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La minaccia di Boko Haram e il problema rifugiati in Africa
occidentale
ilcaffegeopolitico.org/43328/la-minaccia-di-boko-haram-e-il-problema-rifugiati-in-africa-occidentale
Gli attacchi terroristici di Boko Haram, organizzazione jihadista diffusa nel nord della Nigeria, continuano a
rappresentare una seria minaccia per la pace e la sicurezza di tutta l’Africa occidentale. Le violente azioni del
gruppo islamista hanno anche creato un considerevole numero di profughi, che la UE e varie organizzazioni
umanitarie internazionali stanno cercando di soccorrere nella regione, con la speranza di tenerli lontani dai flussi
migratori nel Mediterraneo.
L’INIZIO DELL’ESODO – Dal 2009 Boko Haram lotta per creare uno Stato islamico nella Nigeria settentrionale,
causando lo sfollamento di due milioni di persone e la morte di migliaia di civili durante le sue azioni terroriste.
La diffusione delle violenze jihadiste anche negli Stati confinanti con la Nigeria ha provocato un aumento del
flusso dei rifugiati in fuga dai villaggi delle zone a rischio in cerca di salvezza. Per questi motivi l’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) chiede urgentemente ai diversi Governi che venga
garantito l’accesso umanitario ai rifugiati e agli sfollati che hanno fortemente bisogno di assistenza. Inizialmente i
rifugiati hanno vissuto nelle comunità d’accoglienza, ma l’aumento del loro numero ha reso necessaria la creazione
di due nuovi campi, Sayam Forage e Kablewa, situati in zone più sicure e distanti dai confini nigeriani, nei quali
però, visto l’alto numero di presenze, continuano comunque a riscontrarsi gravi carenze di cibo e acqua potabile.
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Fig. 1 – Il villaggio di Mairi, nel nord della Nigeria, dopo un devastante attacco di Boko Haram, febbraio 2016
A partire da febbraio 2015 l’UNHCR ha provveduto a garantire protezione e assistenza agli sfollati della regione
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di Bosso attraverso l’aiuto dei partner delle ONG internazionali e locali. Tuttavia, in seguito ai recenti scontri tra gli
islamisti nigeriani e le truppe del Niger, ben 50.000 persone sono state costrette a fuggire e le loro condizioni sono
disperate, in quanto completamente prive di assistenza, inclusi molte donne e bambini. “Il benessere di questi
individui forzati a fuggire dalla violenza di Bosso è per noi fonte di preoccupazione, l’insicurezza e la mancanza di
accesso hanno ostacolato a lungo le operazioni umanitarie nella regione Diffa”: queste le parole dei responsabili
UNHCR, che insistono sul fatto che il rimpatrio dev’essere una scelta volontaria e tenuta in conto dai Governi
africani, in modo che questi possano prendersi cura dei rifugiati. L’Alto Commissariato si dichiara sempre pronto
a lavorare attivamente, non solo per garantire i diritti dei rifugiati e permettere loro di fare volontariamente ritorno in
totale sicurezza e dignità, ma anche per velocizzare i progetti di reintegrazione.
LE DINAMICHE ATTUALI – La situazione precaria di molti rifugiati è ben descritta dalla testimonianza di Lucas,
fuggito dallo Stato del Borno: “I nostri villaggi sono stati completamente distrutti e la situazione di sicurezza rimane
incerta. Se dobbiamo tornare a casa, avremo bisogno del supporto del Governo per ricostruire le nostre vite”. Lui e
tanti altri hanno chiesto la realizzazione di programmi di ricostruzione, aiuti, progetti di sostentamento e
dispiegamento delle Forze Armate per garantire la sicurezza locale. Secondo un’indagine dell’UNHCR in cui sono
stati intervistati diecimila rifugiati nigeriani che si trovano a Yaoundè, nel nord del Camerun, più del 76% chiedono
di tornare a casa, per migliorare le condizioni di sicurezza dei loro villaggi. Di questi il 45% desidera tornare a casa
immediatamente, il 38% invece vuole aspettare per vedere come si evolvono le condizioni di sicurezza e nel
frattempo si aggiornano sullo stato delle loro città attraverso Internet e i nuovi arrivi nei campi di accoglienza. Tra
coloro che non vogliono ritornare in patria, l’8% dei rifugiati ha dichiarato di non avere nessun motivo per
tornare a casa e il 59% ha dichiarato di non possedere abbastanza risorse finanziarie per recarsi altrove.
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Fig. 2 – Una famiglia di rifugiati nigeriani nel campo profughi di Baga Sola, gennaio 2015
Inoltre, i fondi destinati alle organizzazioni umanitarie presenti nei territori dell’emergenza non sono
sufficienti: le agenzie di aiuto stanno infatti incontrando crescenti difficoltà nel portare assistenza alle persone
sfollate, a causa del contesto estremo di insicurezza e della mancanza di finanziamenti adeguati. Ad oggi dei 112
milioni di dollari richiesti da 22 agenzie di aiuto internazionale (UNHCR inclusa) per le operazioni nella regione di
Diffa nel 2016, ne sono stati ricevuti solo venti. Ulteriori finanziamenti sono necessari per rendere disponibili
mezzi di sostentamento per queste persone, in modo che possano diventare auto sufficienti ed essere di nuovo
parte attiva dello sviluppo economico della regione. Contadini, allevatori e gestori di negozi hanno perso le loro
principali fonti di reddito a causa dello sfollamento e dell’insicurezza locale.
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Fig. 3 – Un gruppo di rifugiati e migranti africani appena sbarcato nel porto di Augusta, settembre 2015
LE AZIONI DELLA UE – Attualmente l’Unione Europea tenta di persuadere i Governi africani a collaborare nel
fermare le migrazioni nel Mediterraneo, attraverso strategie di aiuto finanziario e commerciale da implementare
nei prossimi anni. Frans Timmermans, Vice-Presidente della Commissione Europea, ha dichiarato al Parlamento
Europeo di Strasburgo che “la Comunità Europea propone di utilizzare una combinazione di incentivi per premiare
quei Paesi terzi disposti a cooperare efficacemente e di garantire che vi siano conseguenze per coloro che non lo
faranno”. Timmermans ha inoltre affermato che le nazioni riluttanti ad aiutare l’Europa sulla questione
migratoria potrebbero affrontare una riduzione dei fondi della UE e potrebbero dover rinunciare a future
collaborazioni europee. Per far funzionare questa proposta è necessario un enorme sforzo bilaterale. Lo Stato
etiope ad esempio, ha dichiarato di voler riprendere i suoi rifugiati e in questo modo cerca di combattere la
questione migratoria e di mantenere in piedi gli accordi firmati con la UE. Altri Stati sotto pressione da parte
europea, oltre all’Etiopia, sono la Nigeria, la Giordania, il Libano, il Mali e la Libia, che devono implementare
soluzioni politiche per garantire pace e stabilità nei confronti dei rifugiati che volessero ritornare a casa.
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Fig. 4 – Il Presidente nigeriano Muhammadu Buhari parla al Parlamento Europeo di Strasburgo, febbraio 2016
L’inserimento di queste sanzioni rappresenta il più forte tentativo di salvaguardare un sistema d’asilo che sta
collassando sotto il peso di più di un milione di migranti diretti in Europa. Inoltre, per circa cinque anni sono stati
offerti 8 milioni di Euro dalla UE per gli aiuti destinati non solo a fornire agli africani maggiori incentivi per restare in
patria, ma anche ad alleviare le difficoltà economiche e le conseguenze dei conflitti a cui i civili assistono
quotidianamente. Il piano fa parte di una strategia in risposta all’eccezionale ondata di arrivi avvenuta nel corso
dell’anno passato, che ha diviso i Governi europei e rappresentato una grave minaccia per la coesione e la
credibilità internazionali della UE. Queste proposte richiederanno discussioni dettagliate e il consenso da parte
dei Governi d’Europa e del Parlamento di Strasburgo.
Claudia D’Aprile
Un chicco in più
Pur con le dovute differenze, il caos in cui regna il nord della Nigeria è molto simile a quello che ha favorito l’ascesa
dello Stato Islamico in Iraq e Siria. Arginare l’ascesa di Boko Haram pare quindi indispensabile per evitare che la
sua ombra si estenda sul resto dell’Africa occidentale. I rifugiati continuano ad aumentare a dismisura e le
dinamiche della loro fuga si fermeranno solo una volta che i Governi della regione si adopereranno per migliorare la
situazione interna dei loro Paesi.
Foto: EU Humanitarian Aid and Civil Protection
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  • 1. La minaccia di Boko Haram e il problema rifugiati in Africa occidentale ilcaffegeopolitico.org/43328/la-minaccia-di-boko-haram-e-il-problema-rifugiati-in-africa-occidentale Gli attacchi terroristici di Boko Haram, organizzazione jihadista diffusa nel nord della Nigeria, continuano a rappresentare una seria minaccia per la pace e la sicurezza di tutta l’Africa occidentale. Le violente azioni del gruppo islamista hanno anche creato un considerevole numero di profughi, che la UE e varie organizzazioni umanitarie internazionali stanno cercando di soccorrere nella regione, con la speranza di tenerli lontani dai flussi migratori nel Mediterraneo. L’INIZIO DELL’ESODO – Dal 2009 Boko Haram lotta per creare uno Stato islamico nella Nigeria settentrionale, causando lo sfollamento di due milioni di persone e la morte di migliaia di civili durante le sue azioni terroriste. La diffusione delle violenze jihadiste anche negli Stati confinanti con la Nigeria ha provocato un aumento del flusso dei rifugiati in fuga dai villaggi delle zone a rischio in cerca di salvezza. Per questi motivi l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) chiede urgentemente ai diversi Governi che venga garantito l’accesso umanitario ai rifugiati e agli sfollati che hanno fortemente bisogno di assistenza. Inizialmente i rifugiati hanno vissuto nelle comunità d’accoglienza, ma l’aumento del loro numero ha reso necessaria la creazione di due nuovi campi, Sayam Forage e Kablewa, situati in zone più sicure e distanti dai confini nigeriani, nei quali però, visto l’alto numero di presenze, continuano comunque a riscontrarsi gravi carenze di cibo e acqua potabile. Embed from Getty Images Fig. 1 – Il villaggio di Mairi, nel nord della Nigeria, dopo un devastante attacco di Boko Haram, febbraio 2016 A partire da febbraio 2015 l’UNHCR ha provveduto a garantire protezione e assistenza agli sfollati della regione 1/3
  • 2. di Bosso attraverso l’aiuto dei partner delle ONG internazionali e locali. Tuttavia, in seguito ai recenti scontri tra gli islamisti nigeriani e le truppe del Niger, ben 50.000 persone sono state costrette a fuggire e le loro condizioni sono disperate, in quanto completamente prive di assistenza, inclusi molte donne e bambini. “Il benessere di questi individui forzati a fuggire dalla violenza di Bosso è per noi fonte di preoccupazione, l’insicurezza e la mancanza di accesso hanno ostacolato a lungo le operazioni umanitarie nella regione Diffa”: queste le parole dei responsabili UNHCR, che insistono sul fatto che il rimpatrio dev’essere una scelta volontaria e tenuta in conto dai Governi africani, in modo che questi possano prendersi cura dei rifugiati. L’Alto Commissariato si dichiara sempre pronto a lavorare attivamente, non solo per garantire i diritti dei rifugiati e permettere loro di fare volontariamente ritorno in totale sicurezza e dignità, ma anche per velocizzare i progetti di reintegrazione. LE DINAMICHE ATTUALI – La situazione precaria di molti rifugiati è ben descritta dalla testimonianza di Lucas, fuggito dallo Stato del Borno: “I nostri villaggi sono stati completamente distrutti e la situazione di sicurezza rimane incerta. Se dobbiamo tornare a casa, avremo bisogno del supporto del Governo per ricostruire le nostre vite”. Lui e tanti altri hanno chiesto la realizzazione di programmi di ricostruzione, aiuti, progetti di sostentamento e dispiegamento delle Forze Armate per garantire la sicurezza locale. Secondo un’indagine dell’UNHCR in cui sono stati intervistati diecimila rifugiati nigeriani che si trovano a Yaoundè, nel nord del Camerun, più del 76% chiedono di tornare a casa, per migliorare le condizioni di sicurezza dei loro villaggi. Di questi il 45% desidera tornare a casa immediatamente, il 38% invece vuole aspettare per vedere come si evolvono le condizioni di sicurezza e nel frattempo si aggiornano sullo stato delle loro città attraverso Internet e i nuovi arrivi nei campi di accoglienza. Tra coloro che non vogliono ritornare in patria, l’8% dei rifugiati ha dichiarato di non avere nessun motivo per tornare a casa e il 59% ha dichiarato di non possedere abbastanza risorse finanziarie per recarsi altrove. Embed from Getty Images Fig. 2 – Una famiglia di rifugiati nigeriani nel campo profughi di Baga Sola, gennaio 2015 Inoltre, i fondi destinati alle organizzazioni umanitarie presenti nei territori dell’emergenza non sono sufficienti: le agenzie di aiuto stanno infatti incontrando crescenti difficoltà nel portare assistenza alle persone sfollate, a causa del contesto estremo di insicurezza e della mancanza di finanziamenti adeguati. Ad oggi dei 112 milioni di dollari richiesti da 22 agenzie di aiuto internazionale (UNHCR inclusa) per le operazioni nella regione di Diffa nel 2016, ne sono stati ricevuti solo venti. Ulteriori finanziamenti sono necessari per rendere disponibili mezzi di sostentamento per queste persone, in modo che possano diventare auto sufficienti ed essere di nuovo parte attiva dello sviluppo economico della regione. Contadini, allevatori e gestori di negozi hanno perso le loro principali fonti di reddito a causa dello sfollamento e dell’insicurezza locale. Embed from Getty Images Fig. 3 – Un gruppo di rifugiati e migranti africani appena sbarcato nel porto di Augusta, settembre 2015 LE AZIONI DELLA UE – Attualmente l’Unione Europea tenta di persuadere i Governi africani a collaborare nel fermare le migrazioni nel Mediterraneo, attraverso strategie di aiuto finanziario e commerciale da implementare nei prossimi anni. Frans Timmermans, Vice-Presidente della Commissione Europea, ha dichiarato al Parlamento Europeo di Strasburgo che “la Comunità Europea propone di utilizzare una combinazione di incentivi per premiare quei Paesi terzi disposti a cooperare efficacemente e di garantire che vi siano conseguenze per coloro che non lo faranno”. Timmermans ha inoltre affermato che le nazioni riluttanti ad aiutare l’Europa sulla questione migratoria potrebbero affrontare una riduzione dei fondi della UE e potrebbero dover rinunciare a future collaborazioni europee. Per far funzionare questa proposta è necessario un enorme sforzo bilaterale. Lo Stato etiope ad esempio, ha dichiarato di voler riprendere i suoi rifugiati e in questo modo cerca di combattere la questione migratoria e di mantenere in piedi gli accordi firmati con la UE. Altri Stati sotto pressione da parte europea, oltre all’Etiopia, sono la Nigeria, la Giordania, il Libano, il Mali e la Libia, che devono implementare soluzioni politiche per garantire pace e stabilità nei confronti dei rifugiati che volessero ritornare a casa. 2/3
  • 3. Embed from Getty Images Fig. 4 – Il Presidente nigeriano Muhammadu Buhari parla al Parlamento Europeo di Strasburgo, febbraio 2016 L’inserimento di queste sanzioni rappresenta il più forte tentativo di salvaguardare un sistema d’asilo che sta collassando sotto il peso di più di un milione di migranti diretti in Europa. Inoltre, per circa cinque anni sono stati offerti 8 milioni di Euro dalla UE per gli aiuti destinati non solo a fornire agli africani maggiori incentivi per restare in patria, ma anche ad alleviare le difficoltà economiche e le conseguenze dei conflitti a cui i civili assistono quotidianamente. Il piano fa parte di una strategia in risposta all’eccezionale ondata di arrivi avvenuta nel corso dell’anno passato, che ha diviso i Governi europei e rappresentato una grave minaccia per la coesione e la credibilità internazionali della UE. Queste proposte richiederanno discussioni dettagliate e il consenso da parte dei Governi d’Europa e del Parlamento di Strasburgo. Claudia D’Aprile Un chicco in più Pur con le dovute differenze, il caos in cui regna il nord della Nigeria è molto simile a quello che ha favorito l’ascesa dello Stato Islamico in Iraq e Siria. Arginare l’ascesa di Boko Haram pare quindi indispensabile per evitare che la sua ombra si estenda sul resto dell’Africa occidentale. I rifugiati continuano ad aumentare a dismisura e le dinamiche della loro fuga si fermeranno solo una volta che i Governi della regione si adopereranno per migliorare la situazione interna dei loro Paesi. Foto: EU Humanitarian Aid and Civil Protection 3/3