Il presente contributo vuole indagare come l’abbigliamento entri nel contesto turistico, configurandosi come un vero e proprio “valore aggiunto”. In particolare si vuole analizzare alcuni case study contemporanei particolarmente indicativi. Il primo caso è l’uso (ed abuso) del costume tradizionale, una realtà recuperata negli ultimi anni come simbolo di identità comunitaria. La sua scomparsa dal tessuto tradizionale ha fatto sì che, con la crisi dell’uomo postmoderno e l’avvento dei flussi della globalizzazione (ed in primis quello che potremmo indicare come Tourism-scape) venisse recuperato, diventando sia nuovo simbolo identitario, sia veicolo di rilancio turistico, di fakelore. Analogamente al vestito tradizionale anche una sua “evoluzione postmoderna” quale il vestito del Cosplayer ha seguito un percorso analogo, che si muove tra i due estremi di sacralizzazione e di feticizzazione. In questi diversi usi dell’abbigliamento “identitario” si possono riconoscere senza difficoltà gli aspetti di tutela e valorizzazione, due aspetti complementari, certo, ma che nell’ambito dei prodotti culturali materiali, cosi come in quelli immateriali, possono anche cozzare tra di loro. Se da una parte infatti la tutela può diventare sacralizzazione e musealizzazione (importanti se vogliamo dal punto di vista turistico), la valorizzazione può portare ad una sua “snaturalizzazione”, portando il vestito in contesti non usuali e fino a pochi anni fa inaccettabili. Le persone vestite da Alien che si fanno fotografare a Parigi con dietro la Tour Eiffel non sono infatti tanto diversi dalle donne in costume tipico che preparano o semplicemente servono prodotti tipici, che vengono percepiti, proprio grazie all’utilizzo dell’abbigliamento, come un qualcosa di più valido e che giustificano un esborso maggiore: il cosiddetto “valore aggiunto della tradizione”. Attraverso alcuni esempi, si potrà delineare una sorta di “sviluppo sostenibile”, ovvero strategie di utilizzo del costume e della cultura bilanciandosi correttamente tra la tutela e la valorizzazione.
Cinque Terre: tra poetico e pittoresco (Francesco Bravin) progetto editoriale...
Il vestito ed il mantello: l'abbigliamento tra marketing territoriale e tradizione
1. Il vestito e il mantello:
l’abbigliamento tra marketing territoriale e
tradizione
dott. Samuel Piana, Landexplorer (samuel.piana@landexplorer.it)
dott. Luca Ciurleo, ANPIA
3. Il costume tipico
• Il vestito della festa che
accompagna “dalla culla alla
bara”
• Simbolo identitario facilmente
riconoscibile
• Abbigliamento femminile ricco
di simbolismo
• Abbandonato nel corso degli
anni, con date variabili a
seconda del luogo
4. Il costume tipico
• Le donne furono le ultime ad
abbandonare l’uso del
costume tipico: gli uomini si
adeguarono prima alla “divisa
borghese” con pantaloni a
sigaretta, giacca e cravatta
(secondo la pudica moda
Vittoriana)
• A Luzzogno piuttosto che altri
piccoli comuni montani l’uso
del costume è ancora vivo
• Le foto dei cimiteri come
elemento di indagine
5. Il costume tipico
• Il recupero del costume è
prevalentemente femminile
• Gruppi folk di consolidata
tradizione (Le Donne del Parco
Valgrande) ma anche di
recente istituzione (i Takar)
• Riaffermazione della propria
identità in una sorta di “folk-
revival”
6. Il costume tipico
• Quando il costume non c’è lo
si inventa
• Studi, ma anche invenzione del
costume su modelli verosimili
• Costume di Vogogna su
modelli analoghi del folklore
ossolano
• San Gervasio e Protasio di
Domodossola, oppure
sant’Orsa di Pieve Vergonte
7. Il costume tipico
• «Portare il costume è per noi
un gesto di recupero della
memoria del territorio, è il
modo per esprimere la nostra
orgogliosa appartenenza ad
esso e sottolineare il nostro
ruolo femminile di
conservazione della tradizione»
• Rosalia Zaccheo
8. Il costume tipico
• L’uso del costume serve a
valorizzare il luogo e viene
speso in ambito turistico
• Le bamboline souvenir
• I gruppi folk
• Il “valore aggiunto della
tradizione” in ambito turistico
ed economico (tourism-scape)
• Costume ripreso per creare
identità contrapposta
all’alterità del turista
9. Il costume tipico
• “Sacralizzazione” vs “Esibizione”
• Il costume va usato solo in occasioni “sacre”, codificate e
ben precise, non è un travestimento ma un oggetto
simbolico della nostra cultura
• Il costume può essere usato anche in ambito turistico,
per fornire un “valore aggiunto” di tradizionalità
10. Il costume tipico
• “Sacralizzazione” vs “Esibizione”
• Da un lato si rischia di “fossilizzare” il costume ed il suo
uso, limitandone l’uso a determinate occasioni, facendolo
progressivamente estinguere
• Dall’altro, se si mantiene vivo l’abito, si rischia di
snaturarne l’essenza, di inflazionarne l’uso ad ogni
evento
11. Dal vestito al cosplay
• Il mondo del cosplay è
assimilabile al costume
tradizionale sotto molti aspetti
• Cultura non più strettamente
legata al territorio ma
maggiormente “globalizzata”
• Personaggi del mondo del
fumetto, delle serie tv, degli
anime
• Diversi raduni (Lucca Comics &
Games, Cartoomics, Romics,
Comicon)
12. Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso di tratta
di una vera e propria comunità
che come tale va indagata
• Hanno un proprio “calendario
rituale” basato sui vari raduni
• Fanno dei veri e propri
“pellegrinaggi” che hanno una
forte ritualità (compresa quella
del rito di passaggio)
• Sono fonte di reddito non
indifferente
• Merchandising, mercato
turistico, fumetti, serie tv…
13. Dal vestito al cosplay
• Si tratta della generazione
Millennial (prevalentemente): dai
20 ai 40 anni, cresciuti con
manga ed anime
• La generazione delle tv
commerciali
• La generazione che ha vissuto
sulla propria pelle il crollo del
welfare state e della co-
discendenza, co-residenza e
co-trascendenza
• Si ricrea una comunità fittizia
basata su leggende e simboli
della cultura pop
14. Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso si assiste
ad un atteggiamento
contrastivo di sacralizzazione
vs esibizione
• Il “cosplayer duro e puro”:
costume fatto artigianalmente,
indossato solo negli eventi
“ufficiali” (che cioè fanno parte
del loro “calendario rituale”),
non indossato al di fuori dei
contesti ufficiali (sì a Lucca, no
al Carnevale di paese)
15. Dal vestito al cosplay
• Anche in questo caso si assiste
ad un atteggiamento
contrastivo di sacralizzazione
vs esibizione
• Il “cosplayer divertito”:
gioca nell’ambito del
travestitismo, accetta costumi
più mainstream anche prodotti
industrialmente, è disposto ad
utilizzare il vestito in svariate
occasioni, quali feste in
maschera, Halloween o
Carnevali
16. Il turismo dei cosplay
Qualche dato economico
• Romics 2019, 200.000 persone presenti in tre giorni
• Cartoomics 2019, oltre 100.000 presenze
• Comicon di Napoli 2019, 160.000 presenze
• Lucca Comics & Games 2018, in 5 giorni 251.000 ingressi di ticketing (4
volte i presenti alla finale di Champions League 2018), a cui si
aggiungono accreditati ed espositori
• 331 Level up fan (biglietti a prezzo maggiorato)
• 14.000 download della app ufficiale e 30.000 poster LRNZ
• 2.000 eventi circa tra presentazioni
18. Il turismo dei cosplay
Qualche dato economico
• Comicon di San Diego tetto massimo di 130.000 persone
in quattro giorni
• Dal 2009 richiesta triplicata
• I biglietti, contingentati, vengono prevenduti via web in 90’
• Prezzo giornaliero: 45-63$, un ticket quattro giorni 276$
• Oltre 1.000 espositori
• Valore dei ticket di ingresso pari a 8.190.000$
19. Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Premesse:
• Il costume come prodotto culturale, quindi sottoposto
alle variazioni del tempo ed alle “mode”
• Il suo recupero eventuale è figlio del nostro tempo, come
risposta alla cosiddetta crisi dell’uomo postmoderno, o
come reazione al flusso turistico (reazione all’alterità)
20. Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 1:
• La staticità e la musealizzazione creano come effetto
collaterale la sua “morte”, ovvero il suo non inserirsi nel
contesto culturale, non essere più adatto a rispondere
alle esigenze contemporanee
21. Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 2:
• La sua “feticizzazione”, ovvero l’uso indiscriminato del
costume in ogni occasione ne fa perdere l’aspetto rituale,
la sua peculiarità, rendendolo da “abito della festa” ad
“abito quotidiano”, depotenziandolo fortemente e
portandolo, anche in questo caso, alla morte
22. Strategie per uno sviluppo sostenibile
• Caso 3:
• Un uso pensato del costume, che va portato solo in
determinate occasione lo rende così “valore aggiunto”
• Il caso dell’enogastronomia “tradizionale”
23. Il caffè dul pariulin
• Bevanda con surrogati di caffè
servita in ambito alpino
• Ingredienti poveri e valore
commerciale sicuramente
inferiore all’espresso (1,00€)
• Ad offerta libera
• Se servito da donna
(preferibilmente anziana) in
costume il valore medio sale
ed arriva anche a 2,00€