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45
Scienza Bonsai
Quanti avranno sognato di poter apprendere l’arte
bonsai in un famoso vivaio giapponese?
C’è chi il sogno lo sta realizzando.
Giulio Veronese, architetto del verde che lavora e
vive in Giappone, è stato nostro inviato d’eccezione
ed è andato a intervistare un giovane americano, che
ha le idee molto chiare sul suo futuro. Scopriamo in-
sieme la storia di Adam M. Jones, apprendista bon-
saista presso il vivaio Mansei-en della famiglia Kato
GV | Adam, ci siamo incontrati per la prima volta duran-
te la mia visita ai vivai di bonsai di Omiya, il celeberrimo
villaggio dei bonsai del Giappone. Ricordo il mio stupore
quando notai un non-giapponese lavorare fianco a fianco
agli artigiani giapponesi. Non vi è dubbio infatti che alcune
delle arti e tecniche giapponesi possono essere a volte assai
conservative, e io penso che il bonsai sia fra queste. In qua-
le modo hai approcciato il mondo dei bonsai giapponesi?
AJ | Come la maggior parte degli americani della mia genera-
zione, penso che mi resi conto per la prima volta dell’esistenza
dei bonsai dalle scene del film The Karate Kid. All’epoca ero
appena un ragazzino, pertanto per la maggior parte della mia
vita sono stato cosciente dei bonsai, o almeno dell’idea vaga
che qualcosa chiamato bonsai esistesse. Ma il motivo primo
che mi portò in Giappone fu il desiderio di apprendere come
la cultura giapponese interagisca con la natura; parlo di aspet-
ti come la composizione dei giardini giapponesi, o la religione
shinto. All’epoca vivevo in queste prossimità e avevo un lavoro
diverso. Durante i fine settimana venivo spesso al villaggio dei
bonsai, passeggiando e ammirando le piante. Un giorno mi ri-
trovai al Mansei-en. Quello fu il giorno in cui mi decisi e dissi:
“Sì, imparerò a fare questo. Diventerò un maestro bonsaista”.
Da quel giorno in poi mi recai a Mansei-en ogni qual volta fosse
possibile. Alla fine mi feci coraggio e chiesi come avrei potuto
imparare. I bonsaisti si mostrarono inclini ad aiutarmi e mi dis-
sero che avrei potuto studiare con loro. Quindi iniziai ad anda-
re i fine settimana a praticare semplici operazioni per vedere
se il lavoro mi si confaceva. Il substrato di storia e tradizione
nella comunità dei bonsaisti giapponesi potrebbe far sembrare
questo mondo escluso agli esterni, ma in realtà io penso che le
persone siano molto accoglienti.
Mansei-en, il viviaio presso il quale lavori, ha una lunga
e fantastica reputazione non solo a Omiya, ma in tutto il
Intervista ad Adam M. Jones,
apprendista bonsaista
di Giulio Veronese
1. Il vivaio Mansei-en della famiglia Kato, è stato aperto nel 1923 ad Omiya. Oggi ospita bonsaisti da tutto il mondo e anche Adam M.
Jones sta seguendo il suo praticantato proprio in questo famoso vivaio.
Giulio Veronese
È giardiniere con training nel Regno Uni-
to ma oggi operante in Giappone. Qui è
impegnato nella progettazione e ma-
nutenzione di un English Garden nei
pressi di Fukuoka, nel sud del paese.
Nei momenti liberi, Giulio si dedica alla
visita dei giardini tradizionali e all’esplo-
razione delle montagne e della loro ricca
flora nativa.
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Giappone. Il padre dell’attuale proprietario fu uno dei più
influenti bonsaisti del suo tempo. Come iniziò questa storia?
Mansei-en venne in realtà prima dell’istituzione del villaggio
dei bonsai. Il vivaio era inizialmente locato a Tokyo, ma in se-
guito a un forte terremoto nel 1923 si spostò a Omiya. Molti
altri vivai seguirono questo percorso.
Insieme a te nel vivaio vi sono altri due apprendisti stra-
nieri (un tedesco e un coreano). Da quanto tempo questo
tirocinio è stato condotto a Mansei-en? Quanto è difficile
essere ammessi, in termini di requisiti linguistici, collo-
quio di ammissione, ecc.?
Mansei-en ha avuto innumerevoli apprendisti durante la
sua lunga storia e molti rinomati e influenti bonsaisti con-
temporanei in Giappone hanno avuto la loro formazione
qui. Essere accettato come apprendista dipende dal singolo
individuo. Non esiste un determinato processo di ammis-
sione, ma in generale è necessario impegnarsi a studiare per
cinque anni, e mostrare il desiderio sincero di dedicarsi al
bonsaismo. Per quanto riguarda gli stranieri, è fondamen-
tale saper parlare e leggere il giapponese. Le complessità di
quest’arte sono così sottili e numerose che, se non si com-
prendono le istruzioni del maestro o non si riescono a leg-
gere le descrizioni dei manuali, una quantità di informazioni
è persa per strada.
Come descriveresti un giornata tipo di lavoro al vivaio?
Si inizia alle 8.00 di mattina con i lavori generali di pulizia e
messa in ordine. Dopodiché procediamo con qualsiasi cosa il
periodo o la stagione richieda, generalmente terminando ver-
so le 6.00-6.30 di sera. Tuttavia, molte giornate non passano
così facilmente. Non è fuori dall’ordinario lavorare dalle 6.00
di mattina alle 10.00 di sera durante certe fasi dell’anno.
In qualità di apprendisti, noi impariamo attraverso la pratica, il
che significa che nel corso delle stagioni dell’anno impariamo
ogni lavoro che sia necessario con ogni specie di albero che
sia a disposizione. Ovviamente, quando si è alle prime armi, si
inizia col fare un mucchio di pulizia e togliere le erbacce.
Come apprendista, ti è concesso di dedicarti su lavori o
piante specifiche?
La gran parte del lavoro sui bonsai è in rapporto alla stagione.
Così, ad esempio, noi rinvasiamo a inizio primavera e pin-
ziamo i Pini a inizio estate. Mentre i lavoratori più abili e gli
apprendisti esperti lavorano su piante importanti, o di clienti,
agli apprendisti più inesperti sono dati alberi di minor valore,
ma che necessitano delle stesse cure e manutenzione.
Hai mai lavorato con bonsai particolarmente importanti
o costosi?
Quando iniziai a lavorare al vivaio, ero piuttosto nervoso nel
2. Adam M. Jones al lavoro su un Pino nero. Il suo obiettivo dopo il
praticantato è quello di dedicarsi professionalmente al bonsai.
3. Tra le stagioni più impegnative vi è sicuramente quella dei
trapianti!
4-5-6. La grande diversità di specie coltivate nel vivaio permettono ad Adam di poter lavorare indistintamente su conifere, foglie caduche
e piante da frutto ampliando così il suo bagaglio conoscitivo.
47
lavorare bonsai di alta qualità o appartenenti a clienti. Tutta-
via, col passare degli anni la mia confidenza è aumentata, di
pari passo con le mie abilità.
Gli Stati Uniti d’America sono il paese dove i bonsai furono
per primi importati e compresi, al di fuori del Giappone.
Dal momento della loro introduzione, i bonsai sono diven-
tati progressivamente più popolari. Non a caso i bonsaisti
americani sono decisamente la più nutrita rappresentanza
fra gli entusiasti stranieri che mi è stato dato di vedere du-
rante la Saitama World Convention in questi giorni.
A tuo parere, quale è la direzione in cui il bonsaismo sta
andando in America e in occidente in generale? Sento
spesso dire che l’arte dei bonsai è in declino in Giappone.
Pensi che sia vero? Le giovani generazioni qui sono anco-
ra interessate a portare avanti questa tradizione?
La discussione delle differenze fra il bonsaismo giapponese e
americano potrebbe essere il soggetto di un’intervista intera.
Proverò a delineare qui qualche punto generale. Prima di tut-
to, personalmente ritengo che il bonsaismo sia più popolare
fuori dal Giappone, con un livello crescente di interesse in oc-
cidente e soprattutto negli Stati Uniti. Gli USA sono un pae-
se estremamente vasto e dalle regioni climatiche diverse, che
accolgono un’impressionante varietà di specie legnose native
con cui lavorare. Inoltre, le numerose catene montuose of-
frono una gran quantità di materiale yamadori (piante rac-
colte in natura). Mi aspetto di vedere il bonsaismo americano
maturare a livello di prim’ordine nel futuro più imminente.
Questo è un punto molto interessante. Permettimi di di-
lungarmi ancora su questo aspetto e domandarti qualche
differenza fra il bonsai giapponese e occidentale, in ter-
mini di settore lavorativo, estetica, specie utilizzate ecc.
Io penso che ovunque nel mondo tu vada, i principi estetici
del bonsai derivino da quelli codificati in Giappone. Concetti
come proporzione generale, equilibrio delle parti o armonia
fra la pianta e il vaso sono inevitabilmente influenzati dai
canoni giapponesi. Tuttavia, ogni paese ha la propria storia
culturale ed è nei limiti di quel contesto che il più profondo
significato delle scelte estetiche è ricavato. Così, ad esem-
pio, quando un giapponese osserva un albero di Pino, sarà a
lui trasmesso un senso di nostalgia derivato dal significato di
quella pianta nella cultura giapponese; idee come il concetto
di wabi-sabi o il senso di longevità. Al contrario, se un ameri-
cano è messo di fronte a una specie di Pino, i suoi sentimenti
saranno diversi. Io penso che i giapponesi invero abbiano una
lunga storia di bonsai, comprendente allusioni e significati ben
definiti, ma in altri paesi l’estetica si stia ancora sviluppando.
Prendiamo allora un paese con una storia artistica lunga
e complessa. Prendiamo l’Italia...
Direi che tutto quello che si è detto degli Stati Uniti valga anche
per l’Italia, col vantaggio non indifferente della ricchissima tra-
dizione locale di arte e cultura. Difatti il bonsaismo italiano è al-
tamente riconosciuto per la sua qualità e stile, e sono convinto
che questo abbia a che fare con l’influenza della storia dell’arte.
Talvolta penso che, per diventare un giardiniere in Giap-
pone, non sia fondamentale ottenere un’educazione or-
ticulturale vera e propria. Jake Hobson, autore di Niwaki
(libro stimolante sulla potatura giapponese), studiò come
scultore nel Regno Unito prima di lavorare nei giardini
giapponesi. Hobson sostiene che quel background artisti-
co - scevro da preconcetti orticolturali - gli ha permesso
di comprendere più efficacemente il mondo del giardi-
naggio e disegno dei giardini giapponesi.
9. L’esemplare, una volta estratto dal contenitore, presenta un
ottimo sviluppo dell’apparato radicale che viene districato con cura
da Adam e da un lavorante del vivaio.
7. Col passare del tempo e dopo aver acquisito una certa esperienza,
oggi Adam può seguire anche gli esemplari più importanti.
8. Adam M. Jones alle prese con il trapianto di un grande Faggio.
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Come bonsaista, quale è la tua opinione su questo punto?
Sono arrivato al bonsai dopo una laurea in belle arti. Il mio
interesse primario era la pittura e l’incisione. Sono d’accordo
nel ritenere che vi sia un’influenza artistica nel mio lavoro.
Il bonsai è senza dubbio la combinazione di conoscenza or-
ticolturale ed estetica-artistica. Indubbiamente è necessario
avere una solida base orticolturale per lavorare bonsai al più
alto livello (altrimenti la salute delle piante ne risentirebbe),
ma le scelte compositive sono artistiche. I bonsai che mi en-
tusiasmano, quelli che davvero entrano in risonanza con il
mio sentire, posseggono una loro propria unicità. Una qualità
che non è descrivibile a parole, ma che tocca una corda par-
ticolare nel mio animo. Questa stessa sensazione la riscontro
quando osservo pitture o sculture dei miei artisti preferiti.
Esistono aspetti nelle altre arti giapponesi che trovi dialogan-
ti o d’ispirazione per l’apprezzamento estetico dei bonsai?
Il bonsai non è che una delle innumerevoli arti praticate in
Giappone e come tale sicuramente condivide molti temi con
discipline tradizionali come poesia, buddismo e via dicendo. Io
sono fortemente convinto che più si conoscano le arti tradizio-
nali giapponesi, più completa sarà la comprensione dei bonsai,
specialmente nel campo dell’esposizione e presentazione.
Quando lavoravo in Inghilterra, ricordo di un collega
giardiniere che era anche un sincero entusiasta di bonsai.
Quando gli domandai la ragione di quella sua passione,
egli mi rispose che trovava un senso di soddisfazione nel
poter controllare e manipolare le cose della natura.
Tuttavia, dopo aver visitato i vivai di Omiya, mi sembra che
l’attitudine sia quasi diametralmente opposta qui in Giap-
pone. Le piante sono riconosciute come entità viventi in-
dividuali, e i loro movimenti e desideri infine accondiscesi.
Quale è la tua opinione rispetto a queste due visioni?
La relazione fra il bonsai e il bonsaista potrebbe essere pen-
sata come una danza. Esiste un leader e un follower, ma en-
trambi sono importanti allo stesso modo. Se noi cerchiamo
di torcere gli alberi al nostro solo volere, forzandoli in modi
a cui essi non sono predisposti, la loro salute ne risentirebbe
e - alla fine - potrebbero morire. Pertanto è molto importan-
te lavorare con l’albero. Vi è una ragione del resto perché si
parla di “allenamento” dei bonsai [training, nel testo inglese,
N.d.T.], lo stesso che si conduce sugli animali come i cani. È
necessario lavorare con l’albero, offrirgli un cammino ideale
di crescita, persuadendolo verso una forma o stile che meglio
evidenzino la sua naturale essenza individuale.
Anche in Giappone si discute questo dibattito fra natura e
artificialità. Alcuni apprezzano alberi dove la mano del bon-
saista non è visibile, altri invece preferiscono alberi altamente
stilizzati o manipolati. Le Azalee ad esempio sono di solito
talmente lontane dalla loro forma naturale che è impossibile
non vederne il lavoro del bonsaista. Ma ancora una volta, non
vi è un metodo migliore dell’altro, solo due approcci diversi.
Hai manzionato le Azalee. Vi è una pianta che ami lavo-
rare più di altre?
Mi piace particolarmente lavorare Aka-matsu, il Pino ros-
so giapponese (Pinus densiflora). Mi sembrano essere molto
femminili e possono essere create linee molto belle ed eleganti.
Tuttavia, come professionista, sono istruito nel lavorare tutte
le specie con uguale attenzione. Alcune specie come il Pino
nero (Pinus thunbergii) o certi membri della famiglia dei Citrus
mi feriscono le mani, ma il lavoro deve essere fatto comunque.
L’arte dei bonsai è strettamente connessa con i suiseki,
ovvero pietre raccolte in natura che sono tradizionalmen-
te apprezzate nella cultura giapponese. In questi giorni al
Saitama Convention Hall ho avuto modo di osservare e
trarre ispirazione da questi fantastici pezzi artistici.
Ti sei avvicinato anche al suiseki? Quale è la tua impres-
sione su questa quintessenziale arte giapponese?
Il mio maestro è molto interessato al suiseki e io stesso ho
dedicato molto tempo all’osservazione di pietre eccezionali.
Ciononostante i bonsai mi piacciono enormemente di più.
Forse un giorno il mio apprezzamento per i suiseki maturerà.
Cinque anni di tirocinio è una quantità di tempo consi-
derevole. Tuttavia, quando ci incontrammo, mi dicesti
che in tal periodo di tempo, si può ottenere ben poco;
magari, solamente comprendere i fondamenti. Non mi
11. Al termine dell’operazione. L’esemplare è stato nuovamente
collocato in un contenitore di legno con akadama. Adam procede
a un’abbondante annaffiatura.10. Dopo la potatura dell’apparato radicale.
49
stupì sentirti dire questo. L’arte dei bonsai è un universo
in miniatura, la comprensione del quale può essere avvi-
cinata all’infinito. Quanto tempo pensi sia necessario per
diventare un bonsaista professionista?
Se ti focalizzi e studi sodo, potresti imparare i fondamenti del
bonsaismo in circa due anni. Dopo cinque anni potresti ave-
re la confidenza e l’abilità di lavorare e affrontare la maggior
parte degli alberi e situazioni. Tuttavia se ti accontenti e pen-
si di sapere abbastanza, perderesti una grande opportunità.
Conoscenza e abilità sono fattori relativi. Io conosco più di
alcuni - è vero - ma vi sono altri che conoscono molto più di
me. Sono sempre stato alla ricerca di nuove esperienze e co-
noscenza. Mi aspetto che vi siano sempre nuove situazioni a
offrirmi la possibilità di crescere, così immagino che imparerò
qualcosa di nuovo anche quando avrò ottant’anni.
Nel rispetto di quanto abbiamo detto, pensi che sia ab-
bastanza per il bonsaista moderno avere esperienza solo
nella “terra madre” Giappone? O sono forse necessari
oggi un approccio e un’educazione più internazionale?
Dal momento che il bonsaismo giapponese è considerato il
migliore al mondo e la maggior parte delle teorie estetiche
sul bonsai sono qui fondate, avere un’esperienza lavorativa in
Giappone è piuttosto importante. Ciò non toglie che vi siano
molti fantastici bonsaisti nel mondo. In realtà è importante
conoscere le specie native e la storia culturale dell’area dove
si desidera fare bonsai. Come lavoratore con sede in Giappo-
ne, questo significa conoscere il modo giapponese. Viaggiare
e imparare delle diverse specie ed estetiche nel mondo sareb-
be una grande opportunità di crescita personale.
Quali sono i tuoi piani una volta terminato il tuo tiroci-
nio? Pensi di rimanere in Giappone o magari tornare dalle
tue parti?
Una volta finito il mio apprendistato, aprirò il mio vivaio pro-
prio qui in Giappone, in una città chiamata Sendai. So per
esperienza personale quanto sia difficile viaggiare e impara-
re qui, pertanto spero di poter far da ponte fra il bonsaismo
giapponese e non-giapponese in futuro. Dedicarsi cinque anni
allo studio di qualcosa in una cultura e lingua straniere non è
facile; nemmeno imprescindibile del resto, almeno che non
si voglia diventare un professionista. La mia idea è di aprire
il mio giardino a chiunque sia interessato a dedicare qualche
settimana o qualche mese alla pratica dei bonsai qui in Giap-
pone. Ho già a disposizione una struttura per la quarantena,
così - a seconda del dettaglio - i tirocinanti potrebbero poi
spedire a casa gli alberi che hanno lavorato. Sono molto ecci-
tato all’idea del giardino che sto pianificando. Il concetto fon-
damentale è che questa cosa che per me è stata così difficile
da raggiungere - vale a dire studiare in Giappone - potrebbe
essere in futuro agevolata ad altri per mezzo del mio lavoro.
Questa è davvero un’idea stimolante e affascinante. Ti
auguro di portarla a termine con successo.
Un’ultima domanda: cosa pensi che in ultima analisi i
bonsai ti stiano insegnando, come lavoratore professioni-
sta e come uomo?
Io penso che il bonsai mi stia insegnando pazienza, attenzione,
apprezzamento delle qualità stagionali e la capacità di ricava-
re momenti di piacere anche durante operazioni mondane o
gravose. Ma più di ogni altra cosa, io penso che mi stia
insegnando della connessione tra l’uomo e la natura.
14. In Giappone Adam M. Jones tiene anche corsi bonsai per
principianti.
12-13. Tra le attività più importanti del vivaio Mansei-en vi è la
preparazione degli esemplari per le esposizioni.

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Intervista ad adam m. jones, apprendista bonsaista

  • 1. 45 Scienza Bonsai Quanti avranno sognato di poter apprendere l’arte bonsai in un famoso vivaio giapponese? C’è chi il sogno lo sta realizzando. Giulio Veronese, architetto del verde che lavora e vive in Giappone, è stato nostro inviato d’eccezione ed è andato a intervistare un giovane americano, che ha le idee molto chiare sul suo futuro. Scopriamo in- sieme la storia di Adam M. Jones, apprendista bon- saista presso il vivaio Mansei-en della famiglia Kato GV | Adam, ci siamo incontrati per la prima volta duran- te la mia visita ai vivai di bonsai di Omiya, il celeberrimo villaggio dei bonsai del Giappone. Ricordo il mio stupore quando notai un non-giapponese lavorare fianco a fianco agli artigiani giapponesi. Non vi è dubbio infatti che alcune delle arti e tecniche giapponesi possono essere a volte assai conservative, e io penso che il bonsai sia fra queste. In qua- le modo hai approcciato il mondo dei bonsai giapponesi? AJ | Come la maggior parte degli americani della mia genera- zione, penso che mi resi conto per la prima volta dell’esistenza dei bonsai dalle scene del film The Karate Kid. All’epoca ero appena un ragazzino, pertanto per la maggior parte della mia vita sono stato cosciente dei bonsai, o almeno dell’idea vaga che qualcosa chiamato bonsai esistesse. Ma il motivo primo che mi portò in Giappone fu il desiderio di apprendere come la cultura giapponese interagisca con la natura; parlo di aspet- ti come la composizione dei giardini giapponesi, o la religione shinto. All’epoca vivevo in queste prossimità e avevo un lavoro diverso. Durante i fine settimana venivo spesso al villaggio dei bonsai, passeggiando e ammirando le piante. Un giorno mi ri- trovai al Mansei-en. Quello fu il giorno in cui mi decisi e dissi: “Sì, imparerò a fare questo. Diventerò un maestro bonsaista”. Da quel giorno in poi mi recai a Mansei-en ogni qual volta fosse possibile. Alla fine mi feci coraggio e chiesi come avrei potuto imparare. I bonsaisti si mostrarono inclini ad aiutarmi e mi dis- sero che avrei potuto studiare con loro. Quindi iniziai ad anda- re i fine settimana a praticare semplici operazioni per vedere se il lavoro mi si confaceva. Il substrato di storia e tradizione nella comunità dei bonsaisti giapponesi potrebbe far sembrare questo mondo escluso agli esterni, ma in realtà io penso che le persone siano molto accoglienti. Mansei-en, il viviaio presso il quale lavori, ha una lunga e fantastica reputazione non solo a Omiya, ma in tutto il Intervista ad Adam M. Jones, apprendista bonsaista di Giulio Veronese 1. Il vivaio Mansei-en della famiglia Kato, è stato aperto nel 1923 ad Omiya. Oggi ospita bonsaisti da tutto il mondo e anche Adam M. Jones sta seguendo il suo praticantato proprio in questo famoso vivaio. Giulio Veronese È giardiniere con training nel Regno Uni- to ma oggi operante in Giappone. Qui è impegnato nella progettazione e ma- nutenzione di un English Garden nei pressi di Fukuoka, nel sud del paese. Nei momenti liberi, Giulio si dedica alla visita dei giardini tradizionali e all’esplo- razione delle montagne e della loro ricca flora nativa.
  • 2. 46 Giappone. Il padre dell’attuale proprietario fu uno dei più influenti bonsaisti del suo tempo. Come iniziò questa storia? Mansei-en venne in realtà prima dell’istituzione del villaggio dei bonsai. Il vivaio era inizialmente locato a Tokyo, ma in se- guito a un forte terremoto nel 1923 si spostò a Omiya. Molti altri vivai seguirono questo percorso. Insieme a te nel vivaio vi sono altri due apprendisti stra- nieri (un tedesco e un coreano). Da quanto tempo questo tirocinio è stato condotto a Mansei-en? Quanto è difficile essere ammessi, in termini di requisiti linguistici, collo- quio di ammissione, ecc.? Mansei-en ha avuto innumerevoli apprendisti durante la sua lunga storia e molti rinomati e influenti bonsaisti con- temporanei in Giappone hanno avuto la loro formazione qui. Essere accettato come apprendista dipende dal singolo individuo. Non esiste un determinato processo di ammis- sione, ma in generale è necessario impegnarsi a studiare per cinque anni, e mostrare il desiderio sincero di dedicarsi al bonsaismo. Per quanto riguarda gli stranieri, è fondamen- tale saper parlare e leggere il giapponese. Le complessità di quest’arte sono così sottili e numerose che, se non si com- prendono le istruzioni del maestro o non si riescono a leg- gere le descrizioni dei manuali, una quantità di informazioni è persa per strada. Come descriveresti un giornata tipo di lavoro al vivaio? Si inizia alle 8.00 di mattina con i lavori generali di pulizia e messa in ordine. Dopodiché procediamo con qualsiasi cosa il periodo o la stagione richieda, generalmente terminando ver- so le 6.00-6.30 di sera. Tuttavia, molte giornate non passano così facilmente. Non è fuori dall’ordinario lavorare dalle 6.00 di mattina alle 10.00 di sera durante certe fasi dell’anno. In qualità di apprendisti, noi impariamo attraverso la pratica, il che significa che nel corso delle stagioni dell’anno impariamo ogni lavoro che sia necessario con ogni specie di albero che sia a disposizione. Ovviamente, quando si è alle prime armi, si inizia col fare un mucchio di pulizia e togliere le erbacce. Come apprendista, ti è concesso di dedicarti su lavori o piante specifiche? La gran parte del lavoro sui bonsai è in rapporto alla stagione. Così, ad esempio, noi rinvasiamo a inizio primavera e pin- ziamo i Pini a inizio estate. Mentre i lavoratori più abili e gli apprendisti esperti lavorano su piante importanti, o di clienti, agli apprendisti più inesperti sono dati alberi di minor valore, ma che necessitano delle stesse cure e manutenzione. Hai mai lavorato con bonsai particolarmente importanti o costosi? Quando iniziai a lavorare al vivaio, ero piuttosto nervoso nel 2. Adam M. Jones al lavoro su un Pino nero. Il suo obiettivo dopo il praticantato è quello di dedicarsi professionalmente al bonsai. 3. Tra le stagioni più impegnative vi è sicuramente quella dei trapianti! 4-5-6. La grande diversità di specie coltivate nel vivaio permettono ad Adam di poter lavorare indistintamente su conifere, foglie caduche e piante da frutto ampliando così il suo bagaglio conoscitivo.
  • 3. 47 lavorare bonsai di alta qualità o appartenenti a clienti. Tutta- via, col passare degli anni la mia confidenza è aumentata, di pari passo con le mie abilità. Gli Stati Uniti d’America sono il paese dove i bonsai furono per primi importati e compresi, al di fuori del Giappone. Dal momento della loro introduzione, i bonsai sono diven- tati progressivamente più popolari. Non a caso i bonsaisti americani sono decisamente la più nutrita rappresentanza fra gli entusiasti stranieri che mi è stato dato di vedere du- rante la Saitama World Convention in questi giorni. A tuo parere, quale è la direzione in cui il bonsaismo sta andando in America e in occidente in generale? Sento spesso dire che l’arte dei bonsai è in declino in Giappone. Pensi che sia vero? Le giovani generazioni qui sono anco- ra interessate a portare avanti questa tradizione? La discussione delle differenze fra il bonsaismo giapponese e americano potrebbe essere il soggetto di un’intervista intera. Proverò a delineare qui qualche punto generale. Prima di tut- to, personalmente ritengo che il bonsaismo sia più popolare fuori dal Giappone, con un livello crescente di interesse in oc- cidente e soprattutto negli Stati Uniti. Gli USA sono un pae- se estremamente vasto e dalle regioni climatiche diverse, che accolgono un’impressionante varietà di specie legnose native con cui lavorare. Inoltre, le numerose catene montuose of- frono una gran quantità di materiale yamadori (piante rac- colte in natura). Mi aspetto di vedere il bonsaismo americano maturare a livello di prim’ordine nel futuro più imminente. Questo è un punto molto interessante. Permettimi di di- lungarmi ancora su questo aspetto e domandarti qualche differenza fra il bonsai giapponese e occidentale, in ter- mini di settore lavorativo, estetica, specie utilizzate ecc. Io penso che ovunque nel mondo tu vada, i principi estetici del bonsai derivino da quelli codificati in Giappone. Concetti come proporzione generale, equilibrio delle parti o armonia fra la pianta e il vaso sono inevitabilmente influenzati dai canoni giapponesi. Tuttavia, ogni paese ha la propria storia culturale ed è nei limiti di quel contesto che il più profondo significato delle scelte estetiche è ricavato. Così, ad esem- pio, quando un giapponese osserva un albero di Pino, sarà a lui trasmesso un senso di nostalgia derivato dal significato di quella pianta nella cultura giapponese; idee come il concetto di wabi-sabi o il senso di longevità. Al contrario, se un ameri- cano è messo di fronte a una specie di Pino, i suoi sentimenti saranno diversi. Io penso che i giapponesi invero abbiano una lunga storia di bonsai, comprendente allusioni e significati ben definiti, ma in altri paesi l’estetica si stia ancora sviluppando. Prendiamo allora un paese con una storia artistica lunga e complessa. Prendiamo l’Italia... Direi che tutto quello che si è detto degli Stati Uniti valga anche per l’Italia, col vantaggio non indifferente della ricchissima tra- dizione locale di arte e cultura. Difatti il bonsaismo italiano è al- tamente riconosciuto per la sua qualità e stile, e sono convinto che questo abbia a che fare con l’influenza della storia dell’arte. Talvolta penso che, per diventare un giardiniere in Giap- pone, non sia fondamentale ottenere un’educazione or- ticulturale vera e propria. Jake Hobson, autore di Niwaki (libro stimolante sulla potatura giapponese), studiò come scultore nel Regno Unito prima di lavorare nei giardini giapponesi. Hobson sostiene che quel background artisti- co - scevro da preconcetti orticolturali - gli ha permesso di comprendere più efficacemente il mondo del giardi- naggio e disegno dei giardini giapponesi. 9. L’esemplare, una volta estratto dal contenitore, presenta un ottimo sviluppo dell’apparato radicale che viene districato con cura da Adam e da un lavorante del vivaio. 7. Col passare del tempo e dopo aver acquisito una certa esperienza, oggi Adam può seguire anche gli esemplari più importanti. 8. Adam M. Jones alle prese con il trapianto di un grande Faggio.
  • 4. 48 Come bonsaista, quale è la tua opinione su questo punto? Sono arrivato al bonsai dopo una laurea in belle arti. Il mio interesse primario era la pittura e l’incisione. Sono d’accordo nel ritenere che vi sia un’influenza artistica nel mio lavoro. Il bonsai è senza dubbio la combinazione di conoscenza or- ticolturale ed estetica-artistica. Indubbiamente è necessario avere una solida base orticolturale per lavorare bonsai al più alto livello (altrimenti la salute delle piante ne risentirebbe), ma le scelte compositive sono artistiche. I bonsai che mi en- tusiasmano, quelli che davvero entrano in risonanza con il mio sentire, posseggono una loro propria unicità. Una qualità che non è descrivibile a parole, ma che tocca una corda par- ticolare nel mio animo. Questa stessa sensazione la riscontro quando osservo pitture o sculture dei miei artisti preferiti. Esistono aspetti nelle altre arti giapponesi che trovi dialogan- ti o d’ispirazione per l’apprezzamento estetico dei bonsai? Il bonsai non è che una delle innumerevoli arti praticate in Giappone e come tale sicuramente condivide molti temi con discipline tradizionali come poesia, buddismo e via dicendo. Io sono fortemente convinto che più si conoscano le arti tradizio- nali giapponesi, più completa sarà la comprensione dei bonsai, specialmente nel campo dell’esposizione e presentazione. Quando lavoravo in Inghilterra, ricordo di un collega giardiniere che era anche un sincero entusiasta di bonsai. Quando gli domandai la ragione di quella sua passione, egli mi rispose che trovava un senso di soddisfazione nel poter controllare e manipolare le cose della natura. Tuttavia, dopo aver visitato i vivai di Omiya, mi sembra che l’attitudine sia quasi diametralmente opposta qui in Giap- pone. Le piante sono riconosciute come entità viventi in- dividuali, e i loro movimenti e desideri infine accondiscesi. Quale è la tua opinione rispetto a queste due visioni? La relazione fra il bonsai e il bonsaista potrebbe essere pen- sata come una danza. Esiste un leader e un follower, ma en- trambi sono importanti allo stesso modo. Se noi cerchiamo di torcere gli alberi al nostro solo volere, forzandoli in modi a cui essi non sono predisposti, la loro salute ne risentirebbe e - alla fine - potrebbero morire. Pertanto è molto importan- te lavorare con l’albero. Vi è una ragione del resto perché si parla di “allenamento” dei bonsai [training, nel testo inglese, N.d.T.], lo stesso che si conduce sugli animali come i cani. È necessario lavorare con l’albero, offrirgli un cammino ideale di crescita, persuadendolo verso una forma o stile che meglio evidenzino la sua naturale essenza individuale. Anche in Giappone si discute questo dibattito fra natura e artificialità. Alcuni apprezzano alberi dove la mano del bon- saista non è visibile, altri invece preferiscono alberi altamente stilizzati o manipolati. Le Azalee ad esempio sono di solito talmente lontane dalla loro forma naturale che è impossibile non vederne il lavoro del bonsaista. Ma ancora una volta, non vi è un metodo migliore dell’altro, solo due approcci diversi. Hai manzionato le Azalee. Vi è una pianta che ami lavo- rare più di altre? Mi piace particolarmente lavorare Aka-matsu, il Pino ros- so giapponese (Pinus densiflora). Mi sembrano essere molto femminili e possono essere create linee molto belle ed eleganti. Tuttavia, come professionista, sono istruito nel lavorare tutte le specie con uguale attenzione. Alcune specie come il Pino nero (Pinus thunbergii) o certi membri della famiglia dei Citrus mi feriscono le mani, ma il lavoro deve essere fatto comunque. L’arte dei bonsai è strettamente connessa con i suiseki, ovvero pietre raccolte in natura che sono tradizionalmen- te apprezzate nella cultura giapponese. In questi giorni al Saitama Convention Hall ho avuto modo di osservare e trarre ispirazione da questi fantastici pezzi artistici. Ti sei avvicinato anche al suiseki? Quale è la tua impres- sione su questa quintessenziale arte giapponese? Il mio maestro è molto interessato al suiseki e io stesso ho dedicato molto tempo all’osservazione di pietre eccezionali. Ciononostante i bonsai mi piacciono enormemente di più. Forse un giorno il mio apprezzamento per i suiseki maturerà. Cinque anni di tirocinio è una quantità di tempo consi- derevole. Tuttavia, quando ci incontrammo, mi dicesti che in tal periodo di tempo, si può ottenere ben poco; magari, solamente comprendere i fondamenti. Non mi 11. Al termine dell’operazione. L’esemplare è stato nuovamente collocato in un contenitore di legno con akadama. Adam procede a un’abbondante annaffiatura.10. Dopo la potatura dell’apparato radicale.
  • 5. 49 stupì sentirti dire questo. L’arte dei bonsai è un universo in miniatura, la comprensione del quale può essere avvi- cinata all’infinito. Quanto tempo pensi sia necessario per diventare un bonsaista professionista? Se ti focalizzi e studi sodo, potresti imparare i fondamenti del bonsaismo in circa due anni. Dopo cinque anni potresti ave- re la confidenza e l’abilità di lavorare e affrontare la maggior parte degli alberi e situazioni. Tuttavia se ti accontenti e pen- si di sapere abbastanza, perderesti una grande opportunità. Conoscenza e abilità sono fattori relativi. Io conosco più di alcuni - è vero - ma vi sono altri che conoscono molto più di me. Sono sempre stato alla ricerca di nuove esperienze e co- noscenza. Mi aspetto che vi siano sempre nuove situazioni a offrirmi la possibilità di crescere, così immagino che imparerò qualcosa di nuovo anche quando avrò ottant’anni. Nel rispetto di quanto abbiamo detto, pensi che sia ab- bastanza per il bonsaista moderno avere esperienza solo nella “terra madre” Giappone? O sono forse necessari oggi un approccio e un’educazione più internazionale? Dal momento che il bonsaismo giapponese è considerato il migliore al mondo e la maggior parte delle teorie estetiche sul bonsai sono qui fondate, avere un’esperienza lavorativa in Giappone è piuttosto importante. Ciò non toglie che vi siano molti fantastici bonsaisti nel mondo. In realtà è importante conoscere le specie native e la storia culturale dell’area dove si desidera fare bonsai. Come lavoratore con sede in Giappo- ne, questo significa conoscere il modo giapponese. Viaggiare e imparare delle diverse specie ed estetiche nel mondo sareb- be una grande opportunità di crescita personale. Quali sono i tuoi piani una volta terminato il tuo tiroci- nio? Pensi di rimanere in Giappone o magari tornare dalle tue parti? Una volta finito il mio apprendistato, aprirò il mio vivaio pro- prio qui in Giappone, in una città chiamata Sendai. So per esperienza personale quanto sia difficile viaggiare e impara- re qui, pertanto spero di poter far da ponte fra il bonsaismo giapponese e non-giapponese in futuro. Dedicarsi cinque anni allo studio di qualcosa in una cultura e lingua straniere non è facile; nemmeno imprescindibile del resto, almeno che non si voglia diventare un professionista. La mia idea è di aprire il mio giardino a chiunque sia interessato a dedicare qualche settimana o qualche mese alla pratica dei bonsai qui in Giap- pone. Ho già a disposizione una struttura per la quarantena, così - a seconda del dettaglio - i tirocinanti potrebbero poi spedire a casa gli alberi che hanno lavorato. Sono molto ecci- tato all’idea del giardino che sto pianificando. Il concetto fon- damentale è che questa cosa che per me è stata così difficile da raggiungere - vale a dire studiare in Giappone - potrebbe essere in futuro agevolata ad altri per mezzo del mio lavoro. Questa è davvero un’idea stimolante e affascinante. Ti auguro di portarla a termine con successo. Un’ultima domanda: cosa pensi che in ultima analisi i bonsai ti stiano insegnando, come lavoratore professioni- sta e come uomo? Io penso che il bonsai mi stia insegnando pazienza, attenzione, apprezzamento delle qualità stagionali e la capacità di ricava- re momenti di piacere anche durante operazioni mondane o gravose. Ma più di ogni altra cosa, io penso che mi stia insegnando della connessione tra l’uomo e la natura. 14. In Giappone Adam M. Jones tiene anche corsi bonsai per principianti. 12-13. Tra le attività più importanti del vivaio Mansei-en vi è la preparazione degli esemplari per le esposizioni.