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Massimo Bonfatti, presidente della onlus “Mondo in Cammino”, commenta la vicenda di Arkady Babchenko
«Chi va in guerra non ne esce mai»
rkady non è mai
uscito dall’orrore
della guerra». Le pa-
role di Massimo Bonfatti so-
no fredde perché lapidarie,
ma anche calde perché in-
trise di dolore. E’ un’altalena
di sentimenti che può oscil-
lare soltanto in chi ha avuto
a cuore il
p e r c o r s o
umano del
giornalista
russo Arka-
dy Babchen-
ko, da chi gli
è rimasto ac-
canto in tutti
questi anni,
e da chi co-
nosce in ma-
niera ogget-
tiva i compli-
cati e ma-
chiavellici
meccanismi
della società
russa. Bon-
fatti è colui
che sette anni fa accompa-
gnò Babchenko in giro per
l’Italia, che lo portò a Vercelli,
alla redazione de La Sesia. Il
cronista russo presentò il li-
bro “La guerra di un soldato
in Cecenia”, reportage a cuo-
re aperto di una doppia pro-
fessione (da militare a gior-
nalista sul fronte di guerra)
che ha inciso come un bi-
sturi nella sua stessa esi-
stenza.
Oggi però Bonfatti, presi-
dente della onlus “Mondo in
Cammino”, associazione im-
pegnata tra le altre cose nella
sensibilizzazione sui danni
causati dai cibi contaminati
dalle radiazioni nelle aree
interessate dal disastro di
Chernobyl, appare scettico,
amareggiato, soprattutto di-
«A spiaciuto per gli strascichi
provocati dalla messa in sce-
na perpetrata dal governo
ucraino che prima ha an-
nunciato la morte di Bab-
chenko, per poi rivelare il
grande bluff. Arkady in que-
sto balletto macabro non ci
ha guadagnato, trasforman-
dosi in una pedina di Kiev
sullo scacchiere arroventato
tra l’Ucraina e il Cremlino.
Che idea si è fatto su quan-
to accaduto tra il 29 e 30
maggio?
Arkady è una persona fra-
gile, è come se avesse il cer-
vello rotto. Spesso i militari
per uscire dall’orrore di una
guerra ne intraprendono
un’altra. Ha continuato a
essere un soldato, a com-
portarsi da soldato, come se
cercasse ad ogni costi un
nemico. Nelle foto lo si vede
spesso vestito in abiti militari
e il nemico da combattere è
diventato Putin.
Si è detto da più parti che
Babchenko soffra di una
sorte di sindrome da ac-
cerchiamento.
Dopo la pubblicazione del
libro, presentato anche a La
Sesia, sono cominciate le ac-
cuse da parte dei suoi de-
trattori. C’è chi sostiene che
non abbia mai vissuto in
prima persona alcune storie
raccontate. L’aver accettato
la messa in scena dei servizi,
dimostra il suo bisogno di
sentirsi al centro dell’atten-
zione e credibile, ma è cadu-
to in un tranello.
Perché ha aderito al bluff
di Kiev?
Forse per iniziare una nuo-
va guerra, ma è stata una
caduta di stile molto eviden-
te. La lotta contro la fragilità
lo sta condannando a vivere
un’esistenza sotto protezio-
ne, da braccato. Sfortuna-
tamente oggi è diventato an-
cora di più un bersaglio. Mi
domando come faccia ad es-
sere attendibile dopo la mes-
sinscena della sua morte.
Kiev l’ha condizionato, la sua
ammissibilità giornalistica è
compromessa.
Dal soggiorno a Vercelli ad
oggi si può dire che nella
vita di Babchenko ci sia
stata un’irreversibile me-
tamorfosi?
Sì, e sono molto rammari-
cato. Penso alla farsa della
conferenza stampa a Kiev. I
buchi nella maglia, il sangue
di maiale. Perché si è pre-
stato a una cosa del genere?
Posso perdonare la persona
che ho conosciuto. La stima
resta immutata, ma è vinco-
lata alla prova dei fatti. Sui
social è diventato volgare e
iracondo. E’ un altro esem-
pio di fragilità. Frasi come
“mi piacerebbe vivere fino a
90 anni e ballare sulla tomba
di Lenin” denotano rancore
e violenza gratuita persino
Donato al Santuario di Valdocco
Candelabro liturgico
in memoria di Bruno Poy
Era il 9 giugno 1868 quando a Torino veniva inaugurato il
Santuario di Maria Ausiliatrice (diverrà Basilica Minore nel
1911), voluto da San Giovanni Bosco in quel di Valdocco,
cuore pulsante dell’Opera Salesiana, largamente diffusa in
tutto il mondo a favore dei giovani. Domani, sabato 9
giugno, alle 10, durante la solenne concelebrazione eucari-
stica, a 150 anni esatti, per ce-
lebrare la storica ricorrenza ci
sarà un dono importante. Si
tratta di un candelabro liturgico
artistico per il Presbiterio, rea-
lizzato in bronzo puro, in foglia
oro e argento. Nel motivo grafi-
co, suggerito all’estro del gio-
vane scultore Ettore Marinelli
da don Cristian Besso, rettore
della Basilica, riprende e cele-
bra, nella figura iconica del me-
lograno, il tema fondamentale
dell’unione dei figli della Chie-
sa.
L’opera è stata commissio-
nata alla “Pontificia Fonderia
di Campane Marinelli” che,
dall’anno 1000 a oggi, in Molise,
detiene il primato mondiale in
materia di sacri bronzi e arte
sacra. Non solo. E’ stata fatta produrre «in memoria di
Bruno Poy, torinese di nascita ma vercellese d’adozione:
brillante avvocato e uomo generoso, amico dei giovani, dei
giusti e dei poveri, come testimonia una targa commemo-
rativa che verrà apposta a ricordo di questa memorabile
giornata su una colonna ai lati del Presbiterio» spiegano gli
autori della donazione, il giornalista Maurizio Scandurra e
l’ingegner Cristiano Bilucaglia. «La comunità salesiana,
che anima la basilica di Maria Ausiliatrice, ringrazia del
dono dell’artistico candelabro donato in occasione del 150°
anniversario della dedicazione al culto della chiesa»: sono
state le parole di don Guido Errico (direttore della comunità
della Casa madre salesiana), e don Cristian Besso.
ma.g.
«Si comporta
ancora da
soldato: in cerca
di un nemico»
Vercelli LA SESIA Segui gli aggiornamenti su www.lasesia.vercelli.it
Cinque Club per le donne in carcere:
al Billiemme un corso di sartoria
SOROPTIMIST, FORNITE ANCHE LE ATTREZZATURE
«Grazie all’energia della nostra vice presi-
dente nazionale di territorio Adriana Macchi,
che ci ha coordinate e aiutate nel contatto,
siamo riuscite a organizzare un corso di
sartoria per le donne ristrette nella casa
circondariale di Billiemme, a Vercelli, che
hanno deciso di aderire al nostro progetto
nazionale: “Donne@lavoro: S.I. sostiene in
carcere”»: così la presidente del Soroptimis
Club di Vercelli Maria Gabriella Cussotto
presenta il progetto che ha visto la parteci-
pazione di ben cinque
Club: Alto Novarese,
Biella, Novara, Valse-
sia e, appunto, Ver-
celli.
Le socie del club cit-
tadino Donatella Pe-
trucci e Rita Chiappa
hanno contattato Va-
leria Climaco, respon-
sabile delle Attività
educative del carcere,
che, autorizzata dalla
direttrice del carcere
Tullia Ardito, ha col-
laborato e lavorato per la ricerca dello spazio
e l’ottenimento delle relative autorizzazioni
a procedere.
Ottenuto l’assenso all’avvio del progetto,
ogni Club ha individuato le sue referenti:
Alice Freschi, Maria Luisa Perucchini, Luisa
Mattei, Laura Fasano, Rita e Donatella; e,
tutte insieme, hanno realizzato in ciascuna
sezione la raccolta dei fondi necessaria alla
pianificazione dell’intero progetto.
«Hanno acquistato il materiale necessario
- prosegue Cussotto -: tre nuove macchine
da cucire Singer, tre assi da stiro, tre nuovi
ferri da stiro, un armadietto, forbici ed
altro materiale, mentre un tavolo da lavoro
è stato donato dalla socia Daniela Zaniroli.
Le referenti hanno convenuto, inoltre, di
avvalersi dell’agenzia formativa pubblica di
Vercelli Coverfop per l’organizzazione vera
e propria del corso, in quanto l’unica in
grado di soddisfare appieno sia le esigenze
didattiche e di sicurezza del carcere, sia la
finalità vera e propria del progetto: cioè il
rilascio alle partecipanti di un attestato di
formazione valido e riconosciuto nel mondo
del lavoro, affinché a fine pena esse possano
fruirne per un dignitoso reintegro nella so-
cietà. Perché siamo
certe - sottolinea la
presidente - che sarà
proprio il lavoro a re-
stituire loro dignità e
serenità».
Ed ecco che, lunedì
4 giugno, una delega-
zione dei cinque club
Soroptimist, guidata
dalla presidente Ma-
ria Gabriella Cussot-
to, si è recata in car-
cere ed è stata rice-
vuta dalla direttrice e
dalla responsabile delle Attività educative;
dopo un breve colloquio, dal quale si è
anche appreso del recentissimo incremento
di donne arrivate dal carcere di Torino e
pertanto della necessità di attivare nuove
iniziative (per le quali il Soroptimist ha già
speso una parola di sostegno) la delegazione
è poi stata autorizzata a raggiungere il la-
boratorio. E’ stato così inaugurato il corso
di formazione, alla presenza dell’insegnate
e delle sette donne detenute.
«Come detto - conclude Cussotto - non fi-
nisce qui. Visto che l’unione fa la forza,ci
terremo in contatto per ampliare questo
progetto con tante altre iniziative. E quindi...
un arrivederci a prestissimo».
nella scrittura.
Sono i traumi permanenti
della guerra in Cecenia?
Chi va in guerra non ne
esce mai e l’unico modo per
tentare di venirne fuori è
trovarsi un nuovo nemico.
L’ha individuato in Putin, fi-
no a scendere a patti con
Kiev per dimostrare che Mo-
sca voleva ucciderlo. L’han-
no fatto sentire militare, c’è
edonismo nel suo gesto, ma
non ha fatto bene i suoi cal-
coli.
Quale saranno i prossimi
passi di Babchenko?
Non so se in futuro chiari-
rà l’accaduto. Adesso è fa-
mosissimo, ma i giornalisti
che lottano per i diritti uma-
ni non si riconoscono in lui.
Potrebbe anche diventare
bersaglio di qualche infame
o esaltato.
Che cosa si sente di dirgli
in questo momento?
In realtà gli ho scritto, ma
non mi ha risposto. Andarlo
a trovare a Kiev diventa dif-
ficile. Auguro una vita tran-
quilla a lui, ai figli e alla mo-
glie. Forse per Arkady sa-
rebbe meglio scomparire,
farsi una nuova vita lontano
da tutto e da tutti. Ha vissuto
l’inferno in Cecenia, ma qui
non ha trovato il paradiso.
Luigi Guelpa
Sette anni
fa Massimo
Bonfatti ac-
compagnò
Arkady
Babchenko
in giro per
l’Italia e lo
portò a Ver-
celli, alla re-
dazione de
La Sesia
LA SESIA
Venerdì 8 giugno 20186

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Oggi però Bonfatti, presi- dente della onlus “Mondo in Cammino”, associazione im- pegnata tra le altre cose nella sensibilizzazione sui danni causati dai cibi contaminati dalle radiazioni nelle aree interessate dal disastro di Chernobyl, appare scettico, amareggiato, soprattutto di- «A spiaciuto per gli strascichi provocati dalla messa in sce- na perpetrata dal governo ucraino che prima ha an- nunciato la morte di Bab- chenko, per poi rivelare il grande bluff. Arkady in que- sto balletto macabro non ci ha guadagnato, trasforman- dosi in una pedina di Kiev sullo scacchiere arroventato tra l’Ucraina e il Cremlino. Che idea si è fatto su quan- to accaduto tra il 29 e 30 maggio? Arkady è una persona fra- gile, è come se avesse il cer- vello rotto. Spesso i militari per uscire dall’orrore di una guerra ne intraprendono un’altra. Ha continuato a essere un soldato, a com- portarsi da soldato, come se cercasse ad ogni costi un nemico. Nelle foto lo si vede spesso vestito in abiti militari e il nemico da combattere è diventato Putin. Si è detto da più parti che Babchenko soffra di una sorte di sindrome da ac- cerchiamento. Dopo la pubblicazione del libro, presentato anche a La Sesia, sono cominciate le ac- cuse da parte dei suoi de- trattori. C’è chi sostiene che non abbia mai vissuto in prima persona alcune storie raccontate. L’aver accettato la messa in scena dei servizi, dimostra il suo bisogno di sentirsi al centro dell’atten- zione e credibile, ma è cadu- to in un tranello. Perché ha aderito al bluff di Kiev? Forse per iniziare una nuo- va guerra, ma è stata una caduta di stile molto eviden- te. La lotta contro la fragilità lo sta condannando a vivere un’esistenza sotto protezio- ne, da braccato. Sfortuna- tamente oggi è diventato an- cora di più un bersaglio. Mi domando come faccia ad es- sere attendibile dopo la mes- sinscena della sua morte. Kiev l’ha condizionato, la sua ammissibilità giornalistica è compromessa. Dal soggiorno a Vercelli ad oggi si può dire che nella vita di Babchenko ci sia stata un’irreversibile me- tamorfosi? Sì, e sono molto rammari- cato. Penso alla farsa della conferenza stampa a Kiev. I buchi nella maglia, il sangue di maiale. Perché si è pre- stato a una cosa del genere? Posso perdonare la persona che ho conosciuto. La stima resta immutata, ma è vinco- lata alla prova dei fatti. Sui social è diventato volgare e iracondo. E’ un altro esem- pio di fragilità. Frasi come “mi piacerebbe vivere fino a 90 anni e ballare sulla tomba di Lenin” denotano rancore e violenza gratuita persino Donato al Santuario di Valdocco Candelabro liturgico in memoria di Bruno Poy Era il 9 giugno 1868 quando a Torino veniva inaugurato il Santuario di Maria Ausiliatrice (diverrà Basilica Minore nel 1911), voluto da San Giovanni Bosco in quel di Valdocco, cuore pulsante dell’Opera Salesiana, largamente diffusa in tutto il mondo a favore dei giovani. Domani, sabato 9 giugno, alle 10, durante la solenne concelebrazione eucari- stica, a 150 anni esatti, per ce- lebrare la storica ricorrenza ci sarà un dono importante. Si tratta di un candelabro liturgico artistico per il Presbiterio, rea- lizzato in bronzo puro, in foglia oro e argento. Nel motivo grafi- co, suggerito all’estro del gio- vane scultore Ettore Marinelli da don Cristian Besso, rettore della Basilica, riprende e cele- bra, nella figura iconica del me- lograno, il tema fondamentale dell’unione dei figli della Chie- sa. L’opera è stata commissio- nata alla “Pontificia Fonderia di Campane Marinelli” che, dall’anno 1000 a oggi, in Molise, detiene il primato mondiale in materia di sacri bronzi e arte sacra. Non solo. E’ stata fatta produrre «in memoria di Bruno Poy, torinese di nascita ma vercellese d’adozione: brillante avvocato e uomo generoso, amico dei giovani, dei giusti e dei poveri, come testimonia una targa commemo- rativa che verrà apposta a ricordo di questa memorabile giornata su una colonna ai lati del Presbiterio» spiegano gli autori della donazione, il giornalista Maurizio Scandurra e l’ingegner Cristiano Bilucaglia. «La comunità salesiana, che anima la basilica di Maria Ausiliatrice, ringrazia del dono dell’artistico candelabro donato in occasione del 150° anniversario della dedicazione al culto della chiesa»: sono state le parole di don Guido Errico (direttore della comunità della Casa madre salesiana), e don Cristian Besso. ma.g. «Si comporta ancora da soldato: in cerca di un nemico» Vercelli LA SESIA Segui gli aggiornamenti su www.lasesia.vercelli.it Cinque Club per le donne in carcere: al Billiemme un corso di sartoria SOROPTIMIST, FORNITE ANCHE LE ATTREZZATURE «Grazie all’energia della nostra vice presi- dente nazionale di territorio Adriana Macchi, che ci ha coordinate e aiutate nel contatto, siamo riuscite a organizzare un corso di sartoria per le donne ristrette nella casa circondariale di Billiemme, a Vercelli, che hanno deciso di aderire al nostro progetto nazionale: “Donne@lavoro: S.I. sostiene in carcere”»: così la presidente del Soroptimis Club di Vercelli Maria Gabriella Cussotto presenta il progetto che ha visto la parteci- pazione di ben cinque Club: Alto Novarese, Biella, Novara, Valse- sia e, appunto, Ver- celli. 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