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Svetlana Alexievich ci presenta il suo ultimo libro e il suo sguardo sulla Russia di oggi
Tempodisecondamano
Pochi giorni fa era fra
i favoriti per il Nobel, lei, una
reporter che ha cavato la
letteratura dalla realtà. E che
torna a raccontare le contrad-
dizioni del post-comunismo.
di Franco Cavalleri
Un futuro che sa di passato. Di dejà vu. È
quello che Svetlana Alexievich vede per
laRussia,lasuaexmadrepatria.Ex,per-
ché Svetlana, bielorussa (ma per metà
ucraina, da parte di madre), è nata ai
tempi della Grande Russia, o meglio
dell’Unione Sovietica, in quel 1948 in cui
l’enormePaese,ilpiùgrandedelmondo,
diventava ufficialmente una delle due
superpotenze che avrebbero dominato
il mondo per i successivi quattro decen-
ni. A Milano per presentare l’edizione
italiana del suo ultimo libro, ‘Tempo di
seconda mano. Racconto di un popolo
tra postcomunismo e neocapitalismo’,
edito da Bompiani, la scrittrice bielorus-
sa ha approfittato dell’occasione per
parlare anche della sua visione della si-
tuazione in Russia e negli altri Paesi che
sono risultati dalla frammentazione
della galassia sovietica. Una frammen-
tazione che, secondo lei, rientra nella
natura stessa delle genti di queste regio-
ni. Una frammentazione che si riflette
anchenellostessostiledeisuoilibri,del-
le sue storie.
Perché tempo di seconda mano? «È una
specie di diagnosi di quanto sta succe-
dendo in Russia», risponde Svetlana.
Gli anni dell’odio
Una diagnosi poco piacevole, almeno
dalpuntodivistadell’Europaoccidenta-
le.Lademocrazia,peresempio,èinperi-
colo, nello sterminato Paese che si
estende su due continenti. «Noi non tor-
neremo indietro, in Russia abbiamo la
democrazia... Così dicevano i miei amici,
ma l’esperienza dei miei viaggi attraver-
so la Russia dice che la gente, il popolo,
adesso nutre odio verso il capitalismo in
stile Chicago, verso questi ricchi che an-
davano in tv a parlare dei loro water in
oro, dei loro yacht enormi e dopo queste
chiacchiere nessuno degli intellettuali
dicevadiquantolagentefossearrabbia-
ta, quanto fosse grande l’odio che ha nel
corpo e nell’anima, un odio che mi sem-
brava un goccia che a poco a poco si rac-
coglie fino a diventare un mare».
«Qualcuno lo sfrutterà, questo odio», la
Svetlana Alexievich KEYSTONE
fosca previsione della scrittrice. E que-
sto qualcuno, secondo lei, è già qui, è
Vladimir Putin. Il presidente russo «ha
raccolto questo odio. Siamo tornati in-
dietro a 70 anni fa, vogliamo un mondo
nostro. L’87 per cento dei russi è a favore
di Putin, non si parla più di Europa, ma
di Cina, c’è la voglia di creare un impero,
siamo di fronte a una Russia in cerca di
rivincite».
Per descrivere questi sentimenti, questo
odio che – in un mix ad alto livello di pe-
ricolosità – si combina al desiderio di ri-
vincita, la scrittrice ricorre a un aneddo-
topersonale.«Ricordoquandohoporta-
to degli amici stranieri in giro. Il tassista
che ci faceva da autista non ha gradito
domande come “Perché volete combat-
tere i ceceni, perché non li lasciate anda-
re?” e ci ha semplicemente abbandonati
in mezzo alla taiga. Per fortuna uno di
noi aveva un telefono satellitare, abbia-
mo potuto chiedere aiuto. Ecco, questo
desiderio di mantenere un impero, di ri-
conquistare quanto perso, si focalizza
su Putin».
Una situazione che è figlia anche degli
errori dei fautori della democrazia, rico-
nosce onestamente: «Non siamo stati
capacidispiegareallagentelademocra-
zia». Fatto sta che oggi, «i mezzi di co-
municazione sono soggetti a norme
sempre più restrittive. È notizia recente
che adesso i mezzi di informazione onli-
ne dovranno risiedere su server in Rus-
sia, non potranno più utilizzare i servizi
diserverinaltriPaesi:unmodopercon-
trollare più facilmente le notizie che
vengono diffuse».
Un controllo che sta dando i suoi frutti,
perché «la gente crede a quanto viene
raccontato dai mezzi controllati dallo
Stato, chi si oppone viene boicottato».
Nonsolo,maèincorsoancheunaspecie
di revisionismo alla rovescia, «è in corso
un processo di rilettura degli anni dello
stalinismo, adesso Beria viene visto in
altro modo, positivo: oggi è come il
1950!». Il timore di Svetlana Alexievich è
che si vada anche più indietro nel tem-
po, che si ritorni a quel 1937 che lei defi-
nisce «l’anno più nero nella storia della
Russia». L’anno in cui nessuno era al si-
curo, nessuno poteva dirsi innocente.
IL PERSONAGGIO
Le parole che
il potere non ama
Svetlana Alexievich è una giornalista e
scrittrice bielorussa nota per essere
stata testimone dei principali eventi
dell’Unione Sovietica della seconda
metà del XX secolo: dalla guerra in Af-
ghanistan al disastro di Cernobyl, fino
ai numerosi suicidi che hanno fatto se-
guito alla frammentazione dell’Urss in
tante repubbliche indipendenti. Su
ognuno di questi particolari argomenti,
la sessantaseienne autrice – è nata il 31
maggio 1948 – ha scritto libri tradotti
anche in altre lingue, che le sono valsi
fama internazionale e importanti rico-
noscimenti.
La sua storia come scrittrice che rac-
conta orrori che non dovrebbero esse-
re, ha avuto inizio dalla lettura del libro
di un autore dimenticato sulla storia
dell’occupazione nazista. Svetlana rac-
conta voci raccolte nelle cucine delle
case. «Le cucine sono ambienti fonda-
mentali della vita russa: è lì che si rac-
colgono le storie e le notizie. Era così ai
tempi dell’Urss e anche adesso».
Una voce scomoda
Con le sue opere tradotte in molte lin-
gue, si è fatta conoscere in tutto il mon-
do e ha raccontato storie di persone
normali in tempi non normali. Tra
quelli tradotti e pubblicati in italiano,
da ricordare ‘La guerra non ha un volto
di donna’, del 1983, il suo libro di debut-
to, incentrato sulle donne sovietiche al
fronte nella Seconda guerra mondiale.
Dei primi anni di questo secolo sono
‘PreghieraperCernobyl’,del2002,incui
ripercorreva e descriveva il dramma
delle vittime della tragedia nucleare, e
‘Ragazzi di zinco’ (2003) le cui pagine
narrano le vicende dei reduci dalla
guerra in Afghanistan. ‘Incantati dalla
morte’, sui suicidi in seguito al crollo
dell’Urss e alla sua scomparsa dalla
cartina geopolitica, è invece del 2005.
Recentissima, settembre 2014, è l’edi-
zione italiana di ‘Tempo di seconda
mano’, edito da Bompiani. Delle vicen-
de biografiche dell’autrice è oggi noto
soprattutto che, perseguitata dal regi-
me del presidente bielorusso Alek-
sandr Lukašenko per le sue posizioni
politiche, è stata costretta a lasciare il
Paese perché su di lei gravava l’accusa
di essere un agente della Cia.
LE BREVI
Racconto teatrale
Domani alle 20.30 la Bibliomedia a Bia-
sca presenta ‘Questa mamma a chi la
do?’, di Sara Rossi, con Iona Butu.
Architettura a confronto
L’istituto di architettura i2a presenta gli
incontri ‘Un forum d’architettura per il
Ticino?Modelliaconfronto’.Domanialle
20.30alcampusSupsidiTrevano(blocco
A) Hubertus Adam (Museo dell’architet-
turadiBasilea)eJ.ChristophBürkle(Fo-
rum dell’architettura di Zurigo).
Culture e società 25lunedì 20 ottobre 2014
Dopo una lunga malattia, il grande sas-
sofonista George Robert torna a suonare
con Dado Moroni, Jeff Hamilton e Peter
Washington: il tour svizzero fa tappa
stasera al Jazz Cat Club.
George, prima di tutto, come stai
adesso?
Sempre meglio. Il recupero richiede cin-
que anni, ma quando suono è tutto ok!
Da quando ho lasciato l’ospedale ho fat-
to 20 concerti come solista nella Pepe
Lienhard Big Band. Un’orchestra fanta-
stica!
La malattia ha cambiato la tua quoti-
dianità, il tuo modo di vedere le cose,
forse il tuo approccio alla musica?
La malattia ti spinge a vedere le cose in
modo totalmente diverso e ad apprezza-
re di più la vita. Improvvisamente, mi ri-
trovo a fare ancora più cose rispetto a
prima! Quest’anno esco con quattro
nuovi album, di cui due con Kenny Bar-
ron. Apprezzo ancora di più la famiglia e
gli amici. Come dire? Ogni giorno che
passamisentomoltofortunatoemidico
che devo fare determinate cose, soprat-
tutto un sacco di musica!
Come è nato questo tour?
È stato pensato mentre ero ancora in
ospedale.Segnailmioritornoallaribalta
dellascenainternazionaleehovolutoin-
vitare i miei amici più cari ad accompa-
gnarmi:DadoMoroni,PeterWashington
e Jeff Hamilton. Un trio eccezionale…
Ecco, i musicisti. Con Dado Moroni
siete amici da una vita…
Ohsì,Dadoèilmiofratellogemello!Suo-
niamo assieme da oltre 30 anni; con lui
penso di aver fatto 500 concerti e più di
10 album. Ma negli ultimi anni meno,
quindi sarà un po’ una reunion... Peter
Washington è uno dei miei 2-3 contrab-
bassisti preferiti! Ho suonato con lui
nell’ultimo tour del quintetto George Ro-
bert-TomHarrell,conDado,PetereLouis
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Club a Bellinzona, nel 1992. Quanto a Jeff
Hamilton, è pure lui un vecchio amico. È
uno dei più grandi batteristi della storia
deljazz.Eswingapiùdiquantounopos-
sa sognare! Registreremo un concerto
per poi uscire con un live nel 2015.
Teatro del Gatto, Ascona, alle 20.30. Bi-
glietti: 078 733 66 12. EL MAR George Robert
Il sax di George Robert al Jazz Cat Club
Ticino-Argentina,
due duo per un Tango
Un incontro speciale sulla direttrice Ti-
cino-Argentina, un incontro all’insegna
del tango. Mercoledì 22 ottobre, fra un
paio di giorni, alle 20.45 il Teatro Sociale
presenta il concerto congiunto fra Ra-
nas – Duo porteño de tango e Thomas
Guggia e Irina Roukavitsina. Un duo ar-
gentino (composto da Leandro Schnai-
der e Pablo Schiaffino) e uno ticinese,
che hanno fatto del tango la loro voca-
zione e sono intenzionati a contrabban-
darlo nella forma più appassionante.
Prevendita: 091 825 48 18/ticketcorner.ch. Thomas Guggia
Si apre la Settimana della Lingua italiana,
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Si apre oggi la XIV Settimana della Lin-
gua italiana nel mondo (fino al 25 otto-
bre), dedicata al tema ‘Scrivere la nuova
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riaeparolad’esilio.Intornoalvolume‘La
bicicletta rossa’ di Manuela Balanzin”.
Oltre all’autrice, interverranno Lucia
Bellaspiga (giornalista di Avvenire e
scrittrice),EddoRigotti(professoreeme-
ritodell’Usi)eCarloOssola(direttoredel-
l’Istituto di studi italiani).
L’incontro avrà luogo giovedì 23 ottobre
alle 17.30 presso l’auditorium dell’Usi.
Il romanzo (Edizioni Ulivo) narra la sto-
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dell’autrice, e il progressivo doloroso di-
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  • 1. Svetlana Alexievich ci presenta il suo ultimo libro e il suo sguardo sulla Russia di oggi Tempodisecondamano Pochi giorni fa era fra i favoriti per il Nobel, lei, una reporter che ha cavato la letteratura dalla realtà. E che torna a raccontare le contrad- dizioni del post-comunismo. di Franco Cavalleri Un futuro che sa di passato. Di dejà vu. È quello che Svetlana Alexievich vede per laRussia,lasuaexmadrepatria.Ex,per- ché Svetlana, bielorussa (ma per metà ucraina, da parte di madre), è nata ai tempi della Grande Russia, o meglio dell’Unione Sovietica, in quel 1948 in cui l’enormePaese,ilpiùgrandedelmondo, diventava ufficialmente una delle due superpotenze che avrebbero dominato il mondo per i successivi quattro decen- ni. A Milano per presentare l’edizione italiana del suo ultimo libro, ‘Tempo di seconda mano. Racconto di un popolo tra postcomunismo e neocapitalismo’, edito da Bompiani, la scrittrice bielorus- sa ha approfittato dell’occasione per parlare anche della sua visione della si- tuazione in Russia e negli altri Paesi che sono risultati dalla frammentazione della galassia sovietica. Una frammen- tazione che, secondo lei, rientra nella natura stessa delle genti di queste regio- ni. Una frammentazione che si riflette anchenellostessostiledeisuoilibri,del- le sue storie. Perché tempo di seconda mano? «È una specie di diagnosi di quanto sta succe- dendo in Russia», risponde Svetlana. Gli anni dell’odio Una diagnosi poco piacevole, almeno dalpuntodivistadell’Europaoccidenta- le.Lademocrazia,peresempio,èinperi- colo, nello sterminato Paese che si estende su due continenti. «Noi non tor- neremo indietro, in Russia abbiamo la democrazia... Così dicevano i miei amici, ma l’esperienza dei miei viaggi attraver- so la Russia dice che la gente, il popolo, adesso nutre odio verso il capitalismo in stile Chicago, verso questi ricchi che an- davano in tv a parlare dei loro water in oro, dei loro yacht enormi e dopo queste chiacchiere nessuno degli intellettuali dicevadiquantolagentefossearrabbia- ta, quanto fosse grande l’odio che ha nel corpo e nell’anima, un odio che mi sem- brava un goccia che a poco a poco si rac- coglie fino a diventare un mare». «Qualcuno lo sfrutterà, questo odio», la Svetlana Alexievich KEYSTONE fosca previsione della scrittrice. E que- sto qualcuno, secondo lei, è già qui, è Vladimir Putin. Il presidente russo «ha raccolto questo odio. Siamo tornati in- dietro a 70 anni fa, vogliamo un mondo nostro. L’87 per cento dei russi è a favore di Putin, non si parla più di Europa, ma di Cina, c’è la voglia di creare un impero, siamo di fronte a una Russia in cerca di rivincite». Per descrivere questi sentimenti, questo odio che – in un mix ad alto livello di pe- ricolosità – si combina al desiderio di ri- vincita, la scrittrice ricorre a un aneddo- topersonale.«Ricordoquandohoporta- to degli amici stranieri in giro. Il tassista che ci faceva da autista non ha gradito domande come “Perché volete combat- tere i ceceni, perché non li lasciate anda- re?” e ci ha semplicemente abbandonati in mezzo alla taiga. Per fortuna uno di noi aveva un telefono satellitare, abbia- mo potuto chiedere aiuto. Ecco, questo desiderio di mantenere un impero, di ri- conquistare quanto perso, si focalizza su Putin». Una situazione che è figlia anche degli errori dei fautori della democrazia, rico- nosce onestamente: «Non siamo stati capacidispiegareallagentelademocra- zia». Fatto sta che oggi, «i mezzi di co- municazione sono soggetti a norme sempre più restrittive. È notizia recente che adesso i mezzi di informazione onli- ne dovranno risiedere su server in Rus- sia, non potranno più utilizzare i servizi diserverinaltriPaesi:unmodopercon- trollare più facilmente le notizie che vengono diffuse». Un controllo che sta dando i suoi frutti, perché «la gente crede a quanto viene raccontato dai mezzi controllati dallo Stato, chi si oppone viene boicottato». Nonsolo,maèincorsoancheunaspecie di revisionismo alla rovescia, «è in corso un processo di rilettura degli anni dello stalinismo, adesso Beria viene visto in altro modo, positivo: oggi è come il 1950!». Il timore di Svetlana Alexievich è che si vada anche più indietro nel tem- po, che si ritorni a quel 1937 che lei defi- nisce «l’anno più nero nella storia della Russia». L’anno in cui nessuno era al si- curo, nessuno poteva dirsi innocente. IL PERSONAGGIO Le parole che il potere non ama Svetlana Alexievich è una giornalista e scrittrice bielorussa nota per essere stata testimone dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda metà del XX secolo: dalla guerra in Af- ghanistan al disastro di Cernobyl, fino ai numerosi suicidi che hanno fatto se- guito alla frammentazione dell’Urss in tante repubbliche indipendenti. Su ognuno di questi particolari argomenti, la sessantaseienne autrice – è nata il 31 maggio 1948 – ha scritto libri tradotti anche in altre lingue, che le sono valsi fama internazionale e importanti rico- noscimenti. La sua storia come scrittrice che rac- conta orrori che non dovrebbero esse- re, ha avuto inizio dalla lettura del libro di un autore dimenticato sulla storia dell’occupazione nazista. Svetlana rac- conta voci raccolte nelle cucine delle case. «Le cucine sono ambienti fonda- mentali della vita russa: è lì che si rac- colgono le storie e le notizie. Era così ai tempi dell’Urss e anche adesso». Una voce scomoda Con le sue opere tradotte in molte lin- gue, si è fatta conoscere in tutto il mon- do e ha raccontato storie di persone normali in tempi non normali. Tra quelli tradotti e pubblicati in italiano, da ricordare ‘La guerra non ha un volto di donna’, del 1983, il suo libro di debut- to, incentrato sulle donne sovietiche al fronte nella Seconda guerra mondiale. Dei primi anni di questo secolo sono ‘PreghieraperCernobyl’,del2002,incui ripercorreva e descriveva il dramma delle vittime della tragedia nucleare, e ‘Ragazzi di zinco’ (2003) le cui pagine narrano le vicende dei reduci dalla guerra in Afghanistan. ‘Incantati dalla morte’, sui suicidi in seguito al crollo dell’Urss e alla sua scomparsa dalla cartina geopolitica, è invece del 2005. Recentissima, settembre 2014, è l’edi- zione italiana di ‘Tempo di seconda mano’, edito da Bompiani. Delle vicen- de biografiche dell’autrice è oggi noto soprattutto che, perseguitata dal regi- me del presidente bielorusso Alek- sandr Lukašenko per le sue posizioni politiche, è stata costretta a lasciare il Paese perché su di lei gravava l’accusa di essere un agente della Cia. LE BREVI Racconto teatrale Domani alle 20.30 la Bibliomedia a Bia- sca presenta ‘Questa mamma a chi la do?’, di Sara Rossi, con Iona Butu. Architettura a confronto L’istituto di architettura i2a presenta gli incontri ‘Un forum d’architettura per il Ticino?Modelliaconfronto’.Domanialle 20.30alcampusSupsidiTrevano(blocco A) Hubertus Adam (Museo dell’architet- turadiBasilea)eJ.ChristophBürkle(Fo- rum dell’architettura di Zurigo). Culture e società 25lunedì 20 ottobre 2014 Dopo una lunga malattia, il grande sas- sofonista George Robert torna a suonare con Dado Moroni, Jeff Hamilton e Peter Washington: il tour svizzero fa tappa stasera al Jazz Cat Club. George, prima di tutto, come stai adesso? Sempre meglio. Il recupero richiede cin- que anni, ma quando suono è tutto ok! Da quando ho lasciato l’ospedale ho fat- to 20 concerti come solista nella Pepe Lienhard Big Band. Un’orchestra fanta- stica! La malattia ha cambiato la tua quoti- dianità, il tuo modo di vedere le cose, forse il tuo approccio alla musica? La malattia ti spinge a vedere le cose in modo totalmente diverso e ad apprezza- re di più la vita. Improvvisamente, mi ri- trovo a fare ancora più cose rispetto a prima! Quest’anno esco con quattro nuovi album, di cui due con Kenny Bar- ron. Apprezzo ancora di più la famiglia e gli amici. Come dire? Ogni giorno che passamisentomoltofortunatoemidico che devo fare determinate cose, soprat- tutto un sacco di musica! Come è nato questo tour? È stato pensato mentre ero ancora in ospedale.Segnailmioritornoallaribalta dellascenainternazionaleehovolutoin- vitare i miei amici più cari ad accompa- gnarmi:DadoMoroni,PeterWashington e Jeff Hamilton. Un trio eccezionale… Ecco, i musicisti. Con Dado Moroni siete amici da una vita… Ohsì,Dadoèilmiofratellogemello!Suo- niamo assieme da oltre 30 anni; con lui penso di aver fatto 500 concerti e più di 10 album. Ma negli ultimi anni meno, quindi sarà un po’ una reunion... Peter Washington è uno dei miei 2-3 contrab- bassisti preferiti! Ho suonato con lui nell’ultimo tour del quintetto George Ro- bert-TomHarrell,conDado,PetereLouis Hayes.L’ultimoconcertoèstatoalConga Club a Bellinzona, nel 1992. Quanto a Jeff Hamilton, è pure lui un vecchio amico. È uno dei più grandi batteristi della storia deljazz.Eswingapiùdiquantounopos- sa sognare! Registreremo un concerto per poi uscire con un live nel 2015. Teatro del Gatto, Ascona, alle 20.30. Bi- glietti: 078 733 66 12. EL MAR George Robert Il sax di George Robert al Jazz Cat Club Ticino-Argentina, due duo per un Tango Un incontro speciale sulla direttrice Ti- cino-Argentina, un incontro all’insegna del tango. Mercoledì 22 ottobre, fra un paio di giorni, alle 20.45 il Teatro Sociale presenta il concerto congiunto fra Ra- nas – Duo porteño de tango e Thomas Guggia e Irina Roukavitsina. Un duo ar- gentino (composto da Leandro Schnai- der e Pablo Schiaffino) e uno ticinese, che hanno fatto del tango la loro voca- zione e sono intenzionati a contrabban- darlo nella forma più appassionante. Prevendita: 091 825 48 18/ticketcorner.ch. Thomas Guggia Si apre la Settimana della Lingua italiana, a Lugano ‘Memoria e parola d’esilio’ Si apre oggi la XIV Settimana della Lin- gua italiana nel mondo (fino al 25 otto- bre), dedicata al tema ‘Scrivere la nuova Europa: editoria italiana, autori e lettori nell’era digitale’. L’Università della Sviz- zera italiana ospiterà l’incontro “Memo- riaeparolad’esilio.Intornoalvolume‘La bicicletta rossa’ di Manuela Balanzin”. Oltre all’autrice, interverranno Lucia Bellaspiga (giornalista di Avvenire e scrittrice),EddoRigotti(professoreeme- ritodell’Usi)eCarloOssola(direttoredel- l’Istituto di studi italiani). L’incontro avrà luogo giovedì 23 ottobre alle 17.30 presso l’auditorium dell’Usi. Il romanzo (Edizioni Ulivo) narra la sto- ria di Piero Balanzin, nonno istriano dell’autrice, e il progressivo doloroso di- sgiungersi delle solidarietà umane nel conflitto, sempre più acuto, tra fascisti, nazisti e partigiani slavi. Il testo si ispira a vicende realmente accadute in Istria (Risiera di San Sabba a Trieste) e in Ba- viera (Lager di Flossenbürg) tra il 1939 e il 1945, poggiando su ricerche storiche e testimonianze.