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Luglio/Agosto 2016 Safety & Security 17
Mauro Pastorello
grado di giustificarne i costi su larga scala.
Le stesse dinamiche sono assolutamente
replicabili in altri contesti geografici e di
business, come i già citati tour operator -
pensiamo ad i vari resort - o le realtà in-
dustriali operanti in zone definite come
high risk areas.
Soffermandoci sul comparto industry,
ogni professionista del mondo security è
conscio del fatto che non potrà mai ga-
rantire la sicurezza totale per il personale
presente nelle aree a rischio durante i loro
spostamenti, siano essi legati a trasferte
interne per meeting o più semplicemente
movimenti per raggiungere la sede opera-
tiva del caso. Ma è fondamentale ricorda-
re che i propri dipendenti rappresentano
un target assolutamente ibrido, potendolo
definire come infrastruttura critica azien-
dale – essendo indispensabile in ottica di
business continuity – ma rientrante nella
categoria dei soft target data la configu-
razione e le attività, con le conseguenti
difficoltà di messa in sicurezza. Ne deriva
che proteggere i propri dipendenti impie-
gati per missioni all’estero, diventa una
delle responsabilità più complesse e deli-
cate da gestire.
Vale la pena evidenziare alcuni punti fon-
damentali per una corretta pianificazione
di ogni missione, sia in territorio italiano
che estero.
Nella fase di pianificazione della missione,
saranno acquisite quante più informazioni
di intelligence possibili sulla country di ri-
ferimento, analizzati i rischi specifici deter-
minati dal paese di transizione/perma-
nenza, predisposti N° itinerari alternativi,
effettuati sopralluoghi onsite per definire
al meglio il quadro di riferimento e verran-
no eventualmente predisposti tutti i di-
spositivi di sicurezza necessari.
Lo step successivo sarà certamente quello
di formare ed informare i propri dipen-
denti sui vari rischi alla quale andranno in-
contro – che ricordo non essere necessa-
riamente legati a scenari di criminalità o di
terrorismo -, ai sensi del Decreto Legisla-
tivo 81/08 che recepisce in Italia il “Duty of
Care” di origine anglosassone. In base al
disposto di questo testo normativo, il da-
tore di lavoro è responsabile – sia in sede
A
l tempo stesso, non v’è dubbio
che i recenti drammatici accadi-
menti legati al terrorismo di ma-
trice jihadista, abbiano fatto scattare dei
campanelli di allarme ad operatori non
strettamente collegati con l’industria
dell’Oil & Gas o dei general contractor, co-
me i grandi tour operator presenti con le
loro strutture in tutto il territorio del Nord
Africa. Da una breve analisi e ricostruzio-
ne degli eventi si percepisce immediata-
mente un cambiamento fondamentale: i
target attualmente prediletti non risulta-
no più essere le infrastrutture critiche
strictu sensu, ma i cosiddetti “soft target”.
Per definizione e struttura infatti, questi
obiettivi sono considerati come difficil-
mente “securizzabili”; danno testimonian-
za di questo ad esempio agli attacchi al
Museo del Bardo in Tunisia, l’attacco al re-
sort di Sousse, i diversi attacchi contro
strutture alberghiere in Mali e Costa d’
Avorio e i più recenti attacchi di Parigi e
Brussells.
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dono perfettamente l’idea – in funzione
dei target prescelti - di quanto detto: la
rete metropolitana e l’area non sterile
dell’Aeroporto della Capitale. Ovviamente
è impossibile garantire un livello di sicu-
rezza del 100% e, qualora questo fosse
possibile, comporterebbe dei costi econo-
mici – ma non solo – elevatissimi e non in
16 Luglio/Agosto 2016 Safety & Security
LARESILIENZAAPPLICATA
AL CRISIS MANAGEMENT
NELLA GESTIONE DELLA
TRAVEL SECURITY
I mutevoli scenari internazionali che da
diversi anni ormai accompagnano tutti noi
quotidianamente, hanno innalzato i livelli
di attenzione di diverse multinazionali
sulle tematiche legate alla sicurezza dei
loro dipendenti.
Mauro Pastorello è un professionista di Security e Intelligence. Congedatosi con elogio dall’Esercito Italiano,
ha lavorato all’interno di alcune PMC. Successivamente, ha iniziato una collaborazione con il centro di ricerca
ITSTIME – Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies - dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore, focalizzando la sua attività sul monitoraggio delle minacce derivanti dal terrorismo di matrice ji-
hadista. Ad oggi, è responsabile della gestione dei servizi di Travel Security & Crisis Management all’interno
del provider leader in Italia nell’erogazione di servizi di sicurezza e consulenza internazionale.
CHE I PROPRI DIPENDENTI RAPPRESENTANO UN TARGET
ASSOLUTAMENTE IBRIDO, POTENDOLO DEFINIRE COME
INFRASTRUTTURA CRITICA AZIENDALE – ESSENDO
INDISPENSABILE IN OTTICA DI BUSINESS CONTINUITY –
MA RIENTRANTE NELLA CATEGORIA DEI SOFT TARGET
OGNI PROFESSIONISTA DEL MONDO SECURITY È CONSCIO
DEL FATTO CHE NON POTRÀ MAI GARANTIRE LA
SICUREZZA TOTALE
Luglio/Agosto 2016 Safety & Security 19
me dinamici e non statici, di classificazione
degli stessi, dalla costante rivalutazione
delle vulnerabilità, dallo studio e dal co-
stante aggiornamento delle procedure le-
gati ad essi. Un qualsiasi evento non pre-
visto può però far saltare il sistema; pen-
siamo ad esempio alla pianificazione e or-
ganizzazione di una missione in un qual-
siasi Paese classificato come “high risk”
della durata di 4 giorni che però termina
dopo 2 giorni. In fase di pianificazione e di
elaborazione del Piano di gestione della
Crisi, era stato analizzato uno scenario del
genere che, per fortuna, non è legato a
nessuna minaccia? Siamo in grado di pre-
disporre un’esfiltrazione anticipata? Co-
me detto precedentemente, i tempi e le
capacità di risposta sono elementi impre-
scindibili per una corretta gestione di
eventi di questo tipo, considerando sem-
pre che l’obiettivo di un Security manager
o, più in generale, di un qualsiasi operato-
re del mondo security, deve essere quello
di minimizzare l’esposizione a rischi di
qualsiasi natura e, come ovvia conse-
guenza, ridurre i tempi di permanenza in
zone a rischio.
Tutte le attività sopra descritte devono
essere necessariamente accompagnate
da campagne di sensibilizzazione e forma-
zione mirate e con un elevato livello di ver-
ticalizzazione – una missione in Tunisia non
può essere uguale ad una missione in Iraq
- a favore del board aziendale, dei tra-
sfertisti e del personale expat. Tali attività
di formazione hanno lo scopo di creare in
ciascun dipendente la cultura del rischio e
la conoscenza degli stessi, elementi indi-
spensabili per arrivare alla creazione di
una vera e propria comunità aziendale re-
siliente; il raggiungimento di tali obiettivi è
fondamentale per implementare al meglio
delle policy di viaggio stabilite dalla strut-
tura di corporate security, senza che esse
siano viste come delle “scocciature” da
parte dei propri dipendenti, sottolineando
come queste tematiche e in generale tutto
il comparto security, poggia sulla cultura e
formazione dei dipendenti prima che su
procedure elaborate e dispositivi di sicu-
rezza complessi.
Per gestire queste fasi critiche esistono
oggi sul mercato alcuni strumenti che ac-
compagnano il traveller e il Security Ma-
nager nell’assolvimento degli obblighi bu-
rocratici e nella corretta pianificazione dei
viaggi. Nella scelta del corretto strumento
- talvolta adattato a mercati e normative
differenti rispetto a quelle italiano -, va
comunque tenuta in considerazione l’ado-
zione di policy in compliance con la D.lgs.
81/2008. I
penale che amministrativa, in funzione dei
casi – della sicurezza dei suoi dipendenti
ed è obbligato ad informare gli stessi su
tutti i rischi – sia in termini di safety che di
security – e predisporre e porre in essere
tutte quelle misure e strumenti atti a miti-
gare i livelli di rischio.
Per chiarire meglio questa tipologia di
scenario basta ricordare il caso dei quat-
tro tecnici italiani della Bonatti rapiti in
territorio libico, terminato con l’uccisione
di due dei tecnici e con la liberazione degli
altri due. Nel caso di specie, nonostante
l’azienda operasse nell’area dagli inizi de-
gli anni ottanta, i quattro tecnici viaggia-
vano in ora serale all’interno di un comu-
nissimo van guidato da driver locale, sen-
za alcuna scorta armata in un Paese dove
poco tempo addietro era stata chiusa
l’Ambasciata Italiana e la Farnesina invi-
tava tutti i connazionali a lasciare il Paese;
inoltre, la Bonatti lavorava con Eni ma
senza condividere con loro alcun protocol-
lo di sicurezza. La reazione dei legali delle
famiglie si concretizzo immediatamente in
un’azione penale nei confronti dell’azien-
da.
Infine, ad avvio missione, sarà compito
della struttura di Corporate Security mo-
nitorare il proprio personale ed informarlo
in real time sugli scenari in cui essi opera-
no e di attuare tutte le azioni necessarie a
garantire l’incolumità del personale.
Quanto detto fino adesso, in termini
estremamente pragmatici, garantisce di
essere compliant con la normativa di rife-
rimento e, in linea teorica, dovrebbe esse-
re in grado di lasciare margini quanto più
possibile piccoli di rischio residuale, che ri-
mane comunque presente in ogni scena-
rio.
Al manifestarsi di un evento critico, di
un’emergenza di qualsiasi tipo o anche
nel caso in cui la missione terminerà con 1
giorno o anche solamente alcune ore di
anticipo, la Security dovrà attuare quanto
previsto dal Piano di gestione della Crisi
ed è proprio in questi frangenti che si gio-
ca la vera partita. Se in fase i pianificazio-
ne la proattività è condizione indispensa-
bile, in caso di evento critico la capacità di
risposta di gestione e di ripristino – e quin-
di di resilienza - sono elementi chiave e
fondamentali. La resilienza non è solo ca-
pacità di rispondere in maniera positiva
ed efficace ad un evento critico – o impre-
visto, aggiungerei io, dato il contesto - di
qualsiasi natura esso sia, ma anche di ri-
pristinare lo status precedente l’evento
critico con il quid pluris di conoscenza ma-
turato nell’affrontare la crisi, così da innal-
zare sempre più i livelli di preparazione e
di gestione delle emergenze. Questa me-
todologia, se applicata correttamente,
permette di cogliere delle importanti op-
portunità di crescita da una qualsiasi
emergenza o imprevisto che si è chiamati
a gestire.
Un efficiente ed efficace Piano di gestione
della Crisi nasce da un importante lavoro
di analisi degli scenari e dei rischi che, per
definizione, devono essere considerati co-
18 Luglio/Agosto 2016 Safety & Security
SARÀ COMPITO DELLA STRUTTURA DI CORPORATE
SECURITY MONITORARE IL PROPRIO PERSONALE ED
INFORMARLO IN REAL TIME
COGLIERE DELLE IMPORTANTI OPPORTUNITÀ DI CRESCITA
DA UNA QUALSIASI EMERGENZA O IMPREVISTO CHE SI È
CHIAMATI A GESTIRE
TALI ATTIVITÀ DI FORMAZIONE HANNO LO SCOPO DI
CREARE IN CIASCUN DIPENDENTE LA CULTURA DEL
RISCHIO E LA CONOSCENZA DEGLI STESSI, ELEMENTI
INDISPENSABILI PER ARRIVARE ALLA CREAZIONE DI UNA
VERA E PROPRIA COMUNITÀ AZIENDALE RESILIENTE

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  • 2. Luglio/Agosto 2016 Safety & Security 19 me dinamici e non statici, di classificazione degli stessi, dalla costante rivalutazione delle vulnerabilità, dallo studio e dal co- stante aggiornamento delle procedure le- gati ad essi. Un qualsiasi evento non pre- visto può però far saltare il sistema; pen- siamo ad esempio alla pianificazione e or- ganizzazione di una missione in un qual- siasi Paese classificato come “high risk” della durata di 4 giorni che però termina dopo 2 giorni. In fase di pianificazione e di elaborazione del Piano di gestione della Crisi, era stato analizzato uno scenario del genere che, per fortuna, non è legato a nessuna minaccia? Siamo in grado di pre- disporre un’esfiltrazione anticipata? Co- me detto precedentemente, i tempi e le capacità di risposta sono elementi impre- scindibili per una corretta gestione di eventi di questo tipo, considerando sem- pre che l’obiettivo di un Security manager o, più in generale, di un qualsiasi operato- re del mondo security, deve essere quello di minimizzare l’esposizione a rischi di qualsiasi natura e, come ovvia conse- guenza, ridurre i tempi di permanenza in zone a rischio. Tutte le attività sopra descritte devono essere necessariamente accompagnate da campagne di sensibilizzazione e forma- zione mirate e con un elevato livello di ver- ticalizzazione – una missione in Tunisia non può essere uguale ad una missione in Iraq - a favore del board aziendale, dei tra- sfertisti e del personale expat. Tali attività di formazione hanno lo scopo di creare in ciascun dipendente la cultura del rischio e la conoscenza degli stessi, elementi indi- spensabili per arrivare alla creazione di una vera e propria comunità aziendale re- siliente; il raggiungimento di tali obiettivi è fondamentale per implementare al meglio delle policy di viaggio stabilite dalla strut- tura di corporate security, senza che esse siano viste come delle “scocciature” da parte dei propri dipendenti, sottolineando come queste tematiche e in generale tutto il comparto security, poggia sulla cultura e formazione dei dipendenti prima che su procedure elaborate e dispositivi di sicu- rezza complessi. Per gestire queste fasi critiche esistono oggi sul mercato alcuni strumenti che ac- compagnano il traveller e il Security Ma- nager nell’assolvimento degli obblighi bu- rocratici e nella corretta pianificazione dei viaggi. Nella scelta del corretto strumento - talvolta adattato a mercati e normative differenti rispetto a quelle italiano -, va comunque tenuta in considerazione l’ado- zione di policy in compliance con la D.lgs. 81/2008. I penale che amministrativa, in funzione dei casi – della sicurezza dei suoi dipendenti ed è obbligato ad informare gli stessi su tutti i rischi – sia in termini di safety che di security – e predisporre e porre in essere tutte quelle misure e strumenti atti a miti- gare i livelli di rischio. Per chiarire meglio questa tipologia di scenario basta ricordare il caso dei quat- tro tecnici italiani della Bonatti rapiti in territorio libico, terminato con l’uccisione di due dei tecnici e con la liberazione degli altri due. Nel caso di specie, nonostante l’azienda operasse nell’area dagli inizi de- gli anni ottanta, i quattro tecnici viaggia- vano in ora serale all’interno di un comu- nissimo van guidato da driver locale, sen- za alcuna scorta armata in un Paese dove poco tempo addietro era stata chiusa l’Ambasciata Italiana e la Farnesina invi- tava tutti i connazionali a lasciare il Paese; inoltre, la Bonatti lavorava con Eni ma senza condividere con loro alcun protocol- lo di sicurezza. La reazione dei legali delle famiglie si concretizzo immediatamente in un’azione penale nei confronti dell’azien- da. Infine, ad avvio missione, sarà compito della struttura di Corporate Security mo- nitorare il proprio personale ed informarlo in real time sugli scenari in cui essi opera- no e di attuare tutte le azioni necessarie a garantire l’incolumità del personale. Quanto detto fino adesso, in termini estremamente pragmatici, garantisce di essere compliant con la normativa di rife- rimento e, in linea teorica, dovrebbe esse- re in grado di lasciare margini quanto più possibile piccoli di rischio residuale, che ri- mane comunque presente in ogni scena- rio. Al manifestarsi di un evento critico, di un’emergenza di qualsiasi tipo o anche nel caso in cui la missione terminerà con 1 giorno o anche solamente alcune ore di anticipo, la Security dovrà attuare quanto previsto dal Piano di gestione della Crisi ed è proprio in questi frangenti che si gio- ca la vera partita. Se in fase i pianificazio- ne la proattività è condizione indispensa- bile, in caso di evento critico la capacità di risposta di gestione e di ripristino – e quin- di di resilienza - sono elementi chiave e fondamentali. La resilienza non è solo ca- pacità di rispondere in maniera positiva ed efficace ad un evento critico – o impre- visto, aggiungerei io, dato il contesto - di qualsiasi natura esso sia, ma anche di ri- pristinare lo status precedente l’evento critico con il quid pluris di conoscenza ma- turato nell’affrontare la crisi, così da innal- zare sempre più i livelli di preparazione e di gestione delle emergenze. Questa me- todologia, se applicata correttamente, permette di cogliere delle importanti op- portunità di crescita da una qualsiasi emergenza o imprevisto che si è chiamati a gestire. 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