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TCI: consigli pratici d’uso
Treviso, 9 Ottobre 2017
La Target Controlled Infusion (TCI) è una modalità endovenosa di
somministrazione dei farmaci, che utilizza dei modelli farmacocinetici
elaborati su una popolazione campione e integrati in sistemi di infusione
dedicati.
TCI significa che la somministrazione del farmaco viene controllata da un
target o bersaglio, cioè un obiettivo di concentrazione impostato
dall’anestesista. Il sistema informatico si occuperà, tramite la pompa, di
raggiungere rapidamente il target e mantenerlo stabile, regolando la velocità
di infusione ed evitando sia il sovradosaggio che il sottodosaggio del
farmaco. All’anestesista non è richiesto di eseguire alcun tipo di calcolo.
A differenza dell’Anestesia Totalmente Endovenosa (TIVA - Total Intra Venous
Anesthesia), la TCI permette un fine controllo della somministrazione dei
farmaci ed una rapida variazione della concentrazione target, rendendo il
piano anestesiologico estremamente maneggevole. Un concetto implicito
nella modalità TCI infatti, è che la concentrazione target può venire modificata
ogni qual volta l’anestesista lo ritenga necessario, così da seguire in tempo
reale le varie fasi dell’intervento chirurgico, correggendo ipnosi ed analgesia
in modo puntuale.
L’accurata modulazione dell’analgo-sedazione rende la TCI uno strumento
ineguagliabile quando ci troviamo a dover sedare pazienti molto complessi al
di fuori della sala operatoria (NORA – Non Operating Room Anesthesia), con
la necessità di offrire un adeguato confort anestesiologico al paziente,
evitando accidentali sovradosaggi ed episodi di depressione respiratoria.
La TCI ha abbandonato la modalità di somministrazione TIVA a mg/kg di peso
corporeo per il bolo e mg/kg/h o µg/kg/min per l’infusione continua, poiché il
peso corporeo attuale o ideale o la massa magra, erano indicazioni
insufficienti per un corretto dosaggio dei farmaci. Si è considerato che,
quando somministriamo un qualsiasi farmaco ad un paziente, questo
distribuendosi nel volume plasmatico genera una concentrazione ed è tale
concentrazione a determinare gli effetti farmacodinamici attesi. Per dirlo in
altri termini: quando somministro un farmaco, ciò che desidero è ottenere
rapidamente un effetto ben definito e perché ciò avvenga il farmaco deve
2
raggiungere una data concentrazione a livello del recettore su cui agisce.
Vista la natura dei farmaci che comunemente utilizzo, mi piacerebbe anche
somministrarne la quantità esatta, a maggior ragione nel caso di una
infusione continua, perché vorrei che il mio paziente godesse di una bella
anestesia e si svegliasse non appena l’intervento fosse terminato.
Tutti sappiamo come esistano pazienti che, pur avendo lo stesso peso
corporeo, hanno età, massa muscolare, stato di salute, condizioni di circolo e
metabolismo estremamente diversi. Quindi è abbastanza riduttivo
quantificare la dose di farmaco adeguata per i nostri pazienti, solo in base al
peso. Peso che rimane comunque una covariata importante per calcolare la
dose da somministrare per eguagliare il target e determinare la
concentrazione raggiunta via via che prosegue l’infusione.
Il target è la concentrazione del farmaco riferita ad un certo compartimento
dell’organismo, che può essere il plasma quindi la concentrazione che
desidero venga raggiunta dal farmaco nel plasma del paziente (target al
plasma); o il sito effettore quindi la concentrazione riferita alla sede in cui il
farmaco esplica la sua azione farmacodinamica o si lega al suo recettore
(target all’effetto).
Il target al plasma oramai viene utilizzato molto meno e verrà probabilmente
abbandonato, in quanto il plasma è solamente il mezzo di trasporto delle
molecole farmacologiche, che prima o poi si equilibra con il sito effettore, il
quale rappresenta invece il vero obiettivo farmacologico.
Le modalità di somministrazione TCI al plasma e all’effetto differiscono di
molto tra di loro.
La somministrazione con target al plasma prevede, quando impostiamo un
target, che il software della pompa imponga una velocità elevata per un
determinato tempo, tale da raggiungere rapidamente il target desiderato;
all’avvicinarsi dell’obiettivo la pompa rallenta la sua velocità di infusione e
continua a velocità variabile per mantenere costante il target. La TCI al plasma
non somministra mai un bolo e non supera mai il target plasmatico imposto.
La modalità con target all’effetto invece somministra sempre un bolo
quando noi impostiamo un target verso l’alto. Il sistema calcolerà un bolo
plasmatico che permetterà di raggiungere più rapidamente possibile
l’equilibrio tra plasma e sito effettore e considererà sempre la concentrazione
target all’effetto quella da raggiungere. Questa modalità è molto simile a
quella che viene utilizzata per indurre i bambini con il sevoflurano: viene
impostata una concentrazione inalata di sevoflurano all’8% per alcuni respiri,
3
in modo che si abbia una rapida diffusione dell’alogenato sino a che il
bambino risulta indotto; successivamente la concentrazione viene ridotta al 2-
3% che è il valore idoneo al mantenimento dell’anestesia.
Nella modalità all’effetto, il sistema indica alla pompa di somministrare un
bolo per creare un picco plasmatico, quindi la pompa si ferma e riprende a
funzionare a velocità variabile quando il target nel sito effettore sta per essere
raggiunto dalle molecole che, dopo l’overshooting, passano rapidamente dal
plasma al sito effettore. Quindi la TCI all’effetto funziona raggiungendo più
rapidamente una concentrazione desiderata a livello del recettore, rispetto
alla modalità al plasma.
Esistono vari modelli farmacocinetici che sono implementati nelle pompe TCI
e che sono stati elaborati per guidare la somministrazione dei farmaci di
anestesia; per esempio esistono svariati modelli per il propofol - fra cui il
Marsh e lo Schnider - e per ciascuno di questi modelli possiamo decidere se
utilizzarli con target al plasma o target all’effetto.
Il modello Marsh al plasma era quello utilizzato negli originali sistemi
Diprifusor®
. Pertanto è maggiormente familiare ai vecchi utilizzatori TCI e,
anche se ora vi è la possibilità di somministrarlo all’effetto, deve essere usato
al plasma, perché altrimenti la dose di induzione risulterebbe troppo elevata,
con possibili ripercussioni emodinamiche.
Il Marsh può essere di maggior soddisfazione nel paziente giovane ed in
buone condizioni, perché permette una induzione più rapida: eroga una dose
più elevata di propofol, che lo fa assomigliare alle comuni induzioni TIVA
eseguite con i 2 mg/kg di bolo manuale.
Il modello che il mio gruppo utilizza quotidianamente per il propofol è lo
Schnider all’effetto.
Il modello Schnider utilizza come covariate: età (assente nel modello di
Marsh), peso e massa magra ed ha un volume del compartimento centrale
(V1) molto piccolo, cui corrisponde un calcolo della dose di induzione
parimenti ridotta. Questo comporta un basso dosaggio di farmaco (circa 1-1.5
mg/kg ad induzione completata) con una induzione lenta e rispettosa
dell’emodinamica, caratteristiche che lo rendono il modello migliore nel
paziente anziano e compromesso. D’altra parte invece, non è indicato nei casi
in cui sia necessaria una induzione rapida.
Il modello Schnider deve essere sempre usato all’effetto altrimenti, con un
target al plasma, l’induzione sarebbe troppo lunga. Avendo questo modello
un V1 piccolo ed erogando una quantità di farmaco relativamente bassa,
4
senza il bolo iniziale, non riuscirebbe mai a riempire il V1 e il nostro paziente
non si addormenterebbe mai.
Altro problema del modello Schnider è che utilizzando la formula di James
per il calcolo della massa magra, non può essere usato nel paziente obeso, cui
somministrerebbe un bolo troppo esiguo, determinando per contro un
accumulo significativo per infusioni prolungate. Attualmente il modello
validato per guidare la somministrazione di propofol nel paziente obeso è il
modello Cortinez, ad oggi presente solamente nei sistemi TCI Arcomed®
.
Per il remifentanil e il sufentanil vengono rispettivamente utilizzati: il
modello di Minto e il modello Gepts, che sono gli unici disponibili per questi
due farmaci.
Funzionamento pratico dei sistemi TCI
I sistemi TCI nonostante utilizzino le pompe e gli stessi farmaci endovenosi
(propofol, remifentanil e sufentanil) della TIVA, funzionano in maniera molto
diversa.
• Anestesia TIVA
La TIVA, almeno per il propofol, utilizza uno schema di infusione tipo BET
(Bolus, Elimination, Transfer) che prevede un bolo iniziale di 1-1.5 mg/kg di
peso corporeo, seguito immediatamente dall’inizio di una infusione continua
a 10 mg/kg/ora per 10 minuti, poi ridotta a 8 mg/kg/ora per altri 10 minuti e
quindi portata a 6 mg/kg/ora sino alla fine dell’intervento. Una recente
acquisizione è la possibilità di scendere a velocità inferiori in base alle
indicazioni del monitoraggio dell’ipnosi, per cui è possibile ridurre i dosaggi a
5-4 mg/Kg/ora in anestesie più prolungate.
L’obbiettivo del BET era raggiungere e mantenere una concentrazione
plasmatica di circa 3 µg/ml di propofol e dosaggi seriati di propofol nel
plasma dei pazienti hanno dimostrato che questo obiettivo era abilmente
raggiunto e mantenuto.
Per quanto riguarda il remifentanil la modalità di somministrazione TIVA non
prevede boli, perché errate indicazioni di dosaggio nelle prime fasi
dell’utilizzo su vasta scala (boli iniziali consigliati di 0.5-1 µg/kg) hanno
5
determinato frequenti episodi di rigidità toracica. Per questo motivo nell’uso
comune in TIVA non si utilizza mai il remifentanil in bolo, nemmeno quando il
paziente è curarizzato e non si dovrebbe temere alcuna rigidità, e l’infusione
di remifentanil viene iniziata comunemente - ed erroneamente - ad
intubazione avvenuta, a velocità comprese tra 0.05 e 0.5 µg/kg/min a seconda
dell’entità dello stimolo chirurgico.
Il remifentanil, nonostante sia un farmaco dotato di una cinetica molto rapida,
non è in grado di arrivare in tempi utili all’effetto farmacodinamico se
somministrato in infusione continua: se pretendiamo variazioni di
concentrazione con modificazioni della sola velocità di infusione, allora anche
per il remifentanil i tempi saranno molto lunghi, dell’ordine di circa 10 minuti.
Per avere un rapido incremento dell’analgesia, tipo protezione
dell’intubazione o protezione dall’incisione chirurgica, il remifentanil DEVE
essere somministrato in bolo, solo allora i tempi di picco farmacodinamico
corrispondono a circa 1 minuto,
Con il remifentanil diluito come di consueto a 50 µg/ml, la somministrazione
con pompa di piccoli boli di 10-20-30 µg in fase di induzione, accompagnati
da una attenta assistenza ventilatoria del paziente, non comportano alcun
rischio di rigidità. Le dosi di infusione più frequentemente utilizzate sono
0.08-0.1–0.2–0.3 µg/kg/min. Nella pratica clinica dosaggi di mantenimento
più elevati dovrebbero, a mio parere, essere abbandonati dato l’elevato
rischio di incorrere nel fenomeno dell’Iperalgesia da oppioidi.
La presunzione, comune in TIVA, di eludere lo stimolo algico della
laringoscopia e dell’intubazione con elevate dosi di fentanil (200-300 µg) è
pratica che andrebbe rivista. Fermo restando che se somministrato per tempo
il fentanil offre una copertura accettabile, anche se non completa come con il
remifentanil, è pur vero che terminato lo stimolo della laringoscopia si ha il
permanere di un’eccessiva copertura analgesica. In effetti avere una elevata
attività oppioide mentre viene preparato il campo e in attesa dello stimolo
chirurgico dell’incisione, non è certamente utile per il paziente, soprattutto se
compromesso, potendo comportare ipotensione e bradicardia.
• Anestesia TCI
I sistemi TCI funzionano in maniera differente.
Una volta accesa la pompa, si inizia impostando i dati antropometrici del
paziente che, in relazione al modello scelto, possono funzionare da covariate
e influenzare i dosaggi e le velocità di infusione. Il software della pompa
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controlla la somministrazione dei farmaci sulla base di un modello
farmacologico di tipo compartimentale.
Tale modello prevede un compartimento centrale (V1) che potremmo
identificare grossolanamente con il plasma, che è in equilibrio tramite delle
costanti di trasferimento in andata e ritorno con un secondo compartimento
(V2) costituito da tessuti a flusso rapido quali cuore, cervello, polmoni, fegato,
muscoli, reni, e con un terzo compartimento (V3) a flusso lento rappresentato
dai tessuti corporei poco vascolarizzati e dal tessuto adiposo.
Quello che ci interessa sapere è che quando somministriamo un farmaco
endovenoso ad un paziente, questo si distribuirà prontamente nel plasma
(V1) e da qui, a seconda delle costanti di trasferimento, diffonderà nel
compartimento a flusso rapido (V2) con una certa velocità e più lentamente
raggiungerà i tessuti a basso flusso (V3). Al termine della somministrazione,
mano a mano che dal compartimento centrale il farmaco diffonde in periferia
e quindi la sua concentrazione plasmatica si riduce, parte delle molecole che
si trovano nei compartimenti periferici, tenderanno a ritornare nel plasma e
da qui verranno poi eliminate.
Il modello tricompartimentale si può rappresentare graficamente con il
Modello Idraulico, costituito da tre serbatoi cilindrici di diverse dimensioni
che rappresentano i vari compartimenti (V1, V2, V3), collegati fra loro da delle
tubature che hanno diametro proporzionale alla velocità del flusso (costanti di
trasferimento) fra un serbatoio e l’altro. Sul fondo del cilindro centrale (V1) c’è
un tubo di scarico che lo collega con l’esterno (V0) e che rappresenta
l’eliminazione dal compartimento centrale o clearance. Immaginiamo quindi
di aprire un rubinetto per riempire d’acqua il serbatoio principale: V1
progressivamente si riempie e il livello dell’acqua contenuta al suo interno si
alza. Parte di quell’acqua defluisce in direzione di V2 tramite una tubatura di
dimensioni discrete e un po’ d’acqua scorre attraverso un condotto molto più
sottile verso V3, mentre un’altra quota viene eliminata dal foro di scarico
presente sul fondo del primo serbatoio. L’acqua continuerà a spostarsi da V1
verso i serbatoi periferici fino a che non verrà raggiunto l’equilibrio, ovvero
l’altezza dell’acqua sarà la medesima nei tre serbatoi e la quota d’acqua che
viene eliminata è equivalente a quella che viene immessa nel sistema dal
rubinetto aperto: è stato raggiunto lo stato stazionario (steady state). A
questo punto, se chiudo il rubinetto, il livello dell’acqua contenuta in V1
inizierà a scendere venendo eliminata dal tubo di scarico, perciò si invertirà la
direzione del flusso e l’acqua prenderà a defluire dai compartimenti periferici
per raggiungere quello centrale. L’acqua tornerà da V3 con una velocità
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inferiore rispetto a quella contenuta in V2, in quanto la tubatura di raccordo è
molto piccola, per cui V3 sarà il compartimento che si svuoterà più
lentamente.
Le dimensioni dei vari compartimenti, dei tubi di collegamento e del tubo di
scarico variano in base alle caratteristiche chimico-fisiche della molecola
farmacologica somministrata. Quindi una molecola molto lipofila avrà un V3
di grandi dimensioni dove tenderà ad accumularsi e verrà eliminata
lentamente in quanto la conduttura di ritorno verso V1 sarà di diametro
ridotto.
Al sistema tricompartimentale è stato aggiunto un quarto compartimento
(Ve) che è il compartimento effettore o biofase, assimilabile funzionalmente,
per i farmaci di anestesia, al recettore situato nel sistema nervoso centrale.
Questo compartimento (Ve) giace all’interno del compartimento centrale (V1),
venendo da esso alimentato. Quando noi immettiamo un farmaco nel
compartimento centrale, questo raggiungerà inevitabilmente il
compartimento effettore, con un ritardo (latenza) tipico del farmaco stesso.
Nel momento in cui la molecola raggiunge il Ve si esplica la sua azione
farmacologica e noi possiamo osservarne l’effetto clinico sul nostro paziente.
Con l’introduzione del Ve si è colmato il gap temporale tra distribuzione
farmacocinetica del farmaco nei vari tessuti dell’organismo (compartimenti
V1, V2 e V3) ed effetto farmacodinamico. Il compartimento effettore è in
costante comunicazione ed equilibrio con il compartimento centrale per cui
all’induzione, al riempimento del V1, si riempie anche il Ve, con la latenza
caratteristica della molecola.
Al termine dell’intervento, quando viene portata a zero la concentrazione
target e la pompa si ferma, la caduta della concentrazione nel compartimento
effettore segue quella del V1, che viene determinata in parte dalla clearance
della molecola ed in parte dalla redistribuzione del farmaco tra i vari
compartimenti periferici. Paradossalmente per alcuni farmaci molto
liposolubili, come il sufentanil ed il propofol, la quantità totale del farmaco
presente nell’organismo potrebbe essere ancora molto elevata, ma la quota
presente nel compartimento V3 e reintrodotta lentamente nel V1 attraverso i
canalini di comunicazione non influenza la discesa di concentrazione nel
compartimento centrale, che poi determina il calo nel compartimento effetto
e il risveglio del paziente. Quindi i nostri pazienti si svegliano perché i farmaci
si redistribuiscono e non perché vengono eliminati, ad eccezione del
remifentanil. Per questo motivo l’emivita di eliminazione non ha alcun
8
significato clinico e non può dare alcuna informazione sul recupero e sui
tempi di risveglio. Ciò che conta è invece l’emivita contesto sensibile di un
farmaco che, tenendo conto della durata dell’infusione stessa, definisce il
tempo che impiegherà la concentrazione del farmaco al sito effettore a ridursi
della metà. L’emivita contesto sensibile è determinata dalla clearance tipica
del farmaco, dalla durata dell’infusione e dal ritorno delle molecole dai
compartimenti periferici, che rallentano la caduta della concentrazione nel
plasma e quindi nel sito effettore.
Il contesto rappresenta la durata dell’infusione. Comunemente infatti la
quantità di farmaco somministrato non riesce ad essere completamente e
rapidamente eliminata alla sospensione dell’infusione ed il tempo necessario
affinché questo avvenga è dipendente dal contesto perché: più lunga è la
durata della somministrazione e maggiore è l’accumulo del farmaco. Questo
ad eccezione del remifentanil, in quanto la formidabile capacità di clearance
del sistema enzimatico – esterasi aspecifiche presenti in tutti i tessuti
dell’organismo – che ne metabolizza la molecola, rende singolare il suo
profilo farmacocinetico. L’emivita contesto sensibile e il tempo di
decremento che ne viene derivato sono parametri migliori per dare
indicazioni su obiettivi clinici importanti quali: il potenziale accumulo del
farmaco e l’ipotetico tempo di risveglio o l’adeguatezza dell’effetto
analgesico. Il tempo di decremento è il tempo necessario ad avere un calo
della concentrazione nel sito effettore non del 50%, che comunemente non
può portare a variazioni cliniche, ma del 70-80-90%.
Tutti i sistemi TCI permettono di impostare un tempo di decremento ipotetico
che varia in relazione alle condizioni cliniche del paziente, all’età, alle
comorbilità e alla risposta che abbiamo evidenziato durante l’induzione e la
conduzione dell’anestesia.
Di fatto il sistema TCI funziona in questo modo:
Quando all’inizio di un’anestesia, o di una sedazione, impostiamo una
concentrazione all’effetto (ad esempio 0.8 µg/ml) di propofol, il computer -
sulla base dei dati antropometrici del paziente introdotti e del modello
farmacocinetico selezionato - indica alla pompa di somministrare in un tempo
determinato un bolo di farmaco, per colmare la differenza tra concentrazione
zero e quella scelta. Il bolo somministrato varia in relazione alla variazione di
concentrazione impostata; ovvero per piccole variazioni (ad esempio da 1,5 a
2 µg/ml) somministrerà piccole dosi, se impostiamo grandi variazioni di
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concentrazione (ad esempio da 1,5 a 3 µg/ml) darà boli più elevati. Questo
avverrà ogni volta che noi intenderemo variare la concentrazione del farmaco
per approfondire l’ipnosi, sino a indurre il sonno, o per aumentarla in caso di
valori di BIS troppo elevati. Il sistema TCI all’effetto somministra sempre un
bolo ogni volta che intendiamo fare variazioni di concentrazioni verso l’alto
ed i boli sono di entità commisurata alla variazione di concentrazione
imposta.
Comunque anche il bolo che viene erogato per indurre l’anestesia, ad
esempio se intendiamo passare da concentrazione 0 a 3 o 4 µg/ml all’effetto,
sarà sempre di entità molto inferiore (con il modello Schnider) rispetto a
quello che comunemente facciamo con modalità manuale di 2 mg/kg. Una
dose media di propofol per addormentare un paziente di 75 kg sarà di meno
di 100 mg ed ovviamente bisognerà attendere il raggiungimento del tempo
di picco del farmaco (che per il propofol è 3-4 minuti) per avere un paziente
addormentato. Questa modalità, che somministra piccole dosi all’induzione, è
estremamente rispettosa dell’emodinamica ed è sicura e vantaggiosa nei
pazienti compromessi o anziani, ma è molto lenta e comunemente non siamo
abituati o disposti ad accettare tempi di induzione così lunghi. Per questo
motivo la TCI non è adeguata se necessitiamo di una induzione rapida, tipo
RSI (Rapid Sequence Induction), nel paziente a stomaco pieno.
Una volta somministrato il bolo la pompa si ferma ed attende che le molecole
di farmaco somministrato portino, attraverso un aumento della
concentrazione nel compartimento centrale e una conseguente diffusione nel
compartimento effettore, un aumento della concentrazione nel sito effettore.
Quando la concentrazione all’effetto si avvicina a quella impostata (ad
esempio 3.2 µg/ml), ad equilibrio raggiunto fra V1 e Ve, la pompa riprende a
funzionare a velocità variabile tenendo conto di quanto farmaco si
distribuisce dal compartimento centrale agli altri compartimenti (V2 e v3) e di
quanto ne viene eliminato (V0). Obiettivo del software e del modello
farmacologico è: controllare la velocità della pompa per continuare a
mantenere stabile la concentrazione che noi abbiamo deciso, finché non
decideremo di modificarla. Se imposteremo una variazione verso l’alto la
pompa erogherà il solito bolo commisurato alla variazione che intendiamo
ottenere, quindi si fermerà brevemente e riprenderà l’infusione a velocità
variabile quando saremo al livello di concentrazione desiderato nel Ve. Se
invece modifichiamo la concentrazione verso un valore più basso (ad esempio
da 3.2 scendiamo a 2.8 µg/ml) l’infusione continua verrà sospesa (sulla pompa
leggeremo una velocità di infusione pari a 0 mg/kg/h) finché, considerando la
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distribuzione e l’eliminazione delle molecole, la concentrazione nel plasma
non sarà calata permettendo a parte delle molecole contenute nel Ve di
retro-diffondere nel V1 secondo gradiente di concentrazione, dando lungo ad
una riduzione della concentrazione al sito effettore con consensuale
diminuzione dell’azione farmacodinamica, per cui assisteremo ad esempio ad
un aumento del BIS e ad una superficializzazione del piano ipnotico. Una
volta che la concentrazione nel sito effettore si avvicinerà a quella impostata
dall’anestesista, la pompa riprenderà a funzionare a velocità variabile con le
modalità sopra indicate.
Il sistema TCI manterrà velocità di somministrazioni progressivamente
decrescenti nel tempo tenendo conto dell’accumulo di farmaco, anche per
settimane o mesi, finché noi non decideremo di sospendere l’infusione. Per
questi motivi sarebbe il sistema ideale di sedazione in terapia intensiva dove
nel tempo, con somministrazioni prolungate, si perde il controllo della dose
somministrata e della velocità necessaria a mantenere stabile la
concentrazione “terapeutica”, nonché dell’eventuale accumulo del farmaco e
del tempo necessario per il risveglio.
Quando al termine dell’intervento decidiamo di svegliare il paziente
porteremo la concentrazione del farmaco a zero - per la TCI zero è un target
- senza spegnere la pompa e, mentre questa si fermerà, il sistema continuerà
a calcolare la concentrazione progressivamente decrescente di farmaco nel
plasma (Cp), cui farà seguito il decremento al sito effettore (Ce). Si assisterà
inizialmente ad calo abbastanza rapido, sia nel plasma che nel sito effettore, a
causa della distribuzione nei compartimenti limitrofi, ma con il tempo il calo
rallenterà per effetto del ritorno del farmaco dai compartimenti rapido e lento
verso quello centrale. Se l’intervento è durato molte ore, ad un certo punto,
anche per avere piccole variazioni serviranno molti minuti, perché
l’eliminazione delle molecole verrà controbilanciata dal trasferimento del
farmaco accumulato nel V3. Tutti questi tempi sono calcolati e previsti dal
sistema TCI, che è in grado di fornirci quello che chiamiamo Tempo di
Decremento - impropriamente detto anche tempo di risveglio - e che è il
tempo che trascorrerà da quando a fine intervento il target verrà portato a
zero (quindi arresto della somministrazione di farmaco) a quando il paziente
sarà sveglio. In pratica il tempo di decremento quantifica quanti minuti
impiegherà la concentrazione al sito effetto per passare dal target corrente
(ad esempio 3.0 µg/ml) ad un target ipotetico di risveglio o
superficializzazione (ad esempio 0.8 µg/ml), offrendoci un’indicazione su
11
quando potremo ragionevolmente stimolare il nostro paziente o ipotizzare
che aprirà gli occhi spontaneamente.
Il target ideale per il risveglio viene impostato sulla pompa dall’anestesista, in
base alla tipologia di paziente che si trova ad addormentare e alla sua
risposta ai farmaci in fase di induzione. Con questo si intende che il tempo di
decremento potrà essere 1 µg/ml nelle persone giovani e sane che hanno
un’adeguata capacità di metabolizzazione e si sono addormentate con una
dose consistente di anestetico; mentre sarà più indicato impostare un tempo
di decremento pari a 0.8 µg/ml in pazienti anziani, fino ad arrivare a 0.6 µg/ml
nei soggetti compromessi.
L’impostazione del tempo di decremento è un utilissimo strumento fornito
dai sistemi TCI che indirettamente ci informa sulla profondità del piano
anestetico in corso, permettendoci eventualmente di alleggerirlo riducendo il
target ed evitare l’accumulo, prevedendo sempre i tempi ipotetici di recupero.
Ricordo che le concentrazioni dei sistemi TCI sono calcolate su modelli
farmacologici - cioè su pazienti ipotetici - e non sono valori misurati sul
paziente che abbiamo di fronte, per cui vanno sempre utilizzati con
attenzione e raziocinio. Inoltre, questi modelli non possono tenere conto dei
farmaci sinergici ed additivi somministrati nel corso della premedicazione e
anestesia: risentono moltissimo, ad esempio, della somministrazione di
midazolam.
Nel complesso, comunque, dà una conoscenza ed un controllo delle varie fasi
dell’anestesia, nonché dell’ipotetico decadimento farmacologico, che i sistemi
manuali e la TIVA non possono nemmeno lontanamente avvicinare.
La filosofia dei sistemi TCI è che la concentrazione desiderata – idonea a
proteggere il nostro paziente dall’insulto che sta per subire - sia raggiunta nel
tempo più breve possibile, evitando sovra e sottodosaggi e che questa
concentrazione efficace venga mantenuta per tutto il tempo necessario,
finché non decideremo di sostituire tale concentrazione target con una
maggiore o inferiore.
Il sistema TCI riesce ad assicurare questa stabilità della concentrazione
variando in maniera rapida e matematicamente corretta la concentrazione dei
farmaci utilizzati per l’anestesia (propofol e remifentanil o sufentanil),
partendo dal presupposto che questa stabilità sia utile per una buona
conduzione dell’anestesia.
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Un’anestesia TCI è una anestesia che si mantiene sempre nel “range
terapeutico”: segue le fasi variabili dello stimolo chirurgico e ne previene le
ripercussioni sul paziente in tempo reale, evitando non utili e forse nocive
variazioni di dosaggio. Rimanere nel range terapeutico significa fare
un’anestesia dinamica e commisurata, senza incorrere in repentine
modificazioni emodinamiche e di profondità dell’ipnosi che potrebbero avere
effetti negativi sull’outcome. Probabilmente un’anestesia di questo tipo –
bella da vedere – ha anche un significato vantaggioso per il nostro paziente
ed è, a mio parere, un buon modo di fare medicina perioperatoria.
Consigli di dosaggio per Sedazione in TCI
Nelle pagine a seguire, quando parleremo di target, intenderemo sempre al
sito effettore cerebrale.
Quando compiliamo la cartella anestesiologica, il modo corretto per indicare
la concentrazione al sito effettore è apporre la dicitura [E] dopo il nome del
farmaco utilizzato. Ad esempio nel caso del propofol scriverò propofol [E] 3.5
…. 3,2 …. ecc.; in questo modo è chiaro che sto usando un sistema di infusione
TCI e le concentrazioni che vengono riportate sono al sito effettore.
Sedazione con propofol
 Iniziare con basse concentrazioni: 0.5 µg/ml e salire progressivamente a
steps (anche a brevi intervalli di circa 30 secondi - 1 minuto) di 0.2-0.4
µg/ml sino ad ottenere la sedazione desiderata ( target di 0.7-0.9 ecc.)
 Comunemente ed in relazione al tipo di procedura e di paziente una
buona sedazione si ottiene tra i 0.8 e 1.6-2.0 µg/ml;
 A valori target superiori a 2-3 µg/ml, specialmente se ci si arriva
rapidamente, si rischia la perdita del respiro spontaneo o una notevole
depressione respiratoria, per cui sarebbe meglio fare sempre piccole
variazioni e attendere una stabilizzazione prima di imporre ulteriori
variazioni di concentrazione. Ricordo che comunemente, target tra 2.6 e
3.2 µg/ml sono di mantenimento dell’ipnosi in anestesia generale;
13
 Per procedure non dolorose (ad esempio RMN) comunemente si riesce
ad eseguire l’esame con concentrazioni medie target tra 2.0 e 3.0 µg/ml,
in ogni caso il target ottimale varia molto da paziente a paziente e
risente molto di eventuali associazioni (midazolam o oppioidi);
 Nel caso di procedure particolarmente fastidiose, se si utilizza
solamente il propofol, lentamente si possono raggiungere target di 4
µg/ml o più, con mantenimento di respiro spontaneo. Tuttavia è
importante: arrivarci per steps incrementali e fare sempre attenzione
alla dinamica respiratoria;
 Per procedure lunghe e dolorose dove c’è conflitto con l’operatore per
quanto riguarda la prossimità alle vie aeree (ad esempio ERCP) e
bisogna mantenere il respiro spontaneo, preferisco non usare oppioidi.
Arrivo talvolta anche a 5 µg/ml (sempre per steps successivi e
mantenendo il respiro spontaneo) e comunemente quando si trova il
giusto livello di sedazione per quel paziente specifico e quella
procedura, non è necessario variare di molto la concentrazione che di
solito va bene sino a fine procedura. Considerare anche l’utilizzo di
piccole quantità di ketamina 5-10 mg;
 Nelle colonscopie (molto dolorose) è meglio associare un oppioide
come fentanil 100 µg. Si arriva talvolta a target medi di propofol anche
di 5-6 µg/ml; in questi casi però è possibile assistere il paziente e
ventilarlo.
Analgo-sedazione con remifentanil
 Iniziare con basse concentrazioni: 0.4-0.6 ng/ml e salire
progressivamente a steps (ad intervalli di circa 1 minuto) di 0.2 ng/ml
sino ad ottenere il livello di analgo-sedazione desiderata (0.6-0.8-1.0-
1.2-1.6 ng/ml ecc.);
 Fare grande attenzione a non impostare grandi variazioni di
concentrazione verso l’alto (in particolar modo nel paziente anziano e
14
compromesso), perché la tecnica TCI all’effetto dà sempre un bolo, per
cui l’incremento a piccoli steps è mandatorio!;
 Una buona analgo-sedazione, cioè la tolleranza della procedura invasiva
in corso, si ottiene tra i 0.8 e 1.6-2.0-2.4-2.6 ng/ml. Ricordo che
all’equilibrio 2.5 ng/ml corrispondono circa a 0.07-0.08 µg/kg/min.
Sedazione con l’associazione propofol-remifentanil
 Le concentrazioni target di entrambi i farmaci andranno ridotte, perché
la sinergia dei due farmaci è molto elevata;
 Aumentare la concentrazione a steps e arrivare lentamente a propofol
0.8-1.2-1.4 µg/ml e remifentanil 0.8-1.6 ng/ml. Con questa
associazione è possibile eseguire una intubazione da sveglio con
fibrobroncoscopio, o procedure radiologiche lunghe e dolorose,
mantenendo una buona frequenza respiratoria e una buona saturazione
arteriosa e con grande soddisfazione da parte del paziente.
Consigli di dosaggio per anestesia generale
Concentrazioni consigliate per sufentanil
 Concentrazioni per chirurgia non cardiaca tra 0.15-0.6 ng/ml;
 Per chirurgia cardiaca 0.4-2 ng/ml;
 Concentrazioni solitamente associate a recupero di respiro spontaneo:
0.1-0.2 ng/ml;
 Mediamente il target per fine intervento, da impostare come tempo di
decremento, è 0.15-0.18 ng/ml, con cui si ha una respiro spontaneo
valido e una ottima analgesia;
15
 Il sufentanil non è il remifentanil quindi, pur avendo una buona emivita
contesto sensibile, ha un tempo di picco – per intenderci, un inizio
dell’effetto farmacodinamico – dopo il bolo che supera i 5-6 minuti,
pertanto è necessario avere una buona conoscenza dei tempi chirurgici
e modificare con adeguato anticipo il target per prevenire i momenti
salienti dell’intervento. Viceversa si rischia di essere sempre in ritardo e
non riuscire a fornire un’adeguata copertura analgesica al nostro
paziente. Inoltre il sufentanil ha un recupero molto più lento e in
ragione della sua lipofilicità tende ad accumularsi di più;
 Rispetto al remifentanil, che necessita di una attenta transizione
analgesica, negli interventi con dolore postoperatorio importante, il
sufentanil ha una coda analgesica prevedibile, controllabile con un
tempo di decremento noto ed una cinetica decisamente migliore
rispetto al fentanil. L’analgesia residua è buona anche in interventi
molto dolorosi e lunghi, per cui la scelta del sufentanil può essere una
alternativa adeguata nei casi in cui la peridurale, o altre tecniche loco
regionali, non siano percorribili.
Anestesia generale con associazione propofol – remifentanil
Target di mantenimento
 Propofol TCI: 2.4-2.6–2.8–3.0–3.2-3.4 µg/ml (generalmente 3.0-3.2
µg/ml);
 Remifentanil TCI: 2.5–5 ng/ml (raramente 6–7-8 ng/ml).
Io preferisco non usare mai concentrazioni elevate di remifentanil, a
maggior ragione in procedure che comportano un importante dolore
postoperatorio; piuttosto associo altri oppioidi in bolo tipo fentanil nella
maniera classica (100 µg prima dell’intubazione, 100 µg prima
dell’incisione, ecc.) e modulo il target del remifentanil per attenuare le
variazioni emodinamiche.
Considerate che 2.5 ng/ml equivalgono all’equilibrio all’incirca a 0.06–
0.08 µg/kg/min di remifentanil.
16
Come condurre una anestesia con propofol e remifentanil in TCI
 Iniziare con propofol a target bassi 0.5-0.8-1.2 µg/ml ( tramite steps
incrementali) in fase di preparazione, per sedare il paziente
mantenendo il contatto verbale;
 Si può iniziare remifentanil a basse concentrazioni 0.4-0.6-0.8-1.0
ng/ml (a steps successivi) quando stiamo per indurre;
 Portare il propofol a target 4-8 µg/ml per l’induzione (valori più alti
per il paziente giovani, più bassi per l’anziano e per il paziente
compromesso);
 Se impostiamo elevati target 6-8 µg/ml somministreremo una dose di
propofol maggiore ed avremo una induzione più rapida (a spese di una
maggiore ripercussione emodinamica);
 Alla perdita del contatto verbale, o dopo significativo calo dei valori di
BIS o Entropia sotto i 70–60, è possibile somministrare la dose scelta di
curaro;
 Contemporaneamente aumentare il target del remifentanil a 2.0-3.0-
5.0 ng/ml a seconda delle condizioni del paziente (2.5 ng/ml
corrisponde circa a 0.07 µg/kg/min) e assicurarsi di avere una
concentrazione target di almeno 3.0 ng/ml al momento della
laringoscopia per avere una completa protezione dalla manovra;
 Comunemente, dopo 3-5 minuti, con concentrazioni di propofol al sito
effettore superiori a 3.0-3.5 µg/ml ci sono le condizioni di ipnosi
che permettono l’intubazione (BIS sotto i 55-50);
 Quando la concentrazione al sito effettore di propofol supera i 3.0–4.0
µg/ml ricordarsi di abbassare la concentrazione target a 3.5-3.2-3.0, che
potrebbe corrispondere alla concentrazione di mantenimento
dell’ipnosi;
 Subito dopo l’intubazione abbassare la concentrazione del remifentanil
perché, in attesa dello stimolo chirurgico, ci si può aspettare una
17
plausibile ipotensione. È sufficiente una concentrazione di remifentanil
di 0.4-0.8-1.2 ng/ml per mantenere il tubo tracheale, senza che il
paziente ne sia disturbato;
 È possibile preferire una strategia maggiormente analgesica, con una
minore concentrazione di ipnotico, mantenendosi sempre nella curva
isobolografica che copre perfettamente l’intubazione tracheale:
considerando l’intubazione tracheale uno stimolo algico elevato, questa
strategia è altamente condivisibile. Le concentrazioni target di
intubazione allora potrebbero essere: remifentanil 4.0-6.0 ng/ml con
propofol al sito effettore 2.0-2.5 µg/ml.
Le curve isobolografiche sono l’espressione grafica del sinergismo tra
farmaci che agiscono su sistemi recettoriali diversi, di solito un ipnotico ed un
oppioide, ad esempio associazione propofol-remifentanil o sevoflurano-
sufentanil. Il piano anestesiologico ha la medesima intensità in tutti i punti
della curva isobolografica, sia esso ottenuto con elevate concentrazioni di
oppioide e basse concentrazioni di ipnotico, che viceversa. Quello che cambia
invece, con questi due approcci alternativi, è il tempo di recupero, che
dipende dalla cinetica del farmaco e dalla sua emivita contesto sensibile: in
effetti il risveglio sarà più rapido utilizzando una bassa concentrazione di
propofol, a favore di una più alta di remifentanil.
 All’incisione accertarsi di avere un target di propofol tra i 3.0-3.2-3.5
µg/ml (o una importante copertura con remifentanil se si vuole
impostare un target di propofol inferiore);
 1-2 minuti prima dell’incisione aumentare il target del remifentanil a
2.5-3.0-4.0-5.0-6.0 ng/ml a seconda dello stimolo algico atteso, tenendo
presenti le condizioni cliniche del paziente e variandolo in relazione alla
risposta emodinamica;
 Condurre l’anestesia seguendo le varie fasi dell’intervento, variando le
concentrazioni dell’ipnotico e dell’analgesico secondo le necessità. Non
scendere mai, a meno di indicazioni diverse del BIS, sotto una
concentrazione target di propofol di 3.2-3.0-2.8-2.4 µg/ml;
18
 Tenere conto dei valori di tempo di decremento soprattutto del
propofol, come indicatore di possibile accumulo del farmaco e per
prevedere i tempi di risveglio: tempi di decremento per il propofol
superiori ai 15 minuti possono indicare la necessità di ridurre la
concentrazione target.
Ogni produttore di pompe TCI ha impostato di default un target di
decremento diverso per il propofol. Per quando riguarda la Base Primea
(Fresenius®
) e la pompa Alaris pK® la concentrazione target per il tempo
di decremento per il propofol è di 1.5 µg/ml che è un po’ alto; è utile
ridurre il target di decremento a valori inferiori come 1.0-0.8–0.6 µg/ml,
che permettono di avere maggiori informazioni sull’ipotetico tempo di
risveglio, cioè il momento in cui il paziente potrà essere lucido e
collaborante. Quando viene ridotto il valore target per il tempo di
decremento, si assiste comprensibilmente ad un aumento del tempo
necessario per il risveglio, per esempio se con un limite di 1,5 µg/ml il
tempo di decremento è 10 minuti, riducendolo a 1 µg/ml osserverò che
il tempo aumenta a 20 minuti. Questo perché sarà necessario un tempo
maggiore affinché, la concentrazione del farmaco a livello del Ve,
scenda ad una concentrazione minore rispetto a quella
precedentemente impostata come target di risveglio.
Con 0.6 µg/ml quasi tutti i pazienti sono comunemente perfettamente
orientati e possono uscire immediatamente dalla sala operatoria;
 Con il sufentanil l’impostazione del tempo di decremento a 0.15-0.18
ng/ml permette di avere indicazioni sul tempo necessario – alla
sospensione dell’infusione – per avere un respiro spontaneo adeguato
ed una ottima coda analgesica;
 Per quanto riguarda il remifentanil è meno importante l’indicazione del
tempo di decremento vista la sua cinetica estremamente favorevole;
meglio seguire le necessità di analgesia dettate dall’intervento e
dall’emodinamica. Il limite inferiore di default per il remifentanil è di
1.0 ng/ml e possiamo lasciarlo tale;
 È invece fondamentale prevedere e programmare in tempo la
transizione analgesica che in base al tipo di paziente e di intervento,
ed in assenza di blocchi nervosi centrali o periferici, deve essere di tipo
19
multimodale e tenere conto del tempo di picco farmacodinamico
dell’analgesico scelto:
o Morfina 0.15 mg/kg in bolo 30–45–60 minuti prima della
fine dell’intervento;
o Oppure, in alternativa alla morfina, tramadolo 100 mg 45
minuti prima della fine dell’intervento;
o Paracetamolo 45 min prima della fine dell’intervento;
o Eventualmente ketorolac 15-30 mg 45 min prima della fine
dell’intervento.
Morfina (o tramadolo) e paracetamolo devono essere usati in
associazione perché agiscono su recettori diversi e creano una migliore
analgesia post-operatoria; inoltre l’utilizzo di Paracetamolo e FANS
riduce il consumo di oppioidi e quindi gli effetti collaterali associati;
 Al termine dell’intervento porre attenzione al tempo di decremento
prevedendo, comunque, un risveglio più lento rispetto ad una anestesia
condotta in vapore con desflurano. È possibile eventualmente
cominciare a ridurre il target di propofol per tempo a valori più bassi
(2.5-2.0 µg/ml), che consentano di portarsi a tempi di decremento non
superiori a 5-10 minuti;
 Mantenere il target di remifentanil anche a valori target di 1.0-2.0 ng/ml
sino all’ultimo punto di sutura, riducendoli poi sino a target che
garantiscano la protezione analgesica dal tubo (1.2–0.8–0.6 ng/ml), ma
permettano la ripresa del respiro spontaneo.
Antonio Farnia
20
Schema semplificato per TCI target al sito effettore
Sedazione
Propofol
µg/ml
A steps successivi Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Mantenimento:
1.0 – 1.4 – 1.8 – 2.0 –
3.0 - 3.6 – 4.0
Remifentanil
ng/ml
A steps successivi Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Mantenimento:
1 – 1.4 – 1.8 – 2.0
Anestesia generale
Propofol
µg/ml
A steps
successivi
Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Induzione:
4.0 – 5.0 – 6.0 –
8.0
BIS 30 - 50
Mantenimento:
2.8 – 3.0 – 3.2
BIS 35 - 55
Remifentanil
ng/ml
A steps
successivi
Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Intubazione:
4.0 – 5.0 – 6.0
Prevenendo la
stimolazione
simpatica alla
laringoscopia
Mantenimento:
2.0 – 4.0 – 6.0 –
8.0 – 10.0
Secondo
risposta
emodinamica
allo stimolo
chirurgico
Oppure utilizzando una strategia maggiormente analgesica:
Propofol
µg/ml
A steps
successivi
Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Induzione:
2.0 - 3.0 - 4.0
BIS 30 - 50
Mantenimento:
2.0 - 2.8
BIS 35 - 55
Remifentanil
ng/ml
A steps
successivi
Partire con:
0.4 – 0.6 – 0.8
Intubazione:
5.0 – 6.0 – 7.0
Mantenimento:
2.0 – 4.0 – 6.0 –
8.0 – 10.0

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Consigli pratici TCI - target controlled infusion

  • 1. 1 TCI: consigli pratici d’uso Treviso, 9 Ottobre 2017 La Target Controlled Infusion (TCI) è una modalità endovenosa di somministrazione dei farmaci, che utilizza dei modelli farmacocinetici elaborati su una popolazione campione e integrati in sistemi di infusione dedicati. TCI significa che la somministrazione del farmaco viene controllata da un target o bersaglio, cioè un obiettivo di concentrazione impostato dall’anestesista. Il sistema informatico si occuperà, tramite la pompa, di raggiungere rapidamente il target e mantenerlo stabile, regolando la velocità di infusione ed evitando sia il sovradosaggio che il sottodosaggio del farmaco. All’anestesista non è richiesto di eseguire alcun tipo di calcolo. A differenza dell’Anestesia Totalmente Endovenosa (TIVA - Total Intra Venous Anesthesia), la TCI permette un fine controllo della somministrazione dei farmaci ed una rapida variazione della concentrazione target, rendendo il piano anestesiologico estremamente maneggevole. Un concetto implicito nella modalità TCI infatti, è che la concentrazione target può venire modificata ogni qual volta l’anestesista lo ritenga necessario, così da seguire in tempo reale le varie fasi dell’intervento chirurgico, correggendo ipnosi ed analgesia in modo puntuale. L’accurata modulazione dell’analgo-sedazione rende la TCI uno strumento ineguagliabile quando ci troviamo a dover sedare pazienti molto complessi al di fuori della sala operatoria (NORA – Non Operating Room Anesthesia), con la necessità di offrire un adeguato confort anestesiologico al paziente, evitando accidentali sovradosaggi ed episodi di depressione respiratoria. La TCI ha abbandonato la modalità di somministrazione TIVA a mg/kg di peso corporeo per il bolo e mg/kg/h o µg/kg/min per l’infusione continua, poiché il peso corporeo attuale o ideale o la massa magra, erano indicazioni insufficienti per un corretto dosaggio dei farmaci. Si è considerato che, quando somministriamo un qualsiasi farmaco ad un paziente, questo distribuendosi nel volume plasmatico genera una concentrazione ed è tale concentrazione a determinare gli effetti farmacodinamici attesi. Per dirlo in altri termini: quando somministro un farmaco, ciò che desidero è ottenere rapidamente un effetto ben definito e perché ciò avvenga il farmaco deve
  • 2. 2 raggiungere una data concentrazione a livello del recettore su cui agisce. Vista la natura dei farmaci che comunemente utilizzo, mi piacerebbe anche somministrarne la quantità esatta, a maggior ragione nel caso di una infusione continua, perché vorrei che il mio paziente godesse di una bella anestesia e si svegliasse non appena l’intervento fosse terminato. Tutti sappiamo come esistano pazienti che, pur avendo lo stesso peso corporeo, hanno età, massa muscolare, stato di salute, condizioni di circolo e metabolismo estremamente diversi. Quindi è abbastanza riduttivo quantificare la dose di farmaco adeguata per i nostri pazienti, solo in base al peso. Peso che rimane comunque una covariata importante per calcolare la dose da somministrare per eguagliare il target e determinare la concentrazione raggiunta via via che prosegue l’infusione. Il target è la concentrazione del farmaco riferita ad un certo compartimento dell’organismo, che può essere il plasma quindi la concentrazione che desidero venga raggiunta dal farmaco nel plasma del paziente (target al plasma); o il sito effettore quindi la concentrazione riferita alla sede in cui il farmaco esplica la sua azione farmacodinamica o si lega al suo recettore (target all’effetto). Il target al plasma oramai viene utilizzato molto meno e verrà probabilmente abbandonato, in quanto il plasma è solamente il mezzo di trasporto delle molecole farmacologiche, che prima o poi si equilibra con il sito effettore, il quale rappresenta invece il vero obiettivo farmacologico. Le modalità di somministrazione TCI al plasma e all’effetto differiscono di molto tra di loro. La somministrazione con target al plasma prevede, quando impostiamo un target, che il software della pompa imponga una velocità elevata per un determinato tempo, tale da raggiungere rapidamente il target desiderato; all’avvicinarsi dell’obiettivo la pompa rallenta la sua velocità di infusione e continua a velocità variabile per mantenere costante il target. La TCI al plasma non somministra mai un bolo e non supera mai il target plasmatico imposto. La modalità con target all’effetto invece somministra sempre un bolo quando noi impostiamo un target verso l’alto. Il sistema calcolerà un bolo plasmatico che permetterà di raggiungere più rapidamente possibile l’equilibrio tra plasma e sito effettore e considererà sempre la concentrazione target all’effetto quella da raggiungere. Questa modalità è molto simile a quella che viene utilizzata per indurre i bambini con il sevoflurano: viene impostata una concentrazione inalata di sevoflurano all’8% per alcuni respiri,
  • 3. 3 in modo che si abbia una rapida diffusione dell’alogenato sino a che il bambino risulta indotto; successivamente la concentrazione viene ridotta al 2- 3% che è il valore idoneo al mantenimento dell’anestesia. Nella modalità all’effetto, il sistema indica alla pompa di somministrare un bolo per creare un picco plasmatico, quindi la pompa si ferma e riprende a funzionare a velocità variabile quando il target nel sito effettore sta per essere raggiunto dalle molecole che, dopo l’overshooting, passano rapidamente dal plasma al sito effettore. Quindi la TCI all’effetto funziona raggiungendo più rapidamente una concentrazione desiderata a livello del recettore, rispetto alla modalità al plasma. Esistono vari modelli farmacocinetici che sono implementati nelle pompe TCI e che sono stati elaborati per guidare la somministrazione dei farmaci di anestesia; per esempio esistono svariati modelli per il propofol - fra cui il Marsh e lo Schnider - e per ciascuno di questi modelli possiamo decidere se utilizzarli con target al plasma o target all’effetto. Il modello Marsh al plasma era quello utilizzato negli originali sistemi Diprifusor® . Pertanto è maggiormente familiare ai vecchi utilizzatori TCI e, anche se ora vi è la possibilità di somministrarlo all’effetto, deve essere usato al plasma, perché altrimenti la dose di induzione risulterebbe troppo elevata, con possibili ripercussioni emodinamiche. Il Marsh può essere di maggior soddisfazione nel paziente giovane ed in buone condizioni, perché permette una induzione più rapida: eroga una dose più elevata di propofol, che lo fa assomigliare alle comuni induzioni TIVA eseguite con i 2 mg/kg di bolo manuale. Il modello che il mio gruppo utilizza quotidianamente per il propofol è lo Schnider all’effetto. Il modello Schnider utilizza come covariate: età (assente nel modello di Marsh), peso e massa magra ed ha un volume del compartimento centrale (V1) molto piccolo, cui corrisponde un calcolo della dose di induzione parimenti ridotta. Questo comporta un basso dosaggio di farmaco (circa 1-1.5 mg/kg ad induzione completata) con una induzione lenta e rispettosa dell’emodinamica, caratteristiche che lo rendono il modello migliore nel paziente anziano e compromesso. D’altra parte invece, non è indicato nei casi in cui sia necessaria una induzione rapida. Il modello Schnider deve essere sempre usato all’effetto altrimenti, con un target al plasma, l’induzione sarebbe troppo lunga. Avendo questo modello un V1 piccolo ed erogando una quantità di farmaco relativamente bassa,
  • 4. 4 senza il bolo iniziale, non riuscirebbe mai a riempire il V1 e il nostro paziente non si addormenterebbe mai. Altro problema del modello Schnider è che utilizzando la formula di James per il calcolo della massa magra, non può essere usato nel paziente obeso, cui somministrerebbe un bolo troppo esiguo, determinando per contro un accumulo significativo per infusioni prolungate. Attualmente il modello validato per guidare la somministrazione di propofol nel paziente obeso è il modello Cortinez, ad oggi presente solamente nei sistemi TCI Arcomed® . Per il remifentanil e il sufentanil vengono rispettivamente utilizzati: il modello di Minto e il modello Gepts, che sono gli unici disponibili per questi due farmaci. Funzionamento pratico dei sistemi TCI I sistemi TCI nonostante utilizzino le pompe e gli stessi farmaci endovenosi (propofol, remifentanil e sufentanil) della TIVA, funzionano in maniera molto diversa. • Anestesia TIVA La TIVA, almeno per il propofol, utilizza uno schema di infusione tipo BET (Bolus, Elimination, Transfer) che prevede un bolo iniziale di 1-1.5 mg/kg di peso corporeo, seguito immediatamente dall’inizio di una infusione continua a 10 mg/kg/ora per 10 minuti, poi ridotta a 8 mg/kg/ora per altri 10 minuti e quindi portata a 6 mg/kg/ora sino alla fine dell’intervento. Una recente acquisizione è la possibilità di scendere a velocità inferiori in base alle indicazioni del monitoraggio dell’ipnosi, per cui è possibile ridurre i dosaggi a 5-4 mg/Kg/ora in anestesie più prolungate. L’obbiettivo del BET era raggiungere e mantenere una concentrazione plasmatica di circa 3 µg/ml di propofol e dosaggi seriati di propofol nel plasma dei pazienti hanno dimostrato che questo obiettivo era abilmente raggiunto e mantenuto. Per quanto riguarda il remifentanil la modalità di somministrazione TIVA non prevede boli, perché errate indicazioni di dosaggio nelle prime fasi dell’utilizzo su vasta scala (boli iniziali consigliati di 0.5-1 µg/kg) hanno
  • 5. 5 determinato frequenti episodi di rigidità toracica. Per questo motivo nell’uso comune in TIVA non si utilizza mai il remifentanil in bolo, nemmeno quando il paziente è curarizzato e non si dovrebbe temere alcuna rigidità, e l’infusione di remifentanil viene iniziata comunemente - ed erroneamente - ad intubazione avvenuta, a velocità comprese tra 0.05 e 0.5 µg/kg/min a seconda dell’entità dello stimolo chirurgico. Il remifentanil, nonostante sia un farmaco dotato di una cinetica molto rapida, non è in grado di arrivare in tempi utili all’effetto farmacodinamico se somministrato in infusione continua: se pretendiamo variazioni di concentrazione con modificazioni della sola velocità di infusione, allora anche per il remifentanil i tempi saranno molto lunghi, dell’ordine di circa 10 minuti. Per avere un rapido incremento dell’analgesia, tipo protezione dell’intubazione o protezione dall’incisione chirurgica, il remifentanil DEVE essere somministrato in bolo, solo allora i tempi di picco farmacodinamico corrispondono a circa 1 minuto, Con il remifentanil diluito come di consueto a 50 µg/ml, la somministrazione con pompa di piccoli boli di 10-20-30 µg in fase di induzione, accompagnati da una attenta assistenza ventilatoria del paziente, non comportano alcun rischio di rigidità. Le dosi di infusione più frequentemente utilizzate sono 0.08-0.1–0.2–0.3 µg/kg/min. Nella pratica clinica dosaggi di mantenimento più elevati dovrebbero, a mio parere, essere abbandonati dato l’elevato rischio di incorrere nel fenomeno dell’Iperalgesia da oppioidi. La presunzione, comune in TIVA, di eludere lo stimolo algico della laringoscopia e dell’intubazione con elevate dosi di fentanil (200-300 µg) è pratica che andrebbe rivista. Fermo restando che se somministrato per tempo il fentanil offre una copertura accettabile, anche se non completa come con il remifentanil, è pur vero che terminato lo stimolo della laringoscopia si ha il permanere di un’eccessiva copertura analgesica. In effetti avere una elevata attività oppioide mentre viene preparato il campo e in attesa dello stimolo chirurgico dell’incisione, non è certamente utile per il paziente, soprattutto se compromesso, potendo comportare ipotensione e bradicardia. • Anestesia TCI I sistemi TCI funzionano in maniera differente. Una volta accesa la pompa, si inizia impostando i dati antropometrici del paziente che, in relazione al modello scelto, possono funzionare da covariate e influenzare i dosaggi e le velocità di infusione. Il software della pompa
  • 6. 6 controlla la somministrazione dei farmaci sulla base di un modello farmacologico di tipo compartimentale. Tale modello prevede un compartimento centrale (V1) che potremmo identificare grossolanamente con il plasma, che è in equilibrio tramite delle costanti di trasferimento in andata e ritorno con un secondo compartimento (V2) costituito da tessuti a flusso rapido quali cuore, cervello, polmoni, fegato, muscoli, reni, e con un terzo compartimento (V3) a flusso lento rappresentato dai tessuti corporei poco vascolarizzati e dal tessuto adiposo. Quello che ci interessa sapere è che quando somministriamo un farmaco endovenoso ad un paziente, questo si distribuirà prontamente nel plasma (V1) e da qui, a seconda delle costanti di trasferimento, diffonderà nel compartimento a flusso rapido (V2) con una certa velocità e più lentamente raggiungerà i tessuti a basso flusso (V3). Al termine della somministrazione, mano a mano che dal compartimento centrale il farmaco diffonde in periferia e quindi la sua concentrazione plasmatica si riduce, parte delle molecole che si trovano nei compartimenti periferici, tenderanno a ritornare nel plasma e da qui verranno poi eliminate. Il modello tricompartimentale si può rappresentare graficamente con il Modello Idraulico, costituito da tre serbatoi cilindrici di diverse dimensioni che rappresentano i vari compartimenti (V1, V2, V3), collegati fra loro da delle tubature che hanno diametro proporzionale alla velocità del flusso (costanti di trasferimento) fra un serbatoio e l’altro. Sul fondo del cilindro centrale (V1) c’è un tubo di scarico che lo collega con l’esterno (V0) e che rappresenta l’eliminazione dal compartimento centrale o clearance. Immaginiamo quindi di aprire un rubinetto per riempire d’acqua il serbatoio principale: V1 progressivamente si riempie e il livello dell’acqua contenuta al suo interno si alza. Parte di quell’acqua defluisce in direzione di V2 tramite una tubatura di dimensioni discrete e un po’ d’acqua scorre attraverso un condotto molto più sottile verso V3, mentre un’altra quota viene eliminata dal foro di scarico presente sul fondo del primo serbatoio. L’acqua continuerà a spostarsi da V1 verso i serbatoi periferici fino a che non verrà raggiunto l’equilibrio, ovvero l’altezza dell’acqua sarà la medesima nei tre serbatoi e la quota d’acqua che viene eliminata è equivalente a quella che viene immessa nel sistema dal rubinetto aperto: è stato raggiunto lo stato stazionario (steady state). A questo punto, se chiudo il rubinetto, il livello dell’acqua contenuta in V1 inizierà a scendere venendo eliminata dal tubo di scarico, perciò si invertirà la direzione del flusso e l’acqua prenderà a defluire dai compartimenti periferici per raggiungere quello centrale. L’acqua tornerà da V3 con una velocità
  • 7. 7 inferiore rispetto a quella contenuta in V2, in quanto la tubatura di raccordo è molto piccola, per cui V3 sarà il compartimento che si svuoterà più lentamente. Le dimensioni dei vari compartimenti, dei tubi di collegamento e del tubo di scarico variano in base alle caratteristiche chimico-fisiche della molecola farmacologica somministrata. Quindi una molecola molto lipofila avrà un V3 di grandi dimensioni dove tenderà ad accumularsi e verrà eliminata lentamente in quanto la conduttura di ritorno verso V1 sarà di diametro ridotto. Al sistema tricompartimentale è stato aggiunto un quarto compartimento (Ve) che è il compartimento effettore o biofase, assimilabile funzionalmente, per i farmaci di anestesia, al recettore situato nel sistema nervoso centrale. Questo compartimento (Ve) giace all’interno del compartimento centrale (V1), venendo da esso alimentato. Quando noi immettiamo un farmaco nel compartimento centrale, questo raggiungerà inevitabilmente il compartimento effettore, con un ritardo (latenza) tipico del farmaco stesso. Nel momento in cui la molecola raggiunge il Ve si esplica la sua azione farmacologica e noi possiamo osservarne l’effetto clinico sul nostro paziente. Con l’introduzione del Ve si è colmato il gap temporale tra distribuzione farmacocinetica del farmaco nei vari tessuti dell’organismo (compartimenti V1, V2 e V3) ed effetto farmacodinamico. Il compartimento effettore è in costante comunicazione ed equilibrio con il compartimento centrale per cui all’induzione, al riempimento del V1, si riempie anche il Ve, con la latenza caratteristica della molecola. Al termine dell’intervento, quando viene portata a zero la concentrazione target e la pompa si ferma, la caduta della concentrazione nel compartimento effettore segue quella del V1, che viene determinata in parte dalla clearance della molecola ed in parte dalla redistribuzione del farmaco tra i vari compartimenti periferici. Paradossalmente per alcuni farmaci molto liposolubili, come il sufentanil ed il propofol, la quantità totale del farmaco presente nell’organismo potrebbe essere ancora molto elevata, ma la quota presente nel compartimento V3 e reintrodotta lentamente nel V1 attraverso i canalini di comunicazione non influenza la discesa di concentrazione nel compartimento centrale, che poi determina il calo nel compartimento effetto e il risveglio del paziente. Quindi i nostri pazienti si svegliano perché i farmaci si redistribuiscono e non perché vengono eliminati, ad eccezione del remifentanil. Per questo motivo l’emivita di eliminazione non ha alcun
  • 8. 8 significato clinico e non può dare alcuna informazione sul recupero e sui tempi di risveglio. Ciò che conta è invece l’emivita contesto sensibile di un farmaco che, tenendo conto della durata dell’infusione stessa, definisce il tempo che impiegherà la concentrazione del farmaco al sito effettore a ridursi della metà. L’emivita contesto sensibile è determinata dalla clearance tipica del farmaco, dalla durata dell’infusione e dal ritorno delle molecole dai compartimenti periferici, che rallentano la caduta della concentrazione nel plasma e quindi nel sito effettore. Il contesto rappresenta la durata dell’infusione. Comunemente infatti la quantità di farmaco somministrato non riesce ad essere completamente e rapidamente eliminata alla sospensione dell’infusione ed il tempo necessario affinché questo avvenga è dipendente dal contesto perché: più lunga è la durata della somministrazione e maggiore è l’accumulo del farmaco. Questo ad eccezione del remifentanil, in quanto la formidabile capacità di clearance del sistema enzimatico – esterasi aspecifiche presenti in tutti i tessuti dell’organismo – che ne metabolizza la molecola, rende singolare il suo profilo farmacocinetico. L’emivita contesto sensibile e il tempo di decremento che ne viene derivato sono parametri migliori per dare indicazioni su obiettivi clinici importanti quali: il potenziale accumulo del farmaco e l’ipotetico tempo di risveglio o l’adeguatezza dell’effetto analgesico. Il tempo di decremento è il tempo necessario ad avere un calo della concentrazione nel sito effettore non del 50%, che comunemente non può portare a variazioni cliniche, ma del 70-80-90%. Tutti i sistemi TCI permettono di impostare un tempo di decremento ipotetico che varia in relazione alle condizioni cliniche del paziente, all’età, alle comorbilità e alla risposta che abbiamo evidenziato durante l’induzione e la conduzione dell’anestesia. Di fatto il sistema TCI funziona in questo modo: Quando all’inizio di un’anestesia, o di una sedazione, impostiamo una concentrazione all’effetto (ad esempio 0.8 µg/ml) di propofol, il computer - sulla base dei dati antropometrici del paziente introdotti e del modello farmacocinetico selezionato - indica alla pompa di somministrare in un tempo determinato un bolo di farmaco, per colmare la differenza tra concentrazione zero e quella scelta. Il bolo somministrato varia in relazione alla variazione di concentrazione impostata; ovvero per piccole variazioni (ad esempio da 1,5 a 2 µg/ml) somministrerà piccole dosi, se impostiamo grandi variazioni di
  • 9. 9 concentrazione (ad esempio da 1,5 a 3 µg/ml) darà boli più elevati. Questo avverrà ogni volta che noi intenderemo variare la concentrazione del farmaco per approfondire l’ipnosi, sino a indurre il sonno, o per aumentarla in caso di valori di BIS troppo elevati. Il sistema TCI all’effetto somministra sempre un bolo ogni volta che intendiamo fare variazioni di concentrazioni verso l’alto ed i boli sono di entità commisurata alla variazione di concentrazione imposta. Comunque anche il bolo che viene erogato per indurre l’anestesia, ad esempio se intendiamo passare da concentrazione 0 a 3 o 4 µg/ml all’effetto, sarà sempre di entità molto inferiore (con il modello Schnider) rispetto a quello che comunemente facciamo con modalità manuale di 2 mg/kg. Una dose media di propofol per addormentare un paziente di 75 kg sarà di meno di 100 mg ed ovviamente bisognerà attendere il raggiungimento del tempo di picco del farmaco (che per il propofol è 3-4 minuti) per avere un paziente addormentato. Questa modalità, che somministra piccole dosi all’induzione, è estremamente rispettosa dell’emodinamica ed è sicura e vantaggiosa nei pazienti compromessi o anziani, ma è molto lenta e comunemente non siamo abituati o disposti ad accettare tempi di induzione così lunghi. Per questo motivo la TCI non è adeguata se necessitiamo di una induzione rapida, tipo RSI (Rapid Sequence Induction), nel paziente a stomaco pieno. Una volta somministrato il bolo la pompa si ferma ed attende che le molecole di farmaco somministrato portino, attraverso un aumento della concentrazione nel compartimento centrale e una conseguente diffusione nel compartimento effettore, un aumento della concentrazione nel sito effettore. Quando la concentrazione all’effetto si avvicina a quella impostata (ad esempio 3.2 µg/ml), ad equilibrio raggiunto fra V1 e Ve, la pompa riprende a funzionare a velocità variabile tenendo conto di quanto farmaco si distribuisce dal compartimento centrale agli altri compartimenti (V2 e v3) e di quanto ne viene eliminato (V0). Obiettivo del software e del modello farmacologico è: controllare la velocità della pompa per continuare a mantenere stabile la concentrazione che noi abbiamo deciso, finché non decideremo di modificarla. Se imposteremo una variazione verso l’alto la pompa erogherà il solito bolo commisurato alla variazione che intendiamo ottenere, quindi si fermerà brevemente e riprenderà l’infusione a velocità variabile quando saremo al livello di concentrazione desiderato nel Ve. Se invece modifichiamo la concentrazione verso un valore più basso (ad esempio da 3.2 scendiamo a 2.8 µg/ml) l’infusione continua verrà sospesa (sulla pompa leggeremo una velocità di infusione pari a 0 mg/kg/h) finché, considerando la
  • 10. 10 distribuzione e l’eliminazione delle molecole, la concentrazione nel plasma non sarà calata permettendo a parte delle molecole contenute nel Ve di retro-diffondere nel V1 secondo gradiente di concentrazione, dando lungo ad una riduzione della concentrazione al sito effettore con consensuale diminuzione dell’azione farmacodinamica, per cui assisteremo ad esempio ad un aumento del BIS e ad una superficializzazione del piano ipnotico. Una volta che la concentrazione nel sito effettore si avvicinerà a quella impostata dall’anestesista, la pompa riprenderà a funzionare a velocità variabile con le modalità sopra indicate. Il sistema TCI manterrà velocità di somministrazioni progressivamente decrescenti nel tempo tenendo conto dell’accumulo di farmaco, anche per settimane o mesi, finché noi non decideremo di sospendere l’infusione. Per questi motivi sarebbe il sistema ideale di sedazione in terapia intensiva dove nel tempo, con somministrazioni prolungate, si perde il controllo della dose somministrata e della velocità necessaria a mantenere stabile la concentrazione “terapeutica”, nonché dell’eventuale accumulo del farmaco e del tempo necessario per il risveglio. Quando al termine dell’intervento decidiamo di svegliare il paziente porteremo la concentrazione del farmaco a zero - per la TCI zero è un target - senza spegnere la pompa e, mentre questa si fermerà, il sistema continuerà a calcolare la concentrazione progressivamente decrescente di farmaco nel plasma (Cp), cui farà seguito il decremento al sito effettore (Ce). Si assisterà inizialmente ad calo abbastanza rapido, sia nel plasma che nel sito effettore, a causa della distribuzione nei compartimenti limitrofi, ma con il tempo il calo rallenterà per effetto del ritorno del farmaco dai compartimenti rapido e lento verso quello centrale. Se l’intervento è durato molte ore, ad un certo punto, anche per avere piccole variazioni serviranno molti minuti, perché l’eliminazione delle molecole verrà controbilanciata dal trasferimento del farmaco accumulato nel V3. Tutti questi tempi sono calcolati e previsti dal sistema TCI, che è in grado di fornirci quello che chiamiamo Tempo di Decremento - impropriamente detto anche tempo di risveglio - e che è il tempo che trascorrerà da quando a fine intervento il target verrà portato a zero (quindi arresto della somministrazione di farmaco) a quando il paziente sarà sveglio. In pratica il tempo di decremento quantifica quanti minuti impiegherà la concentrazione al sito effetto per passare dal target corrente (ad esempio 3.0 µg/ml) ad un target ipotetico di risveglio o superficializzazione (ad esempio 0.8 µg/ml), offrendoci un’indicazione su
  • 11. 11 quando potremo ragionevolmente stimolare il nostro paziente o ipotizzare che aprirà gli occhi spontaneamente. Il target ideale per il risveglio viene impostato sulla pompa dall’anestesista, in base alla tipologia di paziente che si trova ad addormentare e alla sua risposta ai farmaci in fase di induzione. Con questo si intende che il tempo di decremento potrà essere 1 µg/ml nelle persone giovani e sane che hanno un’adeguata capacità di metabolizzazione e si sono addormentate con una dose consistente di anestetico; mentre sarà più indicato impostare un tempo di decremento pari a 0.8 µg/ml in pazienti anziani, fino ad arrivare a 0.6 µg/ml nei soggetti compromessi. L’impostazione del tempo di decremento è un utilissimo strumento fornito dai sistemi TCI che indirettamente ci informa sulla profondità del piano anestetico in corso, permettendoci eventualmente di alleggerirlo riducendo il target ed evitare l’accumulo, prevedendo sempre i tempi ipotetici di recupero. Ricordo che le concentrazioni dei sistemi TCI sono calcolate su modelli farmacologici - cioè su pazienti ipotetici - e non sono valori misurati sul paziente che abbiamo di fronte, per cui vanno sempre utilizzati con attenzione e raziocinio. Inoltre, questi modelli non possono tenere conto dei farmaci sinergici ed additivi somministrati nel corso della premedicazione e anestesia: risentono moltissimo, ad esempio, della somministrazione di midazolam. Nel complesso, comunque, dà una conoscenza ed un controllo delle varie fasi dell’anestesia, nonché dell’ipotetico decadimento farmacologico, che i sistemi manuali e la TIVA non possono nemmeno lontanamente avvicinare. La filosofia dei sistemi TCI è che la concentrazione desiderata – idonea a proteggere il nostro paziente dall’insulto che sta per subire - sia raggiunta nel tempo più breve possibile, evitando sovra e sottodosaggi e che questa concentrazione efficace venga mantenuta per tutto il tempo necessario, finché non decideremo di sostituire tale concentrazione target con una maggiore o inferiore. Il sistema TCI riesce ad assicurare questa stabilità della concentrazione variando in maniera rapida e matematicamente corretta la concentrazione dei farmaci utilizzati per l’anestesia (propofol e remifentanil o sufentanil), partendo dal presupposto che questa stabilità sia utile per una buona conduzione dell’anestesia.
  • 12. 12 Un’anestesia TCI è una anestesia che si mantiene sempre nel “range terapeutico”: segue le fasi variabili dello stimolo chirurgico e ne previene le ripercussioni sul paziente in tempo reale, evitando non utili e forse nocive variazioni di dosaggio. Rimanere nel range terapeutico significa fare un’anestesia dinamica e commisurata, senza incorrere in repentine modificazioni emodinamiche e di profondità dell’ipnosi che potrebbero avere effetti negativi sull’outcome. Probabilmente un’anestesia di questo tipo – bella da vedere – ha anche un significato vantaggioso per il nostro paziente ed è, a mio parere, un buon modo di fare medicina perioperatoria. Consigli di dosaggio per Sedazione in TCI Nelle pagine a seguire, quando parleremo di target, intenderemo sempre al sito effettore cerebrale. Quando compiliamo la cartella anestesiologica, il modo corretto per indicare la concentrazione al sito effettore è apporre la dicitura [E] dopo il nome del farmaco utilizzato. Ad esempio nel caso del propofol scriverò propofol [E] 3.5 …. 3,2 …. ecc.; in questo modo è chiaro che sto usando un sistema di infusione TCI e le concentrazioni che vengono riportate sono al sito effettore. Sedazione con propofol  Iniziare con basse concentrazioni: 0.5 µg/ml e salire progressivamente a steps (anche a brevi intervalli di circa 30 secondi - 1 minuto) di 0.2-0.4 µg/ml sino ad ottenere la sedazione desiderata ( target di 0.7-0.9 ecc.)  Comunemente ed in relazione al tipo di procedura e di paziente una buona sedazione si ottiene tra i 0.8 e 1.6-2.0 µg/ml;  A valori target superiori a 2-3 µg/ml, specialmente se ci si arriva rapidamente, si rischia la perdita del respiro spontaneo o una notevole depressione respiratoria, per cui sarebbe meglio fare sempre piccole variazioni e attendere una stabilizzazione prima di imporre ulteriori variazioni di concentrazione. Ricordo che comunemente, target tra 2.6 e 3.2 µg/ml sono di mantenimento dell’ipnosi in anestesia generale;
  • 13. 13  Per procedure non dolorose (ad esempio RMN) comunemente si riesce ad eseguire l’esame con concentrazioni medie target tra 2.0 e 3.0 µg/ml, in ogni caso il target ottimale varia molto da paziente a paziente e risente molto di eventuali associazioni (midazolam o oppioidi);  Nel caso di procedure particolarmente fastidiose, se si utilizza solamente il propofol, lentamente si possono raggiungere target di 4 µg/ml o più, con mantenimento di respiro spontaneo. Tuttavia è importante: arrivarci per steps incrementali e fare sempre attenzione alla dinamica respiratoria;  Per procedure lunghe e dolorose dove c’è conflitto con l’operatore per quanto riguarda la prossimità alle vie aeree (ad esempio ERCP) e bisogna mantenere il respiro spontaneo, preferisco non usare oppioidi. Arrivo talvolta anche a 5 µg/ml (sempre per steps successivi e mantenendo il respiro spontaneo) e comunemente quando si trova il giusto livello di sedazione per quel paziente specifico e quella procedura, non è necessario variare di molto la concentrazione che di solito va bene sino a fine procedura. Considerare anche l’utilizzo di piccole quantità di ketamina 5-10 mg;  Nelle colonscopie (molto dolorose) è meglio associare un oppioide come fentanil 100 µg. Si arriva talvolta a target medi di propofol anche di 5-6 µg/ml; in questi casi però è possibile assistere il paziente e ventilarlo. Analgo-sedazione con remifentanil  Iniziare con basse concentrazioni: 0.4-0.6 ng/ml e salire progressivamente a steps (ad intervalli di circa 1 minuto) di 0.2 ng/ml sino ad ottenere il livello di analgo-sedazione desiderata (0.6-0.8-1.0- 1.2-1.6 ng/ml ecc.);  Fare grande attenzione a non impostare grandi variazioni di concentrazione verso l’alto (in particolar modo nel paziente anziano e
  • 14. 14 compromesso), perché la tecnica TCI all’effetto dà sempre un bolo, per cui l’incremento a piccoli steps è mandatorio!;  Una buona analgo-sedazione, cioè la tolleranza della procedura invasiva in corso, si ottiene tra i 0.8 e 1.6-2.0-2.4-2.6 ng/ml. Ricordo che all’equilibrio 2.5 ng/ml corrispondono circa a 0.07-0.08 µg/kg/min. Sedazione con l’associazione propofol-remifentanil  Le concentrazioni target di entrambi i farmaci andranno ridotte, perché la sinergia dei due farmaci è molto elevata;  Aumentare la concentrazione a steps e arrivare lentamente a propofol 0.8-1.2-1.4 µg/ml e remifentanil 0.8-1.6 ng/ml. Con questa associazione è possibile eseguire una intubazione da sveglio con fibrobroncoscopio, o procedure radiologiche lunghe e dolorose, mantenendo una buona frequenza respiratoria e una buona saturazione arteriosa e con grande soddisfazione da parte del paziente. Consigli di dosaggio per anestesia generale Concentrazioni consigliate per sufentanil  Concentrazioni per chirurgia non cardiaca tra 0.15-0.6 ng/ml;  Per chirurgia cardiaca 0.4-2 ng/ml;  Concentrazioni solitamente associate a recupero di respiro spontaneo: 0.1-0.2 ng/ml;  Mediamente il target per fine intervento, da impostare come tempo di decremento, è 0.15-0.18 ng/ml, con cui si ha una respiro spontaneo valido e una ottima analgesia;
  • 15. 15  Il sufentanil non è il remifentanil quindi, pur avendo una buona emivita contesto sensibile, ha un tempo di picco – per intenderci, un inizio dell’effetto farmacodinamico – dopo il bolo che supera i 5-6 minuti, pertanto è necessario avere una buona conoscenza dei tempi chirurgici e modificare con adeguato anticipo il target per prevenire i momenti salienti dell’intervento. Viceversa si rischia di essere sempre in ritardo e non riuscire a fornire un’adeguata copertura analgesica al nostro paziente. Inoltre il sufentanil ha un recupero molto più lento e in ragione della sua lipofilicità tende ad accumularsi di più;  Rispetto al remifentanil, che necessita di una attenta transizione analgesica, negli interventi con dolore postoperatorio importante, il sufentanil ha una coda analgesica prevedibile, controllabile con un tempo di decremento noto ed una cinetica decisamente migliore rispetto al fentanil. L’analgesia residua è buona anche in interventi molto dolorosi e lunghi, per cui la scelta del sufentanil può essere una alternativa adeguata nei casi in cui la peridurale, o altre tecniche loco regionali, non siano percorribili. Anestesia generale con associazione propofol – remifentanil Target di mantenimento  Propofol TCI: 2.4-2.6–2.8–3.0–3.2-3.4 µg/ml (generalmente 3.0-3.2 µg/ml);  Remifentanil TCI: 2.5–5 ng/ml (raramente 6–7-8 ng/ml). Io preferisco non usare mai concentrazioni elevate di remifentanil, a maggior ragione in procedure che comportano un importante dolore postoperatorio; piuttosto associo altri oppioidi in bolo tipo fentanil nella maniera classica (100 µg prima dell’intubazione, 100 µg prima dell’incisione, ecc.) e modulo il target del remifentanil per attenuare le variazioni emodinamiche. Considerate che 2.5 ng/ml equivalgono all’equilibrio all’incirca a 0.06– 0.08 µg/kg/min di remifentanil.
  • 16. 16 Come condurre una anestesia con propofol e remifentanil in TCI  Iniziare con propofol a target bassi 0.5-0.8-1.2 µg/ml ( tramite steps incrementali) in fase di preparazione, per sedare il paziente mantenendo il contatto verbale;  Si può iniziare remifentanil a basse concentrazioni 0.4-0.6-0.8-1.0 ng/ml (a steps successivi) quando stiamo per indurre;  Portare il propofol a target 4-8 µg/ml per l’induzione (valori più alti per il paziente giovani, più bassi per l’anziano e per il paziente compromesso);  Se impostiamo elevati target 6-8 µg/ml somministreremo una dose di propofol maggiore ed avremo una induzione più rapida (a spese di una maggiore ripercussione emodinamica);  Alla perdita del contatto verbale, o dopo significativo calo dei valori di BIS o Entropia sotto i 70–60, è possibile somministrare la dose scelta di curaro;  Contemporaneamente aumentare il target del remifentanil a 2.0-3.0- 5.0 ng/ml a seconda delle condizioni del paziente (2.5 ng/ml corrisponde circa a 0.07 µg/kg/min) e assicurarsi di avere una concentrazione target di almeno 3.0 ng/ml al momento della laringoscopia per avere una completa protezione dalla manovra;  Comunemente, dopo 3-5 minuti, con concentrazioni di propofol al sito effettore superiori a 3.0-3.5 µg/ml ci sono le condizioni di ipnosi che permettono l’intubazione (BIS sotto i 55-50);  Quando la concentrazione al sito effettore di propofol supera i 3.0–4.0 µg/ml ricordarsi di abbassare la concentrazione target a 3.5-3.2-3.0, che potrebbe corrispondere alla concentrazione di mantenimento dell’ipnosi;  Subito dopo l’intubazione abbassare la concentrazione del remifentanil perché, in attesa dello stimolo chirurgico, ci si può aspettare una
  • 17. 17 plausibile ipotensione. È sufficiente una concentrazione di remifentanil di 0.4-0.8-1.2 ng/ml per mantenere il tubo tracheale, senza che il paziente ne sia disturbato;  È possibile preferire una strategia maggiormente analgesica, con una minore concentrazione di ipnotico, mantenendosi sempre nella curva isobolografica che copre perfettamente l’intubazione tracheale: considerando l’intubazione tracheale uno stimolo algico elevato, questa strategia è altamente condivisibile. Le concentrazioni target di intubazione allora potrebbero essere: remifentanil 4.0-6.0 ng/ml con propofol al sito effettore 2.0-2.5 µg/ml. Le curve isobolografiche sono l’espressione grafica del sinergismo tra farmaci che agiscono su sistemi recettoriali diversi, di solito un ipnotico ed un oppioide, ad esempio associazione propofol-remifentanil o sevoflurano- sufentanil. Il piano anestesiologico ha la medesima intensità in tutti i punti della curva isobolografica, sia esso ottenuto con elevate concentrazioni di oppioide e basse concentrazioni di ipnotico, che viceversa. Quello che cambia invece, con questi due approcci alternativi, è il tempo di recupero, che dipende dalla cinetica del farmaco e dalla sua emivita contesto sensibile: in effetti il risveglio sarà più rapido utilizzando una bassa concentrazione di propofol, a favore di una più alta di remifentanil.  All’incisione accertarsi di avere un target di propofol tra i 3.0-3.2-3.5 µg/ml (o una importante copertura con remifentanil se si vuole impostare un target di propofol inferiore);  1-2 minuti prima dell’incisione aumentare il target del remifentanil a 2.5-3.0-4.0-5.0-6.0 ng/ml a seconda dello stimolo algico atteso, tenendo presenti le condizioni cliniche del paziente e variandolo in relazione alla risposta emodinamica;  Condurre l’anestesia seguendo le varie fasi dell’intervento, variando le concentrazioni dell’ipnotico e dell’analgesico secondo le necessità. Non scendere mai, a meno di indicazioni diverse del BIS, sotto una concentrazione target di propofol di 3.2-3.0-2.8-2.4 µg/ml;
  • 18. 18  Tenere conto dei valori di tempo di decremento soprattutto del propofol, come indicatore di possibile accumulo del farmaco e per prevedere i tempi di risveglio: tempi di decremento per il propofol superiori ai 15 minuti possono indicare la necessità di ridurre la concentrazione target. Ogni produttore di pompe TCI ha impostato di default un target di decremento diverso per il propofol. Per quando riguarda la Base Primea (Fresenius® ) e la pompa Alaris pK® la concentrazione target per il tempo di decremento per il propofol è di 1.5 µg/ml che è un po’ alto; è utile ridurre il target di decremento a valori inferiori come 1.0-0.8–0.6 µg/ml, che permettono di avere maggiori informazioni sull’ipotetico tempo di risveglio, cioè il momento in cui il paziente potrà essere lucido e collaborante. Quando viene ridotto il valore target per il tempo di decremento, si assiste comprensibilmente ad un aumento del tempo necessario per il risveglio, per esempio se con un limite di 1,5 µg/ml il tempo di decremento è 10 minuti, riducendolo a 1 µg/ml osserverò che il tempo aumenta a 20 minuti. Questo perché sarà necessario un tempo maggiore affinché, la concentrazione del farmaco a livello del Ve, scenda ad una concentrazione minore rispetto a quella precedentemente impostata come target di risveglio. Con 0.6 µg/ml quasi tutti i pazienti sono comunemente perfettamente orientati e possono uscire immediatamente dalla sala operatoria;  Con il sufentanil l’impostazione del tempo di decremento a 0.15-0.18 ng/ml permette di avere indicazioni sul tempo necessario – alla sospensione dell’infusione – per avere un respiro spontaneo adeguato ed una ottima coda analgesica;  Per quanto riguarda il remifentanil è meno importante l’indicazione del tempo di decremento vista la sua cinetica estremamente favorevole; meglio seguire le necessità di analgesia dettate dall’intervento e dall’emodinamica. Il limite inferiore di default per il remifentanil è di 1.0 ng/ml e possiamo lasciarlo tale;  È invece fondamentale prevedere e programmare in tempo la transizione analgesica che in base al tipo di paziente e di intervento, ed in assenza di blocchi nervosi centrali o periferici, deve essere di tipo
  • 19. 19 multimodale e tenere conto del tempo di picco farmacodinamico dell’analgesico scelto: o Morfina 0.15 mg/kg in bolo 30–45–60 minuti prima della fine dell’intervento; o Oppure, in alternativa alla morfina, tramadolo 100 mg 45 minuti prima della fine dell’intervento; o Paracetamolo 45 min prima della fine dell’intervento; o Eventualmente ketorolac 15-30 mg 45 min prima della fine dell’intervento. Morfina (o tramadolo) e paracetamolo devono essere usati in associazione perché agiscono su recettori diversi e creano una migliore analgesia post-operatoria; inoltre l’utilizzo di Paracetamolo e FANS riduce il consumo di oppioidi e quindi gli effetti collaterali associati;  Al termine dell’intervento porre attenzione al tempo di decremento prevedendo, comunque, un risveglio più lento rispetto ad una anestesia condotta in vapore con desflurano. È possibile eventualmente cominciare a ridurre il target di propofol per tempo a valori più bassi (2.5-2.0 µg/ml), che consentano di portarsi a tempi di decremento non superiori a 5-10 minuti;  Mantenere il target di remifentanil anche a valori target di 1.0-2.0 ng/ml sino all’ultimo punto di sutura, riducendoli poi sino a target che garantiscano la protezione analgesica dal tubo (1.2–0.8–0.6 ng/ml), ma permettano la ripresa del respiro spontaneo. Antonio Farnia
  • 20. 20 Schema semplificato per TCI target al sito effettore Sedazione Propofol µg/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Mantenimento: 1.0 – 1.4 – 1.8 – 2.0 – 3.0 - 3.6 – 4.0 Remifentanil ng/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Mantenimento: 1 – 1.4 – 1.8 – 2.0 Anestesia generale Propofol µg/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Induzione: 4.0 – 5.0 – 6.0 – 8.0 BIS 30 - 50 Mantenimento: 2.8 – 3.0 – 3.2 BIS 35 - 55 Remifentanil ng/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Intubazione: 4.0 – 5.0 – 6.0 Prevenendo la stimolazione simpatica alla laringoscopia Mantenimento: 2.0 – 4.0 – 6.0 – 8.0 – 10.0 Secondo risposta emodinamica allo stimolo chirurgico Oppure utilizzando una strategia maggiormente analgesica: Propofol µg/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Induzione: 2.0 - 3.0 - 4.0 BIS 30 - 50 Mantenimento: 2.0 - 2.8 BIS 35 - 55 Remifentanil ng/ml A steps successivi Partire con: 0.4 – 0.6 – 0.8 Intubazione: 5.0 – 6.0 – 7.0 Mantenimento: 2.0 – 4.0 – 6.0 – 8.0 – 10.0