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La «satira»
• Definizione: «La satira¹ è un genere della letteratura, delle arti e, più in
generale, di comunicazione, caratterizzata dall'attenzione critica alla politica e
alla società, mostrandone le contraddizioni e promuovendo il cambiamento»
¹ = dal latino satura, ae: satira, «sorta di ripieno», o proposta di legge. Il termine fu utilizzato da molti autori nell’espressione
«satura lanx» il piatto misto di primizie della terra destinate agli dèi. Da questo significato deriva la definizione di satira
latina quale genere letterario nato miscelando vari stili letterari.
Per Giorgio Forattini, la satira è «una grande dimostrazione, la più alta espressione, di libertà e di
democrazia». Secondo Dario Fo la satira è «una forma libera e assoluta del teatro»; Daniele Luttazzi la
definisce «un punto di vista e un po' di memoria». Questo, assieme ai temi rilevanti che affronta, la
distingue dalla comicità e dallo sfottò (la presa in giro bonaria), nei quali l'autore non ricorda fatti
rilevanti e non propone un punto di vista ma fa solo del "colore".
La Corte di Cassazione che si è sentita in dovere di dare una definizione giuridica di cosa debba intendersi per satira:
« È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare
ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere,
mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. »
(Prima sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 9246/2006)
La satira è un diritto costituzionale, che in Italia è garantito dagli articoli 21 e 33 della Carta.
• La «satira» nella storia: Le origini della satira nella letteratura europea si confondono
evidentemente con quelle della letteratura comica. Etimologicamente è il dramma satiresco a dare
origine al genere, ma è Aristofane² colui che fa della satira politica un ingrediente fondamentale
(come contro il demagogo Cleone ad Atene). Nell’antica Grecia la satira ha sempre avuto una
fortissima impronta politica, occupandosi degli eventi di stretta attualità per la πόλις, e avendo una
notevole influenza sull'opinione pubblica, per esempio a ridosso delle elezioni. La vera
codificazione come genere letterario avviene però nella letteratura latina. La satira nasce tra il III e
il II secolo a.C. ad opera di Ennio, che introdusse la satira a Roma, poi più tardi
Quintiliano affermerà con orgoglio: «Satura quidem tota nostra est», rivendicando la nascita della
satira ai Romani. Nell'età di Augusto l'autore più rappresentativo è Orazio, con le sue satire
chiamate "Sermones". Sono una sorta di conversazione colta e spiritosa, che prende spunto da casi
realmente accaduti, dai quali cerca di trarre un insegnamento. Da qui possiamo già vedere uno
degli scopi della satira che permane fino ad oggi, quello di «correggere» un determinato aspetto
negativo di un personaggio o un atteggiamento. Ma che differenze vi sono tra la satira antica e
quella moderna? In realtà una differenza sostanziale la si ritrova nei mezzi utilizzati per «fare
satira». Prevalentemente nel mondo antico la satira era considerata sia una forma letteraria sia una
rappresentazione teatrale, mentre la satira moderna la si può trovare nelle vignette fumettistiche,
in programmi televisivi con fini umoristici o derisori, nell’attività di molti comici, che mirano
soprattutto alla messa a nudo di aspetti negativi di personaggi influenti, ma anche in internet
(grazie anche alle caratteristiche di libertà che sono peculiari di questo mezzo).
² = « Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile: a ben vedere, significa onorare gli onesti.» da I cavalieri di Aristofane
Nel medioevo non troviamo esponenti o autori rilevanti della satira, ma:
Nel Rinascimento invece potremmo trovare in Dante quasi un «precursore» della satira moderna. Infatti nella Divina
Commedia colloca nel girone infernale dei simoniaci Papa Bonifacio VIII ed altri ecclesiastici per aver fatto commercio di
beni sacri, condannandoli ad atroci dolori. Inoltre il sommo poeta fa anche una «satira (se così la possiamo chiamare)
religiosa», dissacrando la figura di Maometto, che viene inserito tra i seminatori di discordia della IX Bolgia. Dante lo
raffigura come «orrendamente mutilato» in toni grotteschi e comici, con il corpo squarciato e “storpiato», paragonato
ad una botte rotta, oggetto che solitamente è adibito a contenere il vino, alimento bandito dalla tradizione islamica.
• Altro autore degno di nota è Ludovico Aoriosto, con le sue Satire, che nascono come una riflessione sull’esperienza
personale del poeta, per poi allargarsi ad una riflessione socio-culturale e politica sulla realtà del ‘500, intrecciando
osservazioni psicologiche, considerazioni morali e appunti di riflessione. Mantenendo sempre un tono pacato e
leggero, riesce a far emergere tra le righe le sue dure critiche alla società e all’ambiente delle corti .
• Curioso è poi il fenomeno delle "statue parlanti", iniziato nel XVI secolo con la comparsa a Roma di Pasquino, una
scultura antica a cui venivano affissi componimenti anonimi (detti appunto pasquinate) che dileggiavano uomini di
potere e governanti della città papalina, non di rado lo stesso Pontefice. Statue del genere erano diffuse anche in
altre città italiane (ad es. l'Omm de Preja di Milano). Ancora oggi sotto la statua di Pasquino, vengono affissi sonetti
romaneschi su argomenti d'attualità.
Nel ‘700 l’illuminismo usò largamente la satira, contro i dogmatismi della religione e i privilegi dei nobili. Un esempio
può essere l'opera dello scrittore e filosofo Voltaire (Candido), in cui l’autore utilizza la satira contro le religioni
confessionali, l’intolleranza, la tirannide ecclesiastica ed ogni potere che pretenda di comprimere la ragione e la libertà
dell’uomo.
Nel contesto europeo che si andava delineando verso la fine del ‘700, con l’avvento della rivoluzione francese, si può
assistere alla nascita di nuove forme di satira, come le vignette satiresche, che denunciavano l’oppressione del «terzo
stato» (l’unico ceto sociale costretto a pagare le tasse) per mano del clero e della nobiltà.
• Fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 in Italia vi fu una grande trasformazione del «fare satira», con
l’avvento dei giornali satirici. Il più noto in Italia è L'Asino, di indole socialista e anticlericale. Le
pubblicazioni interrotte dalla Prima guerra mondiale ripresero nel dopoguerra, e fu costretto a
chiudere nel 1925. Vi erano poi 420 e Il Selvaggio apertamente schierate a favore del nuovo regime
fascista.
• Esistevano anche giornali senza una precisa connotazione ideologica, in cui la satira a tutto campo
si spingeva a mettere in ridicolo, più o meno apertamente, elementi del Partito fascista: tra questi Il
travaso delle idee. Nella redazione del Bertoldo erano presenti disegnatori come Giovannino
Guareschi, che disegnò vignette sulla Guerra d'Etiopia, sulle Grandi Purghe, sull'espansionismo,
negli anni che segnarono l'escalation verso la Seconda guerra mondiale, bilanciando la satira
contro i nemici dell'Asse Roma-Berlino con sottili critiche alla retorica di regime (ad esempio sui
monumenti trionfali e sulle dichiarazioni di guerra).
• Dopo l'interruzione dovuta alle vicende belliche, Guareschi mise la propria esperienza al servizio di
un nuovo settimanale chiamato Candido, che contribuì in maniera decisiva alla vittoria
della Democrazia Cristiana nel 1948, salvo poi non risparmiare critiche alla stessa DC, pur
mantenendo un fervente anticomunismo.
• Oltre ai giornali satirici, anche illustrati, in tutta Europa si sviluppò un tipo particolare di satira,
detta «cartografia» satirica.
• Sono molte le condanne per l’esercizio della satira «aggressiva», molto spesso causate da denuncie
da parte di personaggi di spicco o politici. Un esempio è il «caso Einaudi», scoppiato a causa di una
vignetta in cui l'allora Presidente della Repubblica era ritratto mentre passava in rassegna una fila
di bottiglie invece che di Corazzieri. Nel mirino del giornale era finito il fatto che tali bottiglie
circolassero con la dicitura "Poderi del Senatore Luigi Einaudi" sull'etichetta, e che quindi costui
sfruttasse la sua carica a fini commerciali. Guareschi, in qualità di direttore responsabile, fu
condannato per "vilipendio al Capo dello Stato" a otto mesi con la condizionale.
Nel tardo ‘900 iniziarono a nascere i giornali satirici «moderni», come «Il Male» (in Italia, 1977-1982),
che per la maggior parte sono presenti ancora oggi, come Charlie Hebdo, fondato nel 1970 a Parigi.
Da un punto di vista strettamente letterario è pertanto assai difficile mantenere oggi una definizione
stabile del genere letterario, e quindi classificare in modo chiaro la «satira».
• Per Dario Fo la satira è “un atto di rifiuto e come tale non può che essere acceso”. La satira è “una
controaggressione che risponde allo smacco del Potere con uno sghignazzo che non può essere
elegante”. La satira è “nata per mettere il re in mutande”. Per questo “il linguaggio della satira non
può che essere virulento, sfacciato, insultante”. Secondo Dario Fo l’autore satirico reagisce dal basso
ad un discutibile uso del Potere imposto dall’alto. E lo fa con uno “sghignazzo”.
Lo sghignazzo cui allude Dario Fo è l’elemento che distingue la satira dalla critica. La critica è
valutazione negativa ma lucida, che implica l’analisi di un fatto o di un comportamento. La satira
invece deride, sbeffeggia, colloca il personaggio pubblico in una dimensione grottesca. La satira non
vuole valutare, ma mettere “il re in mutande”, come dice Dario Fo. Per questo necessita di un
linguaggio che “non può essere elegante”.
• Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, la satira è per sua intrinseca
natura contro il potere, di qualunque «colore» esso sia, perché ne mostra le contraddizioni e
propone propri punti di vista al fine di sensibilizzare le coscienze, contrastando il degrado etico e
avviandosi verso il cambiamento.
La vera satira non può, per sua indole, perseguire il fine di contribuire alla formazione dell'opinione
pubblica e favorire alcuna fazione; così facendo viene snaturata e se ne riduce il valore e il
significato a semplice e banale strumento finalizzato all'unico piacere di attaccare sempre e
comunque la parte avversaria.
• Di periodo in periodo, di poeta in poeta, la satira si è sempre occupata di temi rilevanti come la
politica, la religione, la morte e attraverso la risata ha trasmesso delle piccole verità, ha
smascherato ipocrisie, e attaccato i pregiudizi. Dopo l’attentato alla sede del giornale «Charlie
Hebdo» si è discusso molto sulla satira religiosa, ed è interessante capirne le origini.
• Sin dalla sua nascita, la satira ha avuto fra i propri bersagli preferiti la religione, in particolare gli
esponenti pubblici del culto ed il ruolo politico e sociale svolto dalla religione. Anche nell'Antica
Grecia gli autori satirici ridicolizzavano la religione, in particolare quella politeistica che faceva capo
a Zeus. Documenti storici permettono di fare risalire, in Italia, la satira religiosa al 1500, come parte
della tradizione carnevalesca e popolare, ma sempre ed accuratamente censurata dalle diverse
istituzioni religiose.
• Questo tipo di satira provoca un conflitto tra opposti valori costituzionali. Da un lato, la libertà
dell’arte di cui all’art. 33 Cost.; dall’altro, non più il diritto alla reputazione (come negli altri casi
finora analizzati), ma il sentimento religioso, tutelato dall’art. 19 Cost., norma che sancisce la
libertà di religione.
• La satira religiosa può essere suddivisa in due categorie. La prima prende di mira personaggi che,
inseriti all’interno di una confessione religiosa, svolgono una funzione terrena. La seconda ha per
oggetto simboli ed entità spirituali. La prima categoria non pone particolari problemi giuridici.
Capita di vedere irrisi personaggi di spicco delle istituzioni religiose, a cominciare dalla Chiesa
Cattolica.
La questione incomincia a complicarsi quando la satira verte su simboli religiosi o entità spirituali. Qui
ad essere presa di mira è una cerchia indeterminata di persone (la comunità religiosa) anziché un
singolo soggetto, anche se in maniera indiretta. Vengono colpiti soggetti anonimi che, a differenza di
coloro che ricoprono incarichi di rilievo, non hanno mai scelto di esporsi pubblicamente accettando
di divenire oggetto di satira.

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La «satira»

  • 2. • Definizione: «La satira¹ è un genere della letteratura, delle arti e, più in generale, di comunicazione, caratterizzata dall'attenzione critica alla politica e alla società, mostrandone le contraddizioni e promuovendo il cambiamento» ¹ = dal latino satura, ae: satira, «sorta di ripieno», o proposta di legge. Il termine fu utilizzato da molti autori nell’espressione «satura lanx» il piatto misto di primizie della terra destinate agli dèi. Da questo significato deriva la definizione di satira latina quale genere letterario nato miscelando vari stili letterari. Per Giorgio Forattini, la satira è «una grande dimostrazione, la più alta espressione, di libertà e di democrazia». Secondo Dario Fo la satira è «una forma libera e assoluta del teatro»; Daniele Luttazzi la definisce «un punto di vista e un po' di memoria». Questo, assieme ai temi rilevanti che affronta, la distingue dalla comicità e dallo sfottò (la presa in giro bonaria), nei quali l'autore non ricorda fatti rilevanti e non propone un punto di vista ma fa solo del "colore". La Corte di Cassazione che si è sentita in dovere di dare una definizione giuridica di cosa debba intendersi per satira: « È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. » (Prima sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 9246/2006) La satira è un diritto costituzionale, che in Italia è garantito dagli articoli 21 e 33 della Carta.
  • 3. • La «satira» nella storia: Le origini della satira nella letteratura europea si confondono evidentemente con quelle della letteratura comica. Etimologicamente è il dramma satiresco a dare origine al genere, ma è Aristofane² colui che fa della satira politica un ingrediente fondamentale (come contro il demagogo Cleone ad Atene). Nell’antica Grecia la satira ha sempre avuto una fortissima impronta politica, occupandosi degli eventi di stretta attualità per la πόλις, e avendo una notevole influenza sull'opinione pubblica, per esempio a ridosso delle elezioni. La vera codificazione come genere letterario avviene però nella letteratura latina. La satira nasce tra il III e il II secolo a.C. ad opera di Ennio, che introdusse la satira a Roma, poi più tardi Quintiliano affermerà con orgoglio: «Satura quidem tota nostra est», rivendicando la nascita della satira ai Romani. Nell'età di Augusto l'autore più rappresentativo è Orazio, con le sue satire chiamate "Sermones". Sono una sorta di conversazione colta e spiritosa, che prende spunto da casi realmente accaduti, dai quali cerca di trarre un insegnamento. Da qui possiamo già vedere uno degli scopi della satira che permane fino ad oggi, quello di «correggere» un determinato aspetto negativo di un personaggio o un atteggiamento. Ma che differenze vi sono tra la satira antica e quella moderna? In realtà una differenza sostanziale la si ritrova nei mezzi utilizzati per «fare satira». Prevalentemente nel mondo antico la satira era considerata sia una forma letteraria sia una rappresentazione teatrale, mentre la satira moderna la si può trovare nelle vignette fumettistiche, in programmi televisivi con fini umoristici o derisori, nell’attività di molti comici, che mirano soprattutto alla messa a nudo di aspetti negativi di personaggi influenti, ma anche in internet (grazie anche alle caratteristiche di libertà che sono peculiari di questo mezzo). ² = « Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile: a ben vedere, significa onorare gli onesti.» da I cavalieri di Aristofane
  • 4. Nel medioevo non troviamo esponenti o autori rilevanti della satira, ma: Nel Rinascimento invece potremmo trovare in Dante quasi un «precursore» della satira moderna. Infatti nella Divina Commedia colloca nel girone infernale dei simoniaci Papa Bonifacio VIII ed altri ecclesiastici per aver fatto commercio di beni sacri, condannandoli ad atroci dolori. Inoltre il sommo poeta fa anche una «satira (se così la possiamo chiamare) religiosa», dissacrando la figura di Maometto, che viene inserito tra i seminatori di discordia della IX Bolgia. Dante lo raffigura come «orrendamente mutilato» in toni grotteschi e comici, con il corpo squarciato e “storpiato», paragonato ad una botte rotta, oggetto che solitamente è adibito a contenere il vino, alimento bandito dalla tradizione islamica. • Altro autore degno di nota è Ludovico Aoriosto, con le sue Satire, che nascono come una riflessione sull’esperienza personale del poeta, per poi allargarsi ad una riflessione socio-culturale e politica sulla realtà del ‘500, intrecciando osservazioni psicologiche, considerazioni morali e appunti di riflessione. Mantenendo sempre un tono pacato e leggero, riesce a far emergere tra le righe le sue dure critiche alla società e all’ambiente delle corti . • Curioso è poi il fenomeno delle "statue parlanti", iniziato nel XVI secolo con la comparsa a Roma di Pasquino, una scultura antica a cui venivano affissi componimenti anonimi (detti appunto pasquinate) che dileggiavano uomini di potere e governanti della città papalina, non di rado lo stesso Pontefice. Statue del genere erano diffuse anche in altre città italiane (ad es. l'Omm de Preja di Milano). Ancora oggi sotto la statua di Pasquino, vengono affissi sonetti romaneschi su argomenti d'attualità. Nel ‘700 l’illuminismo usò largamente la satira, contro i dogmatismi della religione e i privilegi dei nobili. Un esempio può essere l'opera dello scrittore e filosofo Voltaire (Candido), in cui l’autore utilizza la satira contro le religioni confessionali, l’intolleranza, la tirannide ecclesiastica ed ogni potere che pretenda di comprimere la ragione e la libertà dell’uomo. Nel contesto europeo che si andava delineando verso la fine del ‘700, con l’avvento della rivoluzione francese, si può assistere alla nascita di nuove forme di satira, come le vignette satiresche, che denunciavano l’oppressione del «terzo stato» (l’unico ceto sociale costretto a pagare le tasse) per mano del clero e della nobiltà.
  • 5. • Fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 in Italia vi fu una grande trasformazione del «fare satira», con l’avvento dei giornali satirici. Il più noto in Italia è L'Asino, di indole socialista e anticlericale. Le pubblicazioni interrotte dalla Prima guerra mondiale ripresero nel dopoguerra, e fu costretto a chiudere nel 1925. Vi erano poi 420 e Il Selvaggio apertamente schierate a favore del nuovo regime fascista. • Esistevano anche giornali senza una precisa connotazione ideologica, in cui la satira a tutto campo si spingeva a mettere in ridicolo, più o meno apertamente, elementi del Partito fascista: tra questi Il travaso delle idee. Nella redazione del Bertoldo erano presenti disegnatori come Giovannino Guareschi, che disegnò vignette sulla Guerra d'Etiopia, sulle Grandi Purghe, sull'espansionismo, negli anni che segnarono l'escalation verso la Seconda guerra mondiale, bilanciando la satira contro i nemici dell'Asse Roma-Berlino con sottili critiche alla retorica di regime (ad esempio sui monumenti trionfali e sulle dichiarazioni di guerra). • Dopo l'interruzione dovuta alle vicende belliche, Guareschi mise la propria esperienza al servizio di un nuovo settimanale chiamato Candido, che contribuì in maniera decisiva alla vittoria della Democrazia Cristiana nel 1948, salvo poi non risparmiare critiche alla stessa DC, pur mantenendo un fervente anticomunismo. • Oltre ai giornali satirici, anche illustrati, in tutta Europa si sviluppò un tipo particolare di satira, detta «cartografia» satirica. • Sono molte le condanne per l’esercizio della satira «aggressiva», molto spesso causate da denuncie da parte di personaggi di spicco o politici. Un esempio è il «caso Einaudi», scoppiato a causa di una vignetta in cui l'allora Presidente della Repubblica era ritratto mentre passava in rassegna una fila di bottiglie invece che di Corazzieri. Nel mirino del giornale era finito il fatto che tali bottiglie circolassero con la dicitura "Poderi del Senatore Luigi Einaudi" sull'etichetta, e che quindi costui sfruttasse la sua carica a fini commerciali. Guareschi, in qualità di direttore responsabile, fu condannato per "vilipendio al Capo dello Stato" a otto mesi con la condizionale.
  • 6. Nel tardo ‘900 iniziarono a nascere i giornali satirici «moderni», come «Il Male» (in Italia, 1977-1982), che per la maggior parte sono presenti ancora oggi, come Charlie Hebdo, fondato nel 1970 a Parigi. Da un punto di vista strettamente letterario è pertanto assai difficile mantenere oggi una definizione stabile del genere letterario, e quindi classificare in modo chiaro la «satira». • Per Dario Fo la satira è “un atto di rifiuto e come tale non può che essere acceso”. La satira è “una controaggressione che risponde allo smacco del Potere con uno sghignazzo che non può essere elegante”. La satira è “nata per mettere il re in mutande”. Per questo “il linguaggio della satira non può che essere virulento, sfacciato, insultante”. Secondo Dario Fo l’autore satirico reagisce dal basso ad un discutibile uso del Potere imposto dall’alto. E lo fa con uno “sghignazzo”. Lo sghignazzo cui allude Dario Fo è l’elemento che distingue la satira dalla critica. La critica è valutazione negativa ma lucida, che implica l’analisi di un fatto o di un comportamento. La satira invece deride, sbeffeggia, colloca il personaggio pubblico in una dimensione grottesca. La satira non vuole valutare, ma mettere “il re in mutande”, come dice Dario Fo. Per questo necessita di un linguaggio che “non può essere elegante”. • Basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, la satira è per sua intrinseca natura contro il potere, di qualunque «colore» esso sia, perché ne mostra le contraddizioni e propone propri punti di vista al fine di sensibilizzare le coscienze, contrastando il degrado etico e avviandosi verso il cambiamento. La vera satira non può, per sua indole, perseguire il fine di contribuire alla formazione dell'opinione pubblica e favorire alcuna fazione; così facendo viene snaturata e se ne riduce il valore e il significato a semplice e banale strumento finalizzato all'unico piacere di attaccare sempre e comunque la parte avversaria.
  • 7. • Di periodo in periodo, di poeta in poeta, la satira si è sempre occupata di temi rilevanti come la politica, la religione, la morte e attraverso la risata ha trasmesso delle piccole verità, ha smascherato ipocrisie, e attaccato i pregiudizi. Dopo l’attentato alla sede del giornale «Charlie Hebdo» si è discusso molto sulla satira religiosa, ed è interessante capirne le origini. • Sin dalla sua nascita, la satira ha avuto fra i propri bersagli preferiti la religione, in particolare gli esponenti pubblici del culto ed il ruolo politico e sociale svolto dalla religione. Anche nell'Antica Grecia gli autori satirici ridicolizzavano la religione, in particolare quella politeistica che faceva capo a Zeus. Documenti storici permettono di fare risalire, in Italia, la satira religiosa al 1500, come parte della tradizione carnevalesca e popolare, ma sempre ed accuratamente censurata dalle diverse istituzioni religiose. • Questo tipo di satira provoca un conflitto tra opposti valori costituzionali. Da un lato, la libertà dell’arte di cui all’art. 33 Cost.; dall’altro, non più il diritto alla reputazione (come negli altri casi finora analizzati), ma il sentimento religioso, tutelato dall’art. 19 Cost., norma che sancisce la libertà di religione. • La satira religiosa può essere suddivisa in due categorie. La prima prende di mira personaggi che, inseriti all’interno di una confessione religiosa, svolgono una funzione terrena. La seconda ha per oggetto simboli ed entità spirituali. La prima categoria non pone particolari problemi giuridici. Capita di vedere irrisi personaggi di spicco delle istituzioni religiose, a cominciare dalla Chiesa Cattolica.
  • 8. La questione incomincia a complicarsi quando la satira verte su simboli religiosi o entità spirituali. Qui ad essere presa di mira è una cerchia indeterminata di persone (la comunità religiosa) anziché un singolo soggetto, anche se in maniera indiretta. Vengono colpiti soggetti anonimi che, a differenza di coloro che ricoprono incarichi di rilievo, non hanno mai scelto di esporsi pubblicamente accettando di divenire oggetto di satira.