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La matrice di convenienza
Nel corso delle mie lezioni di retail management dei prodotti moda e lusso presso l’Istituto Polimoda di
Firenze, spesso ho provato ad indirizzare il lavoro della classe su speculazioni ed ipotesi relative a certe
problematiche tipiche della moderna distribuzione; come ad esempio il proliferare quasi bulimico di un numero
sempre crescente di negozi monomarca aperti dai principali retailers, anche del lusso, ed il moltiplicarsi di
sempre nuovi format retail che, se non opportunamente progettati per dimensione, location, struttura,
assortimento, pricing, qualità e quantità di servizio, eccetera, possono non essere in grado di rappresentare
quella vera offerta di valore aggiunto che il consumatore/persona cerca, e si aspetta, per continuare a provare
interesse nell’offerta di prodotti di marca. Viene invece rilevata una forte monotonia dell’offerta, quasi
autoreferenziale, tesa al proprio mantenimento grazie ad una crescente presenza globale di prodotto che
arriva quasi a contraddire l’effettiva strategia di posizionamento fisico del brand, andando a confutare uno dei
principi cardine dell’economia che vede il valore aggiunto di un prodotto direttamente proporzionale alla sua
scarsità.
Posto che anche la definizione classica di distribuzione può considerarsi oggi in gran parte superata1, in
quanto non più idonea a definire la nuova centralità del consumatore/persona rispetto alla passività con cui
fino a ieri lo stesso consumatore ha dovuto subire le strategie di marketing messe in campo dalle aziende
produttrici, assistiamo oggi ad un nuovo modo di intendere la valutazione costi/benefici che porta alla
decisione di acquisto, ove il luogo della decisione assume una nuova rilevanza ed un diverso significato
complessivo.
Quello che oggi consideriamo “luogo della decisione”, o della valutazione di convenienza, cessa di essere
“punto di vendita” o semplicemente “luogo di approvvigionamento”: tale definizione non è più sostenibile alla
luce dei nuovi, molteplici e diversi format retail; infatti il factory outlet non è più soltanto offerta di prodotti di
marca a prezzo scontato, l’e-commerce non è più solo comodità nell’acquisto ed il valore del department store
diventa qualcosa che va oltre il potere di attrazione dei brand da esso stesso commercializzati.
In definitiva, le domande a cui abbiamo cercato di rispondere sono le seguenti:
 per quale motivo si decide di acquistare un prodotto adesso, in uno specifico negozio, rispetto alla sua
disponibilità, nello stesso istante, in moltissimi altri format retail?
 esiste un elemento di convenienza oggettiva per cui, nella stessa giornata, posso decidere di
acquistare, ad esempio, quattro bottiglie d’acqua a quattro prezzi diversi?
 è possibile, infine, prevedere quali saranno le diverse motivazioni che porteranno il
consumatore/persona a preferire un determinato format retail rispetto ad un altro che offra lo stesso
prodotto ad un prezzo uguale o diverso che sia?
La percezione di valore aggiunto come valore dell’ultima unità disponibile2, intesa come equilibrio tra
disponibilità/scarsità rispetto al bisogno effettivo, viene solo parzialmente in nostro aiuto; mentre il “luogo della
decisione” ed il momento in cui si determina il bisogno assumono un nuovo significato.
Nell’elaborare la cosiddetta “Matrice di Convenienza”, si è partiti dal considerare, in una valutazione
costi/benefici allargata, il valore intrinseco del prodotto inteso come punto di pareggio tra qualità, performance,
1 La distribuzione commerciale è lo strumento attraverso il quale le aziende produttrici e distributrici immettono sul mercato beni e
servizi. La distribuzione è anche una delle 4 P del marketing mix (place), e si considera come l’insieme di istituzioni indipendenti che
operano per rendere un prodotto o un servizio disponibile al consumatore per l’uso (cit.: Wikipedia.it)
2 Prima legge di H. H. Gossen, in Heinrich Gossen, Entwicklung der Gesetze des menschlichen Verkehrs und der daraus fließenden
Regeln für menschliches Handeln, Braunschweig, 1854
soddisfazione dei diverse livelli di bisogno; un ulteriore livello di valore è conferito dal servizio, ovvero dalle
modalità con cui il prodotto viene proposto, illustrato, adeguato e personalizzato; infine abbiamo associato un
valore al luogo al cui interno (analogico) o attraverso il quale (digitale) avviene la presa di contatto con il
sistema prodotto/brand, cioè il valore della cosiddetta “retail experience”.
Tra i costi andiamo naturalmente ad annoverare il puro “costo del prezzo di acquisto”, a cui aggiungiamo
l’ulteriore costo della “opportunità di tempo”, ovvero della possibilità o meno di procrastinare un acquisto
rispetto all’urgenza del bisogno. L’ultimo elemento di costo è il cosiddetto “costo della distanza”, cioè la
distanza fisica che si interpone tra il consumatore/persona ed il luogo di approvvigionamento; costo della
distanza che trova il suo elemento speculare nel vantaggio della reperibilità, e che può oggi essere
rappresentato dal sempre crescente numero di negozi che, se da una parte aumentano la disponibilità e la
raggiungibilità di un prodotto, dall’altra ne riducono il valore aggiunto determinato dalla prima legge di H. H.
Gossen (cit.).
I nostri esperimenti hanno quindi portato ad individuare un differenziale nella valutazione costi/benefici basato
non più solo sulla vecchia logica qualità/prezzo ma che viene superato dall’elemento esperienziale e
dall’elemento relazionale del retail: il negozio viene quindi inteso come touchpoint del brand ed il servizio viene
inteso come momento topico dell’attività di branding.
Nel merito, la matrice di convenienza viene visualizzata tramite un semplice modello realizzato su foglio di
calcolo, dove ad ognuno dei tre elementi di Beneficio e ad ognuno dei tre elementi di Costo viene assegnato
un punteggio (arbitrario o risultante da apposita survey) da 1 a 5, dove tale punteggio rappresenta la rilevanza
che il cliente associa a quel determinato fattore (1, poco rilevante; 5 molto rilevante) in relazione ad una
specifica decisione di acquisto.
Nell’esempio qui sotto riportato si fa riferimento all’analisi di convenienza di acquisto in un flagship store di un
retailer del lusso:
MATRICE DI CONVENIENZA
BENEFICI COSTI
Descrizione Rilevanza Descrizione Rilevanza
Valore del prodotto 5 Costo del prezzo 2
Valore del servizio 5 Costo della distanza 1
Valore della retail experience 5
Costo della opportunità di
tempo 2
BENEFICI 15,00 COSTI 5,00
Grafico
Ogni volta che il risultato di tale matrice è positivo, il consumatore/persona trova il proprio momento di
convenienza ed acquista.
Possiamo agevolmente utilizzare questo modello per confrontare la convenienza di acquisto di uno stesso
prodotto tramite un diverso format retail gestito dallo stesso brand (e-commerce, outlet, etc.) o rispetto
all’acquisto dello stesso prodotto tramite un format retail indipendente (boutique multimarca, department store,
concept store, etc.).
La nostra tesi vuole incentrarsi, come già detto, sulla centralità del luogo e dell’elemento di esperienzialità
nella ricerca della convenienza di acquisto; nel cui equilibrio, sia il ruolo di marca che di valore intrinseco del
prodotto vengono ad assumere un ruolo marginale rispetto all’appagamento ed alla gratificazione dell’io che il
consumatore/persona percepisce al compimento di questa nuova valutazione della convenienza di acquisto.
Queste prime riflessioni sull’utilizzo della matrice di convenienza indicano come l’eccesso di reperibilità di un
prodotto porti a diminuire il suo valore intrinseco, e su come la qualità del sistema/servizio possa addirittura
compensare un sbilanciamento verso l’alto del prezzo di acquisto; tali riflessioni assumono oggi un particolare
significato, che deve portare i retailers a ripensare radicalmente il contributo strategico degli addetti alle
vendite (retail analogico) e dell’entertainment (retail digitale) nell’attività di branding multicanale; considerare il
negozio come punto di contatto (touchpoint) e non più come punto di vendita (point of sale) può rappresentare
uno degli elementi di maggior rilievo su cui effettuare una valutazione di efficacia delle proprie politiche
commerciali, produttive e di immagine complessiva.
Marco Crisci
Firenze, 3 Febbraio 2014
(tutti i diritti sono riservati)

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  • 1. La matrice di convenienza Nel corso delle mie lezioni di retail management dei prodotti moda e lusso presso l’Istituto Polimoda di Firenze, spesso ho provato ad indirizzare il lavoro della classe su speculazioni ed ipotesi relative a certe problematiche tipiche della moderna distribuzione; come ad esempio il proliferare quasi bulimico di un numero sempre crescente di negozi monomarca aperti dai principali retailers, anche del lusso, ed il moltiplicarsi di sempre nuovi format retail che, se non opportunamente progettati per dimensione, location, struttura, assortimento, pricing, qualità e quantità di servizio, eccetera, possono non essere in grado di rappresentare quella vera offerta di valore aggiunto che il consumatore/persona cerca, e si aspetta, per continuare a provare interesse nell’offerta di prodotti di marca. Viene invece rilevata una forte monotonia dell’offerta, quasi autoreferenziale, tesa al proprio mantenimento grazie ad una crescente presenza globale di prodotto che arriva quasi a contraddire l’effettiva strategia di posizionamento fisico del brand, andando a confutare uno dei principi cardine dell’economia che vede il valore aggiunto di un prodotto direttamente proporzionale alla sua scarsità. Posto che anche la definizione classica di distribuzione può considerarsi oggi in gran parte superata1, in quanto non più idonea a definire la nuova centralità del consumatore/persona rispetto alla passività con cui fino a ieri lo stesso consumatore ha dovuto subire le strategie di marketing messe in campo dalle aziende produttrici, assistiamo oggi ad un nuovo modo di intendere la valutazione costi/benefici che porta alla decisione di acquisto, ove il luogo della decisione assume una nuova rilevanza ed un diverso significato complessivo. Quello che oggi consideriamo “luogo della decisione”, o della valutazione di convenienza, cessa di essere “punto di vendita” o semplicemente “luogo di approvvigionamento”: tale definizione non è più sostenibile alla luce dei nuovi, molteplici e diversi format retail; infatti il factory outlet non è più soltanto offerta di prodotti di marca a prezzo scontato, l’e-commerce non è più solo comodità nell’acquisto ed il valore del department store diventa qualcosa che va oltre il potere di attrazione dei brand da esso stesso commercializzati. In definitiva, le domande a cui abbiamo cercato di rispondere sono le seguenti:  per quale motivo si decide di acquistare un prodotto adesso, in uno specifico negozio, rispetto alla sua disponibilità, nello stesso istante, in moltissimi altri format retail?  esiste un elemento di convenienza oggettiva per cui, nella stessa giornata, posso decidere di acquistare, ad esempio, quattro bottiglie d’acqua a quattro prezzi diversi?  è possibile, infine, prevedere quali saranno le diverse motivazioni che porteranno il consumatore/persona a preferire un determinato format retail rispetto ad un altro che offra lo stesso prodotto ad un prezzo uguale o diverso che sia? La percezione di valore aggiunto come valore dell’ultima unità disponibile2, intesa come equilibrio tra disponibilità/scarsità rispetto al bisogno effettivo, viene solo parzialmente in nostro aiuto; mentre il “luogo della decisione” ed il momento in cui si determina il bisogno assumono un nuovo significato. Nell’elaborare la cosiddetta “Matrice di Convenienza”, si è partiti dal considerare, in una valutazione costi/benefici allargata, il valore intrinseco del prodotto inteso come punto di pareggio tra qualità, performance, 1 La distribuzione commerciale è lo strumento attraverso il quale le aziende produttrici e distributrici immettono sul mercato beni e servizi. La distribuzione è anche una delle 4 P del marketing mix (place), e si considera come l’insieme di istituzioni indipendenti che operano per rendere un prodotto o un servizio disponibile al consumatore per l’uso (cit.: Wikipedia.it) 2 Prima legge di H. H. Gossen, in Heinrich Gossen, Entwicklung der Gesetze des menschlichen Verkehrs und der daraus fließenden Regeln für menschliches Handeln, Braunschweig, 1854
  • 2. soddisfazione dei diverse livelli di bisogno; un ulteriore livello di valore è conferito dal servizio, ovvero dalle modalità con cui il prodotto viene proposto, illustrato, adeguato e personalizzato; infine abbiamo associato un valore al luogo al cui interno (analogico) o attraverso il quale (digitale) avviene la presa di contatto con il sistema prodotto/brand, cioè il valore della cosiddetta “retail experience”. Tra i costi andiamo naturalmente ad annoverare il puro “costo del prezzo di acquisto”, a cui aggiungiamo l’ulteriore costo della “opportunità di tempo”, ovvero della possibilità o meno di procrastinare un acquisto rispetto all’urgenza del bisogno. L’ultimo elemento di costo è il cosiddetto “costo della distanza”, cioè la distanza fisica che si interpone tra il consumatore/persona ed il luogo di approvvigionamento; costo della distanza che trova il suo elemento speculare nel vantaggio della reperibilità, e che può oggi essere rappresentato dal sempre crescente numero di negozi che, se da una parte aumentano la disponibilità e la raggiungibilità di un prodotto, dall’altra ne riducono il valore aggiunto determinato dalla prima legge di H. H. Gossen (cit.). I nostri esperimenti hanno quindi portato ad individuare un differenziale nella valutazione costi/benefici basato non più solo sulla vecchia logica qualità/prezzo ma che viene superato dall’elemento esperienziale e dall’elemento relazionale del retail: il negozio viene quindi inteso come touchpoint del brand ed il servizio viene inteso come momento topico dell’attività di branding. Nel merito, la matrice di convenienza viene visualizzata tramite un semplice modello realizzato su foglio di calcolo, dove ad ognuno dei tre elementi di Beneficio e ad ognuno dei tre elementi di Costo viene assegnato un punteggio (arbitrario o risultante da apposita survey) da 1 a 5, dove tale punteggio rappresenta la rilevanza che il cliente associa a quel determinato fattore (1, poco rilevante; 5 molto rilevante) in relazione ad una specifica decisione di acquisto. Nell’esempio qui sotto riportato si fa riferimento all’analisi di convenienza di acquisto in un flagship store di un retailer del lusso: MATRICE DI CONVENIENZA BENEFICI COSTI Descrizione Rilevanza Descrizione Rilevanza Valore del prodotto 5 Costo del prezzo 2 Valore del servizio 5 Costo della distanza 1 Valore della retail experience 5 Costo della opportunità di tempo 2 BENEFICI 15,00 COSTI 5,00 Grafico
  • 3. Ogni volta che il risultato di tale matrice è positivo, il consumatore/persona trova il proprio momento di convenienza ed acquista. Possiamo agevolmente utilizzare questo modello per confrontare la convenienza di acquisto di uno stesso prodotto tramite un diverso format retail gestito dallo stesso brand (e-commerce, outlet, etc.) o rispetto all’acquisto dello stesso prodotto tramite un format retail indipendente (boutique multimarca, department store, concept store, etc.). La nostra tesi vuole incentrarsi, come già detto, sulla centralità del luogo e dell’elemento di esperienzialità nella ricerca della convenienza di acquisto; nel cui equilibrio, sia il ruolo di marca che di valore intrinseco del prodotto vengono ad assumere un ruolo marginale rispetto all’appagamento ed alla gratificazione dell’io che il consumatore/persona percepisce al compimento di questa nuova valutazione della convenienza di acquisto. Queste prime riflessioni sull’utilizzo della matrice di convenienza indicano come l’eccesso di reperibilità di un prodotto porti a diminuire il suo valore intrinseco, e su come la qualità del sistema/servizio possa addirittura compensare un sbilanciamento verso l’alto del prezzo di acquisto; tali riflessioni assumono oggi un particolare significato, che deve portare i retailers a ripensare radicalmente il contributo strategico degli addetti alle vendite (retail analogico) e dell’entertainment (retail digitale) nell’attività di branding multicanale; considerare il negozio come punto di contatto (touchpoint) e non più come punto di vendita (point of sale) può rappresentare uno degli elementi di maggior rilievo su cui effettuare una valutazione di efficacia delle proprie politiche commerciali, produttive e di immagine complessiva. Marco Crisci Firenze, 3 Febbraio 2014 (tutti i diritti sono riservati)