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Il vestito e il mantello: 

l’abbigliamento tra marketing territoriale e
tradizione
dott. Samuel Piana, Landexplorer (samuel.piana@landexplorer.it)

dott. Luca Ciurleo, ANPIA
Vestito tipico (Google immagini)
Il costume tipico
• Il vestito della festa che
accompagna “dalla culla alla
bara”

• Simbolo identitario facilmente
riconoscibile

• Abbigliamento femminile ricco
di simbolismo

• Abbandonato nel corso degli
anni, con date variabili a
seconda del luogo
Il costume tipico
• Le donne furono le ultime ad
abbandonare l’uso del
costume tipico: gli uomini si
adeguarono prima alla “divisa
borghese” con pantaloni a
sigaretta, giacca e cravatta
(secondo la pudica moda
Vittoriana)
• A Luzzogno piuttosto che altri
piccoli comuni montani l’uso
del costume è ancora vivo
• Le foto dei cimiteri come
elemento di indagine
Il costume tipico
• Il recupero del costume è
prevalentemente femminile

• Gruppi folk di consolidata
tradizione (Le Donne del Parco
Valgrande) ma anche di
recente istituzione (i Takar)

• Riaffermazione della propria
identità in una sorta di “folk-
revival”
Il costume tipico
• Quando il costume non c’è lo
si inventa

• Studi, ma anche invenzione del
costume su modelli verosimili

• Costume di Vogogna su
modelli analoghi del folklore
ossolano

• San Gervasio e Protasio di
Domodossola, oppure
sant’Orsa di Pieve Vergonte
Il costume tipico
• «Portare il costume è per noi
un gesto di recupero della
memoria del territorio, è il
modo per esprimere la nostra
orgogliosa appartenenza ad
esso e sottolineare il nostro
ruolo femminile di
conservazione della tradizione»

• Rosalia Zaccheo
Il costume tipico
• L’uso del costume serve a
valorizzare il luogo e viene
speso in ambito turistico

• Le bamboline souvenir

• I gruppi folk

• Il “valore aggiunto della
tradizione” in ambito turistico
ed economico (tourism-scape)

• Costume ripreso per creare
identità contrapposta
all’alterità del turista
Il costume tipico
• “Sacralizzazione” vs “Esibizione”
• Il costume va usato solo in occasioni “sacre”, codificate e
ben precise, non è un travestimento ma un oggetto
simbolico della nostra cultura
• Il costume può essere usato anche in ambito turistico,
per fornire un “valore aggiunto” di tradizionalità
Il costume tipico
• “Sacralizzazione” vs “Esibizione”
• Da un lato si rischia di “fossilizzare” il costume ed il suo
uso, limitandone l’uso a determinate occasioni, facendolo
progressivamente estinguere
• Dall’altro, se si mantiene vivo l’abito, si rischia di
snaturarne l’essenza, di inflazionarne l’uso ad ogni
evento
Dal vestito al cosplay
• Il mondo del cosplay è
assimilabile al costume
tradizionale sotto molti aspetti

• Cultura non più strettamente
legata al territorio ma
maggiormente “globalizzata”

• Personaggi del mondo del
fumetto, delle serie tv, degli
anime

• Diversi raduni (Lucca Comics &
Games, Cartoomics, Romics,
Comicon)
Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso di tratta
di una vera e propria comunità
che come tale va indagata

• Hanno un proprio “calendario
rituale” basato sui vari raduni

• Fanno dei veri e propri
“pellegrinaggi” che hanno una
forte ritualità (compresa quella
del rito di passaggio)

• Sono fonte di reddito non
indifferente

• Merchandising, mercato
turistico, fumetti, serie tv…
Dal vestito al cosplay
• Si tratta della generazione
Millennial (prevalentemente): dai
20 ai 40 anni, cresciuti con
manga ed anime

• La generazione delle tv
commerciali

• La generazione che ha vissuto
sulla propria pelle il crollo del
welfare state e della co-
discendenza, co-residenza e
co-trascendenza

• Si ricrea una comunità fittizia
basata su leggende e simboli
della cultura pop
Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso si assiste
ad un atteggiamento
contrastivo di sacralizzazione
vs esibizione
• Il “cosplayer duro e puro”:

costume fatto artigianalmente,
indossato solo negli eventi
“ufficiali” (che cioè fanno parte
del loro “calendario rituale”),
non indossato al di fuori dei
contesti ufficiali (sì a Lucca, no
al Carnevale di paese)
Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso si assiste
ad un atteggiamento
contrastivo di sacralizzazione
vs esibizione
• Il “cosplayer divertito”:

gioca nell’ambito del
travestitismo, accetta costumi
più mainstream anche prodotti
industrialmente, è disposto ad
utilizzare il vestito in svariate
occasioni, quali feste in
maschera, Halloween o
Carnevali
Il turismo dei cosplay

Qualche dato economico
• Romics 2019, 200.000 persone presenti in tre giorni
• Cartoomics 2019, oltre 100.000 presenze
• Comicon di Napoli 2019, 160.000 presenze
• Lucca Comics & Games 2018, in 5 giorni 251.000 ingressi di ticketing (4
volte i presenti alla finale di Champions League 2018), a cui si
aggiungono accreditati ed espositori
• 331 Level up fan (biglietti a prezzo maggiorato)
• 14.000 download della app ufficiale e 30.000 poster LRNZ
• 2.000 eventi circa tra presentazioni
Lucca Comics & Games 2019
Il turismo dei cosplay

Qualche dato economico
• Comicon di San Diego tetto massimo di 130.000 persone
in quattro giorni
• Dal 2009 richiesta triplicata
• I biglietti, contingentati, vengono prevenduti via web in 90’
• Prezzo giornaliero: 45-63$, un ticket quattro giorni 276$
• Oltre 1.000 espositori
• Valore dei ticket di ingresso pari a 8.190.000$
Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Premesse:
• Il costume come prodotto culturale, quindi sottoposto
alle variazioni del tempo ed alle “mode”
• Il suo recupero eventuale è figlio del nostro tempo, come
risposta alla cosiddetta crisi dell’uomo postmoderno, o
come reazione al flusso turistico (reazione all’alterità)
Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 1:
• La staticità e la musealizzazione creano come effetto
collaterale la sua “morte”, ovvero il suo non inserirsi nel
contesto culturale, non essere più adatto a rispondere
alle esigenze contemporanee
Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 2:
• La sua “feticizzazione”, ovvero l’uso indiscriminato del
costume in ogni occasione ne fa perdere l’aspetto rituale,
la sua peculiarità, rendendolo da “abito della festa” ad
“abito quotidiano”, depotenziandolo fortemente e
portandolo, anche in questo caso, alla morte
Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 3:
• Un uso pensato del costume, che va portato solo in
determinate occasione lo rende così “valore aggiunto”
• Il caso dell’enogastronomia “tradizionale”
Il caffè dul pariulin
• Bevanda con surrogati di caffè
servita in ambito alpino

• Ingredienti poveri e valore
commerciale sicuramente
inferiore all’espresso (1,00€)

• Ad offerta libera

• Se servito da donna
(preferibilmente anziana) in
costume il valore medio sale
ed arriva anche a 2,00€

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  • 1. Il vestito e il mantello: 
 l’abbigliamento tra marketing territoriale e tradizione dott. Samuel Piana, Landexplorer (samuel.piana@landexplorer.it)
 dott. Luca Ciurleo, ANPIA
  • 3. Il costume tipico • Il vestito della festa che accompagna “dalla culla alla bara” • Simbolo identitario facilmente riconoscibile • Abbigliamento femminile ricco di simbolismo • Abbandonato nel corso degli anni, con date variabili a seconda del luogo
  • 4. Il costume tipico • Le donne furono le ultime ad abbandonare l’uso del costume tipico: gli uomini si adeguarono prima alla “divisa borghese” con pantaloni a sigaretta, giacca e cravatta (secondo la pudica moda Vittoriana) • A Luzzogno piuttosto che altri piccoli comuni montani l’uso del costume è ancora vivo • Le foto dei cimiteri come elemento di indagine
  • 5. Il costume tipico • Il recupero del costume è prevalentemente femminile • Gruppi folk di consolidata tradizione (Le Donne del Parco Valgrande) ma anche di recente istituzione (i Takar) • Riaffermazione della propria identità in una sorta di “folk- revival”
  • 6. Il costume tipico • Quando il costume non c’è lo si inventa • Studi, ma anche invenzione del costume su modelli verosimili • Costume di Vogogna su modelli analoghi del folklore ossolano • San Gervasio e Protasio di Domodossola, oppure sant’Orsa di Pieve Vergonte
  • 7. Il costume tipico • «Portare il costume è per noi un gesto di recupero della memoria del territorio, è il modo per esprimere la nostra orgogliosa appartenenza ad esso e sottolineare il nostro ruolo femminile di conservazione della tradizione» • Rosalia Zaccheo
  • 8. Il costume tipico • L’uso del costume serve a valorizzare il luogo e viene speso in ambito turistico • Le bamboline souvenir • I gruppi folk • Il “valore aggiunto della tradizione” in ambito turistico ed economico (tourism-scape) • Costume ripreso per creare identità contrapposta all’alterità del turista
  • 9. Il costume tipico • “Sacralizzazione” vs “Esibizione” • Il costume va usato solo in occasioni “sacre”, codificate e ben precise, non è un travestimento ma un oggetto simbolico della nostra cultura • Il costume può essere usato anche in ambito turistico, per fornire un “valore aggiunto” di tradizionalità
  • 10. Il costume tipico • “Sacralizzazione” vs “Esibizione” • Da un lato si rischia di “fossilizzare” il costume ed il suo uso, limitandone l’uso a determinate occasioni, facendolo progressivamente estinguere • Dall’altro, se si mantiene vivo l’abito, si rischia di snaturarne l’essenza, di inflazionarne l’uso ad ogni evento
  • 11. Dal vestito al cosplay • Il mondo del cosplay è assimilabile al costume tradizionale sotto molti aspetti • Cultura non più strettamente legata al territorio ma maggiormente “globalizzata” • Personaggi del mondo del fumetto, delle serie tv, degli anime • Diversi raduni (Lucca Comics & Games, Cartoomics, Romics, Comicon)
  • 12. Dal vestito al cosplay • Anche in questo caso di tratta di una vera e propria comunità che come tale va indagata • Hanno un proprio “calendario rituale” basato sui vari raduni • Fanno dei veri e propri “pellegrinaggi” che hanno una forte ritualità (compresa quella del rito di passaggio) • Sono fonte di reddito non indifferente • Merchandising, mercato turistico, fumetti, serie tv…
  • 13. Dal vestito al cosplay • Si tratta della generazione Millennial (prevalentemente): dai 20 ai 40 anni, cresciuti con manga ed anime • La generazione delle tv commerciali • La generazione che ha vissuto sulla propria pelle il crollo del welfare state e della co- discendenza, co-residenza e co-trascendenza • Si ricrea una comunità fittizia basata su leggende e simboli della cultura pop
  • 14. Dal vestito al cosplay • Anche in questo caso si assiste ad un atteggiamento contrastivo di sacralizzazione vs esibizione • Il “cosplayer duro e puro”:
 costume fatto artigianalmente, indossato solo negli eventi “ufficiali” (che cioè fanno parte del loro “calendario rituale”), non indossato al di fuori dei contesti ufficiali (sì a Lucca, no al Carnevale di paese)
  • 15. Dal vestito al cosplay • Anche in questo caso si assiste ad un atteggiamento contrastivo di sacralizzazione vs esibizione • Il “cosplayer divertito”:
 gioca nell’ambito del travestitismo, accetta costumi più mainstream anche prodotti industrialmente, è disposto ad utilizzare il vestito in svariate occasioni, quali feste in maschera, Halloween o Carnevali
  • 16. Il turismo dei cosplay
 Qualche dato economico • Romics 2019, 200.000 persone presenti in tre giorni • Cartoomics 2019, oltre 100.000 presenze • Comicon di Napoli 2019, 160.000 presenze • Lucca Comics & Games 2018, in 5 giorni 251.000 ingressi di ticketing (4 volte i presenti alla finale di Champions League 2018), a cui si aggiungono accreditati ed espositori • 331 Level up fan (biglietti a prezzo maggiorato) • 14.000 download della app ufficiale e 30.000 poster LRNZ • 2.000 eventi circa tra presentazioni
  • 17. Lucca Comics & Games 2019
  • 18. Il turismo dei cosplay
 Qualche dato economico • Comicon di San Diego tetto massimo di 130.000 persone in quattro giorni • Dal 2009 richiesta triplicata • I biglietti, contingentati, vengono prevenduti via web in 90’ • Prezzo giornaliero: 45-63$, un ticket quattro giorni 276$ • Oltre 1.000 espositori • Valore dei ticket di ingresso pari a 8.190.000$
  • 19. Strategie per uno sviluppo sostenibile • Premesse: • Il costume come prodotto culturale, quindi sottoposto alle variazioni del tempo ed alle “mode” • Il suo recupero eventuale è figlio del nostro tempo, come risposta alla cosiddetta crisi dell’uomo postmoderno, o come reazione al flusso turistico (reazione all’alterità)
  • 20. Strategie per uno sviluppo sostenibile • Caso 1: • La staticità e la musealizzazione creano come effetto collaterale la sua “morte”, ovvero il suo non inserirsi nel contesto culturale, non essere più adatto a rispondere alle esigenze contemporanee
  • 21. Strategie per uno sviluppo sostenibile • Caso 2: • La sua “feticizzazione”, ovvero l’uso indiscriminato del costume in ogni occasione ne fa perdere l’aspetto rituale, la sua peculiarità, rendendolo da “abito della festa” ad “abito quotidiano”, depotenziandolo fortemente e portandolo, anche in questo caso, alla morte
  • 22. Strategie per uno sviluppo sostenibile • Caso 3: • Un uso pensato del costume, che va portato solo in determinate occasione lo rende così “valore aggiunto” • Il caso dell’enogastronomia “tradizionale”
  • 23. Il caffè dul pariulin • Bevanda con surrogati di caffè servita in ambito alpino • Ingredienti poveri e valore commerciale sicuramente inferiore all’espresso (1,00€) • Ad offerta libera • Se servito da donna (preferibilmente anziana) in costume il valore medio sale ed arriva anche a 2,00€