SlideShare a Scribd company logo
1 of 84
Download to read offline
PROGRAMMAZIONE E
CONTROLLO NEGLI
ENTI LOCALI
DISPENSA
DA CITARE SOLO CON L’AUTORIZZAZIONE
DELL’AUTORE
SALVATORE RUSSO
2
Sommario
Introduzione ............................................................................................3
I nuovi paradigmi nella cultura gestionale dell’ente locale 4
Il sistema dei controlli ........................................................................... 13
Il controllo di gestione........................................................................... 21
Gli strumenti di programmazione e controllo negli enti locali ............. 25
Il ruolo della contabilità economica ...................................................... 64
3
INTRODUZIONE
Nell’ordinamento italiano a partire dagli anni ’90, in materia di
programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche, si è
assistito a un progressivo avvicinamento fra quanto teorizzato a livello
economico-aziendale e quanto espresso dalla legislazione, che in buona
sostanza ha raccolto le istanze di una maggiore flessibilità e dinamicità
gestionale promosse dal mondo operativo.
In tal senso, grazie ai fenomeni culturali tra cui principalmente
spicca quello del New Public Managemnt (NPM), si è potuto assistere alla
costruzione di regole comportamentali che hanno favorito
l’avvicinamento di strumenti e meccanismi utilizzabili dalle
amministrazioni facenti parte del settore pubblico a quelli da sempre
presenti nel settore privato.
Si è così compiuto il tentativo di realizzare una stretta correlazione
fra risorse e impieghi nel settore pubblico, dando adito a soluzioni
variamente eterogenee che hanno fortemente influito sulla cultura
gestionale dell’ente locale. I modelli applicati, di stretta derivazione
delle discipline economico-aziendali, si sono concentrati
prevalentemente sul riordino della disciplina dei controlli interni e
sull’introduzione di processi di controllo direzionale attinenti
all'attività degli organi dirigenziali, chiamati ad operare delle scelte di
attribuzioni di responsabilità e di risorse, in funzione degli obiettivi da
realizzare, determinati dalle scelte di medio e lungo periodo operate
dall’organo politico.
In tal modo, il rapporto tra politica ed amministrazione si è andato
lentamente spostando sull’asse del modello di distinzione – integrazione,
proponendosi come una decisa correzione dei meccanismi fuorvianti,
derivati da una tipica commistione tra organi politi ed organi
burocratici e ponendosi come uno tra gli obiettivi irrinunciabili del
processo di riforma della pubblica amministrazione.
Sensibile ai nuovi messaggi di cambiamento, dovuti per lo più agli
ampi processi di managerialisation attuati in altri contesti europei ed
extraeuropei, il legislatore italiano ha dimostrato una certa versatilità
nel permettere al sistema di recuperare credibilità e fiducia nei confronti
dei cittadini, ponendo una certa enfasi su strumenti ritenuti idonei a
4
migliorare le condizioni gestionali (economicità), a promuovere una
graduale responsabilizzazione sui risultati (accountability), coinvolgendo la
stessa collettività sugli obiettivi di carattere economico-finanziario. I
concetti di razionalità economica, efficienza ed efficacia hanno fatto
ingresso nella cultura stantia delle amministrazioni pubbliche, venendo
a stimolare quello che ormai, nel linguaggio comune, è conosciuto
come il "processo di aziendalizzazione " degli istituti pubblici.
I NUOVI PARADIGMI NELLA CULTURA GESTIONALE
DELL’ENTE LOCALE
Com’è noto, in Italia attività e processi nel settore pubblico sono stati
tradizionalmente ancorati ad un sistema di governo basato su regole
formali ed implicite e ciò ha fatto sì che il sistema della pubblica
amministrazione venisse visto come un sistema chiuso, autoreferenziale,
rispetto alle valutazioni di convenienza economica, nel quale l'assenza
di condivisione di idee ed il doversi necessariamente uniformare a
schemi normativi precostituiti era la consuetudine. [BORGONOVI, 2002].
Gli stessi studi sugli enti pubblici territoriali, ricoprendo questi un
ruolo nevralgico all'interno dell'ordinamento statale, da sempre
costituiscono una prerogativa delle branche giuridiche e soltanto di
recente, con una maggiore valorizzazione della loro funzione sussidiaria
e dunque con un ritrovato spazio d’azione, corroborato
dall’introduzione di tecniche e strumenti tipici delle aziende private,
hanno catturato una maggiore attenzione da parte di studiosi di altre
discipline.
A ben vedere la dottrina economico-aziendale, nel corso degli anni,
ha dedicato un’ampia letteratura a studi, analisi empiriche e
considerazioni riguardanti i sistemi di aziende pubbliche, adoperando
una propria classificazione in base alla quale nelle c.d. aziende
composte1
possono farsi rientrare quegli istituti che esercitano la
1"Si hanno aziende composte nelle quali i processi di produzione sono vincolati ai processi di consumo in intreccio
così avvincente da non poterne essere utilmente disgiunti rispetto agli organi che svolgono dissimili processi, ai
mezzi patrimoniali in essi investiti e ai processi".( ZAPPA , 1956:p. 189)
"L'azienda composta più notevole per l'ampia comunità degli interessi ricongiunti e per la vasta portata
sull'economia delle altre aziende è l'azienda composta dello Stato" (ZAPPA , 1956:p. 190).
5
propria attività finalizzata prevalentemente all’erogazione di servizi alla
collettività. In tal senso l’ente locale è stato inteso come un istituto in
grado di applicare le regole proprie di un sistema aziendale, intendendo
con questo termine l'insieme dei criteri e dei metodi di svolgimento
delle attività che hanno lo scopo di realizzare un equilibrio tra bisogni e
risorse, tra domanda di servizi e offerta degli stessi. Soltanto
recentemente, è bene dirlo, vi è stata comunque una rivalutazione
dell’impatto degli studi economico-aziendali sul sistema delle aziende
pubbliche ed una conseguente sua apertura al variegato universo di
strumenti organizzativi e gestionali proposti.
Il fatto che l'ordinamento amministrativo e contabile di questi
istituti sia stato sempre regolato da rigide norme di diritto che sovente,
con i loro contenuti, non sono riuscite a fornire validi strumenti di
supporto, né tanto meno di dinamicità al modello gestionale, ha senza
dubbio, infatti, favorito il mancato rispetto dei principi di un
fisiologico funzionamento. Il processo di riequilibrio che attualmente
sembra essersi innescato, tra istanze politico-istituzionali ed avvertite
esigenze di una riconsiderazione del ruolo del management pubblico,
pertanto può essere ritenuto il motore propulsore del cambiamento.
L'ondata di riforme che ha positivamente investito l'apparato
burocratico del nostro Paese trova le sue radici in quel filone ideologico
che ha ispirato la modernizzazione degli apparati pubblici della gran
parte dei paesi occidentali: il new public management (NPM)2
.
In un celebre articolo HOOD [1991] individua nei punti seguenti le
sette componenti dottrinali del NPM:
Revisione del modello di amministrazione professionale;
Standard espliciti e misure di performance;
Maggiore enfasi sul controllo dei risultati;
Cambiamento per il decentramento nel settore pubblico;
2 La dizione NPM è stata coniata da Hood e Aucoin ed è il nome sintetico per l'insieme delle
dottrine amministrative che hanno dominato tale processo di riforme (Ghislieri Marazzi, 1996:p.
386).
6
Cambiamento per una maggiore competitività nel settore
pubblico;
Enfasi sul modello privatistico della pratica manageriale;
Accento su una maggiore disciplina e parsimonia nell'uso delle
risorse.
Considerando alcuni elementi peculiari quali la tendenza a rivedere i
livelli della protezione sociale, le privatizzazioni, l'introduzione di
elementi di mercato nel settore pubblico e la diffusione all'interno dello
stesso di logiche manageriali, non è difficile asserire che il NPM abbia
perciò giocato un ruolo essenziale nel processo di modernizzazione
dell'amministrazione pubblica italiana.
I primi risultati di questo processo non a caso risalgono
all'approvazione della L. n. 142 del 1990 sulla "Riforma delle autonomie
locali" e dimostrano che quattro sono essenzialmente le sfide con cui il
NPM ha dovuto misurarsi in Italia[MENEGUZZO, 1997]:
la coerenza con il pluralismo amministrativo sociale, politico ed
economico;
il mantenimento di uno stretto collegamento con processi di
innovazione dal basso;
lo sviluppo della imprenditorialità pubblica;
la gestione delle reti interorganizzative ed interistituzionali.
Detto questo, dovrebbe essere semplice intuire come i nuovi
provvedimenti normativi, che, di fatto, si sono avvicendati fino ad oggi,
intrisi di principi e concetti mutuati dalle discipline economico-
aziendali, nascano con l'intento di riuscire a costruire una nuova
facciata all'edificio amministrativo.
7
Reinventare3
la pubblica amministrazione è divenuto l’ideale
comune che ha dato luogo a sensibili mutamenti organizzativi, tecnici,
istituzionali, stimolando quel processo di apprendimento sociale che si è
rivelato estremamente utile per la diffusione di una nuova cultura,
all'insegna del raggiungimento dei risultati e del rispetto delle logiche di
un efficiente servizio alla collettività.
Tabella 1- La riforma degli enti locali dal 1990 ad oggi con i principali interventi normativi
L. n. 142/1990
Riordino delle
autonomie locali
• Distinzione fra momento politico e momento gestionale (art. 51, 2°
comma)
• Responsabilizzazione degli organi politici in termini di
programmazione (art. 32, 2° comma, lett. b)
• Responsabilizzazione dei dirigenti in termini di risultati (art. 51, 3°
comma)
• Possibilità di conferire incarichi direttivi settoriali a tempo
determinato, con verifica ex post del conseguimento degli obiettivi
(art 51, comma 5 bis ss.)
• Introduzione dell'obbligo della contabilità economica (art 55, 6°
comma)
• Introduzione della revisione economico-finanziaria (art. 57)
L. n. 81 del 1993, • Elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia
D. lgs. n. 29/1993
Riforma generale del
pubblico impiego
• Estensione a tutta la P.A.. del principio della distinzione
/integrazione fra politica e amministrazione, quindi fra indirizzo e
controllo , da una parte , e gestione dall'altra
• Esplicitazione di un primo nucleo di logica budgetaria: obbligatoria
disaggregazione del bilancio dello Stato per direzioni generali
• introduzione di servizi di controllo economico interno o nuclei di
valutazione
D. lgs. n.77/1995
Nuovo ordinamento
finanziario e
contabile degli enti
locali
• Disciplina del bilancio di previsione su cui si fonda l'autorizzazione
all'esecutivo da parte del d.lgs, e il "piano esecutivo di gestione",
strumento innovativo
• Prima disciplina organica del controllo di gestione
• Disciplina della "contabilità economica
L. n. 127/1997
c.d. "Bassanini bis"
Modifiche ed
integrazioni ai tre
precedenti interventi
normative
• E' intervenuta andando ad integrare le norme precedenti, in punti già
elencati, con l'obiettivo di snellire i procedimenti amministrativi
D. lgs. n. 80/1998 Modifiche ed
integrazioni al D.
Lgs. n. 29/1993
• Accentuazione della distinzione tra indirizzo politico-amministrativo
da un lato e amministrazione dall'altro, con esplicita attribuzione
della responsabilità gestionale in via esclusiva ai dirigenti (art.3)
D.P.R. 3 agosto 1998, n.
326,
• Approvazione dei modelli e schemi contabili relativi alla relazione
previsionale e programmatica
3 La formula "reinventing government", di origine statunitense (Osborne D. - Gaebler T. (1992),
Reinventing Government: How the entrepreneurial Spirit is transforming the public sector from
Scholhouse to Statehouse, City hall to the Pentagon. Reading, MA: Addison Wesley) sin
dall'inizio dei rivolgimenti nel settore pubblico, in qualunque paese, ha giocato un ruolo
cruciale ed la sua valenza è destinata a perdurare. In un recente articolo, in cui vengono messe
in evidenza le componenti del NPM, probabilmente al fine di dare un sostegno alla memoria
dello studioso, viene proposto il modello delle 5 R, delle quali una sta proprio per "Reinventare"
le altre sono Ristrutturare, Riprogettare, Riallineare e Ripensare. Tutte naturalmente riferite ad
un'implementazione strategica del NPM (Jones - Thompson, 1997)
8
L. 3 agosto 1999, n. 265. • Modifiche ed integrazione della L. n. 142 del 1990
D.lgs n. 286/1999 Riordino e
potenziamento dei
meccanismi di
monitoraggio.
“Controlli interni”
• Controllo di regolarità amministrativa e contabile
• Controllo di gestione
• Valutazione della dirigenza
• Controllo strategico
D. lgs n. 267/2000
T.U.E.L.
• Accorpamento di tutta la disciplina normativa organizzativa,
gestionale e contabile sulle autonomie locali
Legge Costituzionale
n. 3/ 2001
Modifiche al Titolo
V della parte
seconda della
Costituzioane
• Competenze amministrative dallo Stato ai Comuni
• Autonomia finanziaria di enti locali e regioni
• Sussidiarietà verticale ed orizzontale
I principali interventi normativi che hanno contribuito al graduale
cambiamento del Enti Locali (Tab. 1) sono principalmente incentrati
sui seguenti punti:
l'adozione di una logica programmatoria, poiché l'ente locale, in
qualità di azienda, deve operare anch'esso secondo i principi di
autonomia e durabilità;
il perseguimento di criteri di efficacia, efficienza ed economicità
adoperando, con le dovute misure precauzionali, gli stessi
strumenti utilizzati dalle aziende appartenenti al settore privato;
la distinzione/integrazione tra apparato politico ed apparato
burocratico, con una diversa attribuzione di competenze ed una
differente imputazione di responsabilità;
la ridefinizione del rapporto tra amministrazione locale e
cittadino con una rivalutazione del ruolo di quest’ultimo, insieme
soggetto economico, fruitore/cliente e finanziatore dei servizi;
il graduale abbandono dei controlli formali in favore di un più
attento monitoraggio della gestione in cui si dispiegano le energie
dei dirigenti, sottoposti ad un processo di valutazione e partecipi
del sistema di controllo direzionale, e si profondono gli sforzi
politici tesi a ridisegnare percorsi e a realizzare manovre con un
effetto feedback a livello di controllo strategico;
E’ dunque in questa rinnovata ottica che vanno inquadrati i
principali fattori cui è possibile imputare il profilarsi di eterogenei
modelli di ente locale, dovuto al differente utilizzo nella prassi dei
nuovi meccanismi operativi. A ciò si aggiunge che le stesse modifiche
avvenute nei livelli di governance (si veda la figura del direttore generale e
9
la distinzione del ruolo affidato a quest’ultimo rispetto al segretario nei
casi in cui i due ruoli non coincidano nello stesso soggetto) degli enti
locali, la revisione dei ruoli interni e la linea di demarcazione segnata tra
politica ed amministrazione, rafforzate dai meccanismi di monitoraggio
introdotti dal D. Lgs. n 286/1999 e fatti propri dal TUEL, all’art 147, si
sono rivelati cruciali nella ridefinizione dei livelli di condotta strategica
e operativa. Ultimo, e non certo per importanza, il carattere estensivo
dell’autonomia attribuita a comuni e province a livello statutario,
normativo, organizzativo ed amministrativo, seguito dalla modifica del
titolo V della Costituzione, che ha sancito l’autonomia finanziaria degli
enti locali. Quest’ultima, unitamente all’autonomia organizzativa
prevista dall’art. 6 del TUEL, comportando“una modifica sostanziale
dei processi e delle logiche di reperimento delle risorse finanziarie
necessarie al normale funzionamento ed allo sviluppo degli enti locali”,
in realtà avvalora ancor più il presupposto della responsabilizzazione sia
sul versante politico che su quello dirigenziale/burocratico (Mussari,
2001)
Il concatenarsi di questi passaggi sembra, infatti, aver dato maggiore
coerenza al disegno riformistico iniziale della L. 142/1990, letto alla
luce del D. Lgs. n. 29/1993. La riforma generale del pubblico impiego,
nel tentativo di eliminare i potenziali elementi di conflittualità tra
organi politici e organi burocratici, ha visibilmente segnato una linea di
demarcazione tra il vecchio modello organizzativo ed il nuovo, più
aderente a orientamenti di tipo manageriale, con i quali si è palesato
l’effettivo spostamento da uno stile direzionale orientato ad una
"direzione per compiti" ad uno stile direzionale orientato verso una
"direzione per obiettivi"4
.
Sono così divenuti fattori chiave:
4 Circa la differenza tra "direzione per compiti" e "direzione per obiettivi", si veda FARNETI (1995),p. 66-67.
La direzione per compiti e fondata essenzialmente sui seguenti punti:
- burocratizzazione dei ruoli in strutture tendenzialmente gerarchiche;
- pianificazione di facciata ispirata a logiche esclusivamente incrementali;
- gestione del personale pressoché assente;
- mancata utilizzazione del sistema informativo;
- bassa propensione verso le innovazioni tecnologiche, organizzative e normative.
La direzione per obiettivi si distingue per le seguenti caratteristiche:
- pianificazione sviluppata secondo criteri di non episodicità, integrità, integralità, continuità e flessibilità;
- stile direzionale di tipo partecipativo;
- propensione al recepimento sostanziale delle norme;
- apertura alle innovazioni finalizzata al soddisfacimento dei clienti-utenti;
- distinzione fra momento politico e momento gestionale;
- considerazione della centralità dell'individuo in quanto soggetto di competenze che contribuiscono ad accrescere il
"valore aziendale"
10
l'orientamento della gestione per obiettivi e l'azione per
programmi;
l'adozione sistematica di regole di convenienza economica
(efficacia ed efficienza) come base per le decisioni di bilancio;
la conseguente diffusione della responsabilità economica;
il monitoraggio dei risultati, come modalità per assicurare un
effettivo governo della gestione, consentendo tempestivamente
azioni di correzione, qualora necessario [MARCON, 1997: p. 757].
L’introduzione di una logica budgetaria, con cui gli organi politici
definiscono gli obiettivi, i programmi, le direttive e assegnano le risorse
finanziarie necessarie allo svolgimento della gestione, attribuita in via
esclusiva ai dirigenti, avrebbe altresì perso di significato se al tempo
stesso la gestione dell’ente locale non fosse stata corredata di strumenti
in grado di potenziare la dimensione economica dell’ente in termini di
efficacia ed efficienza. Basti pensare ai sistemi di controllo direzionale
promossi negli enti locali o ancora alla riformulazione delle stesse
rendicontazioni, non più semplicemente basate sul criterio di
competenza finanziaria ma agganciate a quello di competenza
economica (MARCON, 1996:p. 279).
In definitiva, la tendenza è stata quella di accrescere e diffondere la
responsabilizzazione dell’operatore pubblico, al fine di ottenere una
maggiore oculatezza nelle scelte di amministrazione ed una gestione
ispirata a criteri di razionalità economica nell'acquisizione e
nell'impiego delle risorse e di trasparenza informativa5
. A seguito
all’implementazione dei processi di delega gestionale i dirigenti sono
ritenuti "responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della
gestione e dei relativi risultati" (art. 3, 2° comma , come modificato dal
D. Lgs. n. 80/1998).
In tal senso l'aspetto cruciale della responsabilizzazione dirigenziale
ha posto enfasi su un’altra dimensione ritenuta cruciale, quella
dell'accountability e cioè del dover rendere conto dell'uso del denaro
pubblico facendo sì che i dirigenti divenissero il vero collettore della
5
11
democrazia, il trait d'union tra classe politica e cittadini-utenti11
. Anche
in campo organizzativo la cosiddetta privatizzazione del rapporto di
pubblico impiego ha subito un'ulteriore impennata con il completo
affidamento delle determinazioni inerenti ai rapporti di lavoro agli
organi preposti alla gestione che sono ora pienamente in grado di
operare "con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro" (Art. 4,
2° comma come modificato dal D. lgs. n. 80/1998).
La svolta effettiva nelle procedure gestionali degli Enti locali ha
toccato l'apice con l'emanazione del D.Lgs. n. 77/1995 hanno assunto
una certo spessore in quanto, nonostante il titolo "ordinamento
contabile e finanziario degli enti locali", il provvedimento ha disposto
una serie di strumenti diretti all'attuazione di una più generale riforma
organizzativa e gestionale della tecnostruttura degli enti destinatari.
La riforma in questione, così come può essere intesa oggi dopo le
modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, va senz’altro
considerata come “l’antecedente storico” dell'autonomia finanziaria,. E’
bene ricordare a tal proposito come la stessa riforma costituzionale
abbia riconosciuto agli enti locali ed alle regioni pari dignità
costituzionale di enti autonomi, tutti dotati di autonomia finanziaria ed
abbia contestualmente abrogato l’art. 130 Cost. concernente la funzione
di controllo degli atti da parte dei Co. Re. Co. La categoria logica
dell’autonomia finanziaria deve in effetti essere letta nelle sue due
accezioni: una più forte riguardante "l'autonoma capacità di individuare
i modi della <<provvista>> anche dal lato delle entrate"; l'altra più
debole relativa all'autonomia di spesa, senza la quale, secondo la teoria
istituzionale, non si potrebbe parlare nemmeno di autonomia
amministrativa, ma soltanto di autonomia contabile" (ANDREANI,
1995:p.1715). E’ per questi motivi che il discorso afferente la contabilità
degli enti locali è ritenuto dalla teoria e nella prassi comune inscindibile
da quello riguardante la finanza locale . Ciò giustifica peraltro il
dibattito che si è svolto, prima dell'approvazione del D. lgs. 77 e che si è
11 "Accountability is an obligation to present an account of and answer for the execution of
responsabilities to those who entrusted those responsabilities. On this obligation depends the
allocation af praise and blame reward and sanction so often seen as the hallmarks of
accountability in action".(Gray - Jenkins, 1993:p. 55) Accountor é colui al quale è affidata una
particolare responsabilità; Accountee è colui che affida la responsabilità. Tutto ciò si può
tradurre in una visione dei dirigenti, come Accountor, e degli organi politici nella doppia veste
di accountor e accountee, mentre la collettività rimane l'accountee per antonomasia.
12
strettamente intrecciato con il prospettarsi di nuovi meccanismi di
finanziamento. I primi risultati evidenti si riferiscono al passaggio dal
sistema di finanziamento accentrato (tipico degli anni '70 e '80) ad un
sistema di finanza decentrato o di "finanza mista" nel quale emerge il
riconoscimento dell'autonomia degli enti locali che, in tale dimensione,
per espletare le funzioni economiche assegnate, devono puntare più
verso un'acquisizione autonoma delle risorse, anziché contare
esclusivamente sui trasferimenti dello Stato o della regione di
appartenenza.
Ne consegue una maggiore responsabilità degli stessi enti, e quindi di
chi li amministra, a ricercare un proprio equilibrio economico
attraverso la statuizione di tributi, le decisioni relative ai prezzi da
applicare ai servizi offerti, e persino la possibilità di disporre del
proprio patrimonio e di ricorrere al prestito come fonte di
finanziamento [BORGONOVI,1996:224, MUSSARI, 1997:167-168]. Tanto
più allo stato attuale in cui la prospettiva del federalismo fiscale si è fatta
realtà. La revisione costituzionale configura infatti una svolta epocale
nel sistema delle autonomie territoriali, collocandole al fianco dello
Stato, come elementi costitutivi della Repubblica. Al pari di regioni e
Stato, le autonomie locali posseggono dignità e legittimazione, pur nella
diversità delle rispettive competenze, essendo la potestà legislativa
attribuita allo Stato ed alle Regioni e riconoscendosi a Comuni,
Province e Città metropolitane la natura di enti autonomi con propri
statuti, poteri e funzioni, secondo quanto previsto dall'articolo 114
della Costituzione. In questo modo il “teorema” del ribaltamento dei
contenuti previsti dall’ordine previgente rispetto alla L. n. 142/1990,
nonché la loro naturale evoluzione nel T.U.E.L., ha indubbiamente
prodotto il “corollario” di un nuovo ordine gestionale cui si è venuta
affiancando la nuova architettura del sistema dei controlli che ha
superato la prima fase di rodaggio sollevando tutta una serie di
questioni esegetiche.
13
IL SISTEMA DEI CONTROLLI
Quanto ai controlli, la prima considerazione che va fatta riguarda il
tentativo compiuto dalle riforme degli anni ’90 di diminuire l’ambito e
la pervasività di un tipo di controllo incentrato sulle regole (controllo
burocratico) e di aumentare l’importanza di forme di controllo funzionali
all’attività gestionale, incentrate sui risultati in rapporto a obiettivi e
programmi predeterminati (controllo manageriale), con ben precise
conseguenze sulla professionalità e sul senso dell’agire della dirigenza
La legge n.142/1990 ha rappresentato un momento di svolta
essenziale, operando un primo cambiamento col non fare menzione di
alcuna forma di controllo di merito, riconoscendo quindi una maggiore
discrezionalità all’azione amministrativa degli enti locali, e devolvendo
al Comitato regionale di controllo (Co.re.co) funzioni di controllo
esterno di legittimità, preventivo sugli atti e successivo sugli organi.
Mentre il controllo interno in concreto si sostanzia in una collaborazione
tra controllore e controllato, nel controllo esterno la distinzione tra
soggetto controllore e soggetto controllato è netta e la finalità è di
tutelare un interesse pubblico in qualche modo prevalente sugli interessi
dell’ente controllato.
Il secondo meccanismo di controllo previsto dalla legge n.142/1990,
all’articolo 57 (adesso regolato dall’art. 234 del TUEL), è quello affidato
al collegio dei revisori, composto da tre professionisti iscritti ai
rispettivi albi. Si tratta in questo caso di un controllo interno, attuato in
collaborazione con il consiglio, volto a presidiare la regolarità contabile
e finanziaria degli atti dell’ente. Di pari tenore è il dispositivo
concernente il controllo preventivo di legittimità che il segretario
dell’ente deve effettuare su ogni proposta di deliberazione sottoposta
agli organi di governo. Nella stessa ipotesi è inoltre richiesto il parere
preventivo di regolarità tecnica (da parte del responsabile del servizio
interessato) e contabile (da parte della Ragioneria). Il decreto legislativo
14
n.29/1993, che segna ormai storicamente il momento normativo di
svolta per aver individuato nella comparazione di costi e rendimenti
una forma embrionale di controllo di gestione, all’articolo 20 (ormai
abrogato dal D.Lgs. 286/1999), prevede l’obbligo di istituzione del
servizio di controllo interno o nucleo di valutazione. Il ruolo del nucleo
di valutazione nel rapporto d’impiego della dirigenza viene indagato nel
capitolo dedicato al rapporto d’impiego. L’organo che, nonostante le
modifiche apportate da interventi normativi successivi, è sopravvissuto
a garanzia di un cambiamento determinante nelle procedure valutative
interne della P.A., agisce in autonomia e ha come referenti i soggetti
istituzionali coinvolti nella direzione politica. Il suo compito è di
verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti,
la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle
risorse pubbliche, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione
amministrativa. Si è quindi affermato gradualmente come lo strumento
più idoneo mediante il quale gli organi politici possono esercitare la
funzione di controllo che già la legge n. 142/1990 assegnava loro.
A ciò va aggiunto che in materia di controlli, questa disposizione
può essere considerata di fatto il primo tentativo di conciliare il
principio di economicità con il principio di garanzia, come sancisce
l’articolo 97 della Costituzione, ponendo sullo stesso piano
“imparzialità” e “buon andamento”.
Quindi, se alla legge n. 142/1990 va il merito di aver contenuto i
controlli di legittimità, tramite la previsione del solo controllo di
legittimità e la limitazione di questo ad alcuni atti puntualmente
individuati, al decreto legislativo n. 29/1993 è da far risalire una prima
forma di controllo interno coerente con la logica di gestione per
obiettivi.
Cambiando l’ambiente di riferimento degli enti locali, col passaggio da
uno scenario socioeconomico ad evoluzione lenta ad un ambiente
fortemente dinamico, nel quale un controllo burocratico troppo
pervasivo sarebbe risultato paralizzante per l’attività degli enti, sono
anche mutate alcune variabili interne all’ente locale. La crisi della finanza
pubblica e la necessità di decentrare parte delle funzioni istituzionali ha
gradualmente condotto il sistema a finanza derivata degli enti locali, che
incideva fortemente sul bilancio dello Stato, verso una maggiore
autonomia, rendendo non più giustificabile un sistema di controlli
15
statali a dir poco farraginoso. Contestualmente ha fatto aumentare la
complessità dell’attività amministrativa dell’ente locale stesso, rendendo
necessaria la ricerca di forme di controllo adatte ad una gestione
razionale delle risorse.
Figura 1-Controllo burocratico e controllo manageriale a confronto [Fonte: Borgonovi, 1996]
Tuttavia i due modelli di controllo non si escludono a vicenda,
specialmente nel caso del settore pubblico, ma possono essere
considerati complementari. Si tratta in sintesi di passare da una cultura
in cui il principio di garanzia, il rispetto della legge e dei regolamenti è
l’unico movente dell’azione del management ad una cultura in cui la
CONTROLLO
BUROCRATICO
• Presuppone un concetto di
amministrazione neutrale
• Attività come sistema chiuso e
scomponibile in singole
operazioni, che sono l’oggetto
del controllo
• Controllo esterno preventivo
e/o successivo (verifica)
• Attività è interpretabile
attraverso modelli astratti e
immutabili nel tempo: ricerca
dell’ottimo
• Lo scostamento della realtà dal
modello è patologico
• Il rispetto delle procedure è in
sé garanzia di ottenimento dei
risultati: responsabilizzazione
sulle procedure
CONTROLLO
MANAGERIALE
• Presuppone un concetto di
amministrazione strumentale
• Attività come sistema
influenzato dall’ambiente e
composto da sottosistemi
interrelati
• Controllo interno
concomitante
• Attività mutabile nel tempo
perché funzionale a obiettivi e
ambiente: ricerca del
miglioramento continuo
• Lo scostamento della realtà
dal modello che ha guidato
l’azione è fisiologico
• Focalizzazione e
responsabilizzazione sui
risultati: responsabilità
economica
16
legittimità è uno, ma non l’unico, riferimento determinante. Ciò vale in
misura diversa nelle diverse aree di attività poiché, com’è ovvio, alcune
si prestano a controlli di tipo manageriale più di altre (BORGONOVI,
2002; MARCON, 1996).
L’importanza della forma di controllo per l’agire della dirigenza è
evidente. Essa attiva un tipo di responsabilità piuttosto che un’altra, ed
entra a far parte della cultura organizzativa, influenzando così il
comportamento. In particolare, con riferimento all’oggetto del
controllo, esso viene collegato al meccanismo degli incentivi e segnala al
management “che cosa è importante”: il rispetto delle procedure nel
caso del modello burocratico, il raggiungimento dei risultati nel caso del
modello manageriale. Il modello di controllo manageriale è quindi
contemporaneamente premessa e conseguenza di un aumento della
complessità e del contenuto discrezionale della funzione dirigenziale
consentendo che tra vertice politico e dirigente si venga a configurare
così un rapporto che ha sempre più le caratteristiche dell’agenzia
(nell’ambito del quale è possibile e opportuno un controllo sui risultati)
piuttosto che quelle dell’autorità, che è un rapporto nel quale è invece
opportuno un controllo sulle procedure.
Il decreto legislativo n. 77/1995, consolidando le istanze emerse con
i precedenti provvedimenti non ha esitato ad introdurre una forma più
sistematica di controllo ovvero il controllo di gestione, che è a tutti è
destinato a rappresentare il controllo manageriale all’interno dell’ente.
Coerentemente, la legge n.127/1997 ha diminuito l’ambito del
controllo di legittimità da parte del Coreco: l’obbligo riguarda solo
statuto, regolamento di consiglio, bilanci e rendiconto (cfr. art.17,
commi da 33 a 45) ed è stato anche limitato il controllo eventuale, cioè
su richiesta.
Ciò è accaduto per di più in un momento storico in cui si è sempre
più andata diffondendo la convinzione che l’inefficienza delle
amministrazioni pubbliche penalizzasse la qualità della vita delle
persone stimolando maggiori aspettative ed esigenze da parte dei
cittadini e che la rigorosa osservanza formale degli atti fosse la causa
principale di un aumento dei costi diretti e indiretti per le stesse
imprese nel mercato globale (Borgonovi, 2002) .
17
Questa prima disciplina non è stata, però, esente da critiche, che
soltanto recentemente, con il propagarsi di logiche di progettazione
gestionale autonome ma omogeneee nella loro impostazione, hanno
trovato talune risposte. Il Nucleo di Valutazione o Servizio di
Controllo Interno è nella sua prima versione un organo che opera in
autonomia, contrariamente a quanto impone il rigore applicativo di una
logica di controllo direzionale, poiché la funzione di controllo non può
per definizione essere disgiunta dalla funzione di gestione. Più
precisamente, i dirigenti stessi, spinti dalla responsabilizzazione sui
risultati, dovrebbero dotarsi degli strumenti di controllo di gestione che
ritengono più opportuni (Borgonovi, 2002). Il D. Lgs. n. 29/1993
sancisce invece l’obbligo di istituzione di un unico presidio, che opera
in staff agli organi politici e agisce autonomamente. Si ritiene che
questa collocazione organizzativa sia stata una diretta conseguenza di
un altro problema: la confusione tra controllo a fini valutativi e
controllo a fini direzionali/decisionali.
Il D. Lgs. n. 286/1999, prendendo atto delle contraddizioni
suesposte, ha ripensato la disciplina, contribuendo in parte a superare
questa distorsione: il controllo di gestione viene infatti concettualmente
e operativamente separato dalla valutazione della dirigenza. Inoltre la
stessa collocazione organizzativa dell’unità di controllo di gestione
all’interno della P.A. subisce delle modifiche sostanziali poiché viene
posta in posizione di staff rispetto alla dirigenza al vertice di ogni unità
organizzativa.
Con questa logica l’obiettivo del D. Lgs. n. 286/1999 è stato il
riordino dei meccanismi di controllo e valutazione dell’attività della
pubblica amministrazione. Si è trattato di una serie di disposizioni
pensate in funzione dell’organizzazione ministeriale, prescindendo dalle
specificità del comparto enti locali, ai quali è stata data la possibilità di
recepirle tramite la propria potestà regolamentare. L’articolo 1
distingue quattro tipi di controlli interni, di cui le pubbliche
amministrazioni devono dotarsi e precisamente:(Vedi figura 2)
1. il controllo di regolarità amministrativa e contabile;
2. il controllo di gestione;
3. la valutazione della dirigenza;
18
4. il controllo strategico.
Sono state così compiute tre tappe fondamentali:
1. il controllo di regolarità amministrativa e contabile (controllo
di legittimità) è stato distinto dal controllo di gestione;
2. l’attività di valutazione della dirigenza è stata distinta
dall’attività di controllo di gestione;
3. nell’ambito del controllo di gestione si sottolinea la fase di
predisposizione degli interventi correttivi;
A ciò va aggiunta l’importante statuizione dei vincoli organizzativi
all’assegnazione delle competenza sulle funzioni di controllo secondo
cui:
la valutazione dei dirigenti e controllo di gestione deve essere
svolta da soggetti/strutture separati/e;
il controllo di legittimità non può essere affidato a nessuna
delle strutture che si occupano degli altri tipi di controlli
interni.
TIPOLOGIA OGGETTO CRITERI
Controllo di regolarità
amministrativa e contabile
Azione amministrativa
Regolarità e correttezza
(principi della revisione
aziendale) e legittimità.
Controllo di gestione
Efficienza dell’azione
amministrativa Indicatori di efficacia,
efficienza ed economicità
Valutazione della dirigenza Prestazioni della dirigenza
Sulla base dei dati del
controllo di gestione;
coerenza con i CCNL.
Valutazione e controllo
strategico
Scelte di attuazione
dell’indirizzo politico Congruenza dei risultati
conseguiti rispetto agli
obiettivi predefiniti.
19
Figura 2 Sistema dei controlli interni
In seguito con l’emanazione del TUEL quanto previsto dal D. Lgs.
n. 77 del 1995, con riferimento al sistema dei controlli interni, è stato
ampliato con il contenuto dell'art. 147, che in buona sostanza ha
recepito l’architettura prevista dal D. Lgs. n. 286 del 1999 . Per
chiarezza espositiva l’articolo è riportato nel quadro 1.
Quadro 1 Art. 147 TUEL
E’ dunque nell’insieme di queste norme che va inquadrato il
controllo di gestione di cui si fa soltanto menzione nell’art. 147 e che
trova un suo specifico assetto nell'ordinamento finanziario e contabile,
contenuto nel TUEL, dall'art. 196 all'art. 198 dove sono disciplinati a
grandi linee il suo significato ed il suo svolgimento.
"Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati la
corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed
il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza
dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di
gestione" con un esplicito rinvio a modalità che da una parte la legge ha
provato a delineare nel successivo art. 197 e dall'altra, la stessa norma ha
1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano
strumenti e metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità,
regolarità e correttezza dell'azione amministrativa;
b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità
dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi
di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi
ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra
risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo
e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto
legislativo, 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
3. L'organizzazione dei controlli interni e' effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri
principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici,
mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.
5. Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione. d'intesa con le province,
sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti
locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i
predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
20
lasciato alla discrezionalità ed all'autonomia dell'ente. Lo statuto ed il
regolamento di contabilità sono apparsi, infatti, i documenti interni in
cui l'Ente può disciplinare le fasi di svolgimento del controllo di
gestione, modellandole secondo le esigenze degli amministratori e
tenendo conto della propria struttura organizzativa e delle proprie
dimensioni. Dunque “l'Ente è libero di organizzare e caratterizzare la
propria struttura di controllo direzionale in diretta rispondenza alle
esigenze specifiche gestionali" (D'Alessio, 1997). In un'interpretazione
ancor più estesa, senza giungere a una forzatura, ciò significa che, se la
norma fornisce le indicazioni generali in base alle quali gli architetti del
controllo di gestione possono muoversi e che vanno comunque
rispettate affinché lo stesso processo di controllo non venga a perdere il
suo significato originale, il dettaglio applicativo di tali modalità rientra
nelle scelte e nella piena autonomia degli amministratori.
Il sistema di controllo indicato dall'art. 197 è ripartito in tre fasi:
1. predisposizione di un piano di obiettivi;
2. rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi nonché
rilevazione dei risultati raggiunti;
3. valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli
obiettivi al fine di verificare il loro stato d'attuazione e di
misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità
dell'azione intrapresa.
E' perciò a partire da questa basilare e generica impostazione che si
snoda, con i dovuti adattamenti organizzativi, la logica di progettazione
di un sistema di controllo direzionale all’interno dell’ente locale,
ovviamente in una prospettiva più ampia, che sappia incidere sulla
cultura gestionale dei dirigenti e del personale ed integrarsi con i
processi di pianificazione e programmazione tipici dell’azienda
pubblica. La programmazione ed il controllo direzionale diventano in
tal modo una filosofia gestionale che conduce al raggiungimento degli
obiettivi del sistema spronando i dirigenti a pianificare la gestione,
negoziando i propri obiettivi e risorse in sede di budget e controllando
il grado di collaborazione da parte del personale di cui dispongono,
senza mai tralasciare di rendere coerenti le direttive dell’organo
politico, gli obiettivi da perseguire e le risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili (Anselmi 2002).
21
IL CONTROLLO DI GESTIONE
LE FINALITÀ DEL CONTROLLO DI GESTIONE
Il controllo è concepito generalmente come l’insieme delle
procedure dirette a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi
programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la
funzionalità dell’organizzazione, l’efficacia, l’efficienza ed il livello di
economicità nella realizzazione degli obiettivi.
Nell’azienda dell’ente locale la prima e fondamentale finalità del
controllo di gestione deve consistere nella responsabilizzazione degli
operatori che ricoprono incarichi dirigenziali e direttivi ad ottimizzare
il rapporto fra risorse e risultati. Questo si traduce in una gestione
mirata al perseguimento dell'efficacia e dell'efficienza, che soltanto con
una diffusione della responsabilità economica all'interno
dell'organizzazione è possibile ottenere. In mancanza del ricorso al
controllo di gestione, infatti, non si saprebbero predefinire i risultati
attesi, né valutare i risultati effettivi alla luce delle direttive, né, in
definitiva, valutare la gestione. La determinazione, e poi il
funzionamento, dei centri di responsabilità rappresenta un momento
cruciale nell’implementazione del sistema in quanto, da un lato deve
offrire ai responsabili le leve d’azione necessarie da contrapporre alla
responsabilità attribuita, dall’altro, questo dovrebbe risultare mezzo di
stimolo della motivazione e della partecipazione.
Una seconda finalità del controllo di gestione, strettamente
discendente dalla prima, è la motivazione degli operatori a
comportamenti sistematicamente coerenti con il principio di
convenienza economica. In questo modo si vuole sottolineare che il
controllo di gestione esige stili di direzione e regole di funzionamento
organizzativo capaci di sospingere gli operatori ad agire concretamente,
di fronte ad ogni specifica azione, in conformità ai criteri di efficacia e
di efficienza. In altri termini, il controllo di gestione è strumento
direzionale volto ad introdurre nell'organizzazione una tensione verso
un sistematico miglioramento del rapporto fra risorse e risultati.
22
Entrambe le finalità espresse non possono comunque prescindere dal
postulato fondamentale che il controllo di gestione, finalizzato al
perseguimento dell'efficacia e dell'efficienza, in un quadro di
distinzione/integrazione fra responsabilità politica e responsabilità
gestionale, deve necessariamente promanare da scelte strategiche degli
organi politici.
LE COMPONENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE
Il controllo di gestione, come espresso in letteratura, ha tre componenti
essenziali: due componenti strutturali (struttura organizzativa e
struttura informativa) e una componente dinamica (il processo di
controllo)
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL CONTROLLO
Per struttura organizzative del controllo si intende il meccanismo che presiede alla
attribuzione della responsabilità economica all'interno dell'organizzazione. Tale
struttura si concretizza in un sistema di centri di responsabilità, corrispondenti alle
partizioni organizzative che si ritiene di poter/dover coinvolgere nel processo
decisionale allocativo, ovvero alle partizioni organizzative che si ritiene di
poter/dover coinvolgere:
nell'analisi di supporto alle attività di definizione degli obiettivi e di
individuazione dei programmi rientranti nella funzione tipica degli organi di
vertice;
nella formazione e gestione dei programmi;
nella conseguente gestione delle risorse.
Ogni responsabile di centro di responsabilità dovrà vedersi attribuito un budget,
contenenti tre grandi categorie di dati:
gli obiettivi assegnati;
i programmi da gestire;
le risorse disponibili per realizzare i programmi.
Nella struttura organizzativa, in funzione di staff del vertice politico e dirigenziale,
va collocata l'azione del controller nell'ambito di un'unità organizzativa per il
governo complessivo del sistema di controllo di gestione.
L'unità preposta al controllo svolge funzione di supporto a beneficio tanto degli organi di vertice
che dei centri di responsabilità, ai fini di un corretto impianto del sistema e dei progressivi
aggiustamenti che dello stesso si rendono necessari nel corso del tempo. Detto
supporto è, anzitutto, di tipo metodologico. In secondo luogo, esso attiene alla
predisposizione/integrazione di tutte le informazioni, necessarie al controllo di
gestione, che - per loro natura o per scelta dell'amministrazione - non siano
direttamente gestibili dai centri di responsabilità.
23
LA STRUTTURA INFORMATIVA DEL CONTROLLO
Per struttura informativa del controllo si intende l'insieme delle informazioni:
raccolte ed elaborate per conoscere l'attività dell'organizzazione e orientarla a criteri di
razionalità economica (sistema informativo direzionale);
diffuse all'interno dell'organizzazione (organi di vertice; centri di
responsabilità) o all'esterno della medesima (enti e organismi pubblici e
privati interessati) per far conoscere gli esiti dell'attività di controllo (sistema di
reporting, ovvero sistema di rapporti di gestione o di documenti informativi).
Più precisamente, la struttura informativa o tecnico-contabile del controllo è
costituita da tre componenti fondamentali:
Il budget:
budget economico: attività/costi/ricavi e proventi;
budget finanziario: entrate/uscite;
budget patrimoniale: struttura degli investimenti e delle fonti di
finanziamento.
La contabilità analitica:
analisi dei costi per centro di costo;
analisi dei ricavi e dei proventi.
Il sistema di reporting:
interpretazione dei risultati;
analisi degli scostamenti fra previsioni e risultati effettivi;
diffusione delle informazioni relative ai risultati, ai fini delle eventuali
azioni di correzione.
E' il caso di sottolineare che il budget non solo assume il ruolo di strumento
principe nel sistema di controllo di gestione, ma funge da collegamento tra due
momenti rilevanti del più ampio processo di programmazione, vale a dire la
formulazione e l'attuazione delle strategie.
La struttura informativa si compone di rilevazioni contabili e rilevazioni extracontabili.
Nelle Amministrazioni Provinciali il sistema di rilevazioni è basato sulla contabilità
finanziaria e, per le esigenze in fase di rendicontazione, su quella economico-patrimoniale,
così come previsto dal decreto legislativo n. 77.del 1995 e successive modificazioni.
Le rilevazioni extracontabili sono tutte quelle - già esistenti o da creare - volte a
misurare attraverso appropriati indicatori:
gli obiettivi;
i volumi di attività;
i volumi di impiego dei fattori (con particolare riferimento al fattore lavoro);
per combinazione dei dati precedenti con dati finanziari (entrate/uscite) o
economici (ricavi e proventi/costi), l'efficacia e l'efficienza dell'azione.
Infine, due sono le regole fondamentali che devono essere osservate per il buon
funzionamento del sistema informativo:
24
è necessario porre la direzione aziendale e tutta l'organizzazione in grado di
combinare socialità ed economicità;
come immediata conseguenza del punto precedente, la definizione degli
obiettivi sociali e degli obiettivi aziendali deve essere finalizzata ad innescare
un circolo virtuoso in cui il raggiungimento dell'equilibrio economico-
finanziario, il perseguimento di interessi sociali ed una continua tensione al
miglioramento ed allo sviluppo devono rappresentare le priorità assolute.
IL PROCESSO DI CONTROLLO
Nell'ottica del controllo di gestione - che è attività di guida o di governo e non
mero riscontro o verifica - il controllo è una sequenza concatenata di azioni senza soluzione
di continuità. Tale sequenza comprende:
l'individuazione e l'analisi dei bisogni;
la definizione delle priorità e degli obiettivi;
l'individuazione, l'analisi e la scelta delle attività e dei programmi più efficaci
ed efficienti;
l'attuazione delle attività e dei programmi;
la rilevazione dei risultati effettivi e il loro confronto con quelli programmati;
l'analisi degli scostamenti e l'individuazione delle possibili azioni di
correzione;
la tempestiva adozione delle azioni di correzione opportune e possibili.
Il processo così concepito poggia sulla concreta esistenza delle due componenti
statiche: la struttura organizzativa del controllo e il supporto informativo. La
struttura organizzativa assunta nel controllo deve riflettere la reale allocazione
delle leve decisionali (responsibility) cui sono commisurate le responsabilità
(accountability). Diversamente, il processo di delega viene distorto nel senso che il
centro di responsabilità cui vengono conferiti determinati ambiti di azione non
coincide con il centro di responsabilità cui vengono imputati i risultati rilevati . Il
supporto informativo al controllo consta di due componenti (Marcon, 1996) il
sistema informativo direzionale, che è il sistema di raccolta delle informazioni
necessarie al processo di controllo e il report, che è in un certo senso il prodotto
del processo di controllo, contenente i risultati del processo, le interpretazioni e
le azioni correttive. Il budget può essere considerato il piano di sintesi degli
obiettivi di breve periodo, dei programmi predisposti per il loro raggiungimento
e delle risorse di cui i responsabili delle diverse unità organizzative necessitano
per l’attuazione dei programmi. La logica di budget è quindi strettamente
collegata al controllo di gestione. Insieme sono strumenti di diffusione della
responsabilità economica, cioè della responsabilità sui risultati e con essa di una
nuova professionalità del management (Marcon, 1997; Borgonovi, 1996): in
quanto tali, il sistema di budgeting e il controllo di gestione sono di centrale
importanza nell’esame dell’evoluzione della funzione della dirigenza per effetto
del processo di delega gestionale. Ne consegue che il controllo direzionale diviene
fondamentale anella misura in cui si sviluppa un processo di delega ed emerge la
25
necessità di orientare il management verso gli obiettivi stabiliti da chi detiene le
prerogative di indirizzo della gestione (Bergamin Barbato, 1992)
GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E
CONTROLLO NEGLI ENTI LOCALI
I DOCUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO
Uno dei principali elementi innovativi dell’ordinamento
finanziario e contabile introdotti dal D. Lgs n. 77 del 1995 è il
nuovo sistema complessivo di bilancio. Nel precedente sistema,
regolato dal D.P.R. n. 421 del 1979, i documenti di bilancio
ruotavano attorno al bilancio di previsione annuale, considerato il
nodo centrale dell'impianto normativo, sia sotto il profilo
programmatorio, sia sotto il profilo gestionale. Tale sistema ha
però gradualmente prodotto due serie di conseguenze negative,
ovvero:
1) la redazione in maniera automatica e ripetitiva del
bilancio pluriennale;
2) l'assenza di validi e veridici contenuti di programmazione
nella relazione previsionale e programmatica.
Il nuovo palinsesto normativo previsto dal d lgs n. 77 del
1995 e dal D.P.R. n. 194 del 1996, considera i documenti di
programmazione unitamente ai documenti di gestione (Fig. 3),
delineando un sistema unitario di bilancio costituito puntando ad
una stretta connessione tra i seguenti documenti principali:
1) relazione previsionale e programmatica;
2) bilancio pluriennale di previsione;
3) bilancio annuale di previsione;
4) piano esecutivo di gestione (per gli enti tenuti ad
adottarlo o che intendano farlo).
26
Figura 3- Il sistema di bilancio quale strumento tecnico-contabile del controllo di gestione [Fonte
Giovannelli,1997]
A fini di una più completa attuazione del processo di
programmazione e controllo sono inoltre da considerare due
ulteriori strumenti:
1) la contabilità economica;
2) il rendiconto della gestione.
Tale predisposizione è stata dettata dall’intento di dare una
reale coerenza agli atti di bilancio in sede di formulazione degli
stessi e di assicurare il mantenimento di tale coerenza anche in fase
di gestione. Ciò implica una considerazione “complessiva” del
sistema di bilancio, un raccordo stabile e duraturo tra le diverse
previsioni (contabili, gestionali, di politiche, di obiettivo) incluse
nei documenti di programmazione. Nel concreto e nel pratico
svolgimento dell’attività amministrativa tutto questo si è
gradualmente realizzato mediante l’abbandono di una gestione
legata alla necessità del momento ed attraverso il perseguimento, da
parte delle strutture dell’ente, di fini e scopi delineati e conosciuti.
La potestà regolamentare degli enti locali trova nella
disciplina del sistema complessivo di bilancio uno dei punti più
27
qualificanti ed un serio banco di prova per il reale esercizio
dell’autonomia. Le norme ordinamentali in materia di “bilancio”
costituiscono una grande cornice, con alcune uniformità essenziali
e determinate regole non eludibili, anche se non sufficienti a
fornire una disciplina completa, per la quale è necessaria la
presenza di specifiche e peculiari disposizioni dettate dall’ente per i
propri fini organizzativi e per l’affermazione della propria identità,
in relazione allo svolgimento delle funzioni ed al raggiungimento
degli obiettivi individuati. La coerenza del sistema e la
concatenazione tra i vari documenti contabili e di bilancio è fissata
nel regolamento di contabilità che rappresenta, a tutti gli effetti, un
momento di aggregazione e coerenza interna del sistema
informativo-contabile dettato dal nuovo ordinamento.
A questo proposito l’art. 152 del TUEL prevede che l’ente
locale si doti di un regolamento di contabilità con il quale si
applicano i principi contabili stabiliti dall’ordinamento, con le
modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di
ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste
dall’ordinamento per assicurare l’unitarietà ed uniformità del
sistema finanziario e contabile. La competenza a adottare e variare
il regolamento di contabilità è attribuita al Consiglio dell’ente
locale. Il regolamento di contabilità contiene generalmente norme
applicative, senza ripetere quelle proprie dell’ordinamento generale
ma riadattandole alle esigenze organizzative ed offrendone una
migliore leggibilità.
LA RELAZIONE PREVISIONALE E PROGRAMMATICA (RPP)
Nella nuova ottica gestionale dell’ente locale l’approccio con il quale
vengono affrontati i procedimenti di formazione dei documenti contabili
dell’ente deve necessariamente partire dalla programmazione, attraverso la
relazione previsionale e programmatica ed il bilancio pluriennale. In tal modo
sulla base della definizione quantitativa e qualitativa di obiettivi può essere
attivato il circolo virtuoso che, partendo da una previsione delle risorse
disponibili, preordina gli strumenti mediante i quali monitorarne l’utilizzo.
Alla fase di programmazione segue dunque la predisposizione del bilancio di
previsione annuale che trova una sua dettagliata articolazione in quello che
sempre più è considerato il budget dell’ente locale e in altre parole il piano
esecutivo di gestione.
28
In effetti come si è avuto modo di appurare anche nelle esperienze più
avanzate di programmazione dell’ente locale la corretta applicazione del
nuovo modo di amministrare gli enti locali si colloca ancora più in alto
rispetto alla RPP, nel rispetto di un percorso che parte dal programma
amministrativo del candidato sindaco o presidente, transita attraverso le linee
programmatiche comunicate all’organo consiliare dopo l’elezione, trova
esplicitazione nel piano generale di sviluppo dell’ente per sostanziarsi infine nei
documenti tradizionali della programmazione più su enunciati
Occorre però precisare che i valori inseriti nei documenti di programmazione
(bilancio pluriennale, annuale e PEG) sono valori finanziari e che il nuovo
ordinamento finanziario e contabile non trascura affatto di mettere in
evidenza l’aspetto economico della gestione ( a titolo d’esempio si pensi ai
risultati della gestione che devono essere determinati mediante procedimenti
che presuppongono la tenuta di un sistema di contabilità economica, oppure
la valutazione delle forme di gestione, la formulazione degli obiettivi
analizzando le diverse alternative, la misurazione dei risultati ai fini della
quantificazione delle componenti accessorie degli stipendi del personale, la
individuazione dei costi nell’ambito del controllo di gestione).
Ne consegue che i valori finanziari, a preventivo, devono esprimere la
dimensione finanziaria di fatti economici previamente valutati. Così il
controllo finanziario durante la gestione, come si esprime attraverso le norme
che si propongono di realizzare costantemente nel tempo una eccedenza degli
accertamenti sugli impegni, impone un vincolo, finanziario rispetto a fatti
che, sotto il profilo gestionale, devono sempre essere valutati nella loro
dimensione economica. Questo impone che la programmazione finanziaria, se
preceduta da quella economica, deve tendenzialmente essere agevole e
soprattutto attendibile nei valori che elabora.
In tale contesto assume particolare rilevanza il ruolo della relazione
previsionale e programmatica, il cui contenuto tecnico-descrittivo consente la
produzione di un documento altamente efficace, sia in funzione dei dati, non
solo finanziari, che può esporre sia in funzione dello spazio che può riservare
alle illustrazioni, alle comparazioni, alle motivazioni, non solo tecniche.
L’art. 170 del TUEL offre un’elencazione puntuale dei contenuti della
relazione stessa, ponendo in particolare evidenza il carattere generale della
relazione, considerando che essa racchiude l’intero quadro programmatorio,
sia in termini di tempo – il periodo compreso nel bilancio pluriennale - sia in
termini di contenuti, comprendendo gli aspetti finanziari ed economici, ma
anche gli aspetti fisici, strutturali e politici, della manovra di bilancio.
Da un punto di vista operativo, la redazione della Relazione comporta
cinque momenti, o fasi, strategici e caratterizzanti:
1) la ricognizione delle caratteristiche generali;
29
2) la individuazione degli obiettivi;
3) la valutazione delle risorse;
4) la scelta delle opzioni;
5) la individuazione e redazione dei programmi e dei progetti.
Vediamoli più da vicino.
Ricognizione
Innanzitutto è previsto un susseguirsi di azioni volte ad una sorta di
rilevazione statistica, o di monitoraggio, degli oggetti puntualmente elencati:
1) popolazione:
2) territorio;
3) economia insediata;
4) servizi, con evidenziazione di risorse umane, strumentali e
tecnologiche.
Ne consegue una rappresentazione della situazione esistente e dunque un
quadro dettagliato di quello che deve essere il punto di partenza della
programmazione. Sulla base di questa analisi preliminare va appunto costruito
il piano di sviluppo dell’ente, compreso nel periodo interessato dalla relazione.
Si acquisiscono dunque i dati sulla popolazione, a partire dalle risultanze
dell’ultimo censimento, fino alla consistenza risultante alla fine del penultimo
anno precedente, definendo ed aggiornando appositi trend per fasce di età.
Questa raffigurazione nel tempo dell’evoluzione della popolazione considerata
(nonché ogni altra informazione, quale i tassi di natalità e di mortalità) è utile
per guidare e sostenere la programmazione. Si consideri, a titolo d’esempio,
l’importanza del tasso di natalità e l’entità di popolazione in età prescolare per
orientare gli investimenti in materia di edilizia scolastica, oppure l’incidenza
della popolazione in età più avanzata al fine di programmare interventi di
assistenza agli anziani. In seconda battuta viene analizzato il territorio,
osservandone le caratteristiche fisiche, altimetriche, morfologiche; acquisendo
anche informazioni sull'igiene ambientale, sugli strumenti urbanistici e
programmatori vigenti, proprio in funzione del disposto del comma 7 dell’art.
170 del TUEL il quale, impone la fornitura di "adeguati elementi che
dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti
urbanistici". Viene poi lasciato uno spazio all'economia insediata, per evidenziare
30
le varie componenti del tessuto produttivo, e per una corretta individuazione
dei bisogni sociali e degli opportuni interventi nel campo del lavoro, della
distribuzione, del terziario. Per ultimo la ricognizione si rivolge ai servizi
dell'ente, evidenziandone dapprima le risorse umane e poi le risorse
strutturali, strumentali e tecnologiche, fino ad individuare quei servizi
pubblici locali gesti nelle forme previste dall’art. 113 del TUEL ovvero in
economia, in concessione a terzi, tramite aziende speciali, istituzioni, società
per azioni o a responsabilità limitata a prevalente composizione pubblica ed
infine tramite società per azioni “senza vincolo della proprietà pubblica
maggioritaria”.
Gli obiettivi
Una volta esaminata e descritta la situazione generale dell’ente, la RPP passa a
formulare i propri obiettivi programmatori. A tal proposito le proposte di
obiettivi formulate dai vari Responsabili dei servizi, nel rispetto di un’ordinata
e sistematica articolazione della programmazione, devono assumere a proprio
orientamento ed indirizzo:
1) il programma amministrativo del Sindaco o del Presidente;
2) le linee programmatiche comunicate all’organo consiliare;
3) il piano generale di sviluppo dell’ente;
4) i risultati della ricognizione effettuata;
5) le direttive generali della giunta o, in mancanza, le singole direttive
assessoriali;
6) le indicazioni proprie dei servizi, basate sulle esperienze maturate
direttamente sul campo.
Le risorse
Preso atto delle finalità che devono essere perseguite nel corso della gestione,
la RPP è tenuta ad esplicitare una valutazione generale sui mezzi finanziari,
individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l’andamento storico
degli stessi ed i relativi vincoli.
La valutazione e dunque la ponderazione dei mezzi finanziari necessari per la
realizzazione dei programmi e dei progetti della spesa presuppone:
1) l’individuazione della tipologia;
2) la quantificazione in relazione al singolo cespite;
31
3) la descrizione in rapporto alle rispettive caratteristiche;
4) la misurati in termini di gettito finanziario.
Contestualmente devono essere individuate le forme di finanziamento, avuto
riguardo alla natura dei cespiti, se ricorrenti e ripetitivi (quindi correnti)
oppure se straordinari (e quindi riferiti ai movimenti di capitale ed ai
movimenti di fondi). Infine la valutazione delle risorse deve offrire, a conforto
della veridicità della previsione, un trend storico che evidenzi gli scostamenti
rispetto agli “accertamenti”, tenuto conto dell’andamento delle riscossioni,
non già alle previsioni, degli esercizi precedenti. Proprio per tale caratteristica,
la relazione deve quindi operare una sorta di verifica preventiva. Deve cioè
verificare il finanziamento delle spese del primo periodo, valutare gli effetti
che le stesse possono produrre nei periodi successivi, ed adeguare in
conseguenza la previsione dell’entità dei mezzi finanziari da reperire per i
periodi corrispondenti. Ciò si traduce in una selezione dei mezzi finanziari da
attivare, privilegiando quelli che offrono maggiore affidabilità. Portare, infatti,
le fonti di finanziamento ai regimi massimi, come un’aliquota tributaria al
livello più alto o un ricorso al credito al limite della delegabilità delle entrate
correnti, rappresenta una pericolosa forma di irrigidimento, specie in funzione
degli esercizi successivi, e crea i presupposti per ridurre il livello di veridicità.
Le alternative
Partendo dai dati e dalle informazioni rilevati con la fase della ricognizione,
individuati gli obiettivi programmatici, verificato che le risorse finanziarie
non sono quasi mai sufficienti a perseguire tutti gli obiettivi, è possibile
dunque la scelta tra più opzioni. Nel rispetto, infatti, delle scelte politiche
dell’amministrazione, occorre considerare i dati finanziari, vale a dire la
destinazione delle risorse e la capacità di assorbimento del sistema, vale a dire
il grado di reattività degli organi burocratici e la loro capacità di orientare
l’azione amministrativa verso gli obiettivi, definendo le modalità di
svolgimento dei processi. In tale ottica la priorità spetta certamente al
finanziamento delle spese correnti consolidate, vale a dire riferite ai servizi
essenziali e strutturali, al mantenimento del patrimonio e dei servizi ritenuti
necessari. La parte rimanente può quindi essere destinata alla spesa di
sviluppo, intesa quale quota di risorse aggiuntive che s’intende destinare al
potenziamento quali-quantitativo di una certa attività, o alla creazione di un
nuovo servizio, indipendentemente dalla natura della spesa. Infine la
previsione di spese d’investimento, il cui finanziamento, attraverso l’istituto
dell’accantonamento di quote d’ammortamento ed attraverso il
comportamento virtuoso imposto dal “patto di stabilità interno” (di cui all’art.
28 della legge n. 448 del 1998), sarà sempre più riservato a risorse di parte
corrente.
32
Individuazione e redazione dei programmi e dei progetti.
Occorre affrontare ora il problema del processo di formazione dell’indirizzo,
cioè del processo che, partendo da obiettivi generali, conduce alla definizione
di programmi e progetti per l’azione amministrativa, per la gestione e per
l’organizzazione. Non sembra che il legislatore abbia voluto modificare la
portata dei programmi se non per la maggiore dignità formale che gli ha
voluto assegnare. Di conseguenza, dovendo dettarne le caratteristiche,
considerandone compatibilmente il grado di realizzabilità, occorre individuare
quale sia la struttura dello strumento previsionale. Occorre in buona sostanza
stabilire se l’ente debba formularli all’interno di ciascuna singola funzione
ovvero se possa liberamente formularli trasversalmente. La prima soluzione
conduce alla formulazione di un «programma endofunzionale» ed appare la
più semplice anche per la fissazione di schemi omogenei, in quanto così il
programma diviene la specificazione organizzativa della funzione. La seconda,
detta per «programmi interfunzionali o plurifunzionali», ha però il vantaggio
di assecondare meglio la volontà degli enti e la libera espressione di una parte
del complessivo piano di attività dell’ente, assolutamente non comprimibile
entro spazi predefiniti. Questa soluzione, che farebbe propendere per l’analisi
corretta della normativa, evidenzia che il programma ed i singoli progetti che
lo compongono sono il cardine della programmazione, incentrando l’intera
preparazione del bilancio sui loro contenuti che divengono un imprescindibile
momento per la struttura del bilancio e per la definizione dei rapporti tra gli
organi politici e tra questi e la struttura dell’ente nonché per la corretta
informazione sui contenuti effettivi delle scelte al
cittadino/utente/contribuente. evidenza pubblica e comunicazione sociale del
bilancio annuale e pluriennale. Nella costruzione, formulazione e
approvazione dei programmi si sostanzia, infatti, l’attività di definizione delle
scelte politiche che è propria del massimo organo elettivo preposto
all’indirizzo e al controllo. In questa sede si deve esprimere la migliore forma e
la migliore qualità delle decisioni politiche che caratterizzano l’ente. E’
d’uopo, al riguardo, il riferimento alle linee programmatiche presentate dal
Sindaco e dal Presidente della provincia al Consiglio che, a tutti gli effetti,
rappresentano il momento della pianificazione strategica dalla quale promana
la successiva definizione dei programmi pluriennali e annuali. L’art. 170
TUEL parla di programmi anche nell’ultimo periodo del comma 5 laddove si
afferma che «la parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta
analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella
relazione previsionale e programmatica». Pertanto i programmi sono
contenuti:
1) in apposito quadro di sintesi del bilancio;
33
2) nella relazione previsionale e programmatica.
Dei programmi occorre fare analitica illustrazione prendendo coscienza che da
qui inizia il processo di definizione degli indirizzi e delle scelte che deve
portare all’affidamento di obiettivi e risorse ai responsabili dei servizi e quindi
della gestione e dei risultati. Inizia di qui il collegamento tra indirizzo politico-
amministrativo, bilancio dell’amministrazione e budget a disposizione dei
responsabili dei servizi. In questa fase si ha una definizione dei programmi e
quindi nel bilancio programmatico che dovrà poi condurre al bilancio
gestionale.
E’ proprio in questa fase che possono essere introdotti progetti di contenuto
applicativo dei singoli programmi e che scandiscono le concrete attività da
porre in essere. Conseguentemente con la definizione dei programmi e degli
eventuali progetti si compie un passo essenziale per la
distinzione/integrazione tra indirizzo politico e amministrazione su questa
base si cerca di riportare la politica nell’ambito e alla qualità suoi propri - gli
obiettivi, le scelte e le mediazioni di fondo, gli indirizzi operativi, la
distribuzione delle macrorisorse - e di valorizzare, entro questi confini,
l’autonomia delle amministrazioni, che non è meramente esecutiva, ma
presuppone delle scelte. Il raccordo in seguito è assicurato dal controllo degli
organi politici sui risultati della gestione affidata ai responsabili dei servizi.
Predisposizione del modello della relazione
Il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, ha approvato i modelli e schemi
contabili relativi alla relazione previsionale e programmatica. Nel nuovo
modello è stato disegnato un preciso percorso per la piena applicazione del
disposto dell’art. 12 del D. Lgs. n. 77 del 1995 (adesso art. 170 del TUEL),
prima citato. Il modello è suddiviso in sei sezioni così rubricate:
1. caratteristiche generali della popolazione, del territorio,
dell’economia insediata e dei servizi dell’ente;
2. analisi delle risorse;
3. programmi e progetti;
4. stato di attuazione dei programmi deliberati negli anni precedenti e
considerazioni sullo stato di attuazione;
5. rilevazione per il consolidamento dei conti pubblici;
34
6. considerazioni finali sulla coerenza dei programmi rispetto ai piani
regionali di sviluppo, ai piani regionali di settore, agli atti
programmatici della regione.
Il modello contiene le indicazioni minime necessarie, vale a dire che lo stesso
può essere liberamente integrato di altre indicazioni, di altri prospetti, di altri
elementi e di altre informazioni che siano ritenute utili ai fini della
illustrazione del bilancio annuale e del bilancio pluriennale, nonché dei
programmi e dei progetti negli stessi contenuti. La forma grafica è per altro
obbligatoria per le sezioni da 2 a 6, restando facoltativa per la sezione 1
riservata alle caratteristiche generali. Prescindendo quindi da quest’ultima, e
dalle valutazioni conclusive, solo descrittive, di cui alla Sezione 6, si
richiamano taluni aspetti delle Sezioni centrali, da 2 a 5. Per completezza di
materia, si avverte che ai fini di consentire la corrispondenza generale delle
previsioni col bilancio pluriennale, è utile aggiungere un prospetto nel quale si
possano inserire anche gli oneri della restituzione dei prestiti.
Analisi delle risorse
E’ strutturata in successivi prospetti che, partendo da un quadro riassuntivo,
esaminano ciascun titolo dell’entrata, evidenziandone i cespiti con sostanziale
riferimento alle categorie ed imponendo per ciascuno una serie di valutazioni,
descrizioni, analisi, ritenute necessarie per dimostrare l’attendibilità della
previsione di entrata, quale affermata tra i principi fondamentali del bilancio
di previsione. Ciascun prospetto si compone di una serie di colonne, riunite in
due raggruppamenti principali, il trend storico e la programmazione
pluriennale, e concluse con l’indicazione della percentuale di scostamento tra
la previsione dell’esercizio in corso e la previsione del bilancio annuale
proposto, dando così attuazione al disposto dell’art. 170, comma 5 del TUEL.
La parte riferita al trend storico comprende due colonne contenenti dati di
rendiconto, ovvero gli accertamenti, per ciascuna voce indicata, degli ultimi
due esercizi precedenti quello in corso. Ad esempio in sede di
programmazione del bilancio 2003, le due colonne indicano le risultanze
consuntive degli esercizi 2000 e 2001. La terza colonna è invece riservata alla
previsione dell’esercizio in corso (nel nostro esempio il 2002). Le risultanze
che vi devono essere indicate vanno riferite alla previsione assestata del
bilancio, ovvero devono comprendere tutte le variazioni che nel corso
dell’esercizio sono state apportate alle previsioni iniziali. La parte invece
riferita alla programmazione pluriennale comprende semplicemente le tre
colonne riferite a ciascuno degli anni cui il bilancio pluriennale si riferisce
Programmi e progetti
35
L’art. 170, comma 3, prevede che per la parte relativa alla spesa la relazione
previsionale e programmatica contempli espressamente programmi ed
eventuali progetti.
Ciascun programma ha i seguenti contenuti:
1) scelte adottate con specificazione delle finalità che si intende
conseguire e con indicazione di parametri ponderali utili a misurare
il grado di raggiungimento del risultato atteso;
2) indicazione delle risorse umane utilizzate;
3) indicazione delle risorse strumentali impiegate;
4) motivazione.
Ogni programma contiene altresì i seguenti altri elementi come risultano allo
schema approvato dal legislatore con il D.P.R. n. 326 del 1998 :
1. dimostrazione della copertura finanziaria: si espone, anno per
anno del triennio, quanto si finanzia con entrate specifiche,
quanto con entrate correlate ai servizi e quanto con risorse
generali e cioè con il complesso delle risorse indistinte iscritte in
bilancio;
2. analisi della spesa nel triennio: si indica, anno per anno, la spesa
corrente consolidata, rigida e immodificabile per atti assunti in
precedenza, quella di sviluppo e quella per investimento.
36
Figura 4- Relazione tra programmi e RPP (Fonte : Bisio 2001)
Stato di attuazione dei programmi
Per una maggior presenza di dati e per il completamento della ricognizione,
anche finanziaria, dello stato attuale dell’ente, questa Sezione della Relazione
Previsionale prevede un prospetto che elenca, analiticamente, i progetti di
opere pubbliche finanziati negli esercizi precedenti e non ancora, in tutto o in
parte, realizzati, avendo riferimento:
1) all’oggetto dell’opera;
2) al Servizio di riferimento, alla struttura cioè che sta curando, o che
avrebbe dovuto curare, la realizzazione dell’opera;
3) all’anno di impegno dei fondi;
4) all’importo totale dell’opera, con evidenza della parte già liquidata;
5) alla fonte di finanziamento.
Una seconda parte, descrittiva tende invece ad illustrare lo stato di attuazione
dei programmi e, semmai, ad argomentare l’elenco più o meno corposo delle
opere non ancora completate.
Relazione previsionale e
programmatica
Linee programmatiche
per azioni e progetti
Programma Programma
Descrizione del programma
Motivazione delle scelte
Finalità da conseguire
Risorse umane da impiegare
Risorse strumentali da utilizzare
Coerenza con i piani regionali di
settore
37
La rilevazione per il consolidamento dei conti pubblici.
L’ultima sezione comprende un prospetto di grandi dimensioni, nella
doppia versione D.P.R. n. 421 del 1979, ormai obsoleta, D. Lgs. n. 77 del 1995
e D.P.R. n. 194 del 1996. Il prospetto comprende due quadri. Il primo,
contraddistinto con la lettera A), riferito alle spese correnti, il secondo,
contraddistinto con la lettera B), riferito alle spese in conto capitale.La
compilazione risulta relativamente agevole, comprendendosi sostanzialmente
l’elencazione degli Interventi di spesa, integrati con alcune specificazioni,
specie sui destinatari pubblici della spesa, cui corrisponde una serie di colonne
intestate alle singole funzioni della spesa stessa.
IL BILANCIO PLURIENNALE
Caratteristiche e finalità del bilancio pluriennale.
L’art. 171 del TUEL prevede che gli enti locali alleghino al bilancio
annuale di previsione un bilancio pluriennale. Ciò evidenzia ancora una volta
l’importanza e gli obblighi della programmazione negli enti locali. Questa si
articola in un processo le cui fasi sono definite scandite e che, partendo dalla
presentazione delle linee programmatiche al Consiglio dell’Ente si concretizza
nella fissazione di indirizzi generali, nell’individuazione dei mezzi a
disposizione e delle effettive possibilità operative, nella redazione del piano
generale di sviluppo dell’ente (come previsto dall’art. 165, comma 7) e nella
successiva costruzione dei programmi che costituiscono la chiave di lettura del
bilancio pluriennale e della relazione previsionale e programmatica.
Tra i documenti della programmazione delle attività degli enti locali, il
bilancio pluriennale si inserisce, pertanto, quale strumento essenziale di analisi
finanziaria. Riveste un’importanza fondamentale assieme alla relazione
previsionale e programmatica, poiché è proprio mediante questi due
documenti che si concretizza la capacità di programmazione di medio termine
degli organi di governo degli enti locali. Occorre precisare che se la relazione
previsionale e programmatica ha lo scopo di individuare un piano generale
degli interventi dell’ente locale, illustrando i programmi, i progetti e le relative
risorse da utilizzare, il bilancio pluriennale ha la principale funzione di verifica
complessiva dell’entità e della tipologia dei mezzi finanziari idonei a garantire
il mantenimento degli equilibri finanziari nel tempo e, in particolare, la
copertura delle spese di funzionamento e di investimento, ovvero quelle che
riguardano un intervallo di tempo che riguardi più esercizi. A questo
proposito la norma prevede che la durata del periodo contemplato dal bilancio
pluriennale sia pari a quello della regione di appartenenza e comunque non
38
inferiore a tre anni e che il primo esercizio indicato nel bilancio pluriennale
coincide con il periodo preso in considerazione dal bilancio annuale.
. Della medesima durata è del resto il periodo contemplato ed
analizzato dalla relazione previsionale e programmatica.
Tale verifica prende in considerazione un periodo di più anni in relazione a
vari elementi, fra i quali si distinguono le opere pubbliche e gli altri
investimenti che usualmente comportano spese in conto capitale e oneri
indotti in grado di produrre effetti finanziari anche a lunga distanza di tempo
dal momento della decisione e di avvio dell’intervento. Vi sono inoltre alcune
fonti di finanziamento, come i mutui passivi, che per loro natura incidono
sugli equilibri dei bilanci futuri, in termini di spese per interessi passivi e
rimborsi di capitale.
I riflessi finanziari delle decisioni già prese e delle altre da maturare, come
descritte nella relazione previsionale e programmatica, debbono essere
attentamente vagliati per la corretta elaborazione del bilancio pluriennale; ciò
per rispettare i principi della veridicità e della coerenza delle previsioni di
bilancio. Si può, pertanto, affermare che, in via generale, l’attendibilità e la
veridicità del bilancio pluriennale discendono dall’esistenza di una valida ed
efficace programmazione, che si traduce nell’individuazione di “programmi”
da indicare nella relazione previsionale e programmatica e nel bilancio
pluriennale.
Il bilancio pluriennale è un bilancio di competenza finanziaria, prendendo in
considerazione le entrate e le uscite per le quali si prevede sorga il diritto
all’accertamento e l’obbligo all’impegno, senza tenere conto dei rispettivi
momenti successivi dell’incasso e del pagamento (movimentazioni effettive di
cassa). Un elemento di grande novità introdotto dal nuovo ordinamento, che
rafforza e qualifica maggiormente la fase di programmazione dell’ente locale, è
certamente il carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale.
Ciò significa, innanzitutto, che gli stanziamenti di spesa costituiscono limite
di assunzione degli impegni di spesa per ciascun esercizio indicato dal bilancio
pluriennale e sono aggiornati annualmente, come indica l’art. 171, comma 4,
in sede di approvazione del bilancio di previsione. Per le entrate, invece, gli
stanziamenti rappresentano le somme che secondo i principi di veridicità e di
attendibilità si ritiene di poter ragionevolmente accertare in ogni esercizio
contemplato dal bilancio pluriennale. Gli stanziamenti di entrata in tal modo
sono destinati a tradursi in linee di indirizzo e programmi che l’organo
consiliare assegna all’organo esecutivo per il reperimento delle risorse
finanziarie necessarie al finanziamento delle spese di funzionamento e di
investimento.
Come diretta conseguenza del carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale
si pone, fra l’altro, la necessità di assumere impegni sul bilancio pluriennale
qualora dalle scelte amministrative derivino spese a carico degli anni futuri e
non si rientri nella fattispecie di cui all’art. 183, commi 2 in virtù del quale
per taluni impegni non è necessario un impegno di spesa ( si tratta di impegni
ricorrenti per spese dovute come quelle relative al personale, o
all’ammortamento di mutui e prestiti o per spese derivanti da contratti o
39
disposizioni di legge e alcune spese in conto capitale). E’ in questo caso
attribuita una specifica competenza al responsabile di servizio cui spetta
indicare, nell’assunzione dell’impegno di spesa (determinazioni), tutti gli
elementi necessari ad una corretta quantificazione delle spese, non solo
nell’esercizio considerato ma anche in quelli successivi. Spetta poi al
responsabile del servizio finanziario la responsabilità di verifica e di controllo
della copertura finanziaria. Particolare attenzione deve essere, inoltre, prestata
alla previsione di spese che per loro natura hanno durata superiore a quella del
bilancio pluriennale e di quelle che iniziano dopo il periodo considerato dal
bilancio pluriennale; tali spese derivano perlopiù dalle opere pubbliche e dagli
altri investimenti. Per tali previsioni di spesa sarà opportuno provvedere alla
redazione di uno specifico prospetto ai fini del successivo inserimento nei
documenti di bilancio.
Quanto alla programmazione degli investimenti e ai piani economico-
finanziari, l’art. 200 del TUEL dispone che per tutti gli investimenti degli enti
locali comunque finanziati:
1) si dà atto della copertura delle maggiori spese determinate
dall’investimento nel bilancio pluriennale originario
eventualmente modificato dall’organo consiliare;
2) si assume l’impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le
ulteriori o maggiori previsioni di spese relative a servizi futuri.
In ogni caso gli stanziamenti del bilancio pluriennale sono aggiornati
annualmente per scorrimento in sede di approvazione del bilancio di
previsione. Va ricordata la necessaria coerenza con il programma triennale
delle opere pubbliche e con l’elenco annuale.
Struttura del bilancio pluriennale
Il bilancio pluriennale è redatto nell’osservanza di tutti i principi
previsti per il bilancio annuale dall’art. 162 del TUEL e validi per il Bilancio
preventivo, tranne quello dell’annualità. Differisce dal bilancio annuale perché
presenta una struttura sintetica, in diretta correlazione con la struttura della
relazione previsionale e programmatica. Per l’appunto queste diverse
caratteristiche lo differenziano dal bilancio annuale, il quale conserva il suo
ruolo di documento in assoluto più completo della programmazione
finanziaria
Per la parte riguardante le entrate il bilancio pluriennale comprende il quadro
dei mezzi finanziari che, per ciascuno degli anni considerati, si prevede di
destinare:
1) alla copertura di spese correnti;
40
2) al finanziamento di spese d’investimento, con indicazione della
capacità di ricorso alle fonti di finanziamento.
In particolare rileva:
3) l’avanzo di amministrazione applicato al bilancio nelle sue varie
forme: soggetto a vincolo, destinato al finanziamento di investimenti,
collegato al fondo ammortamento ed infine contenente una parte non
vincolata;
4) i titoli di entrata, con esclusione delle categorie, delle risorse e dei
servizi per conto di terzi;
5) le singole risorse con le seguenti indicazioni:
- gli accertamenti dell’ultimo esercizio chiuso;
- le previsioni dell’esercizio in corso;
- le previsione del bilancio pluriennale indicate anno per anno e nel
totale;
6) il riepilogo dei titoli, dell’avanzo ed il totale generale.
Con riferimento alle Spese il Bilancio Pluriennale è invece strutturato
per programmi, per titoli, per servizi e interventi.
In corrispondenza di ciascun programma, titolo, servizio e intervento, è è
individuato l’ammontare delle spese correnti di gestione, suddivise tra spese
consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall’attuazione delle politiche
d’investimento, nonché le spese d’investimento previste; tutto ciò
distintamente per ognuno degli anni considerati. Ciascun programma o
servizio rileva a sua volta gli interventi suddivisi per titoli, con il totale per
titoli ed il totale finale per l’intero programma o servizio. Ogni intervento di
spesa, infine, nell’ambito di ciascun titolo rileva:
1) gli impegni dell’ultimo esercizio chiuso;
2) le previsioni definitive dell’esercizio in corso;
3) le previsioni del pluriennale, anno per anno, e con distinzione per
ciascun anno della spesa consolidata e di quella di sviluppo
A conclusione è invece riportato un quadro di sintesi.
Il nuovo ordinamento finanziario e contabile prevede l’impiego c.d metodo per
scorrimento nella redazione del bilancio pluriennale, come del resto avveniva già
in precedenza sotto il regime dall’ordinamento, di cui al D.P.R. 19 giugno
1979, n. 421. Il bilancio pluriennale viene, infatti, definito scorrevole poiché
41
ogni anno rileva un periodo di tempo traslato in avanti di un esercizio
finanziario e deve pertanto essere aggiornato in sede di approvazione del
bilancio di previsione, visto che il primo esercizio del bilancio pluriennale per
definizione coincide con l’esercizio contemplato dal bilancio annuale. Ciò
comporta una particolare attenzione agli impegni pluriennali già assunti che
debbono essere rideterminati in ragione di ogni anno previsto, per non
incorrere nell’errore di prevedere stanziamenti di bilancio insufficienti a
coprire gli impegni già presi, oltre, ovviamente, alle altre spese obbligatorie e
fisse. Ci si riferisce, in particolare, sia agli impegni sul bilancio pluriennale veri
e propri sia alle spese derivanti da scelte pregresse, ma che si manifestano in
anni successivi al periodo indicato nel bilancio pluriennale (si pensi ad
esempio agli oneri indotti degli investimenti). Vi sono, poi, le spese che per
loro natura ricadono anche negli anni successivi come, ad esempio, le rate di
ammortamento dei mutui ed i premi assicurativi. In tal modo, tutte le
fattispecie di spesa sopra indicate devono essere vagliate e rimodulate ogni
anno per la corretta determinazione degli stanziamenti. Si evidenzia
l’importanza di questa fase di previsione, poiché dalla correttezza di queste
operazioni deriva direttamente la veridicità e l’attendibilità, nonché il rispetto
degli equilibri del bilancio stesso. Emerge, in tale ambito, la competenza del
responsabile del servizio nell’indicare correttamente le previsioni di spesa dei
servizi di propria competenza ed anche la successiva responsabilità di verifica e
di controllo da parte del responsabile del servizio finanziario.
Quanto alle possibili variazioni che intervengono a riquantificare gli obiettivi
predeterminati, il bilancio pluriennale, considerato il collegamento diretto
esistente con il bilancio di previsione annuale, è soggetto alle stesse regole
previste per le variazioni in corso di esercizio previste per quest’ultimo. Il
carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale impone, in particolare,
l’adozione di delibere di variazione dello stesso, laddove l’approvazione di
progetti esecutivi di opere pubbliche o, comunque, qualsiasi altra scelta da
effettuare in corso di esercizio, comportino differenti previsioni di spesa
rispetto alla originaria formulazione del bilancio pluriennale; ciò
nell’osservanza del principio della copertura finanziaria, al fine di mantenere
gli equilibri di bilancio. E’ bene tener conto, infine, che le variazioni del
bilancio pluriennale devono corrispondere alle variazioni della relazione
previsionale e programmatica, per la loro natura di strumenti di
programmazione inscindibilmente e reciprocamente correlativi e collegati.
IL BILANCIO DI PREVISIONE
Il bilancio annuale di previsione, con i suoi principi e le sue
caratteristiche, resta il principale documento di programmazione,
conservando la sua funzione di autorizzazione e limite e dando concreta
attuazione alla distinzione tra indirizzo e controllo da un lato e gestione e
relativi risultati dall’altro. Innovando rispetto alle precedenti disposizioni, la
42
legge n. 142 del 1990 (interamente ripresa dal TUEL) ne ha enfatizzato la sua
funzione programmatica imponendo di accludervi la RPP. Conseguentemente
il bilancio nelle nuove forme e nei nuovi contenuti stabiliti dalla riforma ha il
compito di correlare gli indirizzi strategici ai valori contabili in esso esplicitati
in modo da costituire il primo riscontro utile ad attivare le leve di gestione e
quindi il controllo in termini di analisi e valutazione degli andamenti e dei
risultati. I principi6
del bilancio ricevono indicazione nell’art. 162 e sono stati
integrati da un recente documento (4 luglio 2002), costituito dai postulati e dai
principi generali, approvato dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti
locali. Va considerato che la riforma non ha sconvolto la precedente
impostazione del bilancio, ma ne ha sostanzialmente confermato e meglio
definito i criteri classici, espliciti o meno, delle precedenti esperienze
normative. Tra gli altri, è rimasto confermato il tradizionale principio
finanziario della competenza, mentre è scomparso quello della cassa, anche se
le ultime norme sul patto di stabilità interno hanno ridato spazio alle
valutazioni di cassa. Un commento a sé merita l’introduzione, tra gli altri, del
principio della veridicità, ovviamente da sempre implicito, ma ora
normativamente rilevante. Traspare la particolare attenzione del legislatore
non solo nel definirlo, ma poi nel connettervi riscontri metodologici
dell’organo di revisione contabile, che tra l’altro deve dare un motivato
giudizio sulla sua osservanza. Le norme evidenziano anche il carattere
autorizzativo, tipico della contabilità finanziaria. La riforma, nel confermarlo, si
è dato carico di regolare le connessione con la contabilità economica e le sua
esigenze di trasparenza e modernità tanto che la stessa interpretazione dei
postulati di bilancio da parte dell’Osservatorio sottolinea come i valori
finanziari, a preventivo, debbano esprimere la dimensione finanziaria di fatti economici
previamente valutati. Dal carattere autorizzativo discende altresì il limite agli
impegni di spesa, che il legislatore ha inteso garantire puntualmente affidando
al servizio finanziario il compito di verificarne l’osservanza e consentendo,
solo dopo tale verifica, il perfezionamento dell’iter amministratico-contabile
Unica eccezione è costituita dai servizi per conto di terzi, per i quali non
rappresenta limite per l’assunzione degli impegni di spesa e quindi in quei casi
può essere superato lo stanziamento iscritto. Conseguentemente l’impegno
che dovesse essere assunto per importo che superi lo stanziamento deve
trovare corrispondente accertamento di entrata, anch’esso superiore alla
previsione iscritta, senza incidere in alcun modo sull’equilibrio complessivo
del bilancio. Ovviamente, il tipo dei capitoli iscrivibili in questa parte del
6I postulati individuati dalla norma sono quelli già noti per il bilancio di previsione annuale degli enti
pubblici seguenti:
1. Unità
2. Annualità
3. Universalità
4. Integrità
5. Veridicità ed attendibilità
6. Pareggio finanziario
7. Pubblicità
43
bilancio è rigidamente predefinita e non è possibile un so ampliamento, quale
che sia la motivazione. Infine occorre ribadire il collegamento tra bilancio di
previsione annuale e gestione degli impegni pluriennali che il legislatore
annovera tra le caratteristiche. Per essa, è imposto che nel bilancio annuale di
previsione sia data idonea copertura agli impegni pluriennali assunti negli anni
precedenti. L’applicazione dell’art. 183, commi 6 e 7 demanda all’ente, ed in
definitiva al suo consiglio, di operare un’attenta azione ricognitiva degli
impegni pluriennali assunti e ricadenti nell’anno finanziario cui il bilancio si
riferisce per assicurare e verificare la copertura con idoneo finanziamento.
Struttura del bilancio di previsione annuale
La struttura del bilancio di previsione è disciplinata dall’art. 165
TUEL, che conferma sostanzialmente la precedente impostazione generale di
classificazione dell’entrata in sei titoli, secondo la fonte di provenienza, e della
spesa in quattro titoli secondo la classificazione economica. La novità di
rilievo è costituita dalle nuove unità elementari del bilancio, rispettivamente
la risorsa per le entrate e gli interventi per la spesa.
Ha determinante rilievo, anche per la corretta definizione dei compiti
del consiglio, la disposizione del comma 9 dell'art. 165 TUEL il quale
stabilisce che a ciascun servizio é affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi
finanziari, specificati negli interventi assegnati, dei quale risponde il responsabile del servizio.
L’affidamento si connette all’altro compito, parimenti importante, della
definizione degli indirizzi strategici da osservare e dei programmi da realizzare
che sono contenuti nella RPP.
Ne deriva da un lato uno snellimento delle procedure, dall’altro una
mancanza di riscontro da parte del Consiglio sulla realizzazione degli obiettivi
indicati dalla relazione previsionale programmatica, che resta l’unico
strumento in grado di definire obiettivi e programmi sottoposto al suo vaglio
All’affidamento consegue, quando ricorre, l’operazione effettuata in sede di
PEG di dettaglio dell’assegnazione dei mezzi finanziari ai responsabili di
risultato di gestione. Sul piano generale va anche precisato che sulla struttura
del bilancio e compatibilmente con le normative dell’ordinamento occorre
recepire le norme recate dalla regione di appartenenza per le entrate e le spese
relative alle funzione delegate. L’art. 165, comma 12, con riferimento alle
funzioni delegate dalle regioni agli enti, stabilisce, infatti, che i bilanci di
previsione degli enti locali recepiscano, purché non in contrasto con la
normativa del TUEL, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di
appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni
delegate, in modo tale che la regione possa effettuare un controllo sulla
destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e e verificare l'omogeneità delle
classificazioni di dette spese nel bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle
contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Prevede, infine,
espressamente il divieto per gli enti locali di indicare entrate e spese attinenti
alle funzioni delegate dalle regioni tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di
previsione
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali
Programmazione e controllo negli enti locali

More Related Content

What's hot

Elementi di contabilità degli enti locali
Elementi di contabilità degli enti localiElementi di contabilità degli enti locali
Elementi di contabilità degli enti locali
Francesco Ferrante
 

What's hot (20)

Elementi di contabilità degli enti locali
Elementi di contabilità degli enti localiElementi di contabilità degli enti locali
Elementi di contabilità degli enti locali
 
Lezione n. 07 - Appalti e contratti pubblici nel Dlgs 50/2016 e disciplina di...
Lezione n. 07 - Appalti e contratti pubblici nel Dlgs 50/2016 e disciplina di...Lezione n. 07 - Appalti e contratti pubblici nel Dlgs 50/2016 e disciplina di...
Lezione n. 07 - Appalti e contratti pubblici nel Dlgs 50/2016 e disciplina di...
 
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 09 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 09 di 13Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 09 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 09 di 13
 
Lezione n. 08 (2 ore) - Contabilità delle Aziende sanitarie: la gestione fina...
Lezione n. 08 (2 ore) - Contabilità delle Aziende sanitarie: la gestione fina...Lezione n. 08 (2 ore) - Contabilità delle Aziende sanitarie: la gestione fina...
Lezione n. 08 (2 ore) - Contabilità delle Aziende sanitarie: la gestione fina...
 
Procedimento amministrativo e L. 241/1990 - 9 giugno 2016
Procedimento amministrativo e L. 241/1990 - 9 giugno 2016Procedimento amministrativo e L. 241/1990 - 9 giugno 2016
Procedimento amministrativo e L. 241/1990 - 9 giugno 2016
 
Lezione n. 07 - Diritto degli Enti Locali e TUEL: La disciplina del Comune fr...
Lezione n. 07 - Diritto degli Enti Locali e TUEL: La disciplina del Comune fr...Lezione n. 07 - Diritto degli Enti Locali e TUEL: La disciplina del Comune fr...
Lezione n. 07 - Diritto degli Enti Locali e TUEL: La disciplina del Comune fr...
 
Lezione 3 - Programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione e controll...
Lezione 3 - Programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione e controll...Lezione 3 - Programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione e controll...
Lezione 3 - Programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione e controll...
 
Lezione n. 12 - Esercitazione alla prova scritta: analisi di esempi di prove ...
Lezione n. 12 - Esercitazione alla prova scritta: analisi di esempi di prove ...Lezione n. 12 - Esercitazione alla prova scritta: analisi di esempi di prove ...
Lezione n. 12 - Esercitazione alla prova scritta: analisi di esempi di prove ...
 
Lezione 0 - Corso-concorsi per amministrativo in Regione (13 lezioni)
Lezione 0 - Corso-concorsi per amministrativo in Regione (13 lezioni)Lezione 0 - Corso-concorsi per amministrativo in Regione (13 lezioni)
Lezione 0 - Corso-concorsi per amministrativo in Regione (13 lezioni)
 
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 02 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 02 di 13Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 02 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 02 di 13
 
Lezione n. 01 (2 ore) - Simulazione di prova scritta con domande a risposta a...
Lezione n. 01 (2 ore) - Simulazione di prova scritta con domande a risposta a...Lezione n. 01 (2 ore) - Simulazione di prova scritta con domande a risposta a...
Lezione n. 01 (2 ore) - Simulazione di prova scritta con domande a risposta a...
 
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 05 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 05 di 13Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 05 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 05 di 13
 
Lezione n. 12 (2 ore) - Preparazione alle prove d’esame: preselettiva, quiz, ...
Lezione n. 12 (2 ore) - Preparazione alle prove d’esame: preselettiva, quiz, ...Lezione n. 12 (2 ore) - Preparazione alle prove d’esame: preselettiva, quiz, ...
Lezione n. 12 (2 ore) - Preparazione alle prove d’esame: preselettiva, quiz, ...
 
Tecniche di redazione degli atti - 15 gennaio 2019
Tecniche di redazione degli atti - 15 gennaio 2019Tecniche di redazione degli atti - 15 gennaio 2019
Tecniche di redazione degli atti - 15 gennaio 2019
 
Lezione n. 05 - La disciplina del pubblico impiego: La normativa sul lavoro a...
Lezione n. 05 - La disciplina del pubblico impiego: La normativa sul lavoro a...Lezione n. 05 - La disciplina del pubblico impiego: La normativa sul lavoro a...
Lezione n. 05 - La disciplina del pubblico impiego: La normativa sul lavoro a...
 
L’armonizzazione contabile e il pareggio di bilancio negli enti di area vasta
L’armonizzazione contabile e il pareggio di bilancio negli enti di area vastaL’armonizzazione contabile e il pareggio di bilancio negli enti di area vasta
L’armonizzazione contabile e il pareggio di bilancio negli enti di area vasta
 
Lezione n. 03 (2 ore) - Elementi di diritto amministrativo: situazioni giurid...
Lezione n. 03 (2 ore) - Elementi di diritto amministrativo: situazioni giurid...Lezione n. 03 (2 ore) - Elementi di diritto amministrativo: situazioni giurid...
Lezione n. 03 (2 ore) - Elementi di diritto amministrativo: situazioni giurid...
 
Lezione n. 06 - Contabilità pubblica (programmazione finanziaria, armonizzazi...
Lezione n. 06 - Contabilità pubblica (programmazione finanziaria, armonizzazi...Lezione n. 06 - Contabilità pubblica (programmazione finanziaria, armonizzazi...
Lezione n. 06 - Contabilità pubblica (programmazione finanziaria, armonizzazi...
 
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 11 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 11 di 13Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 11 di 13
Corso di preparazione ai concorsi - Lezione 11 di 13
 
Lezione n. 05 (2 ore) - Gli atti della gestione economico-finanziaria alla lu...
Lezione n. 05 (2 ore) - Gli atti della gestione economico-finanziaria alla lu...Lezione n. 05 (2 ore) - Gli atti della gestione economico-finanziaria alla lu...
Lezione n. 05 (2 ore) - Gli atti della gestione economico-finanziaria alla lu...
 

Similar to Programmazione e controllo negli enti locali

I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICII MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
cpz
 
CONSOB 2013
CONSOB 2013CONSOB 2013
CONSOB 2013
cpz
 
Position paper - Premialita' aziende csr
Position paper - Premialita' aziende csrPosition paper - Premialita' aziende csr
Position paper - Premialita' aziende csr
Epistema
 
Relazione fusione Borgo del Mortirolo
Relazione fusione Borgo del MortiroloRelazione fusione Borgo del Mortirolo
Relazione fusione Borgo del Mortirolo
INTORNO TIRANO
 

Similar to Programmazione e controllo negli enti locali (20)

Roberto Di Maria - Carmelo Provenzano, Efficienza, competitività ed innovazio...
Roberto Di Maria - Carmelo Provenzano, Efficienza, competitività ed innovazio...Roberto Di Maria - Carmelo Provenzano, Efficienza, competitività ed innovazio...
Roberto Di Maria - Carmelo Provenzano, Efficienza, competitività ed innovazio...
 
LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE NELLE GESTIONI MUSEALI - CECILIA CHIRIELEISO...
LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE NELLE GESTIONI MUSEALI - CECILIA CHIRIELEISO...LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE NELLE GESTIONI MUSEALI - CECILIA CHIRIELEISO...
LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE NELLE GESTIONI MUSEALI - CECILIA CHIRIELEISO...
 
Un quadro concettuale di riferimento per il sistema del procurement pubblico
Un quadro concettuale di riferimento per il sistema del procurement pubblicoUn quadro concettuale di riferimento per il sistema del procurement pubblico
Un quadro concettuale di riferimento per il sistema del procurement pubblico
 
Spending review
Spending review  Spending review
Spending review
 
OISS - Position paper Arezzo 22.6.2021
OISS - Position paper Arezzo 22.6.2021OISS - Position paper Arezzo 22.6.2021
OISS - Position paper Arezzo 22.6.2021
 
La struttura organizzativa: un'ipotesi di partenza per un'organizzazione serv...
La struttura organizzativa: un'ipotesi di partenza per un'organizzazione serv...La struttura organizzativa: un'ipotesi di partenza per un'organizzazione serv...
La struttura organizzativa: un'ipotesi di partenza per un'organizzazione serv...
 
Il processo di razionalizzazione delle partecipate quadro politico e normativo
Il processo di razionalizzazione delle partecipate quadro politico e normativoIl processo di razionalizzazione delle partecipate quadro politico e normativo
Il processo di razionalizzazione delle partecipate quadro politico e normativo
 
WeCo 2012 vademecum
WeCo 2012 vademecumWeCo 2012 vademecum
WeCo 2012 vademecum
 
Giuseppe Franco Ferrari sul tema della semplificazione amministrativa e la fi...
Giuseppe Franco Ferrari sul tema della semplificazione amministrativa e la fi...Giuseppe Franco Ferrari sul tema della semplificazione amministrativa e la fi...
Giuseppe Franco Ferrari sul tema della semplificazione amministrativa e la fi...
 
@spazioetico. Linee guida formazione valoriale
@spazioetico. Linee guida formazione valoriale@spazioetico. Linee guida formazione valoriale
@spazioetico. Linee guida formazione valoriale
 
I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICII MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
I MODELLI DI CONTROLLO ASPETTI COMPARATISTICI
 
CONSOB 2013
CONSOB 2013CONSOB 2013
CONSOB 2013
 
La contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali
La contabilità economico-patrimoniale negli atenei stataliLa contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali
La contabilità economico-patrimoniale negli atenei statali
 
Position paper - Premialita' aziende csr
Position paper - Premialita' aziende csrPosition paper - Premialita' aziende csr
Position paper - Premialita' aziende csr
 
PA - La semplificazione nei comuni italiani
PA - La semplificazione nei comuni italianiPA - La semplificazione nei comuni italiani
PA - La semplificazione nei comuni italiani
 
Un HoReCa senza bottiglie: ripensare il modello di business della Distribuzione.
Un HoReCa senza bottiglie: ripensare il modello di business della Distribuzione.Un HoReCa senza bottiglie: ripensare il modello di business della Distribuzione.
Un HoReCa senza bottiglie: ripensare il modello di business della Distribuzione.
 
ARTICOLO FORUM CSR
ARTICOLO FORUM CSRARTICOLO FORUM CSR
ARTICOLO FORUM CSR
 
Governancemio
GovernancemioGovernancemio
Governancemio
 
La governance locale partecipata
La governance locale partecipataLa governance locale partecipata
La governance locale partecipata
 
Relazione fusione Borgo del Mortirolo
Relazione fusione Borgo del MortiroloRelazione fusione Borgo del Mortirolo
Relazione fusione Borgo del Mortirolo
 

Programmazione e controllo negli enti locali

  • 1. PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NEGLI ENTI LOCALI DISPENSA DA CITARE SOLO CON L’AUTORIZZAZIONE DELL’AUTORE SALVATORE RUSSO
  • 2. 2 Sommario Introduzione ............................................................................................3 I nuovi paradigmi nella cultura gestionale dell’ente locale 4 Il sistema dei controlli ........................................................................... 13 Il controllo di gestione........................................................................... 21 Gli strumenti di programmazione e controllo negli enti locali ............. 25 Il ruolo della contabilità economica ...................................................... 64
  • 3. 3 INTRODUZIONE Nell’ordinamento italiano a partire dagli anni ’90, in materia di programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche, si è assistito a un progressivo avvicinamento fra quanto teorizzato a livello economico-aziendale e quanto espresso dalla legislazione, che in buona sostanza ha raccolto le istanze di una maggiore flessibilità e dinamicità gestionale promosse dal mondo operativo. In tal senso, grazie ai fenomeni culturali tra cui principalmente spicca quello del New Public Managemnt (NPM), si è potuto assistere alla costruzione di regole comportamentali che hanno favorito l’avvicinamento di strumenti e meccanismi utilizzabili dalle amministrazioni facenti parte del settore pubblico a quelli da sempre presenti nel settore privato. Si è così compiuto il tentativo di realizzare una stretta correlazione fra risorse e impieghi nel settore pubblico, dando adito a soluzioni variamente eterogenee che hanno fortemente influito sulla cultura gestionale dell’ente locale. I modelli applicati, di stretta derivazione delle discipline economico-aziendali, si sono concentrati prevalentemente sul riordino della disciplina dei controlli interni e sull’introduzione di processi di controllo direzionale attinenti all'attività degli organi dirigenziali, chiamati ad operare delle scelte di attribuzioni di responsabilità e di risorse, in funzione degli obiettivi da realizzare, determinati dalle scelte di medio e lungo periodo operate dall’organo politico. In tal modo, il rapporto tra politica ed amministrazione si è andato lentamente spostando sull’asse del modello di distinzione – integrazione, proponendosi come una decisa correzione dei meccanismi fuorvianti, derivati da una tipica commistione tra organi politi ed organi burocratici e ponendosi come uno tra gli obiettivi irrinunciabili del processo di riforma della pubblica amministrazione. Sensibile ai nuovi messaggi di cambiamento, dovuti per lo più agli ampi processi di managerialisation attuati in altri contesti europei ed extraeuropei, il legislatore italiano ha dimostrato una certa versatilità nel permettere al sistema di recuperare credibilità e fiducia nei confronti dei cittadini, ponendo una certa enfasi su strumenti ritenuti idonei a
  • 4. 4 migliorare le condizioni gestionali (economicità), a promuovere una graduale responsabilizzazione sui risultati (accountability), coinvolgendo la stessa collettività sugli obiettivi di carattere economico-finanziario. I concetti di razionalità economica, efficienza ed efficacia hanno fatto ingresso nella cultura stantia delle amministrazioni pubbliche, venendo a stimolare quello che ormai, nel linguaggio comune, è conosciuto come il "processo di aziendalizzazione " degli istituti pubblici. I NUOVI PARADIGMI NELLA CULTURA GESTIONALE DELL’ENTE LOCALE Com’è noto, in Italia attività e processi nel settore pubblico sono stati tradizionalmente ancorati ad un sistema di governo basato su regole formali ed implicite e ciò ha fatto sì che il sistema della pubblica amministrazione venisse visto come un sistema chiuso, autoreferenziale, rispetto alle valutazioni di convenienza economica, nel quale l'assenza di condivisione di idee ed il doversi necessariamente uniformare a schemi normativi precostituiti era la consuetudine. [BORGONOVI, 2002]. Gli stessi studi sugli enti pubblici territoriali, ricoprendo questi un ruolo nevralgico all'interno dell'ordinamento statale, da sempre costituiscono una prerogativa delle branche giuridiche e soltanto di recente, con una maggiore valorizzazione della loro funzione sussidiaria e dunque con un ritrovato spazio d’azione, corroborato dall’introduzione di tecniche e strumenti tipici delle aziende private, hanno catturato una maggiore attenzione da parte di studiosi di altre discipline. A ben vedere la dottrina economico-aziendale, nel corso degli anni, ha dedicato un’ampia letteratura a studi, analisi empiriche e considerazioni riguardanti i sistemi di aziende pubbliche, adoperando una propria classificazione in base alla quale nelle c.d. aziende composte1 possono farsi rientrare quegli istituti che esercitano la 1"Si hanno aziende composte nelle quali i processi di produzione sono vincolati ai processi di consumo in intreccio così avvincente da non poterne essere utilmente disgiunti rispetto agli organi che svolgono dissimili processi, ai mezzi patrimoniali in essi investiti e ai processi".( ZAPPA , 1956:p. 189) "L'azienda composta più notevole per l'ampia comunità degli interessi ricongiunti e per la vasta portata sull'economia delle altre aziende è l'azienda composta dello Stato" (ZAPPA , 1956:p. 190).
  • 5. 5 propria attività finalizzata prevalentemente all’erogazione di servizi alla collettività. In tal senso l’ente locale è stato inteso come un istituto in grado di applicare le regole proprie di un sistema aziendale, intendendo con questo termine l'insieme dei criteri e dei metodi di svolgimento delle attività che hanno lo scopo di realizzare un equilibrio tra bisogni e risorse, tra domanda di servizi e offerta degli stessi. Soltanto recentemente, è bene dirlo, vi è stata comunque una rivalutazione dell’impatto degli studi economico-aziendali sul sistema delle aziende pubbliche ed una conseguente sua apertura al variegato universo di strumenti organizzativi e gestionali proposti. Il fatto che l'ordinamento amministrativo e contabile di questi istituti sia stato sempre regolato da rigide norme di diritto che sovente, con i loro contenuti, non sono riuscite a fornire validi strumenti di supporto, né tanto meno di dinamicità al modello gestionale, ha senza dubbio, infatti, favorito il mancato rispetto dei principi di un fisiologico funzionamento. Il processo di riequilibrio che attualmente sembra essersi innescato, tra istanze politico-istituzionali ed avvertite esigenze di una riconsiderazione del ruolo del management pubblico, pertanto può essere ritenuto il motore propulsore del cambiamento. L'ondata di riforme che ha positivamente investito l'apparato burocratico del nostro Paese trova le sue radici in quel filone ideologico che ha ispirato la modernizzazione degli apparati pubblici della gran parte dei paesi occidentali: il new public management (NPM)2 . In un celebre articolo HOOD [1991] individua nei punti seguenti le sette componenti dottrinali del NPM: Revisione del modello di amministrazione professionale; Standard espliciti e misure di performance; Maggiore enfasi sul controllo dei risultati; Cambiamento per il decentramento nel settore pubblico; 2 La dizione NPM è stata coniata da Hood e Aucoin ed è il nome sintetico per l'insieme delle dottrine amministrative che hanno dominato tale processo di riforme (Ghislieri Marazzi, 1996:p. 386).
  • 6. 6 Cambiamento per una maggiore competitività nel settore pubblico; Enfasi sul modello privatistico della pratica manageriale; Accento su una maggiore disciplina e parsimonia nell'uso delle risorse. Considerando alcuni elementi peculiari quali la tendenza a rivedere i livelli della protezione sociale, le privatizzazioni, l'introduzione di elementi di mercato nel settore pubblico e la diffusione all'interno dello stesso di logiche manageriali, non è difficile asserire che il NPM abbia perciò giocato un ruolo essenziale nel processo di modernizzazione dell'amministrazione pubblica italiana. I primi risultati di questo processo non a caso risalgono all'approvazione della L. n. 142 del 1990 sulla "Riforma delle autonomie locali" e dimostrano che quattro sono essenzialmente le sfide con cui il NPM ha dovuto misurarsi in Italia[MENEGUZZO, 1997]: la coerenza con il pluralismo amministrativo sociale, politico ed economico; il mantenimento di uno stretto collegamento con processi di innovazione dal basso; lo sviluppo della imprenditorialità pubblica; la gestione delle reti interorganizzative ed interistituzionali. Detto questo, dovrebbe essere semplice intuire come i nuovi provvedimenti normativi, che, di fatto, si sono avvicendati fino ad oggi, intrisi di principi e concetti mutuati dalle discipline economico- aziendali, nascano con l'intento di riuscire a costruire una nuova facciata all'edificio amministrativo.
  • 7. 7 Reinventare3 la pubblica amministrazione è divenuto l’ideale comune che ha dato luogo a sensibili mutamenti organizzativi, tecnici, istituzionali, stimolando quel processo di apprendimento sociale che si è rivelato estremamente utile per la diffusione di una nuova cultura, all'insegna del raggiungimento dei risultati e del rispetto delle logiche di un efficiente servizio alla collettività. Tabella 1- La riforma degli enti locali dal 1990 ad oggi con i principali interventi normativi L. n. 142/1990 Riordino delle autonomie locali • Distinzione fra momento politico e momento gestionale (art. 51, 2° comma) • Responsabilizzazione degli organi politici in termini di programmazione (art. 32, 2° comma, lett. b) • Responsabilizzazione dei dirigenti in termini di risultati (art. 51, 3° comma) • Possibilità di conferire incarichi direttivi settoriali a tempo determinato, con verifica ex post del conseguimento degli obiettivi (art 51, comma 5 bis ss.) • Introduzione dell'obbligo della contabilità economica (art 55, 6° comma) • Introduzione della revisione economico-finanziaria (art. 57) L. n. 81 del 1993, • Elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia D. lgs. n. 29/1993 Riforma generale del pubblico impiego • Estensione a tutta la P.A.. del principio della distinzione /integrazione fra politica e amministrazione, quindi fra indirizzo e controllo , da una parte , e gestione dall'altra • Esplicitazione di un primo nucleo di logica budgetaria: obbligatoria disaggregazione del bilancio dello Stato per direzioni generali • introduzione di servizi di controllo economico interno o nuclei di valutazione D. lgs. n.77/1995 Nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali • Disciplina del bilancio di previsione su cui si fonda l'autorizzazione all'esecutivo da parte del d.lgs, e il "piano esecutivo di gestione", strumento innovativo • Prima disciplina organica del controllo di gestione • Disciplina della "contabilità economica L. n. 127/1997 c.d. "Bassanini bis" Modifiche ed integrazioni ai tre precedenti interventi normative • E' intervenuta andando ad integrare le norme precedenti, in punti già elencati, con l'obiettivo di snellire i procedimenti amministrativi D. lgs. n. 80/1998 Modifiche ed integrazioni al D. Lgs. n. 29/1993 • Accentuazione della distinzione tra indirizzo politico-amministrativo da un lato e amministrazione dall'altro, con esplicita attribuzione della responsabilità gestionale in via esclusiva ai dirigenti (art.3) D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, • Approvazione dei modelli e schemi contabili relativi alla relazione previsionale e programmatica 3 La formula "reinventing government", di origine statunitense (Osborne D. - Gaebler T. (1992), Reinventing Government: How the entrepreneurial Spirit is transforming the public sector from Scholhouse to Statehouse, City hall to the Pentagon. Reading, MA: Addison Wesley) sin dall'inizio dei rivolgimenti nel settore pubblico, in qualunque paese, ha giocato un ruolo cruciale ed la sua valenza è destinata a perdurare. In un recente articolo, in cui vengono messe in evidenza le componenti del NPM, probabilmente al fine di dare un sostegno alla memoria dello studioso, viene proposto il modello delle 5 R, delle quali una sta proprio per "Reinventare" le altre sono Ristrutturare, Riprogettare, Riallineare e Ripensare. Tutte naturalmente riferite ad un'implementazione strategica del NPM (Jones - Thompson, 1997)
  • 8. 8 L. 3 agosto 1999, n. 265. • Modifiche ed integrazione della L. n. 142 del 1990 D.lgs n. 286/1999 Riordino e potenziamento dei meccanismi di monitoraggio. “Controlli interni” • Controllo di regolarità amministrativa e contabile • Controllo di gestione • Valutazione della dirigenza • Controllo strategico D. lgs n. 267/2000 T.U.E.L. • Accorpamento di tutta la disciplina normativa organizzativa, gestionale e contabile sulle autonomie locali Legge Costituzionale n. 3/ 2001 Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzioane • Competenze amministrative dallo Stato ai Comuni • Autonomia finanziaria di enti locali e regioni • Sussidiarietà verticale ed orizzontale I principali interventi normativi che hanno contribuito al graduale cambiamento del Enti Locali (Tab. 1) sono principalmente incentrati sui seguenti punti: l'adozione di una logica programmatoria, poiché l'ente locale, in qualità di azienda, deve operare anch'esso secondo i principi di autonomia e durabilità; il perseguimento di criteri di efficacia, efficienza ed economicità adoperando, con le dovute misure precauzionali, gli stessi strumenti utilizzati dalle aziende appartenenti al settore privato; la distinzione/integrazione tra apparato politico ed apparato burocratico, con una diversa attribuzione di competenze ed una differente imputazione di responsabilità; la ridefinizione del rapporto tra amministrazione locale e cittadino con una rivalutazione del ruolo di quest’ultimo, insieme soggetto economico, fruitore/cliente e finanziatore dei servizi; il graduale abbandono dei controlli formali in favore di un più attento monitoraggio della gestione in cui si dispiegano le energie dei dirigenti, sottoposti ad un processo di valutazione e partecipi del sistema di controllo direzionale, e si profondono gli sforzi politici tesi a ridisegnare percorsi e a realizzare manovre con un effetto feedback a livello di controllo strategico; E’ dunque in questa rinnovata ottica che vanno inquadrati i principali fattori cui è possibile imputare il profilarsi di eterogenei modelli di ente locale, dovuto al differente utilizzo nella prassi dei nuovi meccanismi operativi. A ciò si aggiunge che le stesse modifiche avvenute nei livelli di governance (si veda la figura del direttore generale e
  • 9. 9 la distinzione del ruolo affidato a quest’ultimo rispetto al segretario nei casi in cui i due ruoli non coincidano nello stesso soggetto) degli enti locali, la revisione dei ruoli interni e la linea di demarcazione segnata tra politica ed amministrazione, rafforzate dai meccanismi di monitoraggio introdotti dal D. Lgs. n 286/1999 e fatti propri dal TUEL, all’art 147, si sono rivelati cruciali nella ridefinizione dei livelli di condotta strategica e operativa. Ultimo, e non certo per importanza, il carattere estensivo dell’autonomia attribuita a comuni e province a livello statutario, normativo, organizzativo ed amministrativo, seguito dalla modifica del titolo V della Costituzione, che ha sancito l’autonomia finanziaria degli enti locali. Quest’ultima, unitamente all’autonomia organizzativa prevista dall’art. 6 del TUEL, comportando“una modifica sostanziale dei processi e delle logiche di reperimento delle risorse finanziarie necessarie al normale funzionamento ed allo sviluppo degli enti locali”, in realtà avvalora ancor più il presupposto della responsabilizzazione sia sul versante politico che su quello dirigenziale/burocratico (Mussari, 2001) Il concatenarsi di questi passaggi sembra, infatti, aver dato maggiore coerenza al disegno riformistico iniziale della L. 142/1990, letto alla luce del D. Lgs. n. 29/1993. La riforma generale del pubblico impiego, nel tentativo di eliminare i potenziali elementi di conflittualità tra organi politici e organi burocratici, ha visibilmente segnato una linea di demarcazione tra il vecchio modello organizzativo ed il nuovo, più aderente a orientamenti di tipo manageriale, con i quali si è palesato l’effettivo spostamento da uno stile direzionale orientato ad una "direzione per compiti" ad uno stile direzionale orientato verso una "direzione per obiettivi"4 . Sono così divenuti fattori chiave: 4 Circa la differenza tra "direzione per compiti" e "direzione per obiettivi", si veda FARNETI (1995),p. 66-67. La direzione per compiti e fondata essenzialmente sui seguenti punti: - burocratizzazione dei ruoli in strutture tendenzialmente gerarchiche; - pianificazione di facciata ispirata a logiche esclusivamente incrementali; - gestione del personale pressoché assente; - mancata utilizzazione del sistema informativo; - bassa propensione verso le innovazioni tecnologiche, organizzative e normative. La direzione per obiettivi si distingue per le seguenti caratteristiche: - pianificazione sviluppata secondo criteri di non episodicità, integrità, integralità, continuità e flessibilità; - stile direzionale di tipo partecipativo; - propensione al recepimento sostanziale delle norme; - apertura alle innovazioni finalizzata al soddisfacimento dei clienti-utenti; - distinzione fra momento politico e momento gestionale; - considerazione della centralità dell'individuo in quanto soggetto di competenze che contribuiscono ad accrescere il "valore aziendale"
  • 10. 10 l'orientamento della gestione per obiettivi e l'azione per programmi; l'adozione sistematica di regole di convenienza economica (efficacia ed efficienza) come base per le decisioni di bilancio; la conseguente diffusione della responsabilità economica; il monitoraggio dei risultati, come modalità per assicurare un effettivo governo della gestione, consentendo tempestivamente azioni di correzione, qualora necessario [MARCON, 1997: p. 757]. L’introduzione di una logica budgetaria, con cui gli organi politici definiscono gli obiettivi, i programmi, le direttive e assegnano le risorse finanziarie necessarie allo svolgimento della gestione, attribuita in via esclusiva ai dirigenti, avrebbe altresì perso di significato se al tempo stesso la gestione dell’ente locale non fosse stata corredata di strumenti in grado di potenziare la dimensione economica dell’ente in termini di efficacia ed efficienza. Basti pensare ai sistemi di controllo direzionale promossi negli enti locali o ancora alla riformulazione delle stesse rendicontazioni, non più semplicemente basate sul criterio di competenza finanziaria ma agganciate a quello di competenza economica (MARCON, 1996:p. 279). In definitiva, la tendenza è stata quella di accrescere e diffondere la responsabilizzazione dell’operatore pubblico, al fine di ottenere una maggiore oculatezza nelle scelte di amministrazione ed una gestione ispirata a criteri di razionalità economica nell'acquisizione e nell'impiego delle risorse e di trasparenza informativa5 . A seguito all’implementazione dei processi di delega gestionale i dirigenti sono ritenuti "responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati" (art. 3, 2° comma , come modificato dal D. Lgs. n. 80/1998). In tal senso l'aspetto cruciale della responsabilizzazione dirigenziale ha posto enfasi su un’altra dimensione ritenuta cruciale, quella dell'accountability e cioè del dover rendere conto dell'uso del denaro pubblico facendo sì che i dirigenti divenissero il vero collettore della 5
  • 11. 11 democrazia, il trait d'union tra classe politica e cittadini-utenti11 . Anche in campo organizzativo la cosiddetta privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ha subito un'ulteriore impennata con il completo affidamento delle determinazioni inerenti ai rapporti di lavoro agli organi preposti alla gestione che sono ora pienamente in grado di operare "con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro" (Art. 4, 2° comma come modificato dal D. lgs. n. 80/1998). La svolta effettiva nelle procedure gestionali degli Enti locali ha toccato l'apice con l'emanazione del D.Lgs. n. 77/1995 hanno assunto una certo spessore in quanto, nonostante il titolo "ordinamento contabile e finanziario degli enti locali", il provvedimento ha disposto una serie di strumenti diretti all'attuazione di una più generale riforma organizzativa e gestionale della tecnostruttura degli enti destinatari. La riforma in questione, così come può essere intesa oggi dopo le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, va senz’altro considerata come “l’antecedente storico” dell'autonomia finanziaria,. E’ bene ricordare a tal proposito come la stessa riforma costituzionale abbia riconosciuto agli enti locali ed alle regioni pari dignità costituzionale di enti autonomi, tutti dotati di autonomia finanziaria ed abbia contestualmente abrogato l’art. 130 Cost. concernente la funzione di controllo degli atti da parte dei Co. Re. Co. La categoria logica dell’autonomia finanziaria deve in effetti essere letta nelle sue due accezioni: una più forte riguardante "l'autonoma capacità di individuare i modi della <<provvista>> anche dal lato delle entrate"; l'altra più debole relativa all'autonomia di spesa, senza la quale, secondo la teoria istituzionale, non si potrebbe parlare nemmeno di autonomia amministrativa, ma soltanto di autonomia contabile" (ANDREANI, 1995:p.1715). E’ per questi motivi che il discorso afferente la contabilità degli enti locali è ritenuto dalla teoria e nella prassi comune inscindibile da quello riguardante la finanza locale . Ciò giustifica peraltro il dibattito che si è svolto, prima dell'approvazione del D. lgs. 77 e che si è 11 "Accountability is an obligation to present an account of and answer for the execution of responsabilities to those who entrusted those responsabilities. On this obligation depends the allocation af praise and blame reward and sanction so often seen as the hallmarks of accountability in action".(Gray - Jenkins, 1993:p. 55) Accountor é colui al quale è affidata una particolare responsabilità; Accountee è colui che affida la responsabilità. Tutto ciò si può tradurre in una visione dei dirigenti, come Accountor, e degli organi politici nella doppia veste di accountor e accountee, mentre la collettività rimane l'accountee per antonomasia.
  • 12. 12 strettamente intrecciato con il prospettarsi di nuovi meccanismi di finanziamento. I primi risultati evidenti si riferiscono al passaggio dal sistema di finanziamento accentrato (tipico degli anni '70 e '80) ad un sistema di finanza decentrato o di "finanza mista" nel quale emerge il riconoscimento dell'autonomia degli enti locali che, in tale dimensione, per espletare le funzioni economiche assegnate, devono puntare più verso un'acquisizione autonoma delle risorse, anziché contare esclusivamente sui trasferimenti dello Stato o della regione di appartenenza. Ne consegue una maggiore responsabilità degli stessi enti, e quindi di chi li amministra, a ricercare un proprio equilibrio economico attraverso la statuizione di tributi, le decisioni relative ai prezzi da applicare ai servizi offerti, e persino la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di ricorrere al prestito come fonte di finanziamento [BORGONOVI,1996:224, MUSSARI, 1997:167-168]. Tanto più allo stato attuale in cui la prospettiva del federalismo fiscale si è fatta realtà. La revisione costituzionale configura infatti una svolta epocale nel sistema delle autonomie territoriali, collocandole al fianco dello Stato, come elementi costitutivi della Repubblica. Al pari di regioni e Stato, le autonomie locali posseggono dignità e legittimazione, pur nella diversità delle rispettive competenze, essendo la potestà legislativa attribuita allo Stato ed alle Regioni e riconoscendosi a Comuni, Province e Città metropolitane la natura di enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo quanto previsto dall'articolo 114 della Costituzione. In questo modo il “teorema” del ribaltamento dei contenuti previsti dall’ordine previgente rispetto alla L. n. 142/1990, nonché la loro naturale evoluzione nel T.U.E.L., ha indubbiamente prodotto il “corollario” di un nuovo ordine gestionale cui si è venuta affiancando la nuova architettura del sistema dei controlli che ha superato la prima fase di rodaggio sollevando tutta una serie di questioni esegetiche.
  • 13. 13 IL SISTEMA DEI CONTROLLI Quanto ai controlli, la prima considerazione che va fatta riguarda il tentativo compiuto dalle riforme degli anni ’90 di diminuire l’ambito e la pervasività di un tipo di controllo incentrato sulle regole (controllo burocratico) e di aumentare l’importanza di forme di controllo funzionali all’attività gestionale, incentrate sui risultati in rapporto a obiettivi e programmi predeterminati (controllo manageriale), con ben precise conseguenze sulla professionalità e sul senso dell’agire della dirigenza La legge n.142/1990 ha rappresentato un momento di svolta essenziale, operando un primo cambiamento col non fare menzione di alcuna forma di controllo di merito, riconoscendo quindi una maggiore discrezionalità all’azione amministrativa degli enti locali, e devolvendo al Comitato regionale di controllo (Co.re.co) funzioni di controllo esterno di legittimità, preventivo sugli atti e successivo sugli organi. Mentre il controllo interno in concreto si sostanzia in una collaborazione tra controllore e controllato, nel controllo esterno la distinzione tra soggetto controllore e soggetto controllato è netta e la finalità è di tutelare un interesse pubblico in qualche modo prevalente sugli interessi dell’ente controllato. Il secondo meccanismo di controllo previsto dalla legge n.142/1990, all’articolo 57 (adesso regolato dall’art. 234 del TUEL), è quello affidato al collegio dei revisori, composto da tre professionisti iscritti ai rispettivi albi. Si tratta in questo caso di un controllo interno, attuato in collaborazione con il consiglio, volto a presidiare la regolarità contabile e finanziaria degli atti dell’ente. Di pari tenore è il dispositivo concernente il controllo preventivo di legittimità che il segretario dell’ente deve effettuare su ogni proposta di deliberazione sottoposta agli organi di governo. Nella stessa ipotesi è inoltre richiesto il parere preventivo di regolarità tecnica (da parte del responsabile del servizio interessato) e contabile (da parte della Ragioneria). Il decreto legislativo
  • 14. 14 n.29/1993, che segna ormai storicamente il momento normativo di svolta per aver individuato nella comparazione di costi e rendimenti una forma embrionale di controllo di gestione, all’articolo 20 (ormai abrogato dal D.Lgs. 286/1999), prevede l’obbligo di istituzione del servizio di controllo interno o nucleo di valutazione. Il ruolo del nucleo di valutazione nel rapporto d’impiego della dirigenza viene indagato nel capitolo dedicato al rapporto d’impiego. L’organo che, nonostante le modifiche apportate da interventi normativi successivi, è sopravvissuto a garanzia di un cambiamento determinante nelle procedure valutative interne della P.A., agisce in autonomia e ha come referenti i soggetti istituzionali coinvolti nella direzione politica. Il suo compito è di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. Si è quindi affermato gradualmente come lo strumento più idoneo mediante il quale gli organi politici possono esercitare la funzione di controllo che già la legge n. 142/1990 assegnava loro. A ciò va aggiunto che in materia di controlli, questa disposizione può essere considerata di fatto il primo tentativo di conciliare il principio di economicità con il principio di garanzia, come sancisce l’articolo 97 della Costituzione, ponendo sullo stesso piano “imparzialità” e “buon andamento”. Quindi, se alla legge n. 142/1990 va il merito di aver contenuto i controlli di legittimità, tramite la previsione del solo controllo di legittimità e la limitazione di questo ad alcuni atti puntualmente individuati, al decreto legislativo n. 29/1993 è da far risalire una prima forma di controllo interno coerente con la logica di gestione per obiettivi. Cambiando l’ambiente di riferimento degli enti locali, col passaggio da uno scenario socioeconomico ad evoluzione lenta ad un ambiente fortemente dinamico, nel quale un controllo burocratico troppo pervasivo sarebbe risultato paralizzante per l’attività degli enti, sono anche mutate alcune variabili interne all’ente locale. La crisi della finanza pubblica e la necessità di decentrare parte delle funzioni istituzionali ha gradualmente condotto il sistema a finanza derivata degli enti locali, che incideva fortemente sul bilancio dello Stato, verso una maggiore autonomia, rendendo non più giustificabile un sistema di controlli
  • 15. 15 statali a dir poco farraginoso. Contestualmente ha fatto aumentare la complessità dell’attività amministrativa dell’ente locale stesso, rendendo necessaria la ricerca di forme di controllo adatte ad una gestione razionale delle risorse. Figura 1-Controllo burocratico e controllo manageriale a confronto [Fonte: Borgonovi, 1996] Tuttavia i due modelli di controllo non si escludono a vicenda, specialmente nel caso del settore pubblico, ma possono essere considerati complementari. Si tratta in sintesi di passare da una cultura in cui il principio di garanzia, il rispetto della legge e dei regolamenti è l’unico movente dell’azione del management ad una cultura in cui la CONTROLLO BUROCRATICO • Presuppone un concetto di amministrazione neutrale • Attività come sistema chiuso e scomponibile in singole operazioni, che sono l’oggetto del controllo • Controllo esterno preventivo e/o successivo (verifica) • Attività è interpretabile attraverso modelli astratti e immutabili nel tempo: ricerca dell’ottimo • Lo scostamento della realtà dal modello è patologico • Il rispetto delle procedure è in sé garanzia di ottenimento dei risultati: responsabilizzazione sulle procedure CONTROLLO MANAGERIALE • Presuppone un concetto di amministrazione strumentale • Attività come sistema influenzato dall’ambiente e composto da sottosistemi interrelati • Controllo interno concomitante • Attività mutabile nel tempo perché funzionale a obiettivi e ambiente: ricerca del miglioramento continuo • Lo scostamento della realtà dal modello che ha guidato l’azione è fisiologico • Focalizzazione e responsabilizzazione sui risultati: responsabilità economica
  • 16. 16 legittimità è uno, ma non l’unico, riferimento determinante. Ciò vale in misura diversa nelle diverse aree di attività poiché, com’è ovvio, alcune si prestano a controlli di tipo manageriale più di altre (BORGONOVI, 2002; MARCON, 1996). L’importanza della forma di controllo per l’agire della dirigenza è evidente. Essa attiva un tipo di responsabilità piuttosto che un’altra, ed entra a far parte della cultura organizzativa, influenzando così il comportamento. In particolare, con riferimento all’oggetto del controllo, esso viene collegato al meccanismo degli incentivi e segnala al management “che cosa è importante”: il rispetto delle procedure nel caso del modello burocratico, il raggiungimento dei risultati nel caso del modello manageriale. Il modello di controllo manageriale è quindi contemporaneamente premessa e conseguenza di un aumento della complessità e del contenuto discrezionale della funzione dirigenziale consentendo che tra vertice politico e dirigente si venga a configurare così un rapporto che ha sempre più le caratteristiche dell’agenzia (nell’ambito del quale è possibile e opportuno un controllo sui risultati) piuttosto che quelle dell’autorità, che è un rapporto nel quale è invece opportuno un controllo sulle procedure. Il decreto legislativo n. 77/1995, consolidando le istanze emerse con i precedenti provvedimenti non ha esitato ad introdurre una forma più sistematica di controllo ovvero il controllo di gestione, che è a tutti è destinato a rappresentare il controllo manageriale all’interno dell’ente. Coerentemente, la legge n.127/1997 ha diminuito l’ambito del controllo di legittimità da parte del Coreco: l’obbligo riguarda solo statuto, regolamento di consiglio, bilanci e rendiconto (cfr. art.17, commi da 33 a 45) ed è stato anche limitato il controllo eventuale, cioè su richiesta. Ciò è accaduto per di più in un momento storico in cui si è sempre più andata diffondendo la convinzione che l’inefficienza delle amministrazioni pubbliche penalizzasse la qualità della vita delle persone stimolando maggiori aspettative ed esigenze da parte dei cittadini e che la rigorosa osservanza formale degli atti fosse la causa principale di un aumento dei costi diretti e indiretti per le stesse imprese nel mercato globale (Borgonovi, 2002) .
  • 17. 17 Questa prima disciplina non è stata, però, esente da critiche, che soltanto recentemente, con il propagarsi di logiche di progettazione gestionale autonome ma omogeneee nella loro impostazione, hanno trovato talune risposte. Il Nucleo di Valutazione o Servizio di Controllo Interno è nella sua prima versione un organo che opera in autonomia, contrariamente a quanto impone il rigore applicativo di una logica di controllo direzionale, poiché la funzione di controllo non può per definizione essere disgiunta dalla funzione di gestione. Più precisamente, i dirigenti stessi, spinti dalla responsabilizzazione sui risultati, dovrebbero dotarsi degli strumenti di controllo di gestione che ritengono più opportuni (Borgonovi, 2002). Il D. Lgs. n. 29/1993 sancisce invece l’obbligo di istituzione di un unico presidio, che opera in staff agli organi politici e agisce autonomamente. Si ritiene che questa collocazione organizzativa sia stata una diretta conseguenza di un altro problema: la confusione tra controllo a fini valutativi e controllo a fini direzionali/decisionali. Il D. Lgs. n. 286/1999, prendendo atto delle contraddizioni suesposte, ha ripensato la disciplina, contribuendo in parte a superare questa distorsione: il controllo di gestione viene infatti concettualmente e operativamente separato dalla valutazione della dirigenza. Inoltre la stessa collocazione organizzativa dell’unità di controllo di gestione all’interno della P.A. subisce delle modifiche sostanziali poiché viene posta in posizione di staff rispetto alla dirigenza al vertice di ogni unità organizzativa. Con questa logica l’obiettivo del D. Lgs. n. 286/1999 è stato il riordino dei meccanismi di controllo e valutazione dell’attività della pubblica amministrazione. Si è trattato di una serie di disposizioni pensate in funzione dell’organizzazione ministeriale, prescindendo dalle specificità del comparto enti locali, ai quali è stata data la possibilità di recepirle tramite la propria potestà regolamentare. L’articolo 1 distingue quattro tipi di controlli interni, di cui le pubbliche amministrazioni devono dotarsi e precisamente:(Vedi figura 2) 1. il controllo di regolarità amministrativa e contabile; 2. il controllo di gestione; 3. la valutazione della dirigenza;
  • 18. 18 4. il controllo strategico. Sono state così compiute tre tappe fondamentali: 1. il controllo di regolarità amministrativa e contabile (controllo di legittimità) è stato distinto dal controllo di gestione; 2. l’attività di valutazione della dirigenza è stata distinta dall’attività di controllo di gestione; 3. nell’ambito del controllo di gestione si sottolinea la fase di predisposizione degli interventi correttivi; A ciò va aggiunta l’importante statuizione dei vincoli organizzativi all’assegnazione delle competenza sulle funzioni di controllo secondo cui: la valutazione dei dirigenti e controllo di gestione deve essere svolta da soggetti/strutture separati/e; il controllo di legittimità non può essere affidato a nessuna delle strutture che si occupano degli altri tipi di controlli interni. TIPOLOGIA OGGETTO CRITERI Controllo di regolarità amministrativa e contabile Azione amministrativa Regolarità e correttezza (principi della revisione aziendale) e legittimità. Controllo di gestione Efficienza dell’azione amministrativa Indicatori di efficacia, efficienza ed economicità Valutazione della dirigenza Prestazioni della dirigenza Sulla base dei dati del controllo di gestione; coerenza con i CCNL. Valutazione e controllo strategico Scelte di attuazione dell’indirizzo politico Congruenza dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti.
  • 19. 19 Figura 2 Sistema dei controlli interni In seguito con l’emanazione del TUEL quanto previsto dal D. Lgs. n. 77 del 1995, con riferimento al sistema dei controlli interni, è stato ampliato con il contenuto dell'art. 147, che in buona sostanza ha recepito l’architettura prevista dal D. Lgs. n. 286 del 1999 . Per chiarezza espositiva l’articolo è riportato nel quadro 1. Quadro 1 Art. 147 TUEL E’ dunque nell’insieme di queste norme che va inquadrato il controllo di gestione di cui si fa soltanto menzione nell’art. 147 e che trova un suo specifico assetto nell'ordinamento finanziario e contabile, contenuto nel TUEL, dall'art. 196 all'art. 198 dove sono disciplinati a grandi linee il suo significato ed il suo svolgimento. "Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di gestione" con un esplicito rinvio a modalità che da una parte la legge ha provato a delineare nel successivo art. 197 e dall'altra, la stessa norma ha 1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a: a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa; b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. 2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo, 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 3. L'organizzazione dei controlli interni e' effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. 4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento. 5. Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione. d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
  • 20. 20 lasciato alla discrezionalità ed all'autonomia dell'ente. Lo statuto ed il regolamento di contabilità sono apparsi, infatti, i documenti interni in cui l'Ente può disciplinare le fasi di svolgimento del controllo di gestione, modellandole secondo le esigenze degli amministratori e tenendo conto della propria struttura organizzativa e delle proprie dimensioni. Dunque “l'Ente è libero di organizzare e caratterizzare la propria struttura di controllo direzionale in diretta rispondenza alle esigenze specifiche gestionali" (D'Alessio, 1997). In un'interpretazione ancor più estesa, senza giungere a una forzatura, ciò significa che, se la norma fornisce le indicazioni generali in base alle quali gli architetti del controllo di gestione possono muoversi e che vanno comunque rispettate affinché lo stesso processo di controllo non venga a perdere il suo significato originale, il dettaglio applicativo di tali modalità rientra nelle scelte e nella piena autonomia degli amministratori. Il sistema di controllo indicato dall'art. 197 è ripartito in tre fasi: 1. predisposizione di un piano di obiettivi; 2. rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti; 3. valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato d'attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa. E' perciò a partire da questa basilare e generica impostazione che si snoda, con i dovuti adattamenti organizzativi, la logica di progettazione di un sistema di controllo direzionale all’interno dell’ente locale, ovviamente in una prospettiva più ampia, che sappia incidere sulla cultura gestionale dei dirigenti e del personale ed integrarsi con i processi di pianificazione e programmazione tipici dell’azienda pubblica. La programmazione ed il controllo direzionale diventano in tal modo una filosofia gestionale che conduce al raggiungimento degli obiettivi del sistema spronando i dirigenti a pianificare la gestione, negoziando i propri obiettivi e risorse in sede di budget e controllando il grado di collaborazione da parte del personale di cui dispongono, senza mai tralasciare di rendere coerenti le direttive dell’organo politico, gli obiettivi da perseguire e le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili (Anselmi 2002).
  • 21. 21 IL CONTROLLO DI GESTIONE LE FINALITÀ DEL CONTROLLO DI GESTIONE Il controllo è concepito generalmente come l’insieme delle procedure dirette a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell’organizzazione, l’efficacia, l’efficienza ed il livello di economicità nella realizzazione degli obiettivi. Nell’azienda dell’ente locale la prima e fondamentale finalità del controllo di gestione deve consistere nella responsabilizzazione degli operatori che ricoprono incarichi dirigenziali e direttivi ad ottimizzare il rapporto fra risorse e risultati. Questo si traduce in una gestione mirata al perseguimento dell'efficacia e dell'efficienza, che soltanto con una diffusione della responsabilità economica all'interno dell'organizzazione è possibile ottenere. In mancanza del ricorso al controllo di gestione, infatti, non si saprebbero predefinire i risultati attesi, né valutare i risultati effettivi alla luce delle direttive, né, in definitiva, valutare la gestione. La determinazione, e poi il funzionamento, dei centri di responsabilità rappresenta un momento cruciale nell’implementazione del sistema in quanto, da un lato deve offrire ai responsabili le leve d’azione necessarie da contrapporre alla responsabilità attribuita, dall’altro, questo dovrebbe risultare mezzo di stimolo della motivazione e della partecipazione. Una seconda finalità del controllo di gestione, strettamente discendente dalla prima, è la motivazione degli operatori a comportamenti sistematicamente coerenti con il principio di convenienza economica. In questo modo si vuole sottolineare che il controllo di gestione esige stili di direzione e regole di funzionamento organizzativo capaci di sospingere gli operatori ad agire concretamente, di fronte ad ogni specifica azione, in conformità ai criteri di efficacia e di efficienza. In altri termini, il controllo di gestione è strumento direzionale volto ad introdurre nell'organizzazione una tensione verso un sistematico miglioramento del rapporto fra risorse e risultati.
  • 22. 22 Entrambe le finalità espresse non possono comunque prescindere dal postulato fondamentale che il controllo di gestione, finalizzato al perseguimento dell'efficacia e dell'efficienza, in un quadro di distinzione/integrazione fra responsabilità politica e responsabilità gestionale, deve necessariamente promanare da scelte strategiche degli organi politici. LE COMPONENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE Il controllo di gestione, come espresso in letteratura, ha tre componenti essenziali: due componenti strutturali (struttura organizzativa e struttura informativa) e una componente dinamica (il processo di controllo) LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL CONTROLLO Per struttura organizzative del controllo si intende il meccanismo che presiede alla attribuzione della responsabilità economica all'interno dell'organizzazione. Tale struttura si concretizza in un sistema di centri di responsabilità, corrispondenti alle partizioni organizzative che si ritiene di poter/dover coinvolgere nel processo decisionale allocativo, ovvero alle partizioni organizzative che si ritiene di poter/dover coinvolgere: nell'analisi di supporto alle attività di definizione degli obiettivi e di individuazione dei programmi rientranti nella funzione tipica degli organi di vertice; nella formazione e gestione dei programmi; nella conseguente gestione delle risorse. Ogni responsabile di centro di responsabilità dovrà vedersi attribuito un budget, contenenti tre grandi categorie di dati: gli obiettivi assegnati; i programmi da gestire; le risorse disponibili per realizzare i programmi. Nella struttura organizzativa, in funzione di staff del vertice politico e dirigenziale, va collocata l'azione del controller nell'ambito di un'unità organizzativa per il governo complessivo del sistema di controllo di gestione. L'unità preposta al controllo svolge funzione di supporto a beneficio tanto degli organi di vertice che dei centri di responsabilità, ai fini di un corretto impianto del sistema e dei progressivi aggiustamenti che dello stesso si rendono necessari nel corso del tempo. Detto supporto è, anzitutto, di tipo metodologico. In secondo luogo, esso attiene alla predisposizione/integrazione di tutte le informazioni, necessarie al controllo di gestione, che - per loro natura o per scelta dell'amministrazione - non siano direttamente gestibili dai centri di responsabilità.
  • 23. 23 LA STRUTTURA INFORMATIVA DEL CONTROLLO Per struttura informativa del controllo si intende l'insieme delle informazioni: raccolte ed elaborate per conoscere l'attività dell'organizzazione e orientarla a criteri di razionalità economica (sistema informativo direzionale); diffuse all'interno dell'organizzazione (organi di vertice; centri di responsabilità) o all'esterno della medesima (enti e organismi pubblici e privati interessati) per far conoscere gli esiti dell'attività di controllo (sistema di reporting, ovvero sistema di rapporti di gestione o di documenti informativi). Più precisamente, la struttura informativa o tecnico-contabile del controllo è costituita da tre componenti fondamentali: Il budget: budget economico: attività/costi/ricavi e proventi; budget finanziario: entrate/uscite; budget patrimoniale: struttura degli investimenti e delle fonti di finanziamento. La contabilità analitica: analisi dei costi per centro di costo; analisi dei ricavi e dei proventi. Il sistema di reporting: interpretazione dei risultati; analisi degli scostamenti fra previsioni e risultati effettivi; diffusione delle informazioni relative ai risultati, ai fini delle eventuali azioni di correzione. E' il caso di sottolineare che il budget non solo assume il ruolo di strumento principe nel sistema di controllo di gestione, ma funge da collegamento tra due momenti rilevanti del più ampio processo di programmazione, vale a dire la formulazione e l'attuazione delle strategie. La struttura informativa si compone di rilevazioni contabili e rilevazioni extracontabili. Nelle Amministrazioni Provinciali il sistema di rilevazioni è basato sulla contabilità finanziaria e, per le esigenze in fase di rendicontazione, su quella economico-patrimoniale, così come previsto dal decreto legislativo n. 77.del 1995 e successive modificazioni. Le rilevazioni extracontabili sono tutte quelle - già esistenti o da creare - volte a misurare attraverso appropriati indicatori: gli obiettivi; i volumi di attività; i volumi di impiego dei fattori (con particolare riferimento al fattore lavoro); per combinazione dei dati precedenti con dati finanziari (entrate/uscite) o economici (ricavi e proventi/costi), l'efficacia e l'efficienza dell'azione. Infine, due sono le regole fondamentali che devono essere osservate per il buon funzionamento del sistema informativo:
  • 24. 24 è necessario porre la direzione aziendale e tutta l'organizzazione in grado di combinare socialità ed economicità; come immediata conseguenza del punto precedente, la definizione degli obiettivi sociali e degli obiettivi aziendali deve essere finalizzata ad innescare un circolo virtuoso in cui il raggiungimento dell'equilibrio economico- finanziario, il perseguimento di interessi sociali ed una continua tensione al miglioramento ed allo sviluppo devono rappresentare le priorità assolute. IL PROCESSO DI CONTROLLO Nell'ottica del controllo di gestione - che è attività di guida o di governo e non mero riscontro o verifica - il controllo è una sequenza concatenata di azioni senza soluzione di continuità. Tale sequenza comprende: l'individuazione e l'analisi dei bisogni; la definizione delle priorità e degli obiettivi; l'individuazione, l'analisi e la scelta delle attività e dei programmi più efficaci ed efficienti; l'attuazione delle attività e dei programmi; la rilevazione dei risultati effettivi e il loro confronto con quelli programmati; l'analisi degli scostamenti e l'individuazione delle possibili azioni di correzione; la tempestiva adozione delle azioni di correzione opportune e possibili. Il processo così concepito poggia sulla concreta esistenza delle due componenti statiche: la struttura organizzativa del controllo e il supporto informativo. La struttura organizzativa assunta nel controllo deve riflettere la reale allocazione delle leve decisionali (responsibility) cui sono commisurate le responsabilità (accountability). Diversamente, il processo di delega viene distorto nel senso che il centro di responsabilità cui vengono conferiti determinati ambiti di azione non coincide con il centro di responsabilità cui vengono imputati i risultati rilevati . Il supporto informativo al controllo consta di due componenti (Marcon, 1996) il sistema informativo direzionale, che è il sistema di raccolta delle informazioni necessarie al processo di controllo e il report, che è in un certo senso il prodotto del processo di controllo, contenente i risultati del processo, le interpretazioni e le azioni correttive. Il budget può essere considerato il piano di sintesi degli obiettivi di breve periodo, dei programmi predisposti per il loro raggiungimento e delle risorse di cui i responsabili delle diverse unità organizzative necessitano per l’attuazione dei programmi. La logica di budget è quindi strettamente collegata al controllo di gestione. Insieme sono strumenti di diffusione della responsabilità economica, cioè della responsabilità sui risultati e con essa di una nuova professionalità del management (Marcon, 1997; Borgonovi, 1996): in quanto tali, il sistema di budgeting e il controllo di gestione sono di centrale importanza nell’esame dell’evoluzione della funzione della dirigenza per effetto del processo di delega gestionale. Ne consegue che il controllo direzionale diviene fondamentale anella misura in cui si sviluppa un processo di delega ed emerge la
  • 25. 25 necessità di orientare il management verso gli obiettivi stabiliti da chi detiene le prerogative di indirizzo della gestione (Bergamin Barbato, 1992) GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO NEGLI ENTI LOCALI I DOCUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO Uno dei principali elementi innovativi dell’ordinamento finanziario e contabile introdotti dal D. Lgs n. 77 del 1995 è il nuovo sistema complessivo di bilancio. Nel precedente sistema, regolato dal D.P.R. n. 421 del 1979, i documenti di bilancio ruotavano attorno al bilancio di previsione annuale, considerato il nodo centrale dell'impianto normativo, sia sotto il profilo programmatorio, sia sotto il profilo gestionale. Tale sistema ha però gradualmente prodotto due serie di conseguenze negative, ovvero: 1) la redazione in maniera automatica e ripetitiva del bilancio pluriennale; 2) l'assenza di validi e veridici contenuti di programmazione nella relazione previsionale e programmatica. Il nuovo palinsesto normativo previsto dal d lgs n. 77 del 1995 e dal D.P.R. n. 194 del 1996, considera i documenti di programmazione unitamente ai documenti di gestione (Fig. 3), delineando un sistema unitario di bilancio costituito puntando ad una stretta connessione tra i seguenti documenti principali: 1) relazione previsionale e programmatica; 2) bilancio pluriennale di previsione; 3) bilancio annuale di previsione; 4) piano esecutivo di gestione (per gli enti tenuti ad adottarlo o che intendano farlo).
  • 26. 26 Figura 3- Il sistema di bilancio quale strumento tecnico-contabile del controllo di gestione [Fonte Giovannelli,1997] A fini di una più completa attuazione del processo di programmazione e controllo sono inoltre da considerare due ulteriori strumenti: 1) la contabilità economica; 2) il rendiconto della gestione. Tale predisposizione è stata dettata dall’intento di dare una reale coerenza agli atti di bilancio in sede di formulazione degli stessi e di assicurare il mantenimento di tale coerenza anche in fase di gestione. Ciò implica una considerazione “complessiva” del sistema di bilancio, un raccordo stabile e duraturo tra le diverse previsioni (contabili, gestionali, di politiche, di obiettivo) incluse nei documenti di programmazione. Nel concreto e nel pratico svolgimento dell’attività amministrativa tutto questo si è gradualmente realizzato mediante l’abbandono di una gestione legata alla necessità del momento ed attraverso il perseguimento, da parte delle strutture dell’ente, di fini e scopi delineati e conosciuti. La potestà regolamentare degli enti locali trova nella disciplina del sistema complessivo di bilancio uno dei punti più
  • 27. 27 qualificanti ed un serio banco di prova per il reale esercizio dell’autonomia. Le norme ordinamentali in materia di “bilancio” costituiscono una grande cornice, con alcune uniformità essenziali e determinate regole non eludibili, anche se non sufficienti a fornire una disciplina completa, per la quale è necessaria la presenza di specifiche e peculiari disposizioni dettate dall’ente per i propri fini organizzativi e per l’affermazione della propria identità, in relazione allo svolgimento delle funzioni ed al raggiungimento degli obiettivi individuati. La coerenza del sistema e la concatenazione tra i vari documenti contabili e di bilancio è fissata nel regolamento di contabilità che rappresenta, a tutti gli effetti, un momento di aggregazione e coerenza interna del sistema informativo-contabile dettato dal nuovo ordinamento. A questo proposito l’art. 152 del TUEL prevede che l’ente locale si doti di un regolamento di contabilità con il quale si applicano i principi contabili stabiliti dall’ordinamento, con le modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall’ordinamento per assicurare l’unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile. La competenza a adottare e variare il regolamento di contabilità è attribuita al Consiglio dell’ente locale. Il regolamento di contabilità contiene generalmente norme applicative, senza ripetere quelle proprie dell’ordinamento generale ma riadattandole alle esigenze organizzative ed offrendone una migliore leggibilità. LA RELAZIONE PREVISIONALE E PROGRAMMATICA (RPP) Nella nuova ottica gestionale dell’ente locale l’approccio con il quale vengono affrontati i procedimenti di formazione dei documenti contabili dell’ente deve necessariamente partire dalla programmazione, attraverso la relazione previsionale e programmatica ed il bilancio pluriennale. In tal modo sulla base della definizione quantitativa e qualitativa di obiettivi può essere attivato il circolo virtuoso che, partendo da una previsione delle risorse disponibili, preordina gli strumenti mediante i quali monitorarne l’utilizzo. Alla fase di programmazione segue dunque la predisposizione del bilancio di previsione annuale che trova una sua dettagliata articolazione in quello che sempre più è considerato il budget dell’ente locale e in altre parole il piano esecutivo di gestione.
  • 28. 28 In effetti come si è avuto modo di appurare anche nelle esperienze più avanzate di programmazione dell’ente locale la corretta applicazione del nuovo modo di amministrare gli enti locali si colloca ancora più in alto rispetto alla RPP, nel rispetto di un percorso che parte dal programma amministrativo del candidato sindaco o presidente, transita attraverso le linee programmatiche comunicate all’organo consiliare dopo l’elezione, trova esplicitazione nel piano generale di sviluppo dell’ente per sostanziarsi infine nei documenti tradizionali della programmazione più su enunciati Occorre però precisare che i valori inseriti nei documenti di programmazione (bilancio pluriennale, annuale e PEG) sono valori finanziari e che il nuovo ordinamento finanziario e contabile non trascura affatto di mettere in evidenza l’aspetto economico della gestione ( a titolo d’esempio si pensi ai risultati della gestione che devono essere determinati mediante procedimenti che presuppongono la tenuta di un sistema di contabilità economica, oppure la valutazione delle forme di gestione, la formulazione degli obiettivi analizzando le diverse alternative, la misurazione dei risultati ai fini della quantificazione delle componenti accessorie degli stipendi del personale, la individuazione dei costi nell’ambito del controllo di gestione). Ne consegue che i valori finanziari, a preventivo, devono esprimere la dimensione finanziaria di fatti economici previamente valutati. Così il controllo finanziario durante la gestione, come si esprime attraverso le norme che si propongono di realizzare costantemente nel tempo una eccedenza degli accertamenti sugli impegni, impone un vincolo, finanziario rispetto a fatti che, sotto il profilo gestionale, devono sempre essere valutati nella loro dimensione economica. Questo impone che la programmazione finanziaria, se preceduta da quella economica, deve tendenzialmente essere agevole e soprattutto attendibile nei valori che elabora. In tale contesto assume particolare rilevanza il ruolo della relazione previsionale e programmatica, il cui contenuto tecnico-descrittivo consente la produzione di un documento altamente efficace, sia in funzione dei dati, non solo finanziari, che può esporre sia in funzione dello spazio che può riservare alle illustrazioni, alle comparazioni, alle motivazioni, non solo tecniche. L’art. 170 del TUEL offre un’elencazione puntuale dei contenuti della relazione stessa, ponendo in particolare evidenza il carattere generale della relazione, considerando che essa racchiude l’intero quadro programmatorio, sia in termini di tempo – il periodo compreso nel bilancio pluriennale - sia in termini di contenuti, comprendendo gli aspetti finanziari ed economici, ma anche gli aspetti fisici, strutturali e politici, della manovra di bilancio. Da un punto di vista operativo, la redazione della Relazione comporta cinque momenti, o fasi, strategici e caratterizzanti: 1) la ricognizione delle caratteristiche generali;
  • 29. 29 2) la individuazione degli obiettivi; 3) la valutazione delle risorse; 4) la scelta delle opzioni; 5) la individuazione e redazione dei programmi e dei progetti. Vediamoli più da vicino. Ricognizione Innanzitutto è previsto un susseguirsi di azioni volte ad una sorta di rilevazione statistica, o di monitoraggio, degli oggetti puntualmente elencati: 1) popolazione: 2) territorio; 3) economia insediata; 4) servizi, con evidenziazione di risorse umane, strumentali e tecnologiche. Ne consegue una rappresentazione della situazione esistente e dunque un quadro dettagliato di quello che deve essere il punto di partenza della programmazione. Sulla base di questa analisi preliminare va appunto costruito il piano di sviluppo dell’ente, compreso nel periodo interessato dalla relazione. Si acquisiscono dunque i dati sulla popolazione, a partire dalle risultanze dell’ultimo censimento, fino alla consistenza risultante alla fine del penultimo anno precedente, definendo ed aggiornando appositi trend per fasce di età. Questa raffigurazione nel tempo dell’evoluzione della popolazione considerata (nonché ogni altra informazione, quale i tassi di natalità e di mortalità) è utile per guidare e sostenere la programmazione. Si consideri, a titolo d’esempio, l’importanza del tasso di natalità e l’entità di popolazione in età prescolare per orientare gli investimenti in materia di edilizia scolastica, oppure l’incidenza della popolazione in età più avanzata al fine di programmare interventi di assistenza agli anziani. In seconda battuta viene analizzato il territorio, osservandone le caratteristiche fisiche, altimetriche, morfologiche; acquisendo anche informazioni sull'igiene ambientale, sugli strumenti urbanistici e programmatori vigenti, proprio in funzione del disposto del comma 7 dell’art. 170 del TUEL il quale, impone la fornitura di "adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici". Viene poi lasciato uno spazio all'economia insediata, per evidenziare
  • 30. 30 le varie componenti del tessuto produttivo, e per una corretta individuazione dei bisogni sociali e degli opportuni interventi nel campo del lavoro, della distribuzione, del terziario. Per ultimo la ricognizione si rivolge ai servizi dell'ente, evidenziandone dapprima le risorse umane e poi le risorse strutturali, strumentali e tecnologiche, fino ad individuare quei servizi pubblici locali gesti nelle forme previste dall’art. 113 del TUEL ovvero in economia, in concessione a terzi, tramite aziende speciali, istituzioni, società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente composizione pubblica ed infine tramite società per azioni “senza vincolo della proprietà pubblica maggioritaria”. Gli obiettivi Una volta esaminata e descritta la situazione generale dell’ente, la RPP passa a formulare i propri obiettivi programmatori. A tal proposito le proposte di obiettivi formulate dai vari Responsabili dei servizi, nel rispetto di un’ordinata e sistematica articolazione della programmazione, devono assumere a proprio orientamento ed indirizzo: 1) il programma amministrativo del Sindaco o del Presidente; 2) le linee programmatiche comunicate all’organo consiliare; 3) il piano generale di sviluppo dell’ente; 4) i risultati della ricognizione effettuata; 5) le direttive generali della giunta o, in mancanza, le singole direttive assessoriali; 6) le indicazioni proprie dei servizi, basate sulle esperienze maturate direttamente sul campo. Le risorse Preso atto delle finalità che devono essere perseguite nel corso della gestione, la RPP è tenuta ad esplicitare una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l’andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli. La valutazione e dunque la ponderazione dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dei programmi e dei progetti della spesa presuppone: 1) l’individuazione della tipologia; 2) la quantificazione in relazione al singolo cespite;
  • 31. 31 3) la descrizione in rapporto alle rispettive caratteristiche; 4) la misurati in termini di gettito finanziario. Contestualmente devono essere individuate le forme di finanziamento, avuto riguardo alla natura dei cespiti, se ricorrenti e ripetitivi (quindi correnti) oppure se straordinari (e quindi riferiti ai movimenti di capitale ed ai movimenti di fondi). Infine la valutazione delle risorse deve offrire, a conforto della veridicità della previsione, un trend storico che evidenzi gli scostamenti rispetto agli “accertamenti”, tenuto conto dell’andamento delle riscossioni, non già alle previsioni, degli esercizi precedenti. Proprio per tale caratteristica, la relazione deve quindi operare una sorta di verifica preventiva. Deve cioè verificare il finanziamento delle spese del primo periodo, valutare gli effetti che le stesse possono produrre nei periodi successivi, ed adeguare in conseguenza la previsione dell’entità dei mezzi finanziari da reperire per i periodi corrispondenti. Ciò si traduce in una selezione dei mezzi finanziari da attivare, privilegiando quelli che offrono maggiore affidabilità. Portare, infatti, le fonti di finanziamento ai regimi massimi, come un’aliquota tributaria al livello più alto o un ricorso al credito al limite della delegabilità delle entrate correnti, rappresenta una pericolosa forma di irrigidimento, specie in funzione degli esercizi successivi, e crea i presupposti per ridurre il livello di veridicità. Le alternative Partendo dai dati e dalle informazioni rilevati con la fase della ricognizione, individuati gli obiettivi programmatici, verificato che le risorse finanziarie non sono quasi mai sufficienti a perseguire tutti gli obiettivi, è possibile dunque la scelta tra più opzioni. Nel rispetto, infatti, delle scelte politiche dell’amministrazione, occorre considerare i dati finanziari, vale a dire la destinazione delle risorse e la capacità di assorbimento del sistema, vale a dire il grado di reattività degli organi burocratici e la loro capacità di orientare l’azione amministrativa verso gli obiettivi, definendo le modalità di svolgimento dei processi. In tale ottica la priorità spetta certamente al finanziamento delle spese correnti consolidate, vale a dire riferite ai servizi essenziali e strutturali, al mantenimento del patrimonio e dei servizi ritenuti necessari. La parte rimanente può quindi essere destinata alla spesa di sviluppo, intesa quale quota di risorse aggiuntive che s’intende destinare al potenziamento quali-quantitativo di una certa attività, o alla creazione di un nuovo servizio, indipendentemente dalla natura della spesa. Infine la previsione di spese d’investimento, il cui finanziamento, attraverso l’istituto dell’accantonamento di quote d’ammortamento ed attraverso il comportamento virtuoso imposto dal “patto di stabilità interno” (di cui all’art. 28 della legge n. 448 del 1998), sarà sempre più riservato a risorse di parte corrente.
  • 32. 32 Individuazione e redazione dei programmi e dei progetti. Occorre affrontare ora il problema del processo di formazione dell’indirizzo, cioè del processo che, partendo da obiettivi generali, conduce alla definizione di programmi e progetti per l’azione amministrativa, per la gestione e per l’organizzazione. Non sembra che il legislatore abbia voluto modificare la portata dei programmi se non per la maggiore dignità formale che gli ha voluto assegnare. Di conseguenza, dovendo dettarne le caratteristiche, considerandone compatibilmente il grado di realizzabilità, occorre individuare quale sia la struttura dello strumento previsionale. Occorre in buona sostanza stabilire se l’ente debba formularli all’interno di ciascuna singola funzione ovvero se possa liberamente formularli trasversalmente. La prima soluzione conduce alla formulazione di un «programma endofunzionale» ed appare la più semplice anche per la fissazione di schemi omogenei, in quanto così il programma diviene la specificazione organizzativa della funzione. La seconda, detta per «programmi interfunzionali o plurifunzionali», ha però il vantaggio di assecondare meglio la volontà degli enti e la libera espressione di una parte del complessivo piano di attività dell’ente, assolutamente non comprimibile entro spazi predefiniti. Questa soluzione, che farebbe propendere per l’analisi corretta della normativa, evidenzia che il programma ed i singoli progetti che lo compongono sono il cardine della programmazione, incentrando l’intera preparazione del bilancio sui loro contenuti che divengono un imprescindibile momento per la struttura del bilancio e per la definizione dei rapporti tra gli organi politici e tra questi e la struttura dell’ente nonché per la corretta informazione sui contenuti effettivi delle scelte al cittadino/utente/contribuente. evidenza pubblica e comunicazione sociale del bilancio annuale e pluriennale. Nella costruzione, formulazione e approvazione dei programmi si sostanzia, infatti, l’attività di definizione delle scelte politiche che è propria del massimo organo elettivo preposto all’indirizzo e al controllo. In questa sede si deve esprimere la migliore forma e la migliore qualità delle decisioni politiche che caratterizzano l’ente. E’ d’uopo, al riguardo, il riferimento alle linee programmatiche presentate dal Sindaco e dal Presidente della provincia al Consiglio che, a tutti gli effetti, rappresentano il momento della pianificazione strategica dalla quale promana la successiva definizione dei programmi pluriennali e annuali. L’art. 170 TUEL parla di programmi anche nell’ultimo periodo del comma 5 laddove si afferma che «la parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica». Pertanto i programmi sono contenuti: 1) in apposito quadro di sintesi del bilancio;
  • 33. 33 2) nella relazione previsionale e programmatica. Dei programmi occorre fare analitica illustrazione prendendo coscienza che da qui inizia il processo di definizione degli indirizzi e delle scelte che deve portare all’affidamento di obiettivi e risorse ai responsabili dei servizi e quindi della gestione e dei risultati. Inizia di qui il collegamento tra indirizzo politico- amministrativo, bilancio dell’amministrazione e budget a disposizione dei responsabili dei servizi. In questa fase si ha una definizione dei programmi e quindi nel bilancio programmatico che dovrà poi condurre al bilancio gestionale. E’ proprio in questa fase che possono essere introdotti progetti di contenuto applicativo dei singoli programmi e che scandiscono le concrete attività da porre in essere. Conseguentemente con la definizione dei programmi e degli eventuali progetti si compie un passo essenziale per la distinzione/integrazione tra indirizzo politico e amministrazione su questa base si cerca di riportare la politica nell’ambito e alla qualità suoi propri - gli obiettivi, le scelte e le mediazioni di fondo, gli indirizzi operativi, la distribuzione delle macrorisorse - e di valorizzare, entro questi confini, l’autonomia delle amministrazioni, che non è meramente esecutiva, ma presuppone delle scelte. Il raccordo in seguito è assicurato dal controllo degli organi politici sui risultati della gestione affidata ai responsabili dei servizi. Predisposizione del modello della relazione Il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, ha approvato i modelli e schemi contabili relativi alla relazione previsionale e programmatica. Nel nuovo modello è stato disegnato un preciso percorso per la piena applicazione del disposto dell’art. 12 del D. Lgs. n. 77 del 1995 (adesso art. 170 del TUEL), prima citato. Il modello è suddiviso in sei sezioni così rubricate: 1. caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell’economia insediata e dei servizi dell’ente; 2. analisi delle risorse; 3. programmi e progetti; 4. stato di attuazione dei programmi deliberati negli anni precedenti e considerazioni sullo stato di attuazione; 5. rilevazione per il consolidamento dei conti pubblici;
  • 34. 34 6. considerazioni finali sulla coerenza dei programmi rispetto ai piani regionali di sviluppo, ai piani regionali di settore, agli atti programmatici della regione. Il modello contiene le indicazioni minime necessarie, vale a dire che lo stesso può essere liberamente integrato di altre indicazioni, di altri prospetti, di altri elementi e di altre informazioni che siano ritenute utili ai fini della illustrazione del bilancio annuale e del bilancio pluriennale, nonché dei programmi e dei progetti negli stessi contenuti. La forma grafica è per altro obbligatoria per le sezioni da 2 a 6, restando facoltativa per la sezione 1 riservata alle caratteristiche generali. Prescindendo quindi da quest’ultima, e dalle valutazioni conclusive, solo descrittive, di cui alla Sezione 6, si richiamano taluni aspetti delle Sezioni centrali, da 2 a 5. Per completezza di materia, si avverte che ai fini di consentire la corrispondenza generale delle previsioni col bilancio pluriennale, è utile aggiungere un prospetto nel quale si possano inserire anche gli oneri della restituzione dei prestiti. Analisi delle risorse E’ strutturata in successivi prospetti che, partendo da un quadro riassuntivo, esaminano ciascun titolo dell’entrata, evidenziandone i cespiti con sostanziale riferimento alle categorie ed imponendo per ciascuno una serie di valutazioni, descrizioni, analisi, ritenute necessarie per dimostrare l’attendibilità della previsione di entrata, quale affermata tra i principi fondamentali del bilancio di previsione. Ciascun prospetto si compone di una serie di colonne, riunite in due raggruppamenti principali, il trend storico e la programmazione pluriennale, e concluse con l’indicazione della percentuale di scostamento tra la previsione dell’esercizio in corso e la previsione del bilancio annuale proposto, dando così attuazione al disposto dell’art. 170, comma 5 del TUEL. La parte riferita al trend storico comprende due colonne contenenti dati di rendiconto, ovvero gli accertamenti, per ciascuna voce indicata, degli ultimi due esercizi precedenti quello in corso. Ad esempio in sede di programmazione del bilancio 2003, le due colonne indicano le risultanze consuntive degli esercizi 2000 e 2001. La terza colonna è invece riservata alla previsione dell’esercizio in corso (nel nostro esempio il 2002). Le risultanze che vi devono essere indicate vanno riferite alla previsione assestata del bilancio, ovvero devono comprendere tutte le variazioni che nel corso dell’esercizio sono state apportate alle previsioni iniziali. La parte invece riferita alla programmazione pluriennale comprende semplicemente le tre colonne riferite a ciascuno degli anni cui il bilancio pluriennale si riferisce Programmi e progetti
  • 35. 35 L’art. 170, comma 3, prevede che per la parte relativa alla spesa la relazione previsionale e programmatica contempli espressamente programmi ed eventuali progetti. Ciascun programma ha i seguenti contenuti: 1) scelte adottate con specificazione delle finalità che si intende conseguire e con indicazione di parametri ponderali utili a misurare il grado di raggiungimento del risultato atteso; 2) indicazione delle risorse umane utilizzate; 3) indicazione delle risorse strumentali impiegate; 4) motivazione. Ogni programma contiene altresì i seguenti altri elementi come risultano allo schema approvato dal legislatore con il D.P.R. n. 326 del 1998 : 1. dimostrazione della copertura finanziaria: si espone, anno per anno del triennio, quanto si finanzia con entrate specifiche, quanto con entrate correlate ai servizi e quanto con risorse generali e cioè con il complesso delle risorse indistinte iscritte in bilancio; 2. analisi della spesa nel triennio: si indica, anno per anno, la spesa corrente consolidata, rigida e immodificabile per atti assunti in precedenza, quella di sviluppo e quella per investimento.
  • 36. 36 Figura 4- Relazione tra programmi e RPP (Fonte : Bisio 2001) Stato di attuazione dei programmi Per una maggior presenza di dati e per il completamento della ricognizione, anche finanziaria, dello stato attuale dell’ente, questa Sezione della Relazione Previsionale prevede un prospetto che elenca, analiticamente, i progetti di opere pubbliche finanziati negli esercizi precedenti e non ancora, in tutto o in parte, realizzati, avendo riferimento: 1) all’oggetto dell’opera; 2) al Servizio di riferimento, alla struttura cioè che sta curando, o che avrebbe dovuto curare, la realizzazione dell’opera; 3) all’anno di impegno dei fondi; 4) all’importo totale dell’opera, con evidenza della parte già liquidata; 5) alla fonte di finanziamento. Una seconda parte, descrittiva tende invece ad illustrare lo stato di attuazione dei programmi e, semmai, ad argomentare l’elenco più o meno corposo delle opere non ancora completate. Relazione previsionale e programmatica Linee programmatiche per azioni e progetti Programma Programma Descrizione del programma Motivazione delle scelte Finalità da conseguire Risorse umane da impiegare Risorse strumentali da utilizzare Coerenza con i piani regionali di settore
  • 37. 37 La rilevazione per il consolidamento dei conti pubblici. L’ultima sezione comprende un prospetto di grandi dimensioni, nella doppia versione D.P.R. n. 421 del 1979, ormai obsoleta, D. Lgs. n. 77 del 1995 e D.P.R. n. 194 del 1996. Il prospetto comprende due quadri. Il primo, contraddistinto con la lettera A), riferito alle spese correnti, il secondo, contraddistinto con la lettera B), riferito alle spese in conto capitale.La compilazione risulta relativamente agevole, comprendendosi sostanzialmente l’elencazione degli Interventi di spesa, integrati con alcune specificazioni, specie sui destinatari pubblici della spesa, cui corrisponde una serie di colonne intestate alle singole funzioni della spesa stessa. IL BILANCIO PLURIENNALE Caratteristiche e finalità del bilancio pluriennale. L’art. 171 del TUEL prevede che gli enti locali alleghino al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale. Ciò evidenzia ancora una volta l’importanza e gli obblighi della programmazione negli enti locali. Questa si articola in un processo le cui fasi sono definite scandite e che, partendo dalla presentazione delle linee programmatiche al Consiglio dell’Ente si concretizza nella fissazione di indirizzi generali, nell’individuazione dei mezzi a disposizione e delle effettive possibilità operative, nella redazione del piano generale di sviluppo dell’ente (come previsto dall’art. 165, comma 7) e nella successiva costruzione dei programmi che costituiscono la chiave di lettura del bilancio pluriennale e della relazione previsionale e programmatica. Tra i documenti della programmazione delle attività degli enti locali, il bilancio pluriennale si inserisce, pertanto, quale strumento essenziale di analisi finanziaria. Riveste un’importanza fondamentale assieme alla relazione previsionale e programmatica, poiché è proprio mediante questi due documenti che si concretizza la capacità di programmazione di medio termine degli organi di governo degli enti locali. Occorre precisare che se la relazione previsionale e programmatica ha lo scopo di individuare un piano generale degli interventi dell’ente locale, illustrando i programmi, i progetti e le relative risorse da utilizzare, il bilancio pluriennale ha la principale funzione di verifica complessiva dell’entità e della tipologia dei mezzi finanziari idonei a garantire il mantenimento degli equilibri finanziari nel tempo e, in particolare, la copertura delle spese di funzionamento e di investimento, ovvero quelle che riguardano un intervallo di tempo che riguardi più esercizi. A questo proposito la norma prevede che la durata del periodo contemplato dal bilancio pluriennale sia pari a quello della regione di appartenenza e comunque non
  • 38. 38 inferiore a tre anni e che il primo esercizio indicato nel bilancio pluriennale coincide con il periodo preso in considerazione dal bilancio annuale. . Della medesima durata è del resto il periodo contemplato ed analizzato dalla relazione previsionale e programmatica. Tale verifica prende in considerazione un periodo di più anni in relazione a vari elementi, fra i quali si distinguono le opere pubbliche e gli altri investimenti che usualmente comportano spese in conto capitale e oneri indotti in grado di produrre effetti finanziari anche a lunga distanza di tempo dal momento della decisione e di avvio dell’intervento. Vi sono inoltre alcune fonti di finanziamento, come i mutui passivi, che per loro natura incidono sugli equilibri dei bilanci futuri, in termini di spese per interessi passivi e rimborsi di capitale. I riflessi finanziari delle decisioni già prese e delle altre da maturare, come descritte nella relazione previsionale e programmatica, debbono essere attentamente vagliati per la corretta elaborazione del bilancio pluriennale; ciò per rispettare i principi della veridicità e della coerenza delle previsioni di bilancio. Si può, pertanto, affermare che, in via generale, l’attendibilità e la veridicità del bilancio pluriennale discendono dall’esistenza di una valida ed efficace programmazione, che si traduce nell’individuazione di “programmi” da indicare nella relazione previsionale e programmatica e nel bilancio pluriennale. Il bilancio pluriennale è un bilancio di competenza finanziaria, prendendo in considerazione le entrate e le uscite per le quali si prevede sorga il diritto all’accertamento e l’obbligo all’impegno, senza tenere conto dei rispettivi momenti successivi dell’incasso e del pagamento (movimentazioni effettive di cassa). Un elemento di grande novità introdotto dal nuovo ordinamento, che rafforza e qualifica maggiormente la fase di programmazione dell’ente locale, è certamente il carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale. Ciò significa, innanzitutto, che gli stanziamenti di spesa costituiscono limite di assunzione degli impegni di spesa per ciascun esercizio indicato dal bilancio pluriennale e sono aggiornati annualmente, come indica l’art. 171, comma 4, in sede di approvazione del bilancio di previsione. Per le entrate, invece, gli stanziamenti rappresentano le somme che secondo i principi di veridicità e di attendibilità si ritiene di poter ragionevolmente accertare in ogni esercizio contemplato dal bilancio pluriennale. Gli stanziamenti di entrata in tal modo sono destinati a tradursi in linee di indirizzo e programmi che l’organo consiliare assegna all’organo esecutivo per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie al finanziamento delle spese di funzionamento e di investimento. Come diretta conseguenza del carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale si pone, fra l’altro, la necessità di assumere impegni sul bilancio pluriennale qualora dalle scelte amministrative derivino spese a carico degli anni futuri e non si rientri nella fattispecie di cui all’art. 183, commi 2 in virtù del quale per taluni impegni non è necessario un impegno di spesa ( si tratta di impegni ricorrenti per spese dovute come quelle relative al personale, o all’ammortamento di mutui e prestiti o per spese derivanti da contratti o
  • 39. 39 disposizioni di legge e alcune spese in conto capitale). E’ in questo caso attribuita una specifica competenza al responsabile di servizio cui spetta indicare, nell’assunzione dell’impegno di spesa (determinazioni), tutti gli elementi necessari ad una corretta quantificazione delle spese, non solo nell’esercizio considerato ma anche in quelli successivi. Spetta poi al responsabile del servizio finanziario la responsabilità di verifica e di controllo della copertura finanziaria. Particolare attenzione deve essere, inoltre, prestata alla previsione di spese che per loro natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e di quelle che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale; tali spese derivano perlopiù dalle opere pubbliche e dagli altri investimenti. Per tali previsioni di spesa sarà opportuno provvedere alla redazione di uno specifico prospetto ai fini del successivo inserimento nei documenti di bilancio. Quanto alla programmazione degli investimenti e ai piani economico- finanziari, l’art. 200 del TUEL dispone che per tutti gli investimenti degli enti locali comunque finanziati: 1) si dà atto della copertura delle maggiori spese determinate dall’investimento nel bilancio pluriennale originario eventualmente modificato dall’organo consiliare; 2) si assume l’impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spese relative a servizi futuri. In ogni caso gli stanziamenti del bilancio pluriennale sono aggiornati annualmente per scorrimento in sede di approvazione del bilancio di previsione. Va ricordata la necessaria coerenza con il programma triennale delle opere pubbliche e con l’elenco annuale. Struttura del bilancio pluriennale Il bilancio pluriennale è redatto nell’osservanza di tutti i principi previsti per il bilancio annuale dall’art. 162 del TUEL e validi per il Bilancio preventivo, tranne quello dell’annualità. Differisce dal bilancio annuale perché presenta una struttura sintetica, in diretta correlazione con la struttura della relazione previsionale e programmatica. Per l’appunto queste diverse caratteristiche lo differenziano dal bilancio annuale, il quale conserva il suo ruolo di documento in assoluto più completo della programmazione finanziaria Per la parte riguardante le entrate il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che, per ciascuno degli anni considerati, si prevede di destinare: 1) alla copertura di spese correnti;
  • 40. 40 2) al finanziamento di spese d’investimento, con indicazione della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento. In particolare rileva: 3) l’avanzo di amministrazione applicato al bilancio nelle sue varie forme: soggetto a vincolo, destinato al finanziamento di investimenti, collegato al fondo ammortamento ed infine contenente una parte non vincolata; 4) i titoli di entrata, con esclusione delle categorie, delle risorse e dei servizi per conto di terzi; 5) le singole risorse con le seguenti indicazioni: - gli accertamenti dell’ultimo esercizio chiuso; - le previsioni dell’esercizio in corso; - le previsione del bilancio pluriennale indicate anno per anno e nel totale; 6) il riepilogo dei titoli, dell’avanzo ed il totale generale. Con riferimento alle Spese il Bilancio Pluriennale è invece strutturato per programmi, per titoli, per servizi e interventi. In corrispondenza di ciascun programma, titolo, servizio e intervento, è è individuato l’ammontare delle spese correnti di gestione, suddivise tra spese consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall’attuazione delle politiche d’investimento, nonché le spese d’investimento previste; tutto ciò distintamente per ognuno degli anni considerati. Ciascun programma o servizio rileva a sua volta gli interventi suddivisi per titoli, con il totale per titoli ed il totale finale per l’intero programma o servizio. Ogni intervento di spesa, infine, nell’ambito di ciascun titolo rileva: 1) gli impegni dell’ultimo esercizio chiuso; 2) le previsioni definitive dell’esercizio in corso; 3) le previsioni del pluriennale, anno per anno, e con distinzione per ciascun anno della spesa consolidata e di quella di sviluppo A conclusione è invece riportato un quadro di sintesi. Il nuovo ordinamento finanziario e contabile prevede l’impiego c.d metodo per scorrimento nella redazione del bilancio pluriennale, come del resto avveniva già in precedenza sotto il regime dall’ordinamento, di cui al D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421. Il bilancio pluriennale viene, infatti, definito scorrevole poiché
  • 41. 41 ogni anno rileva un periodo di tempo traslato in avanti di un esercizio finanziario e deve pertanto essere aggiornato in sede di approvazione del bilancio di previsione, visto che il primo esercizio del bilancio pluriennale per definizione coincide con l’esercizio contemplato dal bilancio annuale. Ciò comporta una particolare attenzione agli impegni pluriennali già assunti che debbono essere rideterminati in ragione di ogni anno previsto, per non incorrere nell’errore di prevedere stanziamenti di bilancio insufficienti a coprire gli impegni già presi, oltre, ovviamente, alle altre spese obbligatorie e fisse. Ci si riferisce, in particolare, sia agli impegni sul bilancio pluriennale veri e propri sia alle spese derivanti da scelte pregresse, ma che si manifestano in anni successivi al periodo indicato nel bilancio pluriennale (si pensi ad esempio agli oneri indotti degli investimenti). Vi sono, poi, le spese che per loro natura ricadono anche negli anni successivi come, ad esempio, le rate di ammortamento dei mutui ed i premi assicurativi. In tal modo, tutte le fattispecie di spesa sopra indicate devono essere vagliate e rimodulate ogni anno per la corretta determinazione degli stanziamenti. Si evidenzia l’importanza di questa fase di previsione, poiché dalla correttezza di queste operazioni deriva direttamente la veridicità e l’attendibilità, nonché il rispetto degli equilibri del bilancio stesso. Emerge, in tale ambito, la competenza del responsabile del servizio nell’indicare correttamente le previsioni di spesa dei servizi di propria competenza ed anche la successiva responsabilità di verifica e di controllo da parte del responsabile del servizio finanziario. Quanto alle possibili variazioni che intervengono a riquantificare gli obiettivi predeterminati, il bilancio pluriennale, considerato il collegamento diretto esistente con il bilancio di previsione annuale, è soggetto alle stesse regole previste per le variazioni in corso di esercizio previste per quest’ultimo. Il carattere autorizzatorio del bilancio pluriennale impone, in particolare, l’adozione di delibere di variazione dello stesso, laddove l’approvazione di progetti esecutivi di opere pubbliche o, comunque, qualsiasi altra scelta da effettuare in corso di esercizio, comportino differenti previsioni di spesa rispetto alla originaria formulazione del bilancio pluriennale; ciò nell’osservanza del principio della copertura finanziaria, al fine di mantenere gli equilibri di bilancio. E’ bene tener conto, infine, che le variazioni del bilancio pluriennale devono corrispondere alle variazioni della relazione previsionale e programmatica, per la loro natura di strumenti di programmazione inscindibilmente e reciprocamente correlativi e collegati. IL BILANCIO DI PREVISIONE Il bilancio annuale di previsione, con i suoi principi e le sue caratteristiche, resta il principale documento di programmazione, conservando la sua funzione di autorizzazione e limite e dando concreta attuazione alla distinzione tra indirizzo e controllo da un lato e gestione e relativi risultati dall’altro. Innovando rispetto alle precedenti disposizioni, la
  • 42. 42 legge n. 142 del 1990 (interamente ripresa dal TUEL) ne ha enfatizzato la sua funzione programmatica imponendo di accludervi la RPP. Conseguentemente il bilancio nelle nuove forme e nei nuovi contenuti stabiliti dalla riforma ha il compito di correlare gli indirizzi strategici ai valori contabili in esso esplicitati in modo da costituire il primo riscontro utile ad attivare le leve di gestione e quindi il controllo in termini di analisi e valutazione degli andamenti e dei risultati. I principi6 del bilancio ricevono indicazione nell’art. 162 e sono stati integrati da un recente documento (4 luglio 2002), costituito dai postulati e dai principi generali, approvato dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali. Va considerato che la riforma non ha sconvolto la precedente impostazione del bilancio, ma ne ha sostanzialmente confermato e meglio definito i criteri classici, espliciti o meno, delle precedenti esperienze normative. Tra gli altri, è rimasto confermato il tradizionale principio finanziario della competenza, mentre è scomparso quello della cassa, anche se le ultime norme sul patto di stabilità interno hanno ridato spazio alle valutazioni di cassa. Un commento a sé merita l’introduzione, tra gli altri, del principio della veridicità, ovviamente da sempre implicito, ma ora normativamente rilevante. Traspare la particolare attenzione del legislatore non solo nel definirlo, ma poi nel connettervi riscontri metodologici dell’organo di revisione contabile, che tra l’altro deve dare un motivato giudizio sulla sua osservanza. Le norme evidenziano anche il carattere autorizzativo, tipico della contabilità finanziaria. La riforma, nel confermarlo, si è dato carico di regolare le connessione con la contabilità economica e le sua esigenze di trasparenza e modernità tanto che la stessa interpretazione dei postulati di bilancio da parte dell’Osservatorio sottolinea come i valori finanziari, a preventivo, debbano esprimere la dimensione finanziaria di fatti economici previamente valutati. Dal carattere autorizzativo discende altresì il limite agli impegni di spesa, che il legislatore ha inteso garantire puntualmente affidando al servizio finanziario il compito di verificarne l’osservanza e consentendo, solo dopo tale verifica, il perfezionamento dell’iter amministratico-contabile Unica eccezione è costituita dai servizi per conto di terzi, per i quali non rappresenta limite per l’assunzione degli impegni di spesa e quindi in quei casi può essere superato lo stanziamento iscritto. Conseguentemente l’impegno che dovesse essere assunto per importo che superi lo stanziamento deve trovare corrispondente accertamento di entrata, anch’esso superiore alla previsione iscritta, senza incidere in alcun modo sull’equilibrio complessivo del bilancio. Ovviamente, il tipo dei capitoli iscrivibili in questa parte del 6I postulati individuati dalla norma sono quelli già noti per il bilancio di previsione annuale degli enti pubblici seguenti: 1. Unità 2. Annualità 3. Universalità 4. Integrità 5. Veridicità ed attendibilità 6. Pareggio finanziario 7. Pubblicità
  • 43. 43 bilancio è rigidamente predefinita e non è possibile un so ampliamento, quale che sia la motivazione. Infine occorre ribadire il collegamento tra bilancio di previsione annuale e gestione degli impegni pluriennali che il legislatore annovera tra le caratteristiche. Per essa, è imposto che nel bilancio annuale di previsione sia data idonea copertura agli impegni pluriennali assunti negli anni precedenti. L’applicazione dell’art. 183, commi 6 e 7 demanda all’ente, ed in definitiva al suo consiglio, di operare un’attenta azione ricognitiva degli impegni pluriennali assunti e ricadenti nell’anno finanziario cui il bilancio si riferisce per assicurare e verificare la copertura con idoneo finanziamento. Struttura del bilancio di previsione annuale La struttura del bilancio di previsione è disciplinata dall’art. 165 TUEL, che conferma sostanzialmente la precedente impostazione generale di classificazione dell’entrata in sei titoli, secondo la fonte di provenienza, e della spesa in quattro titoli secondo la classificazione economica. La novità di rilievo è costituita dalle nuove unità elementari del bilancio, rispettivamente la risorsa per le entrate e gli interventi per la spesa. Ha determinante rilievo, anche per la corretta definizione dei compiti del consiglio, la disposizione del comma 9 dell'art. 165 TUEL il quale stabilisce che a ciascun servizio é affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, dei quale risponde il responsabile del servizio. L’affidamento si connette all’altro compito, parimenti importante, della definizione degli indirizzi strategici da osservare e dei programmi da realizzare che sono contenuti nella RPP. Ne deriva da un lato uno snellimento delle procedure, dall’altro una mancanza di riscontro da parte del Consiglio sulla realizzazione degli obiettivi indicati dalla relazione previsionale programmatica, che resta l’unico strumento in grado di definire obiettivi e programmi sottoposto al suo vaglio All’affidamento consegue, quando ricorre, l’operazione effettuata in sede di PEG di dettaglio dell’assegnazione dei mezzi finanziari ai responsabili di risultato di gestione. Sul piano generale va anche precisato che sulla struttura del bilancio e compatibilmente con le normative dell’ordinamento occorre recepire le norme recate dalla regione di appartenenza per le entrate e le spese relative alle funzione delegate. L’art. 165, comma 12, con riferimento alle funzioni delegate dalle regioni agli enti, stabilisce, infatti, che i bilanci di previsione degli enti locali recepiscano, purché non in contrasto con la normativa del TUEL, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, in modo tale che la regione possa effettuare un controllo sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e e verificare l'omogeneità delle classificazioni di dette spese nel bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Prevede, infine, espressamente il divieto per gli enti locali di indicare entrate e spese attinenti alle funzioni delegate dalle regioni tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione