1. Sindacato Lavoratori Comunicazione
Roma, 25 maggio 2012
Ai Territori Area Servizi
Ai Coordinatori Regionali Poste
Care/i compagne/i,
Abbiamo ricevuto dalla compagna Maiolini una pertinente e circostanziata richiesta di
chiarimenti su alcuni punti dell'accordo di stabilizzazione di precari e somministrati.
Si tratta di aspetti importanti, peraltro emersi anche nel corso della trattativa, sui quali è bene
offrire un chiarimento, socializzandone i contenuti a vantaggio di tutti.
La prima perplessità riguarda il fatto che in questo accordo non si prevede, come è avvenuto
nel 2010, il mantenimento degli eventuali oneri previdenziali già versati dall'azienda all'INPS per i
periodi non lavorati, ma se ne indica la rivalsa da Poste verso il lavoratore.
Questo è quanto accadeva anche con gli accordi siglati nel 2006 e nel 2008; solo
successivamente, grazie ad un miglioramento del quadro legislativo e previdenziale si riuscì (nel
2010) a stipulare un accordo che escludeva il “vuoto” contributivo.
Oggi la condizione è nuovamente peggiorata.
Infatti, le modifiche legislative introdotte dal centro-destra hanno reso ancora più difficile la
difesa dei lavoratori e stanno facendo registrare, nei ricorsi giudiziari, esiti negativi in particolar
modo in Cassazione.
Tutto ciò si traduce in una diffusa tendenza, da parte dei giudici, a escludere (anche in
recepimento del collegato lavoro) il pagamento dei contributi riguardanti il periodo che va data della
costituzione in mora fino alla data della effettiva riammissione al lavoro (in buona sostanza quello
di “non lavoro”). L'accordo siglato il 18 u.s. mantiene, di fatto, quanto già previsto da quelli
sottoscritti nelle tornate precedenti (eccezion fatta per quello del 2010) e garantisce la copertura
contributiva di tutti i periodi lavorati.
Il lavoratore infatti, a fronte della trasformazione del proprio contratto di lavoro da T.D. a
Tempo indeterminato, dovrà restituire gli arretrati già percepiti, (che comunque dovrebbe in parte
restituire anche se la cassazione gli desse ragione), avvalendosi di appositi piani di rientro che
comunque non prevedono né rivalutazioni né interessi. (A differenza che in passato, infatti, in caso
di vittoria l’indennizzo spettante non può superare il tetto massimo di dodici mensilità.).
In ogni caso giova ricordare che in precedenza, anche quando al lavoratore era garantito il
riscatto contributivo dei periodi non lavorati, sullo stesso lavoratore gravava l’obbligo di un
contributo pari a (quasi) un terzo degli oneri previdenziali previsti.
Nonostante tutto, abbiamo tentato di proporre una soluzione che consentisse ai lavoratori di
recuperare produttivamente la quota fiscale e contributiva eventualmente restituita, proponendo
all'azienda di utilizzare le somme recuperate per rivalutare forfettariamente il TFR o per
incrementare, sempre a nome dell'interessato, le somme destinate alla previdenza complementare.
Questa proposta avrebbe rappresentato un evidente avanzamento rispetto agli accordi
precedenti, ma di fronte al rifiuto dall'azienda abbiamo preferito non correre il rischio di mettere in
discussione la stipula dell'accordo stesso.
Ricordiamo che l’adesione all’accordo è assolutamente volontaria, rappresenta
un’opportunità non un vincolo per il lavoratore, considerato che l'accordo non indebolisce di per se
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2. la difesa di coloro che non dovessero decidere di avvalersene, non producendo in quel caso alcuna
conseguenza legale.
Resta il fatto che in un periodo di grave crisi economica come quello attuale, in cui la tenuta
occupazionale e' costantemente sotto attacco, essere riusciti a portare a casa un'intesa che garantisce
la possibilità, per più di 4.000 lavoratrici e lavoratori, di consolidare il proprio rapporto di lavoro
rappresenta una conquista importante.
E lo e' a maggior ragione in una azienda come Poste, che in questo momento denuncia la
presenza di migliaia di esuberi.
In quest’ottica assume poi particolare importanza il fatto che per la prima volta si fa un
accordo per gli ex interinali, considerato tra l'altro che gli stessi nell'ultimo periodo hanno perso più
del 70% delle cause contro Poste Italiane.
Sono stati garantiti dunque anche questi lavoratori precari ed è stata impedita l'ondata di
licenziamenti che sarebbe partita in questi giorni: due buoni motivi che ci hanno convinto a
sottoscrivere l'accordo.
Naturalmente guardiamo avanti e pensiamo che adesso si debba ragionare su una soluzione
per coloro che attualmente risultano esclusi.
L’obiettivo che ci siamo prefissi è la formazione di una nuova graduatoria (ex punto 2) che
includa possibilmente anche coloro che non dovessero avere inviato la raccomandata che sospende i
termini di prescrizione (vedi collegato lavoro).
Ci è stata posta, infine, la questione dei flussi occupazionali giacché si registra una maggiore
presenza di Ctd e somministrati in alcune regioni.
A tal proposito è utile ricordare che la materia è disciplinata principalmente dall’Art. 22 del
C.C.N.L. in vigore (e dal 26 per quanto attiene ai contratti di somministrazione), che prevede precisi
limiti percentuali regionali.
Da diversi anni la fase nazionale si limita al rinnovo contrattuale, trasferendo a livello
territoriale alcune competenze importanti, tra le quali l’utilizzo di un eventuale ulteriore: “…
percentuale del 3% che potrà essere utilizzata solo a seguito di positiva verifica svolta con le
OO.SS. territoriali.”-
Il superamento delle quote previste ha spesso rappresentato uno dei principali motivi
d’impugnazione dei contratti a tempo determinato, tuttavia resta ferma l’esigenza di esercitare una
precisa prerogativa del sindacato territoriale, proprio per impedire, in talune realtà regionali,
l’abnorme utilizzo di lavoratori precari.
Per quanto eventualmente non chiarito, rimaniamo ovviamente a vostra disposizione.
La Segretaria Nazionale
Barbara Apuzzo
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