Il racconto, le immagini e la mappa di un patrimonio di luoghi vuoti costruiti, semi costruiti, open air del quartiere Bovisa, a Nord di Milano.
A cura del Comitato la Goccia, un gruppo di cittadini animati dal desiderio di garantire un futuro migliore a Milano.
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IL CIELO SOPRA BOVISA
Perché questo documento sui luoghi vuoti di Bovisa, costruiti, semi costruiti, oppure open air?
Tutto nasce dalla nostra intenzione (del Comitato la Goccia) di salvare i 2500 alberi della Goccia, ex Officine del gas, in un'area grande quasi il Parco
Sempione, per ribadirne la destinazione a verde e impedirne la cementificazione prevista nel Piano di governo del territorio.
Un tempo, prima che noi ce ne occupassimo con grande passione, quasi nessuno sapeva nulla della ricchezza naturalistica della Goccia, perché era ed è un
luogo chiuso, sia dal tracciato delle Ferrovie Nord, che da muri e reticolati.
Da un certo momento in poi qualsiasi visita era stata negata, con la motivazione che il luogo era troppo inquinato e quindi pericoloso, e che era necessario
scavare il terreno per bonificare, sacrificando i 2500 alberi. I soldi della bonifica sarebbero arrivati come al solito dagli oneri di urbanizzazione di chi
avrebbe provveduto a edificare, anche qui come al solito, le migliaia di metri cubi previsti dal Pgt. È l'ormai noto meccanismo perverso che porta al
famigerato consumo di suolo. Che in questo caso condurrebbe alla condanna a morte del Parco, per seppellirlo sotto altri edifici, altri servizi commerciali.
Noi abbiamo sempre detto che il quartiere non ne ha bisogno.
Ma è stato necessario arrivare nel 2015 al workshop lanciato dal Comune e gestito dal Politecnico con associazioni, gruppi, singoli cittadini di zona 9 e
8. Le conclusioni del workshop risultano dalla mappa della Goccia “disegnata” alla fine dei lavori, in cui il Parco Goccia è luogo di contemplazione e
frequentazione del verde. Sempre nell'occasione del workshop è diventato evidente che era sconosciuto alle istituzioni il grande patrimonio di luoghi
vuoti in quartiere costruiti, semi costruiti, open air. Dove appunto alloggiare i servizi mancanti. Ecco quindi da dove deriva questo documento, Il cielo
sopra Bovisa ,che li vuole portare in evidenza, senza pretesa di essere esaustivo.
Quanto all'inquinamento della Goccia il nostro Comitato avanza seri dubbi sulla qualità delle analisi e ricerche effettuate finora. E il nostro più vivo
desiderio è che si arrivi a organizzare un convegno internazionale che contempli le bonifiche alternative con fito e bioremediation, cioè da effettuarsi
con piante e microorganismi. Questo tema della riqualificazione è di enorme importanza nei paesi occidentali che hanno ereditato veleni e terreni
compromessi dalle industrie del passato Ed è un ambito di ricerca assolutamente recente.
In ultimo non possiamo non esprimere i nostri sentimenti nei confronti della Goccia come del quartiere Bovisa. Noi vogliamo bene sia all'una che all'altro.
Condividiamo il quartiere con i vecchi abitanti, operai in pensione, giovani coppie, studenti, stranieri. Ci stanno a cuore i luoghi. Ci stanno a cuore le
persone. E siamo decisi a dare battaglia nei confronti di coloro che hanno, rispetto a Goccia e Bovisa, soprattutto o soltanto intendimenti speculativi. Ecco
dunque il racconto, le immagini e la mappa della Bovisa che attende trasformazione.
Nel frattempo, in marzo, si è verificato un avvenimento importante: abbiamo incontrato il nuovo rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta, che con
un atteggiamento molto diverso rispetto alle istituzioni con le quali abbiamo avuto a che fare finora, ci ha ascoltato e ci ha raccontato i suoi progetti sul
Politecnico di Bovisa. Si augura di mantenere a verde la maggior parte della Goccia, insediandovi anche impianti sportivi aperti al quartiere, e di ritornare
in via Durando, condividendo gli spazi con l'università cinese Tsinghua. Tra i suoi propositi ci sarebbe quello di realizzare delle residenze per studenti in
Bovisa. Buona lettura.
marzo 2017
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Il cielo sopra Bovisa, scendendo le scale a lato sinistro della stazione, è così immenso come lo è solo in pochi altri luoghi di Milano.
Ci si può perdere con lo sguardo in ogni direzione come se si fosse su un altipiano metropolitano, e anche questa visione è un bene
da preservare e raccomandare nelle guide turistiche (1).
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Al contrario pessima l'accoglienza di chi esce dalla stazione (2) e si scontra con un'accozzaglia senza amore di macchine, bici e
cespugli, ovviamente penalizzando i cespugli, per non parlare dei mattoncini sconnessi che, quando imbocchi lo scivolo, la bicicletta
è come se scendesse o salisse sui tasti di un pianoforte.
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Dopo aver dato un'occhiata al vasto cielo a sinistra, scenderemo però verso destra, per andare prima di tutto alla Goccia.
E guarderemo mortificati gli alberelli appena piantati non si sa da chi, e morti stecchiti a lato delle scale, e il piccolo prato
abbandonato e ovviamente recintato, non si sa mai (3).
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Il corridoio di verde in via Lambruschini, invece di essere valorizzato è stato recentemente ricoperto da cemento grigio come
la strada a fianco. Perché questo inutile consumo di suolo? Non saranno quei quattro alberelli che sono stati incastrati nella
piattaforma a consolare chi ama la natura.
Qui comincia il regno di Ingegneria del Politecnico, che pretende continuamente di ampliare la sua reggia senza spiegare a nessuno
il suo perché. Come se la ricerca e le start up fossero dogmi di una religione che ha per sacerdoti i suoi scienziati, e non si dovesse
prevedere quale tipo di ricerca e di start up, e per quanti ricercatori e studenti, che dovrebbe essere il “Piano dei servizi” mai scritto,
e non si dovesse rendere conto a nessuno dei contenuti.
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Quindi vediamo la enorme biblioteca (4) e i diversi padiglioni grigi, tra cui quello del Dipartimento di Energia.
Il Politecnico ogni tanto dice di voler costruire qui vicino un non meglio precisato Edificio Zen “a zero emissioni”, ma potrebbe
cominciare invece con il rendere “sostenibile” questo suo Dipartimento di Energia (5), costruito da poco, ma nel quale, nei giorni
prima di accendere l'aria condizionata a manetta, si bolle dal caldo.
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Un po' distante, ma inserito in modo indistinto nel grigio dilagante, apre la sua facciata l'istituto di ricerca farmaceutica Mario Negri,
(6) dove, dietro a un giardino deserto con abeti non certo autoctoni, vivono reclusi ben 500 professionisti, vittime di un territorio che
è un non luogo che volentieri contribuirebbero a rivitalizzare con le loro competenze e professionalità anche in campo ambientale.
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In fondo a via Lambruschini, al posto della Triennale Bovisa (7) che è brillata come una meteora (solo pochi anni di vita) per la
mancanza di una visione complessiva di chi non ha previsto adeguata comunicazione sia delle mostre che dei mezzi di trasporto,
c'è ora uno spiazzo abbandonato in cui il cubo-casetta di Gaetano Pesce giace isolato nell'abbandono.
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Già in via Lambruschini abbiamo cominciato a costeggiare la Goccia, un territorio di 42 ettari e più di 2000 alberi. O meglio
abbiamo affiancato quel primo lotto 1A che è stato devastato con la scusa della “bonifica” (8) e per il quale è partita dal Consiglio di
Stato, al quale il Comitato la Goccia ha fatto ricorso, la sospensiva dei lavori.
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Possiamo solo procedere sul perimetro di questo grande parco appartenuto un tempo alle Officine del gas, perché da quando
l'Amministrazione comunale si è, diciamo, accorta di questo immenso patrimonio, con la scusa dell'inquinamento non si può più
entrare come era successo precedentemente in occasione di trasmissioni televisive, Fuorisalone e Cowparade.
Tra l'altro ci si chiede come sia stato possibile far arretrare la rete di recinzione della Goccia a livello di via Pacuvio per potervi
scavare il sottopassaggio che porta alla stazione di Villapizzone (9). O permettere la coltivazione di orti privati.
Qui niente inquinamento?
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Riguardo alla Goccia, come molti ormai sanno, il Comitato che si è costituito quattro anni fa, chiede che venga redatto un progetto
che preveda il mantenimento di tutto il verde esistente, così come chiesto anche dalle altre associazioni e dai cittadini di zona 8 e 9,
al termine del workshop indetto da Comune e Politecnico nel 2015, con la riqualificazione degli edifici di pregio e la possibilità di
nuove costruzioni solo sulle attuali piattaforme di cemento.
Per poi controllarne la fattibilità, secondo quanto previsto dall’Analisi di rischio introdotta con la legge 152/2006.
Possibilità che il Comitato la Goccia considera del tutto percorribile, avendo studiato le analisi fatte negli anni passati dal Comune di
Milano, in quanto ormai la falda acquifera non conterrebbe più gli inquinanti che l'hanno raggiunta in passato, e gli inquinanti
rimasti sarebbero a una profondità tale da non costituire pericolo in superficie.
In questo modo, collegando la Goccia al verde a Nord (10) e attraverso lo Scalo Farini (11) a porta Nuova, si avrebbe addirittura un
Central Park metropolitano di diversi chilometri di fronte. Da percorrere a piedi o in bicicletta!
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Torniamo ora alla Stazione di Bovisa e al suo immenso cielo che accoglie chi scende le scale a sinistra, per andare nella parte est del
quartiere. Infatti davanti a noi, al posto della fabbrica Montedison (12) e della Sirio (13) ormai distrutte, non c'è per fortuna ancora
nulla di costruito.
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Non vorremmo che l'argomento “housing sociale” servisse come testa di ponte per giustificare nuova speculazione edilizia, di cui la
popolazione di Milano, e di Bovisa in particolare, non ha bisogno. Infatti sarebbe necessario prima di tutto il censimento, da una
parte delle reali necessità degli abitanti, e dall'altra della offerta oggi “in sonno”, testimoniata dai cartelli di vendesi e affittasi
numerosissimi in tutto il quartiere. E' indispensabile la riqualificazione degli edifici abbandonati.
Come è successo alla Livellara (14) ex fabbrica di porcellane, suggestivo esempio di archeologia industriale, situata su via
Bovisasca confinante col terreno Montedison e trasformata in un locale di gran successo, Spirit de Milan, con ristorante e spettacoli.
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Purtroppo tra il verde della ex Sirio e quello della ex Montedison, attraversiamo quella che è stata maldestramente intitolata
“Piazza” Alfieri (15) e che invece si presenta nella realtà come un grande parcheggio privo di alberi, in estate arroventato,
abbandonato al degrado e ironicamente arredato da due solitarie panchine affacciate su “vista macchine”. Fiancheggiata da un ex
teatrino molto misterioso e una villetta abbandonata anch'essa, che voci dicono essere messi in vendita a un'asta giudiziaria (16).
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Prima di arrivare agli edifici “abbandonati” ci fermeremo in via Maddalena Giudice Donadoni 12, sede di un cohousing dentro al
quale l'associazione Magiudò ha chiesto, senza purtroppo ottenerlo, l'affidamento del terreno di fronte (17) per farne un giardino
condiviso, avvalendosi della delibera del Comune di Milano sui giardini condivisi.
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Inoltre in corrispondenza del numero civico 8 c'è un altro spiazzo verde (18) di proprietà comunale, che potrebbe essere adottato, in
attesa di venir usufruito dalla previsto prolungamento della tramvia.
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Arriviamo quindi in via Durando, su cui si affaccia la ex fabbrica Ceretti Tanfani (19). Architettura, che qui aveva la sede, se n'è
andata da un anno a Città Studi, in punta di piedi, lasciando i negozi della zona, sorti come indotto, nella più viva preoccupazione.
Tuttavia via Andreoli (20) e via Candiani (21) sono attraversate ancora da masse di studenti di Design. Quindi queste due vie
sarebbero da pedonalizzare, o l'una o l'altra, oppure entrambe. Consentendo un miglior uso di questi spazi con la possibilità di dehor
dei bar e dei ristoranti attuali. Che potrebbero rivitalizzare la zona anche di sera, contrariamente a quanto avviene oggi.
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Abbiamo detto che la Ceretti Tanfani, dopo l'abbandono di Architettura, è ora vuota, nonostante il suo pregio architettonico in attesa
di un nuovo insediamento, che per quel che ci è stato suggerito potrebbe riguardare l’università cinese Tsinghua, Nuova Cina.
Tra via Andreoli e via Durando, poi, vi è un enorme spazio di proprietà privata (22), ora chiuso da un muro e in attesa di diventare
piazza, ma con la minaccia prevista, su un lato, di un palazzo di 11 piani.
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Sempre dentro questo ampio terreno, si trova lo scheletro abbandonato di quella che doveva essere molti anni fa la Casa dello
studente (23), che andrebbe ovviamente riconsiderato e ripreso.
Anche per ridare vita al quartiere attraverso la residenza di giovani universitari che al momento invece invadono da pendolari la
Bovisa di giorno per abbandonarla alla fine delle lezioni.
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Sempre in via Durando attendono un uso, oltre ai negozi, le colorate Case Mendini previste come sede per Moda e design e per ora
ospitanti un recente PoliHub di design, per il resto vuote (24).
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Ci si chiede anche quale sia la situazione anche dei palazzi su via Cosenz (25), quanti delle centinaia di nuovi appartamenti siano
stati acquistati. E che senso abbia il continuo consumo di suolo in un’area già satura di offerta abitativa in gran parte inutilizzata.
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I nuovi orti di Cascina Albana e gli spazi di ricreazione da tempo ultimati e recentemente assegnati, versano, in parte, ancora nel
degrado (26).
Così come un'indispensabile valorizzazione spetterebbe a Cascina Albana (27), che pur ormai sormontata dai palazzi Cosenz,
mantiene intatto il suo fascino antico.
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Lungo via Bovisasca, superata la linea ferroviaria, ci si imbatte nella Cava Lucchini (28): esiste qualche progetto di trasformazione
di questo luogo abbandonato? Se sì noi non ne siamo a conoscenza.
Ora ripercorriamo la via Durando e arriviamo a piazza Bausan, cuore del quartiere (29). Si tratta del luogo più frequentato dalla
popolazione della Bovisa, giovani coppie che qui hanno trovato prezzi più bassi, pur essendo collegati al centro con grande
comodità, vecchi abitanti che si conoscono dai tempi delle fabbriche, insieme a stranieri nuovi arrivati.
La piazza avrebbe bisogno di un intervento urbanistico creativo, all'altezza di quelli che stanno svecchiando Milano, forte e
proiettato nel futuro, ma anche condiviso e concordato con il quartiere.
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Importante sarebbe poi la decisione di sistemare e rendere fruibili alle scuole di quartiere, Bodio (30), Maffucci (31), Imbriani (32),
Catone (33), Guicciardi (34), già luoghi d’incontro e di coesione sociale, altre aree verdi della zona, ora lasciate a se stesse. Ci
riferiamo allo spazio degli ex Magazzini della Scala di via Baldinucci (35) e ad altri giardini del quartiere.
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Inoltre ci augureremmo che la biblioteca di via Baldinucci (36) continuasse a essere punto di riferimento culturale del quartiere
anche dopo l'orario lavorativo come è sempre stato fino al cambio del responsabile.
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Spostandoci verso piazzale Lugano spicca il fatiscente palazzo delle Poste (37): c’è in corso qualche progetto di recupero o è
destinato a restare così?
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Infine segnaliamo l'inutilità dell’architettura di piazza Schiavone, che per questo è scarsamente frequentata.
Piazza Schiavone (38) andrebbe coraggiosamente ripensata, anche considerando che, nell'attiguo minuscolo giardinetto recintato, si
affollano, contendendosi altalene e scivoli, i bambini di tutte le etnie subito dopo l'uscita delle scuole. Sarebbe così semplice
ripensare questo luogo evidentemente sbagliato.
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Questa è la realtà del quartiere Bovisa, storico quartiere operaio della città, ora dismesso dall’industria e da tempo abbandonato a sé
stesso e in un degrado inaccettabile nonostante la presenza del Politecnico e il prossimo arrivo dell’Università Tsinghua di Pechino.
Il Comitato la Goccia, che da anni si batte per la difesa del verde dell’area dei Gasometri e per la rinascita dell’intero quartiere, con
questo documento intende ricordare le enormi potenzialità della Bovisa che attendono solo di essere riconosciute e valorizzate.
Febbraio 2017
Mappa dei 38 luoghi di Bovisa citati nel documento