Tesi di Laurea Triennale dal titolo Il museo fuori dal museo. Analisi dei sistemi comunicativi museali e conseguente progettazione di un servizio interattivo che offra contenuti web gratuiti, relativi alle mostre visitate, su smartphone e web television // AA 2009/2010
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...RiccardoPietra
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La mia tesi di Laurea Magistrale. Il lavoro si inserisce all'interno di un progetto che punta alla progettazione di una mobile app culturale - turistica, e verte sulla preparazione del prototipo dell'app e sull'esecuzione dei Test Utente del prototipo stesso.
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...didiana
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Obiettivo del lavoro è dimostrare come i Centri Commerciali Naturali (CCN) possano diventare realmente uno strumento per la valorizzazione del territorio contrastando il fenomeno della desertificazione dei centri storici. Attraverso l'analisi di Town Centre Management si cerca di coglierne le peculiarità strutturali, organizzative e i ruoli svolti dagli attori territoriali coinvolti.
Con questa metodologia è possibile individuare il vantaggio competitivo che le imprese commerciali possono godere in un contesto pianificato rispetto a quelle che operano allâinterno di unâaggregazione spontanea.
Il caso preso in esame vuole approfondire il modello di Centro Commerciale Naturale e lâinterazione tra i diversi stakeholder presenti sul territorio palermitano tenendo in considerazione il tessuto economico e sociale nonchĂŠ la normativa vigente in Sicilia ed in particolare a Palermo relativa al commercio.
Aim of this work is to show how Town Centre Management (TCM) can really become an instrument for the area development countering the phenomenon of desertification of city centers.
The analysis of Town Centre Management searches the structural and organizational peculiarities and the roles played by local actors and different stakeholders involved.
Tesi di laurea triennale in Giurisprudenza sul whistleblowing (consegnata prima del decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24, discussa il 21 marzo 2023)
Tesi di Laurea Triennale dal titolo Il museo fuori dal museo. Analisi dei sistemi comunicativi museali e conseguente progettazione di un servizio interattivo che offra contenuti web gratuiti, relativi alle mostre visitate, su smartphone e web television // AA 2009/2010
I promessi sposi 3.0 Mobile User Experience & Usability nel settore dei beni...RiccardoPietra
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La mia tesi di Laurea Magistrale. Il lavoro si inserisce all'interno di un progetto che punta alla progettazione di una mobile app culturale - turistica, e verte sulla preparazione del prototipo dell'app e sull'esecuzione dei Test Utente del prototipo stesso.
Presentazione della tesi di laurea magistrale della dott.ssa Diana Ricciardi ...didiana
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Obiettivo del lavoro è dimostrare come i Centri Commerciali Naturali (CCN) possano diventare realmente uno strumento per la valorizzazione del territorio contrastando il fenomeno della desertificazione dei centri storici. Attraverso l'analisi di Town Centre Management si cerca di coglierne le peculiarità strutturali, organizzative e i ruoli svolti dagli attori territoriali coinvolti.
Con questa metodologia è possibile individuare il vantaggio competitivo che le imprese commerciali possono godere in un contesto pianificato rispetto a quelle che operano allâinterno di unâaggregazione spontanea.
Il caso preso in esame vuole approfondire il modello di Centro Commerciale Naturale e lâinterazione tra i diversi stakeholder presenti sul territorio palermitano tenendo in considerazione il tessuto economico e sociale nonchĂŠ la normativa vigente in Sicilia ed in particolare a Palermo relativa al commercio.
Aim of this work is to show how Town Centre Management (TCM) can really become an instrument for the area development countering the phenomenon of desertification of city centers.
The analysis of Town Centre Management searches the structural and organizational peculiarities and the roles played by local actors and different stakeholders involved.
Tesi di laurea triennale in Giurisprudenza sul whistleblowing (consegnata prima del decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24, discussa il 21 marzo 2023)
La pandemia di Covid -19 ha portato alla fusione di resilienza e cindinica. Un connubio indispensabile per fronteggiare la crescente complessitĂ e vulnerabilitĂ dell'odierna societĂ .
La tesi di laurea su Welfare e lotta alla povertà . L'opera è distrubuita sotto licenza Creative Commons. Puoi distribuire, copiare o rielaborare l'opera sempre citando l'autore. Non puoi utilizzare l'opera a scopi commerciali.
Ho pubblicato questo mio modesto lavoro nella speranza che possa essere utile a qualcun'altro. Credo nella condivisione dei saperi e nel riconoscimento del lavoro svolto dagli altri.
L'editoria sta vivendo un momento storico. Vecchie regole determinano ancora strategie di vendita e diffusione del prodotto. L'edicolante non deve piĂš vedere la sua sola attivitĂ . Deve capire cosa succede attorno. Nelle altre cittĂ ma anche in casa di editori, distributori nazionali e locali. Non siamo soli ad affrontare un momento di crisi e di rinascita cosĂŹ importante
Mi ha rattristato leggere che Newsweek â magazine americano che ha accompagnato i miei viaggi di pendolare per anni â porrĂ fine alla sua edizione cartacea il 31 dicembre di quest'anno. Purtroppo, la chiusura del giornale riflette la realtĂ che viviamo oggi di molti media tradizionali che cercano di sopravvivere in un futuro sempre piĂš incerto. In questi anni che ho lavorato in uno degli editori piĂš grandi al mondo ho imparato una cosa che nulla può essere salvato dalla digitalizzazione e nessun brand è sacro: anche il Financial Times o Newsweek.
I media che un tempo erano visti come potenti hanno dovuto reinventarsi al fine di adattarsi al contesto attuale. Newsweek purtroppo non ha trovato un pubblico di nicchia e come lo stesso Life chiude i battenti sperando di ritrovare linfa su tablet e online.
Ironia della sorte, i brand commerciali hanno colto lâoccasione e lanciato i loro contenuti per la creazione e comunicazione del loro messaggio. In ambito legale abbiamo visto come comunicare può determinare una esposizione delle proprie capacitĂ laddove non si pensava fino a pochi anni fa.
La rivista raccoglie tutte le attivitĂ svolte dagli ex-allievi dei Master I.P.E. nell'anno 2013. Inoltre sono previsti articoli su scenari, soft skills, attivitĂ sociali etc...
Proceedings della track Aspetti giuridici del crowdfunding - Dalla conferenza Crowdfuture - The Future of crowdfunding, Roma 19 Ottobre 2013.
Introduzione di Gian Domenico Mosco, Ordinario di Diritto Commerciale Luiss G. Carli
"La nuova regolamentazione dellâEquity Crowdfunding"
Contributi:
1) Roberta Mangione (LUISS) Equity Crowdfunding e diritto dellâintermediazione finanziaria
2) Casimiro Antonio Nigro (LUISS) Equity Crowdfunding e diritto societario
3) Claudio Di Falco (Cleary Gottlieb Steen & Hamilton) - Tecniche di protezione dei crowdfunders (investitori non professionali): limiti e prospettive di tag-along e diritto di recesso
3) Alessandro Portolano (Chiomenti Studio Legale) - Le regole di condotta applicabili a banche e imprese di investimento nellâambito della disciplina in tema di Equity Crowdfunding
- Tavola rotonda: Equity Crowdfunding, effettiva opportunitĂ di patrimonializzazione per le imprese?
1) Francesca Brunori (Confindustria) - Piccole imprese e mercato dei capitali. LâopportunitĂ del Crowdfunding
Luca Enriques (LUISS) - La disciplina italiana uccide il Crowdfunding nella culla?
Leonardo Frigiolini (UNICASIM/UNICASEED) - Il ruolo delle SIM e lâimportanza di un unico sostegno multidisciplinare allo startupper
Salvatore Rizzo (Banca Interprovinciale Modena) - Equity Crowdfunding: i possibili rischi di compliance per gli intermediari
Martina Tambucci (CONSOB) - Il ruolo degli intermediari tradizionali e degli investitori professionali nell'Equity Crowdfunding
1. UNIVERSITAâ DEGLI STUDI DI UDINE
FACOLTAâ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI PUBBLICHE
DâIMPRESA
TESI DI LAUREA SPECIALISTICA
Il lobbying: dalla connotazione negativa alla difesa
trasparente dei legittimi interessi
Il caso AMD
Relatore: Laureando:
Ch.ma Prof.ssa Renata Kodilja Antonio Fracas
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
5. 5
INDICE:
INTRODUZIONE.....................................................................................................7
CAPITOLO 1.......................................................................................................... 13
Il lobbying e il lobbista sotto la lente ....................................................................... 13
1.1 Definizione di lobbying ................................................................................ 13
1.2 Identikit del lobbista ..................................................................................... 21
1.3 Gli attori ....................................................................................................... 29
1.3.1. I portatori di interesse................................................................................ 30
1.3.2. Mediatori................................................................................................... 37
1.3.3. Le istituzioni pubbliche ............................................................................. 38
1.4 Lâazione di lobbying ..................................................................................... 39
1.4.1 Gli strumenti di back office ....................................................................... 41
1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi........................................................ 43
1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi ................................................. 45
1.5 Lâazione di lobbying ..................................................................................... 48
1.5.1 I public affairs ........................................................................................... 49
1.5.2 I quattro modelli di public affairs............................................................... 50
1.5.3 Le tre fasi del lobbying.............................................................................. 53
1.5.4 Il lobbying diretto...................................................................................... 58
1.6 La legislazione italiana sul lobbying ............................................................. 60
1.6.1 Le proposte di legge .................................................................................. 63
1.6.2 I casi Toscana, Molise ed Emilia Romagna................................................ 66
1.6.3 Calabria e altri........................................................................................... 68
1.6.4 Riflessione ................................................................................................ 68
CAPITOLO 2.......................................................................................................... 69
La regolamentazione del lobbying al di fuori dei confini italiani: USA e UE ........... 69
2.1 La regolamentazione del lobbying negli USA ............................................... 70
2.1.1 Dalla seconda metĂ dellâ800 al Federal of Lobbying Act........................... 70
2.1.2 Il Federal Regulation of Lobbying Act ...................................................... 73
2.1.3 Gli anni Settanta e le riforme collaterali..................................................... 76
6. 6
2.1.4 Il Lobbying Disclosure Act........................................................................ 78
2.1.5 Gli anni Duemila....................................................................................... 82
2.2 Lobbying a Bruxelles.................................................................................... 85
2.2.1 Il lobbista di Bruxelles............................................................................... 86
2.2.2 Organizzarsi.............................................................................................. 87
2.3 Obiettivo e influenza..................................................................................... 88
2.3.1 Commissione Europea............................................................................... 88
2.3.2 Parlamento Europeo .................................................................................. 89
2.3.3 Consiglio dellâUnione Europea.................................................................. 92
2.4 Regole .......................................................................................................... 93
2.4.1 I primi tentativi.......................................................................................... 93
2.4.2 La situazione attuale.................................................................................. 95
CAPITOLO 3........................................................................................................ 101
AMD e lâintervento per la nuova formulazione dei bandi pubblici della Pubblica
Amministrazione ................................................................................................... 101
3.1 AMD .......................................................................................................... 101
3.2 Lo scenario competitivo per AMD nei primi anni 2000 in Italia .................. 102
3.3 AMD scende in campo................................................................................ 103
3.3.1 La strategia di AMD................................................................................ 104
3.4 La svolta in positivo per AMD.................................................................... 106
3.4.1 Lâintervento della CE .............................................................................. 109
3.5 Epilogo ....................................................................................................... 110
CONCLUSIONI.................................................................................................... 113
ALLEGATI........................................................................................................... 115
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
7. 7
INTRODUZIONE
Questa tesi è frutto della profonda curiosità sorta nei confronti del tema del lobbying
durante lo studio delle attivitĂ di Relazioni Pubbliche. Si legge di lobbisti che sono
padroni dellâarte della comunicazione e della relazione, ma, soprattutto, che si tratta di
esperti professionisti capaci di convincere anche i piĂš ostici interlocutori.
La cultura popolare riconosce tali doti accostandole però spesso a fini non sempre
limpidi. Il lobbista è allora colui che agisce per conto dei âcattiviâ, che âavvantaggiaâ le
multinazionali e le attivitĂ piĂš o meno occulte.
Agli occhi di chi non conosce la professione, il lobbista è nel migliore dei casi un
manipolatore.
Non si può dare torto a coloro che la pensano in questo modo in quanto non sono
poche le occasioni offerte dalla cronaca che portano lâopinione pubblica in questa
direzione. Basti qui ricordare lo scandalo denominato âTangentopoliâ degli anni
Novanta che anche a distanza di ventâanni non è stato ancora dimenticato.
Rappresentanti senza scrupoli di interessi particolari non hanno esitato a ricorrere a
mezzi illeciti per influenzare il legislatore. In quel frangente, i cinque fogli di analisi
citati da John Fitzgerald Kennedy e citati nel capitolo I sono stati brutalmente sostituiti
da pratiche meno lecite.
Ma queste persone non possono essere considerate dei lobbisti e per loro esiste
unâunica denominazione: corruttori.
A distanza di ventâanni, âTangentopoliâ non è stata dimenticata. A pagarne le
conseguenze non è stata solo la credibilità delle istituzioni ma anche la professione del
lobbista Lâidea di fondo è che il lobbista difenda sempre e comunque i âcattiviâ a
scapito dei âbuoniâ.
Ma il lobbista non è questo. O, se vogliamo, non dovrebbe essere questo. Resta il
fatto che un lobbista può difendere tanto unâorganizzazione che genera i suoi profitti a
8. 8
scapito dei cittadini quanto aziende che godono di unâottima considerazione da parte
della gente (per esempio le O.N.G.). Ma qualora difenda unâazienda del primo tipo, il
vero lobbista dovrebbe comunque usare solo gli strumenti propri della comunicazione e
dati oggettivi a supporto della propria tesi difensiva, escludendo categoricamente il
ricorso a mezzi di persuasione che non sia non leciti. Non è scontato che, per quanto
bravo, riesca nellâimpresa di salvaguardare lâinteresse del suo cliente in quanto esistono
anche cause indifendibili. Ma nessuno potrĂ negare che ha agito correttamente, nel
rispetto delle norme.
Per comprendere meglio la figura del lobbista professionista, il capitolo I di questa
tesi è incentrato attorno ad una dettagliata analisi delle sue competenze e degli strumenti
da lui stesso impiegati. Confidare in un cambiamento dellâopinione pubblica nei suoi
confronti da parte del lettore è ambire a qualcosa di estremamente difficile se non
addirittura impossibile. Ma la finalità del capitolo I è quella di rispondere alla domanda
che troppe volte rimane priva di risposta: come lavora il lobbista? Si è pertanto
analizzato la figura professionale del lobbista cogliendone gli aspetti caratterizzanti
quanto a capacitĂ e competenze. La figura professionale che ne esce non riguarda solo
un esperto di comunicazione ma anche di un insieme di altre specifiche competenze che
abbracciano Diritto, Economia e Relazioni Pubbliche. Si tratta di una figura che fa dellâ
âascoltoâ il suo strumento principale e che gli consente di cogliere sia le esigenze del
cliente che le peculiaritĂ dellâambiente in cui questo opera nonchĂŠ i provvedimenti
normativi che possono influire sulle attivitĂ del cliente stesso. Lâascolto è altresĂŹ
finalizzato ad individuare i giusti interlocutori istituzionali e dare vita ad un dialogo
costruttivo per entrambe le parti (azienda cliente e legislatore). Il lobbista, bravo e
competente, non difende il proprio cliente ad oltranza alterando la realtĂ ma trova e
fornisce gli spunti per il miglioramento del testo di legge a tutela dellâattivitĂ di un
intero settore di cui il cliente è solo uno dei molti esponenti. Rappresentare gli interessi
implica ulteriori skills rispetto a quelle già menzionate. Il lobbista è
contemporaneamente un pianificatore strategico e un consulente senza il quale lâazienda
non saprebbe muoversi nel mondo istituzionale. Un novello Virgilio che accompagna
Dante, se è concesso il paragone. Egli aiuta lâazienda a comprendere i testi di legge e il
loro impatto, delinea i passi per imbastire una relazione col legislatore e consiglia le
giuste tecniche di approccio. Per cambiare le regole del gioco non basta infatti una
9. 9
lettera firmata da un Amministratore delegato, seppur autorevole e potente, allâindirizzo
di un politico, neanche se si è Claudio Marchionne: anche la FIAT, infatti, ha i suoi
lobbisti.
Lâambiente in cui opera il lobbista italiano è particolare. Il nostro territorio si
contraddistingue per lâassenza di una legislazione nazionale che regolamenti lâattivitĂ di
lobbying. LâItalia è cosĂŹ in una condizione di forte arretratezza nonostante reiterati
tentativi per colmare il vuoto normativo. Fin dal 1948 i rappresentanti del Parlamento
hanno avanzato proposte di legge ma la necessità di tale intervento non è mai stata
avvertita dalla maggioranza dei parlamentari, rendendo vano ogni sforzo in tale
direzione. Neanche quando il provvedimento è approdato allâesame della commissione
parlamentare competente ha goduto di un destino migliore. Nessun testo è mai stato
sottoposto allâanalisi dellâAula. Ă chiaro, allora, che esistono dei âlobbistiâ piĂš forti
ricollegabili anche ai partiti politici, interessati a detenere lâesclusiva sui rapporti
istituzionali e la formulazione delle leggi. A poco valgono le convocazioni in audizione
di coloro su cui le proposte di legge impattano direttamente. Lâascolto nei loro confronti
è spesso solamente di facciata. Non da meno è lâatteggiamento di certe associazioni che
si sono sempre opposte allâidea di una regolamentazione del lobbying perchĂŠ
fermamente intenzionate a mantenere la loro posizione di interlocutore privilegiato del
legislatore e magari a scapito delle aziende piĂš piccole. In controtendenza appaiono
alcune regioni italiane, come Toscana e Molise che si sono dotate di una legge
regionale, caratterizzate però dallâuso di espressioni quali
ârappresentante/rappresentanza di interessiâ. Questo perchĂŠ il termine lobbying fa
ancora paura.
Il capitolo II offre invece una panoramica su uno scenario decisamente diverso che
riguarda gli Stati Uniti dâAmerica e lâUnione Europea. Nel caso degli USA la
legislazione è presente ma, ancor piÚ radicato nella cultura a stelle e strisce è il
riconoscimento del diritto a manifestare i propri interessi senza che tale diritto possa
essere prevaricato.
Il capitolo assume la valenza di una cronistoria della legislazione americana: dai
tentativi piÚ datati risalenti al XIX secolo fino ai giorni nostri. Ma ciò che piÚ
caratterizza la legislazione americana è il continuo tentativo di apportare miglioramenti
10. 10
ai testi in vigore tramite lâinserimento di definizioni precise dei termini di lobbista e di
lobbying finalizzato alla riduzione del rischio di errate interpretazioni. A questo si
aggiungono disposizioni chiare circa i modi e i tempi di avvio alla professione, con
particolare riguardo alle figure che, prima di diventare lobbisti, occupavano posizioni
importanti allâinterno della Pubblica Amministrazione. Non mancano inoltre le sanzioni
per coloro che non rispettano le disposizioni stabilite. Tutto perfetto? Non esattamente.
Anche nella patria del lobbying vi sono stati casi di lobbisti che hanno fatto ricorso a
mezzi di persuasione illeciti: Jack Abramoff, il lobbista americano piĂš famoso, che dalla
persuasione è passato alla corruzione pagandone però le conseguenze con la perdita
della libertĂ personale.
Dal canto suo anche lâUnione Europea ha provato a dotarsi di una legislazione sul
tema. Pur potendo prendere spunto da quanto attuato dallâamministrazione americana,
lâUnione non ha ancora compiuto quel necessario salto di qualitĂ . Lâattuale normativa
infatti rende solo facoltativa, e non obbligatoria, lâiscrizione al registro dei lobbisti di
Bruxelles. Anche in tema di sanzioni è previsto solo il ritiro del tesserino di lobbista per
coloro che non rispettano il codice di condotta la cui accettazione è conseguente
allâiscrizione. Certo rispetto allâItalia la situazione dellâUE è migliore ma non si può
certo sostenere che quanto operato in questa sede istituzionale possa fungere da esempio
da imitare. Potrebbe però essere almeno un punto di inizio per discutere della nuova
legislazione che, si spera, un giorno arrivi anche da noi.
Per meglio illustrare re la teoria del lobbying e i suoi elementi principali è stato
analizzato un caso specifico come dimostrazione pratica di ciò che lâattivitĂ di lobbying
può o non può realizzare. Il Capitolo III è cosĂŹ incentrato sullâazione di lobbying che ha
sostenuto gli interessi dellâazienda americana AMD nel contesto italiano. La vicenda
risale al 2004. Ă un caso di lobbying propriamente detto, con la riscrittura delle regole
in vigore in un certo settore. AMD ha avuto agli inizi degli anni Duemila forti problemi
per partecipare alle gare di appalto della Pubblica Amministrazione per la fornitura di
computer. Nodo della questione, la formulazione dei bandi che penalizzava la
concorrenza. AMD ha subĂŹto una drastica riduzione delle possibilitĂ di vincere il bando.
LâattivitĂ di lobbying si è cosĂŹ rivelata fondamentale per consentire ad AMD di
competere allo stesso livello dei concorrenti. Il risultato a cui si è giunti è stata la
11. 11
rivisitazione completa dei testi dei bandi pubblici che ha preservato gli interessi di tutte
le aziende di settore. Il felice epilogo ha, al tempo stesso, preservato gli interessi delle
altre aziende di settore. Ad oggi, il bando non prevede piĂš lâuso di un brand a scopo
comparativo ma stabilisce precisi criteri minimi prestazionali per i microprocessori
installati nei computer. Il caso ha fatto scuola e, merito anche del sostegno della
Commissione Europea, ora in tutta Europa i bandi pubblici per questa tipologia di
forniture non prevedono altro se non i livelli minimi prestazionali richiesti.
Come è stato dimostrato, il lobbying non è attività ai limiti della legalità o contro il
cosiddetto âbene comuneâ ma un aiuto fondamentale per garantire il rispetto dei valori
propri della democrazia.
12.
13. 13
CAPITOLO 1
Il lobbying e il lobbista sotto la lente
ÂŤI lobbisti sono quelle persone che per farmi comprendere un problema impiegano dieci minuti e mi
lasciano sulla scrivania cinque fogli di carta. Per spiegarmi lo stesso problema, i miei collaboratori
impiegano tre giorni e decine di pagineÂť.
J.F. Kennedy
1.1 Definizione di lobbying
Parlare in Italia di lobbying è unâazione non esente da rischi, soprattutto per chi è
intenzionato ad illustrarne la pratica. Troppi, infatti, sono i pregiudizi che ancora oggi
gravano su chi si definisce lobbista. Ă il prezzo da pagare per le azioni compiute da
coloro che, negli anni Novanta e in occasione dello scandalo Tangentopoli, hanno
preferito influenzare il decisore politico (Deputato o Senatore che fosse) usando il
linguaggio delle tangenti piuttosto che proporre unâanalisi dettagliata dello scenario
(presente e futuro), in conseguenza della diretta attuazione di una nuova norma. PerchĂŠ
è questo ciò che fanno i lobbisti: influenzare il processo decisionale.
Sono trascorsi quasi ventâanni da quel periodo grigio, in cui la credibilitĂ dellâintero
sistema democratico ha conosciuto uno dei punti piĂš bassi (se non addirittura lâapice
della decadenza), eppure nulla è cambiato. Stereotipi, clichè superficiali duri a
morireÂť, ÂŤParagoni impropri e abusi del linguaggio, non solo giornalistico, che
distorcono la nostra funzioneÂť1
. Ecco le risposte degli operatori di settore a chi insinua
che il lobbying rappresenti una professione tuttâaltro che onesta. Nella penisola dello
stivale si continua a confondere lobby con corporazioni, consorterie, comitati dâaffari o,
peggio, con potentati oscuri al confine col malaffare. Nulla di piĂš falso. ÂŤIl lobbismo,
quello vero â sostengono â non ha niente a che fare con il clientelismo nĂŠ con gli
1
CAPITAL, n.372, Febbraio 2011, p. 16.
14. 14
intrallazzi. Piuttosto, è la capacità di rappresentare interessi leciti, in modo trasparente,
presso i decisori pubbliciÂť2
.
Ă dâobbligo, prima ancora di procedere con la definizione completa di lobbying, una
precisazione. Essendo unâattivitĂ di relazione3
, implica il contatto tra il legislatore e
rappresentanti di interessi, generando il rischio della creazione di una zona grigia nelle
relazioni stesse: ÂŤUna zona grigia tra conflitti di interesse e intrecci tra politica e affari â
sostengono sempre gli specialisti â esisteÂť. Franco Spicciariello, cofondatore della Open
Gate Italia4
e professore di lobbying alle universitĂ romane Lumsa e Tor Vergata,
sostiene che tale problematica è comune a tutto il sistema: ÂŤLâavvocato che va in
piscina con il giudice o a giocare a tennis con il pubblico ministero non è zona grigia?
Quando la zona grigia si fa corruzione â gli fa eco Gianluca Comin5
â si tratta di
patologia, non di lobbyÂť. Questo perchĂŠ ÂŤi lobbisti professionali rendono un servizio al
sistema democratico. Noi lobbisti siamo chiamati a coprire un gap informativo tra gli
interessi legittimi delle aziende o comunque dei soggetti per i quali lavoriamo e le
competenze dei decisori pubblici6
Âť.
2
Ibidem, p. 16.
3
M. Mazzoni in Le relazioni pubbliche e il lobbying in Italia, Laterza, Bari, 2010, lo
include nel terzo dei quattro modelli di RP di James E. Grunig: il âtwo-way symmetricâ,
caratterizzato da una comunicazione bidirezionale, distinta dal disequilibrio degli effetti.
4
SocietĂ specializzata in attivitĂ di lobbying, public affairs, regolamentazione e
comunicazione strategica. Sito web: http://www.opengateitalia.com/. I public affairs
sono, per definizione, lâinsieme delle attivitĂ di relazioni con le istituzioni. Il lobbying è
parte dei public affairs.
5
Direttore delle relazioni esterne e istituzionali del gruppo Enel, il primo ad aver
formalmente accorpato le due cruciali responsabilitĂ nelle mani dello stesso manager.
Da Capital, op. cit. p. 17.
6
Le competenze e lâutilitĂ del lobbista saranno proposte nei paragrafi successivi del
presente capitolo.
15. 15
Nonostante i molteplici tentativi di far apparire il lobbying per quello che realmente
è, il contesto italiano gli attribuisce ancora oggi unâaccezione negativa. Il termine viene
utilizzato a sproposito e, soprattutto, per qualificare qualsiasi atto poco chiaro oppure
addirittura in contrasto con la legge. Se si riprendono le cronache sui giornali, ogni volta
che si parla della lobby si evoca unâazione di corruzione. Ma se cosĂŹ fosse, sarebbe
qualificata da un articolo del codice penale e non ci sarebbe bisogno di chiamarla
attivitĂ di lobbying.7
Il termine lobby, prima ancora di essere coniato dalla linguistica ottocentesca
americana, deriva dal latino lobium, ovvero chiostro. Ma anche lobia, parola di
derivazione latina medioevale, traducibile con loggia, portico. Secondo Andrian Room
(citato da Wikipedia), il suddetto termine venne usato per la prima volta da Thomas
Bacon in The relikes of Rome nel 1553; nel 1539 William Shakespeare usò lobby in
Enrico VI (parte II), con il significato di âpassaggioâ, âcorridoioâ. Altre fonti fanno
derivare lobby dallâAntico Alto-Tedesco lauba, che significa deposito di documenti, che
divenne poi lobby nellâadattamento inglese. Fu nel XIX secolo, 1830 circa, che il
termine lobby venne a indicare, nella House of Commons, quella grande anticamera in
cui i membri del Parlamento usavano votare durante una âdivisionâ8
. Successivamente
il termine venne attribuito piĂš in generale a quella zona del Parlamento in cui i
rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del Parlamento
stesso. Per indicare questi rappresentanti e lâattivitĂ da essi esercitata, nel XIX secolo si
iniziò a far uso dei termini lobbyist e lobbying. Secondo gli americani tutto cominciò
attorno al 1820, quando il presidente in carica, Ulysses Grant, cominciò a ricevere i
lobbisti nella lobby dellâHotel Willard di Washington9
. A tal proposito, citiamo un
saggio di Vittorio Zucconi, giornalista di Repubblica:
ÂŤDepresso dalla atmosfera della Casa Bianca nel 1869, il presidente americano Ulysess Grant
spostava la sua passione per i sigari e il whisky al vicino Hotel Willard in Pennsylvania Avenue, nel cuore
7
Mazzoni, op. cit. p. 92.
8
Una votazione.
9
B. Facchetti, L. Marozzi, La guida del Sole 24 Ore alle Relazioni Pubbliche. La
comunicazione dâimpresa del nuovo secolo. Gruppo 24 Ore, Milano, 2009.
16. 16
di Washington. LĂŹ, nellâatrio, il vincitore della Guerra Civile eletto capo dello Stato sprofondava nel cuoio
screpolato e teneva corte. Una lunga fila di âclientesâ e postulanti attendeva lâoccasione per sussurrargli
una richiesta, domandare od offrire un favore, raccomandare un progetto o una proposta. E se lo
spettacolo del âsovranoâ che riceve questuanti non era certamente nuovo neppure nella storia della
giovane repubblica nordamericana, è da quellâatrio dâalbergo che furono formalizzate e consolidate quella
parola e quella tecnica di influenzare la democrazia che oggi conosciamo, e temiamo, con il nome di
âlobbyâ. Essendo appunto lâatrio degli alberghi la âlobbyâ in inglese, dallâitalianissimo, e latinissimo,
âlobiaâ, loggiaÂť10
.
Secondo Beppe Facchetti e Laura Marozzi (2009), ÂŤla lobby è unâazione
consapevole e coordinata nel tempo condotta nel rispetto delle leggi vigenti, realizzata
da un soggetto pubblico o privato, che si propone di influenzare il processo decisionale
pubblico a tutti i livelli e che sviluppa sistemi di relazione diretta: strumenti o canali di
informazione verso i decisori pubblici o persone fisiche e giuridiche, gruppi o
associazioni che si ritiene possano influenzare a loro volta i decisoriÂť. LâattivitĂ di
lobby (ovvero il lobbying) rientra a pieno titolo nel quadro delle relazioni pubbliche, in
quanto finalizzata a creare relazioni stabili ed efficaci. Ma si distingue dalle altre attivitĂ
di relazione per il pubblico di riferimento (esclusivamente decisori e autoritĂ pubbliche)
e le finalitĂ (influire sugli atti dellâautoritĂ politico-amministrativa).
Ruben Razzante11
aggiunge una componente in piĂš alla definizione, utile per
provare a contrastare i pregiudizi: Il lobbying è la trasmissione di messaggi dal gruppo
di pressione ai decision maker, quindi è uno strumento articolato e complesso di
comunicazioneÂť.
Anche secondo Paolo Zanetto e Alberto Cattaneo, partner fondatori della Cattaneo
Zanetto & Co., lobbying firm italiana, lâuso del verbo âto lobbyâ è da ricongiungere al
XIX secolo in quanto ÂŤse ne trova traccia nei resoconti dei lavori del campidoglio dello
10
V. Zucconi, âLobby. Quando la democrazia è in ostaggioâ, La Repubblica, 24
gennaio 2006.
11
Professore di Diritto dellâinformazione e del prodotto culturale e di Diritto del
copyright e legislazione dei beni culturali allâUniversitĂ Cattolica del Sacro Cuore di
Milano. Ă socio de Il Chiostro.
17. 17
Stato di New York ad Albany giĂ nel 1832Âť12
. Il termine lobbista, invece, identificava, a
partire dal XVII secolo, i cittadini che stanziavano fuori dalla Camera dei Comuni di
Londra.
In realtà , ancora oggi è in atto una disputa per definire universalmente il termine
lobbying. La matrice latina è certamente condivisa, ma a lobium si aggiunge laubia: era
la tribuna da cui il popolo proponeva le sue idee alla classe politica. Questo senso
sociale e propositivo del termine è stato perso nellâuso anglosassone.
Secondo Mirko Rubin è possibile considerare con particolare riguardo tre
definizioni:13
ď ÂŤIl processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di interesse agendo
da intermediari portano a conoscenza dei decision maker, i desideri dei loro
gruppi. Lobbying è quindi soprattutto una trasmissione di messaggi da gruppi di
pressione ai decision maker per mezzo di rappresentanti specializzati (e in alcuni
casi, come negli USA, legalmente autorizzati) che possono, o no, far uso della
minaccia di sanzioniÂť (G. Pasquino, 1976);
ď ÂŤIn quanto verbo significa fare pressione, presentare ragioni o altre motivazioni
per cercare di rendere un decisore politico favorevole alla propria posizione. Può
essere usato in un contesto istituzionale, ove un rappresentante di un gruppo di
pressione può fare lobby su un parlamentare, un ministro o un funzionario
pubblico per portare avanti lâinteresse del suo gruppoÂť (D. Robertson, 1987);
ď ÂŤAttivitĂ di relazione e di comunicazione, legittima consapevole e programmata,
messa in atto per orientare la decisione pubblica, i suoi attori ed i loro influenti,
perchĂŠ assumano, sempre nel prioritario interesse generale, decisioni le cui
conseguenze siano positive o comunque non negative, per lâorganizzazione e/o
lâinteresse rappresentatoÂť (T.M. Falconi, 2002).
12
A. Cattaneo â P. Zanetto, Fare lobby. Manuale di public affairs. Etas, Milano,
2007.
13
M. Rubin, Le relazioni con il processo decisionale pubblico, in G. Vecchiato,
Relazioni pubbliche: valore che crea valore, a cura di, FrancoAngeli, Milano, 2005, p.
135.
18. 18
Ulteriori contributi sono giunti nel corso degli anni. Proprio recentemente, il giĂ
citato Marco Mazzoni14
ha svolto una vera e propria autopsia del termine in questione,
partendo da un punto ampiamente condiviso: il lobbying è uno sforzo implementato per
condizionare il policy process15
, ovvero, è quella azione rivolta al processo decisionale
con lâintento di influenzarlo. Come si può notare, rispetto alla definizione di Pasquino vi
sono degli importanti elementi innovativi. Mazzoni però contesta a sÊ stesso una sorta
di incompletezza, e aggiunge che il lobbying è un processo attraverso il quale si tenta
di influenzare lâattivitĂ delle istituzioni pubbliche e di permeare la public policy
agenda16
. Il lobbista non preme soltanto sul processo legislativo o esecutivo; la sua
azione è qualcosa di piÚ ampio, poichÊ racchiude altresÏ le interazioni con i governi e le
assemblee legislative locali, con organizzazioni non governative, con autoritĂ
responsabili di aree di pubblico interesse e con i mass mediaÂť17
. Dal presente
ragionamento si giunge ad una duplice conclusione, ottima per iniziare ad identificare
gli attori dellâazione di lobbying:
ď Il lobbying è la ricerca di una negoziazione18
con parti del governo (locale,
nazionale o sopranazionale);
ď è la mobilitazione dellâopinione pubblica e dei mass media per agire contro una
decisione del governo19
o per inserire una issue allâinterno dellâagenda politica.
14
Ricercatore di Sociologia della comunicazione presso la FacoltĂ di Scienze
politiche dellâUniversitĂ di Perugia. Insegna Comunicazione pubblica nel corso di
laurea in Scienze della comunicazione.
15
Ovvero il processo di elaborazione delle politiche.
16
Lâagenda pubblica. Lâazione di lobbying è in grado, tra le altre, di far acquisire piĂš
o meno prioritĂ a determinate tematiche, che successivamente sono incluse nei calendari
dei lavori parlamentari.
17
M. Mazzoni, op. cit. p. 31.
18
Lâidea di lobbista come negoziatore non è condivisa da tutti gli operatori
19. 19
Il ragionamento però non si conclude certamente qua. Lâazione di lobbying
coinvolge numerosi attori (definiti successivamente) e si articola in un processo
articolato, frutto della pianificazione e attuazione di piĂš azioni. Tale caratteristica
costituisce un nuovo spunto per le considerazioni di Mazzoni. Il lobbista ha a sua
disposizione unâampia gamma di strumenti per perseguire lo scopo concordato assieme
al soggetto-cliente. Può ricorrere a ricerche, allarmare i membri del gruppo che
rappresenta, sottoscrivere lettere, promuovere campagne, contattare direttamente i
decisori, distribuire informazioni ai media. Qualsiasi tattica di lobbying venga
implementata, questa deve prevedere il ricorso a una varietĂ di attivitĂ : soltanto cosĂŹ si
realizza il rafforzamento della publicity dellâorganizzazione (per cui il lobbista lavora),
che garantisce una piĂš alta probabilitĂ di successo nellâinterazione con i decision
makers. Il lobbying, dunque, è un processo.
Lâultima considerazione di Mazzoni, la piĂš importante e innovativa soprattutto se
usiamo quale metro di paragone le definizioni proposte dagli autori precedenti e raccolte
da Mirko Rubin, è anche la piĂš attuale. Su di essa si concentra la âbattagliaâ di
associazioni quali Il Chiostro20
, la quale richiede non solo una legislazione nazionale a
riguardo ma il riconoscimento dellâattivitĂ di lobbying quale componente del processo
democratico. ÂŤSe il lobbying lo si descrive come un processo che influenza il decisore
pubblico â è lâaffermazione di Mazzoniâ o, per la precisione, come lâattivitĂ con cui si
porta a conoscenza del decisore una determinata istanza, bisogna anche avere il
coraggio, una volta per tutte, di sostenere che il lobbying fa parte del processo
democratico. Questa, ovviamente, è una incombenza che coinvolge il caso italiano. Gli
Stati Uniti d'America, come vedremo nel capitolo seguente, sono ben piĂš privilegiati
giacchÊ il lobbying è tutelato costituzionalmente.
19
La frase potrebbe indurre in errore, facendo credere al lettore che il lobbista voglia
attuare una strategia âio vinco- tu perdiâ. Ciò è errato: la pratica di tale attivitĂ dimostra
come il lobbista si concentri invece su una strategia âio vinco-tu vinciâ.
20
Associazione che promuove la cultura, la pratica e la regolamentazione della
trasparenza nella rappresentanza degli interessi.
20. 20
Il tentativo di formulare la definizione di lobbying porta, in conclusione, ad uno
scorporamento di ciò che si vuole definire del termine stesso. Da un lato, infatti, la
letteratura italiana si è concentrata sullâinteresse da tutelare e sulla rappresentanza. Da
ciò, come riporta Mazzoni, consegue che la lobby o organizzazione lobbistica è il
gruppo portatore dellâinteresse o della causa da tutelare; il lobbista, è il personale
interno o esterno allâorganizzazione attraverso cui si attua la rappresentanza; il lobbismo
è lâinsieme delle tecniche e attivitĂ che consente la rappresentanza politica degli
interessi. Se invece si focalizza lâattenzione sulle competenze, il lobby è, nelle
democrazie compiute, il luogo di incontro pubblico tra i rappresentanti di interessi
particolari, legittimamente meritevoli di tutela, e i decisori pubblici o quei soggetti
influenti in grado di condizionare il comportamento. Il lobbying è la trasmissione di
messaggi dal gruppo di pressione ai decision makers, quindi è uno strumento articolato
e complesso di comunicazione. Il lobbismo è lâinsieme di tecniche e attivitĂ che
consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati; è in generale la faccia
politica di tali gruppi di interesse. Il lobbista è in sostanza un bravo comunicatore ma, in
quanto rappresentante di un gruppo di interesse, deve essere anche un esperto della
materia.
I numerosi tentativi di definizione di lobbying, lobby e lobbista hanno certamente
aumentato le conoscenze teoriche ma nulla hanno potuto contro gli stereotipi, assai
radicati, che ancora oggi contraddistinguono gli esponenti dei public affairs. Ad un vero
e proprio ostracismo, fortunatamente, non si è arrivati. Lâaccettazione è ancora lungi
dallâessere attuata e lo scenario attuale è ben definito da Giuseppe Mazzei, presidente de
Il Chiostro: Il problema è che non si è riusciti a trovare una parola diversa da lobbying,
lobby e lobbista per definire questa attivitĂ di relazioni istituzionali. Lâunico paese che
ha una parola che potrebbe sostituire il termine lobbying è la Spagna dove si usa il
verbo cabildear, cioè tenere rapporti con le istituzioni. Il secondo problema è che câè
unâignoranza di fondo sullâargomento perchĂŠ â è la sua analisi â non è che esistano tanti
ambiti in cui se ne discute. A molti fa comodo la situazione attuale, cioè uno scellerato
patto di coalizione tra alcuni lobbisti che vogliono fare i lobbisti allâantica, cioè
nellâombra, e alcuni politici che preferiscono, discrezionalmente, tenere rapporti, si
21. 21
spera corretti, ma senza dare evidenze e trasparenza. Tutto questo non aiuta, nĂŠ gli uni
nĂŠ gli altri, tanto meno la democraziaÂť21
.
1.2 Identikit del lobbista
Fornire un perfetto identikit del lobbista non è semplice. La complessitĂ dellâattivitĂ
che viene perseguita gli richiede la padronanza di unâampia gamma di competenze
tecniche, soprattutto relazionali. Il lobbista deve altresĂŹ disporre di preparazione
economica, giuridica e politologica a 360°, ma se non câè la predisposizione alle
relazioni interpersonali e alla comunicazione allora gli è impossibile lavorare. Instaurare
con lâinterlocutore politico una relazione di fiducia assume una rilevanza notevole e a
ciò si giunge solo con un dialogo e ascolto costanti. Lâassenza di fiducia mina
gravemente il raggiungimento degli obiettivi del lobbista in quanto le informazioni
riservate (linfa vitale per la pratica del lobbying) vengono meno. La diretta
conseguenza, in questo caso, è lâaccesso ridotto al policy maker e lâazione di pressione
risulta molto piĂš complicata.
Le testimonianze di chi appartiene al settore rappresentano una fonte importante per
la raccolta di utili informazioni per tracciarne il profilo professionale. Claudio Velardi22
,
il lobbista piĂš famoso dâItalia, sostiene che ÂŤil lobbista è una persona che deve
conoscere molto bene le dinamiche della politica, del lavoro parlamentare e del
processo legislativo. Deve avere unâagenda molto sostanziosa e possedere un grande
fiuto per la politica, cioè un sesto senso nel capire dove sta andando la politica e, quindi,
come muoversiÂť23
.
21
LâattivitĂ di lobbying in Italia, in Cosâè il lobbismo nel mondo: analisi
comparativa, ricerca del Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali
MICRI, UniversitĂ IULM, Milano, 2010.
22
Capo dello staff di Massimo DâAlema segretario a Botteghe Oscure, poi di
DâAlema premier. Ă tra i fondatori di Reti, prima societĂ di lobbying in Italia.
23
CAPITAL, op. cit. p. 20.
22. 22
A Velardi fa eco Filippo Maria Grasso, responsabile delle Relazioni istituzionali del
Gruppo Pirelli: ÂŤLâinterlocutore pubblico è un esperto di relazioni almeno quanto noi. Ă
abituato allâincontro con lâaltro e a una gestione del tempo razionalizzata, che lo ha
preparato a farsi unâidea molto rapida su chi ha di fronte. Occorre quindi essere veloci,
ma non approssimativi, competenti ma non noiosi e in ultimo non dimenticarsi di essere
persone. Arrivare preparati sul proprio business è una condizione necessaria, ma non
sufficiente. Occorre essere competenti nella gestione dell`interno processo che si sta
rappresentando, offrendo prospettive e punti di vista differenti. Ă necessario rassicurare
l`interlocutore con un atteggiamento di assoluta trasparenza e apertura. La migliore
soluzione è sempre quella di aprire un rapporto senza formulare richieste. Coinvolgere
la persona nel mondo aziendale attraverso una scambio di informazioni che sia utile
allâattivitĂ del rappresentante istituzionale. Ă bene ricordare che nel rapporto con
lâinterlocutore pubblico, la finalitĂ non è mai rivolta ad ottenere un semplice consenso
in relazione ad una singola tematica, ma costruire un duraturo rapporto di fiducia e
stima. Quanto al rapporto umano credo che sia lâelemento di maggiore
caratterizzazione. Senza mai scadere in un`eccessiva familiaritĂ , puntare a unâautentica
relazione fra persone è fondamentale. Pur nella formalità del rapporto fra istituzioni
âpubbliche e privateâ, pur nellâ âausteritĂ â di certe tematiche rappresentate, tutto è
poggiato sul rapporto fra persone, con le loro complessitĂ , le loro caratteristiche umane,
la loro storia, peculiaritĂ che certamente andranno a condizionare gli atteggiamenti.
Stabilire empatia non è la causa che permette la realizzazione di un progetto ma
senzâaltro rappresenta una condizione che facilitĂ lâincontro e la predisposizione
allâascoltoÂť24
.
La letteratura di settore, pur riconoscendo una certa difficoltà , si è profusa nello
sforzo di elencare le peculiaritĂ del bravo lobbista. Una sfida non da poco se si
considera la svariata provenienza degli operatori di settore: aziende private, esperienze a
livello statale, incarichi politici, gestione di strutture pubbliche, professione forense. Ma
qualunque sia lâorigine, ciò che accomuna è lâonestĂ , la propensione allâascolto
24
Relazioni Pubbliche, magazine della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana,
Ferpi, anno XX, n°61/2010, p. 6.
23. 23
(sempre!), marcate capacitĂ comunicative e persuasive, accurate conoscenze del
processo decisionale e maestria intellettuale.
Secondo Paolo Zanetto25
, ÂŤil lobbista deve essere innanzi tutto un mediatore e un
negoziatore. Deve essere in grado di far comprendere al proprio cliente, quindi
allâazienda, quali siano le logiche, i poteri ma soprattutto gli obiettivi che le istituzioni
si pongonoÂť. Un ruolo non sempre facile: ÂŤDavanti ad una linea dura dettata
dallâazienda â prosegue - deve saper dire di no, deve fare ragionare lâazienda. Deve
sapere far comprendere e tradurre i modelli delle istituzioni nella lingua delle aziendeÂť.
Il lobbista può allora acquisire una leadership, possedere carisma e saper guidare
lâazienda ad ottenere i migliori risultati possibili nella relazione con il legislatore. Di
nuovo Zanetto: ÂŤ[Il lobbista] deve essere evidentemente in grado di tradurre nel
linguaggio della politica e delle istituzioni quelle che sono le esigenze dellâazienda e il
suo businessÂť26
. Il lobbista, dunque, soprattutto in questâultimo caso, assume un ruolo di
vera e propria guida e âcampanello di allarmeâ per il legislatore, il quale è pianifica
norme ex novo il cui impatto non viene però valutato nella sua totalità .
La mediazione, ovviamente, non viene praticata soltanto nei confronti dellâazienda
cliente ma anche dellâinterlocutore politico. Secondo Emanuele Invernizzi ÂŤun
atteggiamento culturale orientato alla mediazione è il presupposto basilare per esercitare
la professione dei public affairs. Mediazione è sinonimo di dialogo, ovvero di
cooperazione e di collaborazione. Il professionista deve sapere che unâattivitĂ di
convincimento e di influenza come quella dei public affairs, basata sullâargomentazione
(e sulla soddisfazione, ndr) dei reciproci interessi (I win-you win, ndr) e sulla dialettica
tra i soggetti coinvolti, offre piĂš opportunitĂ rispetto a una pura trasmissione di
informazioniÂť27
, tipicamente unidirezionale e asimmetrica.
La capacità di gestione delle situazioni che si creano è una prerogativa affermata
anche da Mazzoni, il quale riconosce al lobbista lâimportante qualifica di ÂŤsuperbo
25
Cofondatore della Cattaneo Zanetto & Co.
26
http://illobbista.wordpress.com/2010/02/09/italia-e-lobbismo/#comments
27
E. Invernizzi, Manuale di relazioni pubbliche 2. Le competenze e i servizi
specializzati. McGraw-Hill, Milano, 2006, p. 228.
24. 24
comunicatore che conosce lâimportanza dellâascoltoÂť. Tale competenza si rivela di
fondamentale importanza in una delle fasi piĂš delicate del processo di lobbying: la
gestione delle interazioni one-to-one. Il lâobiettivo del lobbista diviene cosĂŹ la creazione
di un rapporto di fiducia, a cui si giunge soltanto con la competenza e la preparazione
sullâargomento affrontato. Questo consente allâinterlocutore politico di considerare
attentamente le informazioni che sta ricevendo, fidandosi dei contenuti proposti.
Toni Muzi Falconi28
ha cosĂŹ sintetizzato gli aspetti fondamentali per la credibilitĂ e
la legittimazione del professionista di relazioni pubbliche che si occupa di public affairs:
ď Paga lâonestĂ e la trasparenza dellâinteresse rappresentato. La credibilitĂ del
professionista e dellâinteresse rappresentato sono i valori piĂš importanti;
ď Vanno sempre esplicitati il committente e lâobiettivo perseguito;
ď Al decisore pubblico va sempre garantito un âvalore aggiuntoâ;
ď Mai perdere di vista il vero decisore e aggiornare costantemente la
documentazione da inviare;
ď Nellâargomentare il tema, partire sempre dallâinteresse generale della comunitĂ e
dallâinteresse del decision maker, mai da quello dellâorganizzazione;
ď Tenere conto delle specificitĂ dei diversi decisori e del gruppo di appartenenza;
ď Informare costantemente anche i pubblici influenti;
ď Porsi sempre lâobiettivo di ottenere dal decisore una posizione corretta, non
âfavorevoleâ;
ď Il professionista è solamente una delle tantissime fonti di informazione del
decisore pubblico;
ď Se non desiderate che una frase, un commento o una notizia vengano utilizzate
impropriamente, non fatene menzione, neppure in via confidenziale.
Mazzoni riprende parte delle caratteristiche enunciate da Muzi Falconi, seppur
proponendo un elenco piĂš ristretto, frutto di interviste agli operatori di settore. In tutti
gli elenchi vi è sempre spazio per inclusioni. Mazzoni non si discosta da questa prassi e,
agli elementi di cui sopra, ingloba il non promettere mai ciò che non potrà essere
realizzato (una regola ferrea delle RP) poichĂŠ il successo di qualsiasi tattica individuata
dal lobbista dipende da unâaccurata analisi delle risorse a disposizione per raggiungere
28
Rubin, op. cit. p. 140.
25. 25
lâobiettivo. A ciò, si aggiunge lâinterazione anche con i collaboratori del politico di
riferimento. La credibilitĂ e la fiducia tra il lobbista e il politico dipendono anche dalla
capacitĂ del primo di saper costruire un rapporto con gli uomini di fiducia del secondo.
Infine, propone un must per il professionista dei public affairs: divenire una fonte per il
decisore pubblico, ma senza incorrere in sorprese. Il politico detesta gli eventi inattesi,
in particolar modo le notizie che lo mettono in cattiva luce. Il lobbista diventa una fonte
del politico se gli fornisce informazioni sicure, chiare, semplici che lo agevolano nella
sua attivitĂ .
La necessitĂ della giĂ citata relazione di fiducia costringe il lobbista ad una conditio
sine qua non, ovvero un aggiornamento costante sullâevoluzione normativa e scientifica
del problema trattato, utile anche per meglio pianificare ed aggiornare la propria
strategia di influenza. ÂŤLâautorevolezza del lobbista, da cui dipende molto del successo
della sua azione, discende dalla sua credibilità che, a sua volta, è essenzialmente
connessa alle conoscenze possedute sulla questione sostenutaÂť.
La perizia nella comunicazione non è semplice da conseguire. La pratica è
indubbiamente il miglior modo per ottenerla. Pur tuttavia, parlare di âabilitĂ di
comunicazioneâ espone al rischio di essere vaghi. Stefano Rolando e Stefania
Romenti29
hanno però chiaro il concetto, secondo il quale il buon comunicatore deve
preoccuparsi di:
ď Rendere espliciti gli interessi rappresentanti e gli obiettivi perseguiti, spiegarli e
argomentarli con precisione;
ď Rendere note e certe le fonti di tutto il materiale trasmesso allâinterlocutore
pubblico;
ď Utilizzare il linguaggio del soggetto istituzionale, tenendo presente che esso è
ricco di simbolismi e di formalitĂ ;
ď Catalizzare lâascolto e lâattenzione dei decisori pubblici;
ď Dare buona visibilitĂ alle informazioni capaci piĂš di altre di modificare opinioni,
atteggiamenti e decisioni;
ď Rendere percepibili e apprezzabili per il decisore pubblico i âvantaggiâ dello
scambio.
29
Rubin, op. cit., p. 140.
26. 26
Il lobbista è, in aggiunta, un attento studioso del processo decisionale, del contesto
istituzionale (e della sua evoluzione), della letteratura scientifica presente
sullâargomento di suo interesse e soprattutto del suo interlocutore (il decisore).
Conoscere il proprio interlocutore (ascoltarlo) permette di capire quali siano gli
argomenti da trattare e quali da evitare, quali gli obiettivi che lâinterlocutore potrebbe
appoggiare e quali, invece, potrebbe evitare. Ă importante, inoltre, conoscere la sua
storia personale, lâistituzione in cui lavora e ha lavorato, le sue preferenze, le sue idee.
A tale scopo il lobbista può sfruttare lâenorme banca dati rappresentata da internet. Si
genera, conseguentemente, un profilo per ognuno degli interlocutori. Le informazioni
raccolte saranno utili per rompere il ghiaccio e p instaurare fin da subito un buon
feeling: ÂŤGli uomini (e le donne) â scrive Paolo Zanetto30
- apprezzano chi conosce le
loro attivitĂ , i loro successi e chi presta interesse alle loro idee. Il protagonista della
relazione è sempre il nostro interlocutore e mai noi stessi, quindi prepararsi, prepararsi e
ancora prepararsiÂť. Arrivare preparati ad un incontro istituzionale significa avere ben
chiare la value proposition31
che si vuole trasmettere al proprio interlocutore. Ă utile in
queste circostanze allestire dei documenti allo scopo. Gli appunti devono esprimere un
concetto e niente di particolarmente complesso. Deve essere una sorta di aggancio che
permetta di essere rielaborato in incontri successivi o in momenti âoperativiâ e non solo
relazionali. La differenziazione appena riportata non è casuale. à invece basilare. Spiega
Zanetto: ÂŤSoprattutto i primi incontri devono avere, il piĂš possibile, una natura
relazionale. Sono momenti in cui ci si conosce e si illustrano le proprie posizioni e si
cerca di capire quali sono le opportunitĂ per essere utili gli uni agli altri. Gli incontro
operativi â prosegue â non solo possono essere allargati alla presenza di persone e staff
ma hanno appunto la finalità di affrontare in dettaglio problemi specifici. Il lobbista è
perfettamente consapevole della moltitudine di appuntamenti nellâagenda del politico di
riferimento. Ecco perchĂŠ gli incontri non durano mai eccessivamente, a meno che non
sia lâinterlocutore a condurre lâincontro in tale direzione. Considerando in anticipo la
30
Cattaneo, Zanetto, op. cit., p. 164.
31
Insieme delle strategie aziendali in termini di prodotti, prezzi, luoghi, servizi e
immagini.
27. 27
durata dellâincontro, il lobbista segna i pochi punti da trattare. Come diceva J.F.
Kennedy, tre fogli e dieci minuti. Un altro elemento da considerare è il luogo
dellâincontro. La maggior parte di questi avviene, normalmente, allâinterno degli uffici
degli esponenti politici. Nulla vieta, soprattutto per i successivi incontri, di cambiare
location, in modo da creare unâatmosfera piĂš confidenziale. ÂŤDai campi da golf ai
ristoranti di lusso, sono molti i luoghi di seduzione dei lobbisti. Ma al di lĂ dellâaspetto
aneddotico è importante che i primi contatti siano agevolati da un contesto che renda
unica lâesperienza e contribuisca a rinforzare la reputazione e il prestigio di chi ha
organizzato lâincontroÂť32
. Non bisogna dimenticare, infatti, che il lobbista sta
costruendo lâimmagine dellâazienda, tanto quella rappresentata quanto la propria.
Competenze giuridiche, comunicative, manageriali, strategiche. Che altro? Manca
quella che, con ogni probabilità , è la caratteristica piÚ importante, alla luce del contesto
in cui il lobbista si trova ad operare: lâItalia e i suoi pregiudizi. I lobbisti che si
occupano di public affairs non possono non disporre di un codice etico di fondo. Sono
almeno sei i valori etici che devono costituire un fermo punto di riferimento:
ď Democrazia degli interessi: gli interessi pubblici e privati devono poter essere
tutti rappresentati, sostenuti e argomentati presso le istituzioni pubbliche. Per
fare in modo che il processo decisionale pubblico si ispiri ai principi della
democrazia e del pluralismo non devono esistere interessi marginalizzati o presi
in considerazione in maniera inadeguata;
ď Equilibrio tra governabilitĂ e partecipazione: le istituzioni pubbliche devono
ascoltare la maggior parte degli interessi in gioco in un processo decisionale
(partecipazione), giungendo in ogni caso alla decsione finale in tempi
ragionevoli e accettabili per il buon funzionamento della societĂ civile
(governabilitĂ ). Unâazione civica può essere svolta attraverso le attivitĂ di public
affairs in quanto esse non hanno lo scopo esclusivo di tutelare gli interessi
economici dei soggetti che li esprimono, ma anche di rappresentare quelli sociali
e di esercitare il controllo sullâattivitĂ delle istituzioni pubbliche;
ď Manifestazione privata del pubblico interesse: i soggetti privati devono
concorrere, insieme a quelli pubblici, alla tutela di diritti, valori e interessi di
32
Cattaneo, Zanetto, op. cit. p. 165.
28. 28
pubblica utilitĂ . Il pubblico interesse non deve essere relegato allâesclusiva sfera
dâazione delle istituzioni;
ď Esercizio del pluralismo degli interessi: questo deve essere incentivato dalle
istituzioni pubbliche che dovrebbero spingere tutti i portatori di interesse ad
argomentare le proprie posizioni in nome di un pluralismo che deve essere
rispettato;
ď Diritto di legittima tendenziositĂ : ciò vale allâinterno dei confini posti dalla
legge. Essere tendenziosi non significa però non essere veritieri. La credibilitĂ
dellâinteresse rappresentato e del singolo professionista sono valori fondamentali
da salvaguardare.
La fusione di tutte queste caratteristiche enunciate finora rendono delineabile in
forma pressochĂŠ completa il profilo del lobbista. Ă un esperto, prima di tutto: conosce
alla perfezione il processo decisionale, le issue che rappresenta e lâorganizzazione per
cui lavora. Secondo Mazzoni ÂŤil lobbista è come il girasole, si muove lĂ dove câè il sole,
cioè dove câè il potere e lĂŹ concentra la pressione politicaÂť. Ma, forse, il concetto che
meglio delinea lâazione del lobbista è fornito da Joseph S. Nye jr: soft power. Il termine
indica la capacitĂ di ottenere i risultati che si vogliono con la forza delle parole dette,
dellâattrazione prodotta, senza mai agire sulla costrizione. Esso si fonda sulla ÂŤcapacitĂ
di condizionare le preferenze degli altri, affinchÊ desiderino fare ciò che noi vogliamo
che faccianoÂť33
. Ă unâazione con cui si tenta di indurre qualcuno (il decisore pubblico) a
fare ciò che si vuole che faccia tramite, soprattutto, risorse intangibili (le informazioni
trasferite).
33
Mazzoni, op. cit. p. 112.
29. 29
1.3 Gli attori
LâattivitĂ di lobbying implica, come abbiamo visto, unâintensa interazione tra
soggetti anche differenti accomunati però da un interesse su provvedimento normativo.
Unâanalisi sulla partecipazione al processo normativo porta allâindividuazione di quattro
tipologie di attori, raffigurate nello schema qui proposto in figura 1:
FIG. 1: Gli attori delle relazioni istituzionali
Dal punto di vista della classificazione degli attori, la letteratura di settore propone
diversi modelli, piĂš o meno elaborati, in cui il numero di coloro che sono coinvolti
nellâazione di lobbying varia. Il modello in figura 134
è tanto semplice quanto completo
34
Invernizzi, op. cit. p. 200.
MEDIATORI
PUBBLICI
INFLUENTI
ISTITUZIONI
PUBBLICHE
PORTATORI
DI INTERESSE
30. 30
e ben identifica la tipologia di relazioni intercorrenti tra i diversi soggetti (definite anche
graficamente dalla presenza/assenza del tratteggio).
I portatori di interesse o stakeholder cercano un legame diretto con le istituzioni
pubbliche, verso le quali vantano degli interessi diretti (per esempio, i produttori di
sigarette costretti a inserire, sulle confezioni, gli avvisi dei danni provocati dal fumo). I
portatori di interesse possono agire tramite i pubblici influenti e i mediatori. La loro
azione, in particolare quella dei lobbisti, consiste, secondo lo schema proposto, nel
supportare le prese di posizione palesate dai portatori di interessi presso le istituzioni
pubbliche. I portatori di interesse possono quindi avvalersi del supporto della comunitĂ
locale o degli opinion leader (gli influenti) affinchĂŠ rappresentino le istanze degli
stakeholder presso le sedi istituzionali.
1.3.1. I portatori di interesse
I portatori di interesse sono definiti come ÂŤquei soggetti che operano nel contesto in
cui le istituzioni pubbliche assolvono alle proprie funzioni e che nutrono legittimi e
specifici interessi di natura economica e sociale. Pertanto ogni cittadino, ogni
organizzazione profit e non profit, ogni associazione può essere definito un portatore di
interesseÂť. Va comunque ricordato che gli stakeholder sono caratterizzati dalla piena
consapevolezza del loro essere incisivi sulle scelte del legislatore.
Di fatto, è da notare come non tutti i portatori di interesse siano da considerare
protagonisti del processo di lobbying in quanto assumo un rilevanza strategica nel
momento in cui gli interessi che rappresentano influenzano il processo politico e
decisionale delle istituzioni pubbliche.
A loro volta, i portatori di interesse possono essere suddivisi in quattro categorie
come da figura 1.2:
31. 31
FIG. 1.2: classificazione dei portatori di interesse
ORGANIZZAZIONI PROFIT: appartengono a tale sottogruppo le imprese e i
gruppi di imprese. La loro attività di lobbying è finalizzata alla rappresentanza degli
interessi relativi al proprio business e al sostegno delle questioni di pubblico interesse.
Molte aziende hanno, laddove possibile, instaurato contatti diretti con il decisore
attraverso lâinstallazione di appositi uffici/divisioni di relazioni istituzionali per
diminuire le distanze. Ă il caso di molte multinazionali europee e straniere, attive a
Bruxelles per monitorare (tramite lobbisti interni o professionisti esterni) le attivitĂ
allâinterno della Commissione Europea e del Parlamento Europeo.
ORGANIZZAZIONI NON PROFIT: rientrano nella suddetta categoria le
associazioni che non vantano interessi economici. La loro attività è invece incentrata su
tematiche sociali, quali la difesa dei diritti sociali, la tutela dellâambiente. AltresĂŹ
rappresentano soggetti accomunati da un particolare riferimento sociale e culturale o da
uno specifico stile di vita (associazioni sportive, religiose o circoli culturali).
GRUPPI DI INTERESSE: in questo ambito sono inclusi i soggetti organizzati su
basi volontarie e accomunati da un interesse economico o sociale che intendono
PORTATORI DI INTERESSE
Organizzazioni
profit
Organizzazioni
non profit
Gruppi di
interesse
Istituzioni
pubbliche
32. 32
rappresentare esplicitamente presso le istituzioni pubbliche, al fine di esercitare una
pressione sulle loro politiche decisionali. Tale pressione può essere svolta in molteplici
modalitĂ : offerta di informazioni (cosiddette forme deboli e/o convenzionali),
manifestazioni, forme di protesta ed episodi di boicottaggio35
(forme di azioni forti e/o
non convenzionali). Nel corso del XX secolo sono state fornite piĂš definizioni di tale
categoria. Secondo Bentley (1908), il quale pone lâenfasi sullâinteresse rappresentato,
ÂŤun gruppo coincide con ogni sezione della societĂ che agisca o tenti di agireÂť. Gruppo
e attivitĂ di gruppo sono termini equivalenti, con una differenza soltanto di tono, utile
meramente per chiarezza di espressione. Non vi è gruppo senza un proprio interesse.
Anzi, un interesse, nell'accezione proposta da Bentley, è l'equivalente di un gruppo: il
gruppo e l'interesse non sono separati. Essi sono una cosa sola, cioè molti uomini legati
insieme in o da una certa attivitĂ . Ne consegue un'identificazione di fondo tra gruppo,
attività e interesse, il quale ultimo è esteso a indicare tutti i gruppi che partecipano al
processo sociale in vista del perseguimento di una qualunque finalitĂ empirica.
Parafrasando Truman (1951), ÂŤQualsiasi gruppo che, sulla base di atteggiamenti
condivisi, presenta domande ad altri gruppi della societĂ Âť, optando invece per unâenfasi
sullâatteggiamento manifestato. Il gruppo d'interesse è dunque visto come un gruppo di
atteggiamenti condivisi che porta avanti certe rivendicazioni rispetto ad altri gruppi
della societĂ . A loro si discostano Gabriel Almond e Bingham G. Powell36
: ÂŤIndividui
legati da comuni preoccupazioni e interessi, che sono consapevoli di questo legameÂť
(enfasi sullâappartenenza).
Ă comunque possibile disporre di una definizione empirica: ÂŤUn insieme di persone,
organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare le decisioni e le
conseguenti politiche pubblicheÂť. Il gruppo di interesse si basa su:
ď Organizzazione del gruppo (di solito) formalizzata da apposite norme;
ď Aggregazione volontaria;
ď Partecipazione libera.
35
Le modalitĂ di attuazione del lobbying saranno proposte nel paragrafo 1.4
36
Autori, nel 1978, di uno studio sul sistema politico.
33. 33
La classificazione dei gruppi di interesse avviene su una quadrupla ripartizione:
ď Struttura organizzativa;
ď ModalitĂ di azione;
ď Obiettivi;
ď Risorse.
Gli stessi Almond e Powell hanno attuato una frammentazione dei gruppi di
interesse, ripresa da Invernizzi e proposta in figura 1.3:
Figura 1.3: suddivisione dei gruppi di interesse di Almond e Powell.
GRUPPI DI INTERESSE
Anomici
Non
associativi
Istituzionali Associativi
34. 34
GRUPPI DI INTERESSE ANOMICI: appartengono a tale categoria i comitati
spontanei, attivi soprattutto in casi di disagio e di malcontento in seguito ad una
determinata decisione pubblica. (Es. Comitato no TAV in Val di Susa, comitato di
Acerra contro la costruzione del termovalorizzatore).
GRUPPI DI INTERESSE NON ASSOCIATIVI: non sono organizzati da un punto di
vista istituzionale, pur essendo caratterizzati da un interesse in comune come la
religione, lâetnia, la razza, la religione, la lingua, la regione, lâoccupazione o forse
legami di sangue e di discendenza (Es. la comunitĂ ebraica).
GRUPPI DI INTERESSE ISTITUZIONALI: associazioni nate per svolgere funzioni
politiche e sociali diverse dalla rappresentanza degli interessi dei propri membri, ma che
sono pronte a farlo allâoccorrenza (Es. le fondazioni e le associazioni politiche, per
esempio âIl circolo del buon governoâ del senatore Marcello DellâUtri).
GRUPPI DI INTERESSE ASSOCIATIVI: associazioni costituite con il preciso scopo
di rappresentare gli interessi dei propri membri, quali le associazioni di categoria
(Confindustria), territoriali e professionali37
.
Non è sempre detto che i diversi gruppi abbiano degli interessi comuni. Si può
infatti verificare una situazione in cui vi sia un solo interesse in comune, con unâampia
divergenza su molti altri. I gruppi di interesse possono allora creare
unâalleanza/coalizione, dando cosĂŹ vita ad una issue network of influence.
La teoria pluralista dei gruppi elaborata da Arthur Fisher Bentley ha, con i suoi
concetti, supportato lâazione degli stessi e ne ha riconosciuto lâefficacia grazie a tre
caratteristiche:
ď Equilibrio: la pluralitĂ dei gruppi garantisce equilibrio fra forze contrastanti. La
sfida dei gruppi attivi porta alla mobilitazione dei gruppi latenti
37
Un esempio è rappresentato dallâAmerican Association of Retired Persons, che
raggruppa negli USA oltre 34milioni di membri tra anziani e pensionati. Lâassociazione
si avvale di uno staff a Washington di 400 persone che coltivano le relazioni con il
Congresso americano.
35. 35
ď Socializzazione: la vita nelle associazioni educa allâinterazione con gli altri. Le
appartenenze multiple facilitano la tolleranza reciproca
ď Autonomia della societĂ dallo stato: i gruppi esprimono la capacitĂ della
società di organizzarsi dal basso. La funzione essenziale dello Stato è la
mediazione fra i diversi interessi
Mentre la teoria pluralista sostiene lâefficacia dei gruppi, Mancur Lloyd Olson, Jr.38
,
nei suoi studi di settore, ha criticato tale modus operandi, sostenendo la difficoltĂ , per i
gruppi di interesse, a rappresentare i propri interessi. A supporto della sua tesi, Olson ha
sviluppato una critica fondata su tre istanze:
ď I gruppi a difesa di interessi generali sono difficili da organizzarsi a tutto
vantaggio dei gruppi a difesa di interessi particolaristici;
ď La mobilitazione di risorse e lâemergere di imprenditori dellâazione collettiva
sono piĂš facili fra individui ricchi di risorse materiali piĂš istruiti e in un alto
reddito. La capacitĂ dei gruppi di organizzarsi varia quindi a seconda delle
risorse;
ď Le coalizioni (di interessi) a fini distributivi abbassano la capacitĂ di una
societĂ di adottare nuove tecnologie e di riallocare risorse in risposta al mutare
delle condizioni, riducendo il tasso di crescita economica. La loro crescita
accresce la complessitĂ della regolazione, il ruolo dello Stato e la complessitĂ
delle intese e modifica la direzione dellâevoluzione sociale.
Ciò che invece sembra apportare i risultati migliori è il concetto di Neo-
corporativismo, coniato da Philip Schmitter39
(1974) in opposizione alla teoria
pluralista. Il concetto prevede un sistema di rappresentanza di interessi dove le unitĂ
38
1932 â 1998, economista e scienziato sociale statunitense. Lavorò presso
l'UniversitĂ del Maryland, College Park. Sono di primaria importanza i suoi contributi
alla teoria della scelta pubblica, nonchĂŠ all'economia istituzionale, sul ruolo della
proprietĂ privata, l'imposizione fiscale, i beni pubblici, l'azione collettiva e i diritti di
contrattazione nello sviluppo economico.
39
Professore di scienze politiche e sociali, Istituto universitario europeo, Firenze.
36. 36
costitutive sono organizzate in numero limitato di categorie non competitive, strutturate
gerarchicamente, differenziate funzionalmente, riconosciute, se non organizzate dal
governo, non competitive tra loro, che esercitano complessivamente il monopolio della
rappresentanza.
Invernizzi (2006) include allâinterno dei portatori di interesse anche le stesse
istituzioni pubbliche poichĂŠ queste possono dare vita a relazioni inter-istituzionali di
tipo orizzontale (stesso ambito di azione, per es. due ministeri) o verticale (ambiti
diversi, per es. il rapporto Governo â Regione).
Si è parlato, finora, di gruppo/i di interesse/i., spesso confuso con gruppo di
pressioneÂť. Ă dâobbligo una precisazione: il gruppo di pressione è riconosciuto dal
potere decisionale, a differenza del gruppo di interesse. Facchetti e Marozzi40
offrono un
ampio elenco di nominativi di soggetti attivi (gruppi di pressione e gruppi di opinione)
nel panorama nazionale italiano:
ď Confindustria;
ď Fiat, Eni, Enel;
ď Rappresentante degli interessi delle attivitĂ regolamentare: Farmindustria, Abi,
Ania, Confservizi;
ď Cigl, Cisl, Uil;
ď Lobby-istituzione: Banca dâItalia, Autorities, associazioni dei magistrati;
ď Coldiretti fino agli anni Ottanta (in quanto considerata allora come lâunica
lobby ufficiale in Italia41
) e le lobby parlamentari âinsiderâ;
ď Associazioni ambientaliste;
ď Lobby trasversale meridionalistica;
ď Regioni ed enti locali;
ď Rappresentanze UE;
ď Lobby mediatiche: ÂŤPorta a portaÂť; ÂŤIl Corriere della SeraÂť; ÂŤRepubblicaÂť; ÂŤIl
Sole 24 OreÂť42
.
40
Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 235.
41
Master MICRI, op. cit. p. 12.
37. 37
1.3.2. Mediatori
La categoria dei mediatori raggruppa tutti quei soggetti che fungono da âponteâ di
collegamento tra i portatori di interessi e il decisore pubblico. Attraverso lâanalisi delle
tematiche care agli stakeholder sono in grado di rapportarsi con le istituzioni pubbliche,
incidendo sulle loro politiche decisionali. Il lobbista rappresenta il mediatore piĂš
importante ma lo stesso ruolo di influenzatore può essere esercitato anche da media, i
centri di studi e di ricerca e le societĂ che svolgono sondaggi di opinione. Questi ultimi
soggetti, inoltre, possono apportare importanti contributi conoscitivi al lobbista,
implementando la sua strategia di comunicazione, a beneficio della corretta capacitĂ di
argomentazione e persuasione.
Dal canto loro, i media possono rappresentare un valido alleato in quanto,
veicolando i messaggi provenienti dalle organizzazioni (stakeholder), divengono delle
vere e proprie casse di risonanza, veicolando le azioni del decisore pubblico. Lâuso dei
media stessi, inoltre, può essere consigliato dai mediatori: creando e diffondendo
informazione, infatti, si può ottenere consenso, che il legislatore non può ignorare.
AltresÏ fondamentale è il ruolo ricoperto dai centri di studi e di ricerca. Non solo
forniscono dati oggettivi ma gli stessi ricercatori sono prova di garanzia della veridicitĂ
delle informazioni raccolte e il vantaggio di essere super partes non li sottopone alla
diffidenza delle istituzioni pubbliche, a differenza di quanto potrebbe accadere ad un
lobbista.
Accanto alla categoria dei mediatori si posizionano i pubblici influenti. A differenza
dei mediatori, sono rappresentati dagli opinion leader, dalle comunitĂ locali e
territoriali. La loro azione può incidere sullâoperato delle istituzioni, andando ad
accelerare o a ritardare lâiter dei provvedimenti legislativi.
42
Gli autori fanno notare che si è giunti allâespressione âpartito di Scalfariâ e âpartito
di Mieliâ, rispettivamente direttori di Repubblica e Corriere della Sera.
38. 38
1.3.3. Le istituzioni pubbliche
Le istituzioni pubbliche sono costituite dai soggetti delegati alla stesura dei
provvedimenti legislativi che hanno un impatto diretto sul business e lâattivitĂ degli
soggetti portatori di interessi. Le istituzioni possono operare su livelli differenti:
ď Ambito territoriale: Regioni, Province, Comuni, comprensori e comunitĂ
montane, aziende di pubblico servizio (Asl), aziende municipalizzate;
ď Ambito nazionale: Parlamento (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e
le relative Commissioni permanenti), Governo, Magistratura, Authority;
ď A livello comunitario: Commissione Europea, Parlamento Europeo, Consiglio
Europeo, Comitato economico e sociale, Comitato delle Regioni;
ď A livello internazionale: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE), Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Banca
Mondiale.
Le organizzazioni che monitorano i diversi livelli devono provvedere ad una
gestione integrata delle stesse al fine di individuare le coerenze e le sinergie esistenti tra
i diversi ambiti. In aggiunta, la gestione integrata consente di avere una visione
dâinsieme utile a cogliere le interconnessioni tra gli ambiti e monitorare con piĂš
efficacia lâintero iter dei processi normativi e regolamentativi.
Al di lĂ della conoscenza di tali livelli operativi, il bagaglio culturale del
professionista dei public affairs deve contenere due fondamentali elementi:
ď Conoscenza dellâiter legislativo di un provvedimento
ď CapacitĂ di identificazione del decisore di interesse.
Comprendere il processo che porta allâesame di un testo legislativo consente al
lobbista di stabilire i tempi di intervento della sua azione. Non serve a nulla, infatti,
intervenire una volta che una Commissione parlamentare ha esaminato gli emendamenti
e licenziato il testo, prossimo allâesame dellâAula. In relazione al processo di
identificazione, il lobbista deve capire chiaramente quali possono essere i soggetti che
possono supportarlo nellâazione di lobbying. Non è detto, infatti, che il primo firmatario
di una proposta di legge sia di fatto il soggetto su cui focalizzarsi.
39. 39
1.4 Lâazione di lobbying
Come abbiamo visto dai paragrafi precedenti, lâazione di lobbying coinvolge
determinate categorie di soggetti. Ma, affinchÊ il processo si generi, è fondamentale la
commistione di altre componenti che Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto hanno definito
âle quattro iâ (Figura 1.4):
40. 40
Figura 1.4: le quattro i del lobbying
Lâazione di lobbying prende avvio con la manifestazione di un interesse inerente un
preciso ambito (issue). Lâistanza viene rappresentata presso le istituzioni (institution)
alle quali il lobbista fornisce delle informazioni (information) al fine di rappresentare e
sostenere gli interessi (interest) vantati dagli stakeholder nei confronti di un
provvedimento legislativo.
41. 41
Al fine di scuotere lâattenzione del legislatore, il lobbista può disporre di unâampia
strumentazione, strutturata secondo tre distinte tipologie: gli strumenti di back office, gli
strumenti di comunicazione esclusivi, gli strumenti di comunicazione non esclusivi43
.
1.4.1 Gli strumenti di back office
Gli strumenti di back office consentono al lobbista di effettuare le fasi di
monitoraggio, lâinterpretazione del contesto istituzionale e la selezione degli
interlocutori principali. Nel momento in cui viene presentata una proposta di
regolamentazione (legge o decreto che sia) che coinvolge lâazienda cliente, è necessario
controllarne quotidianamente lâiter: dallâannunciazione allâesame e conseguente
votazione, passando per lâassegnazione alla Commissione competente, che opera in sede
referente44
. Alla proposta di legge è ovviamente legato il nome del primo firmatario e
dei cofirmatari. I nominativi devono essere contenuti allâinterno di un database di
contatti al fine di un costante aggiornamento degli stessi. Vengono cosĂŹ tracciati dei
profili dei soggetti di interesse e un loro studio consente, in una fase successiva, un
approccio piĂš facilitato. Nel database figura, in aggiunta, un elenco di influenti
(giornalisti, opinion leader).
Per monitorare lâiter legislativo, il lobbista si affida ai siti istituzionali della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica, al cui interno sono pubblicati il calendario
dei lavori istituzionali (Figura 1.5), lâordine del giorno, i resoconti45
dellâAula (Figura
1.6) contenenti anche gli allegati A e B46
. Allâinterno dei siti menzionati sono quindi
reperibili i calendari delle Commissioni (Figura 1.7), i loro resoconti e gli allegati
43
Invernizzi, op. cit. p.222 e seg.
44
Ă la Commissione deputata allâanalisi e al licenziamento del testo che viene quindi
sottoposto allâesame dellâAula. In taluni casi la Commissione può operare in versione
legislativa. Le Commissioni possono altresĂŹ operare in sede redigente, legislativa e
consultiva.
45
I resoconti sommari contengono un riassunto dei lavori.
46
Contengo gli atti di indirizzo e controllo, quindi mozioni, interrogazioni,
interpellanze.
42. 42
annessi. Tra gli strumenti di back office troviamo inoltre il calendario degli eventi
pubblici (inaugurazioni, comizi, partecipazioni a convegni, incontri) e le mappe dei
rapporti di potere (curate dallâazienda di lobbying).
Figura 1.5: la pagina dei lavori istituzionali del sito della Camera dei Deputati
Figura 1.6: la pagina dei resoconti del sito della Camera dei Deputati
43. 43
Figura 1.7: il calendario dei lavori delle Commissioni della Camera dei Deputati
1.4.2 Strumenti di comunicazione esclusivi
Allâinterno della seconda categoria sono contenuti i documenti il cui accesso è
strettamente riservato e la cui conoscenza è limitata esclusivamente ai professionisti dei
public affairs, le aziende clienti e il decisore pubblico. Nello specifico:
ď Position (o positioning) paper: è un documento al cui interno è riassunta la
posizione dellâazienda nei confronti di una determinata politica di pubblico
interesse. Lâelaborato è teso ad informare il decision maker e a influenzare
lâopinione pubblica al fine di mobilitarla nei confronti del legislatore. Invernizzi
ricorda che ÂŤanche se può essere diffuso allâinterno dellâorganizzazione, ai
dipendenti, ai collaboratori o agli azionisti, il position paper è essenzialmente un
documento a uso esterno destinato ai decisori e ai loro influenti nonchĂŠ ai
giornalisti e allâopinione pubblicaÂť. Il documento deve essere di facile lettura e
contiene, di solito,
a) una descrizione del tema;
b) il probabile impatto sullâorganizzazione della scelta normativa
c) proposte alternative
d) sostenitori delle proposte alternative
e) nominativi dei politici da contattare;
44. 44
ď Dossier: è un documento ad uso esterno in cui vengono analizzate le posizioni
dei decision maker e degli influenti su una specifica questione e sono raccolti gli
argomenti e i dati a supporto della tesi sostenuta dallâorganizzazione;
ď Policy brief: è un documento interno che fornisce una maggiore
conoscenza/comprensione della issue specifica e che individua le diverse
posizioni in campo. Si fonda sullâanalisi dei media, degli atti legislativi, delle
dichiarazioni rese dai protagonisti del processo decisionale. Spesso il policy
brief è affiancato al dossier;
ď Testi tecnici: sono documenti forniti dal lobbista al parlamentare di riferimento.
A tale tipologia si collegano le bozze di proposte di legge, di decreti o di
emendamenti oppure di interrogazioni parlamentari. Al fine di far presentare
un'interrogazione parlamentare occorre individuare la Commissione
parlamentare competente sulla problematica trattata e prendere contatto con il
capogruppo della Commissione per convincerlo della validitĂ delle
argomentazioni addotte. Ă quindi necessario indirizzare il parlamentare
mediante una documentazione precisa, completa e ben strutturata. Maggiore sarĂ
il numero di parlamentari che sottoscrivono lâinterrogazione, possibilmente di
partiti diversi, maggiore sarĂ lâefficacia di tale azione di comunicazione;
ď Playbook: è un documento di presentazione dellâorganizzazione e delle
tematiche della stessa con la descrizione della posizione presa e degli interessi
rappresentati. Può essere consegnata al decisore pubblico durante gli incontri
personali. GiĂ in sede di richiesta di colloquio, comunque, lâazienda propone un
breve profilo di se stessa;
ď Audizioni parlamentari: le audizioni consistono in un incontro tra
organizzazione e parlamentari. Le organizzazioni che fanno richiesta di
audizione (o che sono invitate a presentarsi) possono manifestare la propria
posizione. Possono essere di tipo informale. Oltre che in Aula, le audizioni si
possono svolgere anche a livello di Commissione47
. Le audizioni presentano due
particolari criticitĂ : la possibilitĂ per il relatore di non poter replicare alle
47
Ă il caso dellâad di Fiat, Sergio Marchionne, ascoltato a marzo 2011 dalle
Commissioni IX (Traporti) e IX (AttivitĂ Produttive) della Camera dei Deputati.
45. 45
obiezioni mossegli al termine del suo intervento (ragion per cui è bene prevedere
le obiezioni nel testo dellâaudizione) e la loro calendarizzazione (a seguito del
fitto calendario dei lavori parlamentari);
ď Incontri diretti con i decision maker: sono gli incontri vis-a-vis per i quali è bene
osservare delle regole precise48
:
o Fornire informazioni obiettive, aggiornate e âdi prima manoâ, senza
nascondere a nome di quali interessi si parla
o Esporre interamente i fatti, compreso il punto di vista di eventuali
concorrenti, fornendo appropriate controargomentazioni
o Essere preparati nel dettaglio sul tema da discutere al fine di essere in
grado di rispondere ad eventuali domande di approfondimento
o Programmare lâincontro con largo anticipo
o Essere brevi cosĂŹ da concedere la possibilitĂ di svolgere domande
o Spiegare separatamente ogni argomento quando la materia è complessa
o Organizzare una visita del decisore pubblico presso la propria
organizzazione
o Essere corretti, educati e attenti
o Essere personalmente convinto di quello che viene sostenuto e
argomentato
o Persuadere attraverso la presentazione oggettiva dei fatti e considerando
le motivazioni del decisore pubblico (soft-selling), evitando di arrivare
alla pressione psicologica, allâeccessivo coinvolgimento emotivo, alla
minaccia (hard-selling)
1.4.3 Strumenti di comunicazione non esclusivi
Allâinterno della presente categoria rientrano numerosi strumenti tradizionali delle
relazioni pubbliche.
ď Newsletter: consente un contatto periodico con i principali interlocutori cosĂŹ da
fornire loro aggiornamenti sullâevoluzione delle tematiche di interesse
48
Invernizzi, op. cit. p.224 e seg.
46. 46
dellâorganizzazione. Ai fini di una campagna informativa, la newsletter può
rivolgersi ad importanti interlocutori istituzionali rappresentanti delle forze
politiche, sociali ed educative;
ď Ricerche e studi: possono essere svolti allâinterno o commissionati ad istituti di
ricerca esterni. Possono avere come oggetto dei contenuti tecnico-scientifici o
dei sondaggi di opinione. La loro utilitĂ deriva dai dati contenuti con i quali
lâorganizzazione avvalora la propria tesi nei confronti del decisore. Il miglior
lobbista è colui che fornisce le migliori informazioni, cioè efficaci nel
convincere il legislatore della necessitĂ che una decisione vada presa e nella
direzione voluta dallâorganizzazione (Grunig, Hunt, 1984)
ď Gestione delle relazioni con i media: i media possono rappresentare un prezioso
alleato, oltre che una vera e propria cassa di risonanza. Veicolando le istanze di
unâorganizzazione i media possono sollecitare lâopinione pubblica, esponendo il
legislatore al giudizio del pubblico e costringendolo a modificare il calendario
dei lavori. Tra i principali strumenti dei mass media si citano:
o Articoli
o Studi e ricerche
o Lettere ai giornali
o Interviste
o Dichiarazioni dellâorganizzazione
o Comunicati stampa
o Conferenze stampa
o Press briefing
o Partecipazioni ai programmi televisivi
ď Organizzazione di eventi: troviamo i convegni, i workshop, i dibattiti e le tavole
rotonde. La loro funzione è duplice: sensibilizzare, mediante il coinvolgimento
diretto, i decisori pubblici e i loro influenti; sensibilizzare lâopinione pubblica
sulle problematiche e sulle posizioni dellâorganizzazione (sfruttando lâeffetto
âcassa di risonanzaâ prodotto dai media);
ď Sponsorizzazione di manifestazioni e iniziative artistico-culturali: hanno un
ruolo sociale per lâorganizzazione in quanto contribuiscono al miglioramento
47. 47
della propria immagine49
. Campagne di pubblicitĂ istituzionale: rientrano in
questo settore sia le campagne di comunicazione per promuovere i propri
interessi sia quelle utilizzate per comunicare direttamente con i decisori pubblici.
Tra le prime figurano le iniziative a carattere divulgativo per presentare gli
obiettivi e gli interessi dellâorganizzazione. Le secondo comprendono iniziative
di comunicazione finalizzate a suscitare lâattenzione dei decisori pubblici e
dellâopinione pubblica pubblicando, in spazi pubblicitari appositamente
acquistati, âlettere aperteâ o condurre vere e proprie campagne di pubblicitĂ
istituzionale per sostenere le posizioni dellâorganizzazione.
Agli elementi citati da Emanuele Invernizzi si affiancano, inoltre, diversi strumenti,
citati da Giampietro Vecchiato50
:
ď Mappa delle issue e issue analysis: considerate dallo scrivente quali strumenti di
back office, sono documenti che offrono una sintetica descrizione della issue,
delle normative, degli atti/decisioni in corso, dei sostenitori/oppositori, delle
opzioni possibili e delle finalitĂ . Per ogni questione allâordine del giorno sono da
individuare i gruppi di interesse attivi, il loro grado di coinvolgimento, le
capacitĂ operative e di mobilitazione, il potere di influenza;
ď Pareri pro veritate: sono pareri realizzati da giuristi, costituzionalisti e/o esperti
del settore di riferimento in merito alle questioni che possono apparire dubbie
sul piano legale e costituzionale. Servono a confermare la fondatezza delle tesi
sostenute dallâorganizzazione, come supporto alla propria posizione, come
argomentazione integrativa autorevole per comunicare con i media;
ď Cause legali: è una pratica poco utilizzata in Italia. Le cause legali vengono
spesso usate per sfruttarne lâeffetto annuncio con lâobiettivo di ottenere la
sospensione di un provvedimento della pubblica amministrazione. Le azioni
legali comprendono:
49
Esempi celebri sono rappresentati dal restauro del Cenacolo di Leonardo (Olivetti)
e la sponsorizzazione del Teatro alla Scala di Milano (Cariplo).
50
Vecchiato, op. cit. p. 148 e seg.
48. 48
o Apertura di vertenze giudiziarie presso i tribunali (amministrativi e non)
o Creazione di casse di risonanza durante il processo e dopo la sentenza
se favorevole
o Patrocinio a propri aderenti che aprano vertenze giudiziarie,
possibilmente in numero elevato, sui temi di interesse
dellâorganizzazione
o Assistenza tecnico-legale a propri aderenti che si impegnano in vertenze
giudiziarie
ď Coalizioni: usate per allargare il fronte a sostegno di una determinata posizione.
Lâeffetto prodotto permette di rafforzare lâinfluenza sui decisori pubblici e
attribuisce alla questione specifica e di parte un carattere piĂš generale;
ď Grass root campaigns: lâazione prevede la mobilitazione di una parte
dellâopinione pubblica a fianco dellâorganizzazione. Ă necessario che le persone
mobilitate siano accomunate dalla stessa opinione e che siano disponibili a
manifestarla (lettera, telefonata, cartolina, e-mail).
In riferimento alle alleanze, Facchetti e Marozzi51
attuano una loro classificazione,
distinguendole in alleanze numerose e molto rappresentative (si punta sulla quantitĂ dei
partecipanti) e alleanze ristrette ma con forti capacitĂ di influenza e di
âsimbolizzazioneâ (al centro vi è la qualitĂ ). ÂŤLâinterlocutore politico â ricordano â è
molto sensibile alla forza di un endorsement apparentemente, o realmente, âneutraleâ.
La scelta legislativa o amministrativa, proprio perchĂŠ ha bisogno, per essere
convincente, di essere fatta nel nome dellâinteresse generale, è molto piĂš forte se
sostenuta non solo dallâinteresse di parte dichiarato, ma da chi apparentemente è
portatore di una neutralitĂ di giudizioÂť.
1.5 Lâazione di lobbying
Abbiamo finora definito il lobbying e analizzato, in particolare, il professionista del
settore. Definire questa attivitĂ solo come il tentativo di influenzare il decisore pubblico
è assai limitativo in quanto il lobbista deve sapere coniugare tutti gli strumenti a sua
disposizione. Il lobbying è sĂŹ lâesercitare una pressione sul legislatore ma è
51
Facchetti, Marozzi, op. cit. p. 241 e seg.
49. 49
fondamentale, per chi la pratica, scegliere i mezzi piĂš idonei e la tempistica in cui
applicarli. In particolare, due sono le fasi critiche: lâesposizione al decision maker di
unâinformazione oggettiva e documentate e la corretta capacitĂ di argomentazione e di
persuasione.
La teoria delle relazioni istituzionali propone differenti modelli di attuazione: i
modelli adattivo, reattivi, proattivo ed interattivo; il lobbying diretto e indiretto.
1.5.1 I public affairs
Il termine public affairs viene spesso utilizzato per indicare l'attivitĂ di fare pressione
sulle istituzioni, quale sinonimo di lobbismo o relazioni istituzionali. Tuttavia per public
affairs si devono intendere piuttosto tutte le attivitĂ strategiche di un'impresa dirette ai
suoi numerosi stakeholder, ovvero a quello che il marketing chiama pre-mercato52. Si
tratta di tutte quelle forze che direttamente o indirettamente creano il contesto
competitivo nel quale l'azienda deve muoversi. Ovvero le regole del gioco. Una
strategia di public affairs si basa sull'utilizzo sinergico di tutte queste leve, senza
limitarsi alla sola attivitĂ di lobbismo. Le relazioni istituzionali senza la capacitĂ di
gestire in modo corretto le relazioni con i media, o le relazioni sindacali senza
unâefficace comunicazione istituzionale, sono infatti degli strumenti spuntati che
difficilmente sono in grado di produrre risultati. CosĂŹ come esiste un marketing mix che
amalgama e rende efficaci le leve di marketing, allo stesso modo lâazienda deve iniziare
a programmare le sue strategie in termini di public affairs mix. La tabella di figura 1.8
può facilitare la comprensione del public affair mix:
52
Cattaneo, Zanetto, op. cit. pp. 4 e seg.
50. 50
Soggetti del pre-mercato AttivitĂ di influenza
Istituzioni pubbliche Lobbying/Relazioni istituzionali
ComunitĂ finanziaria Political intelligence
Mass media Media relations
Sindacati Relazioni sindacali
Gruppi di opinione Marketing relazionale
Grande pubblico Comunicazione istituzionale
ComunitĂ internazionale Business diplomacy
Potere giudiziario e Authority Affari legali e regolatori
Figura 1.8: il public affair mix
1.5.2 I quattro modelli di public affairs
Alberto Pastore e Maria Vernuccio53
hanno identificato quattro tipologie di
approccio alle relazioni istituzionali attuato dalle organizzazioni, classificate in base a
due variabili: la loro complessitĂ per lâorganizzazione e il livello di interazione con le
istituzioni pubbliche (Figura 1.9).
Adattivo: Secondo tale approccio, lâorganizzazione cerca solamente di adattarsi ai
cambiamenti dellâambiente in cui essa opera. Subisce passivamente lâazione del
legislatore senza tentare (per assenza di volontĂ o di risorse) di influenzarlo ex-ante.
Che si affidi a dei professioni dei public affairs o al reparto di Relazioni Istituzionali, il
risultato non cambia: lâunica azione prodotta è un semplice monitoraggio legislativo.
Reattivo: lâazienda ha una reazione di fronte ad un cambiamento legislativo, senza
averlo indirizzato nelle fasi preparatorie.
Proattivo: è lâazienda a determinare il cambiamento legislativo, favorendo iniziative
che tutelano (direttamente e non ) i propri legittimi interessi.
53
Pastore, Vernuccio, Impresa e comunicazione. Principi e strumenti per il
management, seconda edizione. Apogeo, Milano, 2008.
51. 51
Interattivo: lâimpresa ha un dibattito costante con le istituzioni. Ă un interlocutore
fondamentale e lâazione di influenza è assai efficace.
Figura 1.9: i quattro approcci ai public affairs delle organizzazioni
Mirko Rubin54
propone una seconda tipologia di schema del processo di public
affairs. Non si può parlare di strategia, come nei quattro modelli, ma di unâutile analisi
step-by-step riassunta in figura 1.10.
Ascoltare e capire: il lobbista deve comprendere i bisogni dellâorganizzazione,
identificando ostacoli o facilitazioni derivanti dal sistema di relazioni con il decisore
pubblico;
Definizione degli obiettivi: si analizzano i rapporti dellâorganizzazione con gli
interlocutori pubblici. Di fatto, si esegue unâanalisi SWOT;
54
Rubin, op. cit. p. 146 e seg.
Interazione
ComplessitĂ
52. 52
Issue analysis: contiene le valutazioni di impatto del provvedimento legislativo nei
confronti dellâorganizzazione e le descrizioni dei possibili sostenitori e oppositori delle
loro argomentazioni;
Mappa del potere: contiene le diverse interconnessioni dei decision maker;
Monitoraggio: si segue lâiter legislativo del provvedimento, con particolare
attenzione rivolta ai soggetti politici coinvolti;
Stesura del playbook: contiene approfondimenti specifici per ciascuna issue da
proporre allâattenzione dei decisori e dei loro influenti;
Gestione operativa: è la fase di programmazione degli incontri (personali e diretti).
Alla gestione operativa sono collegate una serie di attivitĂ :
ď Monitoraggio permanente delle dinamiche, delle issue, dei decision maker;
ď AttivitĂ di reporting allâinterno dellâorganizzazione;
ď Contatti periodici con i decision maker ed i loro influenti; sviluppo e
mantenimento dei contatti personali;
ď Studio ed interpretazione degli atti normativi
ď Incontri one-to-one con i principali influenti;
ď Stesura e aggiornamento della documentazione;
ď Aggiornamento del calendario: tempi operativi, tempi prevedibili, accelerazioni,
frenate, accompagnamenti di un inter naturale;
ď Diffusione delle informazioni e iniziative di comunicazione per la promozione
degli interessi dellâorganizzazione;
ď Gestione delle emergenze.
Verifica dei risultati: avviene tramite un monitoraggio costante per seguire le
dinamiche delle relazioni con i decision maker. Vanno visionati eventuali cambiamenti
di opinione, gli atteggiamenti ed i comportamenti del decisore pubblico.
53. 53
Figura 1.10: le fasi del processo di public affairs
1.5.3 Le tre fasi del lobbying
Allâinterno di una pratica di lobbying, le strategie adottate possono essere differenti
e dipendono dalla necessitĂ generatasi sul momento. Se ad una prima analisi il lobbista
reputa il soggetto X quale migliore interlocutore per perseguire i propri obiettivi, può
risultare invece necessario tessere una relazione con il soggetto Y a seguito di
improvvisi cambiamenti (dimissioni di X, cambio di schieramento, abbandono di una
Commissione ecc.). Se unâorganizzazione deve adattarsi e rispondere ad un
cambiamento, la stessa pratica deve essere attuata dal lobbista. Stiamo comunque
parlando di particolari fasi dellâazione di lobbying. PiĂš in generale, si possono
evidenziare tre macro fasi:
1. fase della mappatura
2. fase nominale
3. fase della pressione.
Verifica dei risultati
Gestione operativa
Playbook
Monitoraggio
Mappa del potere
Issue analysis
Obiettivi
Ascolto
54. 54
1. Fase della mappatura: il lobbista si concentra sullo scenario attuale. Ha giĂ
ricevuto lâincarico di rappresentare e tutelare gli interessi di unâorganizzazione
e, nel momento in cui il decisore propone lâadozione di un provvedimento,
analizza a quale livello istituzionale avviene il processo (locale, nazionale o
europeo). InizierĂ quindi ad usare i primi strumenti a sua disposizione, andando
a ricreare la mappa del processo decisionale, per poi tracciare lâiter legislativo a
cui sarĂ sottoposto il provvedimento, prevedendo possibili cambiamenti della
procedura55
. Il lobbista, inoltre, âascoltaâ ed individua eventuali altri gruppi di
interesse attivi sulla stessa materia al fine di vagliare lâipotesi di alleanze. Se ciò
non è possibile, sarà suo compito individuare i vari competitors, di norma mai
assenti. Lâanalisi prodotta porta inoltre ad effettuare unâulteriore valutazione:
fattibilitĂ dellâobiettivo o meno. Fallire un obiettivo comporta infatti un notevole
danno alla reputazione e alla credibilitĂ del lobbista. Nell fase della mappatura
avviene la preparazione del position paper.
2. Fase nominale: gli obiettivi dellâorganizzazione sono chiari, il quadro
istituzionale è completo e i documenti sono stati redatti. à il momento di
ricercare le persone strategiche da contattare. La ricerca dei nominativi, attorno a
cui si concentra la fase nominale, è di notevole importanza. Non riguarda un
mero elenco di persone (parlamentari, Ministri, sottosegretari, tecnici ecc.) ma
unâattenta analisi dei possibili interlocutori in cui si ripercorre il loro excursus
politico, dagli esordi fino ai tempi recenti. In gergo tecnico si parla di profili o
bioprofile. La struttura (Figura 1.11) presenta uno schema di semplice lettura,
con una prima parte dedicata agli aspetti biografici, preceduta sempre dalla
carica occupata (prima informazione subito dopo il nome). Nella seconda parte
viene rivissuta la carriera politica dellâinterlocutore, andando ad analizzare la
sua partecipazione nei partiti (o nel partito) di cui ha fatto parte, gli incarichi
ricoperti negli enti locali ed, infine, il suo operato a livello nazionale o,
eventualmente, europeo. Eventuali cariche o nomine possono facilitare la
tracciatura e la comprensione delle mappe di potere. Vi è quindi un paragrafo
aggiuntivo preposto alla raccolta di informazioni particolari sul soggetto in
55
Per esempio, lâesame di un testo in sede di Commissione legislativa.
55. 55
questione, da cui si evincono particolari attitudini e idee su tema preciso. Per
esempio, se un parlamentare è stato, in gioventÚ, un forte contestatore delle
multinazionali, è molto probabile che lo sia anche nel momento in cui occupa
una carica istituzionale. Le informazioni vengono estrapolate sempre da internet,
che garantisce lâimmediatezza dellâinformazione. Non è detto, comunque, che il
profilo redatto disponga di numerose informazioni, soprattutto se il parlamentare
è giovane, alla prima Legislatura e con un background limitato. Discorso
diametralmente opposto, invece, per le figure che possono vantare una lunga
militanza a Palazzo Madama o a Montecitorio.
56. 56
Bioprofile : XXXX yyyy
Attuali cariche istituzionali:
Deputato FLI.
Dati biografici:
Nato a Trieste il 24 settembre 1947.
Laureato in Scienze della Comunicazione e Relazioni Pubbliche.
Master in Comunicazione.
Carriera politica
Partito â Cresciuto politicamente in Alleanza Nazionale, di cui è stato coordinatore
provinciale a Pordenone. Segretario regionale di FLI per il Friuli Venezia Giulia.
Politica nazionale â Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati nel 2008.
Nellâattuale XVI Legislatura è componente della IV Commissione Difesa.
Nel 2010 ha lasciato il PDL per seguire Gianfranco Fini in FLI.
Politica locale â Consigliere comunale a Pordenone dal 2000 al 2005.
Eletto Consigliere regionale per il PDL â AN.
Nel 2008 ha rassegnato le dimissioni per lâelezione alla Camera dei Deputati.
AttivitĂ legislativa â Nellâattuale Legislatura ha presentato, come primo firmatario,
la proposta di legge âNorme per la regolamentazione del contrasto della pirateria navale
nelle acque territorialiâ.
Altro â Ha dichiarato di aspettarsi le dimissioni del Presidente Silvio Berlusconi per
la sua presunta condotta immorale legata ai recenti scandali che hanno chiamato in
causa ragazze minorenni.
Figura 1.11: esempio di bioprofile
57. 57
3. Fase della pressione: il lobbista interagisce con il decisore pubblico e gli
fornisce le informazioni raccolte precedentemente. Le informazioni devono
essere funzionali tanto al politico (per indirizzarlo verso la decisione da prendere
bisogna ÂŤdire qualcosa di rilevante - spiega Paolo Zanetto - portandogli
informazioni che non avevaÂť) quanto al lobbista. Come avviene la costruzione
del consenso? Per rispondere alla domanda si cita unâintervista raccolta da
Marco Mazzoni56
:
ÂŤPer prima cosa, chi fa lobby si accredita in prima persona, [âŚ] poi va sempre dichiarato per chi sta
lavorando. DopodichĂŠ, un argomento va portato avanti con dossier, position paper, [âŚ] questo fa il
lobbista. [âŚ] Quando incontro il decisore, è il momento che cerco di far pressione su di lui; [âŚ] durante
lâincontro devo essere in grado di illustrare in maniera sintetica e chiara qual è il problema, quali
conseguenze può avere quel particolare atto normativo nei confronti del mio cliente, qual è la mia
proposta. [âŚ] Ă molto importante mostrarsi convinti di quello che si sta proponendo e soprattutto far
capire al politico che conosco a fondo la questione, che ho fatto delle ricerche, non dimenticando di
indicare quali sono le mie fonti. Insomma, devo evitare che il mio interlocutore dica: âchissĂ perchĂŠ devo
credere a questo lobbistaââŚÂť.
Lâazione di pressione ha maggiore probabilitĂ di successo se è stato creato un
rapporto di fiducia e gratitudine tra il lobbista e il suo interlocutore, ma la fiducia è
legata ai modi e ai tempi in base ai quali il lobbista si muove. Qui entrano in gioco i
contatti informali al di fuori degli spazi prettamente istituzionali. In questi casi è buona
regola che gli interessi da tutelare non abbiano la precedenza assoluta. Il lobbista
accorto sa che lâincontro è governato da una regola: il momento buono per fare appello
al suo importante interlocutore è quando ne ha meno bisogno. à logico comunque che,
una volta conclusi gli argomenti introduttivi per la reciproca conoscenza, il dialogo si
focalizzi sullo scopo dellâincontro, ovvero lo scambio di informazioni. Come citato nei
paragrafi precedenti, la sinceritĂ e la qualitĂ delle informazioni rivestono un ruolo
fondamentale al fine della creazione di una relazione di fiducia. Lâincontro non si
conclude con una stretta di mano e un arrivederci in quanto prevede un naturale
proseguo del dialogo. Il lobbista attua i principi delle relazioni pubbliche, curando nei
minimi dettagli il rapporto interpersonale. Ogni segno di disponibilitĂ del politico viene
seguito da note personali di ringraziamento. Dopo che un incontro ha avuto luogo è
56
Mazzoni, op. cit. p. 117.