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ASSOCIAZIONE OLTREILLIMES 
SOCIETÀ ITALIANA PER L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE 
“Caos  Poteri: le equazioni del mutamento” 
V edizione del Master di Geopolitica Online 
Dicembre 2013 – Aprile 2014
INDICE 
INTRODUZIONE………………………………………………………………………........p.3 
CONFLITTI 
ETNICI 
E 
SPINTE 
AUTONOMISTE: 
PREMESSE 
STORICHE 
E 
POSSIBILI 
SVILUPPI…………………………………………………………………………………….p.3 
CONFLITTI 
ETNICO-­‐RELIGIOSI: 
ROHINGYIA, 
“IL 
POPOLO 
Più 
PERSEGUITATO 
DEL 
MONDO”……………………………………………………………………………………………...p.7 
ASPETTI 
GEOPOLITICI: 
INSTABILITA’ 
INTERNA 
E 
INVESTIMENTI 
INTERNAZIONALI……………………………………………………………………………………...p.12 
CONCLUSIONI…………………………………………………………………………………………...p. 
17 
SITOGRAFIA…………………………………………………………………………………..................p.20 
2
3 
PROSPETTIVA 
MYANMAR 
Dopo 
cinquant’anni 
di 
isolamento 
politico 
ed 
economico, 
la 
Birmania, 
ora 
Myanmar, 
torna 
ad 
essere 
presente 
sulla 
carta 
geografica 
della 
comunità 
internazionale. 
Dal 
2011, 
il 
paese 
guidato 
dall’ex 
generale 
Thein 
Sein, 
arrivato 
al 
potere 
proprio 
grazie 
alla 
giunta 
militare 
e 
poi 
entrato 
in 
parte 
in 
collisione 
con 
questi 
per 
quanto 
riguarda 
l’indirizzo 
delle 
riforme, 
ha 
avviato 
un 
lento 
processo 
di 
democratizzazione. 
Dopo 
le 
elezioni-­‐farsa 
del 
2010, 
a 
cui 
non 
partecipò 
il 
partito 
di 
opposizione 
della 
Lega 
Nazionale 
per 
la 
Democrazia, 
guidato 
dal 
nobel 
per 
la 
pace 
Aung 
San 
Suu 
Kyi 
e 
le 
successive 
rimostranze 
internazionali, 
la 
scarcerazione 
di 
centinaia 
di 
prigionieri 
politici 
tra 
cui 
la 
stessa 
Suu 
Kyi 
(che 
Costituzione 
permettendo 
si 
candiderà 
alle 
elezioni 
2015), 
una 
serie 
di 
riforme 
e 
la 
liberalizzazione 
dei 
mercati 
stanno 
gradualmente 
mutando 
il 
volto 
del 
paese. 
La 
nuova 
apertura 
democratica 
apre 
importanti 
prospettive 
alla 
ristagnante 
economia 
del 
paese, 
a 
partire 
dalla 
normalizzazione 
dei 
rapporti 
con 
Ue 
e 
Usa, 
che 
hanno 
in 
parte 
sospeso 
le 
sanzioni 
da 
decenni 
imposte 
contro 
un 
regime 
irrispettoso 
dei 
diritti 
umani. 
Tuttavia, 
il 
percorso 
intrapreso 
non 
è 
privo 
di 
ostacoli, 
a 
cominciare 
dalla 
transizione 
dello 
stesso 
potere 
politico: 
il 
governo 
nominalmente 
democratico 
vede 
ancora 
la 
partecipazione 
maggioritaria 
degli 
stessi 
militari 
che 
soppressero 
nel 
sangue 
la 
“rivolta 
zafferano” 
di 
monaci 
e 
civili 
nel 
2007, 
e 
le 
stesse 
forze 
che 
l’hanno 
fin 
qui 
diretto 
rischiano 
facilmente 
di 
beneficiare 
dei 
frutti 
della 
nuova 
apertura 
economica 
di 
un 
paese 
ricchissimo 
di 
materie 
prime 
(tra 
cui 
gas, 
petrolio 
ed 
energia 
idroelettrica), 
a 
discapito 
della 
poverissima 
popolazione 
locale. 
Lo 
stesso 
processo 
di 
liberalizzazione 
dei 
mercati 
determina 
per 
Naypydaw 
una 
ricollocazione 
a 
livello 
internazionale, 
dopo 
decenni 
di 
stretti 
rapporti 
col 
vicino 
cinese. 
Le 
sfide 
maggiori 
sembrano 
tuttavia 
essere 
quelle 
interne 
per 
Myanmar, 
le 
cui 
le 
numerosissime 
minoranze 
etniche 
e 
religiose 
sono 
state 
tenute 
assieme 
con 
la 
forza 
dal 
governo 
centrale 
per 
decenni, 
e 
sembrano 
ora 
riaffiorare 
con 
rinnovata 
virulenza 
come 
indiretta 
conseguenza 
di 
una 
nuova 
libertà 
espressiva 
e 
di 
nuove 
prospettive 
a 
lungo 
accantonate. 
CONFLITTI 
ETNICI 
E 
SPINTE 
AUTONOMISTE: 
PREMESSE 
STORICHE 
E 
POSSIBILI 
SVILUPPI 
La 
Nazione 
chiamata 
oggi 
Myanmar 
(ufficialmente 
Repubblic 
of 
the 
Union 
of 
Myanmar) 
è 
un’invenzione 
del 
colonialismo 
britannico. 
In 
tre 
guerre 
a 
metà 
dell’Ottocento, 
l’Impero 
della 
Corona 
inglese 
ha 
annesso 
una 
serie 
di 
territori 
su 
cui 
vivevano 
popolazioni 
distinte 
governate 
da 
distinte 
amministrazioni. 
Nel 
1947, 
nel 
corso 
dei 
negoziati 
per 
l’indipendenza 
nazionale, 
il 
generale 
birmano 
Aung 
San 
ha 
riunito 
i 
diversi 
gruppi 
etnici 
siglando 
il 
Panglong 
Agreement1 
e 
unendo 
i 
territori 
precedentemente 
divisi 
nella 
nazione 
unica 
ed 
indipendente 
chiamata 
Union 
of 
Burma. 
Il 
nome 
Burma, 
(in 
italiano 
Birmania 
ndr) 
fa 
riferimento 
all’etnia 
tutt’oggi 
egemone 
in 
Myanmar, 
quella 
dei 
Bamar. 
Di 
maggioranza 
buddista, 
questa 
rappresenta 
quasi 
il 
70% 
della 
popolazione 
della 
popolazione 
totale, 
ed 
ha 
sempre 
avuto 
l’appoggio 
della 
giunta 
militare 
al 
potere; 
ma 
si 
contano 
altre 
135 
etnie 
che 
rientrano 
in 
otto 
macro-­‐gruppi: 
Kachin, 
Kayah, 
Kayin, 
Chin, 
Mon, 
Rakhin, 
Shan 
e 
appunto 
Bamar. 
Questa 
suddivisione, 
che 
si 
basa 
sulla 
distribuzione 
delle 
etnie 
per 
area 
geografica 
anziché 
per 
1 
http://en.wikipedia.org/wiki/Panglong_Agreement
affiliazione 
linguistica 
o 
culturale, 
non 
tiene 
tuttavia 
conto 
dei 
diversi 
gruppi 
etnici 
non 
riconosciuti 
dalle 
autorità 
governative, 
tra 
cui 
la 
problematica 
minoranza 
musulmana 
dei 
Rohingyia. 
4 
Suddivisione 
etno-­‐linguistica 
Suddivisione 
statuale 
Proprio 
le 
tutt’oggi 
frustrate 
richieste 
di 
riconoscimento 
e 
tutela 
della 
propria 
cultura 
all’interno 
di 
uno 
stato 
federale 
sono 
alla 
base 
delle 
guerre 
etniche 
che 
si 
sono 
succedute, 
con 
diversa 
intensità, 
dall’indipendenza 
ai 
nostri 
giorni. 
L’accordo 
di 
Panglong 
, 
che 
schematizzava 
i 
diritti 
delle 
minoranze 
e 
, 
in 
modo 
specifico, 
conferiva 
alle 
popolazioni 
Shan 
e 
Karenni 
la
facoltà 
di 
staccarsi 
dall’Unione 
dieci 
anni 
dopo 
l’indipendenza, 
non 
venne 
infatti 
mai 
completamente 
rispettato. 
Le 
principali 
rivendicazioni 
delle 
minoranze 
etniche 
consistono 
nel 
conseguimento 
di 
una 
vera 
autonomia 
delle 
loro 
regioni 
e 
nella 
richiesta 
di 
voce 
in 
capitolo 
sugli 
affari 
nazionali, 
mentre 
solo 
in 
pochi 
desiderano 
una 
vera 
e 
propria 
indipendenza, 
ma 
anche 
una 
più 
equa 
divisione 
delle 
risorse 
naturali. 
Nel 
1962 
un’insurrezione 
dell’esercito, 
con 
a 
capo 
il 
generale 
Ne 
Win, 
destituì 
il 
fragile 
governo 
democratico, 
indirizzando 
il 
paese 
sulla 
strada 
del 
socialismo. 
I 
venticinque 
anni 
che 
seguirono 
furono 
segnati 
da 
un 
costante 
declino 
economico, 
isolamento 
politico, 
violazioni 
dei 
diritti 
umani 
e 
nei 
confronti 
delle 
minoranze 
etniche 
(l’intenzione 
dichiarata 
era 
quella 
di 
eliminare 
le 
identità 
culturali 
e 
politiche 
non 
birmane, 
a 
partire 
dalla 
messa 
al 
bando 
nelle 
scuole 
l’insegnamento 
di 
lingue 
non 
nazionali), 
fino 
a 
quando, 
nel 
1988, 
la 
popolazione 
decise 
che 
era 
giunto 
il 
momento 
di 
avviare 
il 
cambiamento. 
Gigantesche 
manifestazioni 
di 
massa 
(passate 
alla 
storia 
come 
Rivolta 
8888) 
chiesero 
le 
dimissioni 
di 
Ne 
Win, 
che 
risposte 
con 
feroci 
repressioni. 
Dopo 
la 
nomina 
di 
alcuni 
personaggi 
fantoccio 
da 
parte 
di 
Ne 
Win, 
un 
nuovo 
colpo 
di 
stato, 
presumibilmente 
ispirato 
dallo 
stesso 
militare, 
portò 
al 
potere 
il 
generale 
Saw 
Maung, 
a 
capo 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
per 
la 
legge 
e 
l’ordine 
sociale 
(SLORC), 
che 
promise 
nuove 
elezioni 
per 
l’anno 
successivo. 
L’opposizione 
si 
coagulò 
allora 
attorno 
al 
partito 
di 
coalizione 
NLD 
(Lega 
Nazionale 
per 
la 
Democrazia), 
capeggiato 
da 
Aung 
San 
Suu 
Kyi, 
figlia 
dell’eroe 
dell’indipendenza 
Bogyoke 
Aung 
San, 
immediatamente 
posta 
agli 
arresti 
domiciliari. 
NLD 
vinse 
le 
elezioni, 
ma 
la 
giunta 
militare 
impedì 
all’opposizione 
di 
governare. 
Seguirono 
altri 
disordini 
tra 
cui 
una 
feroce 
repressione 
dei 
Karen. 
Sin 
dal 
1962, 
governo 
e 
gruppi 
etnici 
hanno 
firmato 
(e 
violato) 
molti 
accordi 
di 
cessate 
il 
fuoco, 
il 
SLORC 
non 
fu 
da 
meno, 
negoziando 
tregue 
con 
molti 
gruppi 
etnici 
armati 
e 
intraprendendo 
feroci 
guerre 
nei 
confronti 
di 
altri. 
La 
popolazione 
musulmana 
Rohingyia 
ne 
fu 
vittima 
nel 
1991, 
quando 
oltre 
250.000 
persone 
dovettero 
trovare 
rifugio 
nel 
vicino 
Bangladesh. 
Una 
nuova 
ondata 
di 
scontri 
si 
registrò 
alla 
fine 
del 
2000, 
quando 
almeno 
140.000 
persone, 
in 
gran 
parte 
Karen, 
Karenni 
e 
Mon, 
proveniente 
dalla 
Birmania 
orientale, 
fuggirono 
in 
Thailandia 
in 
seguito 
all’intensa 
offensiva 
militare 
dell’esercito 
birmano, 
iniziata 
sin 
dal 
1984. 
Anche 
gli 
Shan 
possono 
annoverarsi 
tra 
le 
minoranze 
più 
perseguitate. 
Oggi 
in 
numerose 
aree 
del 
Myanmar 
vivono 
sfollati 
interni, 
principalmente 
contadini 
che 
hanno 
abbandonato 
le 
loro 
case 
per 
sfuggire 
al 
reclutamento 
militare 
forzato2, 
o 
ad 
altri 
tipi 
di 
abuso. 
In 
svariate 
zone 
sussistono 
tregue 
precarie: 
i 
primi 
“cessate 
il 
fuoco” 
furono 
conclusi 
con 
i 
gruppi 
etnici 
armati 
Wa 
e 
Kokang, 
che 
fino 
al 
1987 
avevano 
militato 
nel 
Partito 
Comunista 
Birmano. 
Gli 
accordi 
sottoscritti 
dall’esercito 
birmano 
con 
questi 
gruppi 
etnici 
consente 
loro 
la 
coltivazione 
dell’oppio 
e 
il 
commercio 
senza 
interferenze 
da 
parte 
birmana. 
Il 
risultato 
è 
stato 
un 
importante 
incremento 
della 
produzione 
e 
del 
traffico 
di 
eroina 
dalla 
Birmania, 
con 
un’impennata 
del 
consumo 
interno 
e 
della 
dipendenza 
dalla 
stessa. 
La 
giunta 
militare 
ha 
sfruttato 
le 
divisioni 
all’interno 
dei 
gruppi 
etnici 
per 
rafforzare 
il 
suo 
regime, 
ad 
esempio 
nel 
2000 
la 
rilocazione 
di 
migliaia 
di 
contadini 
Wa 
in 
aree 
tradizionalmente 
Shan 
ha 
causato 
tensioni 
e 
scontri 
tra 
i 
due 
gruppi. 
3 
L’etnia 
Wa, 
dotata 
di 
un 
suo 
partito 
politico 
(United 
Wa 
State 
Army, 
USWA), 
e 
di 
uno 
tra 
i 
più 
pericolosi 
eserciti 
5 
2 
Sia 
l’esercito 
birmano 
sia 
l’esercito 
regionale 
Kachin 
sono 
stati 
accusati 
di 
reclutamento 
forzato 
di 
bambini 
soldato: 
http://www.irrawaddy.org/burma/kachin-­‐rebels-­‐release-­‐21-­‐forcibly-­‐recruited-­‐civilians.html 
3 
Cenni 
sulla 
storia 
della 
Birmania: 
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Birmania 
; 
http://www.birmaniademocratica.org/ViewCategory.aspx?catid=4778b47d4d404723bf09cefbb15bd851 
; 
http://www.osservatorioasiaorientale.org/la-­‐transizione-­‐democratica-­‐della-­‐birmania/; 
http://www.treccani.it/enciclopedia/birmania_(Dizionario-­‐di-­‐Storia)/
regionali 
perché 
ben 
finanziato 
dal 
governo 
cinese 
di 
cui 
condivide 
l’origine 
etnica, 
è 
inoltre 
coinvolta 
nell’enorme 
traffico 
di 
stupefacenti 
dell’area, 
e 
pone 
una 
questione 
ulteriormente 
delicata, 
in 
quanto 
reclama 
il 
riconoscimento 
di 
una 
propria 
conformazione 
statuale 
Wa 
nell’area 
settentrionale 
dello 
Stato 
Shan. 
Non 
è 
difficile 
credere 
che 
una 
concessione 
di 
questo 
tipo 
comporterebbe 
una 
reazione 
a 
catena 
sui 
sentimenti 
federalisti 
dell’intero 
paese4. 
La 
normalizzazione 
dei 
rapporti 
con 
gli 
insorti 
delle 
varie 
etnie 
è 
uno 
dei 
principali 
obiettivi 
del 
nuovo 
Myanmar 
che 
dal 
2010 
ha 
imboccato 
un 
processo 
di 
riforme 
democratiche. 
La 
comunità 
internazionale, 
ma 
anche 
gli 
investitori 
stranieri, 
guardano 
con 
attenzione 
al 
banco 
di 
prova 
delle 
autonomie 
locali 
e 
del 
rispetto 
dei 
diritti 
umani 
per 
conferire 
allo 
stato 
asiatico 
la 
legittimità 
di 
cui 
necessita 
per 
una 
ricollocazione 
internazionale, 
che 
gli 
consenta 
di 
potersi 
definire 
pienamente 
democratico 
e 
di 
uscire 
dalle 
difficilissimi 
condizioni 
economiche 
in 
cui 
versa. 
Risultati 
tangibili 
su 
questo 
versante 
sarebbero 
inoltre 
funzionali 
allo 
stesso 
governo 
di 
Thein 
Sein 
nei 
confronti 
dell’opposizione, 
e 
diversi 
passi 
avanti 
sono 
stati 
fatti. 
A 
partire 
dal 
2012 
la 
maggioranza 
dei 
gruppi 
armati 
presenti 
sul 
territorio 
ha 
firmato 
accordi 
di 
tregua, 
compreso 
lo 
Shan 
State 
Army. 
Ma 
vi 
è 
una 
profonda 
differenza 
tra 
l’imbastire 
un 
cessate 
il 
fuoco 
e 
il 
passo 
successivo 
di 
un 
vero 
e 
proprio 
riconoscimento 
delle 
autonomie 
locali, 
in 
special 
modo 
su 
un 
territorio 
come 
quello 
birmano 
non 
controllato 
totalmente 
dall’esercito 
centrale 
e 
dove 
gli 
scontri 
armati 
sembrano 
ripetersi 
ciclicamente. 
Nel 
gennaio 
2012 
uno 
storico 
accordo 
è 
stato 
firmato 
con 
il 
principale 
gruppo 
politico 
Karen 
(il 
Karen 
National 
Union, 
KNU) 
in 
rappresentanza 
del 
suo 
braccio 
armato 
(Karen 
National 
Liberation 
Army, 
KNLA), 
ponendo 
fine 
ufficialmente 
alla 
“più 
lunga 
guerra 
civile 
del 
mondo”, 
iniziata 
nel 
1948. 
Le 
tensioni 
sono 
perdurate 
anche 
dopo 
la 
firma 
degli 
accordi, 
in 
particolare 
nella 
zona 
a 
nord 
dello 
stato 
del 
Karen, 
al 
confine 
con 
la 
Thailandia. 
Qui 
la 
guerriglia 
del 
National 
Liberation 
Army, 
contraria 
allo 
sfruttamento 
incontrollato 
dei 
propri 
territori 
in 
favore 
di 
grandi 
multinazionali, 
sta 
opponendo 
strenua 
resistenza 
contro 
la 
costruzione 
della 
diga 
Hat 
Gyi, 
sul 
fiume 
Salween. 
“Molti 
Karen 
sono 
stati 
cacciati 
dalle 
proprie 
terre 
per 
far 
spazio 
alle 
costruzioni 
idroelettriche”, 
testimonia 
Saw 
Greh 
Moo 
del 
Salween 
Institute 
for 
Public 
Policy, 
che 
afferma 
inoltre 
i 
militari 
birmani 
stiano 
avanzando 
nei 
territori 
e 
rafforzando 
le 
proprie 
basi5. 
Ancora 
più 
problematici 
sono 
i 
rapporti 
con 
i 
gruppi 
armati 
che 
rappresentano 
i 
popoli 
Kachin 
e 
Palaung. 
Il 
governo, 
che 
ha 
impostato 
una 
strategia 
di 
cessate 
il 
fuoco 
a 
livello 
nazionale 
concordata 
con 
i 
gruppi 
uniti 
nel 
NCCT, 
ipotizzava 
un’eventuale 
ingresso 
successivo 
nello 
stesso 
delle 
due 
etnie, 
ma 
i 
recenti 
scontri 
tra 
truppe 
ribelli 
ed 
esercito 
hanno 
rimesso 
in 
discussione 
qualsiasi 
possibilità 
di 
trattativa 
con 
i 
Kachin, 
gettando 
un’ombra 
lunga 
sull’intero 
processo 
di 
pace. 
Aung 
Thaung, 
discusso 
ex 
ministro 
dell’industria, 
ha 
incontrato 
in 
più 
riprese 
i 
rappresentanti 
del 
KIO, 
l’esercito 
Kachin, 
senza 
giungere 
ad 
una 
soluzione, 
per 
la 
sostanziale 
mancanza 
di 
fiducia 
tra 
le 
parti. 
Nel 
2011, 
dopo 
17 
anni 
di 
tregua, 
sono 
difatti 
ripresi 
gli 
scontri 
nelle 
aree 
Kachin, 
quando 
le 
forze 
governative 
hanno 
attaccato 
le 
posizioni 
del 
KIA 
(il 
braccio 
armato 
della 
Indipendence 
Organisation 
Kachin, 
KIO), 
nei 
pressi 
della 
centrale 
idroelettrica 
Ta-­‐Pein. 
Dal 
2012 
ad 
oggi 
diverse 
battaglie 
si 
sono 
registrate 
principalmente 
intorno 
alla 
strada 
Mytkyna-­‐Bhamo, 
con 
numerose 
perdite 
per 
l’esercito 
nazionale. 
Dopo 
una 
fase 
di 
moderata 
calma, 
la 
situazione 
è 
nuovamente 
sfuggita 
di 
mano 
nel 
settembre 
2013, 
con 
accuse 
reciproche: 
KIO 
e 
governo 
avevano 
infatti 
accettato 
di 
ridurre 
i 
combattimenti 
durante 
i 
6 
4 
http://www.cronacheinternazionali.com/verso-la-federazione-birmana-il-caso-shan-5418 
5 
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-­‐ 
umani/2013/07/30/news/birmania_repressioni_senza_fine_sui_dissidenti_e_le_diverse_etnie-­‐64017146/
colloqui 
di 
pace, 
pur 
non 
raggiungendo 
il 
cessate 
il 
fuoco, 
ma 
l’intervento 
armato 
dell’esercito 
è 
stato 
ufficialmente 
giustificato 
come 
lotta 
al 
contrabbando 
illegale 
di 
legname 
di 
cui 
i 
Kachin 
sarebbero 
artefici. 
Alcuni 
esperti 
vedono 
i 
recenti 
combattimenti 
come 
un 
modo 
per 
l’esercito 
di 
circondare 
lentamente 
il 
quartiere 
generale 
KIO 
di 
Laiza, 
conquistando 
strategicamente 
le 
strade 
su 
cui 
corrono 
gli 
approvvigionamenti. 
“il 
governo 
sta 
facendo 
apposta, 
in 
modo 
da 
ottenere 
il 
controllo 
dei 
territori 
in 
prima 
linea 
dopo 
che 
è 
stato 
firmato 
l’accordo 
per 
il 
cessate 
il 
fuoco”6, 
ha 
detto 
l’ufficiale 
KIO 
Lan 
Nan.7 
Intanto 
i 
rappresentanti 
politici 
di 
16 
etnie 
si 
sono 
riunite 
nell’NCCT 
(Nationwide 
Ceasefire 
Team) 
per 
trattare 
con 
il 
Comitato 
per 
la 
pace 
del 
governo 
(UPWC, 
Union 
of 
Peacemaking 
Working 
Commitee) 
il 
cessate 
il 
fuoco. 
Le 
ultime 
notizie 
del 
maggio 
2014 
riportano 
di 
una 
bozza 
di 
accordo, 
di 
cui 
si 
discuterà 
nel 
corso 
della 
prossima 
tornata 
di 
colloqui, 
previsti 
per 
giugno. 
8 
In 
maggio 
anche 
i 
rappresentanti 
Kachin 
hanno 
pubblicamente 
incontrato 
i 
corrispettivi 
del 
NCCT 
per 
negoziare 
un 
cessate 
il 
fuoco 
desiderato 
dalla 
popolazione 
(e 
in 
cui 
gioca 
un 
ruolo 
non 
indifferente 
di 
mediatore 
la 
Cina, 
come 
si 
vedrà 
nei 
successivi 
paragrafi), 
in 
attesa 
di 
nuovi 
incontri 
che 
affrontino 
la 
delicata 
tematica 
dell’autonomia 
senza 
secessione9. 
Di 
fatto 
Thein 
Sein, 
espressione 
della 
casta 
militare 
e 
probabilmente 
improntato 
all’unità 
nazionale, 
gioca 
su 
un 
difficile 
equilibrio: 
risolvere 
la 
decennale 
problematica 
delle 
etnie 
regionali 
darebbe 
legittimità 
al 
suo 
governo 
in 
vista 
delle 
elezioni 
del 
2015 
e 
toglierebbe 
Myanmar 
dall’imbarazzo 
internazionale 
per 
la 
violazione 
dei 
diritti 
umani, 
ma 
per 
porre 
fine 
ai 
combattimenti 
nello 
stato 
del 
Kachin 
e 
in 
generare 
per 
conferire 
l’agognata 
autonomia 
alle 
regioni 
interessate, 
il 
presidente 
dovrebbe 
riprendere 
il 
contenuto 
degli 
storici 
accordi 
di 
Panglong,, 
con 
il 
suo 
impegno 
per 
i 
diritti 
civili 
e 
le 
autonomie, 
ed 
in 
definitiva 
rimescolare 
le 
carte 
del 
suo 
governo, 
riducendo 
la 
centralizzazione 
del 
potere 
nella 
capitale 
Naypydaw 
e 
conseguentemente 
il 
peso 
della 
componente 
maggioritaria 
birmana 
e 
delle 
forze 
armate. 
CONFLITTI 
ETNICO-­‐RELIGIOSI: 
ROHINGYIA, 
“IL 
POPOLO 
Più 
PERSEGUITATO 
DEL 
MONDO” 
I 
Rohingyia 
sono 
un’etnia 
priva 
di 
riconoscimento 
politico 
e 
cittadinanza, 
classificati 
dalle 
autorità 
come 
Bengalesi, 
in 
riferimento 
al 
pensiero, 
diffuso, 
dell’appartenenza 
di 
questa 
comunità 
al 
vicino 
Bangladesh. 
Secondo 
i 
dati 
ONU, 
in 
Myanmar 
vivrebbero 
all’incirca 
750.00 
Rohingyia, 
concentrati 
in 
larga 
maggioranza 
nello 
stato 
del 
Rakhine 
(o 
Arakan) 
, 
mentre 
un 
altro 
milione 
o 
più 
risultano 
suddivisi 
tra 
Bangladesh, 
Tahilandia 
e 
Malaysia. 
Professano 
la 
religione 
musulmana 
e 
sono 
osteggiati 
sia 
dal 
governo 
centrale, 
sia 
da 
parte 
della 
popolazione, 
che 
non 
considera 
la 
loro 
cultura 
assimilabile 
nel 
Paese, 
riconoscendola 
come 
“Kalar” 
(un 
termine 
birmano 
dispregiativo 
applicato 
ai 
musulmani, 
specie 
quelli 
con 
carnagione 
scura). 
7 
6http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5792:why-­‐conflict-­‐ 
continues-­‐in-­‐kachin-­‐statecatid=44:nationalItemid=384 
7 
Cronaca 
degli 
scontri 
tra 
Kachin 
ed 
esercito 
si 
possono 
ritrovare 
sui 
principali 
media 
nazionali 
ed 
internazionali. 
8 
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6252:top-­‐leaders-­‐of-­‐ 
ethnic-­‐armed-­‐groups-­‐to-­‐meet-­‐next-­‐monthcatid=32:politicsItemid=354 
9http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6131:kio-­‐ncct-­‐meets-­‐ 
with-­‐kachin-­‐public-­‐in-­‐myitkyinacatid=32:politicsItemid=354
L’origine 
della 
presenza 
dei 
Rohingyia 
nel 
paese 
è 
dibattuta, 
ma 
sembrerebbe 
essi 
siano 
presenti 
nella 
regione 
del 
Rakhine 
almeno 
dalla 
dominazione 
britannica 
e 
probabilmente 
da 
epoche 
precedenti 
10. 
Tuttavia, 
la 
legge 
sulla 
cittadinanza 
del 
1982 
non 
li 
include 
tra 
i 
gruppi 
etnici 
ufficialmente 
riconosciuti, 
di 
fatto 
catalogandoli 
come 
immigrati 
clandestini 
ed 
esponendoli 
a 
discriminazioni 
che 
vanno 
dalle 
restrizioni 
negli 
spostamenti 
al 
limite 
di 
due 
figli 
per 
coppia. 
Questa 
limitazione 
di 
personalità 
giuridica 
è 
acuita 
dal 
fatto 
che 
lo 
stesso 
Bangladesh, 
in 
cui 
molti 
di 
loro 
hanno 
negli 
anni 
cercato 
rifugio, 
non 
riconosce 
ai 
Rohingyia 
cittadinanza, 
e 
non 
essendo 
in 
grado 
di 
sostenere 
l’emergenza 
umanitaria 
ha 
recentemente 
respinto 
migliaia 
di 
profughi 
alle 
frontiere.11 
I 
report 
di 
svariate 
organizzazioni 
per 
i 
diritti 
umani12 
hanno 
cercato 
di 
sottoporre 
la 
situazione 
all’attenzione 
internazionale 
e 
di 
fare 
pressioni 
sul 
neonato 
governo, 
ma 
la 
situazione 
appare 
bel 
lungi 
dall’essere 
risolta, 
se 
anche 
nell’importantissimo 
censimento 
che 
si 
sta 
stilando 
in 
questo 
giorni 
è 
stato 
impedito 
ai 
membri 
della 
comunità 
di 
dichiararsi 
Rohingiya13 
, 
e 
se 
solo 
un 
anno 
fa, 
nonostante 
gli 
inviti 
statunitensi 
ed 
europei 
ad 
un 
maggiore 
rispetto 
dei 
diritti 
umani14, 
il 
presidente 
Thein 
Sein 
dichiarava 
che 
la 
vera 
soluzione 
al 
problema 
sarebbe 
stata 
la 
deportazione 
in 
Bangladesh15 
Persino 
i 
partiti 
dell’opposizione, 
tra 
cui 
il….di….non 
ha 
mai 
preso 
una 
netta 
posizione 
in 
difesa 
della 
minoranza, 
ed 
interpellata 
in 
merito 
alla 
loro 
appartenenza 
identitaria 
Suun 
Kyi 
ha 
dichiarato 
di 
“non 
sapere” 
se 
considerarli 
o 
meno 
birmani, 
spostando 
le 
responsabilità 
sul 
Bangladesh 
e 
l’immigrazione 
clandestina 
e 
sostenendo 
di 
non 
poter 
esercitare 
alcun 
primato 
morale 
in 
merito 
alla 
questione.16 
Va 
detto 
che 
l’atteggiamento 
di 
Suun 
Kyi, 
che 
non 
ha 
mancato 
ovviamente 
di 
scatenerare 
polemiche 
e 
accuse 
di 
tradimento 
alla 
causa 
democratica, 
è 
determinato 
anche 
da 
alcune 
motivazioni 
di 
real 
politik: 
in 
primo 
luogo, 
il 
suo 
collegio 
elettorale 
è 
noto 
per 
avere 
una 
posizione 
estremamente 
anti-­‐Rohingyia; 
in 
secondo 
luogo, 
vi 
è 
una 
percezione 
molto 
negativa 
sulla 
minoranza 
musulmana 
anche 
tra 
alcuni 
membri 
chiave 
del 
suo 
stesso 
partito; 
in 
terzo 
luogo, 
è 
attualmente 
molto 
difficile 
per 
la 
Leader 
prendere 
posizione 
contro 
l’opinione 
corrente 
di 
stampo 
populista.17 
Negli 
ultimi 
anni 
gli 
scontri 
tra 
Rohingyia 
e 
cittadini 
birmani 
si 
sono 
intensificati, 
provocando 
un 
numero 
non 
precisato 
(ma 
nell’ordine 
delle 
centinaia) 
di 
morti 
e 
migliaia 
di 
sfollati, 
e 
sconfinando 
in 
episodi 
di 
violenza 
e 
tensioni 
tra 
musulmani 
genericamente 
intesi 
e 
buddisti. 
Sul 
fuoco 
delle 
tensioni 
religiose 
soffia 
il 
movimento 
969, 
il 
cui 
leader, 
il 
monaco 
Ashir 
Wirathu, 
è 
divenuto 
celebre 
anche 
in 
occidente 
“grazie” 
alla 
copertina 
(censurata 
ed 
aspramente 
criticata 
dalle 
autorità 
birmane) 
del 
New 
York 
Times 
che 
lo 
presenta 
come 
“il 
volto 
del 
terrore 
buddista”18 
10 
http://asianhistory.about.com/od/Asian_History_Terms_N_Q/g/Who-­‐Are-­‐The-­‐Rohingya.htm 
11 
http://www.asianews.it/notizie-­‐it/Dhaka-­‐respinge-­‐un-­‐migliaio-­‐di-­‐birmani-­‐Rohingya.-­‐Sittwe-­‐pattugliata-­‐ 
dall’esercito-­‐25015.html 
; 
12 
Tra 
gli 
altri: 
http://www.hrw.org/news/2012/06/11/burma-­‐protect-­‐muslim-­‐buddhist-­‐communities-­‐risk 
; 
http://www.fortifyrights.org/downloads/Policies_of_Persecution_Feb_25_Fortify_Rights.pdf 
; 
http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/burma0413_FullForWeb.pdf 
13 
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5965:citizenship-­‐for-­‐ 
rohingya-­‐impractical-­‐and-­‐impossiblecatid=32:politicsItemid=354 
; 
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5594:myanmar-­‐begins-­‐ 
national-­‐census-­‐amid-­‐controversycatid=44:nationalItemid=384 
14 
http://www.asianews.it/notizie-­‐it/Usa-­‐e-­‐Ue-­‐chiedono-­‐la-­‐fine-­‐delle-­‐violenze-­‐fra-­‐buddisti-­‐e-­‐musulmani-­‐ 
birmani-­‐25002.html; 
http://www.unimondo.org/Notizie/Myanmar-­‐si-­‐riaccende-­‐il-­‐conflitto-­‐etnico-­‐135554 
15 
http://www.biu.ac.il/SOC/besa/docs/perspectives188.pdf 
16http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi 
olence_in_burma 
; 
17 
http://www.rsis.edu.sg/publications/Perspective/RSIS1212012.pdf 
18 
http://content.time.com/time/magazine/article/0,9171,2146000,00.html 
8
Secondo 
il 
movimento, 
ma 
anche 
secondo 
un 
malessere 
che 
serpeggia 
in 
modo 
sempre 
più 
preoccupante 
tra 
gli 
abitanti 
di 
Myanmar, 
i 
musulmani, 
stanno 
lentamente 
prendendo 
possesso 
degli 
strumenti 
culturali 
ed 
economici 
per 
soppiantare 
la 
cultura 
buddista 
birmana, 
benché 
essi 
rappresentino 
ad 
oggi 
solo 
un 
5% 
della 
popolazione. 
9 
19 
Già 
nel 
2003 
U 
Wirathu 
era 
stato 
condannato 
a 
25 
anni 
di 
prigione 
per 
aver 
istigato, 
nella 
sua 
città 
natale, 
le 
violenze 
in 
cui 
hanno 
perso 
la 
vita 
dieci 
musulmani. 
Nel 
2009, 
grazie 
ad 
un’amnistia 
è 
tornato 
in 
libertà 
ed 
ha 
iniziato 
la 
produzione 
e 
la 
distribuzione 
di 
DVD 
propagandistici 
e 
ad 
utilizzare 
i 
sociali 
media 
per 
diffondere 
il 
suo 
programma 
razzista. 
Gli 
adesivi 
del 
969 
( 
il 
movimento 
da 
lui 
fondato 
nel 
2001 
i 
cui 
numeri 
rappresentano 
le 
virtù 
del 
Budda, 
le 
sue 
fatiche 
e 
i 
suoi 
fedeli) 
si 
stagliano 
ormai 
dalle 
vetrine 
dei 
negozi 
aderenti 
o 
dalle 
carrozzerie 
delle 
automobili, 
e 
benché 
egli 
neghi 
un 
coinvolgimento 
diretto 
negli 
scontri 
interreligiosi 
che 
hanno 
insanguinato 
il 
Rakhine 
a 
partire 
dal 
giugno 
2012, 
il 
suo 
pensiero 
sulla 
loro 
comunità 
è 
quanto 
mai 
chiaro 
e 
per 
nulla 
celato:” 
E’ 
necessario 
essere 
persone 
gentili 
e 
amorevoli, 
ma 
non 
è 
possibile 
dormire 
accanto 
ad 
un 
cane 
rabbioso”, 
ha 
detto. 
“Noi 
buddisti 
siamo 
troppo 
morbidi, 
ci 
manca 
l’orgoglio 
patriottico”; 
“I 
musulmani 
sono 
timorati 
finchè 
sono 
deboli, 
ma 
quando 
diventano 
forti 
sono 
come 
un 
lupo 
o 
uno 
sciacallo, 
che 
caccia 
in 
branco 
gli 
altri 
animali”. 
E 
ancora 
:“negli 
ultimi 
cinquant’anni 
abbiamo 
fatto 
acquisti 
nei 
negozi 
musulmani, 
e 
loro 
sono 
diventati 
più 
ricchi 
di 
noi. 
Possono 
comprare 
e 
sposare 
le 
nostre 
donne, 
e 
in 
questo 
modo 
stanno 
distruggendo 
non 
solo 
la 
nostra 
nazione, 
ma 
anche 
la 
nostra 
religione.”; 
“loro 
sono 
bravi 
negli 
affari 
, 
controllano 
i 
traporti, 
l’edilizia…ora 
stanno 
prendendo 
i 
nostri 
partiti 
politici 
e 
se 
continua 
così 
finiremo 
come 
l’Afghanistan 
o 
l’Indonesia”; 
“la 
loro 
popolazione 
sta 
crescendo 
troppo 
in 
fretta. 
Quando 
si 
lascia 
un 
seme 
da 
un 
albero, 
a 
crescere 
in 
una 
pagoda, 
esso 
sembra 
così 
piccolo 
in 
un 
primo 
momento, 
ma 
sai 
di 
doverlo 
eliminare 
prima 
che 
crescendo 
distrugga 
l’edificio”. 
E 
ancora: 
“in 
passato 
non 
vi 
era 
alcuna 
discriminazione 
di 
religione 
o 
razza, 
ma 
da 
quando 
il 
piano 
musulmano 
(di 
dominio 
ndr) 
è 
stato 
rivelato, 
non 
possiamo 
più 
stare 
tranquilli”. 
20 
Il 
buddismo 
birmano 
risulta 
oggi 
spaccato 
tra 
“moderati”, 
dalle 
cui 
file 
non 
mancano 
di 
arrivare 
moniti 
di 
condanna 
ed 
inviti 
al 
dialogo 
21, 
ed 
“estremisti”, 
ma 
anche 
tra 
le 
file 
moderate 
cresce 
la 
paura 
per 
il 
boom 
demografico 
musulmano. 
Il 
governo 
difficilmente 
può 
prendere 
posizione 
contro 
la 
maggioranza 
Bamar 
di 
cui 
è 
esso 
stesso 
rappresentanza, 
e 
da 
più 
parti 
si 
mormora 
di 
un 
ruolo 
non 
solo 
passivo 
ma 
di 
un 
vero 
e 
proprio 
coinvolgimento 
nelle 
violenze 
di 
piazza, 
funzionali 
al 
mantenimento 
per 
la 
giunta 
militare 
del 
proprio 
ruolo 
di 
garante 
dell’ordine. 
In 
questa 
chiave 
vanno 
lette 
le 
accuse 
a 
Suun 
Kyi 
di 
eccessiva 
vicinanza 
ai 
Rohingyia, 
per 
altro 
contemporanee 
alle 
diametralmente 
opposte 
19 
Nb, 
il 
dato 
non 
è 
aggiornato 
non 
essendo 
ancora 
stati 
pubblicati 
i 
risultati 
del 
censimento 
in 
corso. 
Alla 
luce 
dell’incremento 
demografico 
si 
presume 
la 
popolazione 
musulmana 
sia 
cresciuta 
di 
alcuni 
punti 
percentuali. 
20 
Alcuni 
stralci 
dalle 
interviste 
di 
Wirathu: 
http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐23846632 
; 
http://www.lettera43.it/cronaca/wirathu-­‐il-­‐bin-­‐laden-­‐buddista_4367592098.htm 
; 
http://thediplomat.com/2013/06/ashin-­‐wirathu-­‐the-­‐monk-­‐behind-­‐burmas-­‐buddhist-­‐terror/ 
; 
http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐22023830 
21 
http://www.ilpost.it/2013/06/25/estremisti-­‐buddhisti-­‐birmania/; 
http://thediplomat.com/2013/06/ashin-­‐ 
wirathu-­‐the-­‐monk-­‐behind-­‐burmas-­‐buddhist-­‐terror/ 
; 
http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/04/23/weren_t_buddhists_supposed_to_be_pacifists 
; 
http://www.nytimes.com/2013/03/23/world/asia/toll-­‐rises-­‐as-­‐sectarian-­‐violence-­‐in-­‐myanmar-­‐ 
spreads.html?_r=0 
; 
http://www.minimaetmoralia.it/wp/cronache-­‐dallasia-­‐2/
critiche 
da 
parte 
delle 
istanze 
umanitarie 
alla 
stessa 
Lady, 
rea 
di 
non 
aver 
preso 
una 
posizione 
netta 
in 
difesa 
della 
minoranza 
etnica. 
In 
vista 
delle 
elezioni 
del 
2015 
l’eventuale 
appoggio 
del 
movimento 
969 
e 
del 
suo 
leader 
potrebbero 
risultare 
di 
importanza 
rilevante 
per 
Thein 
Sein, 
e 
c’è 
chi 
sostiene 
Wira 
Thu 
vi 
prenderà 
attivamente 
parte, 
anche 
se 
per 
ora 
il 
monaco 
smentisce 
qualsiasi 
candidatura22. 
Gli 
scontri 
figli 
dell’odio 
latente 
per 
i 
Rohingyia 
sono 
stati 
innescati 
da 
una 
scintilla 
casuale 
sul 
finire 
del 
maggio 
2012, 
quando 
allo 
stupro 
e 
omicidio 
di 
una 
donna 
Rakhine 
ad 
opera 
di 
tre 
musulmani 
è 
seguito 
il 
linciaggio, 
avvenuto 
il 
3 
giugno, 
a 
danno 
di 
dieci 
musulmani 
in 
viaggio 
su 
un 
autobus 
della 
regione, 
aggrediti 
da 
un 
centinaio 
di 
buddisti 
che 
avrebbero 
individuato 
a 
bordo 
del 
mezzo 
gli 
aguzzini 
della 
donna 
(i 
reali 
responsabili 
sono 
stati 
in 
realtà 
identificati 
dalle 
forze 
dell’ordine 
e 
condannati 
10 
23 
ndr). 
La 
ritorsione 
ha 
a 
sua 
volta 
innescato 
una 
serie 
di 
scontri 
razziali, 
tra 
cui 
l’assalto 
dei 
Rohingyia 
alle 
abitazioni 
buddiste 
nei 
villaggi 
di 
Maungdaw 
e 
Buthidaung, 
con 
almeno 
1500 
abitazioni 
date 
alle 
fiamme, 
cui 
sono 
seguite 
violenze 
nella 
capitale 
rakhine 
Sittwe 
e 
nei 
centri 
limitrofi.24 
L’11 
giugno 
il 
governo 
di 
Thein 
Sein 
ha 
proclamato 
lo 
stato 
d’emergenza, 
instaurando 
il 
coprifuoco 
e 
conferendo 
poteri 
speciali 
alle 
forze 
di 
sicurezza, 
mentre 
parte 
delle 
delegazioni 
Onu 
e 
di 
alcune 
ong 
presenti 
nella 
regione 
sono 
state 
evacuate. 
Centinaia 
di 
Immagine 
satellitare 
di 
Meiktila 
dopo 
gli 
scontri 
Rohingyia 
hanno 
cercato 
di 
trovare 
riparo 
al 
di 
là 
del 
confine 
col 
Bangladesh, 
venendo 
però 
respinti 
dalle 
autorità 
locali. 
A 
seguito 
degli 
scontri 
generalizzati 
centinaia 
di 
migliaia 
di 
profughi 
vivono 
nei 
campi 
birmani 
e 
bengalesi 
in 
condizioni 
ben 
al 
di 
sotto 
dello 
standard 
previsto 
dai 
diritti 
umani 
e 
più 
volte 
segnalate 
da 
Medici 
Senza 
Frontiere. 
Il 
bilancio 
delle 
violenze 
di 
giugno 
stando 
alle 
fonti 
governative 
è 
di 
88 
morti 
(57 
musulmani 
e 
31 
buddisti) 
e 
almeno 
90.000 
sfollati, 
mentre 
alcuni 
media 
ampliano 
ulteriormente 
la 
cifra. 
Le 
tensioni 
sono 
poi 
riaffiorate 
nuovamente 
nel 
mese 
di 
Ottobre 
dello 
stesso 
anno, 
con 
altri 
80 
morti 
, 
ulteriori 
22.000 
sfollati 
e 
oltre 
4600 
abitazioni 
date 
alle 
fiamme. 
In 
questo 
caso 
i 
disordini 
sono 
scoppiati 
nelle 
città 
di 
Min 
Bya 
e 
Mrauk 
Oo, 
per 
poi 
diffondersi 
in 
tutto 
lo 
stato 
Rakhine 
e 
coinvolgere, 
stando 
ad 
alcune 
testimonianze, 
l’intera 
minoranza 
musulmana 
anche 
non 
Rohingyia. 
Nel 
marzo 
2013 
altri 
scontri 
si 
sono 
verificati 
al 
di 
fuori 
della 
regione 
tradizionalmente 
abitata 
dai 
Rohingyia, 
a 
Meiktila, 
una 
città 
al 
centro 
del 
paese, 
nel 
distretto 
del 
Mandalay. 
Dal 
20 
al 
22 
22 
http://www.lastampa.it/2013/07/03/blogs/asian-­‐express/wirathu-­‐il-­‐crociato-­‐buddista-­‐ 
F0WKHg9x1OdolfscMxNnwJ/pagina.html 
23 
http://edition.cnn.com/2012/06/19/world/asia/myanmar-­‐rakhine-­‐death-­‐sentence/ 
24 
Un 
riassunto 
degli 
scontri 
di 
giugno 
e 
ottobre 
2012 
si 
può 
trovare 
all’indirizzo 
http://en.wikipedia.org/wiki/2012_Rakhine_State_riots#cite_note-­‐US-­‐15 
; 
i 
fatti 
di 
cronaca 
sono 
stati 
riportati 
dai 
principali 
giornali 
nazionali 
e 
internazionali 
e 
consultabili 
online. 
La 
ricostruzione 
degli 
eventi 
è 
fondamentalmente 
concorde 
al 
netto 
delle 
reciproche 
accuse 
razziali, 
mentre 
diverge 
leggermente 
nelle 
differenti 
fonti 
il 
bilancio 
delle 
vittime.
marzo 
almeno 
40 
persone 
sarebbero 
rimaste 
uccise 
e 
oltre 
60 
ferite 
nell’area 
in 
cui 
oltre 
24 
ettari 
di 
abitazioni, 
in 
prevalenza 
di 
abitanti 
musulmani, 
sono 
state 
date 
alle 
fiamme.25 
Altri 
scontri 
si 
sono 
verificati 
nelle 
città 
di 
Okpho, 
Gyobingauk 
e 
Minhla, 
nella 
regione 
di 
Bago, 
ed 
una 
grossa 
area 
commerciale 
è 
stata 
chiusa 
a 
Yangon. 
Gli 
eventi, 
scaturiti 
da 
una 
rissa 
tra 
un 
venditore 
d’oro 
musulmano 
e 
un 
cliente 
monaco 
buddista 
in 
un 
mercato 
locale 
(terminata 
con 
la 
morte 
in 
ospedale 
di 
quest’ultimo), 
sembrano 
confermare 
l’atteggiamento 
della 
polizia 
birmana 
(che 
non 
è 
intervenuta 
se 
non 
tardivamente 
e 
spesso 
a 
sostegno 
della 
maggioranza 
birmana), 
e 
se 
anche 
il 
governo 
non 
può 
considerarsi 
responsabile 
della 
violenza, 
diversi 
osservatori 
affermano 
che 
i 
membri 
della 
classe 
dirigente 
hanno 
istigato 
ed 
efficacemente 
sfruttato 
per 
i 
propri 
fini 
le 
controversie 
etnico-­‐religiose26. 
Gli 
incidenti 
hanno 
coinvolto 
la 
popolazione 
musulmana 
in 
quanto 
tale 
e 
non 
possono 
non 
ricollegarsi 
al 
clima 
di 
violenza 
verbale 
fomentato 
dagli 
estremisti 
buddisti 
e 
quantomeno 
tollerato 
dalle 
autorità; 
mentre 
il 
presidente 
della 
regione 
del 
Mandalay, 
U 
Ye 
Myint, 
suggerisce 
che 
i 
disordini 
siano 
stati 
organizzati27. 
Timori 
di 
un 
attentato 
si 
stagliano 
anche 
sull’incendio 
divampato 
in 
una 
scuola 
islamica 
di 
Yangon 
il 
2 
aprile 
seguente, 
in 
cui 
hanno 
perso 
la 
vita 
13 
ragazzini 
musulmani. 
Le 
violenze 
sono 
continuate 
nell’agosto 
e 
poi 
nell’ottobre 
2013. 
Le 
tensioni 
sono 
andate 
avanti 
e 
continuano 
tutt’ora: 
nell’agosto 
2013 
alcuni 
rivoltosi 
hanno 
bruciato 
case 
e 
negozi 
nella 
città 
di 
Kanbalu 
dopo 
che 
la 
polizia 
ha 
rifiutato 
di 
consegnare 
loro 
un 
uomo 
musulmano 
accusato 
di 
violenza 
su 
una 
donna 
buddista; 
in 
ottobre 
almeno 
sette 
persone 
sono 
state 
uccise 
in 
nuovi 
scontri 
nel 
Rakhine; 
il 
9 
gennaio 
di 
quest’anno 
altri 
otto 
uomini 
Rohingyia 
sono 
stati 
uccisi 
in 
un 
villaggio 
della 
regione 
e 
almeno 
altri 
40, 
stando 
ai 
rapporti 
Onu, 
hanno 
perso 
la 
vita 
negli 
scontri 
con 
polizia 
e 
buddisti 
del 
13 
gennaio.28 
Il 
sito 
internet 
del 
popolo 
Rohingyia29 
riporta 
notizia 
di 
16 
nuove 
vittime 
il 
16 
febbraio, 
assalite 
da 
estremisti 
armati 
durante 
uno 
spostamento 
dalle 
citta 
di 
Minpya 
e 
Mrauk 
e 
Yangon 
senza 
permesso 
(la 
condizione 
di 
apolidi 
non 
permette 
loro 
liberi 
spostamenti 
all’interno 
del 
paese). 
Finora 
gli 
appelli 
delle 
organizzazioni 
internazionali 
per 
i 
diritti 
umani 
rimangono 
inascoltate, 
ed 
è 
anzi 
del 
febbraio 
scorso 
la 
decisione 
del 
governo 
di 
espellere 
dal 
paese 
Medici 
Senza 
Frontiere 
30 , 
i 
cui 
operatori 
sono 
accusati 
di 
agire 
in 
maniera 
parziale 
in 
favore 
dei 
Rohingyia.31 
Il 
lento 
processo 
verso 
la 
democrazia 
birmano, 
con 
la 
nuova 
libertà 
espressiva 
dei 
media, 
sembra 
dunque 
aver 
paradossalmente 
portato 
un 
peggioramento 
nella 
situazione 
delle 
25 
http://www.hrw.org/news/2013/04/01/burma-­‐satellite-­‐images-­‐detail-­‐destruction-­‐meiktila 
26http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi 
olence_in_burma 
27 
http://www.nytimes.com/2013/03/26/world/asia/worries-­‐over-­‐violence-­‐prompt-­‐shutdown-­‐in-­‐ 
myanmar.html?_r=1 
28 
http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐18395788 
29 
http://www.thestateless.com/ 
30 
http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-­‐stampa/msf-­‐costretta-­‐cessare-­‐le-­‐attività-­‐myanmar-­‐ 
preoccupazione-­‐la-­‐sorte-­‐di 
31 
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-­‐ 
umani/2014/02/27/news/tra_i_rifugiati_rohingya_il_popolo_dimenticato-­‐79808084/ 
11 
Incendi 
a 
Meiktila
minoranze, 
in 
un 
tessuto 
sociale 
frastagliato 
tenuto 
assieme 
con 
la 
forza 
e 
con 
l’isolamento 
forzato 
dalla 
giunta 
militare 
nel 
recente 
passato. 
Lo 
stesso 
governo 
sembra 
approfittare 
delle 
sollevazioni 
per 
rallentare 
le 
riforme 
e 
continuare 
ad 
esercitare 
il 
suo 
potere. 
Ma 
il 
perdurare 
delle 
violazioni 
dei 
diritti 
umanitari 
rischia 
di 
rappresentare 
un 
serio 
ostacolo 
per 
l’evoluzione 
dello 
stesso 
Myanmar. 
L’Unione 
Europea 
nell’aprile 
2012 
ha 
ritirato 
le 
sanzioni 
ristabilendo 
rapporti 
economico-­‐ 
commerciale 
con 
Myanmar, 
una 
decisione 
teoricamente 
legata 
al 
rispetto 
di 
quattro 
condizioni: 
il 
rilascio 
dei 
prigionieri 
politici; 
la 
fine 
dei 
conflitti 
armati; 
il 
riconoscimento 
del 
popolo 
Rohingyia; 
una 
più 
facile 
penetrazione 
degli 
aiuti 
umanitari 
nelle 
aree 
interessate 
da 
conflitti 
interni. 
Condizioni 
solo 
in 
parte 
rispettate, 
e 
l’UE 
si 
aspetta 
ora 
un 
diverso 
atteggiamento 
da 
parte 
di 
Naypyidaw 
per 
un 
maggiore 
rispetto 
dei 
diritti 
umani. 
Per 
gli 
stessi 
motivi 
anche 
gli 
Stati 
Uniti 
hanno 
revocato 
parte 
delle 
sanzioni, 
ma 
con 
un 
atteggiamento 
più 
prudente 
e 
rimarcato 
recentemente 
da 
Barak 
Obama 32 , 
che 
pur 
apprezzando 
i 
passi 
fatti 
in 
questi 
anni 
dal 
governo 
ha 
confermato 
la 
necessità 
di 
ulteriori 
sviluppi 
democratici, 
rimandando 
la 
piena 
normalizzazione 
delle 
relazioni 
tra 
i 
due 
paesi 
proprio 
per 
non 
interferire 
col 
processo. 
ASPETTI 
GEOPOLITICI: 
INSTABILITA’ 
INTERNA 
E 
INVESTIMENTI 
INTERNAZIONALI 
Gli 
scontri 
interreligiosi 
influenzano 
i 
rapporti 
tra 
potenze 
straniere 
e 
nuovo 
Myanmar 
ben 
oltre 
le 
questioni 
di 
principio. 
Così 
come 
i 
già 
citati 
focolai 
di 
rivolte 
indipendentiste 
dei 
vari 
eserciti 
regionali, 
essi 
contribuiscono 
a 
determinare 
quel 
clima 
di 
instabilità 
ed 
insicurezza 
che 
minaccia 
seriamente 
gli 
investimenti 
stranieri 
nel 
paese. 
Dopo 
che 
alcuni 
grandi 
progetti 
hanno 
subito 
bruschi 
stop 
a 
seguito 
di 
proteste 
della 
società 
civile 
per 
i 
danni 
arrecati 
al 
territorio 
e 
agli 
interessi 
degli 
agricoltori 
locali 
(questi 
sì 
un 
primo 
segnale 
dei 
rinnovati 
spazi 
di 
manovra 
della 
società 
civile), 
la 
Cina, 
il 
principale 
partner 
economico 
del 
Paese, 
ma 
anche 
gli 
altri 
investitori 
presenti 
e 
futuri, 
possono 
dirsi 
preoccupati 
dell’instabilità 
del 
paese, 
in 
particolare 
per 
i 
disordini 
verificatisi 
nelle 
aree 
attraversate 
da 
grandi 
infrastrutture. 
Le 
potenzialità 
del 
territorio 
birmano 
sono 
quanto 
mai 
ampie: 
secondo 
i 
dati 
ufficiali, 
possiede 
un 
totale 
di 
riserve 
di 
gas 
stimate 
in 
2.540 
miliardi 
di 
metri 
cubi 
(10° 
al 
mondo); 
3,2 
miliardi 
di 
barili 
di 
riserve 
petrolifere 
(1° 
nel 
sud-­‐est 
asiatico); 
un 
ampio 
potenziale 
idroelettrico; 
33 
vaste 
foreste 
tropicali 
di 
legno 
teak; 
giada, 
rubini 
e 
minerali 
ambiti 
dalle 
multinazionali 
straniere. 
Tuttavia, 
le 
politiche 
inefficienti 
del 
regime, 
la 
corruzione 
e 
il 
nepotismo 
hanno 
contribuito 
al 
degrado 
economico 
di 
un 
paese 
che 
rimane 
uno 
dei 
più 
poveri 
dell’Asia, 
con 
oltre 
il 
30% 
della 
popolazione 
sotto 
la 
soglia 
di 
povertà. 
12 
32 
http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6146:obama-­‐extends-­‐ 
economic-­‐sanctions-­‐against-­‐myanmarcatid=32Itemid=354 
33 
https://knowledge.wharton.upenn.edu/article/status-­‐quo-­‐revisited-­‐evolving-­‐ties-­‐china-­‐myanmar/
Prima 
delle 
ultime 
elezioni, 
la 
scelta 
dei 
Paesi 
occidentali, 
in 
primo 
luogo 
li 
Stati 
Uniti, 
nei 
confronti 
della 
Birmania 
è 
stata 
improntata 
più 
all’uso 
del 
“bastone” 
delle 
sanzioni 
che 
alla 
“carota” 
dei 
finanziamenti 
per 
le 
riforme. 
Con 
l’amministrazione 
Obama 
il 
continente 
asiatico 
è 
però 
tornato 
nel 
novero 
delle 
aree 
sensibili 
per 
Washington, 
e 
Myanmar 
risulta 
di 
elevato 
profilo 
strategico, 
per 
potenziale 
economico 
e 
posizione 
strategica 
di 
ponte 
tra 
India 
e 
Cina. 
In 
quarant’anni 
di 
ostracismo 
imposto 
dall’Occidente, 
proprio 
Pechino 
ha 
stretto 
legami 
solidissimi 
con 
la 
giunta 
militare 
al 
potere 
del 
1962, 
basati 
soprattutto 
sullo 
sfruttamento 
di 
risorse 
energetiche 
presenti 
nel 
paese 
e 
sulla 
sua 
posizione 
strategica 
per 
i 
traffici 
commerciali 
nel 
Pacifico. 
Un 
rapporto 
evidentemente 
asimmetrico 
ma 
funzionale 
ad 
entrambi 
i 
governi. 
L’apertura 
democratica 
del 
nuovo 
corso 
giocoforza 
aprirà 
a 
Myanamar 
un 
nuovo 
ventaglio 
di 
partnership 
che 
potrebbero 
in 
parte 
sottrarla 
alla 
dipendenza 
dall’illustre 
vicino, 
aprendo 
all’opportunità 
di 
un 
sostegno 
tecnico 
da 
parte 
di 
istituzioni 
come 
il 
FMI, 
che 
non 
incontrerebbero 
più 
l’opposizione 
di 
Washington. 
Per 
questo 
occorre 
però 
una 
piena 
riabilitazione 
agli 
occhi 
della 
comunità 
internazionale, 
anche 
a 
rischio 
di 
irritare 
Pechino 
con 
decisioni 
audaci, 
quali 
la 
sospensione 
della 
costruzione 
della 
diga 
di 
Myitsone, 
nel 
nord 
del 
Paese. 
Il 
progetto, 
dal 
costo 
di 
3,6 
miliardi 
di 
dollari, 
è 
stato 
fortemente 
osteggiato 
dalla 
popolazione 
per 
motivi 
ambientali 
e 
politici, 
e 
la 
sua 
interruzione 
per 
decisione 
unilaterale 
di 
Naypyidaw 
ha 
dato 
un 
forte 
segnale, 
in 
una 
fase 
in 
cui 
il 
paese 
si 
muoveva 
in 
vista 
della 
presidenza 
ASEAN 
2014. 
Difficilmente 
altre 
potenze 
potranno 
scalfire 
il 
rapporto 
preferenziale 
con 
la 
Cina, 
tanto 
più 
che 
gli 
Stati 
Uniti 
risultano 
ancora 
titubanti 
ed 
i 
loro 
investimenti 
concentrati 
sulla 
produzione 
di 
elettricità 
e 
beni 
di 
consumo: 
Pechino 
rimane 
il 
partner 
più 
interessato, 
più 
culturalmente 
affine 
e 
più 
logisticamente 
vicino 
a 
Myanmar. 
Tuttavia 
altre 
preoccupazioni 
guastano 
il 
sonno 
del 
gigante 
economico, 
e 
la 
stessa 
vicenda 
di 
Myitsone 
ne 
è 
un’anticipazione. 
Una 
delle 
motivazioni 
che 
hanno 
spinto 
il 
governo 
birmano 
a 
sospendere 
i 
lavori 
nel 
2011 
è 
stata 
infatti 
la 
pressione 
dei 
militanti 
Kachin 
che 
abitano 
la 
regione. 
Sin 
dal 
2007, 
la 
popolazione 
Kachin 
ha 
denunciato 
la 
mancanza 
di 
qualsiasi 
coinvolgimento 
decisionale 
dei 
locali 
negli 
accordi 
per 
la 
costruzione 
di 
una 
serie 
di 
dighe 
sul 
fiume 
Irrawaddy, 
verso 
il 
confine. 
La 
costruzione 
della 
diga 
avrebbe 
messo 
a 
serio 
repentaglio 
l’ecosistema 
e 
la 
sopravvivenza 
dei 
villaggi 
locali 
a 
causa 
del 
deforestamento 
e 
delle 
alluvioni, 
ed 
avrebbe 
inoltre 
costretto 
centinaia 
di 
persone 
a 
lasciare 
le 
proprie 
case. 
La 
ripresa 
degli 
scontri 
con 
le 
milizie 
regionali 
ha 
così 
convinto 
Thein 
Sein 
a 
sospendere 
il 
progetto, 
pur 
non 
chiudendo 
in 
via 
definitiva 
la 
questione.34 
Secondo 
il 
progetto 
cinese 
quella 
di 
Myitsone 
sarebbe 
stata 
solo 
una 
delle 
sette 
dighe 
sul 
fiume 
Irrawaddy, 
uno 
dei 
cardini 
dell’enorme 
potenziale 
idroelettrico 
di 
Myanmar 
(si 
stima 
vanti 
più 
di 
24.164 
metri 
cubi 
d’acqua 
pro 
capite 
all’anno, 
più 
di 
dieci 
volte 
la 
dotazione 
pro 
capite 
di 
Cina 
ed 
India). 
Analoghi 
rischi 
corrono 
tutti 
i 
grandi 
progetti 
infrastrutturali 
disegnati 
dai 
cinesi 
e 
dalle 
altre 
potenze 
interessate 
al 
territorio 
birmano. 
Scendendo 
più 
nel 
dettaglio 
è 
immediatamente 
evidente 
l’esposizione 
che 
mette 
a 
repentaglio 
i 
maggiori 
investimenti 
strategici 
nel 
paese, 
tutti 
concentrati 
sul 
settore 
energetico 
e 
dei 
trasporti. 
Il 
primo 
di 
questi 
grandi 
progetti 
è 
il 
progetto 
Shwe35, 
che 
ha 
visto 
la 
costruzione 
da 
parte 
della 
China 
National 
Preoleum 
Corporation 
(CNPC), 
in 
accordo 
con 
la 
Myanmar 
Oil 
and 
Gas 
Enterprise 
(MOGE) 
e 
le 
forze 
di 
sicurezza 
dello 
Stato 
del 
Myanmar, 
di 
un 
oleodotto 
da 
982 
km 
13 
34 
Le 
proteste 
sono 
nuovamente 
in 
atto 
in 
seguito 
alle 
pressioni 
della 
società 
costruttrice 
per 
una 
ripresa 
dei 
lavori, 
sospesi 
solo 
fino 
alle 
elezioni 
del 
2015: 
http://www.asianews.it/notizie-­‐it/La-­‐lunga-­‐marcia-­‐degli-­‐ 
attivisti-­‐birmani-­‐per-­‐la-­‐chiusura-­‐della-­‐diga-­‐di-­‐Myitsone-­‐30658.html 
35 
http://geopoliticamente.wordpress.com/2012/06/12/macche-­‐democrazia-­‐gli-­‐scontri-­‐in-­‐birmania-­‐ 
minacciano-­‐gli-­‐interessi-­‐di-­‐india-­‐e-­‐cina/; 
http://www.banktrack.org/manage/ajax/ems_dodgydeals/createPDF/shwe_gas_and_pipelines_projects
dal 
porto 
di 
Kyaukpyu, 
non 
lontano 
da 
Sittwe, 
alla 
località 
cinese 
di 
Kunming, 
nella 
provincia 
dello 
Yunnan. 
Allo 
stesso 
tempo 
la 
compagnia 
ha 
costruito 
un 
gasdotto 
in 
grado 
di 
erogare 
12 
miliardi 
di 
mq 
di 
gas 
naturale 
all’anno, 
dal 
campo 
di 
Shwe 
sino 
a 
Kunming.36 
E’ 
inoltre 
in 
fase 
di 
realizzazione 
un 
sito 
di 
deposito 
di 
petrolio 
presso 
l’isola 
di 
Maday, 
futuro 
capolinea 
per 
le 
petroliere 
proveniente 
dal 
Medio 
Oriente 
e 
dall’Africa 
orientale, 
principali 
fonti 
di 
approvvigionamento 
da 
parte 
di 
Pechino. 
Entro 
il 
2015 
sarà 
pronta 
anche 
una 
nuova 
ferrovia, 
sempre 
da 
Kyaukpyu 
a 
Kunming. 
L’obiettivo 
per 
la 
Cina 
è 
garantirsi 
un 
posto 
al 
sole 
nell’Oceano 
Indiano 
e 
bypassare 
lo 
stretto 
del 
Malacca, 
attraverso 
cui 
transita 
oggi 
la 
stragrande 
maggioranza 
del 
commercio 
cinese, 
e 
che 
per 
sua 
conformazione 
è 
concretamente 
minacciato 
dalla 
pirateria 
e 
teoricamente 
pericoloso 
in 
caso 
di 
conflitto37. 
Un 
oleodotto 
che 
tagli 
in 
due 
il 
fragile 
equilibrio, 
sia 
geografico 
che 
politico. 
birmano, 
dimezzerebbe 
tempi 
e 
costi 
di 
trasporto 
del 
petrolio. 
Tuttavia 
l’instabilità 
interna 
rischia 
di 
mettere 
a 
repentaglio 
il 
valore 
strategico-­‐ 
commerciale 
dell’imponente 
progetto. 
I 
residenti 
locali 
e 
le 
Ong 
operanti 
sul 
luogo 
hanno 
protestato 
sin 
dagli 
albori 
per 
una 
realizzazione 
che 
non 
ha 
visto 
consultare 
la 
società 
civile 
e 
che 
verosimilmente 
la 
escluderà 
da 
benefici 
concreti, 
senza 
considerare 
gli 
inevitabili 
danni 
ambientali. 
Anche 
se 
le 
autorità 
governative 
non 
hanno 
mai 
ostacolato 
il 
progetto, 
Pechino 
è 
preoccupata 
per 
i 
precedenti 
della 
diga 
di 
Myitsone 
e 
per 
le 
analoghe 
proteste 
presso 
la 
miniera 
di 
rame 
di 
Letpadaung, 
nella 
regione 
centrale 
di 
Monywa, 
dove 
dopo 
anni 
di 
impegno 
delle 
organizzazioni 
contadine 
e 
ambientaliste 
(e 
dopo 
l’avvio 
delle 
riforme 
anche 
di 
una 
parte 
della 
classe 
politica), 
il 
governo 
ha 
deciso 
di 
rivedere 
gli 
accordi 
per 
lo 
sfruttamento 
della 
miniera: 
contrariamente 
ai 
precedenti 
protocolli 
che 
prevedevano 
una 
condivisione 
quasi 
paritetica 
dei 
proventi 
tra 
compagnia 
mineraria 
cinese 
Wanbao 
e 
Myanmar 
Economic 
Holding, 
ora 
il 
51% 
finirà 
nelle 
casse 
pubbliche, 
e 
l’azienda 
cinese 
dovrà 
mettere 
a 
disposizione 
tre 
milioni 
di 
dollari 
per 
attività 
di 
carattere 
sociale. 
Nel 
caso 
della 
pipeline 
gemella 
la 
situazione 
è 
ancora 
più 
delicata 
perché 
ci 
troviamo 
nei 
pressi 
di 
Sittwe, 
la 
capitale 
dello 
stato 
Rakhine, 
territorio 
dei 
già 
visti 
violentissimi 
scontri 
contro 
l’etnia 
Rohingiya. 
Peggio 
ancora, 
le 
condotte 
passano 
attraverso 
aree 
in 
cui 
agiscono 
le 
truppe 
separatiste 
del 
KIA 
Kachin, 
i 
cui 
scontri 
con 
l’esercito 
centrale 
hanno 
minacciato 
non 
poche 
volte 
il 
tracciato 
della 
pipeline. 
36 
http://www.cesi-­‐italia.org/asia/item/638-­‐geopolitical-­‐weekly-­‐n°114.html 
37 
http://www.ft.com/intl/cms/s/faf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 
00144feab49a,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fcms%2F 
s%2F0%2Ffaf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 
00144feab49a.html%3Fsiteedition=intlsiteedition=intl_i_referer= 
-­‐ 
axzz32GQMloAi 
; 
http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375 
; 
http://www.economist.com/news/asia/21571189-­‐over-­‐border-­‐kachin-­‐conflict-­‐causes-­‐ 
headaches-­‐china-­‐kachin-­‐dilemma 
; 
http://www.china.org.cn/business/2013-­‐ 
06/21/content_29188744.htm 
; 
http://www.china.org.cn/business/2013-­‐ 
06/21/content_29188744.htm 
14
La 
Cina 
ha 
in 
realtà 
stretti 
rapporti 
con 
l’etnia 
Kachin, 
per 
motivi 
etnici 
e 
commerciali. 
Lo 
stato 
Kachin 
confina 
in 
gran 
parte 
col 
gigante 
asiatico 
e 
visti 
i 
conflitti 
col 
governo 
i 
ribelli 
dipendono 
in 
gran 
parte 
dal 
vicino 
di 
casa, 
da 
cui 
importano 
dalle 
armi 
ai 
medicinali.38 
La 
maggior 
parte 
della 
giada 
e 
del 
legno 
che 
formano 
la 
spina 
dorsale 
del 
commercio 
per 
le 
città 
dello 
Yingijang, 
provengono 
dallo 
stato 
Kachin. 
Negli 
ultimi 
anni 
si 
sono 
così 
sviluppati 
fiorenti 
legami 
economici, 
di 
cui 
ha 
beneficiato 
anche 
parte 
della 
popolazione 
locale. 
Ma 
per 
contro, 
c’è 
chi 
vede 
nell’azione 
cinese 
una 
forma 
di 
sfruttamento, 
e 
proprio 
per 
non 
fomentare 
forme 
di 
risentimento 
Pechino 
cerca 
di 
mantenere 
un 
equilibrio 
non 
schierandosi 
apertamente 
con 
l’esercito 
birmano, 
pur 
premendo 
per 
una 
normalizzazione 
dei 
rapporti 
che 
ponga 
le 
condotte 
al 
riparo 
dal 
fuoco 
incrociato39 
Il 
valore 
di 
Myanmar 
per 
la 
Cina 
si 
spiega 
anche 
per 
la 
sua 
posizione 
geo-­‐strategica: 
Pechino 
utilizza 
il 
suo 
vicino 
meridionale 
come 
uno 
degli 
elementi 
della 
politica 
di 
accerchiamento 
dell’India, 
la 
“strategia 
del 
filo 
di 
perle”. 
Dal 
Pakistan 
a 
Myanmar 
passando 
per 
Bangladesh 
e 
Sri 
Lanka, 
finanzia 
la 
costruzione 
di 
porti 
che 
la 
Marina 
dell’Impero 
potrebbe 
un 
giorno 
utilizzare 
come 
basi 
navali 
a 
protezione 
dei 
propri 
interessi 
commerciali 
in 
caso 
di 
conflitto 
15 
38 
http://mondediplo.com/2012/06/12kachin 
39 
http://www.economist.com/news/asia/21571189-­‐over-­‐border-­‐kachin-­‐conflict-­‐causes-­‐headaches-­‐china-­‐ 
kachin-­‐dilemma
regionale. 
In 
quest’ottica 
in 
Birmania 
ha 
partecipato 
alla 
modernizzazione 
del 
già 
citato 
porto 
di 
Sittwe, 
e 
di 
quelli 
di 
Merguei 
e 
Dawei, 
accedendo 
all’oceano 
indiano. 
Quest’ultimo 
progetto 
trasformerà 
completamente 
250kmq 
dell’area 
costiera 
meridionale, 
e 
con 
un 
triplice 
imbarco 
per 
le 
navi 
transoceaniche 
permetterà 
il 
passaggio 
delle 
merci 
e 
del 
petrolio 
da 
Africa, 
Medioriente 
e 
Occidente, 
cn 
strade 
di 
collegamento 
per 
la 
Thailandia 
e 
la 
Cina, 
passando 
da 
Malesia, 
Cambogia, 
Laos 
e 
Singapore, 
oltre 
a 
snodi 
viari 
verso 
l’India. 
Il 
progetto 
potrebbe 
assestare 
un 
duro 
colpo 
all’economia 
di 
Singapore, 
un 
po’ 
come 
avvenuto 
a 
suo 
tempo 
per 
lo 
sviluppo 
di 
Shanghai, 
e 
c’è 
chi 
sostiene 
che 
il 
governo 
dell’isola 
sia 
preoccupato 
al 
tal 
punto 
da 
finanziare 
e 
sostenere 
il 
movimento 
ambientalista 
che 
si 
batte 
contro 
la 
realizzazione 
del 
polo 
industriale.40 
Al 
progetto, 
privato 
a 
capitale 
internazionale 
e 
gestito 
dalla 
compagnia 
Italian-­‐ 
Thai, 
vede 
la 
partecipazione 
di 
diverse 
potenze 
tra 
cui 
la 
Cina, 
che 
ha 
in 
progetto 
un 
collegamento 
stradale 
tra 
Dawei 
e 
Yunnan, 
e 
soprattutto 
Thailandia, 
mentre 
anche 
Giappone 
ed 
India 
guardano 
con 
interesse41. 
Strumentale o concreta e giustificata che sia, c’è poi un’altra preoccupazione che preme sui vicini 
del Myanmar, ed è la possibilità che la questione Rohingyia rientri in un più ampio contesto di 
jihadismo internazionale. 
Ai primi di settembre 2012, la polizia nazionale indonesiana ha scoperto un complotto jihadista 
volto ad attaccare la comunità buddista in Indonesia, presumibilmente in segno di rappresaglia per il 
maltrattamento dei Rohingyia del Rakhine. La situazione è ancora più sensibile in Malaysia, dove 
un sistema di quote razziali vecchio di decenni favorisce etnie musulmane rispetto alla minoranza 
cinese. Secondo alcune analisi dunque gli scontri tra musulmani e buddisti in Myanmar potrebbero 
influenzare analoghe tensioni in Malesia ed Indonesia e in generale nel Sud-Est Asiatico.42In un 
articolo pubblicato il 2 maggio 2013 43 l’ideologo radicale indonesiano Abu Bakar Bashir ha 
16 
40 
http://temi.repubblica.it/limes/in-­‐birmania-­‐prove-­‐di-­‐democrazia-­‐con-­‐aung-­‐san-­‐suu-­‐kyi/32285 
41 
http://www.daweiport.net/dawei-­‐port-­‐thailands-­‐megaproject-­‐burma/ 
42 
http://www.cttajournal.org/issues/CTTA-­‐June13.pdf 
-­‐ 
page=14 
43 
http://www.heraldsun.com.au/news/world/abu-­‐bakar-­‐bashir-­‐threatens-­‐war-­‐if-­‐myanmar-­‐harms-­‐muslim-­‐ 
rohingyas/story-­‐fnd134gw-­‐1226442628062
chiamato alla jihad per terminare il genocidio Rohingyia. La violenza ha innescato un deflusso 
massiccio di rifugiati Rohingyia in paesi del Sud e Sud-est asiatico, che vivono in condizioni miseri 
nei campi profughi dove il loro risentimento può divenire facile preda dei gruppi jihadisti locali. 
Inoltre alcuni gruppi radicali che operano in Asia meridionale, in Asia centrale e nel sud-est 
asiatico, tra cui il Tekreek-e-Taliban Pakistan, i talebani afghani, il Movimento islamico 
dell’Uzbekistan e il Jama’ah Ansharut Tauhid, utilizzano la questione Rohingyia per infiammare le 
piattaforme di social media, incitando all’odio contro Myanmar. Una comunità considerevole di 
Rohingyia vive in una parte di Karachi, in Pakistan, e alcuni dei suoi membri sono stati attivamente 
coinvolti nell’Organizzazione di Solidarietà Rohingyia , un gruppo militante che ha un campo di 
addestramento nelle zone di confine col Bangladesh, mentre gruppi di militanti distribuisce 
materiale in arabo e urdu spingendo alla jihad44. La tematica potrebbe essere discussa tra i vertici in 
seno all’ASEAN vista la presenza di stati a maggioranza musulmana, e si presta sia alle critiche per 
la discriminazione brutale subita dai Rohingyia, sia ad un’analisi del rischio di spill-over 
regionale.45 Mentre all’interno di alcuni media nazionali la problematica è sollevata con toni 
accesi46, preoccupazioni sorgono anche per i due giganti Cina ed India. Il porto di Sittwe è la pietra 
angolare del Kaladan Multimodal Transit Transport Project indiano, che mira a connettere l’est 
dell’India con Myanmar attraverso la rotta marittima tra Calcutta e Sittwe e attraverso una strada e 
collegamento fluviale tra quest’ultima e lo stato Mizoram, nell’India nord-orientale. Mizoram e gli 
altri sei stati indiani orientali confinanti col Myanmar sono tutti alle prese con le proprie 
insurrezioni separatiste, e questi gruppi ribelli hanno già collaborato in passato con i guerriglieri 
nepalesi e con le organizzazioni jihadiste pakistane: lo stesso potrebbero fare con i militanti islamici 
in Myanmar47. Già detto dei rischi per le condotte cinesi dirette nello Yunnan attraverso il territorio 
Kachin, vale la pena ricordare come lo stesso Yunnan sia tra le provincie cinesi più irrequiete, con 
una minoranza di cinesi non-han in agitazione. All’inizio di maggio intanto, i leader musulmani 
hanno annunciato l’intenzione di tenere un Congresso musulmano dell’Unione nei prossimi mesi, 
nel tentativo di contrastare l’incitamento all’odio interreligioso.48 Una proposta improntata al 
dialogo, ma che non ha mancato di scatenare l’immediata risposta di Wirathu, secondo cui soltanto 
all’etnia musulmana Kaman, ufficialmente riconosciuta, dovrebbe essere consentito partecipare 
all’evento. 
44 
http://www.eastasiaforum.org/2013/06/27/communal-­‐harmony-­‐a-­‐missing-­‐cornerstone-­‐of-­‐reform-­‐in-­‐ 
myanmar/ 
45 
http://www.eastasiaforum.org/2013/07/04/myanmars-­‐religious-­‐violence-­‐a-­‐threat-­‐to-­‐southeast-­‐asias-­‐ 
security/ 
; 
http://thediplomat.com/2013/07/constitutional-­‐reform-­‐needed-­‐for-­‐myanmars-­‐ethnic-­‐ 
challenges/2/ 
46http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6233:terrorist-­‐war-­‐ 
spreading-­‐to-­‐western-­‐part-­‐of-­‐myanmarcatid=57:editorialItemid=406 
47 
http://www.eastasiaforum.org/2013/05/24/myanmars-­‐anti-­‐muslim-­‐violence-­‐a-­‐threat-­‐to-­‐chinese-­‐and-­‐ 
indian-­‐interests/ 
48 
http://www.mmtimes.com/index.php/national-­‐news/10276-­‐muslim-­‐leaders-­‐announce-­‐conference-­‐to-­‐tackle-­‐ 
hate-­‐speech.html 
17
CONCLUSIONI 
Le 
riforme 
politiche 
che 
si 
svolgono 
in 
Myanmar 
dal 
2011 
aprono 
una 
rara 
finestra 
di 
opportunità 
per 
la 
democratizzazione 
del 
paese 
e 
la 
sua 
piena 
reintegrazione 
nella 
comunità 
internazionale. 
Ma 
il 
processo 
è 
reversibile 
e 
dipende 
dal 
sostegno 
degli 
attori 
internazionali 
e, 
soprattutto, 
dalla 
lungimiranza 
degli 
attori 
interni. 
Il 
paese 
deve 
ancora 
affrontare 
enormi 
problemi: 
la 
crescita 
economica 
si 
vede, 
ma 
la 
povertà 
della 
popolazione 
civile 
perdura.; 
solo 
il 
16% 
della 
popolazione 
ha 
elettricità; 
parte 
di 
questa 
è 
malnutrita 
ed 
analfabeta; 
l’assistenza 
medica 
fuori 
Yangon 
è 
spesso 
utopica. 
I 
conflitti 
etnici 
persistono 
e 
le 
sommosse 
antimusulmane 
dimostrano 
la 
presenza 
ormai 
tangibile 
di 
un 
inedito 
estremismo 
di 
stampo 
buddista. 
Infine, 
serviranno 
volontà 
ed 
impegno 
per 
evitare 
che 
gli 
investimenti 
internazionali 
portino 
benefici 
solo 
alle 
oligarchie 
indigene 
o 
agli 
investitori 
esteri, 
concentrandosi 
esclusivamente 
sull’estrazione 
delle 
materie 
prime 
di 
cui 
il 
paese 
è 
ricco. 
La 
stessa 
costruzione 
di 
infrastrutture 
fondamentali 
per 
il 
rilancio 
dell’economia 
rischia 
di 
avere 
pesanti 
ripercussioni 
sull’ambiente 
e 
sulle 
attività 
economiche 
ad 
esso 
legate 
di 
cui 
vive 
parte 
della 
popolazione. 
Occorreranno 
una 
sensibilità 
e 
un 
controllo 
maggiori 
di 
quanto 
avvenuto 
in 
passato 
per 
evitare 
il 
deturpamento 
di 
aree 
come 
quella 
di 
Hapkant 
nello 
stato 
del 
Kachin, 
razziata 
per 
l’abbondanza 
di 
giada. 
In 
quest’ottica 
il 
mastodontico 
progetto 
di 
Dawei 
è 
una 
cartina 
di 
tornasole 
che 
molto 
potrà 
dire 
sull’equilibrio 
tra 
interessi 
economici, 
rispetto 
del 
territorio 
e 
creazione 
di 
nuovi 
posti 
di 
lavoro. 
Tre 
difficili 
sfide 
attendono 
il 
Myanmar: 
portare 
avanti 
le 
riforme 
politiche 
per 
una 
piena 
transizione 
democratica; 
sostenere 
i 
diritti 
delle 
minoranze 
e 
la 
cultura 
del 
dissenso; 
costruire 
mercati 
sostenibili 
e 
sistemi 
finanziari. 
La 
diversificazione 
dei 
partner 
commerciali 
potrebbe 
essere 
un 
buon 
presupposto 
per 
lo 
sviluppo 
dell’ultimo 
punto, 
anche 
se 
la 
Cina 
rimarrà 
a 
lungo 
il 
partner 
preferenziale. 
Il 
fatto 
che 
essa 
stessa, 
pur 
temendo 
in 
parte 
di 
perdere 
il 
monopolio 
relazionale, 
prema 
per 
una 
maggiore 
sicurezza 
interna 
a 
protezione 
dei 
propri 
investimenti, 
può 
essere 
un 
altro 
aiuto 
alla 
piena 
transizione 
democratica, 
favorendo 
il 
ricongiungimento 
etnico 
regionale. 
Questo 
però 
non 
sarà 
possibile 
senza 
una 
ferrea 
volontà 
politica 
di 
tutte 
le 
parti 
in 
causa 
che 
porti 
ad 
una 
maggiore 
flessibilità 
del 
governo 
centrale 
nella 
concessione 
delle 
agognate 
autonomie 
locali. 
Dopo 
decenni 
di 
ostinata 
guerriglia 
appare 
difficile 
immaginare 
una 
soluzione 
che 
non 
preveda 
una 
qualche 
forma 
di 
“federalismo”: 
alla 
base 
di 
questi 
conflitti 
etnici 
sono 
due 
visioni 
controverse 
del 
futuro 
di 
Myanmar, 
una 
governata 
da 
una 
maggioranza 
birmana 
culturalmente 
buddista, 
l’altra 
fedele 
allo 
“spirito 
di 
Panglong”, 
con 
un 
sistema 
federale 
che 
offra 
ai 
gruppi 
etnici 
un’uguaglianza 
di 
diritti 
e 
autodeterminazione 
politica. 
La 
soluzione 
dev’essere 
politica 
e 
deve 
istituzionalizzare 
i 
diritti 
delle 
minoranze 
etnico-­‐ 
religiose, 
consentendo 
loro 
di 
mantenere 
le 
proprie 
terre, 
condividendo 
i 
benefici 
dei 
ricavi 
ottenuti 
dalle 
risorse 
naturali. 
Tali 
diritti 
non 
possono 
che 
essere 
espressi 
da 
una 
nuova 
Costituzione, 
che 
non 
sarà 
però 
possibile 
senza 
il 
benestare 
delle 
forze 
militari, 
ancora 
saldamente 
al 
potere 
dietro 
le 
quinte. 
L’esercito 
controlla 
ancor 
oggi 
parte 
dei 
seggi 
del 
parlamento 
sufficienti 
a 
bloccare 
qualsiasi 
modifica 
della 
Costituzione 
e 
non 
è 
un 
mistero 
che 
lo 
stesso 
assetto 
politico 
sia 
progetto 
del 
vecchio 
generale 
Than 
Shwe 
che 
ha 
suddiviso 
il 
potere 
prima 
monolitico 
da 
lui 
detenuto 
in 
quattro 
persone 
fisiche 
di 
sua 
fiducia. 
Lo 
stesso 
volto 
dell’opposizione, 
Aung 
Suu 
Kyi 
non 
può 
tirare 
troppo 
la 
corda 
in 
quanto 
la 
sua 
stessa 
candidatura 
alle 
prossime 
elezioni 
dovrà 
passare 
sotto 
il 
benestare 
dei 
generali 
e 
la 
modifica 
della 
Costituzione 
(la 
candidatura 
gli 
è 
tecnicamente 
impedita 
perché 
i 
figli 
hanno 
cittadinanza 
straniera, 
un 
evidente 
cavillo 
per 
limitarne 
il 
peso 
politico). 
Sono 
in 
gioco 
equilibri 
di 
potere 
delicati, 
tuttavia 
apre 
una 
finestra 
di 
ottimismo 
il 
fatto 
che 
il 
dialogo 
con 
le 
minoranze 
etniche 
non 
si 
sia 
limitato 
alle 
dichiarazioni 
programmatiche 
ma 
abbia 
al 
contrario 
fatto 
importanti 
passi 
avanti 
negli 
ultimi 
due 
anni, 
con 
un’accelerazione 
in 
questi 
giorni. 
18
D’altronde 
a 
Thein 
Sein 
e 
a 
parte 
dell’esercito 
non 
sfuggono 
i 
pericoli 
insiti 
nella 
transizione 
da 
un 
regime 
autoritario 
a 
una 
politica 
maggiormente 
liberale 
né 
la 
necessità, 
imboccata 
la 
strada 
della 
democrazia, 
di 
utilizzare 
nuove 
strategie 
per 
perpetuare 
in 
nuove 
forme 
il 
proprio 
potere. 
In 
questo 
senso 
è 
possibile 
che 
il 
vecchio 
regime, 
consapevole 
della 
necessaria 
riduzione 
del 
proprio 
peso 
politico, 
abbia 
cercato 
di 
bilanciare 
questa 
perdita 
tramite 
una 
gestione 
dell’economia 
in 
senso 
a 
lui 
più 
favorevole 
e 
abbia 
allo 
stesso 
modo 
cercato 
legittimazione 
nazionale 
ed 
internazionale 
attraverso 
il 
nuovo 
atteggiamento 
di 
apertura. 
La 
riduzione 
delle 
sanzioni 
e 
la 
presidenza 
ASEAN 
hanno 
in 
qualche 
modo 
sdoganato 
il 
nuovo 
governo, 
e 
prese 
di 
posizione 
fino 
a 
pochi 
anni 
fa 
impensabili 
come 
l’interruzione 
dei 
lavori 
alla 
diga 
di 
Myitsone 
hanno 
lanciato 
segnali 
importanti. 
Se 
questa 
politica 
darà 
i 
suoi 
frutti, 
non 
solo 
favorirà 
gli 
investimenti 
esteri, 
compreso 
il 
sostegno 
di 
istituzioni 
come 
il 
FMI, 
ma, 
accompagnata 
ad 
una 
più 
lungimirante 
suddivisione 
della 
ricchezza, 
potrebbe 
addirittura 
dare 
modo 
al 
governo 
di 
competere 
in 
qualche 
modo 
con 
l’immagine 
dell’opposizione 
in 
vista 
delle 
elezioni 
2015. 
Se, 
restando 
ottimisti, 
le 
minoranze 
etniche 
possono 
in 
qualche 
modo 
beneficiare 
della 
“propaganda” 
interna 
e 
delle 
pressioni 
internazionali 
(in 
favore 
dei 
diritti 
umani 
o 
a 
difesa 
dei 
propri 
investimenti 
che 
siano), 
più 
problematica 
appare 
la 
posizione 
dei 
Rohingyia. 
In 
questo 
caso 
infatti 
nemmeno 
l’opposizione 
ha 
preso 
le 
difese 
dell’etnia 
musulmana, 
mentre 
il 
governo 
è 
stato 
durissimo, 
tanto 
da 
tacciare 
recentemente 
la 
comunità 
internazionale 
e 
le 
Ong 
di 
interferenza 
su 
questioni 
di 
interesse 
nazionale 
interno49. 
Considerando 
la 
chiusura 
delle 
frontiere 
da 
parte 
del 
Bangladesh, 
dove 
la 
loro 
presenza 
non 
è 
mai 
stata 
gradita 
e 
incide 
sulle 
condizioni 
economiche 
già 
misere 
del 
paese, 
e 
nonostante 
si 
levino 
anche 
voci 
di 
dissenso 
invitanti 
al 
dialogo, 
l’aumento 
del 
peso 
politico 
di 
Wirathu 
e 
della 
fazione 
“estremista” 
dei 
monaci 
buddisti 
(che 
hanno 
tradizionalmente 
anche 
un 
peso 
politico 
in 
Myanmar), 
non 
lascia 
purtroppo 
presagire 
sviluppi 
positivi 
per 
la 
minoranza 
etnica 
musulmana 
del 
paese. 
19 
Un’immagine 
dai 
colloqui 
di 
pace 
di 
questi 
giorni 
49http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=4895:u-­‐n-­‐and-­‐ 
international-­‐agencies-­‐are-­‐fuelling-­‐conflict-­‐aldcatid=32:politicsItemid=354
SITOGRAFIA: 
Dei 
principali 
quotidiani 
e 
delle 
riviste 
di 
approfondimento 
geopolitico 
si 
segnala 
solo 
l’homepage 
per 
praticità 
dato 
l’alto 
numero 
di 
pagine 
consultate: 
20 
-­‐ http://temi.repubblica.it/limes/ 
-­‐ http://www.internazionale.it/ 
-­‐ http://www.repubblica.it/ 
-­‐ http://www.corriere.it/ 
-­‐ http://www.lastampa.it/ 
-­‐ http://www.nytimes.com/ 
-­‐ http://www.iht.com/ 
-­‐ http://www.bbc.co.uk/ 
-­‐ http://edition.cnn.com/ 
-­‐ http://thediplomat.com/ 
-­‐ http://www.monde-­‐diplomatique.it/ 
-­‐ http://www.economist.com/ 
-­‐ http://www.ispionline.it/ 
-­‐ http://www.bnionline.net/ 
-­‐ http://www.mmtimes.com/ 
-­‐ http://www.dvb.no/ 
-­‐ http://www.elevenmyanmar.com/ 
-­‐ http://www.irrawaddy.org/ 
-­‐ http://www.aljazeera.com/ 
-­‐ http://www.foreignpolicy.com/ 
-­‐ http://www.atimes.com/ 
-­‐ https://www.iiss.org/ 
-­‐ http://www.cesi-­‐italia.org/ 
-­‐ http://it.wikipedia.org/ 
-­‐ http://www.ilpost.it 
-­‐ http://www.china-­‐files.com 
-­‐ www.asianews.it 
-­‐ www.globalpost.com 
-­‐ http://www.eastonline.eu/it/ 
-­‐ http://www.ilcaffegeopolitico.org/ 
-­‐ www.geopolitica-­‐rivista.org 
-­‐ www.notiziegeopolitiche.net 
-­‐ http://www.eurasia-­‐rivista.org/ 
-­‐ www.thehuffingtonpost.com 
-­‐ http://www.eastasiaforum.org 
Altri 
link 
consultati 
singolarmente: 
Investimenti 
e 
rapporti 
con 
paesi 
stranieri: 
-­‐ http://www.dw.de/myanmar-­‐china-­‐pipelines-­‐pump-­‐up-­‐tension/a-­‐16851935 
-­‐ http://www.china.org.cn/business/2013-­‐06/21/content_29188744.htm 
-­‐ http://www.china.org.cn/opinion/2014-­‐01/09/content_31137458_2.htm 
-­‐ http://www.china.org.cn/opinion/2013-­‐01/23/content_27772083_2.htm
-­‐ http://www.legalbusinessonline.com/features/myanmar-­‐finally-­‐takes-­‐seat-­‐its-­‐own-­‐ 
21 
oil-­‐and-­‐gas-­‐feast/57796 
-­‐ http://business.topnewstoday.org/business/article/10482269/ 
-­‐ https://knowledge.wharton.upenn.edu/article/status-­‐quo-­‐revisited-­‐evolving-­‐ties-­‐ 
china-­‐myanmar/ 
-­‐ http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375 
-­‐ http://www.peacebuilding.no/var/ezflow_site/storage/original/application/822f00b 
4d7da6439a3252789b404f006.pdf 
-­‐ http://www.rense.com/general78/choked.htm 
-­‐ http://www.ft.com/intl/cms/s/faf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 
00144feab49a,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fc 
ms%2Fs%2F0%2Ffaf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 
00144feab49a.html%3Fsiteedition%3Dintlsiteedition=intl_i_referer=#axzz32GQMl 
oAi 
-­‐ http://www.loccidentale.it/node/115854 
-­‐ http://www.loccidentale.it/node/115137 
-­‐ http://www.loccidentale.it/node/111844 
-­‐ http://in.reuters.com/article/2010/02/03/idINIndia-­‐45868120100203 
Minoranze 
islamiche: 
-­‐ http://www.ilfarosulmondo.it/wp/il-­‐buddismo-­‐talebano/ 
-­‐ https://www.youtube.com/results?search_query=wirathu 
-­‐ https://www.youtube.com/results?search_query=rohingya 
-­‐ http://www.unimondo.org/Notizie/Birmania-­‐a-­‐Sittwe-­‐un-­‐ghetto-­‐per-­‐4.300-­‐ 
musulmani-­‐144600 
-­‐ http://www.rohingyablogger.com 
-­‐ http://foto.panorama.it/Birmania-­‐gli-­‐scontri-­‐etnici-­‐tra-­‐musulmani-­‐e-­‐buddhisti-­‐ 
FOTOREPORTAGE 
-­‐ http://www.burmamuslims.org/ 
-­‐ http://live.huffingtonpost.com/r/segment/rohingya-­‐ 
myanmar/5123b66b78c90a1d9a000088 
-­‐ http://www.hrw.org/news/2013/04/01/burma-­‐satellite-­‐images-­‐detail-­‐destruction-­‐ 
meiktila 
-­‐ http://www.sbs.com.au/news/article/2013/04/23/comment-­‐monks-­‐who-­‐hate-­‐ 
muslims 
-­‐ http://www.mmtimes.com/index.php/national-­‐news/10276-­‐muslim-­‐leaders-­‐ 
announce-­‐conference-­‐to-­‐tackle-­‐hate-­‐speech.html 
-­‐ http://www.rsis.edu.sg/publications/Perspective/RSIS1212012.pdf 
Gruppi 
etnici: 
-­‐ http://shanhumanrights.org 
-­‐ http://www.irrawaddy.org/burma/forgotten-­‐gurkhas-­‐ 
burma.html?PageSpeed=noscript 
-­‐ http://www.guerrenelmondo.it/index.php/2014/05/17/birmania-­‐myanmar-­‐scontri-­‐ 
armati-­‐divampano-­‐tra-­‐eserciti-­‐etnici-­‐alleati-­‐ed-­‐esercito-­‐birmano-­‐negli-­‐stati-­‐kachin-­‐e-­‐ 
shan/ 
-­‐ http://www.blitzquotidiano.it/politica-­‐mondiale/myanmar-­‐birmania-­‐guerra-­‐civile-­‐ 
tra-­‐esercito-­‐e-­‐etnia-­‐kokang-­‐almeno-­‐30-­‐morti-­‐migliaia-­‐di-­‐profughi-­‐in-­‐cina-­‐90728/
-­‐ http://www.cronacheinternazionali.com/verso-­‐la-­‐federazione-­‐birmana-­‐il-­‐caso-­‐shan-­‐ 
22 
5418 
Informazioni 
generiche 
su 
Myanmar: 
-­‐ http://www.minimaetmoralia.it/wp/cronache-­‐dallasia-­‐2/ 
-­‐ http://www.birmaniademocratica.org 
Report 
organizzazioni 
per 
i 
diritti 
umani: 
-­‐ http://physiciansforhumanrights.org/press/press-­‐releases/phr-­‐issues-­‐report-­‐ 
documenting-­‐massacre-­‐in-­‐burma.html 
-­‐ http://www.hrw.org/NODE/114882 
-­‐ http://www.fortifyrights.org/downloads/Policies_of_Persecution_Feb_25_Fortify_Righ 
ts.pdf

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  • 1. ASSOCIAZIONE OLTREILLIMES SOCIETÀ ITALIANA PER L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE “Caos Poteri: le equazioni del mutamento” V edizione del Master di Geopolitica Online Dicembre 2013 – Aprile 2014
  • 2. INDICE INTRODUZIONE………………………………………………………………………........p.3 CONFLITTI ETNICI E SPINTE AUTONOMISTE: PREMESSE STORICHE E POSSIBILI SVILUPPI…………………………………………………………………………………….p.3 CONFLITTI ETNICO-­‐RELIGIOSI: ROHINGYIA, “IL POPOLO Più PERSEGUITATO DEL MONDO”……………………………………………………………………………………………...p.7 ASPETTI GEOPOLITICI: INSTABILITA’ INTERNA E INVESTIMENTI INTERNAZIONALI……………………………………………………………………………………...p.12 CONCLUSIONI…………………………………………………………………………………………...p. 17 SITOGRAFIA…………………………………………………………………………………..................p.20 2
  • 3. 3 PROSPETTIVA MYANMAR Dopo cinquant’anni di isolamento politico ed economico, la Birmania, ora Myanmar, torna ad essere presente sulla carta geografica della comunità internazionale. Dal 2011, il paese guidato dall’ex generale Thein Sein, arrivato al potere proprio grazie alla giunta militare e poi entrato in parte in collisione con questi per quanto riguarda l’indirizzo delle riforme, ha avviato un lento processo di democratizzazione. Dopo le elezioni-­‐farsa del 2010, a cui non partecipò il partito di opposizione della Lega Nazionale per la Democrazia, guidato dal nobel per la pace Aung San Suu Kyi e le successive rimostranze internazionali, la scarcerazione di centinaia di prigionieri politici tra cui la stessa Suu Kyi (che Costituzione permettendo si candiderà alle elezioni 2015), una serie di riforme e la liberalizzazione dei mercati stanno gradualmente mutando il volto del paese. La nuova apertura democratica apre importanti prospettive alla ristagnante economia del paese, a partire dalla normalizzazione dei rapporti con Ue e Usa, che hanno in parte sospeso le sanzioni da decenni imposte contro un regime irrispettoso dei diritti umani. Tuttavia, il percorso intrapreso non è privo di ostacoli, a cominciare dalla transizione dello stesso potere politico: il governo nominalmente democratico vede ancora la partecipazione maggioritaria degli stessi militari che soppressero nel sangue la “rivolta zafferano” di monaci e civili nel 2007, e le stesse forze che l’hanno fin qui diretto rischiano facilmente di beneficiare dei frutti della nuova apertura economica di un paese ricchissimo di materie prime (tra cui gas, petrolio ed energia idroelettrica), a discapito della poverissima popolazione locale. Lo stesso processo di liberalizzazione dei mercati determina per Naypydaw una ricollocazione a livello internazionale, dopo decenni di stretti rapporti col vicino cinese. Le sfide maggiori sembrano tuttavia essere quelle interne per Myanmar, le cui le numerosissime minoranze etniche e religiose sono state tenute assieme con la forza dal governo centrale per decenni, e sembrano ora riaffiorare con rinnovata virulenza come indiretta conseguenza di una nuova libertà espressiva e di nuove prospettive a lungo accantonate. CONFLITTI ETNICI E SPINTE AUTONOMISTE: PREMESSE STORICHE E POSSIBILI SVILUPPI La Nazione chiamata oggi Myanmar (ufficialmente Repubblic of the Union of Myanmar) è un’invenzione del colonialismo britannico. In tre guerre a metà dell’Ottocento, l’Impero della Corona inglese ha annesso una serie di territori su cui vivevano popolazioni distinte governate da distinte amministrazioni. Nel 1947, nel corso dei negoziati per l’indipendenza nazionale, il generale birmano Aung San ha riunito i diversi gruppi etnici siglando il Panglong Agreement1 e unendo i territori precedentemente divisi nella nazione unica ed indipendente chiamata Union of Burma. Il nome Burma, (in italiano Birmania ndr) fa riferimento all’etnia tutt’oggi egemone in Myanmar, quella dei Bamar. Di maggioranza buddista, questa rappresenta quasi il 70% della popolazione della popolazione totale, ed ha sempre avuto l’appoggio della giunta militare al potere; ma si contano altre 135 etnie che rientrano in otto macro-­‐gruppi: Kachin, Kayah, Kayin, Chin, Mon, Rakhin, Shan e appunto Bamar. Questa suddivisione, che si basa sulla distribuzione delle etnie per area geografica anziché per 1 http://en.wikipedia.org/wiki/Panglong_Agreement
  • 4. affiliazione linguistica o culturale, non tiene tuttavia conto dei diversi gruppi etnici non riconosciuti dalle autorità governative, tra cui la problematica minoranza musulmana dei Rohingyia. 4 Suddivisione etno-­‐linguistica Suddivisione statuale Proprio le tutt’oggi frustrate richieste di riconoscimento e tutela della propria cultura all’interno di uno stato federale sono alla base delle guerre etniche che si sono succedute, con diversa intensità, dall’indipendenza ai nostri giorni. L’accordo di Panglong , che schematizzava i diritti delle minoranze e , in modo specifico, conferiva alle popolazioni Shan e Karenni la
  • 5. facoltà di staccarsi dall’Unione dieci anni dopo l’indipendenza, non venne infatti mai completamente rispettato. Le principali rivendicazioni delle minoranze etniche consistono nel conseguimento di una vera autonomia delle loro regioni e nella richiesta di voce in capitolo sugli affari nazionali, mentre solo in pochi desiderano una vera e propria indipendenza, ma anche una più equa divisione delle risorse naturali. Nel 1962 un’insurrezione dell’esercito, con a capo il generale Ne Win, destituì il fragile governo democratico, indirizzando il paese sulla strada del socialismo. I venticinque anni che seguirono furono segnati da un costante declino economico, isolamento politico, violazioni dei diritti umani e nei confronti delle minoranze etniche (l’intenzione dichiarata era quella di eliminare le identità culturali e politiche non birmane, a partire dalla messa al bando nelle scuole l’insegnamento di lingue non nazionali), fino a quando, nel 1988, la popolazione decise che era giunto il momento di avviare il cambiamento. Gigantesche manifestazioni di massa (passate alla storia come Rivolta 8888) chiesero le dimissioni di Ne Win, che risposte con feroci repressioni. Dopo la nomina di alcuni personaggi fantoccio da parte di Ne Win, un nuovo colpo di stato, presumibilmente ispirato dallo stesso militare, portò al potere il generale Saw Maung, a capo del Consiglio di Stato per la legge e l’ordine sociale (SLORC), che promise nuove elezioni per l’anno successivo. L’opposizione si coagulò allora attorno al partito di coalizione NLD (Lega Nazionale per la Democrazia), capeggiato da Aung San Suu Kyi, figlia dell’eroe dell’indipendenza Bogyoke Aung San, immediatamente posta agli arresti domiciliari. NLD vinse le elezioni, ma la giunta militare impedì all’opposizione di governare. Seguirono altri disordini tra cui una feroce repressione dei Karen. Sin dal 1962, governo e gruppi etnici hanno firmato (e violato) molti accordi di cessate il fuoco, il SLORC non fu da meno, negoziando tregue con molti gruppi etnici armati e intraprendendo feroci guerre nei confronti di altri. La popolazione musulmana Rohingyia ne fu vittima nel 1991, quando oltre 250.000 persone dovettero trovare rifugio nel vicino Bangladesh. Una nuova ondata di scontri si registrò alla fine del 2000, quando almeno 140.000 persone, in gran parte Karen, Karenni e Mon, proveniente dalla Birmania orientale, fuggirono in Thailandia in seguito all’intensa offensiva militare dell’esercito birmano, iniziata sin dal 1984. Anche gli Shan possono annoverarsi tra le minoranze più perseguitate. Oggi in numerose aree del Myanmar vivono sfollati interni, principalmente contadini che hanno abbandonato le loro case per sfuggire al reclutamento militare forzato2, o ad altri tipi di abuso. In svariate zone sussistono tregue precarie: i primi “cessate il fuoco” furono conclusi con i gruppi etnici armati Wa e Kokang, che fino al 1987 avevano militato nel Partito Comunista Birmano. Gli accordi sottoscritti dall’esercito birmano con questi gruppi etnici consente loro la coltivazione dell’oppio e il commercio senza interferenze da parte birmana. Il risultato è stato un importante incremento della produzione e del traffico di eroina dalla Birmania, con un’impennata del consumo interno e della dipendenza dalla stessa. La giunta militare ha sfruttato le divisioni all’interno dei gruppi etnici per rafforzare il suo regime, ad esempio nel 2000 la rilocazione di migliaia di contadini Wa in aree tradizionalmente Shan ha causato tensioni e scontri tra i due gruppi. 3 L’etnia Wa, dotata di un suo partito politico (United Wa State Army, USWA), e di uno tra i più pericolosi eserciti 5 2 Sia l’esercito birmano sia l’esercito regionale Kachin sono stati accusati di reclutamento forzato di bambini soldato: http://www.irrawaddy.org/burma/kachin-­‐rebels-­‐release-­‐21-­‐forcibly-­‐recruited-­‐civilians.html 3 Cenni sulla storia della Birmania: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Birmania ; http://www.birmaniademocratica.org/ViewCategory.aspx?catid=4778b47d4d404723bf09cefbb15bd851 ; http://www.osservatorioasiaorientale.org/la-­‐transizione-­‐democratica-­‐della-­‐birmania/; http://www.treccani.it/enciclopedia/birmania_(Dizionario-­‐di-­‐Storia)/
  • 6. regionali perché ben finanziato dal governo cinese di cui condivide l’origine etnica, è inoltre coinvolta nell’enorme traffico di stupefacenti dell’area, e pone una questione ulteriormente delicata, in quanto reclama il riconoscimento di una propria conformazione statuale Wa nell’area settentrionale dello Stato Shan. Non è difficile credere che una concessione di questo tipo comporterebbe una reazione a catena sui sentimenti federalisti dell’intero paese4. La normalizzazione dei rapporti con gli insorti delle varie etnie è uno dei principali obiettivi del nuovo Myanmar che dal 2010 ha imboccato un processo di riforme democratiche. La comunità internazionale, ma anche gli investitori stranieri, guardano con attenzione al banco di prova delle autonomie locali e del rispetto dei diritti umani per conferire allo stato asiatico la legittimità di cui necessita per una ricollocazione internazionale, che gli consenta di potersi definire pienamente democratico e di uscire dalle difficilissimi condizioni economiche in cui versa. Risultati tangibili su questo versante sarebbero inoltre funzionali allo stesso governo di Thein Sein nei confronti dell’opposizione, e diversi passi avanti sono stati fatti. A partire dal 2012 la maggioranza dei gruppi armati presenti sul territorio ha firmato accordi di tregua, compreso lo Shan State Army. Ma vi è una profonda differenza tra l’imbastire un cessate il fuoco e il passo successivo di un vero e proprio riconoscimento delle autonomie locali, in special modo su un territorio come quello birmano non controllato totalmente dall’esercito centrale e dove gli scontri armati sembrano ripetersi ciclicamente. Nel gennaio 2012 uno storico accordo è stato firmato con il principale gruppo politico Karen (il Karen National Union, KNU) in rappresentanza del suo braccio armato (Karen National Liberation Army, KNLA), ponendo fine ufficialmente alla “più lunga guerra civile del mondo”, iniziata nel 1948. Le tensioni sono perdurate anche dopo la firma degli accordi, in particolare nella zona a nord dello stato del Karen, al confine con la Thailandia. Qui la guerriglia del National Liberation Army, contraria allo sfruttamento incontrollato dei propri territori in favore di grandi multinazionali, sta opponendo strenua resistenza contro la costruzione della diga Hat Gyi, sul fiume Salween. “Molti Karen sono stati cacciati dalle proprie terre per far spazio alle costruzioni idroelettriche”, testimonia Saw Greh Moo del Salween Institute for Public Policy, che afferma inoltre i militari birmani stiano avanzando nei territori e rafforzando le proprie basi5. Ancora più problematici sono i rapporti con i gruppi armati che rappresentano i popoli Kachin e Palaung. Il governo, che ha impostato una strategia di cessate il fuoco a livello nazionale concordata con i gruppi uniti nel NCCT, ipotizzava un’eventuale ingresso successivo nello stesso delle due etnie, ma i recenti scontri tra truppe ribelli ed esercito hanno rimesso in discussione qualsiasi possibilità di trattativa con i Kachin, gettando un’ombra lunga sull’intero processo di pace. Aung Thaung, discusso ex ministro dell’industria, ha incontrato in più riprese i rappresentanti del KIO, l’esercito Kachin, senza giungere ad una soluzione, per la sostanziale mancanza di fiducia tra le parti. Nel 2011, dopo 17 anni di tregua, sono difatti ripresi gli scontri nelle aree Kachin, quando le forze governative hanno attaccato le posizioni del KIA (il braccio armato della Indipendence Organisation Kachin, KIO), nei pressi della centrale idroelettrica Ta-­‐Pein. Dal 2012 ad oggi diverse battaglie si sono registrate principalmente intorno alla strada Mytkyna-­‐Bhamo, con numerose perdite per l’esercito nazionale. Dopo una fase di moderata calma, la situazione è nuovamente sfuggita di mano nel settembre 2013, con accuse reciproche: KIO e governo avevano infatti accettato di ridurre i combattimenti durante i 6 4 http://www.cronacheinternazionali.com/verso-la-federazione-birmana-il-caso-shan-5418 5 http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-­‐ umani/2013/07/30/news/birmania_repressioni_senza_fine_sui_dissidenti_e_le_diverse_etnie-­‐64017146/
  • 7. colloqui di pace, pur non raggiungendo il cessate il fuoco, ma l’intervento armato dell’esercito è stato ufficialmente giustificato come lotta al contrabbando illegale di legname di cui i Kachin sarebbero artefici. Alcuni esperti vedono i recenti combattimenti come un modo per l’esercito di circondare lentamente il quartiere generale KIO di Laiza, conquistando strategicamente le strade su cui corrono gli approvvigionamenti. “il governo sta facendo apposta, in modo da ottenere il controllo dei territori in prima linea dopo che è stato firmato l’accordo per il cessate il fuoco”6, ha detto l’ufficiale KIO Lan Nan.7 Intanto i rappresentanti politici di 16 etnie si sono riunite nell’NCCT (Nationwide Ceasefire Team) per trattare con il Comitato per la pace del governo (UPWC, Union of Peacemaking Working Commitee) il cessate il fuoco. Le ultime notizie del maggio 2014 riportano di una bozza di accordo, di cui si discuterà nel corso della prossima tornata di colloqui, previsti per giugno. 8 In maggio anche i rappresentanti Kachin hanno pubblicamente incontrato i corrispettivi del NCCT per negoziare un cessate il fuoco desiderato dalla popolazione (e in cui gioca un ruolo non indifferente di mediatore la Cina, come si vedrà nei successivi paragrafi), in attesa di nuovi incontri che affrontino la delicata tematica dell’autonomia senza secessione9. Di fatto Thein Sein, espressione della casta militare e probabilmente improntato all’unità nazionale, gioca su un difficile equilibrio: risolvere la decennale problematica delle etnie regionali darebbe legittimità al suo governo in vista delle elezioni del 2015 e toglierebbe Myanmar dall’imbarazzo internazionale per la violazione dei diritti umani, ma per porre fine ai combattimenti nello stato del Kachin e in generare per conferire l’agognata autonomia alle regioni interessate, il presidente dovrebbe riprendere il contenuto degli storici accordi di Panglong,, con il suo impegno per i diritti civili e le autonomie, ed in definitiva rimescolare le carte del suo governo, riducendo la centralizzazione del potere nella capitale Naypydaw e conseguentemente il peso della componente maggioritaria birmana e delle forze armate. CONFLITTI ETNICO-­‐RELIGIOSI: ROHINGYIA, “IL POPOLO Più PERSEGUITATO DEL MONDO” I Rohingyia sono un’etnia priva di riconoscimento politico e cittadinanza, classificati dalle autorità come Bengalesi, in riferimento al pensiero, diffuso, dell’appartenenza di questa comunità al vicino Bangladesh. Secondo i dati ONU, in Myanmar vivrebbero all’incirca 750.00 Rohingyia, concentrati in larga maggioranza nello stato del Rakhine (o Arakan) , mentre un altro milione o più risultano suddivisi tra Bangladesh, Tahilandia e Malaysia. Professano la religione musulmana e sono osteggiati sia dal governo centrale, sia da parte della popolazione, che non considera la loro cultura assimilabile nel Paese, riconoscendola come “Kalar” (un termine birmano dispregiativo applicato ai musulmani, specie quelli con carnagione scura). 7 6http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5792:why-­‐conflict-­‐ continues-­‐in-­‐kachin-­‐statecatid=44:nationalItemid=384 7 Cronaca degli scontri tra Kachin ed esercito si possono ritrovare sui principali media nazionali ed internazionali. 8 http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6252:top-­‐leaders-­‐of-­‐ ethnic-­‐armed-­‐groups-­‐to-­‐meet-­‐next-­‐monthcatid=32:politicsItemid=354 9http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6131:kio-­‐ncct-­‐meets-­‐ with-­‐kachin-­‐public-­‐in-­‐myitkyinacatid=32:politicsItemid=354
  • 8. L’origine della presenza dei Rohingyia nel paese è dibattuta, ma sembrerebbe essi siano presenti nella regione del Rakhine almeno dalla dominazione britannica e probabilmente da epoche precedenti 10. Tuttavia, la legge sulla cittadinanza del 1982 non li include tra i gruppi etnici ufficialmente riconosciuti, di fatto catalogandoli come immigrati clandestini ed esponendoli a discriminazioni che vanno dalle restrizioni negli spostamenti al limite di due figli per coppia. Questa limitazione di personalità giuridica è acuita dal fatto che lo stesso Bangladesh, in cui molti di loro hanno negli anni cercato rifugio, non riconosce ai Rohingyia cittadinanza, e non essendo in grado di sostenere l’emergenza umanitaria ha recentemente respinto migliaia di profughi alle frontiere.11 I report di svariate organizzazioni per i diritti umani12 hanno cercato di sottoporre la situazione all’attenzione internazionale e di fare pressioni sul neonato governo, ma la situazione appare bel lungi dall’essere risolta, se anche nell’importantissimo censimento che si sta stilando in questo giorni è stato impedito ai membri della comunità di dichiararsi Rohingiya13 , e se solo un anno fa, nonostante gli inviti statunitensi ed europei ad un maggiore rispetto dei diritti umani14, il presidente Thein Sein dichiarava che la vera soluzione al problema sarebbe stata la deportazione in Bangladesh15 Persino i partiti dell’opposizione, tra cui il….di….non ha mai preso una netta posizione in difesa della minoranza, ed interpellata in merito alla loro appartenenza identitaria Suun Kyi ha dichiarato di “non sapere” se considerarli o meno birmani, spostando le responsabilità sul Bangladesh e l’immigrazione clandestina e sostenendo di non poter esercitare alcun primato morale in merito alla questione.16 Va detto che l’atteggiamento di Suun Kyi, che non ha mancato ovviamente di scatenerare polemiche e accuse di tradimento alla causa democratica, è determinato anche da alcune motivazioni di real politik: in primo luogo, il suo collegio elettorale è noto per avere una posizione estremamente anti-­‐Rohingyia; in secondo luogo, vi è una percezione molto negativa sulla minoranza musulmana anche tra alcuni membri chiave del suo stesso partito; in terzo luogo, è attualmente molto difficile per la Leader prendere posizione contro l’opinione corrente di stampo populista.17 Negli ultimi anni gli scontri tra Rohingyia e cittadini birmani si sono intensificati, provocando un numero non precisato (ma nell’ordine delle centinaia) di morti e migliaia di sfollati, e sconfinando in episodi di violenza e tensioni tra musulmani genericamente intesi e buddisti. Sul fuoco delle tensioni religiose soffia il movimento 969, il cui leader, il monaco Ashir Wirathu, è divenuto celebre anche in occidente “grazie” alla copertina (censurata ed aspramente criticata dalle autorità birmane) del New York Times che lo presenta come “il volto del terrore buddista”18 10 http://asianhistory.about.com/od/Asian_History_Terms_N_Q/g/Who-­‐Are-­‐The-­‐Rohingya.htm 11 http://www.asianews.it/notizie-­‐it/Dhaka-­‐respinge-­‐un-­‐migliaio-­‐di-­‐birmani-­‐Rohingya.-­‐Sittwe-­‐pattugliata-­‐ dall’esercito-­‐25015.html ; 12 Tra gli altri: http://www.hrw.org/news/2012/06/11/burma-­‐protect-­‐muslim-­‐buddhist-­‐communities-­‐risk ; http://www.fortifyrights.org/downloads/Policies_of_Persecution_Feb_25_Fortify_Rights.pdf ; http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/burma0413_FullForWeb.pdf 13 http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5965:citizenship-­‐for-­‐ rohingya-­‐impractical-­‐and-­‐impossiblecatid=32:politicsItemid=354 ; http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=5594:myanmar-­‐begins-­‐ national-­‐census-­‐amid-­‐controversycatid=44:nationalItemid=384 14 http://www.asianews.it/notizie-­‐it/Usa-­‐e-­‐Ue-­‐chiedono-­‐la-­‐fine-­‐delle-­‐violenze-­‐fra-­‐buddisti-­‐e-­‐musulmani-­‐ birmani-­‐25002.html; http://www.unimondo.org/Notizie/Myanmar-­‐si-­‐riaccende-­‐il-­‐conflitto-­‐etnico-­‐135554 15 http://www.biu.ac.il/SOC/besa/docs/perspectives188.pdf 16http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi olence_in_burma ; 17 http://www.rsis.edu.sg/publications/Perspective/RSIS1212012.pdf 18 http://content.time.com/time/magazine/article/0,9171,2146000,00.html 8
  • 9. Secondo il movimento, ma anche secondo un malessere che serpeggia in modo sempre più preoccupante tra gli abitanti di Myanmar, i musulmani, stanno lentamente prendendo possesso degli strumenti culturali ed economici per soppiantare la cultura buddista birmana, benché essi rappresentino ad oggi solo un 5% della popolazione. 9 19 Già nel 2003 U Wirathu era stato condannato a 25 anni di prigione per aver istigato, nella sua città natale, le violenze in cui hanno perso la vita dieci musulmani. Nel 2009, grazie ad un’amnistia è tornato in libertà ed ha iniziato la produzione e la distribuzione di DVD propagandistici e ad utilizzare i sociali media per diffondere il suo programma razzista. Gli adesivi del 969 ( il movimento da lui fondato nel 2001 i cui numeri rappresentano le virtù del Budda, le sue fatiche e i suoi fedeli) si stagliano ormai dalle vetrine dei negozi aderenti o dalle carrozzerie delle automobili, e benché egli neghi un coinvolgimento diretto negli scontri interreligiosi che hanno insanguinato il Rakhine a partire dal giugno 2012, il suo pensiero sulla loro comunità è quanto mai chiaro e per nulla celato:” E’ necessario essere persone gentili e amorevoli, ma non è possibile dormire accanto ad un cane rabbioso”, ha detto. “Noi buddisti siamo troppo morbidi, ci manca l’orgoglio patriottico”; “I musulmani sono timorati finchè sono deboli, ma quando diventano forti sono come un lupo o uno sciacallo, che caccia in branco gli altri animali”. E ancora :“negli ultimi cinquant’anni abbiamo fatto acquisti nei negozi musulmani, e loro sono diventati più ricchi di noi. Possono comprare e sposare le nostre donne, e in questo modo stanno distruggendo non solo la nostra nazione, ma anche la nostra religione.”; “loro sono bravi negli affari , controllano i traporti, l’edilizia…ora stanno prendendo i nostri partiti politici e se continua così finiremo come l’Afghanistan o l’Indonesia”; “la loro popolazione sta crescendo troppo in fretta. Quando si lascia un seme da un albero, a crescere in una pagoda, esso sembra così piccolo in un primo momento, ma sai di doverlo eliminare prima che crescendo distrugga l’edificio”. E ancora: “in passato non vi era alcuna discriminazione di religione o razza, ma da quando il piano musulmano (di dominio ndr) è stato rivelato, non possiamo più stare tranquilli”. 20 Il buddismo birmano risulta oggi spaccato tra “moderati”, dalle cui file non mancano di arrivare moniti di condanna ed inviti al dialogo 21, ed “estremisti”, ma anche tra le file moderate cresce la paura per il boom demografico musulmano. Il governo difficilmente può prendere posizione contro la maggioranza Bamar di cui è esso stesso rappresentanza, e da più parti si mormora di un ruolo non solo passivo ma di un vero e proprio coinvolgimento nelle violenze di piazza, funzionali al mantenimento per la giunta militare del proprio ruolo di garante dell’ordine. In questa chiave vanno lette le accuse a Suun Kyi di eccessiva vicinanza ai Rohingyia, per altro contemporanee alle diametralmente opposte 19 Nb, il dato non è aggiornato non essendo ancora stati pubblicati i risultati del censimento in corso. Alla luce dell’incremento demografico si presume la popolazione musulmana sia cresciuta di alcuni punti percentuali. 20 Alcuni stralci dalle interviste di Wirathu: http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐23846632 ; http://www.lettera43.it/cronaca/wirathu-­‐il-­‐bin-­‐laden-­‐buddista_4367592098.htm ; http://thediplomat.com/2013/06/ashin-­‐wirathu-­‐the-­‐monk-­‐behind-­‐burmas-­‐buddhist-­‐terror/ ; http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐22023830 21 http://www.ilpost.it/2013/06/25/estremisti-­‐buddhisti-­‐birmania/; http://thediplomat.com/2013/06/ashin-­‐ wirathu-­‐the-­‐monk-­‐behind-­‐burmas-­‐buddhist-­‐terror/ ; http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/04/23/weren_t_buddhists_supposed_to_be_pacifists ; http://www.nytimes.com/2013/03/23/world/asia/toll-­‐rises-­‐as-­‐sectarian-­‐violence-­‐in-­‐myanmar-­‐ spreads.html?_r=0 ; http://www.minimaetmoralia.it/wp/cronache-­‐dallasia-­‐2/
  • 10. critiche da parte delle istanze umanitarie alla stessa Lady, rea di non aver preso una posizione netta in difesa della minoranza etnica. In vista delle elezioni del 2015 l’eventuale appoggio del movimento 969 e del suo leader potrebbero risultare di importanza rilevante per Thein Sein, e c’è chi sostiene Wira Thu vi prenderà attivamente parte, anche se per ora il monaco smentisce qualsiasi candidatura22. Gli scontri figli dell’odio latente per i Rohingyia sono stati innescati da una scintilla casuale sul finire del maggio 2012, quando allo stupro e omicidio di una donna Rakhine ad opera di tre musulmani è seguito il linciaggio, avvenuto il 3 giugno, a danno di dieci musulmani in viaggio su un autobus della regione, aggrediti da un centinaio di buddisti che avrebbero individuato a bordo del mezzo gli aguzzini della donna (i reali responsabili sono stati in realtà identificati dalle forze dell’ordine e condannati 10 23 ndr). La ritorsione ha a sua volta innescato una serie di scontri razziali, tra cui l’assalto dei Rohingyia alle abitazioni buddiste nei villaggi di Maungdaw e Buthidaung, con almeno 1500 abitazioni date alle fiamme, cui sono seguite violenze nella capitale rakhine Sittwe e nei centri limitrofi.24 L’11 giugno il governo di Thein Sein ha proclamato lo stato d’emergenza, instaurando il coprifuoco e conferendo poteri speciali alle forze di sicurezza, mentre parte delle delegazioni Onu e di alcune ong presenti nella regione sono state evacuate. Centinaia di Immagine satellitare di Meiktila dopo gli scontri Rohingyia hanno cercato di trovare riparo al di là del confine col Bangladesh, venendo però respinti dalle autorità locali. A seguito degli scontri generalizzati centinaia di migliaia di profughi vivono nei campi birmani e bengalesi in condizioni ben al di sotto dello standard previsto dai diritti umani e più volte segnalate da Medici Senza Frontiere. Il bilancio delle violenze di giugno stando alle fonti governative è di 88 morti (57 musulmani e 31 buddisti) e almeno 90.000 sfollati, mentre alcuni media ampliano ulteriormente la cifra. Le tensioni sono poi riaffiorate nuovamente nel mese di Ottobre dello stesso anno, con altri 80 morti , ulteriori 22.000 sfollati e oltre 4600 abitazioni date alle fiamme. In questo caso i disordini sono scoppiati nelle città di Min Bya e Mrauk Oo, per poi diffondersi in tutto lo stato Rakhine e coinvolgere, stando ad alcune testimonianze, l’intera minoranza musulmana anche non Rohingyia. Nel marzo 2013 altri scontri si sono verificati al di fuori della regione tradizionalmente abitata dai Rohingyia, a Meiktila, una città al centro del paese, nel distretto del Mandalay. Dal 20 al 22 22 http://www.lastampa.it/2013/07/03/blogs/asian-­‐express/wirathu-­‐il-­‐crociato-­‐buddista-­‐ F0WKHg9x1OdolfscMxNnwJ/pagina.html 23 http://edition.cnn.com/2012/06/19/world/asia/myanmar-­‐rakhine-­‐death-­‐sentence/ 24 Un riassunto degli scontri di giugno e ottobre 2012 si può trovare all’indirizzo http://en.wikipedia.org/wiki/2012_Rakhine_State_riots#cite_note-­‐US-­‐15 ; i fatti di cronaca sono stati riportati dai principali giornali nazionali e internazionali e consultabili online. La ricostruzione degli eventi è fondamentalmente concorde al netto delle reciproche accuse razziali, mentre diverge leggermente nelle differenti fonti il bilancio delle vittime.
  • 11. marzo almeno 40 persone sarebbero rimaste uccise e oltre 60 ferite nell’area in cui oltre 24 ettari di abitazioni, in prevalenza di abitanti musulmani, sono state date alle fiamme.25 Altri scontri si sono verificati nelle città di Okpho, Gyobingauk e Minhla, nella regione di Bago, ed una grossa area commerciale è stata chiusa a Yangon. Gli eventi, scaturiti da una rissa tra un venditore d’oro musulmano e un cliente monaco buddista in un mercato locale (terminata con la morte in ospedale di quest’ultimo), sembrano confermare l’atteggiamento della polizia birmana (che non è intervenuta se non tardivamente e spesso a sostegno della maggioranza birmana), e se anche il governo non può considerarsi responsabile della violenza, diversi osservatori affermano che i membri della classe dirigente hanno istigato ed efficacemente sfruttato per i propri fini le controversie etnico-­‐religiose26. Gli incidenti hanno coinvolto la popolazione musulmana in quanto tale e non possono non ricollegarsi al clima di violenza verbale fomentato dagli estremisti buddisti e quantomeno tollerato dalle autorità; mentre il presidente della regione del Mandalay, U Ye Myint, suggerisce che i disordini siano stati organizzati27. Timori di un attentato si stagliano anche sull’incendio divampato in una scuola islamica di Yangon il 2 aprile seguente, in cui hanno perso la vita 13 ragazzini musulmani. Le violenze sono continuate nell’agosto e poi nell’ottobre 2013. Le tensioni sono andate avanti e continuano tutt’ora: nell’agosto 2013 alcuni rivoltosi hanno bruciato case e negozi nella città di Kanbalu dopo che la polizia ha rifiutato di consegnare loro un uomo musulmano accusato di violenza su una donna buddista; in ottobre almeno sette persone sono state uccise in nuovi scontri nel Rakhine; il 9 gennaio di quest’anno altri otto uomini Rohingyia sono stati uccisi in un villaggio della regione e almeno altri 40, stando ai rapporti Onu, hanno perso la vita negli scontri con polizia e buddisti del 13 gennaio.28 Il sito internet del popolo Rohingyia29 riporta notizia di 16 nuove vittime il 16 febbraio, assalite da estremisti armati durante uno spostamento dalle citta di Minpya e Mrauk e Yangon senza permesso (la condizione di apolidi non permette loro liberi spostamenti all’interno del paese). Finora gli appelli delle organizzazioni internazionali per i diritti umani rimangono inascoltate, ed è anzi del febbraio scorso la decisione del governo di espellere dal paese Medici Senza Frontiere 30 , i cui operatori sono accusati di agire in maniera parziale in favore dei Rohingyia.31 Il lento processo verso la democrazia birmano, con la nuova libertà espressiva dei media, sembra dunque aver paradossalmente portato un peggioramento nella situazione delle 25 http://www.hrw.org/news/2013/04/01/burma-­‐satellite-­‐images-­‐detail-­‐destruction-­‐meiktila 26http://transitions.foreignpolicy.com/posts/2013/03/26/leadership_failure_in_the_latest_wave_of_religious_vi olence_in_burma 27 http://www.nytimes.com/2013/03/26/world/asia/worries-­‐over-­‐violence-­‐prompt-­‐shutdown-­‐in-­‐ myanmar.html?_r=1 28 http://www.bbc.com/news/world-­‐asia-­‐18395788 29 http://www.thestateless.com/ 30 http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/comunicato-­‐stampa/msf-­‐costretta-­‐cessare-­‐le-­‐attività-­‐myanmar-­‐ preoccupazione-­‐la-­‐sorte-­‐di 31 http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-­‐ umani/2014/02/27/news/tra_i_rifugiati_rohingya_il_popolo_dimenticato-­‐79808084/ 11 Incendi a Meiktila
  • 12. minoranze, in un tessuto sociale frastagliato tenuto assieme con la forza e con l’isolamento forzato dalla giunta militare nel recente passato. Lo stesso governo sembra approfittare delle sollevazioni per rallentare le riforme e continuare ad esercitare il suo potere. Ma il perdurare delle violazioni dei diritti umanitari rischia di rappresentare un serio ostacolo per l’evoluzione dello stesso Myanmar. L’Unione Europea nell’aprile 2012 ha ritirato le sanzioni ristabilendo rapporti economico-­‐ commerciale con Myanmar, una decisione teoricamente legata al rispetto di quattro condizioni: il rilascio dei prigionieri politici; la fine dei conflitti armati; il riconoscimento del popolo Rohingyia; una più facile penetrazione degli aiuti umanitari nelle aree interessate da conflitti interni. Condizioni solo in parte rispettate, e l’UE si aspetta ora un diverso atteggiamento da parte di Naypyidaw per un maggiore rispetto dei diritti umani. Per gli stessi motivi anche gli Stati Uniti hanno revocato parte delle sanzioni, ma con un atteggiamento più prudente e rimarcato recentemente da Barak Obama 32 , che pur apprezzando i passi fatti in questi anni dal governo ha confermato la necessità di ulteriori sviluppi democratici, rimandando la piena normalizzazione delle relazioni tra i due paesi proprio per non interferire col processo. ASPETTI GEOPOLITICI: INSTABILITA’ INTERNA E INVESTIMENTI INTERNAZIONALI Gli scontri interreligiosi influenzano i rapporti tra potenze straniere e nuovo Myanmar ben oltre le questioni di principio. Così come i già citati focolai di rivolte indipendentiste dei vari eserciti regionali, essi contribuiscono a determinare quel clima di instabilità ed insicurezza che minaccia seriamente gli investimenti stranieri nel paese. Dopo che alcuni grandi progetti hanno subito bruschi stop a seguito di proteste della società civile per i danni arrecati al territorio e agli interessi degli agricoltori locali (questi sì un primo segnale dei rinnovati spazi di manovra della società civile), la Cina, il principale partner economico del Paese, ma anche gli altri investitori presenti e futuri, possono dirsi preoccupati dell’instabilità del paese, in particolare per i disordini verificatisi nelle aree attraversate da grandi infrastrutture. Le potenzialità del territorio birmano sono quanto mai ampie: secondo i dati ufficiali, possiede un totale di riserve di gas stimate in 2.540 miliardi di metri cubi (10° al mondo); 3,2 miliardi di barili di riserve petrolifere (1° nel sud-­‐est asiatico); un ampio potenziale idroelettrico; 33 vaste foreste tropicali di legno teak; giada, rubini e minerali ambiti dalle multinazionali straniere. Tuttavia, le politiche inefficienti del regime, la corruzione e il nepotismo hanno contribuito al degrado economico di un paese che rimane uno dei più poveri dell’Asia, con oltre il 30% della popolazione sotto la soglia di povertà. 12 32 http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6146:obama-­‐extends-­‐ economic-­‐sanctions-­‐against-­‐myanmarcatid=32Itemid=354 33 https://knowledge.wharton.upenn.edu/article/status-­‐quo-­‐revisited-­‐evolving-­‐ties-­‐china-­‐myanmar/
  • 13. Prima delle ultime elezioni, la scelta dei Paesi occidentali, in primo luogo li Stati Uniti, nei confronti della Birmania è stata improntata più all’uso del “bastone” delle sanzioni che alla “carota” dei finanziamenti per le riforme. Con l’amministrazione Obama il continente asiatico è però tornato nel novero delle aree sensibili per Washington, e Myanmar risulta di elevato profilo strategico, per potenziale economico e posizione strategica di ponte tra India e Cina. In quarant’anni di ostracismo imposto dall’Occidente, proprio Pechino ha stretto legami solidissimi con la giunta militare al potere del 1962, basati soprattutto sullo sfruttamento di risorse energetiche presenti nel paese e sulla sua posizione strategica per i traffici commerciali nel Pacifico. Un rapporto evidentemente asimmetrico ma funzionale ad entrambi i governi. L’apertura democratica del nuovo corso giocoforza aprirà a Myanamar un nuovo ventaglio di partnership che potrebbero in parte sottrarla alla dipendenza dall’illustre vicino, aprendo all’opportunità di un sostegno tecnico da parte di istituzioni come il FMI, che non incontrerebbero più l’opposizione di Washington. Per questo occorre però una piena riabilitazione agli occhi della comunità internazionale, anche a rischio di irritare Pechino con decisioni audaci, quali la sospensione della costruzione della diga di Myitsone, nel nord del Paese. Il progetto, dal costo di 3,6 miliardi di dollari, è stato fortemente osteggiato dalla popolazione per motivi ambientali e politici, e la sua interruzione per decisione unilaterale di Naypyidaw ha dato un forte segnale, in una fase in cui il paese si muoveva in vista della presidenza ASEAN 2014. Difficilmente altre potenze potranno scalfire il rapporto preferenziale con la Cina, tanto più che gli Stati Uniti risultano ancora titubanti ed i loro investimenti concentrati sulla produzione di elettricità e beni di consumo: Pechino rimane il partner più interessato, più culturalmente affine e più logisticamente vicino a Myanmar. Tuttavia altre preoccupazioni guastano il sonno del gigante economico, e la stessa vicenda di Myitsone ne è un’anticipazione. Una delle motivazioni che hanno spinto il governo birmano a sospendere i lavori nel 2011 è stata infatti la pressione dei militanti Kachin che abitano la regione. Sin dal 2007, la popolazione Kachin ha denunciato la mancanza di qualsiasi coinvolgimento decisionale dei locali negli accordi per la costruzione di una serie di dighe sul fiume Irrawaddy, verso il confine. La costruzione della diga avrebbe messo a serio repentaglio l’ecosistema e la sopravvivenza dei villaggi locali a causa del deforestamento e delle alluvioni, ed avrebbe inoltre costretto centinaia di persone a lasciare le proprie case. La ripresa degli scontri con le milizie regionali ha così convinto Thein Sein a sospendere il progetto, pur non chiudendo in via definitiva la questione.34 Secondo il progetto cinese quella di Myitsone sarebbe stata solo una delle sette dighe sul fiume Irrawaddy, uno dei cardini dell’enorme potenziale idroelettrico di Myanmar (si stima vanti più di 24.164 metri cubi d’acqua pro capite all’anno, più di dieci volte la dotazione pro capite di Cina ed India). Analoghi rischi corrono tutti i grandi progetti infrastrutturali disegnati dai cinesi e dalle altre potenze interessate al territorio birmano. Scendendo più nel dettaglio è immediatamente evidente l’esposizione che mette a repentaglio i maggiori investimenti strategici nel paese, tutti concentrati sul settore energetico e dei trasporti. Il primo di questi grandi progetti è il progetto Shwe35, che ha visto la costruzione da parte della China National Preoleum Corporation (CNPC), in accordo con la Myanmar Oil and Gas Enterprise (MOGE) e le forze di sicurezza dello Stato del Myanmar, di un oleodotto da 982 km 13 34 Le proteste sono nuovamente in atto in seguito alle pressioni della società costruttrice per una ripresa dei lavori, sospesi solo fino alle elezioni del 2015: http://www.asianews.it/notizie-­‐it/La-­‐lunga-­‐marcia-­‐degli-­‐ attivisti-­‐birmani-­‐per-­‐la-­‐chiusura-­‐della-­‐diga-­‐di-­‐Myitsone-­‐30658.html 35 http://geopoliticamente.wordpress.com/2012/06/12/macche-­‐democrazia-­‐gli-­‐scontri-­‐in-­‐birmania-­‐ minacciano-­‐gli-­‐interessi-­‐di-­‐india-­‐e-­‐cina/; http://www.banktrack.org/manage/ajax/ems_dodgydeals/createPDF/shwe_gas_and_pipelines_projects
  • 14. dal porto di Kyaukpyu, non lontano da Sittwe, alla località cinese di Kunming, nella provincia dello Yunnan. Allo stesso tempo la compagnia ha costruito un gasdotto in grado di erogare 12 miliardi di mq di gas naturale all’anno, dal campo di Shwe sino a Kunming.36 E’ inoltre in fase di realizzazione un sito di deposito di petrolio presso l’isola di Maday, futuro capolinea per le petroliere proveniente dal Medio Oriente e dall’Africa orientale, principali fonti di approvvigionamento da parte di Pechino. Entro il 2015 sarà pronta anche una nuova ferrovia, sempre da Kyaukpyu a Kunming. L’obiettivo per la Cina è garantirsi un posto al sole nell’Oceano Indiano e bypassare lo stretto del Malacca, attraverso cui transita oggi la stragrande maggioranza del commercio cinese, e che per sua conformazione è concretamente minacciato dalla pirateria e teoricamente pericoloso in caso di conflitto37. Un oleodotto che tagli in due il fragile equilibrio, sia geografico che politico. birmano, dimezzerebbe tempi e costi di trasporto del petrolio. Tuttavia l’instabilità interna rischia di mettere a repentaglio il valore strategico-­‐ commerciale dell’imponente progetto. I residenti locali e le Ong operanti sul luogo hanno protestato sin dagli albori per una realizzazione che non ha visto consultare la società civile e che verosimilmente la escluderà da benefici concreti, senza considerare gli inevitabili danni ambientali. Anche se le autorità governative non hanno mai ostacolato il progetto, Pechino è preoccupata per i precedenti della diga di Myitsone e per le analoghe proteste presso la miniera di rame di Letpadaung, nella regione centrale di Monywa, dove dopo anni di impegno delle organizzazioni contadine e ambientaliste (e dopo l’avvio delle riforme anche di una parte della classe politica), il governo ha deciso di rivedere gli accordi per lo sfruttamento della miniera: contrariamente ai precedenti protocolli che prevedevano una condivisione quasi paritetica dei proventi tra compagnia mineraria cinese Wanbao e Myanmar Economic Holding, ora il 51% finirà nelle casse pubbliche, e l’azienda cinese dovrà mettere a disposizione tre milioni di dollari per attività di carattere sociale. Nel caso della pipeline gemella la situazione è ancora più delicata perché ci troviamo nei pressi di Sittwe, la capitale dello stato Rakhine, territorio dei già visti violentissimi scontri contro l’etnia Rohingiya. Peggio ancora, le condotte passano attraverso aree in cui agiscono le truppe separatiste del KIA Kachin, i cui scontri con l’esercito centrale hanno minacciato non poche volte il tracciato della pipeline. 36 http://www.cesi-­‐italia.org/asia/item/638-­‐geopolitical-­‐weekly-­‐n°114.html 37 http://www.ft.com/intl/cms/s/faf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 00144feab49a,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fcms%2F s%2F0%2Ffaf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 00144feab49a.html%3Fsiteedition=intlsiteedition=intl_i_referer= -­‐ axzz32GQMloAi ; http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375 ; http://www.economist.com/news/asia/21571189-­‐over-­‐border-­‐kachin-­‐conflict-­‐causes-­‐ headaches-­‐china-­‐kachin-­‐dilemma ; http://www.china.org.cn/business/2013-­‐ 06/21/content_29188744.htm ; http://www.china.org.cn/business/2013-­‐ 06/21/content_29188744.htm 14
  • 15. La Cina ha in realtà stretti rapporti con l’etnia Kachin, per motivi etnici e commerciali. Lo stato Kachin confina in gran parte col gigante asiatico e visti i conflitti col governo i ribelli dipendono in gran parte dal vicino di casa, da cui importano dalle armi ai medicinali.38 La maggior parte della giada e del legno che formano la spina dorsale del commercio per le città dello Yingijang, provengono dallo stato Kachin. Negli ultimi anni si sono così sviluppati fiorenti legami economici, di cui ha beneficiato anche parte della popolazione locale. Ma per contro, c’è chi vede nell’azione cinese una forma di sfruttamento, e proprio per non fomentare forme di risentimento Pechino cerca di mantenere un equilibrio non schierandosi apertamente con l’esercito birmano, pur premendo per una normalizzazione dei rapporti che ponga le condotte al riparo dal fuoco incrociato39 Il valore di Myanmar per la Cina si spiega anche per la sua posizione geo-­‐strategica: Pechino utilizza il suo vicino meridionale come uno degli elementi della politica di accerchiamento dell’India, la “strategia del filo di perle”. Dal Pakistan a Myanmar passando per Bangladesh e Sri Lanka, finanzia la costruzione di porti che la Marina dell’Impero potrebbe un giorno utilizzare come basi navali a protezione dei propri interessi commerciali in caso di conflitto 15 38 http://mondediplo.com/2012/06/12kachin 39 http://www.economist.com/news/asia/21571189-­‐over-­‐border-­‐kachin-­‐conflict-­‐causes-­‐headaches-­‐china-­‐ kachin-­‐dilemma
  • 16. regionale. In quest’ottica in Birmania ha partecipato alla modernizzazione del già citato porto di Sittwe, e di quelli di Merguei e Dawei, accedendo all’oceano indiano. Quest’ultimo progetto trasformerà completamente 250kmq dell’area costiera meridionale, e con un triplice imbarco per le navi transoceaniche permetterà il passaggio delle merci e del petrolio da Africa, Medioriente e Occidente, cn strade di collegamento per la Thailandia e la Cina, passando da Malesia, Cambogia, Laos e Singapore, oltre a snodi viari verso l’India. Il progetto potrebbe assestare un duro colpo all’economia di Singapore, un po’ come avvenuto a suo tempo per lo sviluppo di Shanghai, e c’è chi sostiene che il governo dell’isola sia preoccupato al tal punto da finanziare e sostenere il movimento ambientalista che si batte contro la realizzazione del polo industriale.40 Al progetto, privato a capitale internazionale e gestito dalla compagnia Italian-­‐ Thai, vede la partecipazione di diverse potenze tra cui la Cina, che ha in progetto un collegamento stradale tra Dawei e Yunnan, e soprattutto Thailandia, mentre anche Giappone ed India guardano con interesse41. Strumentale o concreta e giustificata che sia, c’è poi un’altra preoccupazione che preme sui vicini del Myanmar, ed è la possibilità che la questione Rohingyia rientri in un più ampio contesto di jihadismo internazionale. Ai primi di settembre 2012, la polizia nazionale indonesiana ha scoperto un complotto jihadista volto ad attaccare la comunità buddista in Indonesia, presumibilmente in segno di rappresaglia per il maltrattamento dei Rohingyia del Rakhine. La situazione è ancora più sensibile in Malaysia, dove un sistema di quote razziali vecchio di decenni favorisce etnie musulmane rispetto alla minoranza cinese. Secondo alcune analisi dunque gli scontri tra musulmani e buddisti in Myanmar potrebbero influenzare analoghe tensioni in Malesia ed Indonesia e in generale nel Sud-Est Asiatico.42In un articolo pubblicato il 2 maggio 2013 43 l’ideologo radicale indonesiano Abu Bakar Bashir ha 16 40 http://temi.repubblica.it/limes/in-­‐birmania-­‐prove-­‐di-­‐democrazia-­‐con-­‐aung-­‐san-­‐suu-­‐kyi/32285 41 http://www.daweiport.net/dawei-­‐port-­‐thailands-­‐megaproject-­‐burma/ 42 http://www.cttajournal.org/issues/CTTA-­‐June13.pdf -­‐ page=14 43 http://www.heraldsun.com.au/news/world/abu-­‐bakar-­‐bashir-­‐threatens-­‐war-­‐if-­‐myanmar-­‐harms-­‐muslim-­‐ rohingyas/story-­‐fnd134gw-­‐1226442628062
  • 17. chiamato alla jihad per terminare il genocidio Rohingyia. La violenza ha innescato un deflusso massiccio di rifugiati Rohingyia in paesi del Sud e Sud-est asiatico, che vivono in condizioni miseri nei campi profughi dove il loro risentimento può divenire facile preda dei gruppi jihadisti locali. Inoltre alcuni gruppi radicali che operano in Asia meridionale, in Asia centrale e nel sud-est asiatico, tra cui il Tekreek-e-Taliban Pakistan, i talebani afghani, il Movimento islamico dell’Uzbekistan e il Jama’ah Ansharut Tauhid, utilizzano la questione Rohingyia per infiammare le piattaforme di social media, incitando all’odio contro Myanmar. Una comunità considerevole di Rohingyia vive in una parte di Karachi, in Pakistan, e alcuni dei suoi membri sono stati attivamente coinvolti nell’Organizzazione di Solidarietà Rohingyia , un gruppo militante che ha un campo di addestramento nelle zone di confine col Bangladesh, mentre gruppi di militanti distribuisce materiale in arabo e urdu spingendo alla jihad44. La tematica potrebbe essere discussa tra i vertici in seno all’ASEAN vista la presenza di stati a maggioranza musulmana, e si presta sia alle critiche per la discriminazione brutale subita dai Rohingyia, sia ad un’analisi del rischio di spill-over regionale.45 Mentre all’interno di alcuni media nazionali la problematica è sollevata con toni accesi46, preoccupazioni sorgono anche per i due giganti Cina ed India. Il porto di Sittwe è la pietra angolare del Kaladan Multimodal Transit Transport Project indiano, che mira a connettere l’est dell’India con Myanmar attraverso la rotta marittima tra Calcutta e Sittwe e attraverso una strada e collegamento fluviale tra quest’ultima e lo stato Mizoram, nell’India nord-orientale. Mizoram e gli altri sei stati indiani orientali confinanti col Myanmar sono tutti alle prese con le proprie insurrezioni separatiste, e questi gruppi ribelli hanno già collaborato in passato con i guerriglieri nepalesi e con le organizzazioni jihadiste pakistane: lo stesso potrebbero fare con i militanti islamici in Myanmar47. Già detto dei rischi per le condotte cinesi dirette nello Yunnan attraverso il territorio Kachin, vale la pena ricordare come lo stesso Yunnan sia tra le provincie cinesi più irrequiete, con una minoranza di cinesi non-han in agitazione. All’inizio di maggio intanto, i leader musulmani hanno annunciato l’intenzione di tenere un Congresso musulmano dell’Unione nei prossimi mesi, nel tentativo di contrastare l’incitamento all’odio interreligioso.48 Una proposta improntata al dialogo, ma che non ha mancato di scatenare l’immediata risposta di Wirathu, secondo cui soltanto all’etnia musulmana Kaman, ufficialmente riconosciuta, dovrebbe essere consentito partecipare all’evento. 44 http://www.eastasiaforum.org/2013/06/27/communal-­‐harmony-­‐a-­‐missing-­‐cornerstone-­‐of-­‐reform-­‐in-­‐ myanmar/ 45 http://www.eastasiaforum.org/2013/07/04/myanmars-­‐religious-­‐violence-­‐a-­‐threat-­‐to-­‐southeast-­‐asias-­‐ security/ ; http://thediplomat.com/2013/07/constitutional-­‐reform-­‐needed-­‐for-­‐myanmars-­‐ethnic-­‐ challenges/2/ 46http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=6233:terrorist-­‐war-­‐ spreading-­‐to-­‐western-­‐part-­‐of-­‐myanmarcatid=57:editorialItemid=406 47 http://www.eastasiaforum.org/2013/05/24/myanmars-­‐anti-­‐muslim-­‐violence-­‐a-­‐threat-­‐to-­‐chinese-­‐and-­‐ indian-­‐interests/ 48 http://www.mmtimes.com/index.php/national-­‐news/10276-­‐muslim-­‐leaders-­‐announce-­‐conference-­‐to-­‐tackle-­‐ hate-­‐speech.html 17
  • 18. CONCLUSIONI Le riforme politiche che si svolgono in Myanmar dal 2011 aprono una rara finestra di opportunità per la democratizzazione del paese e la sua piena reintegrazione nella comunità internazionale. Ma il processo è reversibile e dipende dal sostegno degli attori internazionali e, soprattutto, dalla lungimiranza degli attori interni. Il paese deve ancora affrontare enormi problemi: la crescita economica si vede, ma la povertà della popolazione civile perdura.; solo il 16% della popolazione ha elettricità; parte di questa è malnutrita ed analfabeta; l’assistenza medica fuori Yangon è spesso utopica. I conflitti etnici persistono e le sommosse antimusulmane dimostrano la presenza ormai tangibile di un inedito estremismo di stampo buddista. Infine, serviranno volontà ed impegno per evitare che gli investimenti internazionali portino benefici solo alle oligarchie indigene o agli investitori esteri, concentrandosi esclusivamente sull’estrazione delle materie prime di cui il paese è ricco. La stessa costruzione di infrastrutture fondamentali per il rilancio dell’economia rischia di avere pesanti ripercussioni sull’ambiente e sulle attività economiche ad esso legate di cui vive parte della popolazione. Occorreranno una sensibilità e un controllo maggiori di quanto avvenuto in passato per evitare il deturpamento di aree come quella di Hapkant nello stato del Kachin, razziata per l’abbondanza di giada. In quest’ottica il mastodontico progetto di Dawei è una cartina di tornasole che molto potrà dire sull’equilibrio tra interessi economici, rispetto del territorio e creazione di nuovi posti di lavoro. Tre difficili sfide attendono il Myanmar: portare avanti le riforme politiche per una piena transizione democratica; sostenere i diritti delle minoranze e la cultura del dissenso; costruire mercati sostenibili e sistemi finanziari. La diversificazione dei partner commerciali potrebbe essere un buon presupposto per lo sviluppo dell’ultimo punto, anche se la Cina rimarrà a lungo il partner preferenziale. Il fatto che essa stessa, pur temendo in parte di perdere il monopolio relazionale, prema per una maggiore sicurezza interna a protezione dei propri investimenti, può essere un altro aiuto alla piena transizione democratica, favorendo il ricongiungimento etnico regionale. Questo però non sarà possibile senza una ferrea volontà politica di tutte le parti in causa che porti ad una maggiore flessibilità del governo centrale nella concessione delle agognate autonomie locali. Dopo decenni di ostinata guerriglia appare difficile immaginare una soluzione che non preveda una qualche forma di “federalismo”: alla base di questi conflitti etnici sono due visioni controverse del futuro di Myanmar, una governata da una maggioranza birmana culturalmente buddista, l’altra fedele allo “spirito di Panglong”, con un sistema federale che offra ai gruppi etnici un’uguaglianza di diritti e autodeterminazione politica. La soluzione dev’essere politica e deve istituzionalizzare i diritti delle minoranze etnico-­‐ religiose, consentendo loro di mantenere le proprie terre, condividendo i benefici dei ricavi ottenuti dalle risorse naturali. Tali diritti non possono che essere espressi da una nuova Costituzione, che non sarà però possibile senza il benestare delle forze militari, ancora saldamente al potere dietro le quinte. L’esercito controlla ancor oggi parte dei seggi del parlamento sufficienti a bloccare qualsiasi modifica della Costituzione e non è un mistero che lo stesso assetto politico sia progetto del vecchio generale Than Shwe che ha suddiviso il potere prima monolitico da lui detenuto in quattro persone fisiche di sua fiducia. Lo stesso volto dell’opposizione, Aung Suu Kyi non può tirare troppo la corda in quanto la sua stessa candidatura alle prossime elezioni dovrà passare sotto il benestare dei generali e la modifica della Costituzione (la candidatura gli è tecnicamente impedita perché i figli hanno cittadinanza straniera, un evidente cavillo per limitarne il peso politico). Sono in gioco equilibri di potere delicati, tuttavia apre una finestra di ottimismo il fatto che il dialogo con le minoranze etniche non si sia limitato alle dichiarazioni programmatiche ma abbia al contrario fatto importanti passi avanti negli ultimi due anni, con un’accelerazione in questi giorni. 18
  • 19. D’altronde a Thein Sein e a parte dell’esercito non sfuggono i pericoli insiti nella transizione da un regime autoritario a una politica maggiormente liberale né la necessità, imboccata la strada della democrazia, di utilizzare nuove strategie per perpetuare in nuove forme il proprio potere. In questo senso è possibile che il vecchio regime, consapevole della necessaria riduzione del proprio peso politico, abbia cercato di bilanciare questa perdita tramite una gestione dell’economia in senso a lui più favorevole e abbia allo stesso modo cercato legittimazione nazionale ed internazionale attraverso il nuovo atteggiamento di apertura. La riduzione delle sanzioni e la presidenza ASEAN hanno in qualche modo sdoganato il nuovo governo, e prese di posizione fino a pochi anni fa impensabili come l’interruzione dei lavori alla diga di Myitsone hanno lanciato segnali importanti. Se questa politica darà i suoi frutti, non solo favorirà gli investimenti esteri, compreso il sostegno di istituzioni come il FMI, ma, accompagnata ad una più lungimirante suddivisione della ricchezza, potrebbe addirittura dare modo al governo di competere in qualche modo con l’immagine dell’opposizione in vista delle elezioni 2015. Se, restando ottimisti, le minoranze etniche possono in qualche modo beneficiare della “propaganda” interna e delle pressioni internazionali (in favore dei diritti umani o a difesa dei propri investimenti che siano), più problematica appare la posizione dei Rohingyia. In questo caso infatti nemmeno l’opposizione ha preso le difese dell’etnia musulmana, mentre il governo è stato durissimo, tanto da tacciare recentemente la comunità internazionale e le Ong di interferenza su questioni di interesse nazionale interno49. Considerando la chiusura delle frontiere da parte del Bangladesh, dove la loro presenza non è mai stata gradita e incide sulle condizioni economiche già misere del paese, e nonostante si levino anche voci di dissenso invitanti al dialogo, l’aumento del peso politico di Wirathu e della fazione “estremista” dei monaci buddisti (che hanno tradizionalmente anche un peso politico in Myanmar), non lascia purtroppo presagire sviluppi positivi per la minoranza etnica musulmana del paese. 19 Un’immagine dai colloqui di pace di questi giorni 49http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_contentview=articleid=4895:u-­‐n-­‐and-­‐ international-­‐agencies-­‐are-­‐fuelling-­‐conflict-­‐aldcatid=32:politicsItemid=354
  • 20. SITOGRAFIA: Dei principali quotidiani e delle riviste di approfondimento geopolitico si segnala solo l’homepage per praticità dato l’alto numero di pagine consultate: 20 -­‐ http://temi.repubblica.it/limes/ -­‐ http://www.internazionale.it/ -­‐ http://www.repubblica.it/ -­‐ http://www.corriere.it/ -­‐ http://www.lastampa.it/ -­‐ http://www.nytimes.com/ -­‐ http://www.iht.com/ -­‐ http://www.bbc.co.uk/ -­‐ http://edition.cnn.com/ -­‐ http://thediplomat.com/ -­‐ http://www.monde-­‐diplomatique.it/ -­‐ http://www.economist.com/ -­‐ http://www.ispionline.it/ -­‐ http://www.bnionline.net/ -­‐ http://www.mmtimes.com/ -­‐ http://www.dvb.no/ -­‐ http://www.elevenmyanmar.com/ -­‐ http://www.irrawaddy.org/ -­‐ http://www.aljazeera.com/ -­‐ http://www.foreignpolicy.com/ -­‐ http://www.atimes.com/ -­‐ https://www.iiss.org/ -­‐ http://www.cesi-­‐italia.org/ -­‐ http://it.wikipedia.org/ -­‐ http://www.ilpost.it -­‐ http://www.china-­‐files.com -­‐ www.asianews.it -­‐ www.globalpost.com -­‐ http://www.eastonline.eu/it/ -­‐ http://www.ilcaffegeopolitico.org/ -­‐ www.geopolitica-­‐rivista.org -­‐ www.notiziegeopolitiche.net -­‐ http://www.eurasia-­‐rivista.org/ -­‐ www.thehuffingtonpost.com -­‐ http://www.eastasiaforum.org Altri link consultati singolarmente: Investimenti e rapporti con paesi stranieri: -­‐ http://www.dw.de/myanmar-­‐china-­‐pipelines-­‐pump-­‐up-­‐tension/a-­‐16851935 -­‐ http://www.china.org.cn/business/2013-­‐06/21/content_29188744.htm -­‐ http://www.china.org.cn/opinion/2014-­‐01/09/content_31137458_2.htm -­‐ http://www.china.org.cn/opinion/2013-­‐01/23/content_27772083_2.htm
  • 21. -­‐ http://www.legalbusinessonline.com/features/myanmar-­‐finally-­‐takes-­‐seat-­‐its-­‐own-­‐ 21 oil-­‐and-­‐gas-­‐feast/57796 -­‐ http://business.topnewstoday.org/business/article/10482269/ -­‐ https://knowledge.wharton.upenn.edu/article/status-­‐quo-­‐revisited-­‐evolving-­‐ties-­‐ china-­‐myanmar/ -­‐ http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375 -­‐ http://www.peacebuilding.no/var/ezflow_site/storage/original/application/822f00b 4d7da6439a3252789b404f006.pdf -­‐ http://www.rense.com/general78/choked.htm -­‐ http://www.ft.com/intl/cms/s/faf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 00144feab49a,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fc ms%2Fs%2F0%2Ffaf733ae-­‐63b6-­‐11e2-­‐af8c-­‐ 00144feab49a.html%3Fsiteedition%3Dintlsiteedition=intl_i_referer=#axzz32GQMl oAi -­‐ http://www.loccidentale.it/node/115854 -­‐ http://www.loccidentale.it/node/115137 -­‐ http://www.loccidentale.it/node/111844 -­‐ http://in.reuters.com/article/2010/02/03/idINIndia-­‐45868120100203 Minoranze islamiche: -­‐ http://www.ilfarosulmondo.it/wp/il-­‐buddismo-­‐talebano/ -­‐ https://www.youtube.com/results?search_query=wirathu -­‐ https://www.youtube.com/results?search_query=rohingya -­‐ http://www.unimondo.org/Notizie/Birmania-­‐a-­‐Sittwe-­‐un-­‐ghetto-­‐per-­‐4.300-­‐ musulmani-­‐144600 -­‐ http://www.rohingyablogger.com -­‐ http://foto.panorama.it/Birmania-­‐gli-­‐scontri-­‐etnici-­‐tra-­‐musulmani-­‐e-­‐buddhisti-­‐ FOTOREPORTAGE -­‐ http://www.burmamuslims.org/ -­‐ http://live.huffingtonpost.com/r/segment/rohingya-­‐ myanmar/5123b66b78c90a1d9a000088 -­‐ http://www.hrw.org/news/2013/04/01/burma-­‐satellite-­‐images-­‐detail-­‐destruction-­‐ meiktila -­‐ http://www.sbs.com.au/news/article/2013/04/23/comment-­‐monks-­‐who-­‐hate-­‐ muslims -­‐ http://www.mmtimes.com/index.php/national-­‐news/10276-­‐muslim-­‐leaders-­‐ announce-­‐conference-­‐to-­‐tackle-­‐hate-­‐speech.html -­‐ http://www.rsis.edu.sg/publications/Perspective/RSIS1212012.pdf Gruppi etnici: -­‐ http://shanhumanrights.org -­‐ http://www.irrawaddy.org/burma/forgotten-­‐gurkhas-­‐ burma.html?PageSpeed=noscript -­‐ http://www.guerrenelmondo.it/index.php/2014/05/17/birmania-­‐myanmar-­‐scontri-­‐ armati-­‐divampano-­‐tra-­‐eserciti-­‐etnici-­‐alleati-­‐ed-­‐esercito-­‐birmano-­‐negli-­‐stati-­‐kachin-­‐e-­‐ shan/ -­‐ http://www.blitzquotidiano.it/politica-­‐mondiale/myanmar-­‐birmania-­‐guerra-­‐civile-­‐ tra-­‐esercito-­‐e-­‐etnia-­‐kokang-­‐almeno-­‐30-­‐morti-­‐migliaia-­‐di-­‐profughi-­‐in-­‐cina-­‐90728/
  • 22. -­‐ http://www.cronacheinternazionali.com/verso-­‐la-­‐federazione-­‐birmana-­‐il-­‐caso-­‐shan-­‐ 22 5418 Informazioni generiche su Myanmar: -­‐ http://www.minimaetmoralia.it/wp/cronache-­‐dallasia-­‐2/ -­‐ http://www.birmaniademocratica.org Report organizzazioni per i diritti umani: -­‐ http://physiciansforhumanrights.org/press/press-­‐releases/phr-­‐issues-­‐report-­‐ documenting-­‐massacre-­‐in-­‐burma.html -­‐ http://www.hrw.org/NODE/114882 -­‐ http://www.fortifyrights.org/downloads/Policies_of_Persecution_Feb_25_Fortify_Righ ts.pdf