Analisi sugli scontri etnici e religiosi nel nuovo Myanmar "democratico" . Focus sulla guerra civile e sulla discriminazione del popolo Rohingya e sulle implicazioni geopolitiche transnazionali dell'instabilità regionale.
Edicole Sacre nel territorio: aspetti di storia e religiosità popolare nel lu...
Prospettiva Myanmar. Scontri etnico-religiosi ed equilibri regionali
1. ASSOCIAZIONE OLTREILLIMES
SOCIETÀ ITALIANA PER L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE
“Caos Poteri: le equazioni del mutamento”
V edizione del Master di Geopolitica Online
Dicembre 2013 – Aprile 2014
2. INDICE
INTRODUZIONE………………………………………………………………………........p.3
CONFLITTI
ETNICI
E
SPINTE
AUTONOMISTE:
PREMESSE
STORICHE
E
POSSIBILI
SVILUPPI…………………………………………………………………………………….p.3
CONFLITTI
ETNICO-‐RELIGIOSI:
ROHINGYIA,
“IL
POPOLO
Più
PERSEGUITATO
DEL
MONDO”……………………………………………………………………………………………...p.7
ASPETTI
GEOPOLITICI:
INSTABILITA’
INTERNA
E
INVESTIMENTI
INTERNAZIONALI……………………………………………………………………………………...p.12
CONCLUSIONI…………………………………………………………………………………………...p.
17
SITOGRAFIA…………………………………………………………………………………..................p.20
2
3. 3
PROSPETTIVA
MYANMAR
Dopo
cinquant’anni
di
isolamento
politico
ed
economico,
la
Birmania,
ora
Myanmar,
torna
ad
essere
presente
sulla
carta
geografica
della
comunità
internazionale.
Dal
2011,
il
paese
guidato
dall’ex
generale
Thein
Sein,
arrivato
al
potere
proprio
grazie
alla
giunta
militare
e
poi
entrato
in
parte
in
collisione
con
questi
per
quanto
riguarda
l’indirizzo
delle
riforme,
ha
avviato
un
lento
processo
di
democratizzazione.
Dopo
le
elezioni-‐farsa
del
2010,
a
cui
non
partecipò
il
partito
di
opposizione
della
Lega
Nazionale
per
la
Democrazia,
guidato
dal
nobel
per
la
pace
Aung
San
Suu
Kyi
e
le
successive
rimostranze
internazionali,
la
scarcerazione
di
centinaia
di
prigionieri
politici
tra
cui
la
stessa
Suu
Kyi
(che
Costituzione
permettendo
si
candiderà
alle
elezioni
2015),
una
serie
di
riforme
e
la
liberalizzazione
dei
mercati
stanno
gradualmente
mutando
il
volto
del
paese.
La
nuova
apertura
democratica
apre
importanti
prospettive
alla
ristagnante
economia
del
paese,
a
partire
dalla
normalizzazione
dei
rapporti
con
Ue
e
Usa,
che
hanno
in
parte
sospeso
le
sanzioni
da
decenni
imposte
contro
un
regime
irrispettoso
dei
diritti
umani.
Tuttavia,
il
percorso
intrapreso
non
è
privo
di
ostacoli,
a
cominciare
dalla
transizione
dello
stesso
potere
politico:
il
governo
nominalmente
democratico
vede
ancora
la
partecipazione
maggioritaria
degli
stessi
militari
che
soppressero
nel
sangue
la
“rivolta
zafferano”
di
monaci
e
civili
nel
2007,
e
le
stesse
forze
che
l’hanno
fin
qui
diretto
rischiano
facilmente
di
beneficiare
dei
frutti
della
nuova
apertura
economica
di
un
paese
ricchissimo
di
materie
prime
(tra
cui
gas,
petrolio
ed
energia
idroelettrica),
a
discapito
della
poverissima
popolazione
locale.
Lo
stesso
processo
di
liberalizzazione
dei
mercati
determina
per
Naypydaw
una
ricollocazione
a
livello
internazionale,
dopo
decenni
di
stretti
rapporti
col
vicino
cinese.
Le
sfide
maggiori
sembrano
tuttavia
essere
quelle
interne
per
Myanmar,
le
cui
le
numerosissime
minoranze
etniche
e
religiose
sono
state
tenute
assieme
con
la
forza
dal
governo
centrale
per
decenni,
e
sembrano
ora
riaffiorare
con
rinnovata
virulenza
come
indiretta
conseguenza
di
una
nuova
libertà
espressiva
e
di
nuove
prospettive
a
lungo
accantonate.
CONFLITTI
ETNICI
E
SPINTE
AUTONOMISTE:
PREMESSE
STORICHE
E
POSSIBILI
SVILUPPI
La
Nazione
chiamata
oggi
Myanmar
(ufficialmente
Repubblic
of
the
Union
of
Myanmar)
è
un’invenzione
del
colonialismo
britannico.
In
tre
guerre
a
metà
dell’Ottocento,
l’Impero
della
Corona
inglese
ha
annesso
una
serie
di
territori
su
cui
vivevano
popolazioni
distinte
governate
da
distinte
amministrazioni.
Nel
1947,
nel
corso
dei
negoziati
per
l’indipendenza
nazionale,
il
generale
birmano
Aung
San
ha
riunito
i
diversi
gruppi
etnici
siglando
il
Panglong
Agreement1
e
unendo
i
territori
precedentemente
divisi
nella
nazione
unica
ed
indipendente
chiamata
Union
of
Burma.
Il
nome
Burma,
(in
italiano
Birmania
ndr)
fa
riferimento
all’etnia
tutt’oggi
egemone
in
Myanmar,
quella
dei
Bamar.
Di
maggioranza
buddista,
questa
rappresenta
quasi
il
70%
della
popolazione
della
popolazione
totale,
ed
ha
sempre
avuto
l’appoggio
della
giunta
militare
al
potere;
ma
si
contano
altre
135
etnie
che
rientrano
in
otto
macro-‐gruppi:
Kachin,
Kayah,
Kayin,
Chin,
Mon,
Rakhin,
Shan
e
appunto
Bamar.
Questa
suddivisione,
che
si
basa
sulla
distribuzione
delle
etnie
per
area
geografica
anziché
per
1
http://en.wikipedia.org/wiki/Panglong_Agreement
4. affiliazione
linguistica
o
culturale,
non
tiene
tuttavia
conto
dei
diversi
gruppi
etnici
non
riconosciuti
dalle
autorità
governative,
tra
cui
la
problematica
minoranza
musulmana
dei
Rohingyia.
4
Suddivisione
etno-‐linguistica
Suddivisione
statuale
Proprio
le
tutt’oggi
frustrate
richieste
di
riconoscimento
e
tutela
della
propria
cultura
all’interno
di
uno
stato
federale
sono
alla
base
delle
guerre
etniche
che
si
sono
succedute,
con
diversa
intensità,
dall’indipendenza
ai
nostri
giorni.
L’accordo
di
Panglong
,
che
schematizzava
i
diritti
delle
minoranze
e
,
in
modo
specifico,
conferiva
alle
popolazioni
Shan
e
Karenni
la
5. facoltà
di
staccarsi
dall’Unione
dieci
anni
dopo
l’indipendenza,
non
venne
infatti
mai
completamente
rispettato.
Le
principali
rivendicazioni
delle
minoranze
etniche
consistono
nel
conseguimento
di
una
vera
autonomia
delle
loro
regioni
e
nella
richiesta
di
voce
in
capitolo
sugli
affari
nazionali,
mentre
solo
in
pochi
desiderano
una
vera
e
propria
indipendenza,
ma
anche
una
più
equa
divisione
delle
risorse
naturali.
Nel
1962
un’insurrezione
dell’esercito,
con
a
capo
il
generale
Ne
Win,
destituì
il
fragile
governo
democratico,
indirizzando
il
paese
sulla
strada
del
socialismo.
I
venticinque
anni
che
seguirono
furono
segnati
da
un
costante
declino
economico,
isolamento
politico,
violazioni
dei
diritti
umani
e
nei
confronti
delle
minoranze
etniche
(l’intenzione
dichiarata
era
quella
di
eliminare
le
identità
culturali
e
politiche
non
birmane,
a
partire
dalla
messa
al
bando
nelle
scuole
l’insegnamento
di
lingue
non
nazionali),
fino
a
quando,
nel
1988,
la
popolazione
decise
che
era
giunto
il
momento
di
avviare
il
cambiamento.
Gigantesche
manifestazioni
di
massa
(passate
alla
storia
come
Rivolta
8888)
chiesero
le
dimissioni
di
Ne
Win,
che
risposte
con
feroci
repressioni.
Dopo
la
nomina
di
alcuni
personaggi
fantoccio
da
parte
di
Ne
Win,
un
nuovo
colpo
di
stato,
presumibilmente
ispirato
dallo
stesso
militare,
portò
al
potere
il
generale
Saw
Maung,
a
capo
del
Consiglio
di
Stato
per
la
legge
e
l’ordine
sociale
(SLORC),
che
promise
nuove
elezioni
per
l’anno
successivo.
L’opposizione
si
coagulò
allora
attorno
al
partito
di
coalizione
NLD
(Lega
Nazionale
per
la
Democrazia),
capeggiato
da
Aung
San
Suu
Kyi,
figlia
dell’eroe
dell’indipendenza
Bogyoke
Aung
San,
immediatamente
posta
agli
arresti
domiciliari.
NLD
vinse
le
elezioni,
ma
la
giunta
militare
impedì
all’opposizione
di
governare.
Seguirono
altri
disordini
tra
cui
una
feroce
repressione
dei
Karen.
Sin
dal
1962,
governo
e
gruppi
etnici
hanno
firmato
(e
violato)
molti
accordi
di
cessate
il
fuoco,
il
SLORC
non
fu
da
meno,
negoziando
tregue
con
molti
gruppi
etnici
armati
e
intraprendendo
feroci
guerre
nei
confronti
di
altri.
La
popolazione
musulmana
Rohingyia
ne
fu
vittima
nel
1991,
quando
oltre
250.000
persone
dovettero
trovare
rifugio
nel
vicino
Bangladesh.
Una
nuova
ondata
di
scontri
si
registrò
alla
fine
del
2000,
quando
almeno
140.000
persone,
in
gran
parte
Karen,
Karenni
e
Mon,
proveniente
dalla
Birmania
orientale,
fuggirono
in
Thailandia
in
seguito
all’intensa
offensiva
militare
dell’esercito
birmano,
iniziata
sin
dal
1984.
Anche
gli
Shan
possono
annoverarsi
tra
le
minoranze
più
perseguitate.
Oggi
in
numerose
aree
del
Myanmar
vivono
sfollati
interni,
principalmente
contadini
che
hanno
abbandonato
le
loro
case
per
sfuggire
al
reclutamento
militare
forzato2,
o
ad
altri
tipi
di
abuso.
In
svariate
zone
sussistono
tregue
precarie:
i
primi
“cessate
il
fuoco”
furono
conclusi
con
i
gruppi
etnici
armati
Wa
e
Kokang,
che
fino
al
1987
avevano
militato
nel
Partito
Comunista
Birmano.
Gli
accordi
sottoscritti
dall’esercito
birmano
con
questi
gruppi
etnici
consente
loro
la
coltivazione
dell’oppio
e
il
commercio
senza
interferenze
da
parte
birmana.
Il
risultato
è
stato
un
importante
incremento
della
produzione
e
del
traffico
di
eroina
dalla
Birmania,
con
un’impennata
del
consumo
interno
e
della
dipendenza
dalla
stessa.
La
giunta
militare
ha
sfruttato
le
divisioni
all’interno
dei
gruppi
etnici
per
rafforzare
il
suo
regime,
ad
esempio
nel
2000
la
rilocazione
di
migliaia
di
contadini
Wa
in
aree
tradizionalmente
Shan
ha
causato
tensioni
e
scontri
tra
i
due
gruppi.
3
L’etnia
Wa,
dotata
di
un
suo
partito
politico
(United
Wa
State
Army,
USWA),
e
di
uno
tra
i
più
pericolosi
eserciti
5
2
Sia
l’esercito
birmano
sia
l’esercito
regionale
Kachin
sono
stati
accusati
di
reclutamento
forzato
di
bambini
soldato:
http://www.irrawaddy.org/burma/kachin-‐rebels-‐release-‐21-‐forcibly-‐recruited-‐civilians.html
3
Cenni
sulla
storia
della
Birmania:
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Birmania
;
http://www.birmaniademocratica.org/ViewCategory.aspx?catid=4778b47d4d404723bf09cefbb15bd851
;
http://www.osservatorioasiaorientale.org/la-‐transizione-‐democratica-‐della-‐birmania/;
http://www.treccani.it/enciclopedia/birmania_(Dizionario-‐di-‐Storia)/
6. regionali
perché
ben
finanziato
dal
governo
cinese
di
cui
condivide
l’origine
etnica,
è
inoltre
coinvolta
nell’enorme
traffico
di
stupefacenti
dell’area,
e
pone
una
questione
ulteriormente
delicata,
in
quanto
reclama
il
riconoscimento
di
una
propria
conformazione
statuale
Wa
nell’area
settentrionale
dello
Stato
Shan.
Non
è
difficile
credere
che
una
concessione
di
questo
tipo
comporterebbe
una
reazione
a
catena
sui
sentimenti
federalisti
dell’intero
paese4.
La
normalizzazione
dei
rapporti
con
gli
insorti
delle
varie
etnie
è
uno
dei
principali
obiettivi
del
nuovo
Myanmar
che
dal
2010
ha
imboccato
un
processo
di
riforme
democratiche.
La
comunità
internazionale,
ma
anche
gli
investitori
stranieri,
guardano
con
attenzione
al
banco
di
prova
delle
autonomie
locali
e
del
rispetto
dei
diritti
umani
per
conferire
allo
stato
asiatico
la
legittimità
di
cui
necessita
per
una
ricollocazione
internazionale,
che
gli
consenta
di
potersi
definire
pienamente
democratico
e
di
uscire
dalle
difficilissimi
condizioni
economiche
in
cui
versa.
Risultati
tangibili
su
questo
versante
sarebbero
inoltre
funzionali
allo
stesso
governo
di
Thein
Sein
nei
confronti
dell’opposizione,
e
diversi
passi
avanti
sono
stati
fatti.
A
partire
dal
2012
la
maggioranza
dei
gruppi
armati
presenti
sul
territorio
ha
firmato
accordi
di
tregua,
compreso
lo
Shan
State
Army.
Ma
vi
è
una
profonda
differenza
tra
l’imbastire
un
cessate
il
fuoco
e
il
passo
successivo
di
un
vero
e
proprio
riconoscimento
delle
autonomie
locali,
in
special
modo
su
un
territorio
come
quello
birmano
non
controllato
totalmente
dall’esercito
centrale
e
dove
gli
scontri
armati
sembrano
ripetersi
ciclicamente.
Nel
gennaio
2012
uno
storico
accordo
è
stato
firmato
con
il
principale
gruppo
politico
Karen
(il
Karen
National
Union,
KNU)
in
rappresentanza
del
suo
braccio
armato
(Karen
National
Liberation
Army,
KNLA),
ponendo
fine
ufficialmente
alla
“più
lunga
guerra
civile
del
mondo”,
iniziata
nel
1948.
Le
tensioni
sono
perdurate
anche
dopo
la
firma
degli
accordi,
in
particolare
nella
zona
a
nord
dello
stato
del
Karen,
al
confine
con
la
Thailandia.
Qui
la
guerriglia
del
National
Liberation
Army,
contraria
allo
sfruttamento
incontrollato
dei
propri
territori
in
favore
di
grandi
multinazionali,
sta
opponendo
strenua
resistenza
contro
la
costruzione
della
diga
Hat
Gyi,
sul
fiume
Salween.
“Molti
Karen
sono
stati
cacciati
dalle
proprie
terre
per
far
spazio
alle
costruzioni
idroelettriche”,
testimonia
Saw
Greh
Moo
del
Salween
Institute
for
Public
Policy,
che
afferma
inoltre
i
militari
birmani
stiano
avanzando
nei
territori
e
rafforzando
le
proprie
basi5.
Ancora
più
problematici
sono
i
rapporti
con
i
gruppi
armati
che
rappresentano
i
popoli
Kachin
e
Palaung.
Il
governo,
che
ha
impostato
una
strategia
di
cessate
il
fuoco
a
livello
nazionale
concordata
con
i
gruppi
uniti
nel
NCCT,
ipotizzava
un’eventuale
ingresso
successivo
nello
stesso
delle
due
etnie,
ma
i
recenti
scontri
tra
truppe
ribelli
ed
esercito
hanno
rimesso
in
discussione
qualsiasi
possibilità
di
trattativa
con
i
Kachin,
gettando
un’ombra
lunga
sull’intero
processo
di
pace.
Aung
Thaung,
discusso
ex
ministro
dell’industria,
ha
incontrato
in
più
riprese
i
rappresentanti
del
KIO,
l’esercito
Kachin,
senza
giungere
ad
una
soluzione,
per
la
sostanziale
mancanza
di
fiducia
tra
le
parti.
Nel
2011,
dopo
17
anni
di
tregua,
sono
difatti
ripresi
gli
scontri
nelle
aree
Kachin,
quando
le
forze
governative
hanno
attaccato
le
posizioni
del
KIA
(il
braccio
armato
della
Indipendence
Organisation
Kachin,
KIO),
nei
pressi
della
centrale
idroelettrica
Ta-‐Pein.
Dal
2012
ad
oggi
diverse
battaglie
si
sono
registrate
principalmente
intorno
alla
strada
Mytkyna-‐Bhamo,
con
numerose
perdite
per
l’esercito
nazionale.
Dopo
una
fase
di
moderata
calma,
la
situazione
è
nuovamente
sfuggita
di
mano
nel
settembre
2013,
con
accuse
reciproche:
KIO
e
governo
avevano
infatti
accettato
di
ridurre
i
combattimenti
durante
i
6
4
http://www.cronacheinternazionali.com/verso-la-federazione-birmana-il-caso-shan-5418
5
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-‐
umani/2013/07/30/news/birmania_repressioni_senza_fine_sui_dissidenti_e_le_diverse_etnie-‐64017146/
7. colloqui
di
pace,
pur
non
raggiungendo
il
cessate
il
fuoco,
ma
l’intervento
armato
dell’esercito
è
stato
ufficialmente
giustificato
come
lotta
al
contrabbando
illegale
di
legname
di
cui
i
Kachin
sarebbero
artefici.
Alcuni
esperti
vedono
i
recenti
combattimenti
come
un
modo
per
l’esercito
di
circondare
lentamente
il
quartiere
generale
KIO
di
Laiza,
conquistando
strategicamente
le
strade
su
cui
corrono
gli
approvvigionamenti.
“il
governo
sta
facendo
apposta,
in
modo
da
ottenere
il
controllo
dei
territori
in
prima
linea
dopo
che
è
stato
firmato
l’accordo
per
il
cessate
il
fuoco”6,
ha
detto
l’ufficiale
KIO
Lan
Nan.7
Intanto
i
rappresentanti
politici
di
16
etnie
si
sono
riunite
nell’NCCT
(Nationwide
Ceasefire
Team)
per
trattare
con
il
Comitato
per
la
pace
del
governo
(UPWC,
Union
of
Peacemaking
Working
Commitee)
il
cessate
il
fuoco.
Le
ultime
notizie
del
maggio
2014
riportano
di
una
bozza
di
accordo,
di
cui
si
discuterà
nel
corso
della
prossima
tornata
di
colloqui,
previsti
per
giugno.
8
In
maggio
anche
i
rappresentanti
Kachin
hanno
pubblicamente
incontrato
i
corrispettivi
del
NCCT
per
negoziare
un
cessate
il
fuoco
desiderato
dalla
popolazione
(e
in
cui
gioca
un
ruolo
non
indifferente
di
mediatore
la
Cina,
come
si
vedrà
nei
successivi
paragrafi),
in
attesa
di
nuovi
incontri
che
affrontino
la
delicata
tematica
dell’autonomia
senza
secessione9.
Di
fatto
Thein
Sein,
espressione
della
casta
militare
e
probabilmente
improntato
all’unità
nazionale,
gioca
su
un
difficile
equilibrio:
risolvere
la
decennale
problematica
delle
etnie
regionali
darebbe
legittimità
al
suo
governo
in
vista
delle
elezioni
del
2015
e
toglierebbe
Myanmar
dall’imbarazzo
internazionale
per
la
violazione
dei
diritti
umani,
ma
per
porre
fine
ai
combattimenti
nello
stato
del
Kachin
e
in
generare
per
conferire
l’agognata
autonomia
alle
regioni
interessate,
il
presidente
dovrebbe
riprendere
il
contenuto
degli
storici
accordi
di
Panglong,,
con
il
suo
impegno
per
i
diritti
civili
e
le
autonomie,
ed
in
definitiva
rimescolare
le
carte
del
suo
governo,
riducendo
la
centralizzazione
del
potere
nella
capitale
Naypydaw
e
conseguentemente
il
peso
della
componente
maggioritaria
birmana
e
delle
forze
armate.
CONFLITTI
ETNICO-‐RELIGIOSI:
ROHINGYIA,
“IL
POPOLO
Più
PERSEGUITATO
DEL
MONDO”
I
Rohingyia
sono
un’etnia
priva
di
riconoscimento
politico
e
cittadinanza,
classificati
dalle
autorità
come
Bengalesi,
in
riferimento
al
pensiero,
diffuso,
dell’appartenenza
di
questa
comunità
al
vicino
Bangladesh.
Secondo
i
dati
ONU,
in
Myanmar
vivrebbero
all’incirca
750.00
Rohingyia,
concentrati
in
larga
maggioranza
nello
stato
del
Rakhine
(o
Arakan)
,
mentre
un
altro
milione
o
più
risultano
suddivisi
tra
Bangladesh,
Tahilandia
e
Malaysia.
Professano
la
religione
musulmana
e
sono
osteggiati
sia
dal
governo
centrale,
sia
da
parte
della
popolazione,
che
non
considera
la
loro
cultura
assimilabile
nel
Paese,
riconoscendola
come
“Kalar”
(un
termine
birmano
dispregiativo
applicato
ai
musulmani,
specie
quelli
con
carnagione
scura).
7
6http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5792:why-‐conflict-‐
continues-‐in-‐kachin-‐statecatid=44:nationalItemid=384
7
Cronaca
degli
scontri
tra
Kachin
ed
esercito
si
possono
ritrovare
sui
principali
media
nazionali
ed
internazionali.
8
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6252:top-‐leaders-‐of-‐
ethnic-‐armed-‐groups-‐to-‐meet-‐next-‐monthcatid=32:politicsItemid=354
9http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6131:kio-‐ncct-‐meets-‐
with-‐kachin-‐public-‐in-‐myitkyinacatid=32:politicsItemid=354
8. L’origine
della
presenza
dei
Rohingyia
nel
paese
è
dibattuta,
ma
sembrerebbe
essi
siano
presenti
nella
regione
del
Rakhine
almeno
dalla
dominazione
britannica
e
probabilmente
da
epoche
precedenti
10.
Tuttavia,
la
legge
sulla
cittadinanza
del
1982
non
li
include
tra
i
gruppi
etnici
ufficialmente
riconosciuti,
di
fatto
catalogandoli
come
immigrati
clandestini
ed
esponendoli
a
discriminazioni
che
vanno
dalle
restrizioni
negli
spostamenti
al
limite
di
due
figli
per
coppia.
Questa
limitazione
di
personalità
giuridica
è
acuita
dal
fatto
che
lo
stesso
Bangladesh,
in
cui
molti
di
loro
hanno
negli
anni
cercato
rifugio,
non
riconosce
ai
Rohingyia
cittadinanza,
e
non
essendo
in
grado
di
sostenere
l’emergenza
umanitaria
ha
recentemente
respinto
migliaia
di
profughi
alle
frontiere.11
I
report
di
svariate
organizzazioni
per
i
diritti
umani12
hanno
cercato
di
sottoporre
la
situazione
all’attenzione
internazionale
e
di
fare
pressioni
sul
neonato
governo,
ma
la
situazione
appare
bel
lungi
dall’essere
risolta,
se
anche
nell’importantissimo
censimento
che
si
sta
stilando
in
questo
giorni
è
stato
impedito
ai
membri
della
comunità
di
dichiararsi
Rohingiya13
,
e
se
solo
un
anno
fa,
nonostante
gli
inviti
statunitensi
ed
europei
ad
un
maggiore
rispetto
dei
diritti
umani14,
il
presidente
Thein
Sein
dichiarava
che
la
vera
soluzione
al
problema
sarebbe
stata
la
deportazione
in
Bangladesh15
Persino
i
partiti
dell’opposizione,
tra
cui
il….di….non
ha
mai
preso
una
netta
posizione
in
difesa
della
minoranza,
ed
interpellata
in
merito
alla
loro
appartenenza
identitaria
Suun
Kyi
ha
dichiarato
di
“non
sapere”
se
considerarli
o
meno
birmani,
spostando
le
responsabilità
sul
Bangladesh
e
l’immigrazione
clandestina
e
sostenendo
di
non
poter
esercitare
alcun
primato
morale
in
merito
alla
questione.16
Va
detto
che
l’atteggiamento
di
Suun
Kyi,
che
non
ha
mancato
ovviamente
di
scatenerare
polemiche
e
accuse
di
tradimento
alla
causa
democratica,
è
determinato
anche
da
alcune
motivazioni
di
real
politik:
in
primo
luogo,
il
suo
collegio
elettorale
è
noto
per
avere
una
posizione
estremamente
anti-‐Rohingyia;
in
secondo
luogo,
vi
è
una
percezione
molto
negativa
sulla
minoranza
musulmana
anche
tra
alcuni
membri
chiave
del
suo
stesso
partito;
in
terzo
luogo,
è
attualmente
molto
difficile
per
la
Leader
prendere
posizione
contro
l’opinione
corrente
di
stampo
populista.17
Negli
ultimi
anni
gli
scontri
tra
Rohingyia
e
cittadini
birmani
si
sono
intensificati,
provocando
un
numero
non
precisato
(ma
nell’ordine
delle
centinaia)
di
morti
e
migliaia
di
sfollati,
e
sconfinando
in
episodi
di
violenza
e
tensioni
tra
musulmani
genericamente
intesi
e
buddisti.
Sul
fuoco
delle
tensioni
religiose
soffia
il
movimento
969,
il
cui
leader,
il
monaco
Ashir
Wirathu,
è
divenuto
celebre
anche
in
occidente
“grazie”
alla
copertina
(censurata
ed
aspramente
criticata
dalle
autorità
birmane)
del
New
York
Times
che
lo
presenta
come
“il
volto
del
terrore
buddista”18
10
http://asianhistory.about.com/od/Asian_History_Terms_N_Q/g/Who-‐Are-‐The-‐Rohingya.htm
11
http://www.asianews.it/notizie-‐it/Dhaka-‐respinge-‐un-‐migliaio-‐di-‐birmani-‐Rohingya.-‐Sittwe-‐pattugliata-‐
dall’esercito-‐25015.html
;
12
Tra
gli
altri:
http://www.hrw.org/news/2012/06/11/burma-‐protect-‐muslim-‐buddhist-‐communities-‐risk
;
http://www.fortifyrights.org/downloads/Policies_of_Persecution_Feb_25_Fortify_Rights.pdf
;
http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/burma0413_FullForWeb.pdf
13
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5965:citizenship-‐for-‐
rohingya-‐impractical-‐and-‐impossiblecatid=32:politicsItemid=354
;
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5594:myanmar-‐begins-‐
national-‐census-‐amid-‐controversycatid=44:nationalItemid=384
14
http://www.asianews.it/notizie-‐it/Usa-‐e-‐Ue-‐chiedono-‐la-‐fine-‐delle-‐violenze-‐fra-‐buddisti-‐e-‐musulmani-‐
birmani-‐25002.html;
http://www.unimondo.org/Notizie/Myanmar-‐si-‐riaccende-‐il-‐conflitto-‐etnico-‐135554
15
http://www.biu.ac.il/SOC/besa/docs/perspectives188.pdf
16http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi
olence_in_burma
;
17
http://www.rsis.edu.sg/publications/Perspective/RSIS1212012.pdf
18
http://content.time.com/time/magazine/article/0,9171,2146000,00.html
8
9. Secondo
il
movimento,
ma
anche
secondo
un
malessere
che
serpeggia
in
modo
sempre
più
preoccupante
tra
gli
abitanti
di
Myanmar,
i
musulmani,
stanno
lentamente
prendendo
possesso
degli
strumenti
culturali
ed
economici
per
soppiantare
la
cultura
buddista
birmana,
benché
essi
rappresentino
ad
oggi
solo
un
5%
della
popolazione.
9
19
Già
nel
2003
U
Wirathu
era
stato
condannato
a
25
anni
di
prigione
per
aver
istigato,
nella
sua
città
natale,
le
violenze
in
cui
hanno
perso
la
vita
dieci
musulmani.
Nel
2009,
grazie
ad
un’amnistia
è
tornato
in
libertà
ed
ha
iniziato
la
produzione
e
la
distribuzione
di
DVD
propagandistici
e
ad
utilizzare
i
sociali
media
per
diffondere
il
suo
programma
razzista.
Gli
adesivi
del
969
(
il
movimento
da
lui
fondato
nel
2001
i
cui
numeri
rappresentano
le
virtù
del
Budda,
le
sue
fatiche
e
i
suoi
fedeli)
si
stagliano
ormai
dalle
vetrine
dei
negozi
aderenti
o
dalle
carrozzerie
delle
automobili,
e
benché
egli
neghi
un
coinvolgimento
diretto
negli
scontri
interreligiosi
che
hanno
insanguinato
il
Rakhine
a
partire
dal
giugno
2012,
il
suo
pensiero
sulla
loro
comunità
è
quanto
mai
chiaro
e
per
nulla
celato:”
E’
necessario
essere
persone
gentili
e
amorevoli,
ma
non
è
possibile
dormire
accanto
ad
un
cane
rabbioso”,
ha
detto.
“Noi
buddisti
siamo
troppo
morbidi,
ci
manca
l’orgoglio
patriottico”;
“I
musulmani
sono
timorati
finchè
sono
deboli,
ma
quando
diventano
forti
sono
come
un
lupo
o
uno
sciacallo,
che
caccia
in
branco
gli
altri
animali”.
E
ancora
:“negli
ultimi
cinquant’anni
abbiamo
fatto
acquisti
nei
negozi
musulmani,
e
loro
sono
diventati
più
ricchi
di
noi.
Possono
comprare
e
sposare
le
nostre
donne,
e
in
questo
modo
stanno
distruggendo
non
solo
la
nostra
nazione,
ma
anche
la
nostra
religione.”;
“loro
sono
bravi
negli
affari
,
controllano
i
traporti,
l’edilizia…ora
stanno
prendendo
i
nostri
partiti
politici
e
se
continua
così
finiremo
come
l’Afghanistan
o
l’Indonesia”;
“la
loro
popolazione
sta
crescendo
troppo
in
fretta.
Quando
si
lascia
un
seme
da
un
albero,
a
crescere
in
una
pagoda,
esso
sembra
così
piccolo
in
un
primo
momento,
ma
sai
di
doverlo
eliminare
prima
che
crescendo
distrugga
l’edificio”.
E
ancora:
“in
passato
non
vi
era
alcuna
discriminazione
di
religione
o
razza,
ma
da
quando
il
piano
musulmano
(di
dominio
ndr)
è
stato
rivelato,
non
possiamo
più
stare
tranquilli”.
20
Il
buddismo
birmano
risulta
oggi
spaccato
tra
“moderati”,
dalle
cui
file
non
mancano
di
arrivare
moniti
di
condanna
ed
inviti
al
dialogo
21,
ed
“estremisti”,
ma
anche
tra
le
file
moderate
cresce
la
paura
per
il
boom
demografico
musulmano.
Il
governo
difficilmente
può
prendere
posizione
contro
la
maggioranza
Bamar
di
cui
è
esso
stesso
rappresentanza,
e
da
più
parti
si
mormora
di
un
ruolo
non
solo
passivo
ma
di
un
vero
e
proprio
coinvolgimento
nelle
violenze
di
piazza,
funzionali
al
mantenimento
per
la
giunta
militare
del
proprio
ruolo
di
garante
dell’ordine.
In
questa
chiave
vanno
lette
le
accuse
a
Suun
Kyi
di
eccessiva
vicinanza
ai
Rohingyia,
per
altro
contemporanee
alle
diametralmente
opposte
19
Nb,
il
dato
non
è
aggiornato
non
essendo
ancora
stati
pubblicati
i
risultati
del
censimento
in
corso.
Alla
luce
dell’incremento
demografico
si
presume
la
popolazione
musulmana
sia
cresciuta
di
alcuni
punti
percentuali.
20
Alcuni
stralci
dalle
interviste
di
Wirathu:
http://www.bbc.com/news/world-‐asia-‐23846632
;
http://www.lettera43.it/cronaca/wirathu-‐il-‐bin-‐laden-‐buddista_4367592098.htm
;
http://thediplomat.com/2013/06/ashin-‐wirathu-‐the-‐monk-‐behind-‐burmas-‐buddhist-‐terror/
;
http://www.bbc.com/news/world-‐asia-‐22023830
21
http://www.ilpost.it/2013/06/25/estremisti-‐buddhisti-‐birmania/;
http://thediplomat.com/2013/06/ashin-‐
wirathu-‐the-‐monk-‐behind-‐burmas-‐buddhist-‐terror/
;
http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/04/23/weren_t_buddhists_supposed_to_be_pacifists
;
http://www.nytimes.com/2013/03/23/world/asia/toll-‐rises-‐as-‐sectarian-‐violence-‐in-‐myanmar-‐
spreads.html?_r=0
;
http://www.minimaetmoralia.it/wp/cronache-‐dallasia-‐2/
10. critiche
da
parte
delle
istanze
umanitarie
alla
stessa
Lady,
rea
di
non
aver
preso
una
posizione
netta
in
difesa
della
minoranza
etnica.
In
vista
delle
elezioni
del
2015
l’eventuale
appoggio
del
movimento
969
e
del
suo
leader
potrebbero
risultare
di
importanza
rilevante
per
Thein
Sein,
e
c’è
chi
sostiene
Wira
Thu
vi
prenderà
attivamente
parte,
anche
se
per
ora
il
monaco
smentisce
qualsiasi
candidatura22.
Gli
scontri
figli
dell’odio
latente
per
i
Rohingyia
sono
stati
innescati
da
una
scintilla
casuale
sul
finire
del
maggio
2012,
quando
allo
stupro
e
omicidio
di
una
donna
Rakhine
ad
opera
di
tre
musulmani
è
seguito
il
linciaggio,
avvenuto
il
3
giugno,
a
danno
di
dieci
musulmani
in
viaggio
su
un
autobus
della
regione,
aggrediti
da
un
centinaio
di
buddisti
che
avrebbero
individuato
a
bordo
del
mezzo
gli
aguzzini
della
donna
(i
reali
responsabili
sono
stati
in
realtà
identificati
dalle
forze
dell’ordine
e
condannati
10
23
ndr).
La
ritorsione
ha
a
sua
volta
innescato
una
serie
di
scontri
razziali,
tra
cui
l’assalto
dei
Rohingyia
alle
abitazioni
buddiste
nei
villaggi
di
Maungdaw
e
Buthidaung,
con
almeno
1500
abitazioni
date
alle
fiamme,
cui
sono
seguite
violenze
nella
capitale
rakhine
Sittwe
e
nei
centri
limitrofi.24
L’11
giugno
il
governo
di
Thein
Sein
ha
proclamato
lo
stato
d’emergenza,
instaurando
il
coprifuoco
e
conferendo
poteri
speciali
alle
forze
di
sicurezza,
mentre
parte
delle
delegazioni
Onu
e
di
alcune
ong
presenti
nella
regione
sono
state
evacuate.
Centinaia
di
Immagine
satellitare
di
Meiktila
dopo
gli
scontri
Rohingyia
hanno
cercato
di
trovare
riparo
al
di
là
del
confine
col
Bangladesh,
venendo
però
respinti
dalle
autorità
locali.
A
seguito
degli
scontri
generalizzati
centinaia
di
migliaia
di
profughi
vivono
nei
campi
birmani
e
bengalesi
in
condizioni
ben
al
di
sotto
dello
standard
previsto
dai
diritti
umani
e
più
volte
segnalate
da
Medici
Senza
Frontiere.
Il
bilancio
delle
violenze
di
giugno
stando
alle
fonti
governative
è
di
88
morti
(57
musulmani
e
31
buddisti)
e
almeno
90.000
sfollati,
mentre
alcuni
media
ampliano
ulteriormente
la
cifra.
Le
tensioni
sono
poi
riaffiorate
nuovamente
nel
mese
di
Ottobre
dello
stesso
anno,
con
altri
80
morti
,
ulteriori
22.000
sfollati
e
oltre
4600
abitazioni
date
alle
fiamme.
In
questo
caso
i
disordini
sono
scoppiati
nelle
città
di
Min
Bya
e
Mrauk
Oo,
per
poi
diffondersi
in
tutto
lo
stato
Rakhine
e
coinvolgere,
stando
ad
alcune
testimonianze,
l’intera
minoranza
musulmana
anche
non
Rohingyia.
Nel
marzo
2013
altri
scontri
si
sono
verificati
al
di
fuori
della
regione
tradizionalmente
abitata
dai
Rohingyia,
a
Meiktila,
una
città
al
centro
del
paese,
nel
distretto
del
Mandalay.
Dal
20
al
22
22
http://www.lastampa.it/2013/07/03/blogs/asian-‐express/wirathu-‐il-‐crociato-‐buddista-‐
F0WKHg9x1OdolfscMxNnwJ/pagina.html
23
http://edition.cnn.com/2012/06/19/world/asia/myanmar-‐rakhine-‐death-‐sentence/
24
Un
riassunto
degli
scontri
di
giugno
e
ottobre
2012
si
può
trovare
all’indirizzo
http://en.wikipedia.org/wiki/2012_Rakhine_State_riots#cite_note-‐US-‐15
;
i
fatti
di
cronaca
sono
stati
riportati
dai
principali
giornali
nazionali
e
internazionali
e
consultabili
online.
La
ricostruzione
degli
eventi
è
fondamentalmente
concorde
al
netto
delle
reciproche
accuse
razziali,
mentre
diverge
leggermente
nelle
differenti
fonti
il
bilancio
delle
vittime.
11. marzo
almeno
40
persone
sarebbero
rimaste
uccise
e
oltre
60
ferite
nell’area
in
cui
oltre
24
ettari
di
abitazioni,
in
prevalenza
di
abitanti
musulmani,
sono
state
date
alle
fiamme.25
Altri
scontri
si
sono
verificati
nelle
città
di
Okpho,
Gyobingauk
e
Minhla,
nella
regione
di
Bago,
ed
una
grossa
area
commerciale
è
stata
chiusa
a
Yangon.
Gli
eventi,
scaturiti
da
una
rissa
tra
un
venditore
d’oro
musulmano
e
un
cliente
monaco
buddista
in
un
mercato
locale
(terminata
con
la
morte
in
ospedale
di
quest’ultimo),
sembrano
confermare
l’atteggiamento
della
polizia
birmana
(che
non
è
intervenuta
se
non
tardivamente
e
spesso
a
sostegno
della
maggioranza
birmana),
e
se
anche
il
governo
non
può
considerarsi
responsabile
della
violenza,
diversi
osservatori
affermano
che
i
membri
della
classe
dirigente
hanno
istigato
ed
efficacemente
sfruttato
per
i
propri
fini
le
controversie
etnico-‐religiose26.
Gli
incidenti
hanno
coinvolto
la
popolazione
musulmana
in
quanto
tale
e
non
possono
non
ricollegarsi
al
clima
di
violenza
verbale
fomentato
dagli
estremisti
buddisti
e
quantomeno
tollerato
dalle
autorità;
mentre
il
presidente
della
regione
del
Mandalay,
U
Ye
Myint,
suggerisce
che
i
disordini
siano
stati
organizzati27.
Timori
di
un
attentato
si
stagliano
anche
sull’incendio
divampato
in
una
scuola
islamica
di
Yangon
il
2
aprile
seguente,
in
cui
hanno
perso
la
vita
13
ragazzini
musulmani.
Le
violenze
sono
continuate
nell’agosto
e
poi
nell’ottobre
2013.
Le
tensioni
sono
andate
avanti
e
continuano
tutt’ora:
nell’agosto
2013
alcuni
rivoltosi
hanno
bruciato
case
e
negozi
nella
città
di
Kanbalu
dopo
che
la
polizia
ha
rifiutato
di
consegnare
loro
un
uomo
musulmano
accusato
di
violenza
su
una
donna
buddista;
in
ottobre
almeno
sette
persone
sono
state
uccise
in
nuovi
scontri
nel
Rakhine;
il
9
gennaio
di
quest’anno
altri
otto
uomini
Rohingyia
sono
stati
uccisi
in
un
villaggio
della
regione
e
almeno
altri
40,
stando
ai
rapporti
Onu,
hanno
perso
la
vita
negli
scontri
con
polizia
e
buddisti
del
13
gennaio.28
Il
sito
internet
del
popolo
Rohingyia29
riporta
notizia
di
16
nuove
vittime
il
16
febbraio,
assalite
da
estremisti
armati
durante
uno
spostamento
dalle
citta
di
Minpya
e
Mrauk
e
Yangon
senza
permesso
(la
condizione
di
apolidi
non
permette
loro
liberi
spostamenti
all’interno
del
paese).
Finora
gli
appelli
delle
organizzazioni
internazionali
per
i
diritti
umani
rimangono
inascoltate,
ed
è
anzi
del
febbraio
scorso
la
decisione
del
governo
di
espellere
dal
paese
Medici
Senza
Frontiere
30 ,
i
cui
operatori
sono
accusati
di
agire
in
maniera
parziale
in
favore
dei
Rohingyia.31
Il
lento
processo
verso
la
democrazia
birmano,
con
la
nuova
libertà
espressiva
dei
media,
sembra
dunque
aver
paradossalmente
portato
un
peggioramento
nella
situazione
delle
25
http://www.hrw.org/news/2013/04/01/burma-‐satellite-‐images-‐detail-‐destruction-‐meiktila
26http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi
olence_in_burma
27
http://www.nytimes.com/2013/03/26/world/asia/worries-‐over-‐violence-‐prompt-‐shutdown-‐in-‐
myanmar.html?_r=1
28
http://www.bbc.com/news/world-‐asia-‐18395788
29
http://www.thestateless.com/
30
http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-‐stampa/msf-‐costretta-‐cessare-‐le-‐attività-‐myanmar-‐
preoccupazione-‐la-‐sorte-‐di
31
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-‐
umani/2014/02/27/news/tra_i_rifugiati_rohingya_il_popolo_dimenticato-‐79808084/
11
Incendi
a
Meiktila
12. minoranze,
in
un
tessuto
sociale
frastagliato
tenuto
assieme
con
la
forza
e
con
l’isolamento
forzato
dalla
giunta
militare
nel
recente
passato.
Lo
stesso
governo
sembra
approfittare
delle
sollevazioni
per
rallentare
le
riforme
e
continuare
ad
esercitare
il
suo
potere.
Ma
il
perdurare
delle
violazioni
dei
diritti
umanitari
rischia
di
rappresentare
un
serio
ostacolo
per
l’evoluzione
dello
stesso
Myanmar.
L’Unione
Europea
nell’aprile
2012
ha
ritirato
le
sanzioni
ristabilendo
rapporti
economico-‐
commerciale
con
Myanmar,
una
decisione
teoricamente
legata
al
rispetto
di
quattro
condizioni:
il
rilascio
dei
prigionieri
politici;
la
fine
dei
conflitti
armati;
il
riconoscimento
del
popolo
Rohingyia;
una
più
facile
penetrazione
degli
aiuti
umanitari
nelle
aree
interessate
da
conflitti
interni.
Condizioni
solo
in
parte
rispettate,
e
l’UE
si
aspetta
ora
un
diverso
atteggiamento
da
parte
di
Naypyidaw
per
un
maggiore
rispetto
dei
diritti
umani.
Per
gli
stessi
motivi
anche
gli
Stati
Uniti
hanno
revocato
parte
delle
sanzioni,
ma
con
un
atteggiamento
più
prudente
e
rimarcato
recentemente
da
Barak
Obama 32 ,
che
pur
apprezzando
i
passi
fatti
in
questi
anni
dal
governo
ha
confermato
la
necessità
di
ulteriori
sviluppi
democratici,
rimandando
la
piena
normalizzazione
delle
relazioni
tra
i
due
paesi
proprio
per
non
interferire
col
processo.
ASPETTI
GEOPOLITICI:
INSTABILITA’
INTERNA
E
INVESTIMENTI
INTERNAZIONALI
Gli
scontri
interreligiosi
influenzano
i
rapporti
tra
potenze
straniere
e
nuovo
Myanmar
ben
oltre
le
questioni
di
principio.
Così
come
i
già
citati
focolai
di
rivolte
indipendentiste
dei
vari
eserciti
regionali,
essi
contribuiscono
a
determinare
quel
clima
di
instabilità
ed
insicurezza
che
minaccia
seriamente
gli
investimenti
stranieri
nel
paese.
Dopo
che
alcuni
grandi
progetti
hanno
subito
bruschi
stop
a
seguito
di
proteste
della
società
civile
per
i
danni
arrecati
al
territorio
e
agli
interessi
degli
agricoltori
locali
(questi
sì
un
primo
segnale
dei
rinnovati
spazi
di
manovra
della
società
civile),
la
Cina,
il
principale
partner
economico
del
Paese,
ma
anche
gli
altri
investitori
presenti
e
futuri,
possono
dirsi
preoccupati
dell’instabilità
del
paese,
in
particolare
per
i
disordini
verificatisi
nelle
aree
attraversate
da
grandi
infrastrutture.
Le
potenzialità
del
territorio
birmano
sono
quanto
mai
ampie:
secondo
i
dati
ufficiali,
possiede
un
totale
di
riserve
di
gas
stimate
in
2.540
miliardi
di
metri
cubi
(10°
al
mondo);
3,2
miliardi
di
barili
di
riserve
petrolifere
(1°
nel
sud-‐est
asiatico);
un
ampio
potenziale
idroelettrico;
33
vaste
foreste
tropicali
di
legno
teak;
giada,
rubini
e
minerali
ambiti
dalle
multinazionali
straniere.
Tuttavia,
le
politiche
inefficienti
del
regime,
la
corruzione
e
il
nepotismo
hanno
contribuito
al
degrado
economico
di
un
paese
che
rimane
uno
dei
più
poveri
dell’Asia,
con
oltre
il
30%
della
popolazione
sotto
la
soglia
di
povertà.
12
32
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6146:obama-‐extends-‐
economic-‐sanctions-‐against-‐myanmarcatid=32Itemid=354
33
https://knowledge.wharton.upenn.edu/article/status-‐quo-‐revisited-‐evolving-‐ties-‐china-‐myanmar/
13. Prima
delle
ultime
elezioni,
la
scelta
dei
Paesi
occidentali,
in
primo
luogo
li
Stati
Uniti,
nei
confronti
della
Birmania
è
stata
improntata
più
all’uso
del
“bastone”
delle
sanzioni
che
alla
“carota”
dei
finanziamenti
per
le
riforme.
Con
l’amministrazione
Obama
il
continente
asiatico
è
però
tornato
nel
novero
delle
aree
sensibili
per
Washington,
e
Myanmar
risulta
di
elevato
profilo
strategico,
per
potenziale
economico
e
posizione
strategica
di
ponte
tra
India
e
Cina.
In
quarant’anni
di
ostracismo
imposto
dall’Occidente,
proprio
Pechino
ha
stretto
legami
solidissimi
con
la
giunta
militare
al
potere
del
1962,
basati
soprattutto
sullo
sfruttamento
di
risorse
energetiche
presenti
nel
paese
e
sulla
sua
posizione
strategica
per
i
traffici
commerciali
nel
Pacifico.
Un
rapporto
evidentemente
asimmetrico
ma
funzionale
ad
entrambi
i
governi.
L’apertura
democratica
del
nuovo
corso
giocoforza
aprirà
a
Myanamar
un
nuovo
ventaglio
di
partnership
che
potrebbero
in
parte
sottrarla
alla
dipendenza
dall’illustre
vicino,
aprendo
all’opportunità
di
un
sostegno
tecnico
da
parte
di
istituzioni
come
il
FMI,
che
non
incontrerebbero
più
l’opposizione
di
Washington.
Per
questo
occorre
però
una
piena
riabilitazione
agli
occhi
della
comunità
internazionale,
anche
a
rischio
di
irritare
Pechino
con
decisioni
audaci,
quali
la
sospensione
della
costruzione
della
diga
di
Myitsone,
nel
nord
del
Paese.
Il
progetto,
dal
costo
di
3,6
miliardi
di
dollari,
è
stato
fortemente
osteggiato
dalla
popolazione
per
motivi
ambientali
e
politici,
e
la
sua
interruzione
per
decisione
unilaterale
di
Naypyidaw
ha
dato
un
forte
segnale,
in
una
fase
in
cui
il
paese
si
muoveva
in
vista
della
presidenza
ASEAN
2014.
Difficilmente
altre
potenze
potranno
scalfire
il
rapporto
preferenziale
con
la
Cina,
tanto
più
che
gli
Stati
Uniti
risultano
ancora
titubanti
ed
i
loro
investimenti
concentrati
sulla
produzione
di
elettricità
e
beni
di
consumo:
Pechino
rimane
il
partner
più
interessato,
più
culturalmente
affine
e
più
logisticamente
vicino
a
Myanmar.
Tuttavia
altre
preoccupazioni
guastano
il
sonno
del
gigante
economico,
e
la
stessa
vicenda
di
Myitsone
ne
è
un’anticipazione.
Una
delle
motivazioni
che
hanno
spinto
il
governo
birmano
a
sospendere
i
lavori
nel
2011
è
stata
infatti
la
pressione
dei
militanti
Kachin
che
abitano
la
regione.
Sin
dal
2007,
la
popolazione
Kachin
ha
denunciato
la
mancanza
di
qualsiasi
coinvolgimento
decisionale
dei
locali
negli
accordi
per
la
costruzione
di
una
serie
di
dighe
sul
fiume
Irrawaddy,
verso
il
confine.
La
costruzione
della
diga
avrebbe
messo
a
serio
repentaglio
l’ecosistema
e
la
sopravvivenza
dei
villaggi
locali
a
causa
del
deforestamento
e
delle
alluvioni,
ed
avrebbe
inoltre
costretto
centinaia
di
persone
a
lasciare
le
proprie
case.
La
ripresa
degli
scontri
con
le
milizie
regionali
ha
così
convinto
Thein
Sein
a
sospendere
il
progetto,
pur
non
chiudendo
in
via
definitiva
la
questione.34
Secondo
il
progetto
cinese
quella
di
Myitsone
sarebbe
stata
solo
una
delle
sette
dighe
sul
fiume
Irrawaddy,
uno
dei
cardini
dell’enorme
potenziale
idroelettrico
di
Myanmar
(si
stima
vanti
più
di
24.164
metri
cubi
d’acqua
pro
capite
all’anno,
più
di
dieci
volte
la
dotazione
pro
capite
di
Cina
ed
India).
Analoghi
rischi
corrono
tutti
i
grandi
progetti
infrastrutturali
disegnati
dai
cinesi
e
dalle
altre
potenze
interessate
al
territorio
birmano.
Scendendo
più
nel
dettaglio
è
immediatamente
evidente
l’esposizione
che
mette
a
repentaglio
i
maggiori
investimenti
strategici
nel
paese,
tutti
concentrati
sul
settore
energetico
e
dei
trasporti.
Il
primo
di
questi
grandi
progetti
è
il
progetto
Shwe35,
che
ha
visto
la
costruzione
da
parte
della
China
National
Preoleum
Corporation
(CNPC),
in
accordo
con
la
Myanmar
Oil
and
Gas
Enterprise
(MOGE)
e
le
forze
di
sicurezza
dello
Stato
del
Myanmar,
di
un
oleodotto
da
982
km
13
34
Le
proteste
sono
nuovamente
in
atto
in
seguito
alle
pressioni
della
società
costruttrice
per
una
ripresa
dei
lavori,
sospesi
solo
fino
alle
elezioni
del
2015:
http://www.asianews.it/notizie-‐it/La-‐lunga-‐marcia-‐degli-‐
attivisti-‐birmani-‐per-‐la-‐chiusura-‐della-‐diga-‐di-‐Myitsone-‐30658.html
35
http://geopoliticamente.wordpress.com/2012/06/12/macche-‐democrazia-‐gli-‐scontri-‐in-‐birmania-‐
minacciano-‐gli-‐interessi-‐di-‐india-‐e-‐cina/;
http://www.banktrack.org/manage/ajax/ems_dodgydeals/createPDF/shwe_gas_and_pipelines_projects
14. dal
porto
di
Kyaukpyu,
non
lontano
da
Sittwe,
alla
località
cinese
di
Kunming,
nella
provincia
dello
Yunnan.
Allo
stesso
tempo
la
compagnia
ha
costruito
un
gasdotto
in
grado
di
erogare
12
miliardi
di
mq
di
gas
naturale
all’anno,
dal
campo
di
Shwe
sino
a
Kunming.36
E’
inoltre
in
fase
di
realizzazione
un
sito
di
deposito
di
petrolio
presso
l’isola
di
Maday,
futuro
capolinea
per
le
petroliere
proveniente
dal
Medio
Oriente
e
dall’Africa
orientale,
principali
fonti
di
approvvigionamento
da
parte
di
Pechino.
Entro
il
2015
sarà
pronta
anche
una
nuova
ferrovia,
sempre
da
Kyaukpyu
a
Kunming.
L’obiettivo
per
la
Cina
è
garantirsi
un
posto
al
sole
nell’Oceano
Indiano
e
bypassare
lo
stretto
del
Malacca,
attraverso
cui
transita
oggi
la
stragrande
maggioranza
del
commercio
cinese,
e
che
per
sua
conformazione
è
concretamente
minacciato
dalla
pirateria
e
teoricamente
pericoloso
in
caso
di
conflitto37.
Un
oleodotto
che
tagli
in
due
il
fragile
equilibrio,
sia
geografico
che
politico.
birmano,
dimezzerebbe
tempi
e
costi
di
trasporto
del
petrolio.
Tuttavia
l’instabilità
interna
rischia
di
mettere
a
repentaglio
il
valore
strategico-‐
commerciale
dell’imponente
progetto.
I
residenti
locali
e
le
Ong
operanti
sul
luogo
hanno
protestato
sin
dagli
albori
per
una
realizzazione
che
non
ha
visto
consultare
la
società
civile
e
che
verosimilmente
la
escluderà
da
benefici
concreti,
senza
considerare
gli
inevitabili
danni
ambientali.
Anche
se
le
autorità
governative
non
hanno
mai
ostacolato
il
progetto,
Pechino
è
preoccupata
per
i
precedenti
della
diga
di
Myitsone
e
per
le
analoghe
proteste
presso
la
miniera
di
rame
di
Letpadaung,
nella
regione
centrale
di
Monywa,
dove
dopo
anni
di
impegno
delle
organizzazioni
contadine
e
ambientaliste
(e
dopo
l’avvio
delle
riforme
anche
di
una
parte
della
classe
politica),
il
governo
ha
deciso
di
rivedere
gli
accordi
per
lo
sfruttamento
della
miniera:
contrariamente
ai
precedenti
protocolli
che
prevedevano
una
condivisione
quasi
paritetica
dei
proventi
tra
compagnia
mineraria
cinese
Wanbao
e
Myanmar
Economic
Holding,
ora
il
51%
finirà
nelle
casse
pubbliche,
e
l’azienda
cinese
dovrà
mettere
a
disposizione
tre
milioni
di
dollari
per
attività
di
carattere
sociale.
Nel
caso
della
pipeline
gemella
la
situazione
è
ancora
più
delicata
perché
ci
troviamo
nei
pressi
di
Sittwe,
la
capitale
dello
stato
Rakhine,
territorio
dei
già
visti
violentissimi
scontri
contro
l’etnia
Rohingiya.
Peggio
ancora,
le
condotte
passano
attraverso
aree
in
cui
agiscono
le
truppe
separatiste
del
KIA
Kachin,
i
cui
scontri
con
l’esercito
centrale
hanno
minacciato
non
poche
volte
il
tracciato
della
pipeline.
36
http://www.cesi-‐italia.org/asia/item/638-‐geopolitical-‐weekly-‐n°114.html
37
http://www.ft.com/intl/cms/s/faf733ae-‐63b6-‐11e2-‐af8c-‐
00144feab49a,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fcms%2F
s%2F0%2Ffaf733ae-‐63b6-‐11e2-‐af8c-‐
00144feab49a.html%3Fsiteedition=intlsiteedition=intl_i_referer=
-‐
axzz32GQMloAi
;
http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375
;
http://www.economist.com/news/asia/21571189-‐over-‐border-‐kachin-‐conflict-‐causes-‐
headaches-‐china-‐kachin-‐dilemma
;
http://www.china.org.cn/business/2013-‐
06/21/content_29188744.htm
;
http://www.china.org.cn/business/2013-‐
06/21/content_29188744.htm
14
15. La
Cina
ha
in
realtà
stretti
rapporti
con
l’etnia
Kachin,
per
motivi
etnici
e
commerciali.
Lo
stato
Kachin
confina
in
gran
parte
col
gigante
asiatico
e
visti
i
conflitti
col
governo
i
ribelli
dipendono
in
gran
parte
dal
vicino
di
casa,
da
cui
importano
dalle
armi
ai
medicinali.38
La
maggior
parte
della
giada
e
del
legno
che
formano
la
spina
dorsale
del
commercio
per
le
città
dello
Yingijang,
provengono
dallo
stato
Kachin.
Negli
ultimi
anni
si
sono
così
sviluppati
fiorenti
legami
economici,
di
cui
ha
beneficiato
anche
parte
della
popolazione
locale.
Ma
per
contro,
c’è
chi
vede
nell’azione
cinese
una
forma
di
sfruttamento,
e
proprio
per
non
fomentare
forme
di
risentimento
Pechino
cerca
di
mantenere
un
equilibrio
non
schierandosi
apertamente
con
l’esercito
birmano,
pur
premendo
per
una
normalizzazione
dei
rapporti
che
ponga
le
condotte
al
riparo
dal
fuoco
incrociato39
Il
valore
di
Myanmar
per
la
Cina
si
spiega
anche
per
la
sua
posizione
geo-‐strategica:
Pechino
utilizza
il
suo
vicino
meridionale
come
uno
degli
elementi
della
politica
di
accerchiamento
dell’India,
la
“strategia
del
filo
di
perle”.
Dal
Pakistan
a
Myanmar
passando
per
Bangladesh
e
Sri
Lanka,
finanzia
la
costruzione
di
porti
che
la
Marina
dell’Impero
potrebbe
un
giorno
utilizzare
come
basi
navali
a
protezione
dei
propri
interessi
commerciali
in
caso
di
conflitto
15
38
http://mondediplo.com/2012/06/12kachin
39
http://www.economist.com/news/asia/21571189-‐over-‐border-‐kachin-‐conflict-‐causes-‐headaches-‐china-‐
kachin-‐dilemma
16. regionale.
In
quest’ottica
in
Birmania
ha
partecipato
alla
modernizzazione
del
già
citato
porto
di
Sittwe,
e
di
quelli
di
Merguei
e
Dawei,
accedendo
all’oceano
indiano.
Quest’ultimo
progetto
trasformerà
completamente
250kmq
dell’area
costiera
meridionale,
e
con
un
triplice
imbarco
per
le
navi
transoceaniche
permetterà
il
passaggio
delle
merci
e
del
petrolio
da
Africa,
Medioriente
e
Occidente,
cn
strade
di
collegamento
per
la
Thailandia
e
la
Cina,
passando
da
Malesia,
Cambogia,
Laos
e
Singapore,
oltre
a
snodi
viari
verso
l’India.
Il
progetto
potrebbe
assestare
un
duro
colpo
all’economia
di
Singapore,
un
po’
come
avvenuto
a
suo
tempo
per
lo
sviluppo
di
Shanghai,
e
c’è
chi
sostiene
che
il
governo
dell’isola
sia
preoccupato
al
tal
punto
da
finanziare
e
sostenere
il
movimento
ambientalista
che
si
batte
contro
la
realizzazione
del
polo
industriale.40
Al
progetto,
privato
a
capitale
internazionale
e
gestito
dalla
compagnia
Italian-‐
Thai,
vede
la
partecipazione
di
diverse
potenze
tra
cui
la
Cina,
che
ha
in
progetto
un
collegamento
stradale
tra
Dawei
e
Yunnan,
e
soprattutto
Thailandia,
mentre
anche
Giappone
ed
India
guardano
con
interesse41.
Strumentale o concreta e giustificata che sia, c’è poi un’altra preoccupazione che preme sui vicini
del Myanmar, ed è la possibilità che la questione Rohingyia rientri in un più ampio contesto di
jihadismo internazionale.
Ai primi di settembre 2012, la polizia nazionale indonesiana ha scoperto un complotto jihadista
volto ad attaccare la comunità buddista in Indonesia, presumibilmente in segno di rappresaglia per il
maltrattamento dei Rohingyia del Rakhine. La situazione è ancora più sensibile in Malaysia, dove
un sistema di quote razziali vecchio di decenni favorisce etnie musulmane rispetto alla minoranza
cinese. Secondo alcune analisi dunque gli scontri tra musulmani e buddisti in Myanmar potrebbero
influenzare analoghe tensioni in Malesia ed Indonesia e in generale nel Sud-Est Asiatico.42In un
articolo pubblicato il 2 maggio 2013 43 l’ideologo radicale indonesiano Abu Bakar Bashir ha
16
40
http://temi.repubblica.it/limes/in-‐birmania-‐prove-‐di-‐democrazia-‐con-‐aung-‐san-‐suu-‐kyi/32285
41
http://www.daweiport.net/dawei-‐port-‐thailands-‐megaproject-‐burma/
42
http://www.cttajournal.org/issues/CTTA-‐June13.pdf
-‐
page=14
43
http://www.heraldsun.com.au/news/world/abu-‐bakar-‐bashir-‐threatens-‐war-‐if-‐myanmar-‐harms-‐muslim-‐
rohingyas/story-‐fnd134gw-‐1226442628062
17. chiamato alla jihad per terminare il genocidio Rohingyia. La violenza ha innescato un deflusso
massiccio di rifugiati Rohingyia in paesi del Sud e Sud-est asiatico, che vivono in condizioni miseri
nei campi profughi dove il loro risentimento può divenire facile preda dei gruppi jihadisti locali.
Inoltre alcuni gruppi radicali che operano in Asia meridionale, in Asia centrale e nel sud-est
asiatico, tra cui il Tekreek-e-Taliban Pakistan, i talebani afghani, il Movimento islamico
dell’Uzbekistan e il Jama’ah Ansharut Tauhid, utilizzano la questione Rohingyia per infiammare le
piattaforme di social media, incitando all’odio contro Myanmar. Una comunità considerevole di
Rohingyia vive in una parte di Karachi, in Pakistan, e alcuni dei suoi membri sono stati attivamente
coinvolti nell’Organizzazione di Solidarietà Rohingyia , un gruppo militante che ha un campo di
addestramento nelle zone di confine col Bangladesh, mentre gruppi di militanti distribuisce
materiale in arabo e urdu spingendo alla jihad44. La tematica potrebbe essere discussa tra i vertici in
seno all’ASEAN vista la presenza di stati a maggioranza musulmana, e si presta sia alle critiche per
la discriminazione brutale subita dai Rohingyia, sia ad un’analisi del rischio di spill-over
regionale.45 Mentre all’interno di alcuni media nazionali la problematica è sollevata con toni
accesi46, preoccupazioni sorgono anche per i due giganti Cina ed India. Il porto di Sittwe è la pietra
angolare del Kaladan Multimodal Transit Transport Project indiano, che mira a connettere l’est
dell’India con Myanmar attraverso la rotta marittima tra Calcutta e Sittwe e attraverso una strada e
collegamento fluviale tra quest’ultima e lo stato Mizoram, nell’India nord-orientale. Mizoram e gli
altri sei stati indiani orientali confinanti col Myanmar sono tutti alle prese con le proprie
insurrezioni separatiste, e questi gruppi ribelli hanno già collaborato in passato con i guerriglieri
nepalesi e con le organizzazioni jihadiste pakistane: lo stesso potrebbero fare con i militanti islamici
in Myanmar47. Già detto dei rischi per le condotte cinesi dirette nello Yunnan attraverso il territorio
Kachin, vale la pena ricordare come lo stesso Yunnan sia tra le provincie cinesi più irrequiete, con
una minoranza di cinesi non-han in agitazione. All’inizio di maggio intanto, i leader musulmani
hanno annunciato l’intenzione di tenere un Congresso musulmano dell’Unione nei prossimi mesi,
nel tentativo di contrastare l’incitamento all’odio interreligioso.48 Una proposta improntata al
dialogo, ma che non ha mancato di scatenare l’immediata risposta di Wirathu, secondo cui soltanto
all’etnia musulmana Kaman, ufficialmente riconosciuta, dovrebbe essere consentito partecipare
all’evento.
44
http://www.eastasiaforum.org/2013/06/27/communal-‐harmony-‐a-‐missing-‐cornerstone-‐of-‐reform-‐in-‐
myanmar/
45
http://www.eastasiaforum.org/2013/07/04/myanmars-‐religious-‐violence-‐a-‐threat-‐to-‐southeast-‐asias-‐
security/
;
http://thediplomat.com/2013/07/constitutional-‐reform-‐needed-‐for-‐myanmars-‐ethnic-‐
challenges/2/
46http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6233:terrorist-‐war-‐
spreading-‐to-‐western-‐part-‐of-‐myanmarcatid=57:editorialItemid=406
47
http://www.eastasiaforum.org/2013/05/24/myanmars-‐anti-‐muslim-‐violence-‐a-‐threat-‐to-‐chinese-‐and-‐
indian-‐interests/
48
http://www.mmtimes.com/index.php/national-‐news/10276-‐muslim-‐leaders-‐announce-‐conference-‐to-‐tackle-‐
hate-‐speech.html
17
18. CONCLUSIONI
Le
riforme
politiche
che
si
svolgono
in
Myanmar
dal
2011
aprono
una
rara
finestra
di
opportunità
per
la
democratizzazione
del
paese
e
la
sua
piena
reintegrazione
nella
comunità
internazionale.
Ma
il
processo
è
reversibile
e
dipende
dal
sostegno
degli
attori
internazionali
e,
soprattutto,
dalla
lungimiranza
degli
attori
interni.
Il
paese
deve
ancora
affrontare
enormi
problemi:
la
crescita
economica
si
vede,
ma
la
povertà
della
popolazione
civile
perdura.;
solo
il
16%
della
popolazione
ha
elettricità;
parte
di
questa
è
malnutrita
ed
analfabeta;
l’assistenza
medica
fuori
Yangon
è
spesso
utopica.
I
conflitti
etnici
persistono
e
le
sommosse
antimusulmane
dimostrano
la
presenza
ormai
tangibile
di
un
inedito
estremismo
di
stampo
buddista.
Infine,
serviranno
volontà
ed
impegno
per
evitare
che
gli
investimenti
internazionali
portino
benefici
solo
alle
oligarchie
indigene
o
agli
investitori
esteri,
concentrandosi
esclusivamente
sull’estrazione
delle
materie
prime
di
cui
il
paese
è
ricco.
La
stessa
costruzione
di
infrastrutture
fondamentali
per
il
rilancio
dell’economia
rischia
di
avere
pesanti
ripercussioni
sull’ambiente
e
sulle
attività
economiche
ad
esso
legate
di
cui
vive
parte
della
popolazione.
Occorreranno
una
sensibilità
e
un
controllo
maggiori
di
quanto
avvenuto
in
passato
per
evitare
il
deturpamento
di
aree
come
quella
di
Hapkant
nello
stato
del
Kachin,
razziata
per
l’abbondanza
di
giada.
In
quest’ottica
il
mastodontico
progetto
di
Dawei
è
una
cartina
di
tornasole
che
molto
potrà
dire
sull’equilibrio
tra
interessi
economici,
rispetto
del
territorio
e
creazione
di
nuovi
posti
di
lavoro.
Tre
difficili
sfide
attendono
il
Myanmar:
portare
avanti
le
riforme
politiche
per
una
piena
transizione
democratica;
sostenere
i
diritti
delle
minoranze
e
la
cultura
del
dissenso;
costruire
mercati
sostenibili
e
sistemi
finanziari.
La
diversificazione
dei
partner
commerciali
potrebbe
essere
un
buon
presupposto
per
lo
sviluppo
dell’ultimo
punto,
anche
se
la
Cina
rimarrà
a
lungo
il
partner
preferenziale.
Il
fatto
che
essa
stessa,
pur
temendo
in
parte
di
perdere
il
monopolio
relazionale,
prema
per
una
maggiore
sicurezza
interna
a
protezione
dei
propri
investimenti,
può
essere
un
altro
aiuto
alla
piena
transizione
democratica,
favorendo
il
ricongiungimento
etnico
regionale.
Questo
però
non
sarà
possibile
senza
una
ferrea
volontà
politica
di
tutte
le
parti
in
causa
che
porti
ad
una
maggiore
flessibilità
del
governo
centrale
nella
concessione
delle
agognate
autonomie
locali.
Dopo
decenni
di
ostinata
guerriglia
appare
difficile
immaginare
una
soluzione
che
non
preveda
una
qualche
forma
di
“federalismo”:
alla
base
di
questi
conflitti
etnici
sono
due
visioni
controverse
del
futuro
di
Myanmar,
una
governata
da
una
maggioranza
birmana
culturalmente
buddista,
l’altra
fedele
allo
“spirito
di
Panglong”,
con
un
sistema
federale
che
offra
ai
gruppi
etnici
un’uguaglianza
di
diritti
e
autodeterminazione
politica.
La
soluzione
dev’essere
politica
e
deve
istituzionalizzare
i
diritti
delle
minoranze
etnico-‐
religiose,
consentendo
loro
di
mantenere
le
proprie
terre,
condividendo
i
benefici
dei
ricavi
ottenuti
dalle
risorse
naturali.
Tali
diritti
non
possono
che
essere
espressi
da
una
nuova
Costituzione,
che
non
sarà
però
possibile
senza
il
benestare
delle
forze
militari,
ancora
saldamente
al
potere
dietro
le
quinte.
L’esercito
controlla
ancor
oggi
parte
dei
seggi
del
parlamento
sufficienti
a
bloccare
qualsiasi
modifica
della
Costituzione
e
non
è
un
mistero
che
lo
stesso
assetto
politico
sia
progetto
del
vecchio
generale
Than
Shwe
che
ha
suddiviso
il
potere
prima
monolitico
da
lui
detenuto
in
quattro
persone
fisiche
di
sua
fiducia.
Lo
stesso
volto
dell’opposizione,
Aung
Suu
Kyi
non
può
tirare
troppo
la
corda
in
quanto
la
sua
stessa
candidatura
alle
prossime
elezioni
dovrà
passare
sotto
il
benestare
dei
generali
e
la
modifica
della
Costituzione
(la
candidatura
gli
è
tecnicamente
impedita
perché
i
figli
hanno
cittadinanza
straniera,
un
evidente
cavillo
per
limitarne
il
peso
politico).
Sono
in
gioco
equilibri
di
potere
delicati,
tuttavia
apre
una
finestra
di
ottimismo
il
fatto
che
il
dialogo
con
le
minoranze
etniche
non
si
sia
limitato
alle
dichiarazioni
programmatiche
ma
abbia
al
contrario
fatto
importanti
passi
avanti
negli
ultimi
due
anni,
con
un’accelerazione
in
questi
giorni.
18
19. D’altronde
a
Thein
Sein
e
a
parte
dell’esercito
non
sfuggono
i
pericoli
insiti
nella
transizione
da
un
regime
autoritario
a
una
politica
maggiormente
liberale
né
la
necessità,
imboccata
la
strada
della
democrazia,
di
utilizzare
nuove
strategie
per
perpetuare
in
nuove
forme
il
proprio
potere.
In
questo
senso
è
possibile
che
il
vecchio
regime,
consapevole
della
necessaria
riduzione
del
proprio
peso
politico,
abbia
cercato
di
bilanciare
questa
perdita
tramite
una
gestione
dell’economia
in
senso
a
lui
più
favorevole
e
abbia
allo
stesso
modo
cercato
legittimazione
nazionale
ed
internazionale
attraverso
il
nuovo
atteggiamento
di
apertura.
La
riduzione
delle
sanzioni
e
la
presidenza
ASEAN
hanno
in
qualche
modo
sdoganato
il
nuovo
governo,
e
prese
di
posizione
fino
a
pochi
anni
fa
impensabili
come
l’interruzione
dei
lavori
alla
diga
di
Myitsone
hanno
lanciato
segnali
importanti.
Se
questa
politica
darà
i
suoi
frutti,
non
solo
favorirà
gli
investimenti
esteri,
compreso
il
sostegno
di
istituzioni
come
il
FMI,
ma,
accompagnata
ad
una
più
lungimirante
suddivisione
della
ricchezza,
potrebbe
addirittura
dare
modo
al
governo
di
competere
in
qualche
modo
con
l’immagine
dell’opposizione
in
vista
delle
elezioni
2015.
Se,
restando
ottimisti,
le
minoranze
etniche
possono
in
qualche
modo
beneficiare
della
“propaganda”
interna
e
delle
pressioni
internazionali
(in
favore
dei
diritti
umani
o
a
difesa
dei
propri
investimenti
che
siano),
più
problematica
appare
la
posizione
dei
Rohingyia.
In
questo
caso
infatti
nemmeno
l’opposizione
ha
preso
le
difese
dell’etnia
musulmana,
mentre
il
governo
è
stato
durissimo,
tanto
da
tacciare
recentemente
la
comunità
internazionale
e
le
Ong
di
interferenza
su
questioni
di
interesse
nazionale
interno49.
Considerando
la
chiusura
delle
frontiere
da
parte
del
Bangladesh,
dove
la
loro
presenza
non
è
mai
stata
gradita
e
incide
sulle
condizioni
economiche
già
misere
del
paese,
e
nonostante
si
levino
anche
voci
di
dissenso
invitanti
al
dialogo,
l’aumento
del
peso
politico
di
Wirathu
e
della
fazione
“estremista”
dei
monaci
buddisti
(che
hanno
tradizionalmente
anche
un
peso
politico
in
Myanmar),
non
lascia
purtroppo
presagire
sviluppi
positivi
per
la
minoranza
etnica
musulmana
del
paese.
19
Un’immagine
dai
colloqui
di
pace
di
questi
giorni
49http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=4895:u-‐n-‐and-‐
international-‐agencies-‐are-‐fuelling-‐conflict-‐aldcatid=32:politicsItemid=354
20. SITOGRAFIA:
Dei
principali
quotidiani
e
delle
riviste
di
approfondimento
geopolitico
si
segnala
solo
l’homepage
per
praticità
dato
l’alto
numero
di
pagine
consultate:
20
-‐ http://temi.repubblica.it/limes/
-‐ http://www.internazionale.it/
-‐ http://www.repubblica.it/
-‐ http://www.corriere.it/
-‐ http://www.lastampa.it/
-‐ http://www.nytimes.com/
-‐ http://www.iht.com/
-‐ http://www.bbc.co.uk/
-‐ http://edition.cnn.com/
-‐ http://thediplomat.com/
-‐ http://www.monde-‐diplomatique.it/
-‐ http://www.economist.com/
-‐ http://www.ispionline.it/
-‐ http://www.bnionline.net/
-‐ http://www.mmtimes.com/
-‐ http://www.dvb.no/
-‐ http://www.elevenmyanmar.com/
-‐ http://www.irrawaddy.org/
-‐ http://www.aljazeera.com/
-‐ http://www.foreignpolicy.com/
-‐ http://www.atimes.com/
-‐ https://www.iiss.org/
-‐ http://www.cesi-‐italia.org/
-‐ http://it.wikipedia.org/
-‐ http://www.ilpost.it
-‐ http://www.china-‐files.com
-‐ www.asianews.it
-‐ www.globalpost.com
-‐ http://www.eastonline.eu/it/
-‐ http://www.ilcaffegeopolitico.org/
-‐ www.geopolitica-‐rivista.org
-‐ www.notiziegeopolitiche.net
-‐ http://www.eurasia-‐rivista.org/
-‐ www.thehuffingtonpost.com
-‐ http://www.eastasiaforum.org
Altri
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Investimenti
e
rapporti
con
paesi
stranieri:
-‐ http://www.dw.de/myanmar-‐china-‐pipelines-‐pump-‐up-‐tension/a-‐16851935
-‐ http://www.china.org.cn/business/2013-‐06/21/content_29188744.htm
-‐ http://www.china.org.cn/opinion/2014-‐01/09/content_31137458_2.htm
-‐ http://www.china.org.cn/opinion/2013-‐01/23/content_27772083_2.htm