all’economia

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  • 1. 6 Mercoledì 4 Maggio 2011 COMMENTI &ANALISI NEL RAMO RC AUTO LOTTA A COLPI DI RINCARI PER LA SOPRAVVIVENZA Nell’intervistarilasciataaE MilanoFinanza del23aprile,EnricoTommasoCucchiani,il manageritalianocuiilcolossotedescoAllianzha affidatoresponsabilitàinareemondiali,imputava allariformaBersanilacolpadelfattochealle compagnieitalianedaalcunianniicontinon torninopiù.Econcludevacheperdarelorola possibilitàdirisollevarsieranecessariocambiare metodo.Èilpensierochegiàunpaiod’anni primaerastatoespressodall’exnumerounodi FonSai,FaustoMarchionni,ilqualefacevanotare chenelramoRc(Responsabilitàcivile)autola conseguenzadell’introduzionedelbonus/malus famiglia,checonsentel’applicazioneatuttele vetturefacenticapoalnucleofamiliaredella migliorclassedibonus/malusdelcapofamiglia, stavaavendoripercussioniassaipesantisulconto economicodellecompagnieitaliane.Selecose incasaFonSaihannocominciatoadandaremale negliultimiannilosideveinqualchemisura ancheallariformaBersani(nelcasospecifico insiemeaun’altranonbreveseriedifattori),cheha sollevatoicostidelle polizzeavantaggio degliautomobilisti mahagravatonon pocosuibilancidelle compagnie.Chi scrivepuòportareuna piccolatestimonianza dicomealcune compagniecerchino diturarelafalla apertaneiloroconto dallaBersani.Conin manounpreventivodipolizzastilatoonlineincui dichiaravodinonessermiavvalsoditalelegge (ritenevosifacesseriferimentoall’annoincorso), hoprecisatoinseguitoall’operatoretelefonicoche mihacontattatocheinrealtàditaleleggemiero avvalsonel2007,annod’acquistodiunaseconda vetturadautilizzarenell’ambitofamiliare.La solavariazionediquestodatohaavutol’effetto diaumentarel’importodelpremiofinalediun buon20%,peraltrofacendogliperderel’iniziale, apparentecompetitività.Unasituazioneallimite delparadosso,cheperòfacapirefinoachepuntole assicurazionisianostatemesseindifficoltàecosa sianocostretteainventarsiperusciredall’angolo. Nonc’eraforsedaaspettarsicheleassicurazioni studiasserolecontromisureperevitaredilavorare conmarginiall’ossosenoninperdita?Cosìsi èassistito,annodopoanno,aunprogressivo innalzarsidelletariffeassicurative.Edifronteaun fenomenomoltoitalianocomequellodelletruffe (particolarmenteestesoinalcuneareedelPaese) leassicurazionistannocompiendounsistematico passoindietro,preferendorinunciareafirmare uncontrattoquandolecondizionidirischiosono ritenutealquantoaldisopradallanorma.Unpaio dinumeri:l’annoscorsolecompagniehanno effettuatorisarcimentidannipercirca15miliardi; diquesti,1,2miliardisonoandatiarisarcirele piccoleinvaliditàperimportimedidiquasi4mila euro.Lastessamedia,inFrancia,èinferioredi unmigliaiodieuro.Inquestesettimanesiassiste auncorogeneralizzatodiprotestedapartedei consumatoriedeiloromovimenticontroqueste nuovecondottedellecompagnie.Silamenta ilfattochedifronteauncalodellasinistralità del22%nel2010icostidellepolizzeabbiano subitofortirincari.L’abusoèevidente,masideve riconoscerecheinmolticasiaimporregliaumenti èunasortadiistintodisopravvivenzadapartedi chiafineannodevefartornareicontiavantaggio deisoci.CheancheinItalia,inbuonamisura, sonorappresentatidainvestitoriistituzionalie piccolirisparmiatorichehannosceltoleazioni assicurativeperchépiùdialtreingradodigarantire rivalutazionedelcapitaleebuoneremunerazioni. CONTRARIAN A proposito della Bce, finora si è parlato e scritto della successione a Jean-Claude Trichet e, poi, delle conseguenze per il vertice della Banca d’Italia, considerato ormai il carattere «inarrestabile», per ripetere un’espres- sione del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, della candidatura diMarioDraghi.Pochihannoperòriflet- tuto sul ruolo degli istituti in questione, spesso confusi con organi quasi di va- lenza politica o, nel caso della Bce, con organismi nazionali di altro tipo. Ma, so- prattutto, se ne è rilevato il loro carattere di contraltare di governi e parlamenti. Le banche centrali, in un contesto di pesi e contrappesi costituzionali e istituzio- nali, sono, devono essere autonome e indipendenti perché, diversamente, la gestione della moneta diventa funzione del principe che la governa secondo i propriimmediatiinteressi,inunamiscela di commistioni e conflitti tra funzioni. Esse traggono la loro legittimazione dai rispettivi ordinamenti nei quali centrale è il mandato che la legge conferisce lo- ro. Proprio per la loro autonomia, esse hanno il dovere di rendere conto agli or- gani costituzionali e ai cittadini del loro operato. Riferiscono periodicamente in parlamento, sede della sovranità popola- re. Si sviluppano le occasioni di rilascio di dichiarazioni alla stampa - si veda la recente innovazione adottata dalla Fede- ral Reserve - proprio come uno dei modi per rispondere all’accountability, da par- te degli istituti in questione. Tra le banche centrali e i governi esiste una fisiologica discordia concors. La convergenza negli obiettivi dovrebbe esserepresupposta;neimezzipuòinvece sussistereancheun’ampiadivaricazione. Le scelte finali di politica economica ap- partengono poi a governi e parlamenti. Dalla politica monetaria, il cui eserci- zio è la funzione-principe di una banca centrale, si è poi progressivamente pas- sati,soventenellacostituzionemateriale, all’analisi dell’economia e della finanza, essenziale per un corretto governo della moneta, all’esternazione di tali analisi e alla formulazione di proposte nell’eser- cizio di quella funzione di fidato sogget- to di alta consulenza agli organi costi- tuzionali che, spesso, le banche centrali sono andate acquisendo. A questi compiti si aggiungono, come nel caso della Banca d’Italia, le attribu- zioni in materia di vigilanza bancaria e finanziaria, di sistema dei pagamenti, di sorveglianza dei mercati, di tesoreria statale, eccetera. Esiste, in questo caso, una connessione tra tutela della stabilità monetaria e tutela della stabilità finan- ziaria.Comeènoto,ilmandatoconferito dal Trattato alla Bce riguarda il mante- nimento della stabilità dei prezzi e, fatto salvo questo obiettivo, il sostegno alle politiche dell’Unione europea. L’importanza delle scelte per i vertici delle due banche centrali, quella na- zionale e quella continentale, discende dall’incisività del ruolo da esse svolto e, poi, dalla debolezza degli altri organi istituzionali, per non dire del vuoto che spesso si determina a livello europeo in presenza del quale, pur non volendolo in alcun modo, la Bce è a volte costretta a compiere una funzione di supplenza: il che segnala l’inappropriato operare del sistema. In Italia, in alcune aree mini- steriali - e la cosa si ripete anche nelle alternanze delle diverse maggioranze di governo - è visto con una certa preoccu- pazione il ruolo di diffusione di analisi e ricerche che contengono dati e consi- derazioni inoppugnabili e che, in alcune circostanze, possono essere di conferma della validità delle politiche seguite da- gli esecutivi, in altre, invece, possono togliere fondamento a queste ultime. Sono, queste, le conseguenze dell’ap- plicazione delle regole del gioco, come lo è l’autonomia anche nell’esercizio della vigilanza. Non si può immaginare mai una banca centrale addomesticata, essendo la reputazione e la credibilità le risorse più preziose di una tale istituzio- ne. Chi lo pensasse dal lato governativo dimostrerebbe implicitamente carenze nel proprio operare. Se si accettassero da tutti queste semplici ma fondamentali regole e se ogni soggetto istituzionale facesse la propria parte, si renderebbe normale un’operazione pur importante, quale la nomina del successore di Draghi se questi, come ormai tutto lascia preve- dere, meritatamente approderà al ver- tice della Bce. E si capirebbe anche che la soluzione interna a Via Nazio- nale rappresenta la sola via giusta da percorrere. (riproduzione riservata) Draghihapochierediall’esternodiPalazzoKoch di Angelo De Mattia N el dibattito che in questi gior- ni intrattiene il mondo italiano dell’aviazione rispetto al con- tratto di programma fra Enac e Sea e al relativo aumento delle tariffe aero- portuali, va sgombrato il campo da un equivoco di fondo. La grande novità, ci si dice, della nuova struttura tariffaria presentata da Sea a Enac, oggetto di consultazione fra vettori, associazioni di categoria, Aviazione civile italiana e Società esercizio aeroportuale mi- lanese, sarebbe il ribasso dei costi a carico del vettore (i diritti di sosta e atterraggio) e l’aumento dei diritti di imbarco passeggeri. In sostanza, se- condo i fautori di questo meccanismo, le compagnie aeree sarebbero libere di caricare il passeggero con aumenti che sarebbero a livelli senza precedenti. Poco importa la crisi di settore, che no- nostante gli ottimisti dichiarino finita l’anno scorso, subito dopo i ruggiti del vulcano islandese, continua a mietere vittime nel comparto (bancarotta, licen- ze ritirate da Enac e società sull’orlo della sparizione). Poco importa che il carburante sia arrivato a 1.064 dollari la tonnellata e pesi ormai per il 40% dei costi interni delle compagnie. Il salvataggio di aeroporti e aviolinee in Italia, secondo alcuni, arriverà dalle capienti tasche dei passeggeri italiani. Non ce ne eravamo accorti. Non se ne erano accorte quelle poche compagnie fra cui Easyjet che, con 5,5 milioni di passeggeri previsti sulla sola Malpensa nel 2011, garantiscono mobilità a buo- na parte del Nordovest d’Italia appli- cando prezzi che, andando al principio fondante del Contratto di Programma proposto da Sea, si basano sul semplice meccanismo dell’elasticità di domanda e offerta. Oggi basta vedere i trend di mercato per capire che la domanda va stimolata, non bastonata. Altro mito da sfatare: gli aeroporti ita- liani sono meno cari di quelli europei. Fosse così semplice forse gli aeroporti di Parigi o di Copenaghen non esiste- rebbero. In realtà gli investimenti di un’aviolinea sono sì basati sui costi aeroportuali, ma anche sulla capacità di un territorio di attirare passeggeri e generare profitti per le compagnie che vi volano. E allora è bene ricordare che Sea, dopo la virtuosa opera di recupero traffico messa in piedi da un intelligen- te cda, dopo il buco creato da Alitalia su Malpensa nel 2008, è ancora una creatura debole, che non ha bisogno di forzature sulle tariffe. Moderazione, prudenza e capacità di tornare ai livel- li di traffico precedenti al de-hubbing Alitalia con politiche che favoriscano gli investimenti delle compagnie do- vrebbero caratterizzare la programma- zione degli aeroporti milanesi. Non è con terze piste e investimenti che superano la verosimile crescita del mercato che si rilanciano gli aeropor- ti di Milano. Servono investimenti a basso contenuto di capitale e occorre continuare a spingere su un sistema ae- roportuale del Nordovest (cosa che Sea ha compreso già qualche anno fa) che possa fare da piattaforma efficace, per costi e infrastrutture, alla scommessa di Expo 2015. (riproduzione riservata) *European procurement manager del gruppo EasyJet Non pesi sui passeggeri il rilancio degli aeroporti di Vincenzo Zangrilli* 3 mag ’10 3 mag ’11 FONDIARIA SAI quotazioni in euro 4 9 8 7 6 5 10 11 6,14 € -1,21% IERI
  • 2. 7Mercoledì 4 Maggio 2011 COMMENTI &ANALISI S ono passati ormai quattro anni dall’esplosione della crisi banca- ria più grave dell’ultimo secolo ed è possibile tentare di fare un primo seppur approssimativo bilancio di ciò che è accaduto e, soprattutto, di vedere qual è oggi la situazione delle banche nel mondo e quali sono gli scenari che stanno loro di fronte. Dirò subito che, a mio avviso, la crisi è ormai in buona parte superata. Gra- zie ai consistenti interventi statali e alle violente, ma positive, reazioni dei manager delle banche, specialmente di quelle che si sono trovate sull’orlo del fallimento, la relativa situazione economica, finanziaria e patrimoniale è nettamente migliorata. Soprattutto i grandi conglomerati finanziari, nei quali sono confluite anche diverse banche di investimento dissestate, hanno ripreso slancio e stanno di- mostrando, tra l’altro, una maggiore attenzione ai rischi dell’attività eser- citata, agli aspetti qualitativi e quan- titativi delle rimunerazioni variabili dei loro manager e anche alla desti- nazione degli utili di bilancio. Con questo non voglio dire che i pro- blemi siano finiti. Mi sembra però che essi non siano più generalizzati come qualche anno fa, bensì siano concen- trati su alcune aree ben definite e per certi aspetti marginali, e comunque non hanno dimensioni preoccupanti. Rilevo pertanto che esistono ancora problemi gravi nelle banche irlandesi, nonché nelle casse di risparmio spa- gnole e in quelle tedesche. A propo- sito di tali istituti è forse giunta la resa dei conti e gli organi competenti (pubblici e privati) devono finalmente decidere sul loro futuro assetto, con particolare riferimento alla proprie- tà, alle attività svolte e agli obiettivi aziendali che ne dovrebbero conse- guire. Una cosa è certa: non si può più andare avanti con l’equivoco in cui le casse spagnole e quelle tede- sche si sono barcamenate negli ultimi anni, divorando colossali risorse dei governi centrali e regionali. Permane poi il caso dell’Islanda, dove non è ancora stato risolto il drammati- co problema della sorte dei risparmia- tori olandesi e inglesi che avevano affi- dato le loro fortune alle banche locali. Permane anche il meno drammatico, ma non per questo meno importante, problema di alcune banche portoghe- si, strettamente legate alle sorti dello Stato in cui hanno sede. Esse hanno bisogno di nuovi fondi statali, ma il governo aspetta a risolvere i problemi nazionali per dirottare a loro favore parte degli aiuti che puntualmente ar- riveranno da Bruxelles. In linea generale si può quindi confer- mare che la maggior parte della crisi delle banche è alle spalle. Ciò che non è lo affatto sono le conseguenze della crisi, che riguardano essenzialmente le reazioni delle autorità politiche e monetarie sia nei singoli Paesi che a livello sovranazionale. Nell’ambito delle prime cito soprat- tutto la nuova legge bancaria, varata ormai da quasi un anno negli Stati Uni- ti, che tuttavia non è ancora entrata in vigore dato che le competenti autorità non hanno provveduto ad emanare i relativi regolamenti attuativi. Molti ritengono che le lobby bancarie ame- ricane, notoriamente assai potenti, non abbiano potuto contrastare più di tanto l’azione del legislatore specie quando l’immagine delle banche era compro- messa e la fiducia del pubblico nei loro riguardi era ai minimi storici, con un presidente molto deciso a punirle per aver scaricato sui contribuenti ameri- cani le colpe di manager incapaci e per giunta profumatamente pagati. Ora che le cose si sono in gran parte calmate, l’azione delle suddette lobby, mirante a rivedere in qualche modo la legge appena varata che introdurrebbe troppi vincoli all’attività delle banche americane, ha ripreso vigore e cerca di guadagnare il tempo necessario a ottenere regolamen- ti attuativi che ne attenuino la portata. Come andrà a finire è difficile prevede- re. Tutto dipenderà non solo dall’esito del confronto di po- tere fra banche, autorità di vigilanza e legislatore, ma anche dall’esito del confronto teorico fra i sostenitori della tesi secondo la quale i rischi dell’at- tività bancaria possano essere ridotti da norme più severe e quelli che la pensano esattamente in senso opposto. Cioè che l’inasprimento dei suddetti vincoli potrebbe indurre le banche a prendere in un modo o nell’altro rischi più elevati di quelli esistenti. In una situazione simile si trova la Gran Bretagna, dove le ire del governo hanno portato alla costituzione di una Indipendent commission on banking, incaricata di progettare una nuova legge bancaria nazionale. Tale com- missione ha pubblicato nelle settima- ne scorse il suo rapporto, attualmente in fase di analisi e consultazione nel Paese, al fine di convertirlo in seguito eventualmente in progetto di legge e avviare così l’iter parlamentare che po- trebbe dare al Regno Unito una nuova disciplina dell’attività bancaria. Anche qui il dialogo fra i poteri è stato intenso, così come quello teorico fra gli specialisti. Non appena si ebbe notizia di alcuni orientamenti della commissio- ne, che sembrava voler scindere anche giuridicamente l’attività bancaria com- merciale da quella d’investimento, le reazioni dei maggiori gruppi bancari inglesi (a cominciare da Barclays e Hsbc) non si sono fatte attendere e si sono anche tradotte nella minaccia di trasferire al di fuori del Regno Unito la sede legale dei gruppi. Il testo del rapporto si è quindi addol- cito rispetto all’impostazione origina- ria e l’insoddisfazione delle banche (sempre contrarie a nuove regolamen- tazioni) si è attenuata, ma anche qui è assai difficile, per non dire impossi- bile, prevedere come finirà. Del resto non è neppure semplice dire quale delle due opinioni di fondo prima ri- cordate sia quella migliore. Personal- mente sono sempre stato dalla parte di coloro che ritengono che un eccesso di regolamentazione sia dannoso e abbia aspetti più negativi che positi- vi. L’esperienza insegna che la forza innovativa (che porta all’evasione o all’elusione) delle banche è sempre riuscita a prevalere su quella dei re- golatori e mi sembrerebbe strano che accadesse diversamente con le nuove regole. Ma questa è solo una teoria e non è detto che prevarrà. Sullo sfondo stanno le numerose elaborazioni di provvedimenti con valenza internazionale miranti a modificare alcune norme contabi- li cui sono sottoposte le banche, a introdur- re nuove procedure di liquidazione di queste ultime, a disciplinare i compensi di amministratori e dirigenti e via dicendo. Tra tali provvedimen- ti spicca quello riguardante le nuove norme di vigilanza prudenziale inter- nazionale note come Basilea 3, prin- cipale risultato dell’attività delle au- torità monetarie sovranazionali di cui ormai si sa quasi tutto e su cui quindi non mi dilungo, ricordando solo che esse avranno un impatto considerevo- le sulla struttura e sul funzionamento delle banche. L’affanno che molte di esse – anche nel nostro Paese – stan- no dimostrando nella ricerca di fondi patrimoniali aggiuntivi ne è una ripro- va. Ma anche se questa azione dovesse andare a buon fine, Basilea 3 imporrà una revisione drastica della politica di investimento, raccolta e gestione della liquidità delle banche. Tutto ciò è senz’altro benvenuto sul piano della stabilità delle banche stes- se, ma pone una serie di altri problemi soprattutto in materia di rapporti fra attività bancaria e andamento dell’eco- nomia reale, sui quali non posso qui diffondermi ma che rappresenteran- no importanti conseguenze della cri- si, sulle quali tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo ordinato dell’econo- mia e della società non possono non concentrarsi. (riproduzione riservata) Laveraconseguenzadellacrisi?Tropperegole di Roberto Ruozi PROVACI ANCORATWITTER FACEBOOK È LONTANA Larivoluzionedelleemittentiall-newsviaE cavofuannunciatadalleripresedellaprimaguerra delGolfotrasmesseindirettadaCnn.Oggi, alcuniaficionadosfesteggianolarivoluzionedel microbloggingbasatasuitweetchehannodato notiziadellamortediBinLadenmoltoprimadei principalimedia.L’episodiopotràancherafforzare lafiguradiTwitter,mailmodellodibusiness rimanediscutibileelasocietànonmeritaancora levalutazionimultimiliardariechecircolanosul mercato.eMarketerstimachenel2011Twitter negliUsaavràinmedia21milionidiutential mese,controi133milionidiFacebook.Ilminore bacinod’utenzasignificachefarepubblicitàsul sitononèancoraunmustpergliinserzionisti. Ungrossoproblemaèilfattochepermoltiutenti dellarete,Twitterèancoraunagiungladipost caoticiespessosenzasenso.Ciòlimitaipotenziali guadagnidiTwitter.eMarketerhaprevistonel 2011ricavipersoli150milionididollari,controi4 miliardistimatiperFacebooknellostessoperiodo. EilfallimentodiiniziativecomelaQuickbardi Twitter,cheoscuravainparteifeeddegliutentisui dispositivimobili,dimostraledifficoltàincontrate nell’aumentareiricavi.Ilcambiodimanagement mostrainveceiproblemiincontratidaTwitter nelcombinarel’esperienzaoffertaagliutenticon lafinalitàlucrativa.IlcofondatoreJackDorsey, tornatodirecentenellasocietà,dovràsudaremolto. DI STARBUCKS PIACE SOLO IL CAFFÈ RISTRETTO Il titolo Starbucks è ai massimi storici eE tratta 25 volte gli utili stimati per l’esercizio che chiude a settembre. Uno dei motivi della recente impennata è il recupero del controllo sui prodotti venduti fuori dalla sua rete di caffetterie e gestiti in precedenza da Kraft Foods. Inoltre, un accordo con Green Mountain Coffee Roasters (partecipata dall’italiana Lavazza) darà a Starbucks l’esclusiva sulle capsule K-cup, il segmento dalla crescita più rapida nel mercato del caffè statunitense. Ma anche con questi elementi positivi, gli investitori hanno bisogno di stabilità presso i punti vendita statunitensi, che rappresentano il 70% circa dei ricavi. Nell’ultimo anno, il prezzo di riferimento del caffè è più che raddoppiato, ma il gruppo si è detto «molto cauto» su un aumento dei prezzi nelle caffetterie, in antitesi rispetto a quanto deciso per il caffè venduto nei supermercati, di cui a marzo è stato annunciato un rincaro del 12%. La salita del prezzo del caffè è certo una minaccia meno grave per i punti vendita di Starbucks. Secondo John Glass di Morgan Stanley, i costi del caffè crudo incidono solo sul 7% del prezzo di vendita di una tazzina, percentuale che aumenta molto per il caffè confezionato. Pochi punti percentuali di inflazione possono comunque intaccare i margini.Agli investitori la settimana scorsa Starbucks ha detto che i clienti dei punti vendita stanno molto attenti allo scontrino. Secondo uno studio di Morgan Stanley, il cliente medio di Starbucks guadagna oltre 75 mila dollari l’anno, ma il 17% della clientela resta sotto 30 mila dollari. Ciò significa che la crescita delle vendite di caffè dipenderà molto dalla capacità di attirare clienti, compito non facile. Starbucks ha tentato di aumentare la clientela nei propri punti vendita con nuovi prodotti e macchinette per preparare il caffè, ma la tazza resta il prodotto di punta. Le bevande coprono il 75% delle vendite in caffetteria. Starbucks ha fatto bene a puntare sulle capsule ma deve dimostrare di saper gestire il rincaro del caffè senza penalizzare clientela e margini. (© 2011 Dow Jones & Company, Inc.All rights reserved) Per abbonarsi a WALL STREET JOURNAL EUROPE visitate il sito: www.wsjesubs.com Basilea 3 imporrà seri vincoli all’erogazione di risorse all’economia