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Relazione sulle attività svolte nel 2012 e 2013
dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
INDICE
SINTESI 3
1. Legge delega in materia di valutazione degli investimenti in opere pubbliche 8
2. La competitività a livello locale: Doing Business Subnational in Italia 2013 17
3. Le politiche urbane: piano città e politiche urbane 25
4. Il Fondo Sviluppo e Coesione 45
5. L’attuazione della Riforma dell’Università 51
6. Politiche energetiche e ambientali 55
7. Politiche agricole 66
8. L’Analisi di Impatto della Regolamentazione 69
9. Le grandi opere ferroviarie in Italia 80
3
SINTESI
La presente Relazione dà conto delle attività svolte durante l’anno 2012 e 2013 dal Nucleo di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici operante presso il Dipartimento per la
programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio
dei Ministri
1
.
Nel periodo in esame, è stato portato avanti un processo di risanamento della finanza pubblica e di
riforme e semplificazione con i decreti “Salva Italia”, “Cresci Italia” e “Semplifica Italia”. Tali misure
hanno avuto come effetto aggregato la discesa dell’indebitamento netto al 3% del PIL nel 2012 e sono
state accompagnate da politiche di razionalizzazione e contenimento della spesa. La contrazione della
spesa pubblica negli ultimi due anni ha avuto un impatto maggiore sulla già modesta componente in
conto capitale, scesa da 51,78 miliardi di euro (3,3% del PIL) nel 2010, a 48,12 miliardi (3%) nel 2011
e a 47,827 miliardi (3,1%) nel 2012.
2
Gli investimenti fissi lordi in particolare sono calati nei tre anni da
32,4 miliardi a 31,1 e 29,2 miliardi, scendendo tra il 2010 e il 2012 dal 2,1% all’1,9% del PIL, mentre i
contributi in conto capitale
3
, sono stati ridimensionati in misura minore.
Tale contrazione ha riguardato in misura maggiore le amministrazioni locali, per le quali la spesa in
conto capitale è scesa dal 2,2% del PIL nel 2010 all’1,8% nel 2012, mentre la spesa in conto capitale
delle Amministrazioni centrali è rimasta nello stesso periodo all’1,9% del PIL, con un calo temporaneo
all’1,7% nel 2011.
In questo contesto, che richiede un migliore uso delle scarse risorse disponibili, è proseguito il
processo di completamento delle disposizioni previste dai decreti legislativi 228/2011
4
e 229/2011
5
:
sono stati emanati i DPCM del 3 agosto 2012 e del 21 dicembre 2012, rispettivamente dedicati
all’azione di capacity building per le attività di programmazione e valutazione (Linee guida e schema-
tipo di Documento Pluriennale di Programmazione) e alla definizione delle condizioni di indipendenza,
professionalità ed etica dei componenti dei Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
delle Amministrazioni statali; inoltre, con decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio
1
Il Nucleo è stato istituito con DPCM del 25 novembre 2008, in attuazione di quanto disposto dalla legge
144/1999. Inizialmente composto da dieci esperti e un coordinatore, con DPCM del 15 luglio 2009 la
composizione del Nucleo è stata ampliata a quindici componenti, al fine di fornire supporto tecnico al
Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’Analisi di
Impatto della Regolamentazione (AIR) dei provvedimenti normativi. Gran parte dei componenti del Nucleo di
valutazione hanno completato il loro mandato nel corso del 2013 senza essere sostituiti e pertanto alcune parti
della relazione sono aggiornate alla data della loro cessazione e non al 31 dicembre.
2
Ministero dell’economia e delle finanze, Documento di Economia e Finanze 2013, p. 11.
3
I contributi agli investimenti sono i trasferimenti in conto capitale che le amministrazioni pubbliche erogano alle
famiglie e alle imprese per finanziare i costi delle loro acquisizioni di capitale fisso. Rientrano ad esempio in
questa voce i trasferimenti alle FS.
4
Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di
valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche.
5
Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di
procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti
nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.
4
2013, è stata data attuazione a quanto previsto dall’art. 5 del .Lgs. 229/2011, relativo al contenuto
minimo delle informazioni che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori sono tenuti a rilevare e a
trasmettere alla banca dati delle opere pubbliche istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art. 13 della
legge 196/2009.
A partire dal secondo semestre 2013, le Amministrazioni centrali dovranno iniziare a presentare i primi
Documenti Pluriennale di Programmazione, contenenti le evidenze dei processi valutativi svolti e in
essere. Le opere non incluse nel Documento o nella Relazione annuale (e quindi non oggetto di
valutazione) non potranno essere ammesse al finanziamento, con l’eccezione delle iniziative di
finanza di progetto e delle opere finanziate con il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e con i
Fondi Strutturali Europei (FSE). Per quanto riguarda le infrastrutture strategiche, il Documento è
identificato nel Programma previsto dalla Legge Obiettivo (art. 1, comma 1 della legge 443/2001). Il
DIPE, con il supporto tecnico del proprio Nucleo, dovrà verificare la corretta predisposizione dei
Documenti e delle Relazioni annuali, nonché il rispetto delle indicazioni contenute nelle Linee guida.
E’ stato completato e presentato il rapporto “Doing Business Subnational in Italy 2013” commissionato
alla Banca Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - DIPE al fine di disaggregare a livello
sub-regionale gli indicatori di competitività utilizzati dalla Banca Mondiale stessa per valutare il ruolo
della Pubblica Amministrazione sull’attrattività territoriale. Gli esiti del Rapporto sono stati utilizzati
anche per formulare proposte di policy.
L’indagine del Rapporto Doing Business Sub National ha confermato le difficoltà esistenti dal punto di
vista della competitività, soprattutto in termini di tempi di espletamento delle pratiche amministrative e
di conclusione delle controversie giudiziarie (la risoluzione di dispute commerciali in Italia ad esempio
richiede tra 2 e 3,5 volte il tempo medio nell’UE). E’ emersa una grande variabilità, a livello di
ripartizione geografica, nelle performance fra le 13 città nelle quali si è svolta l’indagine. La diffusione
delle migliori pratiche amministrative esistenti in alcune città italiane al resto del Paese sarebbe
sufficiente da sola a migliorare il ranking dell’Italia dal 73° posto al 56°, ma non sarebbe sufficiente a
raggiungere la media europea (40° posto mondiale).
In materia di politiche urbane, il Nucleo ha svolto attività di supporto all’avvio del Piano Nazionale per
le Città, lanciato nel giugno del 2012 con il così detto Decreto Sviluppo (decreto legge 22 giugno
2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”), con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro
per investimenti in opere edilizie e infrastrutturali. In particolare, il Nucleo ha formulato proposte al
delegato del Ministro per la coesione territoriale in seno alla Cabina di Regia, finalizzate a definire le
modalità attuative per una migliore realizzazione del Piano.
Il Piano Città rappresenta un concreto segnale per l’accelerazione dei processi di sviluppo urbano
nelle città italiane; rappresenta inoltre il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione
degli investimenti pubblici e privati in ambito urbano. La gestione del Piano è stata affidata ad una
Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture. Nell’ambito della terza riprogrammazione
del Piano Azione Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati individuati a favore del Piano Città 94
5
milioni di euro, provenienti dal PON Reti e Mobilità ed inizialmente destinati al finanziamento delle
Zone Franche Urbane. Con questa ulteriore attribuzione di risorse, la disponibilità del Fondo per
l’attuazione del Piano Nazionale per le Città è salita a 318 milioni di euro. Nella fase attuativa, sono
pervenute alla Cabina di Regia 457 proposte, per un costo complessivo di 18,5 miliardi di investimenti
pubblici e privati. In esito all’istruttoria, sono stati selezionati i progetti presentati da 28 Comuni, per un
investimento complessivo pari a 4,4 miliardi di investimenti finalizzati alla riqualificazione e rilancio di
aree dismesse, di quartieri di edilizia residenziale pubblica e di aree urbane degradate. Il
finanziamento statale di 318 milioni si aggiunge ad altri finanziamenti pubblici e privati (ad esempio 1,5
miliardi del Fondo Investimenti per l’Abitare di CDP Investimenti Sgr, oltre a fondi per l’edilizia
scolastica, per l’edilizia per le forze armate), svolgendo una funzione di catalizzatore e di messa a
sistema di fondi e programmi precedentemente dispersi.
Per quanto riguarda la programmazione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione, nel periodo in
esame (settembre 2012 - marzo 2013), sono state assunte dal CIPE 11 deliberazioni; le attività
consequenziali alle sedute del Comitato hanno guadagnato ulteriore efficienza, riducendo del 40% i
tempi di perfezionamento rispetto alla situazione precedente agli interventi di riorganizzazione
introdotti dal DL 201/2011.
Fra le decisioni adottate, si segnalano tre argomenti per il loro rilievo programmatico e finanziario: la
riprogrammazione dei Piani Attuativi Regionali (PAR) 2007-2013 di Marche, Liguria e Toscana; la
definitiva ripartizione delle risorse assegnate in favore del sisma Abruzzo per il triennio 2013-2015 e
l’imputazione delle riduzioni di spesa a carico del FSC in seguito al DL 95/2012 (“revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”).
Come nella precedente relazione, il Nucleo evidenzia alcune persistenti criticità nei processi di
programmazione e attuazione degli interventi finanziati a valere sul FSC, relative all’inadeguatezza
delle valutazioni e alla qualità e completezza delle informazioni fornite dalle amministrazioni
proponenti. Fra il 2013 e il 2014, con l’entrata a regime delle disposizioni previste dal D.Lgs.
228/2011, tali criticità potranno essere affrontate.
Per l’anno 2012, le Regioni italiane sono riuscite a spendere tutte le risorse comunitarie assegnate per
i rispettivi Piani di Sviluppo Rurale (PSR) regionali. L’avanzamento percentuale cumulato della spesa
attribuita all’Italia per il 2007-2013, a valere sul Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(FEASR), è stato pari a circa il 52 % a fine 2012, in crescita regolare rispetto al 37% di fine 2011. Ad
esclusione di Lazio e Sicilia, che devono ancora superare il 50% delle risorse loro assegnate, tutte le
altre Regioni sono riuscite a raggiungere un avanzamento di spesa per il periodo 2007-2013 tra il 50%
e il 60%, con punte di oltre il 60% per la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di
Trento. La Provincia autonoma di Bolzano ha ottenuto finora il miglior risultato in termini di
avanzamento di spesa, con il 79,6% del totale.
In materia di politiche energetiche e ambientali, il Nucleo ha fornito assistenza tecnica e valutazioni in
merito alla stesura della Strategia Energetica Nazionale.
6
Sono stati approfonditi gli scenari decennali relativi alle seguenti tematiche: lo sviluppo dei mercati del
gas naturale e dell’energia elettrica; il Piano di azione preventivo; il Piano di emergenza e
monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale; il Piano di sviluppo della rete
elettrica nazionale di trasmissione; il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili e infine il
Piano di azione nazionale per l’efficienza energetica.
Le finalità della strategia energetica nazionale al 2020 sono così definite: conseguire un risparmio
nazionale pari a 14 miliardi di euro all’anno (sugli attuali 62 di bolletta energetica), con una riduzione
della dipendenza dall’estero dall’84% al 67%; attivare 180 miliardi di investimenti entro il 2020; portare
al 20% l’incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi totali e al 36-38% la quota sui consumi elettrici
(in entrambi i casi circa il doppio rispetto al 2010); ridurre del 24% i consumi primari rispetto allo
scenario inerziale al 2020.
La produzione di energia elettrica è ormai per il 27% di tipo rinnovabile, ma dovrà continuare
l’adeguamento degli incentivi alla riduzione dei costi di produzione delle rinnovabili, anche per ridurne
l’impatto finanziario.
L’attività del Nucleo ha riguardato anche i cambiamenti climatici, contribuendo all’istruttoria relativa
all’aggiornamento del Piano nazionale per la riduzione dei gas serra, sottoposto al CIPE nella seduta
del dell’8 marzo del 2013. Obiettivo del Piano è l’aggiornamento del quadro emissivo nazionale per il
periodo di validità del Protocollo di Kyoto (2013-2020) e la definizione di un percorso emissivo per il
periodo successivo alla sua scadenza, individuando a tal fine diverse misure volte alla riduzione dei
gas serra per rispettare gli impegni comunitari al 2020. Il Comitato ha deliberato in merito alla distanza
dell’Italia dall’obiettivo di Kyoto, stabilendo che entro il 30 novembre 2013 il Ministro dell’ambiente
presenterà al CIPE un piano con le possibili opzioni per rispettare tale obiettivo, con particolare
riferimento all’individuazione del portfolio di crediti di carbonio da acquistare sul mercato.
Dalle stime svolte dal Nucleo, in relazione al gap indicato nella delibera (tabella 6,3) pari a 119 Mton
CO2, l’acquisto dei crediti di carbonio potrebbe incidere sulla finanza pubblica per oltre 400 milioni di
euro (ai prezzi di mercato di aprile 2013). Il prezzo del carbonio sta calando e ha toccato il minimo
storico lo scorso aprile a 3 € per tonnellata di CO2. E’ possibile una crescita di tale prezzo a fine anno,
a seguito della ripresa attesa del PIL nell’UE e dell’aumento della domanda di crediti di carbonio sul
mercato internazionale con l’avvicinarsi della scadenza dei termini per l’acquisto ai sensi dell’accordo
di Kyoto.
La valutazione della ricerca scientifica e del sistema universitario (VQR 2004-2010), coordinata
dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e realizzata
tramite quattordici gruppi di esperti della valutazione, è in corso di completamento. Sono stati
esaminati oltre 200.000 lavori, pari al 94,7% dei progetti di ricerca per i quali il bando richiedeva la
valutazione. Il VQR permetterà di stilare un ranking di Atenei, Enti di ricerca, consorzi e di altre
istituzioni di formazione e di ricerca; tale ranking sarà la base di partenza per l’assegnazione di circa
2/3 della parte premiale del fondo di finanziamento ordinario (circa 380 milioni di euro per il 2013).
7
La procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) dei professori universitari, di prima e seconda
fascia, avviene sulla base indici di produttività scientifica predisposti con il supporto dell’ANVUR.
Continua anche l’attuazione del sistema a tre livelli di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento
delle università (AVA).
Il tema dell'Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR) ha ricevuto una rinnovata attenzione sia in
ambito internazionale che nazionale; nel 2012 diverse iniziative istituzionali hanno impresso
un’accelerazione al processo di riforma e riqualificazione della disciplina in materia di AIR, VIR e
consultazioni, orientando di conseguenza il lavoro del Nucleo.
In ambito internazionale, il Gruppo AIR del Nucleo ha svolto un’intensa attività di partecipazione ai
gruppi di lavoro sia in sede OCSE (“Regulatory Policy Committee”, indagine sull’impatto
concorrenziale, rassegna sull’Italia 2012), che in sede comunitaria (“High level group on National
regulatory expert” a supporto dei lavori della Commissione; “Gruppo Mertens” e “Gruppo Competitività
e crescita” a supporto dei lavori del Consiglio. Per la Commissione, il Gruppo AIR ha inoltre
collaborato all’agenda “smart regulation”).
In ambito nazionale, il Gruppo AIR ha partecipato all’istruttoria sia del nuovo Regolamento destinato a
sostituire i DPCM 170/2008 e 212/2009, sia della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per
disciplinare le modalità con cui le amministrazioni statali assicurano il rispetto dei livelli minimi di
regolazione previsti dalle direttive europee. Inoltre, il Gruppo AIR ha svolto un’intensa attività di
indirizzo metodologico, valutazione e divulgazione al fine di orientare e riqualificare i contenuti delle
Relazioni AIR presentate dalle amministrazioni. Una particolare attenzione è stata infine dedicata al
problema degli oneri amministrativi delle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small Business
Act.
Nel capitolo finale é ricostruito l’iter approvativo, gli aspetti tecnici e l’evoluzione finanziaria di sei
grandi opere ferroviarie dell’Alta Velocità – Alta Capacità (AV/AC), previste in parallelo alla
realizzazione e al completamento del Sistema AV/AC Torino-Milano-Napoli e incluse nella rete
Transeuropea dei trasporti (TEN-T). Si tratta della “Galleria di base del Brennero”, la “linea AV/AC
Milano Verona: tratta Treviglio-Brescia”, la “Tratta AV/AC Terzo Valico dei Giovi”, il “Collegamento
internazionale Lyon-Torino”, la “Direttrice ferroviaria Napoli-Bari”. E’ identificato il fabbisogno residuo
per le sei opere, quantificabile nel 2013 in 19,8 miliardi di euro, e dati gli stringenti impegni con
l’Unione Europea, si suggerisce di indicare un gruppo ristretto o una “graduatoria” di priorità
infrastrutturali, quantomeno in relazione agli impegni finanziari.
8
1. LEGGE DELEGA IN MATERIA DI VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN OPERE
PUBBLICHE
1.1 Le norme di riqualificazione della spesa pubblica
L’esigenza di riqualificazione della spesa pubblica ha caratterizzato la spending review avviata nel
2011 e proseguita nel 2012. La contrazione delle risorse disponibili ha sollevato l’esigenza di
rafforzare l’intero ciclo di programmazione (dalla costruzione del bilancio al monitoraggio e valutazione
della spesa), in coerenza con i principi del performance based budgeting posti a base della riforma
della contabilità e finanza pubblica (legge 196/2009) e degli interventi in materia di “misurazione,
valutazione e trasparenza della performance” (Titolo II del D.Lgs. 150/2009).
Un’effettiva revisione della spesa pubblica implica il definitivo superamento sia della logica dei tagli
lineari alle dotazioni di bilancio, sia del criterio della spesa storica; a tal fine, è indispensabile il
rafforzamento della capacità istituzionale nel programmare per obiettivi, valutare e monitorare la
spesa pubblica, accentuare l’interazione fra l’allocazione delle risorse in bilancio e la misurazione dei
risultati riferiti a ciascun programma di spesa.
In prospettiva, il processo di spending review, lungi dall’appiattirsi sul contenimento della spesa
“aggredibile”, dovrebbe essere orientato da una parte dalla valutazione dei risultati conseguiti,
dall’altra da una proattiva ridefinizione delle priorità di policy, basata sul principio dello “zero based
budgeting”. Su tale principio è stata recentemente autorizzata una sperimentazione ad opera del
MEF-RGS (legge 243/2012, art. 21), nell’ambito delle disposizioni per l’attuazione del pareggio di
bilancio recentemente introdotto dall’art. 81 della Costituzione (così come modificato dalla Legge
costituzionale n° 1 del 20 aprile 2012) in attuazione del Fiscal Compact. I due metodi di
programmazione di bilancio sopra richiamati e previsti da diverse norme in vigore sono
complementari, ma pongono l’enfasi su aspetti diversi, in quanto il performance based budget collega
le dotazioni di bilancio alla definizione di indicatori di risultato e agli esiti già raggiunti, mentre lo zero
based budget ogni anno riconsidera gli obiettivi e la distribuzione di responsabilità e, eventualmente,
attua soluzioni nuove ridefinendo l’allocazione di risorse partendo teoricamente da zero
6
.
6
Il performance based budgeting implica la capacità di misurare i risultati attesi dalla spesa pubblica attraverso la
definizione di indicatori. Ciò consente di valutare le destinazioni di bilancio sulla base dell’effettiva utilità di singoli
programmi di spesa, valutata con un approccio evidence based e utilizzando a tal fine anche le valutazioni di
impatto svolte sulle politiche passate. La presenza di attività di valutazione, costanti nel tempo, rappresenta infatti
una “memoria” degli esiti delle politiche pubbliche utile a razionalizzare la determinazione delle grandezze di
bilancio, attualmente largamente condizionate dal criterio della spesa storica.
Lo zero based budgeting invece, è un approccio alla programmazione che, in teoria, si presenta come radicale
superamento della logica incrementale, in quanto non attribuisce alcun peso al passato e si basa sulla preliminare
definizione degli obiettivi da perseguire e delle responsabilità e delle migliori modalità di spesa, evitando il
tradizionale processo di negoziazione delle risorse fra i Centri di Responsabilità e l’organo di indirizzo politico-
amministrativo.
9
In attuazione della legge 196/2009, con riferimento alla spesa corrente, i meccanismi di controllo
qualitativo e quantitativo della spesa pubblica sono stati potenziati e sistematizzati; in particolare, sono
stati istituzionalizzati i processi di analisi e valutazione della spesa delle Amministrazioni centrali,
attraverso l’istituzione dei Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) presso ciascun
Ministero (legge 196/2009, art. 39). I NAVS si sono insediati alla fine del secondo semestre 2011 e
operano in collaborazione e raccordo con il MEF-RGS. Le prime Relazioni annuali predisposte da
ciascun Nucleo sono state ricondotte a una sintesi unitaria e allegate alla parte III del DEF 2012. Tali
meccanismi sono attualmente limitati alle amministrazioni centrali; tuttavia, attraverso la riforma dei
controlli di regolarità amministrativa e contabile, introdotta dal D.Lgs. 123/2011 in attuazione dell’art.
49 della legge 196/2009, è prevista la graduale estensione delle attività di analisi e valutazione della
spesa a tutte le amministrazioni.
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale
7
, le disposizioni in tema di programmazione,
valutazione e monitoraggio riflettono un disegno organico, articolato in due grandi ambiti di policy:
le leggi di spesa in conto capitale pluriennali e a carattere permanente finalizzate alla
realizzazione di opere pubbliche (art. 30, legge 196/2009);
gli interventi speciali previsti dall’articolo 119 della Costituzione per promuovere lo sviluppo
economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali,
per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona (legge 42/2009 delega al Governo in
materia di federalismo fiscale, art. 16).
Le norme sopra richiamate prevedevano deleghe legislative al Governo nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
legge 196/2009: linee guida per la valutazione degli investimenti, garanzia di indipendenza e
professionalità dei valutatori, potenziamento e pubblicità della valutazione ex post,
separazione del finanziamento dei progetti da quello delle opere tramite la costituzione di due
appositi fondi, rafforzamento e trasparenza del sistema di monitoraggio degli investimenti
pubblici, verifica della tempistica di spesa e sanzioni automatiche;
legge 42/2009: definizione delle modalità di finanziamento degli interventi afferenti le politiche
di coesione secondo il metodo della programmazione pluriennale.
7
La spesa in conto capitale è componente quantitativamente marginale della spesa pubblica totale (6% della
spesa e 3,1% del PIL nel 2012, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), ma cruciale ai fini
dell’accumulazione di capitale e quindi della crescita economica.
10
1.2 Il ruolo del Nucleo nell’attuazione delle norme in materia di programmazione,
valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici
I provvedimenti di attuazione delle deleghe legislative sopra citate hanno beneficiato, a partire dal
2011, della stretta collaborazione tra il Nucleo, l’Unità di valutazione degli investimenti pubblici del
Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero per lo sviluppo economico e la
Ragioneria Generale dello Stato.
In sintesi, le attività di programmazione, valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici sono
oggi regolate dai seguenti provvedimenti:
D.Lgs. 88/2011 di attuazione della L. 42/2009, art. 16 – Modalità di programmazione, attuazione,
valutazione e monitoraggio delle risorse aggiuntive (Fondi Strutturali e Fondo per lo sviluppo e la
coesione) e degli interventi speciali per la rimozione di squilibri economici, territoriali e sociali
Il decreto disciplina le modalità di programmazione, monitoraggio, attuazione e valutazione degli
interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dai Fondi Strutturali dell’Unione Europea.
Per quanto riguarda in particolare la valutazione, il decreto prescrive di inserire, fra i criteri di
ammissibilità al finanziamento degli interventi definiti nel Documento di indirizzo strategico (adottato
con delibera del CIPE entro il mese di ottobre dell’anno che precede ogni sessennio di
programmazione dei fondi europei), anche gli indicatori per la misurazione dei risultati attesi e una
“rigorosa metodologia di valutazione degli impatti”. Analogamente, i “criteri di valutazione e
monitoraggio” devono essere esplicitati nei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) stipulati fra le
Amministrazioni centrali competenti e le Regioni per l’attuazione di quanto previsto nel Documento di
indirizzo strategico.
Si richiama in proposito il CIS per la realizzazione della Direttrice ferroviaria Napoli – Bari che,
all’interno delle relazioni tecniche relative ai singoli interventi, prevede la presenza di una sezione
concernente i “risultati attesi” declinati anche a mezzo di “indicatori di risultato”. In applicazione di tale
impostazione la recente delibera CIPE n. 18 febbraio 2013, n. 3, relativa all’approvazione del progetto
preliminare del tratto Cancello – Frasso Telesino dell’Itinerario ferroviario Napoli - Bari, riporta nel
dettaglio gli indicatori di risultato individuati nel suddetto CIS.
La valutazione e il monitoraggio degli obiettivi associati ai singoli interventi è coordinata dal DPS in
raccordo con i Nuclei di valutazione delle Amministrazioni statali e delle Regioni, anche attraverso il
sistema di monitoraggio unitario istituito presso il MEF-RGS dal Quadro Strategico Nazionale 2007-
2013.
D.lgs. 228/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) –
Modalità di programmazione e valutazione dei fabbisogni e degli interventi infrastrutturali delle
Amministrazioni centrali
11
Il decreto introduce l’obbligo della valutazione ex ante ed ex post per le “opere pubbliche”
8
finanziate a
valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri o oggetto di trasferimento a
favore di soggetti attuatori in forza di specifica delega. In tema di programmazione, il decreto prevede
la predisposizione da parte dei Ministeri del Documento Pluriennale di Programmazione, da redigere
con cadenza triennale e da sottoporre all’approvazione del CIPE entro il 31 ottobre dell’anno
precedente il triennio di riferimento per essere oggetto di deliberazione, previa positiva conclusione
dell’istruttoria del DIPE. Entro il 31 dicembre di ogni anno i Ministeri dovranno inoltre trasmettere al
CIPE, per la presa d’atto, una Relazione sullo stato di attuazione del Documento. In tema di
valutazione ex ante delle singole opere, il decreto prevede un’integrazione dei contenuti degli studi di
fattibilità previsti dalla normativa sui contratti pubblici (D.lgs. 163/2006 e DPR 207/2010). Fra gli
elementi di integrazione, particolarmente qualificante appare la previsione dell’analisi della
sostenibilità gestionale dell’opera e, per le opere il cui costo stimato sia superiore a 10 milioni di euro,
dell’analisi dei rischi.
Il decreto 228/2011, accanto alle prescrizioni rivolte ai Ministeri, contiene infine un’importante azione
di capacity building, che si concretizza nelle seguenti linee:
affidamento delle attività di valutazione ai Nuclei di Valutazione e Verifica degli Investimenti
Pubblici (NUVV) di cui alla legge 144/1999, art.1
9
, i quali potranno collaborare in raccordo con
il Sistema Nazionale di Valutazione istituito dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e, se
necessario per interventi particolarmente complessi, chiedere il supporto, previ accordi, del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e delle due strutture tecniche istituite presso il DIPE, il
Nucleo e l’Unità Tecnica Finanza di Progetto;
definizione delle condizioni di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei, già
previste nei criteri contenuti nella delega della legge 196/2009, art. 30, comma 9, lettera c
(DPCM 21 dicembre 2012, n° 262, di attuazione dell’art. 7, comma 3, del D.lgs. 228/2011)
supporto metodologico attraverso la predisposizione di linee guida standardizzate, anch’esse
già previste nella delega della legge 196/2009, per lo svolgimento delle funzioni di valutazione
e il coinvolgimento degli Organismi Indipendenti di Valutazione, nonché per la definizione
dello schema-tipo di redazione del Documento Pluriennale di Pianificazione (DPCM 3 agosto
2012 di attuazione dell’art. 8, comma 3, del D.lgs. 228/2011). Il “modello di riferimento per la
redazione da parte dei Ministeri delle linee guida” si riferisce alle attività di valutazione ex ante
8
Più precisamente, l’art. 1 del D.lgs. 228/2011 individua l’ambito di applicazione della norma nella “spesa in conto
capitale destinata alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità. A valere sulle leggi di spesa
pluriennale e a carattere permanente”.
9
La norma in questione individua gli “Organismi Indipendenti di Valutazione” nei Nuclei di Valutazione e Verifica
degli Investimenti (NUVV) pubblici, costituiti ai sensi della legge 144/1999. E’ necessario non confondere tali
strutture né con gli Organismi Indipendenti di Valutazione della performance, istituiti ai sensi dell’art. 14 del D.lgs.
150/2009, né con i già citati Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) istituiti presso le Amministrazioni
centrali dello Stato ai sensi dell’art. 39 della legge 196/2009.
12
dei fabbisogni infrastrutturali, alla valutazione ex ante ed ex post dei progetti di investimento
infrastrutturali ed al coinvolgimento dei NUVV in tali attività. Il DPCM è stato pubblicato in GU
il 22 novembre 2012. Entro il 22 febbraio 2013 i Ministeri avrebbero quindi dovuto adottare le
proprie linee guida e trasmetterle al CIPE per la relativa presa d’atto. Non sono tuttavia ancora
pervenute al CIPE tali linee guida. Il medesimo DPCM del 3 agosto 2012 contiene anche lo
schema-tipo del Documento pluriennale di pianificazione che prevede l’articolazione del
Documento in: un’introduzione (volta a esplicitare il quadro finanziario e il raccordo fra gli
obiettivi di risultato e di impatto con la nota integrativa del Bilancio di Stato e con la Direttiva
annuale dell’organo di indirizzo politico-amministrativo); una Prima sezione dedicata all’analisi
ex ante dei fabbisogni infrastrutturali; una Seconda sezione dedicata ai metodi e risultati della
procedura di selezione e di valutazione delle opere e priorità di intervento; infine, una Terza
sezione dedicata ai metodi e risultati della valutazione ex post delle opere ancora in corso di
realizzazione.
Nel corso del 2012, gli interventi di capacity building sono stati realizzati attraverso l’emanazione dei
due DPCM sopraindicati. Il disegno normativo prevede che:
- il supporto metodologico per lo svolgimento delle specifiche attività di valutazione sia
assicurato prevalentemente dal Nucleo di valutazione del DPS, in raccordo con il Sistema
Nazionale di Valutazione;
- il coordinamento e la verifica della corretta predisposizione dei Documenti Pluriennali di
Programmazione e delle relazioni annuali di attuazione, nonché il rispetto delle indicazioni
contenute nelle linee guida, sia assicurato prevalentemente dal DIPE, al fine dell’esame da
parte del CIPE, il quale deve iscriverli all’ordine del giorno entro la prima seduta utile previa
conclusione dell’istruttoria preventiva del DIPE. Qualora la relativa deliberazione non
intervenga entro la seconda seduta utile del CIPE dopo la conclusione dell’istruttoria, i Ministri
competenti possono provvedere con proprio decreto ad approvare i DPP.
Nel corso dell’annualità 2013 il Nucleo di valutazione ha partecipato al Gruppo di Lavoro costituito
all’interno del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica con
l’obiettivo di informare e supportare le decisioni ed i pareri del CIPE relativamente alle linee guida per
la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e ai Documenti Pluriennali di
Pianificazione prodotti dai Ministeri.
Il Gruppo di Lavoro è stato costituito con ordine di servizio del Capo Dipartimento in data 29 novembre
2013. Sono stati successivamente costituiti sottogruppi finalizzati ad approfondire tematiche e
problematiche specifiche, individuate già in sede della prima riunione plenaria del gruppo. I membri
del Nucleo facenti parte il Gruppo di lavoro si stanno occupando in particolare di analizzare le
modalità di inclusione, presentazione e valutazione (all’interno dei futuri Documenti Pluriennali di
Pianificazione) dei progetti ministeriali la cui implementazione è prevista in partenariato con soggetti
privati, ovvero di programmi complessi di interventi.
13
D.Lgs. 229/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere e), f) e g) – Modalità
di progettazione e monitoraggio degli interventi infrastrutturali delle amministrazioni pubbliche
Il decreto disciplina le modalità di monitoraggio degli investimenti pubblici e di verifica dell’andamento
della spesa. L’ambito di applicazione è più ampio del precedente decreto 228/2011, in quanto si
estende al complesso delle amministrazioni pubbliche e non si limita a quelle centrali. Le disposizioni
subordinano l’erogazione di finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di
monitoraggio e tracciabilità degli interventi, con particolare riferimento al Codice Unico di Progetto,
all’ottenimento del quale è subordinato il rilascio del codice identificativo di gara da parte dell’Autorità
di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. I sistemi informatizzati di monitoraggio
disciplinati dal decreto dovranno alimentare la banca dati istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art.
13 della legge 196/2009 e i dati trasmessi dovranno essere coerenti anche con il sistema di
monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 istituito sempre presso il MEF-RGS. Il
dettaglio delle informazioni minime da rilevare è stato successivamente definito con Decreto del
Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013, così come previsto dall’art. 5 del D.Lgs.
229/2011. Il decreto prevede inoltre un meccanismo di definanziamento automatico delle risorse a
carico dello Stato nel caso di mancato avvio dell’opera. Infine, vengono istituiti presso ciascun
Ministero due Fondi distinti, rispettivamente per la progettazione e per le opere.
1.3 Le questioni aperte
Come detto sopra, nel corso del 2012 è stato completato il quadro normativo in materia di
programmazione, valutazione e monitoraggio delle opere pubbliche, attraverso l’emanazione dei due
provvedimenti attuativi del D.lgs 228
10
e del D.Lgs. 229/2011
11
.
E’ necessario che le Amministrazioni pubbliche diano puntualmente attuazione alle disposizioni sia di
carattere procedurale che di merito. Particolare attenzione andrà posta in primo luogo alla sollecita
trasmissione da parte delle amministrazioni centrali delle Linee guida per la valutazione ex ante ed ex
post, sulla scorta del modello standardizzato delle medesime Linee Guida e dello schema-tipo di
Documento Pluriennale di Programmazione adottati con il citato DPCM 3 agosto 2012.
In secondo luogo, i criteri di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei di Valutazione e
Verifica degli investimenti pubblici istituiti all’interno delle Amministrazioni centrali dello Stato (NUVV),
definiti con il DPCM del 21 dicembre 2012, dovranno trovare applicazione attraverso i Decreti
ministeriali e i regolamenti adottati da ciascuna Amministrazione per ridefinire i propri criteri e
10
Il DPCM 3 agosto 2012 finalizzato alla definizione delle Linee guida per la valutazione dei fabbisogni e degli
interventi e dello Schema-tipo per la redazione del Documento Pluriennale di Programmazione; il DPCM 21
dicembre 2012, n° 262, finalizzato alla definizione delle garanzie di indipendenza e professionalità dei componenti
dei Nuclei di Valutazione.
11
Il decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013 finalizzato alla definizione del contenuto
informativo minimi dei sistemi gestionali informatizzati e delle modalità di monitoraggio, coordinate da RGS.
14
procedure di selezione e di rinnovo dei componenti dei Nuclei, nonché per declinare il proprio Codice
etico e gli specifici requisiti di indipendenza e incompatibilità.
Entro il 31 ottobre avrebbero dovuto essere sottoposti al CIPE i primi Documenti Pluriennali di
Programmazione (DPP) 2014 -2016 da parte di ogni Amministrazione centrale; la mancata redazione
e approvazione di tale Documento impedisce finora la piena attuazione dell’intero sistema di
programmazione, valutazione, attuazione e monitoraggio degli investimenti pubblici così come
concepito dalla norma attuale.
Nel seguito verranno evidenziate alcune ulteriori questioni aperte da affrontare per rendere
effettivamente operativo il disegno complessivo.
Capacity building
Il sistema dei nuclei di valutazione ha ricevuto un nuovo impulso, attraverso le nuove competenze
attribuite dal citato D.Lgs. 228/2011; la definizione dei requisiti minimi di indipendenza e
professionalità dei componenti dei nuclei; l’attribuzione di nuove risorse a valere sia sul Programma
Operativo PON Governance e Assistenza Tecnica (GAT) 2007-2013 per il potenziamento del Sistema
Nazionale di Valutazione, sia sui fondi stanziati dal CIPE con la delibera n. 26/2013 per 13,77 milioni
di euro.
Si tratta di un insieme di strumenti finalizzati a riqualificare in modo significativo le professionalità
disponibili all’interno dei Nuclei, accrescendone l’indipendenza nel processo decisionale relativo agli
investimenti pubblici. Nel selezionare professionalità interne all’amministrazione, sarà fondamentale
individuare criteri oggettivi e trasparenti di delimitazione fra il tempo dedicato al Nucleo e le ordinarie
attività lavorative.
Cogenza adempimenti
Le disposizioni dei D.Lgs. e dei DPCM di attuazione, sopra richiamati, si soffermano aspetti di
processo e metodologici, ma non incidono sugli aspetti relativi alla responsabilità delle scelte di
investimento e al grado di conseguimento dei risultati attesi. Il rischio da tener presente è che a fronte
di un’insufficiente pressione esterna e di una persistenza inadeguatezza delle capacità e dei poteri
interni in materia di valutazione, le Amministrazioni finiscano per disattendere le disposizioni
normative, limitandosi a formali adempimenti.
Il D.Lgs. 228/2011 prevede due sanzioni, relative alla corretta redazione del Documento Pluriennale di
Programmazione e alla sua presentazione:
il Documento Pluriennale di Programmazione può essere iscritto all’ordine del giorno del CIPE
solo in esito alla positiva istruttoria da parte del DIPE;
le opere non incluse nel Documento o nelle relazioni annuali non potranno essere ammesse
al finanziamento, ad eccezione delle operazioni di finanza di progetto disciplinate dall’art. 153
del Codice dei contratti pubblici.
15
Inoltre la delibera CIPE n. 26/2013 del 18 marzo 2013, nel ripartire i fondi destinati ai Nuclei di
valutazione dei Ministeri, ha condizionato il versamento del 50% della somma destinata ad ogni
singolo nucleo alla presentazione al CIPE da parte del relativo Ministero delle linee guida per la
valutazione degli investimenti in opere pubbliche per i settori di propria competenza.
Al fine di attribuire credibilità all’intero processo previsto dal D.Lgs. 228/2011 e successivi atti attuativi,
sarà necessario applicare in modo puntuale e sostanziale tali sanzioni. Affinché ciò sia possibile, è a
sua volta necessario che il disegno previsto dalla norma sia percepito dalle Amministrazioni centrali
come utile ed efficace, oltre che credibile e cogente.
Ciclo della performance e bilancio
Un aspetto che l’insieme dei provvedimenti sopra illustrati lascia irrisolto è l’adeguata visibilità
dell’intero ciclo di programmazione, dallo stanziamento in bilancio delle risorse in conto capitale, alla
spesa e misurazione dei risultati conseguiti, alle allocazioni nelle successive annualità. La difficoltà nel
ricollegare la decisione di bilancio alla realizzazione dell’opera è storicamente spiegata dalla
frammentazione delle fonti di finanziamento, dalla complessità della filiera istituzionale e dalla labilità
dei vincoli di destinazione delle risorse stanziate ma non impegnate. L’introduzione ad opera della
legge 196/2009 della programmazione triennale nella costruzione del bilancio di Stato e l’obbligo che
alle previsioni di competenza siano affiancate anche le previsioni di cassa per l’intero triennio,
favorisce senz’altro il rafforzamento del ciclo di programmazione. Tuttavia, il collegamento fra
stanziamento delle risorse e realizzazione dell’opera continua ad essere ostacolato da diversi fattori,
fra i quali: 1) la maggiore flessibilità del bilancio dello Stato i (richiedendo al Parlamento di votare
l’aggregato “programma” invece dell’”unità previsionale di base”); 2) la lunghezza della tempistica del
ciclo delle opere pubbliche, che accentua le difficoltà nella gestione dei residui passivi che si
stratificano nel bilancio finanziario, spesso di non facile quantificazione; 3) i ripetuti tagli di bilancio
anche riferiti ad assegnazioni di fondi già assunte, con la conseguente necessità di rivedere
l’attribuzione delle risorse.
Le conseguenze di ciò consistono in una sostanziale deresponsabilizzazione dei diversi soggetti
istituzionali competenti per le opere pubbliche e in una vanificazione di fatto dei principi del
performance based budgeting richiamato nell’introduzione.
Governance multilivello
Molteplici studi e raccomandazioni (cfr., fra gli altri, Banca d’Italia, “Le infrastrutture in Italia: dotazione,
programmazione, realizzazione”, Seminari e convegni, aprile 2011), evidenziano come i diversi ambiti
di policy che alimentano gli investimenti pubblici in Italia presentano ampie aree di sovrapposizione,
riflesse nella pluralità di fonti di finanziamento di ciascuna opera pubblica. Evidenziano inoltre la
necessità di un maggior coordinamento delle decisioni di investimento nell’ambito della governance
territoriale multilivello.
16
L’efficacia stessa dei servizi erogati per il tramite delle infrastrutture e il loro impatto sulla crescita
dipende infatti in modo sostanziale dalle modalità di coordinamento fra diversi interventi e livelli
istituzionali che agiscono nei medesimi territori, che a loro volta condizionano in modo significativo la
qualità e la tempistica della spesa pubblica in conto capitale. Tali aspetti andranno considerati con la
massima attenzione nella valutazione delle opere pubbliche, anche in considerazione del fatto che la
spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali, alle quali è esclusivamente rivolto il D.Lgs.
228/2011, incide per il 50% circa del totale della spesa in conto capitale delle amministrazioni
pubbliche (Tabella II.1.3 del DEF 2013, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), mentre la
spesa in conto capitale delle Amministrazioni locali, non interessate dai provvedimenti sopra richiamati
se non per la parte di interventi finanziata nell’ambito delle politiche di coesione, incide per il
rimanente 50%.
Tabella 1.1 Articolazione dei Nuclei
Istituzione di
appartenenza
DIPE DPS Ministeri Regioni
Tipo di
spesa
valutata
Istituzione di
indirizzo
Unità di
valutazione degli
investimenti
pubblici (UVAL)
Nucleo di valutazione
e verifica degli
investimenti pubblici
(NVVIP) (Legge
144/1999 e DPCM 25
novembre 2008)
Unità di valutazione
degli investimenti
pubblici (UVAL) e
Unità di verifica
(UVER) (D.Lgs.
430/1997)
Nuclei di valutazione
e verifica degli
investimenti pubblici
(NUVV) dei singoli
ministeri (Legge
144/1999)
Nuclei di
valutazione
e verifica
degli
investimenti
pubblici
(NUVV)
regionali
Conto
capitale
Ragioneria
generale dello
Stato (RGS)
Nuclei di analisi e
valutazione della
spesa (NAVS) dei
singoli ministeri
(Legge 196/2009)
-
Spesa
complessiv
a
17
2. LA COMPETITIVITA’ A LIVELLO LOCALE: L’INDAGINE “DOING BUSINESS
SUBNATIONAL IN ITALY 2013”
2.1 I risultati dell’Indagine
Il tradizionale rapporto “Doing Business”
12
, presentato quest’anno dalla Banca Mondiale il 23 ottobre
2012, ha posto l’Italia al 73° posto su 185 Paesi, evidenziando una inversione di tendenza rispetto agli
anni precedenti (87° posto nel 2011). Tale rapporto si basa sui dati ”nazionali” dei singoli paesi, rilevati
nelle città capitali dei singoli Stati.
Al fine di approfondire la dimensione territoriale dei problemi di competitività nel rapporto tra
amministrazioni pubbliche e imprese e individuare proposte di policy più dettagliate, la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica
economica ha commissionato l’indagine “Doing Business subnational” al Dipartimento “Global
Indicators and Analysis Department” della Banca Mondiale. Dell’iter di preparazione e di raccolta dati
è stato reso conto nella precedente relazione annuale del Nucleo.
Il 14 novembre 2012 il rapporto conclusivo “Doing Business subnational in Italia 2013”, è stato
presentato a Roma dal Ministro per la Coesione Territoriale e dal Vicepresidente della Banca
Mondiale, alla presenza di rappresentanti delle Regioni e di esponenti del mondo imprenditoriale
italiano.
Lo studio subnational analizza quattro fasi del ciclo di vita di un’impresa (avvio d’impresa, ottenimento
dei permessi edilizi, trasferimento di proprietà immobiliare e risoluzione di dispute commerciali) in 13
città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova,
Palermo, Potenza, Roma e Torino. Lo studio misura inoltre l’indicatore sul commercio transfrontaliero
marittimo in 7 porti: Cagliari, Catania, Genova, Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Trieste.
I risultati dell’indagine mettono in luce alcune buone pratiche a livello locale (tabella 2.1) che, se
fossero diffuse a livello nazionale, consentirebbero un sensibile miglioramento della posizione italiana
nel ranking globale (dall’attuale 73° al 56° posto), ma che non sarebbero comunque sufficienti a
raggiungere la media UE (corrispondente al 40° posto).
L’indagine riconosce gli sforzi compiuti dal Governo, a partire dal 2011, che ha intrapreso significative
riforme in tutti i settori analizzati, ma conferma il persistere di criticità sul fronte della competitività: la
media italiana risulta peggiore di quella europea per tutti gli indicatori tranne che per l’indicatore
relativo al “Trasferimento di una proprietà immobiliare”.
Si evidenzia tuttavia una grande variabilità nelle performance delle 13 città rispetto ai quattro
indicatori: nessuno dei capoluoghi presenta buone performance in tutti o in gran parte degli indicatori
12
Lo studio si riferisce a un dato unico nazionale relativo a 10 indicatori sulla base dei dati aggiornati al 30 giugno
2012.
18
(solo Bologna è la migliore in due indicatori su quattro). Tutte le città hanno risultati insoddisfacenti su
almeno un indicatore (Roma, Potenza, Campobasso e Bari risultano all’ultimo posto per un indicatore
ognuno). Esistono pratiche di qualità diffuse sul territorio da cui le altre città possono imparare, ma
nessuna di esse è immune da necessità di riforme e miglioramenti nelle politiche di gestione
amministrativa (tabella 2.2).
La variabilità si accentua per gli indicatori il cui valore è condizionato dall’efficienza degli uffici periferici
dell’amministrazione centrale, come ad esempio la “Risoluzione di una disputa commerciale” (il
tribunale di Torino è più efficiente di quello di Milano) o dall’efficienza delle amministrazioni regionali e
locali, come ad esempio per l’”Ottenimento di permessi edilizi”, con Cagliari e l’Aquila al secondo e
terzo posto. La performance di Cagliari per quest’ultimo indicatore è spiegata dal fatto che la
Sardegna è l’unica Regione ad avere una legge regionale che stabilisce che le imprese devono
inviare elettronicamente tutte le richieste relative alla costruzione di un magazzino al SUAP, il quale
convoca una conferenza di servizi per il rilascio di tutti i permessi necessari.
Al Nord si registrano minori tempi di attesa per le autorizzazioni; Milano presenta tempi più veloci della
media europea per l’ottenimento dei permessi edilizi (151 giorni rispetto ad una media UE di 182
giorni e una media italiana di 231), anche per l’effetto della L.R. 12/2005 che in Lombardia estende la
così detta “Super-DIA” (che prevede una sola richiesta e 30 giorni per essere evasa) anche alle nuove
costruzioni. Padova utilizza per l’avvio di impresa 6 giorni rispetto ai 9 della media italiana e ai 14 della
media UE. La piattaforma ComUnica, come molte città ma stabilendo un sistema di priorità nel trattare
le richieste, privilegiando la fase di creazione dell’impresa.
Al Sud è generalmente minore il costo per le imprese. Per l’indicatore “Avvio di un’attività
imprenditoriale”, Catanzaro si colloca al primo posto, mentre Milano è solo all’ottavo posto, dopo
Potenza, Palermo e Bari. Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, solo una città del
Nord figura tra le prime nove (Torino è al primo posto) Anche in questo caso, il dato determinante
nell’indicatore è il costo: i tempi sono molto lunghi ovunque, da 2 a 3,5 volte la media UE. Fra Milano e
Napoli i tempi sono simili, mentre Milano, così come Padova o Bologna, sono più costose. Ancora una
volta le differenze si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a
Napoli.
Analizzando i due indicatori (Avvio di un’attività imprenditoriale e Risoluzione delle dispute
commerciali) appare chiaro che due elementi di costo determinano il buon piazzamento delle città del
Sud: 1) i costi di avvio di un’attività imprenditoriale e di risoluzione delle dispute, misurati in
percentuale rispetto al reddito pro-capite medio nazionale, penalizzano il Nord, che ha un reddito più
alto; 2) le spese notarili influiscono per oltre il 70% sul costo di avvio (e di una percentuale simile le
spese legali per la risoluzione delle dispute) e sono più elevate nelle regioni del Nord rispetto a quelle
del Sud. Milano ha così il costo più elevato delle 13 città analizzate. I costi di avvio a Milano sono
tuttavia quasi quattro volte superiori alla media UE e OCSE e l’indagine coglie questo aspetto,
penalizzando la città nella classifica.
19
Solo per l’indicatore “Trasferimento di una proprietà immobiliare” la media italiana risulta migliore di
quella europea e, se comparata a livello globale, una città-tipo italiana si attesterebbe al 35° posto
della classifica globale. I risultati relativi agli altri indicatori non sono ancora soddisfacenti, sia perché
l’indagine coglie solo degli aspetti molto puntuali, sia perché alcune delle riforme produrranno i propri
effetti in tempi non immediati. Un esempio indicativo è quello della giustizia, dove le misure prese
richiederanno del tempo prima di produrre i loro frutti. Intanto il dato drammatico della durata delle
cause ci pone al 160° posto su 185 paesi. Torino risolve una disputa commerciale in 855 giorni,
rispetto ai 1400 medi italiani e ai 2022 di Bari, ma rimane comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla
media UE. Nel 2001 il Presidente del Tribunale di Torino ha evidenziato la necessità di una trattazione
più ordinata delle cause, dando priorità a quelle più vecchie in un approccio “first in first out”. Come
risultato, nel 2010 i casi più vecchi di 3 anni rappresentavano meno del 5% del carico pendente del
Tribunale. La lentezza delle cause civili ha un impatto negativo sull’intero sistema competitivo:
laddove c’è un gran numero di cause pendenti arretrate, c’è meno accessibilità al credito, il tasso di
interesse medio è più alto come anche il tasso di inadempienze. La tabella 2.3 illustra i principali
risultati per indicatore.
Alcuni dei risultati, a prima vista, potrebbero destare sorpresa. La più evidente anomalia è il caso di
Catanzaro, al primo posto per l’indicatore “Avvio di un’attività imprenditoriale”, laddove Milano è solo
all’ottavo posto, dopo Potenza, Palermo e Bari. Tuttavia, analizzando l’indicatore appare chiaro che il
costo di avvio dell’impresa determina la differenza.
Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, Torino è al primo posto, grazie a tempi più
brevi, pur essendo comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla media UE. Milano, Bologna e Padova
sono invece nelle ultime posizioni, laddove Napoli è al secondo posto. Ancora una volta le differenze
si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a Napoli. Negli
indicatori “Ottenimento di permessi edilizi” e “Trasferimento di una proprietà immobiliare” Bologna è al
primo posto, ma al secondo troviamo rispettivamente Cagliari e Palermo.
Per quanto riguarda i 7 porti analizzati, fra quelli di destinazione finale (gateway), Genova e Trieste
sono più veloci e più economici di Napoli, mentre fra quelli di transito (transhipment) Catania è il più
efficiente, più rapido di Taranto e Gioia Tauro..
Mentre il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea
e a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti), l’Italia si discosta
sensibilmente dagli altri concorrenti europei per i tempi: 19 giorni come tempo medio all’esportazione
(contro i 10 giorni di media dei paesi OCSE e gli 11 degli altri paesi UE) e 17 giorni come tempo
medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è
in parte dovuto alla rigidità degli orari di lavoro dei funzionari dell’Agenzia delle dogane e del Ministero
della salute, i principali enti coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in
molti altri Paesi operano h/24.
20
2.2 Le proposte di policy contenute nel Rapporto e l’azione del Governo
Dall’indagine sono emerse proposte di policy per il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale da
portare all’attenzione dei diversi livelli di governo. Nel seguito si riporta una sintesi di tali proposte.
A livello di Governo nazionale:
Dare piena attuazione a una serie di misure già adottate ma non ancora attuate: lo Sportello Unico
Doganale, l’Autorità dei trasporti, la riforma del settore giustizia per quanto concerne la
specializzazione dei tribunali e il processo civile telematico.
Al riguardo, il Governo ha approvato numerose riforme che sono state successivamente “rallentate” in
fase applicativa. Ad esempio in materia di velocizzazione delle controversie commerciali, la Corte
costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega delle norme che hanno
introdotto la conciliazione nelle controversie civili e commerciali (D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28) nella
parte in cui prevedono il carattere obbligatorio della mediazione. Dopo la bocciatura, la mediazione
obbligatoria è stata riproposta in forma modificata negli emendamenti al decreto legge 22 giugno
2012, n. 83 (cosiddetto "Decreto Sviluppo").
Il medesimo decreto prevede anche la revisione della legge sul diritto fallimentare per riportare gli
imprenditori più rapidamente sul mercato, riprendendo elementi del cosiddetto Chapter 11 del
Bankruptcy Code statunitense e di accedere immediatamente alle protezioni previste dalla legge
fallimentare presentando una semplice domanda di concordato preventivo, senza la necessità di
produrre contestualmente tutta la documentazione finora richiesta.
Anche in considerazione degli esiti dell’indagine – poi presentata al pubblico in data 14 novembre
2012 - Il CIPE ha approvato il 26 ottobre 2012 la riprogrammazione di una quota di 2,8 milioni di euro
per l’attivazione del processo civile telematico in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno e l’individuazione
delle cause tecniche e organizzative che concorrono a determinare i tempi lunghi nella definizione
delle cause civili nel Mezzogiorno.
 Altre implicazioni di policy del Rapporto sono orientate a evidenziare la necessità di ulteriori
riforme di semplificazione e di riduzione dei costi: proseguire lungo la strada di una maggiore
semplificazione e razionalizzazione delle pratiche edilizie, in particolare nel campo delle
autorizzazioni edilizie, Scia e Dia; estendere le previsioni della SRL semplificata a tutte le
SRL, non solo a quelle con titolari under 35 anni (capitale di 1 euro e esenzione dal passaggio
al notaio);
 ridurre i costi per il trasferimento di proprietà, (compensando con altre entrate il minore gettito
fiscale);
 migliorare l’utilizzo delle tecnologie informatiche per generalizzare il trattamento online delle
pratiche;
21
 maggiore flessibilità e decentramento delle responsabilità nella gestione delle reti periferiche
dell’amministrazione centrale (ad es. orari apertura uffici portuali della Dogana).
A livello regionale o comunale
Standardizzare le procedure per l’avvio d’impresa (prendendo spunto dalla creazione di
priorità a Padova)
Rendere effettiva la funzione di coordinamento degli Sportelli Unici fra gli enti competenti per il
rilascio dei permessi edilizi nei vari settori di riferimento (Vigili del fuoco, ASL, ecc.), senza
arrivare agli eccessi della raccomandazione della Banca Mondiale che offre come modello la
semplificazione delle licenze edilizie di Singapore (una società con una cultura della legalità
molto diversa dalla nostra).
Migliorare l'accessibilità e la trasparenza delle informazioni anche potenziando i siti web dei
Comuni (esempi di Bologna e Milano che mettono online programmi di calcolo degli oneri per
le costruzioni, una sorta di Open Local Government).
A livello dei servizi professionali
Contenere i costi dei servizi privati, ad esempio rendendo effettive le conseguenze dell’abolizione
delle tariffe minime degli ordini professionali o le misure per l’aumento del numero di notai.
2.3 Scambio di esperienze con la Polonia sulla realizzazione dell’indagine Doing Business
subnazionale
Nel dicembre 2012 il Ministero dello Sviluppo Regionale della Polonia ha richiesto al Nucleo del DIPE
informazioni relative all’esperienza italiana nella realizzazione dell’indagine Doing Business a livello
subnazionale, i risultati ottenuti e il follow up. La Polonia è passata dalla 74ma posizione della
classifica globale Doing Business del 2012 alla 55ma del 2013, risultando così il top performer di
quest’anno. Il Governo polacco è pertanto interessato ad svolgere l’indagine Doing Business a livello
locale, per evidenziare le disparità fra le regioni al fine di applicare in maniera più mirata le politiche
regionali. Un componente del Nucleo, in rappresentanza del Dipartimento, è stato quindi invitato a
partecipare ad un incontro con i vertici delle amministrazioni centrali polacche coinvolte nei temi
oggetto dell’indagine. Durante l’incontro, tenutosi a Varsavia il 21 febbraio 2013, sono state illustrate
le principali fasi di preparazione dell’indagine (consultazione interna al DIPE; costituzione di un team
interno al Dipartimento responsabile del progetto; consultazione con le altre amministrazioni;
coinvolgimento di Unioncamere; scelta dei territori e degli indicatori; accordo con Banca Mondiale), di
realizzazione delle attività di definizione e rilevazione degli indicatori (coinvolgimento delle Regioni, dei
Comuni e delle autorità portuali; kick-off meeting; raccolta dei dati; right-of-reply; preparazione del
rapporto) e di lancio del rapporto. Sono stati inoltre presentati e discussi i principali risultati
dell’indagine, le raccomandazioni di Banca Mondiale e le iniziative intraprese in merito dal
Dipartimento e dal Governo.
22
Tabella 2.1. Facilità di fare impresa se le best practices fossero diffuse sul territorio nazionale.
Indicatori
Migliori risultati nei capoluoghi
dell'indagine
Media
Italia
2013
Media
UE
2013
Ranking Doing Business
Italia se
generalizzat
a la best
practice
nazionale
Italia
effettivo
2013
Media
UE
2013
Avvio di
un’attività
imprenditori
ale
N. procedure
6 (tutti a parte
Campobasso)
6 6
78 84 74
N. giorni
6 (Milano,
Padova, Roma)
9 14
Costo (sul reddito
pro-capite)
12.2% (Bari) 14.5% 4.9%
Capitale minimo
richiesto (sul reddito
pro-capite)
9.7% (tutte le
città)
9.7% 14.9%
Ottenimento
di permessi
edilizi
N. procedure
11 (Cagliari,
Roma)
13 14
33 103 69N. giorni 151 (Milano) 231 182
Costo (sul reddito
pro-capite)
45.1% (Napoli) 253.6% 99.6%
Trasferimen
to di una
proprietà
immobiliare
N. procedure
3 (Bologna,
Milano, Napoli,
Palermo, Roma,
Torino)
3.5 5
26 39 62
N. giorni
13 (Bologna,
Napoli,
Palermo)
18 27
Costo (sul valore
della proprietà)
4.3%
(Catanzaro)
4.4% 4.6%
Risoluzione
di disputa
commercial
e
N. procedure 41 (tutte le città) 41 32
123 160 47
N. giorni 855 (Torino) 1400 547
Costo (sul valore
contestato)
20.5%
(Potenza)
26.2% 21.5%
Commercio
internaziona
le
N. documenti per
esportazione
4 (tutti i porti) 4 4
ND 55 36
N. giorni per
esportazione
18 (Taranto,
Genova,
Trieste)
19 11
Costo per
esportazione (VA)
940 USD
(Genova)
1006
USD
1004
USD
N. documenti per
importazione
4 (tutti i porti) 4 5
N. giorni per
importazione
16 (Catania,
Cagliari)
17 11
Costo per
importazione (VA)
935 USD
(Genova)
1131
USD
1072
USD
Media complessiva 56 73 40
Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
23
Tabella 2.2. Performance delle 13 città per ognuno degli indicatori
n.
Avvio di una
attività
imprenditoriale
Ottenimento di
permessi edilizi
Trasferimento di
una proprietà
immobiliare
Risoluzione di una
disputa
commerciale
1 Catanzaro Bologna Bologna Torino
2 Padova Cagliari Palermo Napoli
3 Potenza L’Aquila, Milano Campobasso, Napoli Potenza
4 Bologna Roma
5 Palermo Padova Catanzaro Cagliari
6 Bari Roma Cagliari Campobasso
7 Roma Torino Bari, Milano Catanzaro
8 Milano Campobasso L’Aquila
9 L’Aquila Bari L’Aquila, Torino Palermo
10 Torino Catanzaro Milano
11 Cagliari Napoli Potenza Bologna
12 Napoli Palermo Padova Padova
13 Campobasso Potenza Roma Bari
Fonte: Doing Business in Italy 2013 Subnational, Smarter Regulation for Small and Medium-Size Entreprises, The
World Bank-IFC, Washington 2013
24
Tabella 2.3. Principali risultati contenuti nel rapporto DB subnazionale per ciascuno degli indicatori
Indicatore Risultati
Avvio di
un’attività
imprenditoriale
Dal 2010, le imprese devono iscriversi attraverso il sistema unico di archiviazione on-line
(ComUnica) gestito dalle camere di commercio. Ora sono necessarie solo 6 procedure in tutte
le città. Solo a Campobasso è tuttora necessario presentare copia cartacea della SCIA al
SUAP.
A Milano, Padova e Roma un imprenditore può avviare un’impresa in 6 giorni, mentre a Napoli
sono necessari 16 giorni. Le differenze sono conseguenza di quanto velocemente le agenzie
collegate da Comunica rispondono.
Il costo dell’avvio di un’impresa varia da 12,2% del reddito pro-capite a Bari al 16,8% a Milano.
Le spese notarili sono, in media, 428 euro più costose in città del Nord Italia che nelle città del
centro o del sud. Oltre ai costi di avviamento, una S.r.l. deve depositare l'equivalente del 9,7%
del reddito per abitante, come capitale versato minimo.
Le spese notarili pesano per il 72,2% sul costo totale dell’avvio d’impresa in Italia.
Catanzaro, migliore classificata, combina bassi compensi professionali con tempi di risposta
rapidi ed efficienti.
Ottenimento
dei permessi
edilizi
Il numero di procedure per ottenere un permesso per la costruzione di un magazzino e per
collegarlo alle utenze varia da 11 (Cagliari e Roma) a 15 (Napoli). Ci vogliono 5 mesi per
completare il processo a Milano, ma più di 10 mesi a Catanzaro e a Palermo. I ritardi principali
per ottenere i permessi dipendono dai Comuni e dai loro uffici.
Ottenere il solo permesso per la costruzione a Catanzaro e a Palermo richiede più di 6 mesi, la
metà del tempo a Napoli, Campobasso e Potenza e soli 30 giorni a Milano.
Per i permessi ci sono grandi variazioni dei costi in tutte le città, derivanti essenzialmente dai
contributi di costruzione (l’87% del costo totale).
Calcolare il costo di un permesso edilizio è agevole e veloce a Milano, Torino e Padova, dove è
possibile farlo online, mentre richiede più tempo nelle altre città, dove è prassi richiedere un
appuntamento con un tecnico del Comune.
Trasferimento
di una
proprietà
immobiliare
I requisiti per avviare i trasferimenti di proprietà sono identici in tutto il Paese. Includono
l'ottenimento di un certificato energetico o l'utilizzo di un notaio per avere l’autorizzazione alla
vendita.
A Bologna, Palermo, Milano, Napoli, Roma e Torino la registrazione dell’edificio con l'Agenzia
delle Entrate e l’Agenzia del Territorio è effettuata con un’unica trasmissione elettronica,
l’“Adempimento Unico Telematico”.
Il processo di registrazione richiede dai 13 giorni di Bologna, Napoli e Palermo ai 24 di Roma.
Oltre il 92% del costo complessivo è composto dai canoni e dai computi nazionali di cui il più
importante è l'imposta di registro (3% del valore dell'immobile), il restante 8% è composto da
tasse di servizi professionali.
Risoluzione
delle dispute
commerciali
Il rispetto dei contratti richiede lo stesso numero di passaggi in tutte le città italiane, ma vi sono
variazioni rilevanti di tempi e di costi.
Torino, dove ci vogliono 855 giorni e il costo è pari al 22% dell’ammontare oggetto della disputa,
ha la performance migliore. Bari ha il record peggiore: ci vuole più del doppio del tempo rispetto
a Torino e costa il 34,1% dell’ammontare oggetto della disputa.
Commercio
Internazionale
Genova è il porto con la performance migliore fra i porti “gateway”: un container può essere
esportato in 18 giorni con un costo di 940 dollari e importato in 17 giorni con un costo di 935
dollari. Catania è invece il porto più efficiente fra i porti “transhipment”: un container può essere
esportato in 19 giorni con un costo di 1020 dollari e importato in 16 giorni con un costo di 1040
dollari.
Il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea e
a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti).
19 giorni come tempo medio all’esportazione (contro i 10 giorni dei paesi OCSE e gli 11 degli
altri paesi UE) e 17 giorni come tempo medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono
uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è essenzialmente dovuto alla rigidità degli orari
di lavoro dei funzionari dell’agenzia delle dogane e del Ministero della salute, i principali enti
coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in molti altri paesi
operano h/24.
Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
25
3. LE POLITICHE URBANE: PIANO CITTA’ E RECUPERO OPERE INCOMPIUTE
3.1 Il Piano città
Negli anni recenti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha promosso e finanziato una serie di
programmi nazionali volti a sviluppare, insieme agli enti locali coinvolti, modelli innovativi di
programmazione dello sviluppo urbano e territoriale. In un contesto di scarsità di risorse pubbliche per
investimenti a fondo perduto e partendo dalle lezioni apprese da pregresse esperienze di
pianificazione integrata (Priu, Pru, Prusst, Contratti di quartiere, URBAN)
13
, le iniziative ministeriali più
recenti hanno puntato alla sperimentazione di forme di partenariato particolarmente efficienti, sia di
tipo interistituzionale che pubblico-privato. Ai programmi di questa ultima generazione (SISTeMA,
Territori Snodo I, Territori Snodo II)
14
hanno partecipato decine di amministrazioni locali (per la
maggior parte Comuni), nella prospettiva di sviluppare studi, testare nuovi approcci e metodologie e
dotarsi di nuovi strumenti.
Pru-Priu, Prusst ed URBAN negli anni Novanta e nei primi anni Duemila avevano promosso
dinamiche di riqualificazione urbana integrata, mettendo a disposizione risorse finanziarie aggiuntive
rispetto a quelle della programmazione ordinaria, per investimenti a fondo perduto in azioni materiali
ed immateriali.
Negli ultimi 10 anni con SISTeMA, Territori Snodo I e II, l’azione del Ministero è stata soprattutto
indirizzata a supportare gli Enti Locali nella predisposizione di progetti di sviluppo locale capaci di
concorrere efficacemente alla assegnazione di risorse della programmazione nazionale e comunitaria
e, soprattutto, in grado di attrarre finanziamenti di natura privata, anche attraverso l’attivazione di PPP.
In questo quadro, con risorse finanziarie pubbliche calanti e frammentate, soprattutto nel campo
dell’edilizia residenziale pubblica, il decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita
del Paese” (cd. DL Sviluppo) ha previsto il Piano Nazionale per le Città (Piano Città), recuperando
risorse residue ed associandole ad altre fonti finanziarie pubbliche e private.
Il Piano Città, con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro per opere edilizie ed infrastrutturali, ha
rappresentato un ritorno a modalità di investimento diretto a favore delle aree urbane (i precedenti
finanziavano solo studi e progettazione ma non investimenti materiali) ed è stato concepito come uno
13
Programmi di recupero urbano- Pru (art. 11, Legge 493/93), i Programmi di riqualificazione urbana- Priu, (art. 2,
Legge 179/1992), Contratti di quartiere (D.M. infrastrutture 22 ottobre 1997), Programmi di di riqualificazione
urbana e sviluppo sostenibile del territorio – PRUSST (D.M. infrastrutture 1169/1998), Programmi di Iniziativa
Comunitaria URBAN I (1994-2000) e II (2000-2006).
14
Sviluppo integrato sistemi territoriali multi azione -SISTeMA (D.M. infrastrutture 988/2003); Progetti di Territorio
(Territori Snodo I e II), iniziative sviluppate dal Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento dello
sviluppo del territorio del Ministero delle infrastrutture fra il 2007 ed il 2011.
26
strumento per rilanciare uno dei settori economici maggiormente colpiti dalla crisi economica e
finanziaria, quello delle costruzioni
15
.
In particolare il Piano Città, esplicitamente dedicato alla “riqualificazione di aree urbane con particolare
riferimento a quelle degradate”
16
, mira a ristrutturare il settore delle costruzioni verso un modello di
sviluppo realmente sostenibile sia dal punto di vista economico che ambientale, facendo perno sul
principio del recupero e della valorizzazione delle risorse territoriali e sul contenimento del consumo
del suolo
17
.
L’opportunità di avviare una iniziativa di tale portata, in un momento di riduzione delle spese per nuovi
investimenti, è stata offerta dalla possibilità di fare convergere verso un unico obiettivo fondi inutilizzati
afferenti a precedenti programmi gestiti dal Ministero delle infrastrutture
18
. La somma di 224 milioni di
euro così reperita, e inserita in un “Fondo per l’attuazione del piano nazionale per le città”. Tale
operazione offre adeguate garanzie e incentivi alle istituzioni pubbliche e agli operatori privati presenti
sul territorio coinvolti nel processo di programmazione e implementazione di politiche di sviluppo
urbano. Si tratta di una somma consistente pur non sufficiente in sé per finanziare interamente
ambiziosi programmi di recupero urbano,
La questione della dimensione economica dell’investimento, ancorché rilevante, non rappresenta
comunque l’unico o il principale elemento di novità introdotto dal Piano Città. Altrettanto importante
appare il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione delle politiche e degli
investimenti in ambito urbano, a partire da quelli di natura pubblica, ma con necessaria e opportuna
attenzione anche a quelli di natura privata. E’ molto significativo infatti che la gestione del Piano (la
sua impostazione e la sua implementazione) sia stata affidata ad un organismo creato ad hoc, la cd.
Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture, ma comprendente rappresentanti delle
15
Nel quinquennio appena trascorso un ammontare paragonabile di risorse statali è stato destinato al social
housing nell’ambito del cosiddetto “piano casa”, con oltre 377 milioni di euro assegnati ad accordi di programma
esaminati dal CIPE nel 2011 e 2012, cui si erano poi aggiunti ulteriori finanziamenti gestiti direttamente dal MIT
(cfr. le due precedenti relazioni del Nucleo).
16
Art.12, Comma 1, Decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”.
17
Parallelamente alla promozione del Piano Città il Governo ha elaborato un disegno di legge per la
valorizzazione delle aree agricole e per il contenimento del consumo del suolo, proposto dai Ministri delle
politiche agricole alimentari e forestali, per i beni culturali e dello sviluppo economico e infrastrutture.
18
Si tratta in particolare di risorse non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ai seguenti programmi:
a) interventi costruttivi finanziati ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31
dicembre 2007, gli accordi di programma previsti dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005,
n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, e già destinate all'attuazione del piano
nazionale di edilizia abitativa ai sensi dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni;
b) programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell'articolo 2, comma 63, lettera b), della legge 23 dicembre
1996, n. 662,dell'articolo 1, comma 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dell'articolo 61, comma 1 della
legge 23 dicembre 1998, n. 448;
c) programmi innovativi in ambito urbano, finanziati ai sensi dell'articolo 145, comma 33, della legge 23 dicembre
2000, n. 388, e dell'articolo 4, comma 3. della legge 8 febbraio 2001, n. 21.
27
altre istituzioni centrali titolari di competenze rilevanti per gli ambiti urbani
19
, oltre che della Conferenza
Stato-Regioni, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, della Cassa Depositi e Prestiti e
dell’Agenzia del Demanio.
La Cabina di Regia
La creazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 3 agosto 2012, della
Cabina di Regia avrebbe dovuto, nelle intenzioni del legislatore, oltre che stimolare l’integrazione delle
politiche settoriali, portare a un vero e proprio incremento delle risorse a disposizione del Piano Città
attraverso l’assegnazione di quote di fondi gestiti da altri ministeri (ad esempio quelli per l’edilizia
scolastica del Ministero della Pubblica istruzione, o quelli per la riqualificazione energetica degli edifici
e per le bonifiche del Ministero dell’ambiente). Ciò non è effettivamente avvenuto nella misura
inizialmente auspicata, ma è stato comunque accolto l’appello della Cabina di Regia ad una
concentrazione delle risorse disponibili per le città in occasione della riprogrammazione dei fondi
strutturali comunitari 2007-2013 (Piano di Azione e Coesione, PAC) portata avanti dal Ministro della
coesione territoriale Fabrizio Barca. Nell’ambito della terza riprogrammazione del Piano Azione
Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati infatti individuati a favore del Piano Città ulteriori 94 milioni
di euro provenienti dal PON Reti e Mobilità, originariamente destinati al finanziamento delle Zone
Franche Urbane
20
. Con questa ulteriore attribuzione di risorse la disponibilità del Fondo per
l’attuazione del Piano nazionale per le città è salita a complessivi 318 milioni di euro.
Nell’ambito della Cabina di Regia, il citato decreto ministeriale del 3 agosto 2012 affida all’ANCI il
compito di predisporre un format per la presentazione delle proposte progettuali e quindi di
raccoglierle e classificarle, prima della loro trasmissione alla Direzione generale per le politiche
abitative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’istruttoria tecnica di competenza.
La Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è presente all’interno della Cabina di Regia anche attraverso la
sua SGR CDP Investimenti, società di gestione del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA), in qualità di
osservatore/potenziale investitore istituzionale. In virtù della sua significativa disponibilità di risorse da
investire in operazioni di riqualificazione e social housing, si tratta di una partecipazione cruciale per il
buon esito del Piano Città. In un momento di enorme difficoltà nel reperire capitali per il finanziamento
di operazioni di carattere immobiliare come quello attuale, il FIA dispone di risorse residue pari quasi
19
Ministero dell'economia e delle finanze; Ministero dello sviluppo economico; Ministero dello sviluppo economico
- Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica; Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; del Ministero per i beni e le attività culturali;
Ministero dell'Interno; Ministero per la cooperazione internazionale e l'integrazione; Ministero per la coesione
territoriale.
20
Anche all’interno del Piano Città la spesa di tali fondi è rimasta vincolata a progetti presentati da città delle
Regioni Convergenza (uniche beneficiarie del PON) individuate dalla delibera CIPE 14/2009 come Zone Franche
Urbane. Si tratta di 12 città, 10 delle quali al momento della riprogrammazione delle risorse avevano presentato
progetti nell’ambito del Piano Città.
28
1,4 miliardi di euro da investire entro il 2017
21
. Di fatto, nell’ottica del FIA, la partecipazione alla
Cabina di Regia rappresenta una occasione molto significativa per l’individuazione e lo scouting di
progetti da finanziare, anche al di là di quelli effettivamente premiati con i contributi a fondo perduto
del Piano Città.
La valutazione del Piano
Il termine per l’invio dei fascicoli di candidatura da parte delle città era il 5 ottobre 2012. Durante la
fase di elaborazione della procedura per la valutazione delle proposte e per la selezione dei progetti
da premiare, a settembre 2012, è stato prodotto dal Nucleo di Valutazione un documento sulle
opportunità e sui rischi relativi all’impostazione e alle prospettive di sviluppo del Piano Città;
documento trasmesso al rappresentante del Ministro della Coesione Territoriale, segretario del CIPE,
nella Cabina di Regia.
Il documento evidenziava l’opportunità di:
prendere in particolare considerazione la candidatura di Amministrazioni locali che hanno
partecipato ai programmi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiamati in apertura
del presente documento, specie laddove il progetto candidato si pone in diretta continuità con
tali esperienze. Ciò può costituire una ragionevole garanzia che la proposta sia frutto di un
processo di selezione degli interventi e di costruzione di consenso, a livello territoriale, e che
quindi possa portare a una reale ed efficace implementazione in tempi rapidi;
utilizzare le risorse del Piano città a sostegno di progetti emersi ed elaborati nell’ambito di
piani strategici, specie laddove sviluppati attraverso percorsi di concreta partecipazione dei
principali stakeholder locali. Tali proposte progettuali possono costituire un veicolo per
l’attuazione di vere e proprie strategie di rilancio locale, in senso sociale ed economico oltre
che urbanistico;
dare continuità ai processi di riqualificazione al fine di valorizzare adeguatamente gli interventi
già avviati e le risorse investite. Esistono numerosi esempi di città italiane che hanno compiuto
negli ultimi due decenni significativi sforzi per la riqualificazione di porzioni particolarmente
degradate del loro tessuto; ad esempio quelle storiche, soprattutto al sud (Bari Vecchia,
Ortigia a Siracusa, area centrale e lungomare a Salerno, area dei Sassi a Matera), o quelle
abbandonate a seguito di rapidi processi di deindustrializzazione, prevalentemente al centro-
nord (il Lingotto a Torino, l’area di Porta Garibaldi-Varesine a Milano, il parco scientifico
tecnologico VEGA a Venezia-Marghera). Si tratta in molti casi di processi non ancora
21
Il Fondo Investimenti per l’Abitare ha una dotazione complessiva di 2 miliardi di Euro. Il Fondo ha finora
esaminato e deliberato l’investimento in 89 progetti, per un impegno finanziario di 634 milioni, di cui al momento
esistono delibere definitive solo per 337 milioni.
29
conclusi, in parte a causa delle dimensioni ingenti delle aree da recuperare, in parte per la
sempre maggiore scarsità di risorse pubbliche a disposizione per incentivarli.
perseguire una maggiore integrazione con altri fondi e strumenti finanziari. Oltre alla auspicata
sinergia con gli investimenti del Fondo Investimenti per l’Abitare, con il Piano casa (per quanto
riguarda lo sviluppo del social housing), con il Piano nazionale di edilizia scolastica, e con
iniziative di valorizzazione di immobili demaniali, le risorse del Piano città possono essere
impiegate per il potenziamento (tramite effetto moltiplicatore) di iniziative di sviluppo urbano
sostenibile programmate nell’ambito dei POR FESR 2007-2013. Le regioni dell’Obiettivo
convergenza, in particolare, stanno implementando complessi programmi di sostegno agli
investimenti in ambito urbano gestiti direttamente dalle città. Inoltre, in due regioni, Sicilia e
Campania, è stato attivato un meccanismo finanziario particolarmente innovativo di spesa dei
fondi strutturali destinati al settore urbano. Si tratta del meccanismo JESSICA (acronimo per
Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas) che fa perno sulla
costituzione di Fondi di Sviluppo Urbano (già attivi in entrambe le regioni) dedicati al
finanziamento, non a fondo perduto, di progetti promossi dalle città attraverso la costituzione
di forme di partenariato pubblico-privato.
Sul fronte delle criticità, il documento segnalava:
la necessità che le proposte delle amministrazioni comunali contengano interventi al
contempo “immediatamente cantierabili” e progettualmente solidi
22
. E’ noto il rischio di
assegnare risorse a progetti immaturi; in contrasto con l’urgenza di dare uno stimolo
importante al settore urbano e delle costruzioni nell’attuale frangente di grave crisi economica.
Se da un lato esistono sicuramente progetti “maturi” che le amministrazioni comunali possono
mettere in campo per risvegliare l’interesse di partner privati in tempi brevi, la necessità di
procedere in fretta può minare la possibilità di “montare” le opportune e possibili sinergie con
altre importanti iniziative che riguardano lo sviluppo sostenibile ed il rinnovamento dei contesti
urbani. Fra queste spiccano quelle legate al processo di modernizzazione del patrimonio
immobiliare scolastico (coerentemente con le innovazioni introdotte dall’art.53 del DL
n.5/2012) e i nuovi investimenti del FIA, dopo l’eliminazione del vincolo del 40% alla
partecipazione finanziaria in progetti di housing sociale promossi dai comuni (DPCM di fine
luglio 2012).
strettamente legata alla questione esposta al punto precedente è quella della ricerca di
equilibrio fra le convenienze pubbliche e quelle private nei progetti da premiare. E’ richiesto
che le proposte inviate dalle amministrazioni comunali siano corredate da un impegno,
preferibilmente sotto forma di accordo, dei soggetti privati ad effettuare investimenti o mettere
22 Lettera 3, Comma 1, Articolo 12 (Piano nazionale per le città) del DL 83, 22 giugno 2012.
30
a disposizione asset immobiliari
23
. E’ facile immaginare che tali accordi derivino da
negoziazioni fra le amministrazioni e le controparti private che hanno radici in un epoca
precedente al lancio del Piano città. E’ di particolare importanza capire, caso per caso, in che
modo la prospettiva di un incentivo pubblico contribuisce a sbloccare una situazione
presumibilmente di stallo (se così non fosse l’iniziativa sarebbe in corso anche senza le
risorse messe a disposizione dal Piano). In particolare è importante assicurarsi che l’incentivo
pubblico aggiuntivo renda l’operazione più appetibile per il soggetto privato perché migliora la
qualità (urbana) complessiva dell’intervento, o aumenta la quantità di dotazioni pubbliche
prodotte; non perché solleva il soggetto privato da alcuni obblighi od oneri precedentemente
negoziati con la pubblica amministrazione.
il Piano città può rappresentare una opportunità per amministrazioni comunali che hanno
strutturato importanti operazioni di riqualificazione o recupero urbano predisponendo la
creazione di appositi veicoli (quali Project Financing, altri contratti di concessione, Fondi
immobiliari, STU) e che si trovano nella posizione di dovere selezionare, attraverso bando, i
partner privati e finanziari. Nell’attuale scenario, caratterizzato dal calo dei valori immobiliari e
dalla sempre più scarsa disponibilità degli istituti di credito a sostenere gli investimenti, la
disponibilità di risorse finanziarie a fondo perduto, a parziale copertura dei costi di
investimento, può essere elemento chiave del successo di tali iniziative. E’ importante che,
laddove opportuno, il contributo finanziario del Piano città possa essere versato direttamente
al veicolo progettuale espressione del partenariato fra l’amministrazione comunale ed il/i
soggetto/i privato/i.
La risposta al bando ministeriale
Vale la pena ricordare che la procedura di presentazione delle domande, riportata nel citato decreto
ministeriale del 3 agosto 20122 (vedi anche il Vademecum prodotto dall’ANCI alla vigilia della
pubblicazione del decreto), lascia aperta la partecipazione al Piano Città a tutti i Comuni italiani,
ovvero anche a quelli non contenenti aree urbane di particolare rilievo. Inoltre, sul fronte dei progetti,
al di là di alcuni generici richiami, come quello all’aderenza a uno o più dei criteri individuati dall'art.12,
comma 3, del DL Sviluppo
24
, il decreto ministeriale non contiene limitazioni particolari di carattere
tipologico o dimensionale per le proposte da presentare.
23
La lettera e, Comma 2, L’articolo 4 (Presentazione delle proposte alla Cabina di regia ) del DM Infrastrutture e
trasporti 3 agosto 2012, richiede che le proposte delle Amministrazioni comunali siano corredate da “impegno dei
soggetti privati ad eseguire gli interventi indicati nella proposta, con allegata dichiarazione di disponibilità delle o
degli immobili privati oggetto di intervento”.
24
a) immediata cantierabilità degli interventi; b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti
pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli
investimenti privati; c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale; d)
miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto
urbano; e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale e contenimento del consumo di
nuovo suolo non edificato.
31
Alla scadenza del 5 ottobre 2012 sono pervenute candidature da 430 differenti Amministrazioni
comunali, per un numero complessivo di 457 proposte. I Comuni che si sono attivati sono quindi circa
il 5% dei Comuni italiani, e rappresentano 22 milioni di cittadini, circa il 36% della popolazione italiana.
L’ANCI ha elaborato un documento di analisi delle proposte pervenute
25
, di cui si riportano nelle
tabelle 1, 2 e 3 alcuni dati più significativi. Complessivamente è interessante notare come circa il 77%
delle candidature (323) sia arrivato da Amministrazioni comunali di città piccole o molto piccole
(comunque al di sotto dei 50.000 abitanti). E che, parallelamente, le proposte provenienti dalle città
medie e grandi (107) costituiscano quasi i 2/3 (64,4%) degli investimenti previsti, con una dimensione
media di investimento di gran lunga superiore a quella dei piccoli centri. Si oscilla tra i 241 milioni di
euro in media delle proposte delle città metropolitane e i 6,6 milioni delle città con meno di 50.000
abitanti. Questa considerevole eterogeneità era ampiamente prevedibile alla luce della già evidenziata
scarsa selettività del bando.
Emerge con assoluta chiarezza la sproporzione fra la cifra messa a disposizione dal Piano Città (318
milioni di euro) e quella indicata dalle amministrazioni proponenti come “risorse da reperire”, ovvero
10,4 miliardi di euro, a fronte di un costo complessivo degli interventi proposti pari a 18,5 miliardi di
euro
26
(tabella 3.1). L’assenza di indicazioni specifiche nel bando rispetto al dimensionamento dei
progetti ha fatto sì che non ci sia stato un filtro dimensionale sulle proposte da presentare. Pur
essendo nota la dotazione complessiva di risorse disponibili come contributo pubblico per il Piano
Città, nessuna indicazione era stata data ex ante in merito ai criteri in base ai quali sarebbe stata
ripartita. Il Piano Città, da questo punto di vista, si è trasformato in un esercizio di ricognizione del
fabbisogno di investimenti espresso dalle municipalità italiane, con un numero di domande molto
superiore alle attese iniziali. Esercizio i cui risultati, pur ancora in parte da interpretare, hanno una
certa rilevanza proprio in virtù delle “maglie larghe” del bando e del lavoro di sistematizzazione dei dati
effettuata da ANCI. Va sottolineato infatti che il format contenuto nel Vademecum per la presentazione
delle proposte elaborato da ANCI è stato per lo più rispettato, rendendo ragionevolmente confrontabili
ed aggregabili i dati emergenti dalla documentazione inviata dai Comuni.
Dal punto di vista della tipologia degli interventi inclusi proposti (tabella 3.2 e grafico 3.1), si segnala
una relativa eterogeneità, con una prevalenza comunque di tipologie tradizionalmente assimilabili alle
opere pubbliche. Accessibilità e viabilità attraggono circa il 27% delle opere e degli investimenti
proposti, mentre uffici pubblici, scuole, asili, biblioteche e musei rappresentano il 25% delle opere e il
21% degli investimenti proposti. Emerge anche una limitata ma tutt’altro che residuale incidenza
25
“Piano nazionale per le città. Primissime analisi ed elaborazioni sui dati più significativi contenuti nelle Proposte
inviate dai Comuni”, nota ANCI del 15 novembre 2012.
26
Non emergono purtroppo dal rapporto dell’ANCI alcune informazioni di particolare rilevanza in merito alle
“risorse da reperire”, ovvero la domanda complessiva di risorse a fondo perduto a valere sul Piano Città espressa
dalle proposte dei Comuni, e, viceversa, la previsione di reperimento di tali risorse attraverso il coinvolgimento di
privati o istituzioni finanziarie o, generalmente, attraverso l’attivazione di PPP.
32
relativa di proposte riguardanti il settore del social housing (6,4% delle opere e 12,2% degli
investimenti), sul quale, come detto sopra, negli anni recenti sono confluite significative risorse.
Tale prevalenza di “opere pubbliche” appare essere il portato di uno dei principali requisiti contenuti
nel bando, già evidenziato come potenziale suo “limite”, ovvero la cantierabilità immediata dei progetti.
Infatti per ottenere un coinvolgimento attivo e significativo di investitori privati, a fronte di nuove risorse
pubbliche disponibili, sarebbe stato necessario, o quanto meno opportuno, prevedere la possibilità di
adeguare i progetti ed i relativi piani finanziari, con i tempi tecnici necessari.
Appare infine evidente (tabella 3.3) come il richiamo a presentare proposte prevalentemente
concernenti interventi riqualificazione e recupero di immobili ed aree (rifunzionalizzazioni), in nome del
contenimento del consumo di suolo, sia stato solo in parte ascoltato. Il 50% delle opere e il 32% degli
investimenti riguardano esclusivamente interventi di riqualificazione e recupero, mentre il 49% degli
investimenti e il 36% delle opere riguarda solo nuove costruzioni. Non era di fatto prevista una soglia
massima di sviluppo greenfield oltre la quale le proposte sarebbero state considerate non accettabili.
I progetti finanziati
L’esame delle proposte pervenute, una volta completata la disamina effettuata dell’ANCI, è stata
affidata ad una task force costituita ad hoc all’interno del Ministero delle infrastrutture, coordinata dal
Capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale. Una prima scrematura
delle proposte è stata compiuta selezionando solo quelle che:
avessero risorse già disponibili (tra pubbliche e private) per almeno il 15% del totale;
avessero risorse pubbliche da reperire non superiori al 60% del totale investimenti (criterio da
cui sono stati esentati i capoluoghi di provincia);
riguardassero Comuni ad alta tensione abitativa.
Si è arrivati così ad una lista di 128 proposte. Su queste è stata svolta, in sede di Cabina di Regia,
un’analisi di merito vera e propria. Vale la pena ripetere che il decreto ministeriale 3 agosto 2013,
unico reale riferimento per i Comuni nella predisposizione delle proposte, non individua un sistema di
criteri vero e proprio per la valutazione dei progetti, menzionando piuttosto, in maniera molto generica,
il “livello di concorrenza con gli obiettivi e con le finalità del Piano nazionale per le città” quale principio
per la selezione. Si rileva inoltre che anche nel definire la procedura per la valutazione delle proposte
da parte della Cabina di Regia27
, il Ministero delle infrastrutture non ha ulteriormente dettagliato i
criteri già individuati dall'art.12 DL Sviluppo (già riportati nella nota 9), né li ha ordinati per priorità.
Nella seduta del 16 gennaio 2013, la Cabina di Regia ha deliberato in via definitiva la lista delle 28
proposte beneficiarie dei finanziamenti del Piano Città, e le relative quote assegnate (tabella 3.4).
27
Il Ministero ha distribuito via e-mail, in data 4 ottobre 2012, ai componenti della Cabina di Regia un documento
denominato “Piano per le città: Nota sulle Procedure”.
33
Il lavoro di selezione svolto dalla Cabina di Regia è stato particolarmente impegnativo visto il numero
delle proposte pervenute. Grazie all’istruttoria portata avanti da ANCI e Task force del Ministero delle
infrastrutture in tempi rapidi, la Cabina di Regia è arrivata a stilare la lista delle città beneficiarie dei
finanziamenti speditamente. I tempi impiegati (poco più di tre mesi dalla scadenza del bando alle
aggiudicazioni) appaiono particolarmente stretti, specie se confrontati con quelli di passate iniziative
del Ministero delle infrastrutture di portata ed importanza comparabili.
A titolo esemplificativo, nel caso dei PRUSST (programmi di riqualificazione urbana e sviluppo
sostenibile del territorio) dalla pubblicazione del DM che ne decretò l’istituzione (ottobre 1998) al
decreto del Ministro recante la lista dei programmi ammessi a finanziamento (aprile 2000) passò
all’incirca un anno e mezzo.
Quasi tutti i 28 progetti finanziati si qualificano come interventi integrati di sviluppo urbano afferenti alle
seguenti tre categorie:
riqualificazione di aree dismesse e loro rifuzionalizzazione ad usi urbani misti
28
;
riqualificazione e rilancio di quartieri di edilizia residenziale pubblica (EPR e/o ex IACP)
29
;
rilancio e recupero di aree urbane degradate (ad esempio i waterfront).
30
Numerosi gli interventi di social housing previsti (per lo più con il coinvolgimento di soggetti privati)
nell’ambito del mix funzionale dei progetti. In soli due casi sono stati premiati progetti che riguardano
la semplice rifunzionalizzazione di contenitori storici (Pavia e Trieste).
La distribuzione geografica indica che dei 28 progetti finanziati 12 sono localizzati nel Nord (43%), 11
nel Sud (39%) e 5 nel Centro (18%); al Nord sono previsti il 61% degli investimenti e il 35% del
finanziamento statale erogato con il piano città, al Sud il 21% degli investimenti e il 47% del
finanziamento statale e al Centro il 18% degli investimenti e il 18% del finanziamento statale. La
maggiore incidenza del finanziamento statale nel Mezzogiorno, a parziale compensazione di un
minore apporto di capitale privato, è confermata dal fatto che in media il finanziamento statale
assegnato in percentuale del valore del progetto è stato più alto nel Mezzogiorno, pur rimanendo una
quota assai limitata (15,8% nel Sud, 7.5% nel centro e 4,2% nel Nord), destinata soprattutto a far da
catalizzatore di altri finanziamenti pubblici e privati. Complessivamente, i finanziamenti statali
accordati vanno da un massimo di 30 milioni di euro (Lamezia Terme) a un minimo di 4 milioni di euro
(Trieste).
28
Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero delle seguenti aree: ex mercato
ortofrutticolo ed ex-Navile a Bologna, Bovisa-Gasometri a Milano, quartiere Pietralata a Roma, ex-Corradini a
Napoli, stazione Leopolda ed ex Manifattura tabacchi a Firenze, ex-Piazza d’Armi a L’Aquila, “Laguna verde” a
Settimo Torinese.
29
Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero dei seguenti quartieri: Falchera a Torino,
Librino a Catania, Borgo La Martella a Matera, Savutano a Lamezia Terme (CZ).
30
Gli esempi più interessanti sono le operazioni proposte sui waterfront delle seguenti città: Bari, Ancona, Rimini,
Cagliari.
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Relazione nucleo anno 2012 2013

  • 1.
  • 2. Relazione sulle attività svolte nel 2012 e 2013 dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
  • 3. INDICE SINTESI 3 1. Legge delega in materia di valutazione degli investimenti in opere pubbliche 8 2. La competitività a livello locale: Doing Business Subnational in Italia 2013 17 3. Le politiche urbane: piano città e politiche urbane 25 4. Il Fondo Sviluppo e Coesione 45 5. L’attuazione della Riforma dell’Università 51 6. Politiche energetiche e ambientali 55 7. Politiche agricole 66 8. L’Analisi di Impatto della Regolamentazione 69 9. Le grandi opere ferroviarie in Italia 80
  • 4. 3 SINTESI La presente Relazione dà conto delle attività svolte durante l’anno 2012 e 2013 dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici operante presso il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1 . Nel periodo in esame, è stato portato avanti un processo di risanamento della finanza pubblica e di riforme e semplificazione con i decreti “Salva Italia”, “Cresci Italia” e “Semplifica Italia”. Tali misure hanno avuto come effetto aggregato la discesa dell’indebitamento netto al 3% del PIL nel 2012 e sono state accompagnate da politiche di razionalizzazione e contenimento della spesa. La contrazione della spesa pubblica negli ultimi due anni ha avuto un impatto maggiore sulla già modesta componente in conto capitale, scesa da 51,78 miliardi di euro (3,3% del PIL) nel 2010, a 48,12 miliardi (3%) nel 2011 e a 47,827 miliardi (3,1%) nel 2012. 2 Gli investimenti fissi lordi in particolare sono calati nei tre anni da 32,4 miliardi a 31,1 e 29,2 miliardi, scendendo tra il 2010 e il 2012 dal 2,1% all’1,9% del PIL, mentre i contributi in conto capitale 3 , sono stati ridimensionati in misura minore. Tale contrazione ha riguardato in misura maggiore le amministrazioni locali, per le quali la spesa in conto capitale è scesa dal 2,2% del PIL nel 2010 all’1,8% nel 2012, mentre la spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali è rimasta nello stesso periodo all’1,9% del PIL, con un calo temporaneo all’1,7% nel 2011. In questo contesto, che richiede un migliore uso delle scarse risorse disponibili, è proseguito il processo di completamento delle disposizioni previste dai decreti legislativi 228/2011 4 e 229/2011 5 : sono stati emanati i DPCM del 3 agosto 2012 e del 21 dicembre 2012, rispettivamente dedicati all’azione di capacity building per le attività di programmazione e valutazione (Linee guida e schema- tipo di Documento Pluriennale di Programmazione) e alla definizione delle condizioni di indipendenza, professionalità ed etica dei componenti dei Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici delle Amministrazioni statali; inoltre, con decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 1 Il Nucleo è stato istituito con DPCM del 25 novembre 2008, in attuazione di quanto disposto dalla legge 144/1999. Inizialmente composto da dieci esperti e un coordinatore, con DPCM del 15 luglio 2009 la composizione del Nucleo è stata ampliata a quindici componenti, al fine di fornire supporto tecnico al Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR) dei provvedimenti normativi. Gran parte dei componenti del Nucleo di valutazione hanno completato il loro mandato nel corso del 2013 senza essere sostituiti e pertanto alcune parti della relazione sono aggiornate alla data della loro cessazione e non al 31 dicembre. 2 Ministero dell’economia e delle finanze, Documento di Economia e Finanze 2013, p. 11. 3 I contributi agli investimenti sono i trasferimenti in conto capitale che le amministrazioni pubbliche erogano alle famiglie e alle imprese per finanziare i costi delle loro acquisizioni di capitale fisso. Rientrano ad esempio in questa voce i trasferimenti alle FS. 4 Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche. 5 Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.
  • 5. 4 2013, è stata data attuazione a quanto previsto dall’art. 5 del .Lgs. 229/2011, relativo al contenuto minimo delle informazioni che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori sono tenuti a rilevare e a trasmettere alla banca dati delle opere pubbliche istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art. 13 della legge 196/2009. A partire dal secondo semestre 2013, le Amministrazioni centrali dovranno iniziare a presentare i primi Documenti Pluriennale di Programmazione, contenenti le evidenze dei processi valutativi svolti e in essere. Le opere non incluse nel Documento o nella Relazione annuale (e quindi non oggetto di valutazione) non potranno essere ammesse al finanziamento, con l’eccezione delle iniziative di finanza di progetto e delle opere finanziate con il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e con i Fondi Strutturali Europei (FSE). Per quanto riguarda le infrastrutture strategiche, il Documento è identificato nel Programma previsto dalla Legge Obiettivo (art. 1, comma 1 della legge 443/2001). Il DIPE, con il supporto tecnico del proprio Nucleo, dovrà verificare la corretta predisposizione dei Documenti e delle Relazioni annuali, nonché il rispetto delle indicazioni contenute nelle Linee guida. E’ stato completato e presentato il rapporto “Doing Business Subnational in Italy 2013” commissionato alla Banca Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - DIPE al fine di disaggregare a livello sub-regionale gli indicatori di competitività utilizzati dalla Banca Mondiale stessa per valutare il ruolo della Pubblica Amministrazione sull’attrattività territoriale. Gli esiti del Rapporto sono stati utilizzati anche per formulare proposte di policy. L’indagine del Rapporto Doing Business Sub National ha confermato le difficoltà esistenti dal punto di vista della competitività, soprattutto in termini di tempi di espletamento delle pratiche amministrative e di conclusione delle controversie giudiziarie (la risoluzione di dispute commerciali in Italia ad esempio richiede tra 2 e 3,5 volte il tempo medio nell’UE). E’ emersa una grande variabilità, a livello di ripartizione geografica, nelle performance fra le 13 città nelle quali si è svolta l’indagine. La diffusione delle migliori pratiche amministrative esistenti in alcune città italiane al resto del Paese sarebbe sufficiente da sola a migliorare il ranking dell’Italia dal 73° posto al 56°, ma non sarebbe sufficiente a raggiungere la media europea (40° posto mondiale). In materia di politiche urbane, il Nucleo ha svolto attività di supporto all’avvio del Piano Nazionale per le Città, lanciato nel giugno del 2012 con il così detto Decreto Sviluppo (decreto legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”), con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro per investimenti in opere edilizie e infrastrutturali. In particolare, il Nucleo ha formulato proposte al delegato del Ministro per la coesione territoriale in seno alla Cabina di Regia, finalizzate a definire le modalità attuative per una migliore realizzazione del Piano. Il Piano Città rappresenta un concreto segnale per l’accelerazione dei processi di sviluppo urbano nelle città italiane; rappresenta inoltre il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione degli investimenti pubblici e privati in ambito urbano. La gestione del Piano è stata affidata ad una Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture. Nell’ambito della terza riprogrammazione del Piano Azione Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati individuati a favore del Piano Città 94
  • 6. 5 milioni di euro, provenienti dal PON Reti e Mobilità ed inizialmente destinati al finanziamento delle Zone Franche Urbane. Con questa ulteriore attribuzione di risorse, la disponibilità del Fondo per l’attuazione del Piano Nazionale per le Città è salita a 318 milioni di euro. Nella fase attuativa, sono pervenute alla Cabina di Regia 457 proposte, per un costo complessivo di 18,5 miliardi di investimenti pubblici e privati. In esito all’istruttoria, sono stati selezionati i progetti presentati da 28 Comuni, per un investimento complessivo pari a 4,4 miliardi di investimenti finalizzati alla riqualificazione e rilancio di aree dismesse, di quartieri di edilizia residenziale pubblica e di aree urbane degradate. Il finanziamento statale di 318 milioni si aggiunge ad altri finanziamenti pubblici e privati (ad esempio 1,5 miliardi del Fondo Investimenti per l’Abitare di CDP Investimenti Sgr, oltre a fondi per l’edilizia scolastica, per l’edilizia per le forze armate), svolgendo una funzione di catalizzatore e di messa a sistema di fondi e programmi precedentemente dispersi. Per quanto riguarda la programmazione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione, nel periodo in esame (settembre 2012 - marzo 2013), sono state assunte dal CIPE 11 deliberazioni; le attività consequenziali alle sedute del Comitato hanno guadagnato ulteriore efficienza, riducendo del 40% i tempi di perfezionamento rispetto alla situazione precedente agli interventi di riorganizzazione introdotti dal DL 201/2011. Fra le decisioni adottate, si segnalano tre argomenti per il loro rilievo programmatico e finanziario: la riprogrammazione dei Piani Attuativi Regionali (PAR) 2007-2013 di Marche, Liguria e Toscana; la definitiva ripartizione delle risorse assegnate in favore del sisma Abruzzo per il triennio 2013-2015 e l’imputazione delle riduzioni di spesa a carico del FSC in seguito al DL 95/2012 (“revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”). Come nella precedente relazione, il Nucleo evidenzia alcune persistenti criticità nei processi di programmazione e attuazione degli interventi finanziati a valere sul FSC, relative all’inadeguatezza delle valutazioni e alla qualità e completezza delle informazioni fornite dalle amministrazioni proponenti. Fra il 2013 e il 2014, con l’entrata a regime delle disposizioni previste dal D.Lgs. 228/2011, tali criticità potranno essere affrontate. Per l’anno 2012, le Regioni italiane sono riuscite a spendere tutte le risorse comunitarie assegnate per i rispettivi Piani di Sviluppo Rurale (PSR) regionali. L’avanzamento percentuale cumulato della spesa attribuita all’Italia per il 2007-2013, a valere sul Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), è stato pari a circa il 52 % a fine 2012, in crescita regolare rispetto al 37% di fine 2011. Ad esclusione di Lazio e Sicilia, che devono ancora superare il 50% delle risorse loro assegnate, tutte le altre Regioni sono riuscite a raggiungere un avanzamento di spesa per il periodo 2007-2013 tra il 50% e il 60%, con punte di oltre il 60% per la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Trento. La Provincia autonoma di Bolzano ha ottenuto finora il miglior risultato in termini di avanzamento di spesa, con il 79,6% del totale. In materia di politiche energetiche e ambientali, il Nucleo ha fornito assistenza tecnica e valutazioni in merito alla stesura della Strategia Energetica Nazionale.
  • 7. 6 Sono stati approfonditi gli scenari decennali relativi alle seguenti tematiche: lo sviluppo dei mercati del gas naturale e dell’energia elettrica; il Piano di azione preventivo; il Piano di emergenza e monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale; il Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale di trasmissione; il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili e infine il Piano di azione nazionale per l’efficienza energetica. Le finalità della strategia energetica nazionale al 2020 sono così definite: conseguire un risparmio nazionale pari a 14 miliardi di euro all’anno (sugli attuali 62 di bolletta energetica), con una riduzione della dipendenza dall’estero dall’84% al 67%; attivare 180 miliardi di investimenti entro il 2020; portare al 20% l’incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi totali e al 36-38% la quota sui consumi elettrici (in entrambi i casi circa il doppio rispetto al 2010); ridurre del 24% i consumi primari rispetto allo scenario inerziale al 2020. La produzione di energia elettrica è ormai per il 27% di tipo rinnovabile, ma dovrà continuare l’adeguamento degli incentivi alla riduzione dei costi di produzione delle rinnovabili, anche per ridurne l’impatto finanziario. L’attività del Nucleo ha riguardato anche i cambiamenti climatici, contribuendo all’istruttoria relativa all’aggiornamento del Piano nazionale per la riduzione dei gas serra, sottoposto al CIPE nella seduta del dell’8 marzo del 2013. Obiettivo del Piano è l’aggiornamento del quadro emissivo nazionale per il periodo di validità del Protocollo di Kyoto (2013-2020) e la definizione di un percorso emissivo per il periodo successivo alla sua scadenza, individuando a tal fine diverse misure volte alla riduzione dei gas serra per rispettare gli impegni comunitari al 2020. Il Comitato ha deliberato in merito alla distanza dell’Italia dall’obiettivo di Kyoto, stabilendo che entro il 30 novembre 2013 il Ministro dell’ambiente presenterà al CIPE un piano con le possibili opzioni per rispettare tale obiettivo, con particolare riferimento all’individuazione del portfolio di crediti di carbonio da acquistare sul mercato. Dalle stime svolte dal Nucleo, in relazione al gap indicato nella delibera (tabella 6,3) pari a 119 Mton CO2, l’acquisto dei crediti di carbonio potrebbe incidere sulla finanza pubblica per oltre 400 milioni di euro (ai prezzi di mercato di aprile 2013). Il prezzo del carbonio sta calando e ha toccato il minimo storico lo scorso aprile a 3 € per tonnellata di CO2. E’ possibile una crescita di tale prezzo a fine anno, a seguito della ripresa attesa del PIL nell’UE e dell’aumento della domanda di crediti di carbonio sul mercato internazionale con l’avvicinarsi della scadenza dei termini per l’acquisto ai sensi dell’accordo di Kyoto. La valutazione della ricerca scientifica e del sistema universitario (VQR 2004-2010), coordinata dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e realizzata tramite quattordici gruppi di esperti della valutazione, è in corso di completamento. Sono stati esaminati oltre 200.000 lavori, pari al 94,7% dei progetti di ricerca per i quali il bando richiedeva la valutazione. Il VQR permetterà di stilare un ranking di Atenei, Enti di ricerca, consorzi e di altre istituzioni di formazione e di ricerca; tale ranking sarà la base di partenza per l’assegnazione di circa 2/3 della parte premiale del fondo di finanziamento ordinario (circa 380 milioni di euro per il 2013).
  • 8. 7 La procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) dei professori universitari, di prima e seconda fascia, avviene sulla base indici di produttività scientifica predisposti con il supporto dell’ANVUR. Continua anche l’attuazione del sistema a tre livelli di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento delle università (AVA). Il tema dell'Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR) ha ricevuto una rinnovata attenzione sia in ambito internazionale che nazionale; nel 2012 diverse iniziative istituzionali hanno impresso un’accelerazione al processo di riforma e riqualificazione della disciplina in materia di AIR, VIR e consultazioni, orientando di conseguenza il lavoro del Nucleo. In ambito internazionale, il Gruppo AIR del Nucleo ha svolto un’intensa attività di partecipazione ai gruppi di lavoro sia in sede OCSE (“Regulatory Policy Committee”, indagine sull’impatto concorrenziale, rassegna sull’Italia 2012), che in sede comunitaria (“High level group on National regulatory expert” a supporto dei lavori della Commissione; “Gruppo Mertens” e “Gruppo Competitività e crescita” a supporto dei lavori del Consiglio. Per la Commissione, il Gruppo AIR ha inoltre collaborato all’agenda “smart regulation”). In ambito nazionale, il Gruppo AIR ha partecipato all’istruttoria sia del nuovo Regolamento destinato a sostituire i DPCM 170/2008 e 212/2009, sia della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per disciplinare le modalità con cui le amministrazioni statali assicurano il rispetto dei livelli minimi di regolazione previsti dalle direttive europee. Inoltre, il Gruppo AIR ha svolto un’intensa attività di indirizzo metodologico, valutazione e divulgazione al fine di orientare e riqualificare i contenuti delle Relazioni AIR presentate dalle amministrazioni. Una particolare attenzione è stata infine dedicata al problema degli oneri amministrativi delle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small Business Act. Nel capitolo finale é ricostruito l’iter approvativo, gli aspetti tecnici e l’evoluzione finanziaria di sei grandi opere ferroviarie dell’Alta Velocità – Alta Capacità (AV/AC), previste in parallelo alla realizzazione e al completamento del Sistema AV/AC Torino-Milano-Napoli e incluse nella rete Transeuropea dei trasporti (TEN-T). Si tratta della “Galleria di base del Brennero”, la “linea AV/AC Milano Verona: tratta Treviglio-Brescia”, la “Tratta AV/AC Terzo Valico dei Giovi”, il “Collegamento internazionale Lyon-Torino”, la “Direttrice ferroviaria Napoli-Bari”. E’ identificato il fabbisogno residuo per le sei opere, quantificabile nel 2013 in 19,8 miliardi di euro, e dati gli stringenti impegni con l’Unione Europea, si suggerisce di indicare un gruppo ristretto o una “graduatoria” di priorità infrastrutturali, quantomeno in relazione agli impegni finanziari.
  • 9. 8 1. LEGGE DELEGA IN MATERIA DI VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN OPERE PUBBLICHE 1.1 Le norme di riqualificazione della spesa pubblica L’esigenza di riqualificazione della spesa pubblica ha caratterizzato la spending review avviata nel 2011 e proseguita nel 2012. La contrazione delle risorse disponibili ha sollevato l’esigenza di rafforzare l’intero ciclo di programmazione (dalla costruzione del bilancio al monitoraggio e valutazione della spesa), in coerenza con i principi del performance based budgeting posti a base della riforma della contabilità e finanza pubblica (legge 196/2009) e degli interventi in materia di “misurazione, valutazione e trasparenza della performance” (Titolo II del D.Lgs. 150/2009). Un’effettiva revisione della spesa pubblica implica il definitivo superamento sia della logica dei tagli lineari alle dotazioni di bilancio, sia del criterio della spesa storica; a tal fine, è indispensabile il rafforzamento della capacità istituzionale nel programmare per obiettivi, valutare e monitorare la spesa pubblica, accentuare l’interazione fra l’allocazione delle risorse in bilancio e la misurazione dei risultati riferiti a ciascun programma di spesa. In prospettiva, il processo di spending review, lungi dall’appiattirsi sul contenimento della spesa “aggredibile”, dovrebbe essere orientato da una parte dalla valutazione dei risultati conseguiti, dall’altra da una proattiva ridefinizione delle priorità di policy, basata sul principio dello “zero based budgeting”. Su tale principio è stata recentemente autorizzata una sperimentazione ad opera del MEF-RGS (legge 243/2012, art. 21), nell’ambito delle disposizioni per l’attuazione del pareggio di bilancio recentemente introdotto dall’art. 81 della Costituzione (così come modificato dalla Legge costituzionale n° 1 del 20 aprile 2012) in attuazione del Fiscal Compact. I due metodi di programmazione di bilancio sopra richiamati e previsti da diverse norme in vigore sono complementari, ma pongono l’enfasi su aspetti diversi, in quanto il performance based budget collega le dotazioni di bilancio alla definizione di indicatori di risultato e agli esiti già raggiunti, mentre lo zero based budget ogni anno riconsidera gli obiettivi e la distribuzione di responsabilità e, eventualmente, attua soluzioni nuove ridefinendo l’allocazione di risorse partendo teoricamente da zero 6 . 6 Il performance based budgeting implica la capacità di misurare i risultati attesi dalla spesa pubblica attraverso la definizione di indicatori. Ciò consente di valutare le destinazioni di bilancio sulla base dell’effettiva utilità di singoli programmi di spesa, valutata con un approccio evidence based e utilizzando a tal fine anche le valutazioni di impatto svolte sulle politiche passate. La presenza di attività di valutazione, costanti nel tempo, rappresenta infatti una “memoria” degli esiti delle politiche pubbliche utile a razionalizzare la determinazione delle grandezze di bilancio, attualmente largamente condizionate dal criterio della spesa storica. Lo zero based budgeting invece, è un approccio alla programmazione che, in teoria, si presenta come radicale superamento della logica incrementale, in quanto non attribuisce alcun peso al passato e si basa sulla preliminare definizione degli obiettivi da perseguire e delle responsabilità e delle migliori modalità di spesa, evitando il tradizionale processo di negoziazione delle risorse fra i Centri di Responsabilità e l’organo di indirizzo politico- amministrativo.
  • 10. 9 In attuazione della legge 196/2009, con riferimento alla spesa corrente, i meccanismi di controllo qualitativo e quantitativo della spesa pubblica sono stati potenziati e sistematizzati; in particolare, sono stati istituzionalizzati i processi di analisi e valutazione della spesa delle Amministrazioni centrali, attraverso l’istituzione dei Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) presso ciascun Ministero (legge 196/2009, art. 39). I NAVS si sono insediati alla fine del secondo semestre 2011 e operano in collaborazione e raccordo con il MEF-RGS. Le prime Relazioni annuali predisposte da ciascun Nucleo sono state ricondotte a una sintesi unitaria e allegate alla parte III del DEF 2012. Tali meccanismi sono attualmente limitati alle amministrazioni centrali; tuttavia, attraverso la riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile, introdotta dal D.Lgs. 123/2011 in attuazione dell’art. 49 della legge 196/2009, è prevista la graduale estensione delle attività di analisi e valutazione della spesa a tutte le amministrazioni. Per quanto riguarda la spesa in conto capitale 7 , le disposizioni in tema di programmazione, valutazione e monitoraggio riflettono un disegno organico, articolato in due grandi ambiti di policy: le leggi di spesa in conto capitale pluriennali e a carattere permanente finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche (art. 30, legge 196/2009); gli interventi speciali previsti dall’articolo 119 della Costituzione per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona (legge 42/2009 delega al Governo in materia di federalismo fiscale, art. 16). Le norme sopra richiamate prevedevano deleghe legislative al Governo nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: legge 196/2009: linee guida per la valutazione degli investimenti, garanzia di indipendenza e professionalità dei valutatori, potenziamento e pubblicità della valutazione ex post, separazione del finanziamento dei progetti da quello delle opere tramite la costituzione di due appositi fondi, rafforzamento e trasparenza del sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici, verifica della tempistica di spesa e sanzioni automatiche; legge 42/2009: definizione delle modalità di finanziamento degli interventi afferenti le politiche di coesione secondo il metodo della programmazione pluriennale. 7 La spesa in conto capitale è componente quantitativamente marginale della spesa pubblica totale (6% della spesa e 3,1% del PIL nel 2012, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), ma cruciale ai fini dell’accumulazione di capitale e quindi della crescita economica.
  • 11. 10 1.2 Il ruolo del Nucleo nell’attuazione delle norme in materia di programmazione, valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici I provvedimenti di attuazione delle deleghe legislative sopra citate hanno beneficiato, a partire dal 2011, della stretta collaborazione tra il Nucleo, l’Unità di valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero per lo sviluppo economico e la Ragioneria Generale dello Stato. In sintesi, le attività di programmazione, valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici sono oggi regolate dai seguenti provvedimenti: D.Lgs. 88/2011 di attuazione della L. 42/2009, art. 16 – Modalità di programmazione, attuazione, valutazione e monitoraggio delle risorse aggiuntive (Fondi Strutturali e Fondo per lo sviluppo e la coesione) e degli interventi speciali per la rimozione di squilibri economici, territoriali e sociali Il decreto disciplina le modalità di programmazione, monitoraggio, attuazione e valutazione degli interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dai Fondi Strutturali dell’Unione Europea. Per quanto riguarda in particolare la valutazione, il decreto prescrive di inserire, fra i criteri di ammissibilità al finanziamento degli interventi definiti nel Documento di indirizzo strategico (adottato con delibera del CIPE entro il mese di ottobre dell’anno che precede ogni sessennio di programmazione dei fondi europei), anche gli indicatori per la misurazione dei risultati attesi e una “rigorosa metodologia di valutazione degli impatti”. Analogamente, i “criteri di valutazione e monitoraggio” devono essere esplicitati nei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) stipulati fra le Amministrazioni centrali competenti e le Regioni per l’attuazione di quanto previsto nel Documento di indirizzo strategico. Si richiama in proposito il CIS per la realizzazione della Direttrice ferroviaria Napoli – Bari che, all’interno delle relazioni tecniche relative ai singoli interventi, prevede la presenza di una sezione concernente i “risultati attesi” declinati anche a mezzo di “indicatori di risultato”. In applicazione di tale impostazione la recente delibera CIPE n. 18 febbraio 2013, n. 3, relativa all’approvazione del progetto preliminare del tratto Cancello – Frasso Telesino dell’Itinerario ferroviario Napoli - Bari, riporta nel dettaglio gli indicatori di risultato individuati nel suddetto CIS. La valutazione e il monitoraggio degli obiettivi associati ai singoli interventi è coordinata dal DPS in raccordo con i Nuclei di valutazione delle Amministrazioni statali e delle Regioni, anche attraverso il sistema di monitoraggio unitario istituito presso il MEF-RGS dal Quadro Strategico Nazionale 2007- 2013. D.lgs. 228/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) – Modalità di programmazione e valutazione dei fabbisogni e degli interventi infrastrutturali delle Amministrazioni centrali
  • 12. 11 Il decreto introduce l’obbligo della valutazione ex ante ed ex post per le “opere pubbliche” 8 finanziate a valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri o oggetto di trasferimento a favore di soggetti attuatori in forza di specifica delega. In tema di programmazione, il decreto prevede la predisposizione da parte dei Ministeri del Documento Pluriennale di Programmazione, da redigere con cadenza triennale e da sottoporre all’approvazione del CIPE entro il 31 ottobre dell’anno precedente il triennio di riferimento per essere oggetto di deliberazione, previa positiva conclusione dell’istruttoria del DIPE. Entro il 31 dicembre di ogni anno i Ministeri dovranno inoltre trasmettere al CIPE, per la presa d’atto, una Relazione sullo stato di attuazione del Documento. In tema di valutazione ex ante delle singole opere, il decreto prevede un’integrazione dei contenuti degli studi di fattibilità previsti dalla normativa sui contratti pubblici (D.lgs. 163/2006 e DPR 207/2010). Fra gli elementi di integrazione, particolarmente qualificante appare la previsione dell’analisi della sostenibilità gestionale dell’opera e, per le opere il cui costo stimato sia superiore a 10 milioni di euro, dell’analisi dei rischi. Il decreto 228/2011, accanto alle prescrizioni rivolte ai Ministeri, contiene infine un’importante azione di capacity building, che si concretizza nelle seguenti linee: affidamento delle attività di valutazione ai Nuclei di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici (NUVV) di cui alla legge 144/1999, art.1 9 , i quali potranno collaborare in raccordo con il Sistema Nazionale di Valutazione istituito dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e, se necessario per interventi particolarmente complessi, chiedere il supporto, previ accordi, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e delle due strutture tecniche istituite presso il DIPE, il Nucleo e l’Unità Tecnica Finanza di Progetto; definizione delle condizioni di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei, già previste nei criteri contenuti nella delega della legge 196/2009, art. 30, comma 9, lettera c (DPCM 21 dicembre 2012, n° 262, di attuazione dell’art. 7, comma 3, del D.lgs. 228/2011) supporto metodologico attraverso la predisposizione di linee guida standardizzate, anch’esse già previste nella delega della legge 196/2009, per lo svolgimento delle funzioni di valutazione e il coinvolgimento degli Organismi Indipendenti di Valutazione, nonché per la definizione dello schema-tipo di redazione del Documento Pluriennale di Pianificazione (DPCM 3 agosto 2012 di attuazione dell’art. 8, comma 3, del D.lgs. 228/2011). Il “modello di riferimento per la redazione da parte dei Ministeri delle linee guida” si riferisce alle attività di valutazione ex ante 8 Più precisamente, l’art. 1 del D.lgs. 228/2011 individua l’ambito di applicazione della norma nella “spesa in conto capitale destinata alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità. A valere sulle leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente”. 9 La norma in questione individua gli “Organismi Indipendenti di Valutazione” nei Nuclei di Valutazione e Verifica degli Investimenti (NUVV) pubblici, costituiti ai sensi della legge 144/1999. E’ necessario non confondere tali strutture né con gli Organismi Indipendenti di Valutazione della performance, istituiti ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 150/2009, né con i già citati Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) istituiti presso le Amministrazioni centrali dello Stato ai sensi dell’art. 39 della legge 196/2009.
  • 13. 12 dei fabbisogni infrastrutturali, alla valutazione ex ante ed ex post dei progetti di investimento infrastrutturali ed al coinvolgimento dei NUVV in tali attività. Il DPCM è stato pubblicato in GU il 22 novembre 2012. Entro il 22 febbraio 2013 i Ministeri avrebbero quindi dovuto adottare le proprie linee guida e trasmetterle al CIPE per la relativa presa d’atto. Non sono tuttavia ancora pervenute al CIPE tali linee guida. Il medesimo DPCM del 3 agosto 2012 contiene anche lo schema-tipo del Documento pluriennale di pianificazione che prevede l’articolazione del Documento in: un’introduzione (volta a esplicitare il quadro finanziario e il raccordo fra gli obiettivi di risultato e di impatto con la nota integrativa del Bilancio di Stato e con la Direttiva annuale dell’organo di indirizzo politico-amministrativo); una Prima sezione dedicata all’analisi ex ante dei fabbisogni infrastrutturali; una Seconda sezione dedicata ai metodi e risultati della procedura di selezione e di valutazione delle opere e priorità di intervento; infine, una Terza sezione dedicata ai metodi e risultati della valutazione ex post delle opere ancora in corso di realizzazione. Nel corso del 2012, gli interventi di capacity building sono stati realizzati attraverso l’emanazione dei due DPCM sopraindicati. Il disegno normativo prevede che: - il supporto metodologico per lo svolgimento delle specifiche attività di valutazione sia assicurato prevalentemente dal Nucleo di valutazione del DPS, in raccordo con il Sistema Nazionale di Valutazione; - il coordinamento e la verifica della corretta predisposizione dei Documenti Pluriennali di Programmazione e delle relazioni annuali di attuazione, nonché il rispetto delle indicazioni contenute nelle linee guida, sia assicurato prevalentemente dal DIPE, al fine dell’esame da parte del CIPE, il quale deve iscriverli all’ordine del giorno entro la prima seduta utile previa conclusione dell’istruttoria preventiva del DIPE. Qualora la relativa deliberazione non intervenga entro la seconda seduta utile del CIPE dopo la conclusione dell’istruttoria, i Ministri competenti possono provvedere con proprio decreto ad approvare i DPP. Nel corso dell’annualità 2013 il Nucleo di valutazione ha partecipato al Gruppo di Lavoro costituito all’interno del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica con l’obiettivo di informare e supportare le decisioni ed i pareri del CIPE relativamente alle linee guida per la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e ai Documenti Pluriennali di Pianificazione prodotti dai Ministeri. Il Gruppo di Lavoro è stato costituito con ordine di servizio del Capo Dipartimento in data 29 novembre 2013. Sono stati successivamente costituiti sottogruppi finalizzati ad approfondire tematiche e problematiche specifiche, individuate già in sede della prima riunione plenaria del gruppo. I membri del Nucleo facenti parte il Gruppo di lavoro si stanno occupando in particolare di analizzare le modalità di inclusione, presentazione e valutazione (all’interno dei futuri Documenti Pluriennali di Pianificazione) dei progetti ministeriali la cui implementazione è prevista in partenariato con soggetti privati, ovvero di programmi complessi di interventi.
  • 14. 13 D.Lgs. 229/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere e), f) e g) – Modalità di progettazione e monitoraggio degli interventi infrastrutturali delle amministrazioni pubbliche Il decreto disciplina le modalità di monitoraggio degli investimenti pubblici e di verifica dell’andamento della spesa. L’ambito di applicazione è più ampio del precedente decreto 228/2011, in quanto si estende al complesso delle amministrazioni pubbliche e non si limita a quelle centrali. Le disposizioni subordinano l’erogazione di finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di monitoraggio e tracciabilità degli interventi, con particolare riferimento al Codice Unico di Progetto, all’ottenimento del quale è subordinato il rilascio del codice identificativo di gara da parte dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. I sistemi informatizzati di monitoraggio disciplinati dal decreto dovranno alimentare la banca dati istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art. 13 della legge 196/2009 e i dati trasmessi dovranno essere coerenti anche con il sistema di monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 istituito sempre presso il MEF-RGS. Il dettaglio delle informazioni minime da rilevare è stato successivamente definito con Decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013, così come previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 229/2011. Il decreto prevede inoltre un meccanismo di definanziamento automatico delle risorse a carico dello Stato nel caso di mancato avvio dell’opera. Infine, vengono istituiti presso ciascun Ministero due Fondi distinti, rispettivamente per la progettazione e per le opere. 1.3 Le questioni aperte Come detto sopra, nel corso del 2012 è stato completato il quadro normativo in materia di programmazione, valutazione e monitoraggio delle opere pubbliche, attraverso l’emanazione dei due provvedimenti attuativi del D.lgs 228 10 e del D.Lgs. 229/2011 11 . E’ necessario che le Amministrazioni pubbliche diano puntualmente attuazione alle disposizioni sia di carattere procedurale che di merito. Particolare attenzione andrà posta in primo luogo alla sollecita trasmissione da parte delle amministrazioni centrali delle Linee guida per la valutazione ex ante ed ex post, sulla scorta del modello standardizzato delle medesime Linee Guida e dello schema-tipo di Documento Pluriennale di Programmazione adottati con il citato DPCM 3 agosto 2012. In secondo luogo, i criteri di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei di Valutazione e Verifica degli investimenti pubblici istituiti all’interno delle Amministrazioni centrali dello Stato (NUVV), definiti con il DPCM del 21 dicembre 2012, dovranno trovare applicazione attraverso i Decreti ministeriali e i regolamenti adottati da ciascuna Amministrazione per ridefinire i propri criteri e 10 Il DPCM 3 agosto 2012 finalizzato alla definizione delle Linee guida per la valutazione dei fabbisogni e degli interventi e dello Schema-tipo per la redazione del Documento Pluriennale di Programmazione; il DPCM 21 dicembre 2012, n° 262, finalizzato alla definizione delle garanzie di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei di Valutazione. 11 Il decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013 finalizzato alla definizione del contenuto informativo minimi dei sistemi gestionali informatizzati e delle modalità di monitoraggio, coordinate da RGS.
  • 15. 14 procedure di selezione e di rinnovo dei componenti dei Nuclei, nonché per declinare il proprio Codice etico e gli specifici requisiti di indipendenza e incompatibilità. Entro il 31 ottobre avrebbero dovuto essere sottoposti al CIPE i primi Documenti Pluriennali di Programmazione (DPP) 2014 -2016 da parte di ogni Amministrazione centrale; la mancata redazione e approvazione di tale Documento impedisce finora la piena attuazione dell’intero sistema di programmazione, valutazione, attuazione e monitoraggio degli investimenti pubblici così come concepito dalla norma attuale. Nel seguito verranno evidenziate alcune ulteriori questioni aperte da affrontare per rendere effettivamente operativo il disegno complessivo. Capacity building Il sistema dei nuclei di valutazione ha ricevuto un nuovo impulso, attraverso le nuove competenze attribuite dal citato D.Lgs. 228/2011; la definizione dei requisiti minimi di indipendenza e professionalità dei componenti dei nuclei; l’attribuzione di nuove risorse a valere sia sul Programma Operativo PON Governance e Assistenza Tecnica (GAT) 2007-2013 per il potenziamento del Sistema Nazionale di Valutazione, sia sui fondi stanziati dal CIPE con la delibera n. 26/2013 per 13,77 milioni di euro. Si tratta di un insieme di strumenti finalizzati a riqualificare in modo significativo le professionalità disponibili all’interno dei Nuclei, accrescendone l’indipendenza nel processo decisionale relativo agli investimenti pubblici. Nel selezionare professionalità interne all’amministrazione, sarà fondamentale individuare criteri oggettivi e trasparenti di delimitazione fra il tempo dedicato al Nucleo e le ordinarie attività lavorative. Cogenza adempimenti Le disposizioni dei D.Lgs. e dei DPCM di attuazione, sopra richiamati, si soffermano aspetti di processo e metodologici, ma non incidono sugli aspetti relativi alla responsabilità delle scelte di investimento e al grado di conseguimento dei risultati attesi. Il rischio da tener presente è che a fronte di un’insufficiente pressione esterna e di una persistenza inadeguatezza delle capacità e dei poteri interni in materia di valutazione, le Amministrazioni finiscano per disattendere le disposizioni normative, limitandosi a formali adempimenti. Il D.Lgs. 228/2011 prevede due sanzioni, relative alla corretta redazione del Documento Pluriennale di Programmazione e alla sua presentazione: il Documento Pluriennale di Programmazione può essere iscritto all’ordine del giorno del CIPE solo in esito alla positiva istruttoria da parte del DIPE; le opere non incluse nel Documento o nelle relazioni annuali non potranno essere ammesse al finanziamento, ad eccezione delle operazioni di finanza di progetto disciplinate dall’art. 153 del Codice dei contratti pubblici.
  • 16. 15 Inoltre la delibera CIPE n. 26/2013 del 18 marzo 2013, nel ripartire i fondi destinati ai Nuclei di valutazione dei Ministeri, ha condizionato il versamento del 50% della somma destinata ad ogni singolo nucleo alla presentazione al CIPE da parte del relativo Ministero delle linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche per i settori di propria competenza. Al fine di attribuire credibilità all’intero processo previsto dal D.Lgs. 228/2011 e successivi atti attuativi, sarà necessario applicare in modo puntuale e sostanziale tali sanzioni. Affinché ciò sia possibile, è a sua volta necessario che il disegno previsto dalla norma sia percepito dalle Amministrazioni centrali come utile ed efficace, oltre che credibile e cogente. Ciclo della performance e bilancio Un aspetto che l’insieme dei provvedimenti sopra illustrati lascia irrisolto è l’adeguata visibilità dell’intero ciclo di programmazione, dallo stanziamento in bilancio delle risorse in conto capitale, alla spesa e misurazione dei risultati conseguiti, alle allocazioni nelle successive annualità. La difficoltà nel ricollegare la decisione di bilancio alla realizzazione dell’opera è storicamente spiegata dalla frammentazione delle fonti di finanziamento, dalla complessità della filiera istituzionale e dalla labilità dei vincoli di destinazione delle risorse stanziate ma non impegnate. L’introduzione ad opera della legge 196/2009 della programmazione triennale nella costruzione del bilancio di Stato e l’obbligo che alle previsioni di competenza siano affiancate anche le previsioni di cassa per l’intero triennio, favorisce senz’altro il rafforzamento del ciclo di programmazione. Tuttavia, il collegamento fra stanziamento delle risorse e realizzazione dell’opera continua ad essere ostacolato da diversi fattori, fra i quali: 1) la maggiore flessibilità del bilancio dello Stato i (richiedendo al Parlamento di votare l’aggregato “programma” invece dell’”unità previsionale di base”); 2) la lunghezza della tempistica del ciclo delle opere pubbliche, che accentua le difficoltà nella gestione dei residui passivi che si stratificano nel bilancio finanziario, spesso di non facile quantificazione; 3) i ripetuti tagli di bilancio anche riferiti ad assegnazioni di fondi già assunte, con la conseguente necessità di rivedere l’attribuzione delle risorse. Le conseguenze di ciò consistono in una sostanziale deresponsabilizzazione dei diversi soggetti istituzionali competenti per le opere pubbliche e in una vanificazione di fatto dei principi del performance based budgeting richiamato nell’introduzione. Governance multilivello Molteplici studi e raccomandazioni (cfr., fra gli altri, Banca d’Italia, “Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione”, Seminari e convegni, aprile 2011), evidenziano come i diversi ambiti di policy che alimentano gli investimenti pubblici in Italia presentano ampie aree di sovrapposizione, riflesse nella pluralità di fonti di finanziamento di ciascuna opera pubblica. Evidenziano inoltre la necessità di un maggior coordinamento delle decisioni di investimento nell’ambito della governance territoriale multilivello.
  • 17. 16 L’efficacia stessa dei servizi erogati per il tramite delle infrastrutture e il loro impatto sulla crescita dipende infatti in modo sostanziale dalle modalità di coordinamento fra diversi interventi e livelli istituzionali che agiscono nei medesimi territori, che a loro volta condizionano in modo significativo la qualità e la tempistica della spesa pubblica in conto capitale. Tali aspetti andranno considerati con la massima attenzione nella valutazione delle opere pubbliche, anche in considerazione del fatto che la spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali, alle quali è esclusivamente rivolto il D.Lgs. 228/2011, incide per il 50% circa del totale della spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche (Tabella II.1.3 del DEF 2013, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), mentre la spesa in conto capitale delle Amministrazioni locali, non interessate dai provvedimenti sopra richiamati se non per la parte di interventi finanziata nell’ambito delle politiche di coesione, incide per il rimanente 50%. Tabella 1.1 Articolazione dei Nuclei Istituzione di appartenenza DIPE DPS Ministeri Regioni Tipo di spesa valutata Istituzione di indirizzo Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL) Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NVVIP) (Legge 144/1999 e DPCM 25 novembre 2008) Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL) e Unità di verifica (UVER) (D.Lgs. 430/1997) Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVV) dei singoli ministeri (Legge 144/1999) Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (NUVV) regionali Conto capitale Ragioneria generale dello Stato (RGS) Nuclei di analisi e valutazione della spesa (NAVS) dei singoli ministeri (Legge 196/2009) - Spesa complessiv a
  • 18. 17 2. LA COMPETITIVITA’ A LIVELLO LOCALE: L’INDAGINE “DOING BUSINESS SUBNATIONAL IN ITALY 2013” 2.1 I risultati dell’Indagine Il tradizionale rapporto “Doing Business” 12 , presentato quest’anno dalla Banca Mondiale il 23 ottobre 2012, ha posto l’Italia al 73° posto su 185 Paesi, evidenziando una inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti (87° posto nel 2011). Tale rapporto si basa sui dati ”nazionali” dei singoli paesi, rilevati nelle città capitali dei singoli Stati. Al fine di approfondire la dimensione territoriale dei problemi di competitività nel rapporto tra amministrazioni pubbliche e imprese e individuare proposte di policy più dettagliate, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica ha commissionato l’indagine “Doing Business subnational” al Dipartimento “Global Indicators and Analysis Department” della Banca Mondiale. Dell’iter di preparazione e di raccolta dati è stato reso conto nella precedente relazione annuale del Nucleo. Il 14 novembre 2012 il rapporto conclusivo “Doing Business subnational in Italia 2013”, è stato presentato a Roma dal Ministro per la Coesione Territoriale e dal Vicepresidente della Banca Mondiale, alla presenza di rappresentanti delle Regioni e di esponenti del mondo imprenditoriale italiano. Lo studio subnational analizza quattro fasi del ciclo di vita di un’impresa (avvio d’impresa, ottenimento dei permessi edilizi, trasferimento di proprietà immobiliare e risoluzione di dispute commerciali) in 13 città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Potenza, Roma e Torino. Lo studio misura inoltre l’indicatore sul commercio transfrontaliero marittimo in 7 porti: Cagliari, Catania, Genova, Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Trieste. I risultati dell’indagine mettono in luce alcune buone pratiche a livello locale (tabella 2.1) che, se fossero diffuse a livello nazionale, consentirebbero un sensibile miglioramento della posizione italiana nel ranking globale (dall’attuale 73° al 56° posto), ma che non sarebbero comunque sufficienti a raggiungere la media UE (corrispondente al 40° posto). L’indagine riconosce gli sforzi compiuti dal Governo, a partire dal 2011, che ha intrapreso significative riforme in tutti i settori analizzati, ma conferma il persistere di criticità sul fronte della competitività: la media italiana risulta peggiore di quella europea per tutti gli indicatori tranne che per l’indicatore relativo al “Trasferimento di una proprietà immobiliare”. Si evidenzia tuttavia una grande variabilità nelle performance delle 13 città rispetto ai quattro indicatori: nessuno dei capoluoghi presenta buone performance in tutti o in gran parte degli indicatori 12 Lo studio si riferisce a un dato unico nazionale relativo a 10 indicatori sulla base dei dati aggiornati al 30 giugno 2012.
  • 19. 18 (solo Bologna è la migliore in due indicatori su quattro). Tutte le città hanno risultati insoddisfacenti su almeno un indicatore (Roma, Potenza, Campobasso e Bari risultano all’ultimo posto per un indicatore ognuno). Esistono pratiche di qualità diffuse sul territorio da cui le altre città possono imparare, ma nessuna di esse è immune da necessità di riforme e miglioramenti nelle politiche di gestione amministrativa (tabella 2.2). La variabilità si accentua per gli indicatori il cui valore è condizionato dall’efficienza degli uffici periferici dell’amministrazione centrale, come ad esempio la “Risoluzione di una disputa commerciale” (il tribunale di Torino è più efficiente di quello di Milano) o dall’efficienza delle amministrazioni regionali e locali, come ad esempio per l’”Ottenimento di permessi edilizi”, con Cagliari e l’Aquila al secondo e terzo posto. La performance di Cagliari per quest’ultimo indicatore è spiegata dal fatto che la Sardegna è l’unica Regione ad avere una legge regionale che stabilisce che le imprese devono inviare elettronicamente tutte le richieste relative alla costruzione di un magazzino al SUAP, il quale convoca una conferenza di servizi per il rilascio di tutti i permessi necessari. Al Nord si registrano minori tempi di attesa per le autorizzazioni; Milano presenta tempi più veloci della media europea per l’ottenimento dei permessi edilizi (151 giorni rispetto ad una media UE di 182 giorni e una media italiana di 231), anche per l’effetto della L.R. 12/2005 che in Lombardia estende la così detta “Super-DIA” (che prevede una sola richiesta e 30 giorni per essere evasa) anche alle nuove costruzioni. Padova utilizza per l’avvio di impresa 6 giorni rispetto ai 9 della media italiana e ai 14 della media UE. La piattaforma ComUnica, come molte città ma stabilendo un sistema di priorità nel trattare le richieste, privilegiando la fase di creazione dell’impresa. Al Sud è generalmente minore il costo per le imprese. Per l’indicatore “Avvio di un’attività imprenditoriale”, Catanzaro si colloca al primo posto, mentre Milano è solo all’ottavo posto, dopo Potenza, Palermo e Bari. Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, solo una città del Nord figura tra le prime nove (Torino è al primo posto) Anche in questo caso, il dato determinante nell’indicatore è il costo: i tempi sono molto lunghi ovunque, da 2 a 3,5 volte la media UE. Fra Milano e Napoli i tempi sono simili, mentre Milano, così come Padova o Bologna, sono più costose. Ancora una volta le differenze si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a Napoli. Analizzando i due indicatori (Avvio di un’attività imprenditoriale e Risoluzione delle dispute commerciali) appare chiaro che due elementi di costo determinano il buon piazzamento delle città del Sud: 1) i costi di avvio di un’attività imprenditoriale e di risoluzione delle dispute, misurati in percentuale rispetto al reddito pro-capite medio nazionale, penalizzano il Nord, che ha un reddito più alto; 2) le spese notarili influiscono per oltre il 70% sul costo di avvio (e di una percentuale simile le spese legali per la risoluzione delle dispute) e sono più elevate nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud. Milano ha così il costo più elevato delle 13 città analizzate. I costi di avvio a Milano sono tuttavia quasi quattro volte superiori alla media UE e OCSE e l’indagine coglie questo aspetto, penalizzando la città nella classifica.
  • 20. 19 Solo per l’indicatore “Trasferimento di una proprietà immobiliare” la media italiana risulta migliore di quella europea e, se comparata a livello globale, una città-tipo italiana si attesterebbe al 35° posto della classifica globale. I risultati relativi agli altri indicatori non sono ancora soddisfacenti, sia perché l’indagine coglie solo degli aspetti molto puntuali, sia perché alcune delle riforme produrranno i propri effetti in tempi non immediati. Un esempio indicativo è quello della giustizia, dove le misure prese richiederanno del tempo prima di produrre i loro frutti. Intanto il dato drammatico della durata delle cause ci pone al 160° posto su 185 paesi. Torino risolve una disputa commerciale in 855 giorni, rispetto ai 1400 medi italiani e ai 2022 di Bari, ma rimane comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla media UE. Nel 2001 il Presidente del Tribunale di Torino ha evidenziato la necessità di una trattazione più ordinata delle cause, dando priorità a quelle più vecchie in un approccio “first in first out”. Come risultato, nel 2010 i casi più vecchi di 3 anni rappresentavano meno del 5% del carico pendente del Tribunale. La lentezza delle cause civili ha un impatto negativo sull’intero sistema competitivo: laddove c’è un gran numero di cause pendenti arretrate, c’è meno accessibilità al credito, il tasso di interesse medio è più alto come anche il tasso di inadempienze. La tabella 2.3 illustra i principali risultati per indicatore. Alcuni dei risultati, a prima vista, potrebbero destare sorpresa. La più evidente anomalia è il caso di Catanzaro, al primo posto per l’indicatore “Avvio di un’attività imprenditoriale”, laddove Milano è solo all’ottavo posto, dopo Potenza, Palermo e Bari. Tuttavia, analizzando l’indicatore appare chiaro che il costo di avvio dell’impresa determina la differenza. Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, Torino è al primo posto, grazie a tempi più brevi, pur essendo comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla media UE. Milano, Bologna e Padova sono invece nelle ultime posizioni, laddove Napoli è al secondo posto. Ancora una volta le differenze si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a Napoli. Negli indicatori “Ottenimento di permessi edilizi” e “Trasferimento di una proprietà immobiliare” Bologna è al primo posto, ma al secondo troviamo rispettivamente Cagliari e Palermo. Per quanto riguarda i 7 porti analizzati, fra quelli di destinazione finale (gateway), Genova e Trieste sono più veloci e più economici di Napoli, mentre fra quelli di transito (transhipment) Catania è il più efficiente, più rapido di Taranto e Gioia Tauro.. Mentre il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea e a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti), l’Italia si discosta sensibilmente dagli altri concorrenti europei per i tempi: 19 giorni come tempo medio all’esportazione (contro i 10 giorni di media dei paesi OCSE e gli 11 degli altri paesi UE) e 17 giorni come tempo medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è in parte dovuto alla rigidità degli orari di lavoro dei funzionari dell’Agenzia delle dogane e del Ministero della salute, i principali enti coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in molti altri Paesi operano h/24.
  • 21. 20 2.2 Le proposte di policy contenute nel Rapporto e l’azione del Governo Dall’indagine sono emerse proposte di policy per il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale da portare all’attenzione dei diversi livelli di governo. Nel seguito si riporta una sintesi di tali proposte. A livello di Governo nazionale: Dare piena attuazione a una serie di misure già adottate ma non ancora attuate: lo Sportello Unico Doganale, l’Autorità dei trasporti, la riforma del settore giustizia per quanto concerne la specializzazione dei tribunali e il processo civile telematico. Al riguardo, il Governo ha approvato numerose riforme che sono state successivamente “rallentate” in fase applicativa. Ad esempio in materia di velocizzazione delle controversie commerciali, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega delle norme che hanno introdotto la conciliazione nelle controversie civili e commerciali (D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28) nella parte in cui prevedono il carattere obbligatorio della mediazione. Dopo la bocciatura, la mediazione obbligatoria è stata riproposta in forma modificata negli emendamenti al decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto "Decreto Sviluppo"). Il medesimo decreto prevede anche la revisione della legge sul diritto fallimentare per riportare gli imprenditori più rapidamente sul mercato, riprendendo elementi del cosiddetto Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense e di accedere immediatamente alle protezioni previste dalla legge fallimentare presentando una semplice domanda di concordato preventivo, senza la necessità di produrre contestualmente tutta la documentazione finora richiesta. Anche in considerazione degli esiti dell’indagine – poi presentata al pubblico in data 14 novembre 2012 - Il CIPE ha approvato il 26 ottobre 2012 la riprogrammazione di una quota di 2,8 milioni di euro per l’attivazione del processo civile telematico in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno e l’individuazione delle cause tecniche e organizzative che concorrono a determinare i tempi lunghi nella definizione delle cause civili nel Mezzogiorno.  Altre implicazioni di policy del Rapporto sono orientate a evidenziare la necessità di ulteriori riforme di semplificazione e di riduzione dei costi: proseguire lungo la strada di una maggiore semplificazione e razionalizzazione delle pratiche edilizie, in particolare nel campo delle autorizzazioni edilizie, Scia e Dia; estendere le previsioni della SRL semplificata a tutte le SRL, non solo a quelle con titolari under 35 anni (capitale di 1 euro e esenzione dal passaggio al notaio);  ridurre i costi per il trasferimento di proprietà, (compensando con altre entrate il minore gettito fiscale);  migliorare l’utilizzo delle tecnologie informatiche per generalizzare il trattamento online delle pratiche;
  • 22. 21  maggiore flessibilità e decentramento delle responsabilità nella gestione delle reti periferiche dell’amministrazione centrale (ad es. orari apertura uffici portuali della Dogana). A livello regionale o comunale Standardizzare le procedure per l’avvio d’impresa (prendendo spunto dalla creazione di priorità a Padova) Rendere effettiva la funzione di coordinamento degli Sportelli Unici fra gli enti competenti per il rilascio dei permessi edilizi nei vari settori di riferimento (Vigili del fuoco, ASL, ecc.), senza arrivare agli eccessi della raccomandazione della Banca Mondiale che offre come modello la semplificazione delle licenze edilizie di Singapore (una società con una cultura della legalità molto diversa dalla nostra). Migliorare l'accessibilità e la trasparenza delle informazioni anche potenziando i siti web dei Comuni (esempi di Bologna e Milano che mettono online programmi di calcolo degli oneri per le costruzioni, una sorta di Open Local Government). A livello dei servizi professionali Contenere i costi dei servizi privati, ad esempio rendendo effettive le conseguenze dell’abolizione delle tariffe minime degli ordini professionali o le misure per l’aumento del numero di notai. 2.3 Scambio di esperienze con la Polonia sulla realizzazione dell’indagine Doing Business subnazionale Nel dicembre 2012 il Ministero dello Sviluppo Regionale della Polonia ha richiesto al Nucleo del DIPE informazioni relative all’esperienza italiana nella realizzazione dell’indagine Doing Business a livello subnazionale, i risultati ottenuti e il follow up. La Polonia è passata dalla 74ma posizione della classifica globale Doing Business del 2012 alla 55ma del 2013, risultando così il top performer di quest’anno. Il Governo polacco è pertanto interessato ad svolgere l’indagine Doing Business a livello locale, per evidenziare le disparità fra le regioni al fine di applicare in maniera più mirata le politiche regionali. Un componente del Nucleo, in rappresentanza del Dipartimento, è stato quindi invitato a partecipare ad un incontro con i vertici delle amministrazioni centrali polacche coinvolte nei temi oggetto dell’indagine. Durante l’incontro, tenutosi a Varsavia il 21 febbraio 2013, sono state illustrate le principali fasi di preparazione dell’indagine (consultazione interna al DIPE; costituzione di un team interno al Dipartimento responsabile del progetto; consultazione con le altre amministrazioni; coinvolgimento di Unioncamere; scelta dei territori e degli indicatori; accordo con Banca Mondiale), di realizzazione delle attività di definizione e rilevazione degli indicatori (coinvolgimento delle Regioni, dei Comuni e delle autorità portuali; kick-off meeting; raccolta dei dati; right-of-reply; preparazione del rapporto) e di lancio del rapporto. Sono stati inoltre presentati e discussi i principali risultati dell’indagine, le raccomandazioni di Banca Mondiale e le iniziative intraprese in merito dal Dipartimento e dal Governo.
  • 23. 22 Tabella 2.1. Facilità di fare impresa se le best practices fossero diffuse sul territorio nazionale. Indicatori Migliori risultati nei capoluoghi dell'indagine Media Italia 2013 Media UE 2013 Ranking Doing Business Italia se generalizzat a la best practice nazionale Italia effettivo 2013 Media UE 2013 Avvio di un’attività imprenditori ale N. procedure 6 (tutti a parte Campobasso) 6 6 78 84 74 N. giorni 6 (Milano, Padova, Roma) 9 14 Costo (sul reddito pro-capite) 12.2% (Bari) 14.5% 4.9% Capitale minimo richiesto (sul reddito pro-capite) 9.7% (tutte le città) 9.7% 14.9% Ottenimento di permessi edilizi N. procedure 11 (Cagliari, Roma) 13 14 33 103 69N. giorni 151 (Milano) 231 182 Costo (sul reddito pro-capite) 45.1% (Napoli) 253.6% 99.6% Trasferimen to di una proprietà immobiliare N. procedure 3 (Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino) 3.5 5 26 39 62 N. giorni 13 (Bologna, Napoli, Palermo) 18 27 Costo (sul valore della proprietà) 4.3% (Catanzaro) 4.4% 4.6% Risoluzione di disputa commercial e N. procedure 41 (tutte le città) 41 32 123 160 47 N. giorni 855 (Torino) 1400 547 Costo (sul valore contestato) 20.5% (Potenza) 26.2% 21.5% Commercio internaziona le N. documenti per esportazione 4 (tutti i porti) 4 4 ND 55 36 N. giorni per esportazione 18 (Taranto, Genova, Trieste) 19 11 Costo per esportazione (VA) 940 USD (Genova) 1006 USD 1004 USD N. documenti per importazione 4 (tutti i porti) 4 5 N. giorni per importazione 16 (Catania, Cagliari) 17 11 Costo per importazione (VA) 935 USD (Genova) 1131 USD 1072 USD Media complessiva 56 73 40 Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
  • 24. 23 Tabella 2.2. Performance delle 13 città per ognuno degli indicatori n. Avvio di una attività imprenditoriale Ottenimento di permessi edilizi Trasferimento di una proprietà immobiliare Risoluzione di una disputa commerciale 1 Catanzaro Bologna Bologna Torino 2 Padova Cagliari Palermo Napoli 3 Potenza L’Aquila, Milano Campobasso, Napoli Potenza 4 Bologna Roma 5 Palermo Padova Catanzaro Cagliari 6 Bari Roma Cagliari Campobasso 7 Roma Torino Bari, Milano Catanzaro 8 Milano Campobasso L’Aquila 9 L’Aquila Bari L’Aquila, Torino Palermo 10 Torino Catanzaro Milano 11 Cagliari Napoli Potenza Bologna 12 Napoli Palermo Padova Padova 13 Campobasso Potenza Roma Bari Fonte: Doing Business in Italy 2013 Subnational, Smarter Regulation for Small and Medium-Size Entreprises, The World Bank-IFC, Washington 2013
  • 25. 24 Tabella 2.3. Principali risultati contenuti nel rapporto DB subnazionale per ciascuno degli indicatori Indicatore Risultati Avvio di un’attività imprenditoriale Dal 2010, le imprese devono iscriversi attraverso il sistema unico di archiviazione on-line (ComUnica) gestito dalle camere di commercio. Ora sono necessarie solo 6 procedure in tutte le città. Solo a Campobasso è tuttora necessario presentare copia cartacea della SCIA al SUAP. A Milano, Padova e Roma un imprenditore può avviare un’impresa in 6 giorni, mentre a Napoli sono necessari 16 giorni. Le differenze sono conseguenza di quanto velocemente le agenzie collegate da Comunica rispondono. Il costo dell’avvio di un’impresa varia da 12,2% del reddito pro-capite a Bari al 16,8% a Milano. Le spese notarili sono, in media, 428 euro più costose in città del Nord Italia che nelle città del centro o del sud. Oltre ai costi di avviamento, una S.r.l. deve depositare l'equivalente del 9,7% del reddito per abitante, come capitale versato minimo. Le spese notarili pesano per il 72,2% sul costo totale dell’avvio d’impresa in Italia. Catanzaro, migliore classificata, combina bassi compensi professionali con tempi di risposta rapidi ed efficienti. Ottenimento dei permessi edilizi Il numero di procedure per ottenere un permesso per la costruzione di un magazzino e per collegarlo alle utenze varia da 11 (Cagliari e Roma) a 15 (Napoli). Ci vogliono 5 mesi per completare il processo a Milano, ma più di 10 mesi a Catanzaro e a Palermo. I ritardi principali per ottenere i permessi dipendono dai Comuni e dai loro uffici. Ottenere il solo permesso per la costruzione a Catanzaro e a Palermo richiede più di 6 mesi, la metà del tempo a Napoli, Campobasso e Potenza e soli 30 giorni a Milano. Per i permessi ci sono grandi variazioni dei costi in tutte le città, derivanti essenzialmente dai contributi di costruzione (l’87% del costo totale). Calcolare il costo di un permesso edilizio è agevole e veloce a Milano, Torino e Padova, dove è possibile farlo online, mentre richiede più tempo nelle altre città, dove è prassi richiedere un appuntamento con un tecnico del Comune. Trasferimento di una proprietà immobiliare I requisiti per avviare i trasferimenti di proprietà sono identici in tutto il Paese. Includono l'ottenimento di un certificato energetico o l'utilizzo di un notaio per avere l’autorizzazione alla vendita. A Bologna, Palermo, Milano, Napoli, Roma e Torino la registrazione dell’edificio con l'Agenzia delle Entrate e l’Agenzia del Territorio è effettuata con un’unica trasmissione elettronica, l’“Adempimento Unico Telematico”. Il processo di registrazione richiede dai 13 giorni di Bologna, Napoli e Palermo ai 24 di Roma. Oltre il 92% del costo complessivo è composto dai canoni e dai computi nazionali di cui il più importante è l'imposta di registro (3% del valore dell'immobile), il restante 8% è composto da tasse di servizi professionali. Risoluzione delle dispute commerciali Il rispetto dei contratti richiede lo stesso numero di passaggi in tutte le città italiane, ma vi sono variazioni rilevanti di tempi e di costi. Torino, dove ci vogliono 855 giorni e il costo è pari al 22% dell’ammontare oggetto della disputa, ha la performance migliore. Bari ha il record peggiore: ci vuole più del doppio del tempo rispetto a Torino e costa il 34,1% dell’ammontare oggetto della disputa. Commercio Internazionale Genova è il porto con la performance migliore fra i porti “gateway”: un container può essere esportato in 18 giorni con un costo di 940 dollari e importato in 17 giorni con un costo di 935 dollari. Catania è invece il porto più efficiente fra i porti “transhipment”: un container può essere esportato in 19 giorni con un costo di 1020 dollari e importato in 16 giorni con un costo di 1040 dollari. Il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea e a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti). 19 giorni come tempo medio all’esportazione (contro i 10 giorni dei paesi OCSE e gli 11 degli altri paesi UE) e 17 giorni come tempo medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è essenzialmente dovuto alla rigidità degli orari di lavoro dei funzionari dell’agenzia delle dogane e del Ministero della salute, i principali enti coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in molti altri paesi operano h/24. Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
  • 26. 25 3. LE POLITICHE URBANE: PIANO CITTA’ E RECUPERO OPERE INCOMPIUTE 3.1 Il Piano città Negli anni recenti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha promosso e finanziato una serie di programmi nazionali volti a sviluppare, insieme agli enti locali coinvolti, modelli innovativi di programmazione dello sviluppo urbano e territoriale. In un contesto di scarsità di risorse pubbliche per investimenti a fondo perduto e partendo dalle lezioni apprese da pregresse esperienze di pianificazione integrata (Priu, Pru, Prusst, Contratti di quartiere, URBAN) 13 , le iniziative ministeriali più recenti hanno puntato alla sperimentazione di forme di partenariato particolarmente efficienti, sia di tipo interistituzionale che pubblico-privato. Ai programmi di questa ultima generazione (SISTeMA, Territori Snodo I, Territori Snodo II) 14 hanno partecipato decine di amministrazioni locali (per la maggior parte Comuni), nella prospettiva di sviluppare studi, testare nuovi approcci e metodologie e dotarsi di nuovi strumenti. Pru-Priu, Prusst ed URBAN negli anni Novanta e nei primi anni Duemila avevano promosso dinamiche di riqualificazione urbana integrata, mettendo a disposizione risorse finanziarie aggiuntive rispetto a quelle della programmazione ordinaria, per investimenti a fondo perduto in azioni materiali ed immateriali. Negli ultimi 10 anni con SISTeMA, Territori Snodo I e II, l’azione del Ministero è stata soprattutto indirizzata a supportare gli Enti Locali nella predisposizione di progetti di sviluppo locale capaci di concorrere efficacemente alla assegnazione di risorse della programmazione nazionale e comunitaria e, soprattutto, in grado di attrarre finanziamenti di natura privata, anche attraverso l’attivazione di PPP. In questo quadro, con risorse finanziarie pubbliche calanti e frammentate, soprattutto nel campo dell’edilizia residenziale pubblica, il decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese” (cd. DL Sviluppo) ha previsto il Piano Nazionale per le Città (Piano Città), recuperando risorse residue ed associandole ad altre fonti finanziarie pubbliche e private. Il Piano Città, con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro per opere edilizie ed infrastrutturali, ha rappresentato un ritorno a modalità di investimento diretto a favore delle aree urbane (i precedenti finanziavano solo studi e progettazione ma non investimenti materiali) ed è stato concepito come uno 13 Programmi di recupero urbano- Pru (art. 11, Legge 493/93), i Programmi di riqualificazione urbana- Priu, (art. 2, Legge 179/1992), Contratti di quartiere (D.M. infrastrutture 22 ottobre 1997), Programmi di di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio – PRUSST (D.M. infrastrutture 1169/1998), Programmi di Iniziativa Comunitaria URBAN I (1994-2000) e II (2000-2006). 14 Sviluppo integrato sistemi territoriali multi azione -SISTeMA (D.M. infrastrutture 988/2003); Progetti di Territorio (Territori Snodo I e II), iniziative sviluppate dal Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento dello sviluppo del territorio del Ministero delle infrastrutture fra il 2007 ed il 2011.
  • 27. 26 strumento per rilanciare uno dei settori economici maggiormente colpiti dalla crisi economica e finanziaria, quello delle costruzioni 15 . In particolare il Piano Città, esplicitamente dedicato alla “riqualificazione di aree urbane con particolare riferimento a quelle degradate” 16 , mira a ristrutturare il settore delle costruzioni verso un modello di sviluppo realmente sostenibile sia dal punto di vista economico che ambientale, facendo perno sul principio del recupero e della valorizzazione delle risorse territoriali e sul contenimento del consumo del suolo 17 . L’opportunità di avviare una iniziativa di tale portata, in un momento di riduzione delle spese per nuovi investimenti, è stata offerta dalla possibilità di fare convergere verso un unico obiettivo fondi inutilizzati afferenti a precedenti programmi gestiti dal Ministero delle infrastrutture 18 . La somma di 224 milioni di euro così reperita, e inserita in un “Fondo per l’attuazione del piano nazionale per le città”. Tale operazione offre adeguate garanzie e incentivi alle istituzioni pubbliche e agli operatori privati presenti sul territorio coinvolti nel processo di programmazione e implementazione di politiche di sviluppo urbano. Si tratta di una somma consistente pur non sufficiente in sé per finanziare interamente ambiziosi programmi di recupero urbano, La questione della dimensione economica dell’investimento, ancorché rilevante, non rappresenta comunque l’unico o il principale elemento di novità introdotto dal Piano Città. Altrettanto importante appare il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione delle politiche e degli investimenti in ambito urbano, a partire da quelli di natura pubblica, ma con necessaria e opportuna attenzione anche a quelli di natura privata. E’ molto significativo infatti che la gestione del Piano (la sua impostazione e la sua implementazione) sia stata affidata ad un organismo creato ad hoc, la cd. Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture, ma comprendente rappresentanti delle 15 Nel quinquennio appena trascorso un ammontare paragonabile di risorse statali è stato destinato al social housing nell’ambito del cosiddetto “piano casa”, con oltre 377 milioni di euro assegnati ad accordi di programma esaminati dal CIPE nel 2011 e 2012, cui si erano poi aggiunti ulteriori finanziamenti gestiti direttamente dal MIT (cfr. le due precedenti relazioni del Nucleo). 16 Art.12, Comma 1, Decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”. 17 Parallelamente alla promozione del Piano Città il Governo ha elaborato un disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e per il contenimento del consumo del suolo, proposto dai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per i beni culturali e dello sviluppo economico e infrastrutture. 18 Si tratta in particolare di risorse non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ai seguenti programmi: a) interventi costruttivi finanziati ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31 dicembre 2007, gli accordi di programma previsti dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, e già destinate all'attuazione del piano nazionale di edilizia abitativa ai sensi dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni; b) programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell'articolo 2, comma 63, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662,dell'articolo 1, comma 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dell'articolo 61, comma 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; c) programmi innovativi in ambito urbano, finanziati ai sensi dell'articolo 145, comma 33, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dell'articolo 4, comma 3. della legge 8 febbraio 2001, n. 21.
  • 28. 27 altre istituzioni centrali titolari di competenze rilevanti per gli ambiti urbani 19 , oltre che della Conferenza Stato-Regioni, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, della Cassa Depositi e Prestiti e dell’Agenzia del Demanio. La Cabina di Regia La creazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 3 agosto 2012, della Cabina di Regia avrebbe dovuto, nelle intenzioni del legislatore, oltre che stimolare l’integrazione delle politiche settoriali, portare a un vero e proprio incremento delle risorse a disposizione del Piano Città attraverso l’assegnazione di quote di fondi gestiti da altri ministeri (ad esempio quelli per l’edilizia scolastica del Ministero della Pubblica istruzione, o quelli per la riqualificazione energetica degli edifici e per le bonifiche del Ministero dell’ambiente). Ciò non è effettivamente avvenuto nella misura inizialmente auspicata, ma è stato comunque accolto l’appello della Cabina di Regia ad una concentrazione delle risorse disponibili per le città in occasione della riprogrammazione dei fondi strutturali comunitari 2007-2013 (Piano di Azione e Coesione, PAC) portata avanti dal Ministro della coesione territoriale Fabrizio Barca. Nell’ambito della terza riprogrammazione del Piano Azione Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati infatti individuati a favore del Piano Città ulteriori 94 milioni di euro provenienti dal PON Reti e Mobilità, originariamente destinati al finanziamento delle Zone Franche Urbane 20 . Con questa ulteriore attribuzione di risorse la disponibilità del Fondo per l’attuazione del Piano nazionale per le città è salita a complessivi 318 milioni di euro. Nell’ambito della Cabina di Regia, il citato decreto ministeriale del 3 agosto 2012 affida all’ANCI il compito di predisporre un format per la presentazione delle proposte progettuali e quindi di raccoglierle e classificarle, prima della loro trasmissione alla Direzione generale per le politiche abitative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’istruttoria tecnica di competenza. La Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è presente all’interno della Cabina di Regia anche attraverso la sua SGR CDP Investimenti, società di gestione del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA), in qualità di osservatore/potenziale investitore istituzionale. In virtù della sua significativa disponibilità di risorse da investire in operazioni di riqualificazione e social housing, si tratta di una partecipazione cruciale per il buon esito del Piano Città. In un momento di enorme difficoltà nel reperire capitali per il finanziamento di operazioni di carattere immobiliare come quello attuale, il FIA dispone di risorse residue pari quasi 19 Ministero dell'economia e delle finanze; Ministero dello sviluppo economico; Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica; Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; del Ministero per i beni e le attività culturali; Ministero dell'Interno; Ministero per la cooperazione internazionale e l'integrazione; Ministero per la coesione territoriale. 20 Anche all’interno del Piano Città la spesa di tali fondi è rimasta vincolata a progetti presentati da città delle Regioni Convergenza (uniche beneficiarie del PON) individuate dalla delibera CIPE 14/2009 come Zone Franche Urbane. Si tratta di 12 città, 10 delle quali al momento della riprogrammazione delle risorse avevano presentato progetti nell’ambito del Piano Città.
  • 29. 28 1,4 miliardi di euro da investire entro il 2017 21 . Di fatto, nell’ottica del FIA, la partecipazione alla Cabina di Regia rappresenta una occasione molto significativa per l’individuazione e lo scouting di progetti da finanziare, anche al di là di quelli effettivamente premiati con i contributi a fondo perduto del Piano Città. La valutazione del Piano Il termine per l’invio dei fascicoli di candidatura da parte delle città era il 5 ottobre 2012. Durante la fase di elaborazione della procedura per la valutazione delle proposte e per la selezione dei progetti da premiare, a settembre 2012, è stato prodotto dal Nucleo di Valutazione un documento sulle opportunità e sui rischi relativi all’impostazione e alle prospettive di sviluppo del Piano Città; documento trasmesso al rappresentante del Ministro della Coesione Territoriale, segretario del CIPE, nella Cabina di Regia. Il documento evidenziava l’opportunità di: prendere in particolare considerazione la candidatura di Amministrazioni locali che hanno partecipato ai programmi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiamati in apertura del presente documento, specie laddove il progetto candidato si pone in diretta continuità con tali esperienze. Ciò può costituire una ragionevole garanzia che la proposta sia frutto di un processo di selezione degli interventi e di costruzione di consenso, a livello territoriale, e che quindi possa portare a una reale ed efficace implementazione in tempi rapidi; utilizzare le risorse del Piano città a sostegno di progetti emersi ed elaborati nell’ambito di piani strategici, specie laddove sviluppati attraverso percorsi di concreta partecipazione dei principali stakeholder locali. Tali proposte progettuali possono costituire un veicolo per l’attuazione di vere e proprie strategie di rilancio locale, in senso sociale ed economico oltre che urbanistico; dare continuità ai processi di riqualificazione al fine di valorizzare adeguatamente gli interventi già avviati e le risorse investite. Esistono numerosi esempi di città italiane che hanno compiuto negli ultimi due decenni significativi sforzi per la riqualificazione di porzioni particolarmente degradate del loro tessuto; ad esempio quelle storiche, soprattutto al sud (Bari Vecchia, Ortigia a Siracusa, area centrale e lungomare a Salerno, area dei Sassi a Matera), o quelle abbandonate a seguito di rapidi processi di deindustrializzazione, prevalentemente al centro- nord (il Lingotto a Torino, l’area di Porta Garibaldi-Varesine a Milano, il parco scientifico tecnologico VEGA a Venezia-Marghera). Si tratta in molti casi di processi non ancora 21 Il Fondo Investimenti per l’Abitare ha una dotazione complessiva di 2 miliardi di Euro. Il Fondo ha finora esaminato e deliberato l’investimento in 89 progetti, per un impegno finanziario di 634 milioni, di cui al momento esistono delibere definitive solo per 337 milioni.
  • 30. 29 conclusi, in parte a causa delle dimensioni ingenti delle aree da recuperare, in parte per la sempre maggiore scarsità di risorse pubbliche a disposizione per incentivarli. perseguire una maggiore integrazione con altri fondi e strumenti finanziari. Oltre alla auspicata sinergia con gli investimenti del Fondo Investimenti per l’Abitare, con il Piano casa (per quanto riguarda lo sviluppo del social housing), con il Piano nazionale di edilizia scolastica, e con iniziative di valorizzazione di immobili demaniali, le risorse del Piano città possono essere impiegate per il potenziamento (tramite effetto moltiplicatore) di iniziative di sviluppo urbano sostenibile programmate nell’ambito dei POR FESR 2007-2013. Le regioni dell’Obiettivo convergenza, in particolare, stanno implementando complessi programmi di sostegno agli investimenti in ambito urbano gestiti direttamente dalle città. Inoltre, in due regioni, Sicilia e Campania, è stato attivato un meccanismo finanziario particolarmente innovativo di spesa dei fondi strutturali destinati al settore urbano. Si tratta del meccanismo JESSICA (acronimo per Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas) che fa perno sulla costituzione di Fondi di Sviluppo Urbano (già attivi in entrambe le regioni) dedicati al finanziamento, non a fondo perduto, di progetti promossi dalle città attraverso la costituzione di forme di partenariato pubblico-privato. Sul fronte delle criticità, il documento segnalava: la necessità che le proposte delle amministrazioni comunali contengano interventi al contempo “immediatamente cantierabili” e progettualmente solidi 22 . E’ noto il rischio di assegnare risorse a progetti immaturi; in contrasto con l’urgenza di dare uno stimolo importante al settore urbano e delle costruzioni nell’attuale frangente di grave crisi economica. Se da un lato esistono sicuramente progetti “maturi” che le amministrazioni comunali possono mettere in campo per risvegliare l’interesse di partner privati in tempi brevi, la necessità di procedere in fretta può minare la possibilità di “montare” le opportune e possibili sinergie con altre importanti iniziative che riguardano lo sviluppo sostenibile ed il rinnovamento dei contesti urbani. Fra queste spiccano quelle legate al processo di modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico (coerentemente con le innovazioni introdotte dall’art.53 del DL n.5/2012) e i nuovi investimenti del FIA, dopo l’eliminazione del vincolo del 40% alla partecipazione finanziaria in progetti di housing sociale promossi dai comuni (DPCM di fine luglio 2012). strettamente legata alla questione esposta al punto precedente è quella della ricerca di equilibrio fra le convenienze pubbliche e quelle private nei progetti da premiare. E’ richiesto che le proposte inviate dalle amministrazioni comunali siano corredate da un impegno, preferibilmente sotto forma di accordo, dei soggetti privati ad effettuare investimenti o mettere 22 Lettera 3, Comma 1, Articolo 12 (Piano nazionale per le città) del DL 83, 22 giugno 2012.
  • 31. 30 a disposizione asset immobiliari 23 . E’ facile immaginare che tali accordi derivino da negoziazioni fra le amministrazioni e le controparti private che hanno radici in un epoca precedente al lancio del Piano città. E’ di particolare importanza capire, caso per caso, in che modo la prospettiva di un incentivo pubblico contribuisce a sbloccare una situazione presumibilmente di stallo (se così non fosse l’iniziativa sarebbe in corso anche senza le risorse messe a disposizione dal Piano). In particolare è importante assicurarsi che l’incentivo pubblico aggiuntivo renda l’operazione più appetibile per il soggetto privato perché migliora la qualità (urbana) complessiva dell’intervento, o aumenta la quantità di dotazioni pubbliche prodotte; non perché solleva il soggetto privato da alcuni obblighi od oneri precedentemente negoziati con la pubblica amministrazione. il Piano città può rappresentare una opportunità per amministrazioni comunali che hanno strutturato importanti operazioni di riqualificazione o recupero urbano predisponendo la creazione di appositi veicoli (quali Project Financing, altri contratti di concessione, Fondi immobiliari, STU) e che si trovano nella posizione di dovere selezionare, attraverso bando, i partner privati e finanziari. Nell’attuale scenario, caratterizzato dal calo dei valori immobiliari e dalla sempre più scarsa disponibilità degli istituti di credito a sostenere gli investimenti, la disponibilità di risorse finanziarie a fondo perduto, a parziale copertura dei costi di investimento, può essere elemento chiave del successo di tali iniziative. E’ importante che, laddove opportuno, il contributo finanziario del Piano città possa essere versato direttamente al veicolo progettuale espressione del partenariato fra l’amministrazione comunale ed il/i soggetto/i privato/i. La risposta al bando ministeriale Vale la pena ricordare che la procedura di presentazione delle domande, riportata nel citato decreto ministeriale del 3 agosto 20122 (vedi anche il Vademecum prodotto dall’ANCI alla vigilia della pubblicazione del decreto), lascia aperta la partecipazione al Piano Città a tutti i Comuni italiani, ovvero anche a quelli non contenenti aree urbane di particolare rilievo. Inoltre, sul fronte dei progetti, al di là di alcuni generici richiami, come quello all’aderenza a uno o più dei criteri individuati dall'art.12, comma 3, del DL Sviluppo 24 , il decreto ministeriale non contiene limitazioni particolari di carattere tipologico o dimensionale per le proposte da presentare. 23 La lettera e, Comma 2, L’articolo 4 (Presentazione delle proposte alla Cabina di regia ) del DM Infrastrutture e trasporti 3 agosto 2012, richiede che le proposte delle Amministrazioni comunali siano corredate da “impegno dei soggetti privati ad eseguire gli interventi indicati nella proposta, con allegata dichiarazione di disponibilità delle o degli immobili privati oggetto di intervento”. 24 a) immediata cantierabilità degli interventi; b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati; c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale; d) miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto urbano; e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale e contenimento del consumo di nuovo suolo non edificato.
  • 32. 31 Alla scadenza del 5 ottobre 2012 sono pervenute candidature da 430 differenti Amministrazioni comunali, per un numero complessivo di 457 proposte. I Comuni che si sono attivati sono quindi circa il 5% dei Comuni italiani, e rappresentano 22 milioni di cittadini, circa il 36% della popolazione italiana. L’ANCI ha elaborato un documento di analisi delle proposte pervenute 25 , di cui si riportano nelle tabelle 1, 2 e 3 alcuni dati più significativi. Complessivamente è interessante notare come circa il 77% delle candidature (323) sia arrivato da Amministrazioni comunali di città piccole o molto piccole (comunque al di sotto dei 50.000 abitanti). E che, parallelamente, le proposte provenienti dalle città medie e grandi (107) costituiscano quasi i 2/3 (64,4%) degli investimenti previsti, con una dimensione media di investimento di gran lunga superiore a quella dei piccoli centri. Si oscilla tra i 241 milioni di euro in media delle proposte delle città metropolitane e i 6,6 milioni delle città con meno di 50.000 abitanti. Questa considerevole eterogeneità era ampiamente prevedibile alla luce della già evidenziata scarsa selettività del bando. Emerge con assoluta chiarezza la sproporzione fra la cifra messa a disposizione dal Piano Città (318 milioni di euro) e quella indicata dalle amministrazioni proponenti come “risorse da reperire”, ovvero 10,4 miliardi di euro, a fronte di un costo complessivo degli interventi proposti pari a 18,5 miliardi di euro 26 (tabella 3.1). L’assenza di indicazioni specifiche nel bando rispetto al dimensionamento dei progetti ha fatto sì che non ci sia stato un filtro dimensionale sulle proposte da presentare. Pur essendo nota la dotazione complessiva di risorse disponibili come contributo pubblico per il Piano Città, nessuna indicazione era stata data ex ante in merito ai criteri in base ai quali sarebbe stata ripartita. Il Piano Città, da questo punto di vista, si è trasformato in un esercizio di ricognizione del fabbisogno di investimenti espresso dalle municipalità italiane, con un numero di domande molto superiore alle attese iniziali. Esercizio i cui risultati, pur ancora in parte da interpretare, hanno una certa rilevanza proprio in virtù delle “maglie larghe” del bando e del lavoro di sistematizzazione dei dati effettuata da ANCI. Va sottolineato infatti che il format contenuto nel Vademecum per la presentazione delle proposte elaborato da ANCI è stato per lo più rispettato, rendendo ragionevolmente confrontabili ed aggregabili i dati emergenti dalla documentazione inviata dai Comuni. Dal punto di vista della tipologia degli interventi inclusi proposti (tabella 3.2 e grafico 3.1), si segnala una relativa eterogeneità, con una prevalenza comunque di tipologie tradizionalmente assimilabili alle opere pubbliche. Accessibilità e viabilità attraggono circa il 27% delle opere e degli investimenti proposti, mentre uffici pubblici, scuole, asili, biblioteche e musei rappresentano il 25% delle opere e il 21% degli investimenti proposti. Emerge anche una limitata ma tutt’altro che residuale incidenza 25 “Piano nazionale per le città. Primissime analisi ed elaborazioni sui dati più significativi contenuti nelle Proposte inviate dai Comuni”, nota ANCI del 15 novembre 2012. 26 Non emergono purtroppo dal rapporto dell’ANCI alcune informazioni di particolare rilevanza in merito alle “risorse da reperire”, ovvero la domanda complessiva di risorse a fondo perduto a valere sul Piano Città espressa dalle proposte dei Comuni, e, viceversa, la previsione di reperimento di tali risorse attraverso il coinvolgimento di privati o istituzioni finanziarie o, generalmente, attraverso l’attivazione di PPP.
  • 33. 32 relativa di proposte riguardanti il settore del social housing (6,4% delle opere e 12,2% degli investimenti), sul quale, come detto sopra, negli anni recenti sono confluite significative risorse. Tale prevalenza di “opere pubbliche” appare essere il portato di uno dei principali requisiti contenuti nel bando, già evidenziato come potenziale suo “limite”, ovvero la cantierabilità immediata dei progetti. Infatti per ottenere un coinvolgimento attivo e significativo di investitori privati, a fronte di nuove risorse pubbliche disponibili, sarebbe stato necessario, o quanto meno opportuno, prevedere la possibilità di adeguare i progetti ed i relativi piani finanziari, con i tempi tecnici necessari. Appare infine evidente (tabella 3.3) come il richiamo a presentare proposte prevalentemente concernenti interventi riqualificazione e recupero di immobili ed aree (rifunzionalizzazioni), in nome del contenimento del consumo di suolo, sia stato solo in parte ascoltato. Il 50% delle opere e il 32% degli investimenti riguardano esclusivamente interventi di riqualificazione e recupero, mentre il 49% degli investimenti e il 36% delle opere riguarda solo nuove costruzioni. Non era di fatto prevista una soglia massima di sviluppo greenfield oltre la quale le proposte sarebbero state considerate non accettabili. I progetti finanziati L’esame delle proposte pervenute, una volta completata la disamina effettuata dell’ANCI, è stata affidata ad una task force costituita ad hoc all’interno del Ministero delle infrastrutture, coordinata dal Capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale. Una prima scrematura delle proposte è stata compiuta selezionando solo quelle che: avessero risorse già disponibili (tra pubbliche e private) per almeno il 15% del totale; avessero risorse pubbliche da reperire non superiori al 60% del totale investimenti (criterio da cui sono stati esentati i capoluoghi di provincia); riguardassero Comuni ad alta tensione abitativa. Si è arrivati così ad una lista di 128 proposte. Su queste è stata svolta, in sede di Cabina di Regia, un’analisi di merito vera e propria. Vale la pena ripetere che il decreto ministeriale 3 agosto 2013, unico reale riferimento per i Comuni nella predisposizione delle proposte, non individua un sistema di criteri vero e proprio per la valutazione dei progetti, menzionando piuttosto, in maniera molto generica, il “livello di concorrenza con gli obiettivi e con le finalità del Piano nazionale per le città” quale principio per la selezione. Si rileva inoltre che anche nel definire la procedura per la valutazione delle proposte da parte della Cabina di Regia27 , il Ministero delle infrastrutture non ha ulteriormente dettagliato i criteri già individuati dall'art.12 DL Sviluppo (già riportati nella nota 9), né li ha ordinati per priorità. Nella seduta del 16 gennaio 2013, la Cabina di Regia ha deliberato in via definitiva la lista delle 28 proposte beneficiarie dei finanziamenti del Piano Città, e le relative quote assegnate (tabella 3.4). 27 Il Ministero ha distribuito via e-mail, in data 4 ottobre 2012, ai componenti della Cabina di Regia un documento denominato “Piano per le città: Nota sulle Procedure”.
  • 34. 33 Il lavoro di selezione svolto dalla Cabina di Regia è stato particolarmente impegnativo visto il numero delle proposte pervenute. Grazie all’istruttoria portata avanti da ANCI e Task force del Ministero delle infrastrutture in tempi rapidi, la Cabina di Regia è arrivata a stilare la lista delle città beneficiarie dei finanziamenti speditamente. I tempi impiegati (poco più di tre mesi dalla scadenza del bando alle aggiudicazioni) appaiono particolarmente stretti, specie se confrontati con quelli di passate iniziative del Ministero delle infrastrutture di portata ed importanza comparabili. A titolo esemplificativo, nel caso dei PRUSST (programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio) dalla pubblicazione del DM che ne decretò l’istituzione (ottobre 1998) al decreto del Ministro recante la lista dei programmi ammessi a finanziamento (aprile 2000) passò all’incirca un anno e mezzo. Quasi tutti i 28 progetti finanziati si qualificano come interventi integrati di sviluppo urbano afferenti alle seguenti tre categorie: riqualificazione di aree dismesse e loro rifuzionalizzazione ad usi urbani misti 28 ; riqualificazione e rilancio di quartieri di edilizia residenziale pubblica (EPR e/o ex IACP) 29 ; rilancio e recupero di aree urbane degradate (ad esempio i waterfront). 30 Numerosi gli interventi di social housing previsti (per lo più con il coinvolgimento di soggetti privati) nell’ambito del mix funzionale dei progetti. In soli due casi sono stati premiati progetti che riguardano la semplice rifunzionalizzazione di contenitori storici (Pavia e Trieste). La distribuzione geografica indica che dei 28 progetti finanziati 12 sono localizzati nel Nord (43%), 11 nel Sud (39%) e 5 nel Centro (18%); al Nord sono previsti il 61% degli investimenti e il 35% del finanziamento statale erogato con il piano città, al Sud il 21% degli investimenti e il 47% del finanziamento statale e al Centro il 18% degli investimenti e il 18% del finanziamento statale. La maggiore incidenza del finanziamento statale nel Mezzogiorno, a parziale compensazione di un minore apporto di capitale privato, è confermata dal fatto che in media il finanziamento statale assegnato in percentuale del valore del progetto è stato più alto nel Mezzogiorno, pur rimanendo una quota assai limitata (15,8% nel Sud, 7.5% nel centro e 4,2% nel Nord), destinata soprattutto a far da catalizzatore di altri finanziamenti pubblici e privati. Complessivamente, i finanziamenti statali accordati vanno da un massimo di 30 milioni di euro (Lamezia Terme) a un minimo di 4 milioni di euro (Trieste). 28 Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero delle seguenti aree: ex mercato ortofrutticolo ed ex-Navile a Bologna, Bovisa-Gasometri a Milano, quartiere Pietralata a Roma, ex-Corradini a Napoli, stazione Leopolda ed ex Manifattura tabacchi a Firenze, ex-Piazza d’Armi a L’Aquila, “Laguna verde” a Settimo Torinese. 29 Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero dei seguenti quartieri: Falchera a Torino, Librino a Catania, Borgo La Martella a Matera, Savutano a Lamezia Terme (CZ). 30 Gli esempi più interessanti sono le operazioni proposte sui waterfront delle seguenti città: Bari, Ancona, Rimini, Cagliari.