e-Mail Marketing in Italia - Capitolo 1 di una serie di appunti su perché, quando e come usare il Direct Mailing per fare Business - Alessandro Giacchino, CEO di BCI Italia - www.bci-italia.com.
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In questo capitolo vengono affrontati i motivi ed il valore per fare e-Mail Marketing.
e-Mail Marketing in italia e per gli italiani. Capitolo 1: Posizionamento e valore
1. e-Mail Marketing
in Italia e per gli Italiani
Capitolo 1 : Posizionamento e Valore
Appunti di
Alessandro Giacchino
www.bci-italia.com Mail: info@BCI-Italia.com
Corso Cairoli, 96 - 27100 Pavia Tel. 0382 / 304.985
Partiamo dall’ABC. Cos’è il Marketing? Di fatto è la capacità di individuare o generare dei bisogni da soddisfare creando prodotti e/o servizi da immettere sul mercato. E si tratta di farlo prima e meglio di chiunque altro. Questo vuol dire che nella sua veste “strategica”, il Marketing è pressoché sinonimo di “idea imprenditoriale” e per questo è sempre in connessione diretta con il Top Management dell’azienda. Non per nulla, la prima regola dettata da Philip Kotler, il massimo Guru del Marketing a livello mondiale è “ The CEO must own the marketing function”. Dal Marketing stragico derivano le indicazioni per il Markering Operativo il cui compito è perseguire gli obiettivi definiti usando tecniche e strumenti specifici per generare contatti e dare visibilità all’azienda, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili. Da qui, altre tre regole primarie dettate sempre da Kotler: Make sure the marketing department starts small and flat and stays small and flat. Get face to face with the people who matter most – the customers. Hire only passionate missionaries. E proprio per queste ragioni, essendo sempre a contatto diretto con i clienti ed appassionati del loro lavoro, gli uomini del marketing costituiscono “gli occhi e le orecchie” dell’imprenditore sul mercato, raccogliendo utili indicazioni a mettere sempre più a punto “ l’idea imprenditoriale ” e magari modificare persino le strategie stesse dell’azienda. (mmmm è proprio così? Operando da anni con responsabili marketing di varie multinazionali, troppo spesso mi trovo a lavorare con addetti che hanno atteggiamenti e ruoli lontani dall’ideale, essendo chiamati unicamente ad eseguire disposizioni e a controllarne i budget, risultando così totalmente scollati dalla realtà dei clienti e dei loro colleghi commerciali, che di fatto dovrebbero essere i fruitori primari del loro operato…). Dunque, perché “si fa marketing”? Essenzialmente con tre scopi: Generare bisogni o rispondere alla domanda di bisogni esistenti; Creare immagine; Generare contatti; Scopi che sono comuni a tutte le attività di Marketing, indipendentemente dai canali e dalle tecniche utilizzate. In qualsiasi iniziativa ci si dovrà domandare sempre “perché lo si sta facendo”, con quali aspettative avviare le attività, quali parametri usare per misurare i risultati ottenuti.
Ripartendo dalla definizione di marketing data da Philip Kotler “il marketing equivale alla soddisfazione di bisogni, esistenti o emergenti, attraverso processi di interscambio di denaro, beni e/o servizi” e declinandola in attività, si arriva agli ingredienti del “magico mix”, schematizzati nele 4P: Prodotto (o Servizio); Prezzo; Place (o Path), che corrisponde al canale distributivo ed al luogo ove il prodotto è acquistabile; Promotion, capitolo al quale fanno capo la pubblicità, le attività di Public Relation, le azioni di vendita e le vere e proprie promozioni commerciali. Nel tempo, a queste P ne sono state aggiunte altre 3 (People, Process e Physical Evidence) che però partivano dai due presupposti tradizionali dell’era pre-Web: 1. La unidirezionalità Impresa → Mercato per prodotti (e servizi) e Promotion, con al massimo un ritorno occasionale, ma spesso poco ascoltato, da parte del mercato, stimolato in genere da indagini mirate; 2. La centralià dell’impresa, senza tener conto di tutta la filiera – o ecosistema - che vi ruota attorno, ma dalla quale dipende il successo di qualsiasi operazione anche dei singoli. Dall’unidirezionalità Impresa → Mercato conseguiva, ad esempio, che a partire dalla ricerca e dalla produzione, nel passato tutte le attività avevano un percorso unico che andava dall’azienda al mercato, in modo diretto o mediato dai vari canali di distribuzione, senza prevedere percorsi inversi né tanto meno la possibilità di interazione tra tutti coloro i quali concorrono a fare “il mercato”. Cosa che è stata profondamente messa in crisi dal Social Networking che, infatti, consente invece sia di circuitare direttamente tra clienti, condividendo esperienze, modi d’uso, competenze, sia di interagire senza alcuna intermediazione non solo con “l’azienda”, ma con i suoi funzionari, ricercatori, progettisti... Via che può portare alla nascita di nuove idee generate con il concorso proprio dei clienti, ma anche alla distruzione della reputazione dell’azienda in seguito a commenti critici o addirittura a creare letali movimenti d’opinione o Class Action. Anche per il “prodotto” sono nati nuovi cirteri di valutazione, incentrati ad esempio sul concetto di Total Cost of Ownership che in aggiunta ai costidi acquisto contempla quelli di installazione, di addestramento, i consumi, le manutenzioni e così via, con il coinvolgimento di strutture spesso esterne all’organizzazione di partenza, ma determinanti per garantire un’elevata soddisfazione dei clienti, la vera essenza dell’attività di marketing. Alle 3 P aggiuntive, così come ho illustrato nel mio libro «Fare Impresa nell’Era 2.0», io stesso ho affiancato una M ed una E, che corrispondono al Mood (lo Stato d’Animo, ovvero il clima che l’azienda si crea nella relazione con i propri interlocutori sul mercato) ed all’Ecosistema, cioè l’intera filiera ed i processi che la costituiscono, sulla quale l’azienda basa le proprie attività. Lavorando quindi sulle 7 P, la M e la E, si dovranno perseguire gli altri elementi mandatori del Marketing, così come li ha definiti Kotler, ovvero: Love and respect your customers. Create a community of consumers. Rethink the marketing mix. Celebrate common sense. Be true to the brand. Tutte cose che si possono ottenere usando le tecniche tradizionali, ma che vengono fortemente migliorate dall’impiego dei canali digitali.
Fino a qui, abbiamo parlato di Marketing Strategico, di Marketing Operativo, di aree di azione, ma…. come ci entra il «Marketing Digitale»? Provocazione: quando usiamo come mezzo di comunicazione la televisione, parliamo forse di Marketing Televisivo? E con per la stampa o la radio parliamo forse di Press Marketing o di Radio Marketing? No, parliamo sempre di Marketing, sapendo bene che ciascun mezzo ha specifici meccanismi di funzionamento, propri strumenti di misura e tecniche di comunicazione. Cosa analoga a quanto avviene per il Digital Marketing che da solo non esiste, ma che va inquadrato sempre nelle strategie complessive di Marketing dell’azienda, essendo consapevoli che in questo caso vi si aggiungono le complicazioni tecnologiche e di modalità di comunicazione indotte dalla necessità di ricorrere a livelli sempre più elevati di multimedialità interattiva e di integrazione tra canali eterogenei (Web, TV, Radio, Stampa, Cartellonistica, Merchandaising…). L’elemento cruciale da considerare nel marketing digitale è che, contrariamente a tutte le altre forme di interazione, è bidirezionale, diretto e senza mediazioni. Quindi va gestito di conseguenza e con la massima accortezza: ci si possono giocare – in positivo ed in negativo – la reputazione, le relazioni, il subitaneo boom o flop di prodotti e servizi. Talvolta in modo subitaneo, incoltrollabile e difficilmente prevedibile. Al Digital Marketing dedicherò una prossima serie di articoli. Per ora, concentriamo l’attenzione sull’e-Mail Marketing, che va inquadrato come una delle componenti delle varie forme di Marketing digitale, con la caratteristica, però, di essere trasversale e complementare a gran parte di esse. Ad esempio, da una Mail si può «atterrare» su una Landing Page che invita ad effettuare una determinata azione, o si possono aggiungere dei «Mi Piace» su Facebook, così come da un Social Media si possono creare nuovi abbonati ad una Newsletter. Tutti elementi che verranno esaminati in dettaglio in uno dei prossimi articoli di questa serie.
I risultati dell’indagine Email Intelligence Report svolta su scala mondiale e pubblicata da Return Path a fine novembre 2012, indicano che nonostante un leggero declino nel numero di Mail capaci di raggiungere i propri destinatari, per poi esserne aperte, gli investimenti nelle varie forme di e-Mail Marketing continuano ad essere di gran lunga i più redditizi rispetto a quelli effettuati sui motori di ricerca (SEO, PPC) o in Banner. Il dato è confermato dallo studio di Message Systems' "Marketing Channel and Engagement Benchmark Survey" in base al quale per il 63% dei rispondenti gli investimenti in e-Mail Marketing hanno assicurato ritorni di investimento molto più elevati di quelli effettuati sui “Social Media”, la seconda voce di importanza per i valori considerati.
Così, contrariamente ai titoli che proclamano la morte l’e-Mail Marketing, i fatti dimostrano l’esatto contrario: la gran parte delle aziende continuano a crederci, incrementandovi i propri investimenti. eMarketer, autore di un’altra indagine predice che questa tendenza continuerà per lo meno fino al 2016, accompagnata dalla crescita degli investimenti anche in Social Media, Mobile, SEO e PPC. In particolare, se nel 2011 l’e-Mail Marketing è stato utilizzato dall’83,3% delle aziende per la ricerca di nuovi clienti nell’area Business-to-Business, le proiezioni indicano che nel 2012 il dato consuntivo arriverà all’86,3$, 20 punti più dei Social Media.
Per concludere la disamina dell’importanza dell’e-Mail Marketing nell’ambito del Digital Marketing e del Marketing in generale, una vista sui dati pubblicati sul 2012 Email Marketing Benchmark Report realizzato da MarketingSherpa che pone a confronto le variazioni dei Budget 2011/2012 nelle varie voci che compongono ler attività di Marketing . Le conclusioni, qui, sono evidenti: in crescita siti Web, Social Media, Content Marketing e e-Mail Marketing, a scapito della Stampa in generale e delle manifestazioni “dal vivo”.